I draghi

 

 

 

I draghi

 

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I draghi

 

Sicuramente sai che i draghi una volta erano tanto comuni quanto lo sono oggi i motor-omnibus , e più o meno ugualmente pericolosi. Ma siccome ci si aspettava che ogni beneducato principe ammazzasse un drago e salvasse una principessa, i draghi divennero sempre di meno, tanto che risultò spesso difficile per una principessa trovare un drago dal quale farsi riscattare. E alla fine non c’erano più draghi in Francia e nemmeno in Germania, Spagna, Italia o Russia. Ne rimasero alcuni in Cina, e ci sono tuttora, ma sono freddi e di bronzo, mentre mai ne furono trovati in America.

L’ultimo drago che visse realmente risiedeva in Inghilterra, e ciò avvenne molto molto tempo fa, prima che cominciasse quella che tu chiami storia dell’Inghilterra. Questo drago viveva in Cornovaglia in grandi grotte rocciose, ed era un gran bel esemplare, lungo quasi settanta piedi dalla punta del suo terrificante muso alla fine della sua terribile coda. Alitava fumo e fiamme, e sferragliava quando si muoveva poiché le sue scaglie erano fatte di ferro. Le ali erano della forma di un mezzo ombrello – o delle ali di un pipistrello, soltanto molte migliaia di volte più grandi. Tutti erano spaventati da lui, o comunque avrebbero dovuto esserlo .

 

In questa introduzione alla novella The Last of the Dragons Edith Nesbit traccia ironicamente lo stereotipo del drago delle fiabe che, dopo la rivisitazione tolkieniana, diventerà il manifesto del mondo fantasy .

E di fatto, non c’è bancarella tematica che non abbia statuette, portachiavi, portaincenso o magliette raffiguranti i draghi; persino i grandi parchi di divertimento accostano al castello delle fate, una qualche attrazione con un drago a custodia di uno spettacolare tesoro. Non c’è principessa, e non c’è cavaliere salva-principesse senza il nobile mostro alato, e non c’è nemmeno una  band di epic o power metal le cui copertine dei cd siano orfane della leggendaria bestia. Persino il gioco di ruolo da tavolo più famoso della storia è fortemente incentrato sui draghi, tanto da chiamarsi Dungeons and Dragons.

Fantasy a parte, la figura del drago è fortemente legata al medioevo, e non soltanto per essere stata raffigurata in innumerevoli gonfaloni, bandiere e stemmi di casate, ma anche perché in quei secoli si credeva realmente che i draghi esistessero alla stregua dei leoni o delle aquile. E nulla più di una creatura così sfuggevole e fortemente legata alle credenze popolari può incarnare lo spirito a luci e ombre dell’età medievale, periodo in cui la scienza stessa era basata sulla luce dei fatti e sull’ombra della superstizione.

Il drago, inteso come creatura risultante dall’assemblaggio di differenti parti anatomiche di vari animali esistenti, è poi presente in ogni cultura del mondo, e i differenti esemplari riempiono i racconti e le dicerie delle genti dei cinque continenti terrestri di ogni latitudine.

Il termine italiano drago deriva dal latino draco che a sua volta è originato dal greco drákōn, che trae genesi dalla radice darc “vedere”, e che può anche significare “serpente” (nella tradizione greca i serpenti erano considerati esseri dalla vista molto acuta) . E’ anche interessante constatare che dal latino draco derivi il termine romeno drac che significa “diavolo” e che tra l’altro è alla base del nome Dracul “il diavolo” e quindi Dracula “figlio del diavolo” . L’analogia fra draco/serpente e draco/diavolo non è poi sorprendente, se si considera che nel Medioevo la Chiesa si adoperò con minuzia per confondere le divinità e le creature immaginarie pagane con il diavolo che nell’Eden biblico, per indurre Eva a peccare, assunse proprio la forma di un serpente, e che nell’Apocalisse di Giovanni aveva invece le fogge di un drago.

Racconti o presunti avvistamenti di draghi sono presenti in tutto il mondo sin dai tempi remoti. Il perché di questo fenomeno rimane tuttora un mistero a cui si è cercato di rispondere sostanzialmente attraverso la paleontologia. In altre parole, secondo gli studiosi della preistoria i nostri antenati avrebbero scambiato per draghi, unicorni o ciclopi, i fossili dei dinosauri o di particolari mammiferi estinti. Così la spina dorsale di alcuni sauropodi dal collo particolarmente lungo sarebbe stata confusa con i resti dei draghi-serpenti detti anche “vermi”, mentre gli enormi teschi dai denti acuminati degli spinosauri, dei tirannosauri o dei coccodrilli giganti avrebbero dato origine ai più canonici draghi alati; e persino i colli lunghi e i teschi con le corna degli antenati delle giraffe avrebbero potuto essere d’ispirazione per la creazione dei draghi cinesi . La comparsa sui corpi dei draghi degli attributi di altri animali, quali ad esempio la criniera o i baffi, sarebbero state libere aggiunte degli avvistatori o, nel caso delle ali, fusioni con i resti di altri fossili, quali ad esempio le ossa dei dinosauri alati.

Lo scambiare le ossa dei dinosauri con le ipotetiche spoglie dei draghi è comunque una prassi che, a quanto pare, è ancora in voga tuttora. Lo scorso anno è stato scoperto dagli esperti del museo di geologia della provincia di Henan che, in alcuni villaggi della Cina centrale, i fossili di un dinosauro erbivoro di circa 18 metri di lunghezza, vissuto tra gli 85 e i 100 milioni di anni fa, venivano da ormai vent’anni sbriciolati e venduti a circa 4 yuan (40 centesimi di euro) al chilo come ossa di drago volante. Secondo i cinesi tali ossa, ricche di calcio, se bollite con altri ingredienti, avevano proprietà benefiche contro i giramenti di testa, i crampi alle gambe e le fratture .

