Elettrotecnica esercizi circuiti elettromagnetici
Elettrotecnica esercizi circuiti elettromagnetici
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Elettrotecnica
Elettrotecnica esercizi circuiti elettromagnetici
Transitorio elettrico nei circuiti ohmico-induttivi
Consideriamo il circuito di figura. E' evidente che, con l'interruttore nella posizione 0, la corrente è nulla e, quindi, saranno pure nulle le cadute di tensione ai capi della resistenza e dell'induttanza; tutto questo si riassume dicendo che le condizioni iniziali nel sistema sono nulle, ovvero i(0-) = 0 , avendo assunto quale istante iniziale del transitorio l'istante del passaggio dell'interruttore dalla posizione 0 alla posizione 1. La corrente i(t) nel circuito non può tuttavia assumere istantaneamente il valore finito i(¥) = Ir = Vo / R che essa avrà a regime, infatti, se così fosse, si dovrebbe presumere che il generatore abbia potenza infinita visto che trasferirebbe al campo elettromagnetico l'energia 0,5·L·Ir2 in un tempo nullo, il che è un assurdo fisico. In effetti la corrente passa da zero al valore di regime in un tempo teoricamente infinito, seguendo una legge di variazione esponenziale e determinando così un transitorio. Quello che accade è che il passaggio della corrente durante il transitorio provoca un aumento di flusso autoconcatenato con un conseguente sviluppo di forza elettromotrice autoindotta e(t) che, dovendosi opporre all'aumento di flusso concatenato, dovrà necessariamente essere contraria alla forza elettromotrice del generatore. Tale f.e.m.a.i. sarà massima, e pari a -Vo , nell'istante iniziale essendo in tale istante massima la variazione di corrente. Quindi, col trascorrere del transitorio, si ridurrà con legge esponenziale essendo la variazione dell'intensità di corrente nel tempo (e quindi del flusso concatenato) sempre più piccola. A regime raggiunto (teoricamente dopo un tempo infinito, praticamente dopo un tempo pari a 5·t ) sarà nulla la caduta di tensione ai capi dell'induttanza mentre sarà massima, e pari a Vo , la caduta sulla resistenza. Si può quindi dire che un'induttanza, in un circuito sollecitato da generatori di tensione costante e continua, si comporta a regime come un semplice cortocircuito. In effetti, a regime, la corrente nel circuito si mantiene rigorosamente costante e, con essa, rimane costante il flusso autoconcatenato. Non vi sarà, quindi, nessun fenomeno di induzione di forza elettromotrice.
Se, dopo aver raggiunto la condizione di regime, si porta istantaneamente l'interruttore dalla posizione 1 alla posizione 2 , accade che tutta l'energia precedentemente immagazzinata nel campo elettromagnetico verrà riceduta al circuito e dissipata sotto forma di calore nella resistenza R . Ancora una volta il processo non può essere istantaneo, in quanto è assurdo pensare ad una trasformazione d'energia a potenza infinita. Il tutto avviene seguendo la solita legge esponenziale. In particolare la corrente diminuirà dal valore iniziale Ir a zero circolando con lo stesso precedente verso.
Nel caso in cui l'interruttore venga portato dalla posizione 1 alla posizione 0 accade che il circuito risulta metallicamente interrotto. La corrente, e quindi il campo elettromagnetico con la relativa energia immagazzinata, si dovrà quindi annullare. Siccome il processo, per il solito motivo, non può avvenire istantaneamente, la corrente si annullerà gradualmente. Dal momento che il circuito metallico è interrotto, si creerà tra i due elettrodi dell'interruttore un arco elettrico (tratto di circuito ove il conduttore è costituito da gas ionizzato) che permetterà il passaggio della corrente di estinzione dell'energia immagazzinata dal campo elettromagnetico e che si estinguerà con l'estinguersi dell'energia. L'arco elettrico introduce una ulteriore resistenza (di tipo non ohmico) nel circuito, così che il tempo di estinzione della corrente sarà diverso che nel caso precedente ed anche la legge di estinzione non sarà più strettamente esponenziale.
Si ricorda che la lettera e che compare nella espressione esponenziale è la base dei logaritmi naturali, ovvero il numero 2,718...
In qualsiasi processo regolato da una legge esponenziale, la costante di tempo rappresenta il tempo necessario al completamento del processo nel caso in cui lo stesso avvenga ad una velocità costante e pari a quella dell'istante iniziale. Detto in altre parole, la tangente nell'origine alla curva esponenziale interseca l'orizzontale di ordinata pari al valore a regime in corrispondenza dell'ascissa pari alla costante di tempo.
