Dispositivi elettronici

 

 

 

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Dispositivi elettronici

2. CENNI DI TEORIA DEI CIRCUITI

 

2.1. DISPOSITIVI ELETTRONICI

 

I circuiti elettronici si ottengono connettendo fra loro dei dispositivi elettronici.  Questi si possono dividere in passivi e attivi. Quelli passivi dissipano energia, quelli attivi erogano energia (il senso di questa definizione sarà più chiaro in seguito: un dispositivo attivo trasforma energia e la cede sotto forma di segnale, così che, ad esempio un segnale di ingresso viene amplificato, quindi il termine attivo va inteso solo nel senso che il dispositivo è in grado di fornire in uscita un segnale con energia maggiore di quella del segnale di ingresso, ma non si tiene conto dell’energia assorbita dall’alimentazione, rete o batterie).

I dispositivi possono venire trattati da un punto di vista circuitale, teorico, o da un punto di vista pratico, come componenti effettivi.  In questo capitolo tratteremo dei dispositivi elettronici da un punto di vista circuitale (salvo che nel paragrafo dedicato ai bipoli passivi come elementi reali). Parleremo più avanti dei dispositivi attivi reali, dopo aver trattato dei materiali semiconduttori.

Inizieremo ora a trattare di dispositivi passivi e attivi, detti bipoli, intesi come elementi circuitali.

 

2.2. BIPOLI COME ELEMENTI CIRCUITALI

 

Fig.3: Bipolo generico

Un bipolo è un elemento con due capi (o terminali o morsetti) caratterizzato dalla relazione fra la tensione applicata ai capi e la corrente che lo attraversa (fig.3). I bipoli passivi sono resistenze, induttanze e capacità, in simboli, rispettivamente R, L, C.  La seguente figura 4 riporta le relazioni tra tensione e corrente che caratterizzano i bipoli R, L e C nel dominio del tempo, della frequenza e della variabile complessa s e i relativi simboli.

 

  


                                                     

   

 

 

 

  


                                                     

                                                                                                           

 

 

 

 

                                                      

                                                                                                           

Fig.4: Bipoli passivi e relazioni tra tensioni e correnti ai loro capi, nel dominio del tempo e della frequenza.

Osserviamo come, nel dominio della frequenza, la resistenza sia sostituita dall’impedenza, la conduttanza dall’ammettenza. Osserviamo ancora che il modulo dell’impedenza di un’induttanza aumenta linearmente con la frequenza, che quello della capacità diminuisce.

 

I bipoli attivi sono i generatori ideali di tensione e di corrente. La figura 5 riporta i simboli, e le relazioni tra tensione e corrente imposte ai morsetti dai generatori ideali.

I generatori ideali sono elementi ideali: sono utili nelle rappresentazioni circuitali, in cui con altri elementi traducono il comportamento di elementi reali, facilitano il calcolo e la comprensione del comportamento di dispositivi e circuiti: si dirà ad esempio che un determinato circuito tende a comportarsi come un generatore ideale di tensione e di corrente.  Un generatore di tensione reale è schematizzabile come un generatore di tensione ideale con una resistenza interna in serie (ricordiamo il teorema di Thèvenin, che vale per una qualunque rete resistiva). Analogamente un generatore di corrente reale è schematizzabile con un generatore di corrente con una conduttanza in parallelo (ricordiamo il teorema di Norton).

Fig.5: Generatori ideali di tensione e di corrente.

 

2.3. BIPOLI PASSIVI COME ELEMENTI REALI

 

Un bipolo è caratterizzato dalla relazione tra tensione ai suoi capi e corrente che lo attraversa. I bipoli passivi sono resistenze, induttanze e capacità, in simboli R, L, C.  La resistenza, l’induttanza e la capacità sono la rappresentazione circuitale di effetti fisici, che si manifestano in modo preponderante in dispositivi pratici, concreti: un resistore (dispositivo) è rappresentato in termini circuitali da una resistenza. Spesso nel linguaggio corrente i due termini si confondono. Così un condensatore è rappresentato da una capacità, perché il dispositivo condensatore è costruito in modo da produrre un effetto di tipo capacitivo, e l’induttore è rappresentato da un’induttanza.  Si capisce però come gli elementi pratici siano qualcosa di più complicato di quelli ideali. In altre parole non si riesce ad esempio a fare in modo che un resistore si comporti in ogni condizione come una resistenza pura.  Un resistore potrà avere effetti capacitivi o induttivi in dipendenza dalla sua costituzione e dalla frequenza di lavoro.  Un condensatore avrà effetti resistivi (perdite nelle armature e nel dielettrico).  Inoltre il valore di un componente potrà variare  con la temperatura, con il tempo (invecchiamento) ecc..