Se in Cina il drago venne tanto venerato da diventare divino e simbolo dell’intero paese e delle sue innumerevoli sfaccettature culturali, in Galles fu colorato di rosso e posto direttamente nel mezzo della bandiera nazionale. E della grande famiglia dei draghi fanno poi parte anche il basilisco presente in Cile, Giamaica, Islanda, Gran Bretagna e Africa, così come l’Idra di Lerna, le balene serpenti americane, il verme scandinavo Fafnir e perché no, pure lo scozzese mostro di Loch Ness. Anche Tolkien aprì le porte delle sue opere ai draghi, e non a semplici draghi, ma, come vedremo, a draghi con la “D” maiuscola che volano, parlano, sputano fuoco e custodiscono tesori con la loro stazza imponente.

 

I mostri chiamati draghi

 

Prima di dedicarci ai draghi fisicamente più simili alla tipologia “ordinaria”, quella alata, con cranio da tirannosauro e sputa fuoco presente nelle opere di Tolkien, è bene presentare una breve panoramica su quelle creature fantastiche mostruose che vengono anch’esse etichettate come draghi.

Il drago più famoso della mitologia greca è l’Idra di Lerna che Ercole sconfisse in una delle sue dodici fatiche. Nata dall’unione del gigante dalle cento teste Tifone e di Echidna, dal corpo di serpente, l’Idra era un serpente gigante dotato di sette teste che rispuntavano immediatamente se recise. Fra le teste, quella centrale era immortale, mentre le altre sei potevano essere uccise soltanto con il fuoco. Il sangue dell’idra era velenoso tanto che Ercole, dopo aver sconfitto il mostro, lo usò per bagnare la punta delle proprie frecce, rendendole così micidiali.

L’Idra di Lerna divenne tanto celebre da ritagliarsi un posto fra le bestie dei bestiari medievali, ovvero quei libri a carattere pseudoscientifico che miravano a fare una cernita degli animali più famosi della terra descrivendone caratteristiche fisiche, doti particolari, habitat e relazioni con gli altri animali; una raccolta che comprendeva oltre ad animali reali come i leoni, i cavalli, i serpenti ecc., anche bestie dall’esistenza meno “oggettiva” come ad esempio gli unicorni, le fenici e appunto le idre.

Così, il bestiario MS 764, conservato presso la Oxford Bodleian Library, descrive l’Idra:

 

Nelle acque del fiume Nilo vive la creatura chiamata idra; ‘hydros’ >(sic!) è la parola greca per ‘acqua’, e l’idra è un serpente d’acqua. Coloro che ricevono un morso dall’idra iniziano a gonfiarsi; una malattia che è spesso chiamata ‘malattia dei buoi’ poiché può essere guarita con il letame del bestiame. Il serpente d’acqua è un drago dalle svariate teste come quello dell’isola, o meglio dell’acquitrino, di Lerna nella provincia di Arcadia. Tuttavia noi sappiamo che quell’idra non era altro che un sito da cui l’acqua fuoriusciva copiosamente distruggendo le città circostanti: quando un buco veniva chiuso, se ne aprivano altri. Così quando Ercole vide ciò, prosciugò la palude, arrestando il flusso dell’acqua.

L’idra è una fiera nemica del coccodrillo; quando vede un coccodrillo dormiente sulla sponda del fiume con la bocca aperta, si rotola nel fango così da poter scivolare meglio fra le fauci del coccodrillo che la ingoia. Quindi l’idra divora le interiora del coccodrillo e ne esce fuori viva e vegeta .

 

La spiegazione “scientifica” del mito di Ercole presente nel bestiario è decisamente suggestiva, a maggior ragione se si considera che la piaga che affliggeva Lerna era legata all’acqua, e quindi non avrebbe potuto essere stata chiamata con un nome migliore di hydra, termine legato a hydōr che, come abbiamo letto, significa appunto “acqua”.

Un’opera simile a quella del bestiario MS 764 di Oxford (composto fra il 1220 e il 1250), venne fatta molti secoli prima dallo storico latino del I secolo d.C. Gaio Plinio Secondo, detto Plinio il Vecchio. Plinio dedicò l’ottavo dei 37 libri che compongono la sua Naturalis Historia alla zoologia degli animali terrestri, fra cui è presente anche il drago. Così Plinio descrive i rapporti sussistenti in India fra gli elefanti e i draghi:

 

Gli elefanti popolano l’Africa [NdT: s’intende l’Africa settentrionale, provincia romana], al di là del deserto della Sirte e la Mauritania, e come si è detto, l’Etiopia e il paese dei Trogloditi. Ma i più grandi sono in India con i quali, in continuo litigio, lottano draghi anch’essi tanto grandi da poterli facilmente avviluppare e stringerli saldamente in un nodo. Nella lotta muoiono entrambi, stritolando l’uno col proprio peso in caduta l’altro che gli si è avvinghiato .

 

Le descrizioni della tecniche di caccia adoperate dai draghi per uccidere gli elefanti, che lo scrittore descrive in modo ancora più dettagliato nel capitolo successivo, sono tanto ben organizzate da apparire come il frutto di una testimonianza diretta piuttosto che di una mera ricostruzione fantastica a partire dai fossili di un qualche dinosauro. Gli scritti di Plinio goderono poi di tale autorevolezza da influenzare direttamente gli stessi bestiari medievali. Tanto che, alla voce “drago”, il bestiario MS 764 riporta, seppur con altre parole, la descrizione fatta da Plinio, e la miniatura associata al capitolo raffigura un drago, con le zampe e le ali da rapace, attorcigliato attorno a un elefante.