Esercizio 1 (campo magnetico in un solenoide, induttanza, f.e.m. autoindotta, energia)
Si abbia un solenoide rettilineo lungo l = 100 [cm] di sezione circolare formato da N = 1500 spire di diametro d = 8 [cm] disposte in un unico strato e strettamente affiancate tra di loro. Il solenoide sia avvolto in aria e sia percorso dalla corrente continua I = 5 [A]:
1) determinare il campo magnetico, l’induzione ed il flusso all’interno del solenoide.
Nei solenoidi rettilinei lunghi (ovvero di lunghezza almeno dieci volte maggiore del diametro) ed avvolti a spire serrate con verso omogeneo, il campo magnetico all’interno è praticamente uniforme e di intensità pari a:
Le linee di campo magnetico all’interno sono parallele all’asse del solenoide ed hanno verso determinato dal senso di avvolgimento e dal verso della corrente. Con riferimento alla figura, applicando la regola della vite ed immaginando quindi di ruotare la vite secondo il verso col quale la corrente percorre l’avvolgimento avremo che la vite avanzerà verso destra, quindi questo è il verso del campo all’interno del solenoide. Un altro modo per individuare il verso del campo consiste nell’immaginare di prendere nel palmo della mano il solenoide in modo tale che la corrente percorra la parte di avvolgimento a contatto con la mano con verso che va dal polso alle dita: il pollice indicherà il verso del campo.
L’induzione magnetica si determina moltiplicando il campo per la permeabilità magnetica del mezzo nel quale il campo si sviluppa. Nel nostro caso essendo il mezzo l’aria assumeremo come valore della permeabilità quello del vuoto:
Il flusso di induzione magnetica si determina moltiplicando l’induzione per la sezione interna del solenoide calcolata trasversalmente alle linee di campo:
Sia l’induzione che il flusso hanno sempre lo stesso verso del campo.
2) calcolare l’induttanza del solenoide.
L’induttanza (detta anche coefficiente di autoinduzione) di un qualsiasi circuito elettrico è per definizione il rapporto tra il flusso autoconcatenato col circuito e l’intensità della corrente che circolando nel circuito stesso produce il flusso.
In un solenoide il flusso autoconcatenato si calcola moltiplicando il flusso prodotto dalla corrente circolante nell’avvolgimento per il numero di spire che compone l’avvolgimento (naturalmente tutte le spire devono essere avvolte nello stesso senso). Infatti il flusso si concatena col circuito ogniqualvolta interseca il piano delimitato da una spira. Nel nostro caso:
L’induttanza vale quindi:
Osservazione: i dispositivi che come il solenoide hanno lo scopo di realizzare un valore concentrato di induttanza sono chiamati induttori. E’ importante non confondere gli induttori con i reostati a filo avvolto. Infatti questi ultimi hanno lo scopo di realizzare un valore concentrato di resistenza e per questo scopo il conduttore che si impiega non è il rame bensì una lega resistiva (manganina, costantana, ferro-nichel. ecc.). Inoltre il filo conduttore di lega resistiva viene avvolto sul supporto in un numero pari di strati invertendo il verso di avvolgimento passando da strato a strato al fine di rendere il più piccolo possibile il flusso autoconcatenato e l’induttanza (che in questo dispositivo è un parametro elettrico parassita).
3) determinare l’energia immagazzinata nel campo magnetico interno al solenoide.
Questa energia si può calcolare attraverso l’espressione:
Oppure si può calcolare attraverso l’energia specifica interna al campo magnetico:
4) supponendo che l’intensità della corrente si annulli nel tempo di un centesimo di secondo, calcolare il valore medio della forza elettromotrice autoindotta Eai che si sviluppa in tale intervallo di tempo nel solenoide.
Per la legge generale dell’induzione elettromagnetica, la variazione di corrente nel solenoide comporta la variazione di flusso autoconcatenato e quindi lo sviluppo di una forza elettromotrice chiamata autoindotta in quanto prodotta dalla variazione del flusso dovuto alla stessa corrente presente nel circuito.