Il dimensionamento di un componente dovrà tenere conto della potenza che esso deve dissipare e della sovratemperatura che può raggiungere. Sulle caratteristiche corrente tensione di un bipolo, ma il discorso può essere generalizzato a tutti i componenti elettronici, si può individuare la cosiddetta SOA (Safe Operating Area), cioè la zona delle caratteristiche in cui il dispositivo può lavorare senza essere danneggiato. Questa zona è limitata dal valore massimo di tensione, dal valore massimo di corrente e dal valore massimo della potenza. Inoltre, per quanto riguarda la potenza, si deve tenere conto che, al crescere della temperatura ambiente, la potenza che il dispositivo è chiamato a dissipare deve diminuire. Per i vari dispositivi vengono generalmente fornite delle curve, dette di derating, che definiscono questa riduzione della potenza.

 

 

2.3.1. Resistori

I resistori sono caratterizzati dai seguenti parametri caratteristici:

valore della resistenza, potenza nominale, tensione nominale, tolleranza (misurata in percentuale del valore nominale), rumore termico e di corrente (sensibile soprattutto nei resistori a composizione e dovuto a fluttuazioni della tensione ai capi del resistore prodotte da variazioni della struttura del resistore indotte dalla corrente che lo attraversa, coefficiente di tensione, coefficiente di temperatura.  Il coefficiente di tensione misura la possibile variazione del valore della resistenza in dipendenza dalla tensione applicata. Normalmente il valore del coefficiente di tensione è molto piccolo. In certi componenti tuttavia (resistori dipendenti dalla tensione o VDR), che si usano di solito per squadrare forme d’onda o limitare i valori della tensione, il coefficiente di tensione assume un valore elevato.

Il coefficiente di temperatura a viene definito dalla relazione

in cui viene definito in modo incrementale:

.

Un parametro importante per caratterizzare i resistori a strato (vedi circuiti a film e integrati monolitici), è la resistività specifica.

Se abbiamo, fig.6, uno strato resistivo di un materiale avente resistività r, di forma rettangolare con dimensioni l e nl e spessore d, la sua resistenza vale

 

R

 

R

          e non  dipende dalle dimensioni dello strato, ma solo dal numero di quadrati contenuti nello strato e dalla resistività specifica              .

 

 

Fig.6: Resistore a strato

 

Un resistore manifesta degli effetti definibili come parametri parassiti. Il suo comportamento può venire rappresentato da un circuito equivalente. Questi effetti sono sensibili soprattutto alle alte frequenze. Il circuito equivalente può essere più o meno complicato a seconda del tipo di resistore, degli effetti che si vogliono mettere in evidenza e del campo di frequenze. Generalmente è sufficiente tenere conto di una capacità parassita in parallelo.

I resistori possono essere a filo (oggi i tipi a filo sono usati solo per componenti di grande precisione o per tipi di potenza, eventualmente annegati in cemento), a composizione di carbone, a strato di carbone, a strato metallico, a film.  Possono essere anche integrati in circuiti monolitici.

Un resistore variabile si dice potenziometro. Esso è caratterizzato dalla legge che fornisce la resistenza in funzione della rotazione di un cursore. Esistono tipi a uno o a molti giri, a strato o a filo.

 

2.3.2. Resistori come sensori

Esistono sensori costituiti da resistori, la cui resistenza varia in funzione di un grandezza da rilevare o misurare. Di questo tipo sono molti sensori di temperatura, di luce, di pressione, di campo magnetico.