Un altro drago molto famoso è il biblico Leviatano che, creato il quinto giorno della Creazione, rappresenta il simbolo della forza del Signore. Un mostro imbattibile e terribile, descritto in diversi passi dell’Antico Testamento, e specialmente nel capitolo 41 del libro di Giobbe. Segue il celebre passo:

 

1 Ecco, la tua speranza è fallita, al solo vederlo uno stramazza. 2 Nessuno è tanto audace da osare eccitarlo e chi mai potrà star saldo di fronte a lui? 3 Chi mai lo ha assalito e si è salvato? Nessuno sotto tutto il cielo. 4 Non tacerò la forza delle sue membra: in fatto di forza non ha pari. 5 Chi gli ha mai aperto sul davanti il manto di pelle e nella sua doppia corazza chi può penetrare? 6 Le porte della sua bocca chi mai ha aperto? Intorno ai suoi denti è il terrore! 7 Il suo dorso è a lamine di scudi, saldate con stretto suggello; 8 l'una con l'altra si toccano, sì che aria fra di esse non passa: 9 ognuna aderisce alla vicina, sono compatte e non possono separarsi. 10 Il suo starnuto irradia luce e i suoi occhi sono come le palpebre dell'aurora. 11 Dalla sua bocca partono vampate, sprizzano scintille di fuoco. 12 Dalle sue narici esce fumo come da caldaia, che bolle sul fuoco. 13 Il suo fiato incendia carboni e dalla bocca gli escono fiamme. 14 Nel suo collo risiede la forza e innanzi a lui corre la paura. 15 Le giogaie della sua carne son ben compatte, sono ben salde su di lui, non si muovono. 16 Il suo cuore è duro come pietra, duro come la pietra inferiore della macina. 17 Quando si alza, si spaventano i forti e per il terrore restano smarriti. 18 La spada che lo raggiunge non vi si infigge, né lancia, né freccia né giavellotto; 19 stima il ferro come paglia, il bronzo come legno tarlato. 20 Non lo mette in fuga la freccia, in pula si cambian per lui le pietre della fionda. 21 Come stoppia stima una mazza e si fa beffe del vibrare dell'asta. 22 Al disotto ha cocci acuti e striscia come erpice sul molle terreno. 23 Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare come un vaso da unguenti. 24 Dietro a sé produce una bianca scia e l'abisso appare canuto. 25 Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver paura. 26 Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le fiere più superbe .

 

Un altro mostro biblico celebre è il drago dell’Apocalisse, opera del I secolo d.C. facente parte del Nuovo Testamento, che pare sia stata scritta dall’apostolo Giovanni. Il drago, che nel testo rappresenta Satana, viene sconfitto in cielo e in terra e prende infuriato a perseguitare gli uomini retti che seguono i comandamenti di Dio:

 

1 Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. 2 Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. 3 Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; 4 la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. 5 Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono. 6 La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni. 7 Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, 8 ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. 9 Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli.

[…]

Or quando il drago si vide precipitato sulla terra, si avventò contro la donna che aveva partorito il figlio maschio. 14 Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo lontano dal serpente. 15 Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d`acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. 16 Ma la terra venne in soccorso alla donna, aprendo una voragine e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca. 17 Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù.

 

Legato al mondo cristiano, è anche il drago che rese noto il cavaliere Giorgio, vissuto, pare, nel III secolo d.C. Dopo l’uccisione del mostro, Giorgio divenne santo e venne venerato da tutte le chiese cristiane, tanto che la celebre immagine del cavaliere che trafigge il drago divenne soggetto di affreschi, statue, quadri e bassorilievi in tutta Europa. Le gesta di San Giorgio sono raccontate nel Legenda Aurea , scritta dal vescovo genovese Jacopo da Varagine (Iacopo da Varazze) nel XIII secolo. Questa è la descrizione che venne fatta del drago:

 

Nelle vicinanze di quella città vi era uno stagno grande quanto il mare, in cui si nascondeva un drago pestifero. Più di una volta aveva messo in fuga la popolazione che gli era andata incontro armata, e quando si avvicinava alle mura della città uccideva tutti con il suo fiato.

Gli abitanti si videro dunque costretti a dargli ogni giorno due pecore, per placare la sua furia, altrimenti si sarebbe avvicinato alle mura della città e avrebbe tanto appestato l’aria che molti ne sarebbero morti.

[…]

Mentre così parlavano tra di loro, ecco che il drago sollevò la testa dal lago, pronto ad avvicinarsi. Allora la ragazza terrorizzata disse:

-Fuggi, buon signore, fuggi svelto.

Ma Giorgio salì a cavallo e protettosi con la croce, con grande audacia affrontò il drago che gli veniva incontro, e vibrando con forza la lancia, raccomandatosi al Signore, lo ferì gravemente e lo gettò a terra…

 

Sempre alla famiglia dei draghi, appartiene anche il basilisco , il cui nome deriva dal greco basileus che significa “re”. E di fatto il basilisco era considerato il re dei serpenti, una creatura in grado di uccidere con la sola forza dello sguardo. Così il mostro leggendario è descritto dal “dragologo” Karl Shuker:

 

Troppo sdegnoso per muoversi strisciando sul ventre, alla maniera vile dei suoi detestabili sudditi, mentre scivolava sul terreno il basilisco teneva la parte anteriore del corpo, lungo 60 cm e coperto di squame color zafferano, altezzosamente eretta. Sulla testa aveva una sorta di corona, costituita da tre tubercoli che davano l’impressione di essere un diadema. […] Poteva uccidere il più grande animale e fendere qualunque masso con un solo sguardo mortale dei suoi occhi. Il suo fiato seccava il più robusto albero o cespuglio e avvelenava per sempre i ruscelli o i fiumi a cui si abbeverava; persino il sudore era tossico.

