I giganti di arda
I giganti di arda
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I giganti di arda
Gli altri giganti di Arda
I giganti, come abbiamo visto, sono creature primordiali che compaiono in ogni cultura. Essi rappresentano la natura informe prima della civilizzazione, e le guerre che gli dei combatterono contro essi sono allegoria dell’uomo che tenta di resistere alle forze naturali attraverso la costruzione di artefatti, siano essi case abili a mantenere il calore nei mesi freddi, oppure i moderni parafulmini.
I giganti erano spesso raffigurati come rozzi, vestiti di pelli come gli uomini primitivi o i barbari, e di grandi dimensioni; ciò poiché nelle menti degli uomini che conoscevano l’arte di costruire rifugi, armi, vestiti e mezzi di trasporto, soltanto le creature dotate di enorme forza fisica avrebbero potuto resistere alle minacce dell’ambiente senza possedere la scienza.
Un simile concetto potrebbe ben applicarsi ai giganti di pietra che Biblo e i nani incontrano ne Lo Hobbit:
Ma tuoni e fulmini sono ancora più terribili sulle montagne, di notte, quando le bufere si levano da est e ovest e si fanno guerra. I fulmini si infrangono sulle vette e le rocce tremano, e grossi macigni si spaccano e fendono l'aria, rotolando e precipitando in ogni grotta e in ogni cavità; e il buio è percorso da rumori minacciosi e da luci improvvise.
Bilbo non aveva mai visto né immaginato niente di simile. Si trovavano in alto su una strettoia, e da un lato un precipizio pauroso scompariva in una valle oscura. Si erano riparati lì per la notte, sotto una roccia sporgente, ed egli giaceva sotto una coperta e tremava dalla testa ai piedi. Quando fece capolino, alla luce dei lampi vide che dall'altra parte della valle i giganti di pietra erano usciti all'aperto e giocavano a scagliarsi l'un l'altro dei grossi macigni, afferrandoli e scaraventandoli nell'oscurità, dove si fracassavano tra gli alberi giù in basso, o si frantumavano in piccoli pezzi con un'esplosione. Poi vennero vento e pioggia, e il vento sbatté pioggia e grandine in ogni direzione, così che una roccia sporgente non riparava proprio per niente. Ben presto furono tutti fradici e i pony stavano colla testa abbassata e la coda fra le gambe, e alcuni nitrivano per la paura. Potevano udire i giganti che sghignazzavano e urlavano su tutti i fianchi delle montagne .
Secondo alcuni paleontologi, il ritrovamento di fossili di grandi dimensioni simili a quelli umani completò il quadro sulla genesi dei giganti; ad esempio, il cranio dei ciclopi pare sia derivato dall’osservazione aberrante di un teschio di un progenitore dell’elefante, dove la fossa soggiacente alla proboscide sarebbe stata scambiata per l’orbita dell’unico grande occhio.
Animali o dèi giganti erano poi spesso rappresentati come la causa scatenante dei fenomeni atmosferici di cui non si conosceva l’origine; si pensi ai draghi cinesi che fluttuando fra le nuvole causavano le piogge, o al greco Elio, il sole, che correva nel cielo su un carro dorato trainato da cavalli, oppure alla germanica Hraesvelgr, un’aquila gigante che sbattendo le ali provocava il vento.
Anche la Terra di Mezzo, come abbiamo già iniziato a constatare con quelli di pietra, possiede giganti in qualche modo legati alla natura, siano essi maligni o benigni.
I balrog
I balrog erano demoni dell’oscurità dal cuore di fiamma; divinità minori corrotti dalle arti malvagie di Melkor, e divenuti i suoi più pericolosi alfieri. Il loro nome, in Sindarin, significava “demone di potenza”. Così erano descritti ne Il Silmarillion:
Molti dei Maiar, infatti, vennero attratti dal suo splendore nei giorni della sua grandezza, e gli rimasero fedeli anche nella sua tenebra; e altri li corruppe in seguito, asservendoseli con menzogne e perfidi doni. Spaventosi tra questi spiriti erano i Valaraukar, i flagelli infuocati che nella Terra-dimezzo erano chiamati Balrog, demoni di terrore. […]
E in Utumno, Melkor raccoglieva attorno a sé i propri demoni, quegli spiriti che per primi erano passati a lui nei giorni del suo splendore ed erano divenuti massimamente simili a lui nella sua corruzione: i loro cuori erano di fuoco, ma erano ammantati di negrore, e il terrore li precedeva; avevano fruste fiammeggianti. Balrog, così vennero chiamati in seguito nella Terra-di-mezzo .