Fig.7a,b: Andamento della resistività con la temperatura per un resistore NTC e, b, tipica caratteristica tensione corrente (scala logaritmica).

 

Sensori di temperatura.

Ne esistono due tipi, quelli a coefficiente di temperatura negativo o NTC e quelli a coefficiente di temperatura positivo o PTC. Gli NTC sono costituiti da materiali semiconduttori. La loro resistenza diminuisce fortemente al crescere della temperatura. (fig.7a). Un’espressione abbastanza valida per la resistenza in funzione della temperatura è la seguente:

,  dove T è la temperatura in gradi K, a e b sono due costanti.

Nella fig.3b viene riportata una tipica caratteristica tensione corrente.   A causa della presenza di un tratto discendente, la caratteristica si ottiene comandando il dispositivo in corrente. Si osserva come a un tratto iniziale lineare, in cui la curva segue la legge di Ohm, segue un tratto in cui, a causa dell’ autoriscaldamento del dispositivo, la pendenza si riduce fino a diventare negativa. In questo tratto il dispositivo manifesta un effetto termostatico e tende a dissipare una potenza costante. Generalmente i diagrammi tensione corrente degli NTC hanno anche delle scale che consentono di determinare il valore di resistenza, la potenza dissipata e la temperatura del dispositivo.

Questi dispositivi trovano applicazione, nella zona lineare per la misura della temperatura esterna, nella zona di autoriscaldamento, in cui la potenza dissipata dipende dall’ambiente in cui il dispositivo è immerso, per misure di grado di vuoto, velocità e livello di fluidi.  Si può anche sfruttare l’inerzia termica di questi dispositivi per limitare la corrente iniziale di un circuito.

I resistori a coefficiente di temperatura positivo PTC sono ottenuti con materiali molto complicati (ceramiche ferroelettriche semiconduttrici). Comunque l’andamento tipico (in scala logaritmica) della resistenza in funzione della temperatura e due possibili caratteristiche tensione corrente, in due fluidi diversi, sono riportati nella fig.8.

Fig.8: Andamento resistenza-temperatura per un PTC e caratteristica tensione-corrente

Applicazioni: misura della temperatura, misura di livelli di liquidi (a parità di tensione applicata il consumo di corrente può costituire una misura della sottrazione di calore). Protezione da corti circuiti, protezione da sovratemperature.

 

Fig.9: Andamento della resistenza relativa di una magnetoresistenza in funzione del campo magnetico.

 

Fotoresistenze

Le fotoresistenze sono basate sull’effetto fotoconduttivo, per il quale la luce genera dei portatori di carica elettrica all’interno del materiale. Materiali tipici impiegati per le fotoresistenze sono dei solfuri, ad esempio di Cadmio o Selenio. A seconda del materiale varia il tipo di risposta spettrale, cioè la risposta del dispositivo alla lunghezza d’onda della luce che lo illumina. La relazione che lega la corrente i alla tensione applicata v e alla quantità di luce Q è data approssimativamente da

, dove k è una costante, che dipende dal materiale e dalla struttura geometrica del dispositivo.

Le fotoresistenze sono dispositivi molto sensibili e economici, ma lenti: generalmente hanno tempi di risposta dell’ordine del secondo.  Alcune delle possibili applicazioni: controllo della combustione, sensori di presenza, circuiti di commutazione crepuscolare.

 

Magnetoresistenze

Il meccanismo su cui sono basate è quello dell’effetto Hall (che verrà illustrato nel seguito). In sostanza si può dire che un campo magnetico crescente fa compiere un percorso di lunghezza crescente ai portatori di corrente entro il materiale. Un andamento tipico per il rapporto tra resistenza in presenza e in assenza di campo magnetico B (tesla), è riportato in fig.9.

 

Piezoresistenze.

Possono essere costituite da fili o strati metallici o da semiconduttori.

Possono anche essere integrate in Silicio, insieme con i circuiti di controllo e la stessa cella contenente il gas alla pressione di riferimento. La variazione della resistenza è dovuta alla variazione con la pressione delle dimensioni geometriche e della resistività (aumento). Quest’ultimo effetto è predominante nei semiconduttori.