Per prima cosa individuiamo il verso di tale f.e.m. autoindotta. A tale scopo bisogna tenere presente che essa deve opporsi alla causa che l’ha generata. Siccome la causa è una diminuzione della corrente e quindi del flusso autoconcatenato, per opporsi a tale diminuzione la f.e.m. autoindotta dovrà essere tale da sostenere la corrente e quindi si presenterà ai morsetti del solenoide con le polarità di figura:
Ovviamente se, a differenza del caso in esame, la corrente variasse aumentando, il verso della f.e.m. autoindotta sarebbe opposto a quello appena determinato in quanto comunque la f.e.m. deve opporsi alla causa che l’ha generata.
La sua intensità si calcola applicando la legge generale dell’induzione elettromagnetica:
la variazione di flusso autoconcatenato è stata calcolata facendo il flusso finale (zero perché se si annulla la corrente si annulla anche il flusso) meno il flusso iniziale.
Lo stesso risultato, ricordando la definizione di induttanza, si ottiene anche nel seguente modo:
Osservazione: da quanto fino ad ora esposto risulta evidente il diverso comportamento elettrico dell’induttanza nel caso in cui la corrente che l’attraversa vari nel tempo rispetto al caso in cui rimanga costante. Se la corrente varia nel tempo l’induttanza reagisce opponendosi a tale variazione attraverso lo sviluppo della f.e.m. autoindotta, se invece la corrente è costante l’induttanza non produce alcun effetto comportandosi come se fosse un cortocircuito.
Esercizio 2 (f.e.m. indotta in una spira che ruota in un campo magnetico)
Si abbia una bobina di forma rettangolare composta da N = 10 spire ed immersa in un campo magnetico uniforme di induzione B = 0,8 [Wb/m2]. La bobina abbia i lati di lunghezza rispettivamente a = 20 [cm] e l = 30 [cm] ed una posizione nell’istante considerato iniziale per la quale il suo piano sia parallelo alle linee di induzione, cioè sia nell’istante iniziale a = −90° (a è l’angolo misurato tra la direzione positiva del campo magnetico e la direzione positiva della normale Ns alla superficie della bobina). La bobina ruoti attorno al proprio asse Nr con una velocità angolare costante pari ad w = 314,2 [rad/s].
1) determinare la f.e.m. media indotta nella bobina durante il primo quarto di giro.
Nel primo quarto di giro la bobina ruota dalla posizione iniziale per la quale a = −90° alla posizione per la quale a = 0°. Siccome il flusso concatenato con la bobina è nullo quando a = −90° (la bobina giace in un piano parallelo alle linee di campo) e massimo quando a = 0° (la bobina giace in un piano perpendicolare alle linee di campo) vi sarà una variazione di flusso concatenato con conseguente sviluppo di f.e.m. indotta. Il valor medio di tale f.e.m. indotta si determina applicando la legge generale dell’induzione elettromagnetica:
Nelle espressioni sopra scritte (B·S·N) rappresenta il flusso concatenato con la bobina, calcolato come prodotto del flusso attraverso una spira (B·S) per il numero di spire che compongono la bobina.
La polarità che caratterizza la f.e.m. indotta si determina considerando che deve opporsi alla causa che l’ha generata. Nel caso in esame ad avere generato la f.e.m. è un aumento del flusso concatenato e quindi, per opporsi, la f.e.m. deve essere tale da agire nella bobina (guardata da un osservatore che veda il campo andargli incontro) con verso orario così che il campo magnetico generato dalla corrente sostenuta dalla f.e.m. indotta si opponga al campo esterno di induzione B. In definitiva la f.e.m. indotta si presenterà alle estremità della bobina con la polarità positiva in N e negativa in M:
2) determinare la f.e.m. media indotta nella bobina durante il secondo quarto di giro.
Nel secondo quarto di giro la bobina ruota dalla posizione per la quale a = 0° alla posizione per la quale a = +90°. Siccome il flusso concatenato con la bobina è massimo quando a = 0° (la bobina giace in un piano perpendicolare alle linee di campo) e nullo quando a = 90° (la bobina giace in un piano parallelo alle linee di campo) vi sarà una variazione di flusso concatenato con conseguente sviluppo di f.e.m. indotta. Il valor medio di tale f.e.m. indotta varrà:
Ovviamente il valor medio è lo stesso di prima, solo che adesso vi è una diminuzione del flusso concatenato anziché un aumento e quindi cambia il segno della f.e.m. indotta che ora agirà nella bobina con verso antiorario con conseguente inversione delle polarità in N ed M.