Anche nella mitologia germanica è presente una figura che come il balrog è legata al fuoco e appartiene alle forze del male. Si tratta del gigante Surtr, che risiede nel mondo di fuoco, il Muspell, e viene così descritto nell’Edda in prosa di Snorri:
Poi parlò Thridhi: <<Ma prima d’ogni cosa vi fu quel mondo, a mezzogiorno, che si chiama Muspell; esso è chiaro e sereno, la regione è fiammeggiante e ardente, impervia a chi è straniero e non vi è nato.
Colui che ha nome Surtr là risiede, al confine di quella terra e ne è il custode; brandisce una spada fiammeggiante e alla fine dei tempi verrà e porterà rovina e vincerà tutti gli dei e brucerà col suo fuoco tutto il mondo. Così infatti è detto nella Völuspá:
Surtr viene dal sud
con la rovina dei rami
rifulge dalla spada
il sole degli dèi guerrieri,
rovinano le rupi
cadono i mostri
gli eroi prendon la via di Hel
Surtr, come abbiamo letto, parteciperà al Ragnarok, e, con la sua spada di fiamma, affronterà il dio Freyr in uno scontro che vedrà morire entrambi.
Un simile duello è presente anche ne Il Signore degli Anelli, quando la Compagnia dell’Anello si imbatté nel balrog delle miniere di Moria. Nell’occasione il demone venne affrontato da Gandalf:
Il nemico si arrestò nuovamente, fronteggiandolo, ed intorno ad esso l'ombra allungò due grandi ali. Il Balrog schioccò la frusta, e le code scricchiarono e fischiarono. Del fuoco si sprigionava dalle sue narici: ma Gandalf rimase fermo ed immobile.
«Non puoi passare», disse. Gli Orchetti tacquero, e si fece un silenzio di morte. «Sono un servitore del Fuoco Segreto, e reggo la fiamma di Anor. Non puoi passare. A nulla ti servirà il fuoco oscuro, fiamma di Udûn. Torna nell'Ombra! Non puoi passare».
Il Balrog non rispose. Il fuoco in lui parve estinguersi, ma il buio crebbe. Avanzò lentamente sul ponte, e d'un tratto si eresse ad una immensa altezza, estendendo le ali da una parete all'altra; ma Gandalf si scorgeva ancora, un bagliore nelle tenebre; pareva piccolo, e del tutto solo: grigio e curvo come un albero avvizzito prima dell'assalto di una tempesta. Dall'ombra, una spada rossa si rizzò fiammeggiante .
Come avvenne per Freyr e Surtr, anche Gandalf e il Balrog si uccisero a vicenda, anche se poi Gandalf, essendo una semi-divinità incarnata (anche egli era un Maia), rinacque a nuova vita. Ma questa è un’altra storia.
Gli ent
Gli ent , detti anche Shepherds of the Forset o Tree-herders , erano alberi giganti parlanti cari a Yavanna, il Vala della natura. Gli hobbit Pippin e Merry li incontrarono nella foresta incantata di Fangorn, dove li convinsero a marciare su Isengard.
Così venne descritto l’incontro che i due hobbit ebbero con il capo degli ent, Treebeard :
Due grosse mani dalle giunture nodose si posarono sulle loro spalle e li costrinsero dolcemente ma irresistibilmente a girarsi; poi, due lunghe braccia li sollevarono.
I due Hobbit si trovarono a faccia a faccia con l'essere più straordinario che avessero mai visto. Aveva il fisico di un Uomo, quasi di un Vagabondo, alto però più del doppio, molto robusto, con una lunga testa, e quasi senza collo. Sarebbe stato difficile dire se ciò che lo ricopriva fosse una specie di corteccia verde e grigia, o la sua stessa pelle. Comunque, le braccia, a breve distanza dal tronco non erano avvizzite, ma lisce e brune. I grandi piedi avevano sette dita l'uno. La parte inferiore del lungo viso era nascosta da una vigorosa barba grigia, folta, dalle radici grosse quasi come ramoscelli e le punte fini e muscose. Ma sulle prime gli Hobbit notarono soltanto gli occhi. Occhi profondi che li osservavano, lenti e solenni, ma molto penetranti. Erano marrone, picchiettati di luci verdi .
La descrizione di Treebeard è molto simile a quella di un albero presente in Puss-cat Mew:
Infine, comunque, giunse a una piccola radura e vide immediatamente di fronte a lui, a trenta o quaranta passi, una vecchia quercia morta con due grandi rami quasi del tutto privi di foglie, che si aprivano a destra e a sinistra. Non appena notò l'albero, si accorse, con sua profonda sorpresa, che l'albero era visibilmente agitato e tremava tutto. Gradualmente, mentre Joe era immobilizzato dallo stupore, questo tremare aumentò, la corteccia dell'albero sembrò trasformarsi nella pelle di un corpo vivente, i due rami secchi divennero le enormi braccia di un uomo, una testa spuntò in cima al tronco, e di fronte allo stupefatto viaggiatore stette un enorme Orco. Fermo, ma solo per un istante; preso un bastone grande come un giovane alberello, fece un passo in avanti, lanciando un tremendo ruggito che superò i canti di tutti gli uccelli, e fece echeggiare di quel terribile rumore tutta la foresta .