 

2.3.3. Condensatori

La capacità C di un condensatore è definita dal rapporto tra quantità di carica Q immagazzinata e tensione applicata. Un condensatore reale viene descritto da un circuito equivalente, che deve tenere conto anche della resistenza e dell'induttanza dei terminali e delle armature metalliche, delle perdite nel dielettrico. Un circuito equivalente completo si presenterebbe quindi come in figura 10a, ma generalmente viene ritenuto sufficiente un circuito equivalente di tipo parallelo o uno di tipo serie (fig.10b,c), in cui una resistenza posta in parallelo o in serie alla capacità tiene conto globalmente delle perdite, cioè della potenza attiva dissipata dal condensatore, mentre la capacità è legata alla potenza reattiva. Come esercizio si suggerisce di trovare la relazione tra la resistenza del circuito equivalente serie e quella del circuito equivalente parallelo.

La fig.11 riporta la relazione vettoriale tra corrente e tensione e aiuta a ricordare la definizione di , parametro che viene abitualmente usato per misurare le perdite nei condensatori.  Come esercizio si tracci il diagramma relativo al circuito equivalente parallelo e si ritrovi la relazione ricavata nell’esercizio precedente.

Altri parametri caratteristici dei condensatori sono la tolleranza, la resistenza alla temperatura, all'umidità, alle radiazioni ionizzanti.

 

Fig.11: Diagramma vettoriale tensione corrente relativo al circuito equivalente serie per un condensatore.

 

 

b

 

c

 

a

 

Fig. 10a,b,c: a - Circuito equivalente di un condensatore. b - Circuito equivalente serie e c - circuito equivalente parallelo.

 

Il materiale impiegato per il dielettrico del condensatore è caratterizzato dalla costante dielettrica relativa . Quanto maggiore è , tanto maggiore, a parità di dimensioni, può essere la capacità del condensatore.

In base ai materiali costituenti il dielettrico e alla struttura i condensatori possono essere classificati come segue.

A carta, a carta impregnata con oli o cere, a pellicole plastiche (policarbonato, polistirolo, teflon): la struttura è di tipo avvolto, nel caso di pellicole plastiche può essere anche a pacchetto, cioè si può pensare ottenuta mediante sovrapposizione di fogli sovrapposti, metallici e dielettrici.  Di questi tipi solo quelli a pellicola plastica hanno interesse in elettronica.  A titolo indicativo, il polistirolo ha una costante dielettrica di 2,5 e i condensatori al polistirolo possono avere un , valore considerato molto buono. Di interesse elettronico sono poi i condensatori a mica, molto precisi, quelli ceramici, che sfruttando i valori in certi casi altissimi (alcune migliaia), della costante dielettrica relativa di certi materiali ceramici, consentono di ottenere valori elevati della capacità in dimensioni molto ridotte.

I valori più elevati di capacità sono raggiunti dai condensatori elettrolitici. Le armature metalliche sono generalmente di alluminio o di tantalio e il dielettrico è costituito dalla sottilissima pellicola di ossido che si forma sul metallo durante il processo di formazione in una cella elettrolitica e che viene mantenuto ed eventualmente ripristinato durante il funzionamento, dall'elettrolita di lavoro. I condensatori all'alluminio sono di tipo avvolto, quelli al tantalio possono essere sia di tipo avvolto che con anodo sinterizzato, cioè costituito da una specie di spugna ottenuta da un agglomerato di polveri prodotto a alta temperatura e pressione, che si presenta come un corpo compatto, ma in realtà ha una superficie enorme. I condensatori elettrolitici hanno in genere alte perdite e sono poco precisi, ma raggiungono valori di capacità fino a circa 300000 F. Comunque i valori più usuali sono fino a 100 F, con tensioni di lavoro da 3 a 500 v. I condensatori elettrolitici sono polarizzati, cioè devono lavorare in modo che la polarità ai loro capi non sia mai invertita (uno dei morsetti presenta l'indicazione +), pena la distruzione della pellicola di ossido.

Esistono infine i condensatori variabili, in cui il valore della capacità viene regolato nella fase di messa a punto di un circuito e quelli variabili in aria per la regolazione della sintonia.