 

Nel medioevo il re dei serpenti subì una metamorfosi particolare. Sul suo corpo squamoso spuntarono piume, e zampe ruspanti, mentre sulla testa una cresta e talvolta anche un becco da gallo. Narra la leggenda che questa creatura, da taluni chiamata anche “coccatrice”, nascesse da un uovo tondo, privo di guscio, deposto da un gallo di sette anni quando la stella Sirio era in ascendente, e covato da un rospo o da un serpente .

Essendo essi collegati a Lucifero e quindi alle fiamme dell’inferno, è consuetudine che i draghi medievali sputino fuoco o vapori nocivi. Tuttavia fra questi ce ne sono alcuni che al posto di arrostire i nemici con il calore preferiscono affogarli con terribili getti d’acqua: è il caso della gargolla. Questo tipo di grosso drago marino dal collo lungo (in francese gargouille, in inglese gargoyle) deve il suo nome alla parola onomatopeica latina gurgulium, che di fatto corrisponde al suono dell’acqua nell’atto di scorrere attraverso le tubature, appunto il gorgoglio. Ispirati dalla prerogativa di vomitare acqua della gargolla sono quindi i famosi gargoyle di pietra, utilizzati specialmente nelle chiese cristiane medievali per dare una foggia artistica ai doccioni che avevano il compito di rigettare l’acqua piovana accumulatasi sui cornicioni degli edifici, in particolar modo delle chiese e delle cattedrali (su tutti i famosi gargoyle di pietra di Notre Dame de Paris, che tuttavia vennero scolpiti con peculiarità più antropomorfe). Per analogia si potrebbe persino ipotizzare che gli stessi biscioni dispensatori di acqua potabile delle caratteristiche fontanelle pubbliche milanesi siano in realtà delle gargolle.

Se nella cultura medievale europea il drago simboleggia il caos primogenito, l’animalità selvaggia e tutto ciò che sfugge all’ordine divino, nella cultura orientale, specialmente cinese, questo è emblema di fortuna e immortalità, e “rappresenta l’essenza primigenia yang della cosmologia, cioè la riproduzione, la fertilità e l’attività, e spesso diviene motivo ornamentale con funzioni apotropaiche ”.

La divinità drago cinese è benevola ed è raffigurata come un lungo serpente a squame che fluttua nell’aria senza ali, con quattro zampe artigliate, le corna, un volto da coccodrillo con la barba e i baffi, una modesta cresta che percorre il dorso del corpo, e una coda pelosa. Questo nobile esemplare di drago è poi il responsabile delle piogge, che provoca urtando le nuvole con il suo corpo; ragione per cui è venerato e invocato in caso di siccità.

Il drago cinese a differenza di quelli europei è una forza benigna. Ma, secondo alcuni, non è l’unico esempio di drago celebre appartenente alle forze del bene. Thomas William Doane nel suo Bible myths and their parallels in other religions , pubblicato nel 1882, sosteneva che i cherubini delle diverse religioni fossero anch’essi nient’altro che draghi, in quanto costituiti dalle parti di diversi animali:

 

Ezechiele scrive che i cherubini hanno il corpo di un uomo e il viso, oltre ad avere un’espressione umana, ha anche l’espressione di un leone, di un bue, di un’aquila; essi hanno poi quattro ali e il loro corpo è costellato di innumerevoli occhi. In Assiria e a Babilonia i cherubini vengono rappresentati come buoi alati dal viso umano e posti all’ingresso di palazzi e templi come guardiani, così come il cherubino della Genesi difende l”albero della vita”. […] Il cherubino cristiano allora non è altro che un semplice drago .

 

I draghi nordici

 

Un drago, per quanto bollente, non fa primavera, né una moltitudine; e comunque si può ben scambiare per un buon drago ciò che non si scambierebbe per una moltitudine di draghi. E i draghi, i draghi veri, essenziali sia alla meccanica che all’idea di un poema, sono realmente rari. In tutta l’antica letteratura nordica ce ne sono due davvero significativi. Se lasciamo da parte il vasto e vago Accerchiatore del Mondo, Miðgarðsormr, rovina dei grandi dei, che non è affare degli eroi, abbiamo solo il drago dei Volsunghi, Fáfnir, e quello che porta Beowulf all’estrema sventura .

 

Secondo Tolkien i draghi più credibili della letteratura nordica sono Fafnir, sconfitto da Sigfrido e il mostro affrontato dall’eroe geata Beowulf; creature su cui, come vedremo, lo stesso autore ha modellato i draghi dei propri racconti.

Nelle leggende nordiche i nani Fafnir e Regin uccisero il loro padre Hreidmar per impossessarsi di un immenso tesoro, che in precedenza aveva subito una maledizione mortale dal nano Andvari.

Dopo il parricidio Fafnir rubò la parte del tesoro che spettava al fratello, assicurò l’intero bottino in una caverna, e, trasformatosi in drago, se ne mise a guardia.

Regin che non era tanto forte da combattere il mostro e riappropriarsi del maltolto, decise di delegare il compito al suo discepolo Sigfrido. E fu proprio con tali parole che Regin descrisse Fafnir a Sigfrido ne la Volsunga saga:

 

Divenne poi così snaturato da trasferirsi in un luogo desolato, né volle che alcuno altro da lui si godesse il tesoro. Divenne perciò il peggiore dei serpenti e ancora oggi giace sopra il tesoro .

 

Fafnir era quello che in inglese è chiamato lindworm (detto anche semplicemente worm “verme”), ovvero una sorta di serpente gigante con la testa da drago, che dispone di due zampette anteriori simili a piccole braccia.