3) determinare la f.e.m. media indotta nella bobina durante il terzo quarto di giro.
Nel terzo quarto di giro la bobina ruota dalla posizione per la quale a = +90° alla posizione per la quale a = +180°. Siccome il flusso concatenato con la bobina è nullo quando a = +90° (la bobina giace in un piano parallelo alle linee di campo) e massimo negativo quando a = +180° (il flusso concatenato è negativo perché la bobina giace in un piano perpendicolare alle linee di campo ma orientata con verso opposto rispetto al caso in cui a = 0°) vi sarà una variazione di flusso concatenato con conseguente sviluppo di f.e.m. indotta. Il valor medio di tale f.e.m. indotta varrà:
Si nota che il segno è lo stesso del caso precedente. Infatti continua ad esservi una diminuzione del flusso concatenato che passa da zero al valore massimo negativo e quindi per opporsi a tale variazione la f.e.m. indotta dovrà continuare ad agire con verso antiorario facendo permanere positiva l’estremità M e negativa l’estremità N.
4) determinare la f.e.m. media indotta nella bobina durante il quarto quarto di giro.
Nell’ultimo quarto di giro la bobina ruota dalla posizione per la quale a = +180° alla posizione per la quale a = +270° = −90°. Siccome il flusso concatenato con la bobina è massimo negativo quando a = +180° e nullo quando a = −90° (la bobina giace in un piano parallelo alle linee di campo) vi sarà una variazione di flusso concatenato con conseguente sviluppo di f.e.m. indotta. Il valor medio di tale f.e.m. indotta varrà:
Si nota che il segno è opposto rispetto quello del caso precedente. Infatti ora il flusso concatenato varia aumentando in quanto passa da un valore negativo a zero e di conseguenza la f.e.m. indotta per opporsi alla variazione dovrà agire come nel primo caso, cioè in senso orario determinando alle estremità della bobina le polarità positiva per N e negativa per M.
5) determinare l’espressione della f.e.m. indotta in un generico istante di tempo.
Riassumendo quanto finora accertato possiamo dire che, grazie al moto rotatorio, nella bobina si sviluppa a partire dall’istante considerato iniziale (nel quale la bobina è parallela alla direzione del campo, a = −90°) una f.e.m. indotta avente segno alternato. Nel succedersi dei quarti di giro il segno risulta avere la sequenza −, +, +, −. Quando il segno della f.e.m. è negativo è l’estremità N della bobina ad essere positiva, quando il segno della f.e.m. è positivo è l’estremità M della bobina ad essere positiva. E’ facile intuire che se si considera un giro completo si avrà una f.e.m. indotta media nulla in quanto il flusso concatenato finale coinciderà col flusso concatenato iniziale e non vi sarà quindi variazione alcuna di flusso concatenato.
Per esprimere il valore istantaneo di f.e.m. indotta bisogna innanzitutto individuare l’espressione del valore istantaneo di flusso concatenato. Allo scopo si osserva che nel generico istante t [s] il flusso concatenato sarà proporzionale alla parte di sezione della spira che in quell’istante è trasversale alla direzione dell’induzione:
Se indico con b l’angolo del quale la bobina ha ruotato nel generico istante t rispetto alla posizione che essa aveva nell’istante iniziale, l’area della bobina che risulta essere trasversale alla direzione del campo vale:
Ricordando l’espressione che lega l’angolo con la velocità angolare ed il tempo si ha:
Il flusso concatenato avrà quindi un valore istantaneo pari a:
In tale espressione ho chiamato con FCMAX il valore del flusso concatenato quando la bobina è esattamente trasversale al campo, che ovviamente è il massimo valore che il flusso stesso può assumere.
Il flusso concatenato è quindi variabile nel tempo con legge periodica alternata sinusoidale ed il grafico che rappresenta tale variazione è il seguente:
In ascissa, per una migliore comprensione del fenomeno, è pure riportato in radianti l’angolo b del quale la bobina è ruotata a partire dall’istante iniziale.
Applicando ora la legge generale dell’induzione magnetica col necessario rigore matematico (e quindi assumendo che le variazioni delle grandezze siano infinitesimali) e tenendo conto delle note regole di derivazione, avrò:
Sostituendo i valori relativi all’esercizio si ha:
Il grafico che rappresenta tale funzione è:
Si nota che la f.e.m. indotta è massima quando è massima la pendenza della tangente alla funzione che rappresenta il flusso concatenato (e questo avviene quando il flusso concatenato cambia di segno), è nulla quando è nulla la pendenza della tangente alla funzione che rappresenta il flusso concatenato (e questo avviene quando il flusso concatenato raggiunge il valore massimo positivo e il valore massimo negativo).