2.3.4. Induttori

Gli induttori possono essere in aria, o con nuclei di materiali magnetici, come ferro o ferriti. I principali inconvenienti degli induttori sono il peso, l'ingombro, l'impossibilità di integrazione in circuiti monolitici.  Trovano largo impiego soprattutto nei circuiti di potenza e a bassa frequenza, mentre l'approccio circuitale moderno è quello, ove possibile, di evitarne l'uso, eventualmente simulandoli (come vedremo in seguito) con circuiti RC attivi.

 

2.3.5. Circuiti di connessione

I diversi componenti discreti costituenti un circuito, quelli passivi illustrati finora e quelli attivi che illustreremo in seguito, vengono saldati su un circuito stampato, in cui delle piste di rame che corrono sulla superficie di uno strato di materiale isolante costituiscono le connessioni tra i componenti.

Ricordiamo a questo punto, brevissimo cenno, che esistono i circuiti a film spesso e a film sottile, in cui su uno strato isolante, oltre alle piste di collegamento è stata realizzata la maggior parte dei componenti passivi, mentre i componenti attivi devono venire aggiunti come in un circuito stampato. Ricordiamo che nei circuiti integrati monolitici viene ottenuta, in forma integrata, in un unico pezzetto di semiconduttore, la totalità dei componenti costituenti un circuito.


2.4. ESEMPI

 

Partitore di tensione resistivo

 

 

 

 

          

 

 

Partitore di corrente resistivo

 

 

 

          

 

 

 

 

 

Partitore di tensione qualunque

 

 

 

 

          

 

 

 

 

Caso particolare - partitore RC

 

 

 

          

 

Calcoliamo il valore della pulsazione per cui , cioè il valore della potenza di uscita si riduce alla metà di quella di ingresso.

Si ha

. che è la risposta di ampiezza, diagrammata in frequenza. Vedremo in seguito che. esiste anche una risposta di fase.

 

 

Per esercizio si studino i circuiti seguenti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Esercizio

Consideriamo il parallelo RC di figura. A che pulsazione la resistenza viene cortocircuitata dal condensatore?

 

L’impedenza della resistenza è R; l’impedenza del condensatore è.

Si chiede quindi che

si avrà.

 

Variante dell’esercizio precedente

Quanto deve valere C perché a 100 HZ la resistenza sia cortocircuitata da C? Se R vale 50 W si ottiene C @ 3000 mF.

 

2.5. UNITÀ DI MISURA . COSTANTI DI TEMPO E INSIEMI DI UNITÀ COMPATIBILI

 

Abbiamo visto negli esempi precedenti delle espressioni in cui compare il prodotto RC, in forma letterale. Questo prodotto ha le dimensioni di un tempo e quindi il suo inverso di una pulsazione. Analogo discorso vale per la grandezza L/R. E’ chiaro che, dovendo assegnare dei valori numerici effettivi ai parametri di un circuito, sorge il problema delle unità di misura. Per il caso della costante di tempo RC occorre ad esempio che R sia misurato in kiloohm e C in nanofarad se vogliamo che il tempo sia misurato in microsecondi e la frequenza in megahertz. Si dice che quella eseguita è una scelta di unità compatibili. In generale i parametri di un circuito devono essere misurati in unità compatibili.  In conclusione, tenendo conto che RC e L/R hanno le dimensioni di un tempo (si chiamano costanti di tempo), si costruisce la seguente tabella, che mostra quattro possibili insiemi di unità compatibili.  Ovviamente, se i parametri di un circuito, costanti di tempo e frequenze non sono dati in unità compatibili, bisogna riportarli a un set compatibile.

 

R

L

C

tempo

RC,  L/R

frequenza

1/RC, R/L

W

H

F

s

Hz

kW

mH

nF

ms

MHz

W

mH

mF

ms

KHz

KW

mH

pF

ns

GHz

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: http://unina.stidue.net/Universita%27%20di%20Trieste/

Ingegneria%20Industriale%20e%20dell%27Informazione/Sirotti/Elettronica%201/elettronica1/ELE2.DOC

Sito web da visitare: http://unina.stidue.net/Universita%27%20di%20Trieste/

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