Sigfrido uccise il drago trapassandone il cuore con la spada, dopo essersi nascosto in un fosso e aver aspettato che la creatura vi strisciasse sopra. Una volta compiuta l’impresa il giovane ne prese il cuore e lo arrostì sul fuoco per darlo da mangiare a Regin, ma nel fare ciò entrò in contatto con il sangue del mostro che, seppur non velenoso come quello dell’Idra di Lerna, fornì all’eroe nordico un’arma diversa ma parimenti preziosa a quella che ne ricavò Ercole: la possibilità di intendere il canto degli uccelli. E fu proprio grazie al talento appena acquisito che Sigfrido evitò di finire nella trappola mortale di Regin. Quindi l’eroe uccise il nano traditore e si impossessò definitivamente del tesoro.

Anche lo storiografo Saxo Grammaticus, vissuto a cavallo fra il XII e il XIII secolo, nel suo Gesta Danorum racconta di un drago serpente che venne ucciso da re Frotho, nome che agli appassionati tolkieniani suonerà sicuramente familiare:

 

Non lontano sorge un’isola dai delicati pendii, le cui colline nascondono e sorvegliano un ricco tesoro. Qui un ricco ammasso di preziosi è protetto dall’abitante del monte, un grosso serpente dalle innumerevoli spire, che sputa veleno e giace attorcigliato su se stesso con la coda levata che sibila come il vento. […] Sebbene la triforcuta lingua schiocchi e schizzi fuori dalla bocca spalancata, e il terribile sbadiglio pestilenziale del mostro possa arrecare spaventose ferite, tu ricorda di mantenere una mente impavida; e nemmeno lascia che la punta seghettata dei suoi denti ti preoccupi, così come la forza della bestia o il veleno sputato dalla sua veloce gola .

 

Una vicenda molto particolare legata a un altro drago/serpente è descritta nella scandinava Ragnars saga lodhbrokar che risale al XIV secolo:

 

La storia narra che un giorno il nobile ‘earl ’portò a sua figlia un piccolo serpente. Questa lo mise in una scatola portacenere insieme a una pepita d’oro. Non passò molto tempo che il serpente prese a crescere, e anche la pepita d’oro s’ingrandiva con lui, tanto che non ci fu più spazio nella scatola portacenere; così il serpente ne uscì e si attorcigliò intorno a essa. Successivamente, si arrivò al punto che persino la dimora della ragazza era troppo piccola per la bestia e per l’oro che sotto di lei cresceva proporzionatamente. Così il serpente prese ad attorcigliarsi intorno all’abitazione, con la coda che toccava il capo, e divenne talmente difficile da controllare che nessuno osava avvicinarsi alla dimora, eccetto l’uomo che andava a sfamarlo portandogli il cibo – e il pasto del mostro consisteva in un bue. Il conte pensò che fosse un malaffare, e giurò che avrebbe dato la mano di sua figlia all’uomo, chiunque egli fosse stato, che avrebbe ucciso il serpente; inoltre, il prode avrebbe potuto tenere per sé, come dote, il pezzo d’oro cresciuto sotto il ventre del mostro .

 

Si potrebbe affermare che il drago, ucciso dall’omonimo eroe del poema anglosassone Beowulf, sia il padre di tutti i draghi fantasy: grosso, alato, dal corpo ricoperto di scaglie, sputa fuoco, flagellatore di villaggi, dimorante in una caverna e a guardia di un tesoro.

Così è descritto il feroce mostro nei versi del Beowulf:

 

E così lo Straniero   prese a sputare fiamme,

a bruciare le chiare    case. Si alzò un bagliore

d’incendio, fra l’orrore   di tutti: non voleva

lasciare nulla di vivo,   il Nemico volante

per l’aria .

[…]

Così il re dei Geati

alzò la mano e colpì fortemente

le scaglie smaglianti, ma le scalfì appena:

la lama brillò e calò eppure il colpo

fu assai meno potente di quanto servisse

al re minacciato in quel frangente. Il custode del tumulo

ebbe uno spasimo e vomitò fiamme mortifere…

 

Il duello fra Beowulf e il drago sarà fatale per entrambi. E non è certo la prima volta che un celebre campione, sia esso eroe o divinità, soccombe ammazzando un drago. In alcune versioni del mito Ercole muore ucciso dal sangue velenoso dell’Idra, così come la divinità nordica Thor trapassa ammorbato dal veleno del mostruoso serpente Midhgardhsormr appena sconfitto. Il drago è quindi visto come l’avversario finale, il più degno fra i nemici, contro cui morire non è un’onta, bensì una sorta di obbligo per entrare a far parte del mondo degli eroi. E di fatto il drago altro non è che la fusione degli animali feroci che più spaventano l’uomo, come il serpente, il coccodrillo, il leone e il pipistrello. Come scrisse Ernest Ingersoll riguardo il drago araldico “il suo compito è di guardare pieno di energia e adirato potere; le sue fauci sono ampie, i suoi artigli sono affilati, le ali gli conferiscono velocità e terrore; è vestito di scaglie e di un’impenetrabile armatura, scuote la coda furiosamente, e passa il tempo a preoccuparsi di spargere la sua immagine su scudi e bandiere affinché tutti i suoi poteri vengano mostrati ”.

Non è quindi un caso che le bestie caratterizzanti le polene delle navi vichinghe fossero proprio contortissimi draghi , le cui teste erano così spaventose da potere terrorizzare non solo gli esseri umani, ma anche gli spiriti buoni che proteggevano le coste, ragion per cui una legge islandese vietava l’approdo alle navi “con mostri dalle fauci spalancate o grugni di drago protesi ”.

Rileggendo le antiche leggende pagane con un ottica cristiana, il drago non rappresenta il nemico finale poiché è tanto forte da poter essere considerato un degno rivale contro cui morire, bensì perché, come abbiamo visto nella Bibbia, il drago/serpente corrispondeva a Satana, il nemico finale per eccellenza.