Per ultimo andiamo a verificare se è vero che il valore medio della f.e.m. indotta nel primo quarto di periodo, cioè nell’intervallo di tempo da 0 [s] a 0,005 [s], vale proprio Ei=−96 [V]. Bisogna per prima cosa calcolare l’area sottesa dalla funzione ei(t) nell’intervallo da 0 a 0,005 ed allo scopo calcolo l’integrale definito:
Ricordando che il valor medio è quel valore che, rimanendo costante nell’intervallo di tempo considerato, determina un’area rettangolare pari a quella sottesa dalla funzione, si ha:
Esercizio 3 (circuito magnetico tutto serie, problema diretto)
Si abbia il seguente circuito magnetico:
Il circuito magnetico sia composto da due tronchi in materiale ferromagnetico e da un traferro.
Le dimensioni geometriche siano l1=30 [cm], S1=12 [cm2] per il tronco in ghisa, l2=10 [cm], S2= 8 [cm2] per il tronco in lamierini normali (la lunghezza è quella della linea di induzione media misurata come indicato nella figura e la sezione è quella netta trasversale alla linea di induzione media). Il traferro abbia estensione lT=1,5 [mm] e la sua sezione sia del 5% maggiore di S1 a causa dell’effetto ai bordi delle linee di campo magnetico (si tratta del fenomeno della espansione laterale delle linee di forza).
Sul circuito magnetico agiscano due avvolgimenti, il primo composto da N1=100 spire e percorso dalla corrente I1= 40 [A] col verso di figura, il secondo composto da N2=75 spire. Infine si trascurino eventuali flussi dispersi.
1) determinare l’intensità che deve avere la corrente I2 nel secondo avvolgimento affinché il campo magnetico nel traferro valga HT= 800000 [A/m] ed abbia il verso dall’alto al basso.
Il tipo di problema proposto è sicuramente del tipo diretto in quanto è fornito il campo magnetico in un tratto del circuito così che diventa possibile trovare direttamente l’induzione ed il campo in ogni altro tratto e applicare la legge della circuitazione magnetica (metodo delle forze magnetomotrici parziali) o la legge di Hopkinson (metodo delle riluttanze) al fine di determinare la corrente incognita.
Noi risolviamo col metodo delle forze magnetomotrici parziali. Per prima cosa bisogna assegnare un verso arbitrario alla corrente incognita I2 nel secondo avvolgimento, nel nostro caso scegliamo il verso di figura.
Quindi andiamo a determinare per ogni tronco omogeneo (si intende un tratto di circuito caratterizzato da uniformità di materiale, di sezione e di flusso) del circuito il campo magnetico e la lunghezza.
Traferro:
Tronco in ghisa:
Per trovare il campo considero che essendo il circuito tutto serie il flusso sarà lo stesso in tutti i tronchi. Avendo poi imposto il campo nel traferro diretto dall’alto al basso, il flusso circolerà nel circuito con verso orario. Il valore del flusso varrà:
L’induzione nella ghisa varrà:
Per conoscere il campo magnetico nella ghisa dovrò consultare le caratteristiche di magnetizzazione di questo materiale. Tali caratteristiche riportano:
Eseguendo una interpolazione lineare tra le due coppie ho:
Tronco in lamierini normali:
Per conoscere il campo magnetico nelle lamiere dovrò consultare le caratteristiche di magnetizzazione di questo materiale. Tali caratteristiche riportano:
Eseguendo una interpolazione lineare tra le due coppie ho:
Ora che ho il campo e la lunghezza per ciascun tronco posso applicare la legge della circuitazione magnetica.
Questa legge dice che lungo una linea chiusa la somma aritmetica delle cadute di tensione magnetica eguaglia la somma algebrica delle forze magnetomotrici (le forze magnetomotrici si prendono positive se agiscono concordemente col verso della linea chiusa assunto positivo). Si sceglie come linea chiusa la linea di induzione media e come verso positivo il verso del flusso.
Con tali presupposti è facile verificare che la forza magnetomotrice del primo avvolgimento è da prendersi positiva mentre la forza magnetomotrice del secondo avvolgimento è da prendersi negativa. L’equazione rappresentante la legge della circuitazione diventa quindi:
Risolvendo rispetto I2 si ha infine:
Il fatto che la corrente da determinarsi sia risultata negativa significa che al fine di ottenere nel traferro il campo desiderato bisogna imporre nel secondo avvolgimento una corrente di 19,48 [A] con verso opposto a quello prefissato, ovvero anche il secondo avvolgimento deve produrre una forza magnetomotrice concorde col verso del flusso.
2) Determinare la tensione magnetica ai capi del tronco in ghisa.
La tensione magnetica tra i punti D e A può essere trovata in due diversi modi, in ogni caso si applica al circuito magnetico l’analogo della legge di Ohm applicata ad un tratto di circuito elettrico.
Se uso il tratto comprendente il tronco in ghisa e l’avvolgimento fatto di N1 spire ho:
Se uso il tratto comprendente il traferro ed il tronco in lamiere con l’avvolgimento fatto di N2 spire ho:
.
3) Risolvere lo stesso circuito usando il metodo delle riluttanze.
Per prima cosa si disegna il circuito magnetico in forma analoga ad un circuito elettrico:
Quindi si determinano le riluttanze che compongono il circuito.
Riluttanza del traferro:
Riluttanza del tronco in ghisa:
Per conoscere la permeabilità magnetica relativa nella ghisa dovrò consultare le caratteristiche di magnetizzazione di questo materiale. Tali caratteristiche riportano:
Eseguendo una interpolazione lineare tra le due coppie ho:
Riluttanza del tronco in lamierini normali:
Per conoscere la permeabilità magnetica relativa nelle lamiere dovrò consultare le caratteristiche di magnetizzazione di questo materiale. Tali caratteristiche riportano:
Eseguendo una interpolazione lineare tra le due coppie ho:
Note le riluttanze, applico la legge di Hopkinson al circuito magnetico (in modo analogo alla legge do Ohm applicata ad un circuito elettrico chiuso, con la forza magnetomotrice che corrisponde alla forza elettromotrice, il flusso che corrisponde alla corrente e la riluttanza che corrisponde alla resistenza):
Osservazione: la differenza numerica tra le due soluzioni dipende dal fatto che si sono utilizzati i valori tabulati di campo e di permeabilità relativa che sono stati rilevati sperimentalmente e dal fatto che è stato necessario effettuare su tali valori delle interpolazioni lineari (essendo le caratteristiche di magnetizzazione e di permeabilità diverse tra di loro, l’interpolazione lineare introduce nei due casi errori diversi). Per gli stessi motivi, le cadute di tensione magnetica danno risultati leggermente diversi a seconda che siano calcolate come (H·l) oppure come (Φ·R).
Esercizio 4 (circuito magnetico tutto serie, problema inverso)
Si abbia un circuito magnetico di ghisa di forma toroidale avente un traferro dallo spessore costante pari a lT=3 [mm]. La lunghezza della circonferenza media, compreso il traferro, è lm=60 [cm] e la sezione del nucleo di ghisa è S1=16 [cm2]. L’avvolgimento di eccitazione è disposto uniformemente sulla metà del nucleo opposta al traferro ed è composto di N=600 spire percorse dalla corrente I=2 [A]. Si trascurino gli eventuali flussi dispersi e si consideri la sezione del traferro maggiorata del 5% rispetto alla sezione del nucleo in ghisa a causa dell’effetto ai bordi delle linee di campo magnetico.
1) Determinare il flusso presente nel circuito magnetico.
Essendo il circuito magnetico tutto serie, il flusso avrà lo stesso valore in tutte le sezioni. Il verso del flusso si determina immediatamente conoscendo il senso di avvolgimento delle spire ed il verso della corrente nell’avvolgimento. Nel caso in esame il verso del flusso sarà quello orario.