Fra tutti i mostri norreni, quello che forse lo è un po’ più degli altri è il drago serpente Midhgardhsormr. Un essere velenoso che giace sui fondali marini, tanto immenso da circondare con la sua stazza tutta il Midhgardhr, ovvero la Terra. Nato dall’unione del dio malvagio Loki e della gigantessa Angrbodha, il cui nome significa “presagio di male”, il drago si rivelò in più di un’occasione acerrimo nemico di Thor l’ammazza giganti. I due infatti intrapresero una serie di duelli conclusisi soltanto con la battaglia finale del  Ragnarok che causò la morte di entrambi.

Quella che segue è la descrizione che Snorri Sturluson fa di uno dei tre scontri fra Thor e Midhgardhsormr,:

 

E finalmente Thórr tirò i remi in barca e si preparò una lenza molto robusta, né l’amo lo era meno e altrettanto solido. Poi Thórr fissò all’amo la testa del bue e la gettò fuori bordo e l’amo calò a fondo. […] Il serpente di Midhgardhr ingoiò la testa di bue, ma l’amo gli si infilzò nelle fauci. E quando il mostro se ne accorse diede un tale violento strappo che i pugni di Thórr sbatterono contro il bordo della barca. Allora Thórr si adirò e crebbe nella sua forza divina, puntò i piedi con tale violenza che essi sprofondarono attraverso la barca fin sul fondo del mare, e trasse il serpente sul bordo; certo nessuno può affermare di aver visto qualcosa di terrificante se non ha veduto con quali occhi Thórr guardò il serpente e dal basso il serpente lo fissava sputando veleno .

 

Midhgardhsorm seppur terribile e potente come nessuno, non è il drago più inquietante della mitologia nordica. Un'altra creatura meno celebre, e sul conto del quale si sa molto poco, conclude la famosa profezia della Veggente riportata nell’Edda poetica.

Narra il mito che quando l’apocalittico Ragnarok si sarà concluso con la caduta degli dei e dei loro nemici, il mondo terrestre e divino rinascerà a nuova vita, e sarà governato dal resuscitato dio Baldr e dalle nuove forze del bene. Tuttavia, la concezione storica dell’uomo germanico era ciclica e non contemplava l’eternità di creature, divinità o situazioni. Perciò il mondo rinascerà sì, ma riproponendo l’eterna lotta fra il bene il male, destinati a combattersi, a distruggersi e a rinascere sempre. E sarà proprio il volo di un drago a segnare la rinascita delle forze oscure. Così si conclude la Voluspa:

 

 

E viene il drago     di tenebra e vola,

serpe luccicante,    da sotto Nidhafjoll.

Nelle sue penne porta  - sulla pianura vola –

Nidhoggr, corpi morti.   Ora lei s’inabissa .

 

Sempre nordici, ma appartenenti alla tradizione celtica e non germanica, sono i mostri di The Celtic Dragon Myth e del Tristan di Gottfried Von Straßburg.

The Celtic Dragon Myth è un racconto delle Highland narrato in gaelico scozzese e pubblicato nel 1911 da JF Campbell. Questa è la descrizione del drago che ogni anno emergeva dal lago per reclamare una vergine del regno da portare con sé:

 

La donna guardò e vide un’oscura burrasca venire da ovest, il mare correre verso est, e le onde schiumanti; […] Poi vide il drago arrivare nella burrasca con l’alta marea e le onde schiumanti, soffiando vapore e spruzzando acqua dalle narici e dalla bocca, rumoreggiando terribilmente da spaventarla a morte .

 

Nel poema Tristan di Gottfried Von Straßburg, scritto intorno al 1210, l’eroe Tristano si trova ad affrontare un feroce drago sputa-fuoco e devasta-villaggi: un figura, quello del cavaliere errante ammazza-draghi, che diverrà un cliché per le fiabe dei secoli successivi. Segue la descrizione di una parte del combattimento fra Tristano e il drago:

 

Tristano, vedendo un gruppo di persone fuggire, capì subito che il drago doveva trovarsi nelle vicinanze, e non dovette cavalcare molto prima di vedere una cosa che addolorò i suoi occhi, l’orrendo mostro! Vomitando fumo, fiamme, e vapori dalle fauci, come il figlio del Diavolo che era, il drago si voltò e si diresse dritto verso di lui. Tristano abbassò la lancia, spronò il cavallo e caricò così velocemente e con un tale impeto da trapassare le fauci e la gola del drago con l’arma che a mala pena si arrestò nel cuore; il suo attacco fu così devastante che il suo stesso cavallo ne morì e persino lui riuscì a salvarsi a stento. Allora, il drago agonizzante attaccò il cavallo morto, bruciandolo e mangiandolo, finché non ebbe consumato ogni cosa all’infuori della sella .

 

I draghi delle fiabe

 

Una delle prime fiabe a contemplare un drago a custodia di un tesoro risale al I secolo d.C. e fu scritta da Fedro. Una situazione probabilmente nata con la mitologia delle prime civiltà mediterranee, dove, ad esempio, a guardia delle mele d’oro del giardino delle Esperidi vi era un drago , il drago/serpente Pitone, sconfitto da Apollo, era custode di un essere molto importante, l’Oracolo di Delfi e, persino i draghi/cherubini dei vari testi sacri, che abbiamo incontrato in precedenza, erano posti alla guardia di templi, palazzi o alberi della conoscenza.

Questo è il breve testo de Vulpis et draco , estratto da Favole di Fedro:

 

Mentre, scavando la tana, la volpe smuove la terra, e nel profondo si apre vari cunicoli, arriva alla riposta spelonca del drago che custodisce i seppelliti tesori. Come lo vede: <<Anzitutto, ti prego>>, dice, <<perdonami la sventatezza: di poi, giacché comprendi benissimo che l’oro a me non è utile, fammi il favore, rispondimi con buona grazia. Che frutto cavi da questa fatica? E’ così lauto il compenso che tu sacrifichi il sonno e viva al buio completo?>>. <<E’ zero>>, dice, <<ma il sommo Giove me l’ha demandata questa incombenza>>. <<E però per te non pigli mai nulla, non doni nulla a nessuno?>>. <<No: così vogliono i Fati.>>

 

Quasi diciotto secoli dopo, nel periodo dei grandi raccoglitori di fiabe folcloristiche, i fratelli Grimm scrissero di un altro drago che aveva sette teste come l’Idra di Lerna, che, come il drago sconfitto da Tristano, aveva una particolare predilezione per le vergini e che sputava fuoco. Così viene presentato il drago di Die zwei Brüder :

 

<<Fuori città c’è un’alta montagna, e in questa montagna c’è un drago che vuole tutti gli anni una vergine pura, sennò devasta l’intero paese. Tutte le vergini ormai sono state sacrificate e non c’è rimasta che la principessa, e non c’è scampo, bisogna consegnargliela, e proprio domani.>> <<Ma perché non ammazzano il drago?>> domandò il cacciatore. <<Ah>> risposte il locandiere <<non so quanti cavalieri ci si sono provati, ma ci hanno tutti rimessi la vita; a chi vince il drago il re ha promesso di dare la figlia in sposa, e anche di farlo erede del regno alla sua morte.>> […] Non passò molto e con gran fracasso eccoti il drago dalle sette teste. Quando vide il cacciatore si meravigliò: <<Che ci fai su questa montagna?>> disse. <<Voglio combattere con te>> rispose il cacciatore. E il drago: <<Parecchi cavalieri ci hanno rimesso la vita, non sarai tu a cavartela>> e così dicendo fece uscire fuoco dalle sue sette gole .

 

Andrew Lang nel suo The Yellow Fairy Book , pubblicato nel 1894, ci racconta le vicende del feroce drago del nord:

 

Molto molto tempo fa, viveva un terribile mostro. Veniva da Nord, devastando le terre del paese e divorando sia uomini che bestie. Si temeva che se non fosse arrivato aiuto nessuna creatura sarebbe rimasta sulla faccia della terra. Il mostro aveva un corpo da bue e le zampe da rana, due piccole zampe anteriori e due lunghe dietro, e una coda come quella di un serpente lunga dieci braccia. Quando si muoveva saltava come una rana, e con ogni salto ricopriva mezzo miglio di terreno. Era sua abitudine rimanere per diversi anni nello stesso posto senza muoversi finché non aveva divorato tutte le creature circostanti.

Niente poteva cacciarlo, perché tutto il suo corpo era ricoperto di scaglie più dure della pietra e del metallo. I suoi due grandi occhi rossi scintillavano di notte, e anche di giorno, come due lampade luccicanti; e tutti coloro che avevano la sfortuna di guardare in quegli occhi venivano incantati e obbligati a correre nelle fauci del mostro. In questo modo il drago riusciva a cibarsi sia con gli uomini che con le bestie senza il minimo sforzo, e senza nemmeno aver bisogno di muoversi dal punto in cui giaceva .

 

La caratteristica del drago del nord di utilizzare il proprio sguardo come arma letale è abbastanza comune nelle creature malefiche, a cominciare dal basilisco e dalla gorgone Medusa, il mostro greco con i serpenti per capelli capace di pietrificare chiunque lo guardasse negli occhi, e a cui Perseo tagliò la testa. In una favola della tradizione slava raccolta da Ruth Manning-Sanders e intitolata The Prince with the gold hand , è presente un altro drago dallo sguardo micidiale:

 

“Vola! Vola!” gridava la principessa. “Il drago sta arrivando! E’ terribile, nessun uomo può resistergli! Ti ucciderà con uno sguardo dei suoi occhi!

[…]

Il drago sparava fuoco dalle narici e fiamme dagli occhi, e fuori dalla sua grande bocca uscivano nuvole di fumo; il suo corpo era il corpo di un gigante, ricoperto con scaglie taglienti; le sue zampe erano quelle di una tigre, i suoi piedi erano artigliati come quelli di un aquila, e la sua coda terminava in una testa di serpente, grondante veleno .

 

I draghi delle fiabe sono figli dei draghi mitologici e del processo di cristianizzazione medievale. Da esseri simili a enormi serpenti velenosi, talvolta dalle svariate teste, si evolsero acquisendo le caratteristiche di varie bestie feroci o ripugnanti, spesse volte legate al Demonio e ai suoi animali sacri. Il drago acquisì le ali dei pipistrelli, creature della notte, le corna del caprone , le zanne del leone, gli artigli dell’aquila o della tigre, le scaglie dei rettili, uno sguardo capace di stregare, la facoltà di sputare fuoco e vapori infernali. Non si limitò più a salvaguardare un tesoro - di cui tra l’altro non beneficiava (massima espressione di cupidigia!), fosse esso fatto di preziosi o incarnato in una bellissima principessa - ma prese a devastare il creato e a divorare le creature del Signore per il gusto di farlo. Inoltre, spesso e volentieri per placare la propria ira distruttiva, pretendeva la consegna in sacrificio di fanciulle vergini, che simboleggiavano la purezza, la castità e altre virtù cristiane proprie della Vergine Maria.

Il drago del fiabe è figlio del Diavolo o talvolta è il diavolo stesso, prerogativa che lo imparenta con un altro celebre signore delle tenebre, il Conte Dracula che beveva il sangue delle vergini, si trasformava in pipistrello, era nemico giurato di Dio, e aveva come simbolo della propria casata il dragone rosso. 