La determinazione del valore del flusso è invece molto più problematica. Infatti si conosce la forza magnetomotrice assegnata che vale:
ma, essendo il circuito composto di più tronchi (due nel nostro caso, il nucleo in ghisa ed il traferro) accade che la non linearità della caratteristica di magnetizzazione rende impossibile determinare il valore della permeabilità o del campo magnetico nelle diverse parti del circuito mediante l'applicazione diretta di equazioni risolutrici. Bisogna quindi procedere per tentativi applicando il seguente algoritmo:
passo a)
Scegliamo per l’accuratezza della risoluzione un valore pari al 5% (è inutile scegliere un valore migliore in quanto le tabelle di magnetizzazione delle quali disponiamo sono piuttosto grossolane). Quindi riterremo accettabile la soluzione per la quale la forza magnetomotrice necessaria a sostenere il flusso calcolato sarà compresa nella fascia di valori:
passo b)
Scegliamo pari a B1= 0,6 [Wb/m2] il valore dell’induzione nel tronco in ghisa per il primo tentativo. Questo valore è stato fissato considerando che è centrale nella tabella di magnetizzazione della ghisa a nostra disposizione ove i valori possibili variano tra 0,1 ed 1,2 [Wb/m2].
passo c)
Calcoliamo la FMMC necessaria a sostenere il valore di induzione prefissato. Si tratta di risolvere il problema diretto, ad esempio col metodo delle forze magnetomotrici parziali.
Per il tronco in ghisa si ha:
Il flusso nel circuito sarà:
Per il traferro si ha:
lT = 3·10−3 [m]
ST = 1,05·S1 = 1,05·16·10−4 = 16,8·10−4 [m2]
La forza magnetomotrice necessaria a sostenere il valore prefissato di induzione vale:
Passo d)
Verifichiamo se il valore di forza magnetomotrice calcolata soddisfa l’accuratezza prefissata. Essendo FMMC > 1260 [A] la condizione non è soddisfatta.
Passo e)
Scelgo un nuovo valore di induzione. Essendo il tentativo precedente fallito per eccesso del valore di FMMC, la nuova scelta dovrà essere per un valore inferiore di induzione. Scelgo il valore intermedio tra il minimo tabulato ed il valore del tentativo precedente:
passo c2)
Calcoliamo la FMMC necessaria a sostenere il valore di induzione prefissato.
Per il tronco in ghisa si ha:
ottenuto dalla lettura della tabella di magnetizzazione con relativa interpolazione lineare.
Il flusso nel circuito sarà:
Per il traferro si ha:
La forza magnetomotrice necessaria a sostenere il valore prefissato di induzione vale:
Passo d2)
Verifichiamo se il valore di forza magnetomotrice calcolata soddisfa l’accuratezza prefissata. Essendo FMMC > 1260 [A] la condizione non è soddisfatta.
Passo e2)
Scelgo un nuovo valore di induzione. Essendo il tentativo precedente fallito per eccesso del valore di FMMC, la nuova scelta dovrà essere per un valore inferiore di induzione. Considerando il piccolo scostamento rispetto alla fascia accettabile, scelgo il valore tabulato immediatamente minore:
passo c3)
Calcoliamo la FMMC necessaria a sostenere il valore di induzione prefissato.
Per il tronco in ghisa si ha:
ottenuto dalla lettura della tabella di magnetizzazione.
Il flusso nel circuito sarà:
Per il traferro si ha:
La forza magnetomotrice necessaria a sostenere il valore prefissato di induzione vale:
Passo d3)
Verifichiamo se il valore di forza magnetomotrice calcolata soddisfa l’accuratezza prefissata. Essendo:
la condizione è soddisfatta.
Passo f)
I valori di induzione e di flusso che soddisfano l’accuratezza prefissata sono quindi:
2) Determinare la corrente nell’avvolgimento affinché il flusso nel circuito magnetico sia quello sopra calcolato.
Nella precedente parte dell’esercizio abbiamo calcolato in modo approssimato quale flusso viene indotto dalla corrente di 2 [A]. Ora vogliamo vedere quale corrente è in effetti necessaria per sostenere il flusso di 4,8·10−4 [Wb]. Basterà allo scopo calcolare:
3) Determinare l’induttanza dell’avvolgimento ipotizzando che sia nullo il flusso disperso.
L’induttanza dell’avvolgimento dipende dal flusso autoconcatenato che è pari a:
Quindi l’induttanza varrà:
4) Determinare l’energia immagazzinata nel circuito magnetico.
Tale energia si può determinare in due diversi modi.
Il primo consiste nel passare attraverso l’energia specifica. In tal caso con ovvio significato dei simboli si avrà:
Il secondo consiste nell’utilizzare il valore dell’induttanza dell’avvolgimento:
5) Determinare la tensione magnetica tra i punti A, D.
Allo scopo possiamo usare la parte di circuito a sinistra dei punti A, D:
dove lm/2 è la lunghezza della parte in ghisa a sinistra dei punti A, D.