Il drago europeo è assolutamente malvagio, e se nella fiction del XX e del XXI secolo appare qualche volta benigno e saggio è per via di influenze orientali dove, come abbiamo visto, è tuttora considerato una divinità della fertilità appartenente alle forze del bene. Influenze che Tolkien, da puro appassionato del Medioevo, decise di non considerare nell’atto di creare i suoi draghi.

 

 

 

 

Motor-omnibus, ovvero autobus ottocentesco simile a una carrozza ma a vapore e senza cavalli.

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L’ultimo dei draghi

Una buona panorama sui draghi fantasy è presente nell’articolo di Enrico Passaro dal titolo Il fuoco eterno – I draghi nella letteratura fantastica contemporanea, pubblicato nella rivista Minas Tirith n.10 (2000), Società Tolkieniana Italiana

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La leggenda aurea

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Il basilisco viene spesso raffigurato come un serpente con una corona o una macchia bianca sulla testa, tanto che pare possa essere stato creato a partire dall’osservazione di alcuni cobra che presentano le stesse caratteristiche. – [David Colbert, I magici mondi di Harry Potter, Fanucci Editore (2001), p. 40]

Karl Shuker, Drago, una storia naturale, Logos (2007) p.96

Ibid.

La filosofia cinese dello yin e dello yang è propria del Confucianesimo e del Taoismo. E’ basata sulla constatazione che ogni principio ha una radice nel suo opposto, ed è rappresentata dal famoso simbolo T'ai Chi T'u, o semplicemente Tao.  Ad esempio, secondo tale filosofia la femmina, la luna, l’oscurità sono yin, mentre i rispettivi contrari, ovvero il maschio, il sole e la luce, sono yang. Parimenti, il principio opposto al drago/yang, è la tigre/yin, che stanno l’uno all’altro come la terra sta al cielo.

Si dice apotropaico l’atto di scongiurare le forze maligne.

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I miti biblici e i loro corrispettivi in altre religioni

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Le gesta dei danesi

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La saga di Ragnar calzoni villosi

Figura dell’aristocrazia scandinava, traducibile in italiano come ‘conte’.

Ragnars saga loðbrókar, brano riportato in inglese in Denton Fox e Hermann Palsson in G.N. Garmonsway, Jaqueline Simpson, Hilda Ellis Davidson, Beowulf and his analogues, J.M. Dent & Sons (1981) p. 338

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Il mito del drago celtico

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Il drago/serpente Ladone dalle cento teste dopo essere stato ucciso da Ercole durante le sue dodici fatiche fu trasformato dalla dea Era nella costellazione del Draco. Considerando anche l’uccisione dell’Idra di Lerna si potrebbe affermare che Ercole fu il primo vero ammazza-draghi della storia.

La volpe e il drago

Fedro, Favole, Bit (1996), traduzione dal latino a cura di Maria Grazia Cerreti e Stefano Pulvirenti, p.97. 99

I due fratelli

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Il giallo libro fatato

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Il principe dalla mano d’oro

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Il satanismo identifica il caprone come bestia sacra del Demonio, tanto che questo è spesso rappresentato con le corna ritorte e solcate proprie del mammifero. I motivi di una simile raffigurazione possono essere legati alla bestia terrena satanica dell’Apocalisse di Giovanni che ha le corna da “agnello” ed è una figura idealmente opposta all’agnello di Dio “che toglie i peccati da mondo”; al satiro, semi-divinità della vegetazione appartenente alla mitologia pagana-classica, composto da un busto umano con zampe e testa da caprone, e demonizzato dal clero cristiano poiché pagano e, soprattutto, legato a pratiche edonistiche e orgiastiche; alla demonizzazione effettuata da parte della Chiesa delle divinità pagane Dioniso e Thor, che avevano entrambi il caprone come animale sacro (il carro di Thor era trainato da due capretti).

Nome che come abbiamo già visto significa “figlio del Demonio”.

 

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White Michael, La vita di JRR Tolkien, Bompiani (2002)

Wolff Karl Felix, Dolomitens Sagen, Sagen und Überlieferungen, Märchen und Erzählungen der ladinischen und deutschen Dolomitenbewohner, Bozen (1913)

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Interviste

 

Highfield Roger (Emeritus Fellow del Merton College, professore di storia), intervista rilasciatami nella Common Room del Merton College di Oxford (2008).

Larrington Carolyne (docente di norreno e anglosassone presso il St. John’s College di Oxford), intervista rilasciatami presso il St. John’s College (2008).

Lee Stuart D.  (docente di anglosassone e lingua inglese della facoltà di inglese di Oxford, direttore del Computing Systems and Services dell’Università di Oxford), intervista rilasciatami presso la Bodleian Library di Oxford (2008).

O’Donoghue Heather (docente di norreno e anglosassone presso ilLinacre College di Oxford), intervista rilasciatami presso la Facoltà di inglese dell’Università di Oxford (2008).

Phillips Courtney (Emeritus Fellow del Merton College, professore di chimica), intervista rilasciatami nella Common Room del Merton College di Oxford (2008).

Shippey Tom (docente di inglese presso la Saint Louis University degli USA), contributi fornitimi per corrispondenza (2009)

Solopova Elizabeth (docente di anglosassone e medio inglese della facoltà di inglese di Oxford, membro della Bodleian Library), intervista rilasciatami presso la Bodleian Library di Oxford (2008).

Tolkien JRR intervista effettuata dalla BBC nel 1968.

 

Fonte: http://www.marcodinoia.it/wp-content/uploads/2011/03/TESI.doc

Sito web da visitare: http://www.marcodinoia.it

Autore del testo: Marco Andrea di Noia

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