Ma possiamo anche usare la parte di circuito a destra dei punti A, D:
Esercizio 5 (forza portante di un elettromagnete)
Si abbia un elettromagnete a nucleo mobile (il nucleo mobile costituisce l’ancora dell’elettromagnete) realizzato in ferro fucinato con l’avvolgimento costituito da N = 1000 spire:
Le sue dimensioni geometriche siano le seguenti:
lunghezza media della colonna centrale comprensiva del traferro l1 = 8 [cm];
sezione trasversale della colonna centrale A1 = 6 [cm2];
lunghezza media dei gioghi comprensiva dei traferri l2 = 17 [cm];
sezione trasversale dei gioghi A2 = 3 [cm2];
lunghezza massima della corsa del nucleo mobile (ancora alla massima distanza) δM = 5 [mm];
lunghezza minima della corsa del nucleo mobile (ancora accostata) δm = 0,2 [mm];
lunghezza dei tra ferri tra nucleo mobile e gioghi lT = 0,7 [mm].
1) Determinare il valore da assegnare alla corrente di eccitazione nell’avvolgimento affinché la forza sviluppata ad ancora accostata valga Fea = 350 [N] (si trascurino eventuali flussi dispersi e gli effetti ai bordi dei tra ferri).
La forza di attrazione che l’elettromagnete esercita sull’ancora dipende dall’induzione nel traferro e dalla superficie del polo secondo la seguente relazione:
dove Boa è il valore di induzione nel traferro tra il nucleo mobile ed il giogo quando la lunghezza del traferro ha il valore minimo (ancora accostata) pari a δm = 0,2 [mm].
Si può quindi calcolare il valore che deve assumere l’induzione nel traferro ad ancora accostata:
Considerando la simmetria del circuito magnetico rispetto l’asse verticale e considerando che i gioghi hanno sezione pari alla metà della sezione della colonna centrale, avremo un’induzione costante in tutto il circuito magnetico.
Per conoscere il campo magnetico nel ferro dovrò consultare le caratteristiche di magnetizzazione di questo materiale. Tali caratteristiche riportano:
Eseguendo una interpolazione lineare tra le due coppie ho:
Il campo magnetico nei traferri varrà:
Per determinare la forza magnetomotrice necessaria a sostenere questi campi conviene applicare la legge della circuitazione magnetica indifferentemente ad una delle due maglie (tra di loro uguali) del circuito magnetico.
La lunghezza complessiva della parte in ferro per ciascuna maglia è:
La lunghezza complessiva dei traferri per ciascuna maglia è:
Applicando la legge della circuitazione si trova infine la corrente di eccitazione richiesta:
2) Determinare la forza di attrazione sviluppata dall’elettromagnete quando l’ancora è alla massima distanza dall’elettromagnete e la corrente di eccitazione è quella precedentemente calcolata.
Una soluzione precisa al quesito richiede che si calcoli l’induzione nel traferro e, quindi, che si proceda per tentativi nella soluzione del problema che si presenta del tipo inverso. Tuttavia, quando si ha la massima lunghezza della corsa dell’ancora accade che nel circuito magnetico quasi tutta la tensione magnetica cade nel traferro così che si può trascurare la parte in ferro ed il problema si può risolvere con accettabile approssimazione per via diretta.
Trascurando la parte in ferro, la legge della circuitazione applicata ad una delle due maglie dice che:
dove lTs è la lunghezza complessiva del traferro ad ancora massimamente staccata:
Risolvendo rispetto al campo si ha:
A tale campo corrisponde l’induzione:
Si nota come l’induzione si è ridotta di circa cinque volte; praticamente l’induzione, se si trascura il ferro, risulta inversamente proporzionale alla lunghezza del traferro. Siccome poi la forza è direttamente proporzionale al quadrato dell’induzione avremo che essa sarà inversamente proporzionale al quadrato della lunghezza del traferro:
3) Determinare la corrente necessaria per produrre la forza di 350 [N] quando l’ancora è scostata alla massima distanza dall’elettromagnete.
In tal caso nel traferro servirà ancora l’induzione di 1,327 [Wb/m2] e quindi il campo di 1,057·106 [A/m]. Sempre trascurando la caduta di tensione magnetica nel ferro e con ovvio significato dei passaggi si ha:
Fonte: http://www.itiscopernicofe.it/itis/didattic/matdid/3H/3%5EH-Elettrotecnica.doc
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Elettrotecnica esercizi circuiti elettromagnetici
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