Ma non solo, come nota James I. McNelis , lampanti similitudini sono presenti anche fra gli ent e gli alberi di Journey of Niels Klim to the World Underground , opera di Ludvig Holberg, datata 1791.
In entrambi i testi le creature-albero inizialmente pensano che gli intrusi siano di specie differenti rispetto a quelle a cui appartengono realmente, così se gli alberi di Holberg scambiano gli uomini per scimmie , quelli di Tolkien discutono insieme per stabilire se i due hobbit Merry e Pippin siano veramente mezzuomini e non una varietà di orchi . Ma non è tutto, altre somiglianze, ben più consistenti, sussistono fra gli alberi antropomorfi dei due scrittori:
Le creature-albero di Holberg
L’albero mi sollevo dal terreno e mi portò via, seguito da una moltitudine di altri alberi di varie specie e dimensioni differenti, i quali presero a mormorare alcuni suoni, sicuramente articolati, ma emessi in un tono troppo strano per le mie orecchie, così che io non potei captare nulla . […] Provano rabbia per l’abuso che viene fatto degli alberi nel mondo di sopra: “Mi trattò con un certo risentimento quando confermai che i nostri alberi venivano tagliati per fare da carburante alle nostre fornaci…
Gli ent di Tolkien
Tenendo gli Hobbit delicatamente ma con fermezza sotto le proprie ascelle, Barbalbero sollevò prima uno poi l'altro grande piede, e li spostò sino all'orlo del ripiano. Le dita simili a radici si aggrappavano alla roccia . […] Gli Ent si misero a mormorare a bassa voce: uno attaccò per primo, e gli altri si unirono a lui a poco a poco, fin quando non si udì che un'unica lenta salmodia, ora più forte da una parte del cerchio, ora attenuata, mentre ampiezza e volume crescevano dal lato opposto. Benché non riuscisse a cogliere né a comprendere alcuna delle parole - pensò che doveva essere linguaggio entese […] Gli Ent erano fra loro diversi come alberi: per alcuni la differenza era quella che passa fra due alberi della stessa specie, cresciuti però in modo e in epoca alquanto dissimili; altri parevano addirittura di razza diversa come una betulla e un faggio, una quercia e un abete . […] Lui e i suoi miserabili servi stanno devastando tutto. Giù ai confini tagliano alberi, alberi buoni. Alcuni li abbandonano lì a marcire, per pura cattiveria; ma la maggior parte viene fatta a pezzi e serve ad alimentare i fuochi di Orthanc. Si vede sempre del fumo innalzarsi da Isengard, di questi tempi. «Sia maledetto, ramo e radice!
Una volta interpellato dai due hobbit sulla possibilità di entrare in guerra contro Saruman, Treebeard riunì il consiglio degli ent. Così gli altri “Pastori della foresta” giunsero da tutta Fangorn per decidere il da farsi. L’”Entaconsulta”, riunitasi in una vallata erbosa, ricorda molto l’adunata di altri “Pastori”, quelli di The wood beyond the world scritto nel 1895 da William Morris; anche in quel caso il consiglio si tenne prima di marciare per la guerra, e venne presieduto da un pastore dalla lunga barba:
…e vedo i bastoni dei Pastori alzati in cerchio come se fossero un bosco. […] In circa un’ora tutta le gente del castello iniziò a prendere posto attorno al focolare dove giacevano Ralph e i suoi compagni, e quindi si alzarono tutti, mentre il popolo dei Pastori prese posto sulle pietre del recinto di pietra; su quella più alta, vicino al fuoco che stava ancora bruciando, si ergeva un vecchio uomo canuto con una barba incredibilmente lunga; […] Poi ci fu silenzio ancora per un po’, e l’anziano uomo parlò: “Poche parole sono giuste da dire oggi, vicini miei; per quale ragione ci siamo riuniti?” Come parlò, si alzò un mormorio di assenso dai Pastori e gli uomini fecero risuonare le proprie armi le une contro le altre; ma nessuno disse una chiara parola. Quindi parlò l’uomo anziano: “Ci siamo incontrati perché abbiamo un problema da risolvere…”
A marciare contro Isengard non furono soltanto gli ent, bensì tutto il bosco di Fangorn. E, nonostante gli uomini-albero (o gli uomini trasformati in albero) fossero già stati resi celebri da opere datate quali le Metamorfosi di Ovidio , l’Eneide di Virgilio , oppure la Divina Commedia di Dante Alighieri , l’espediente di un intero bosco che si muove per andare in guerra lo si ricorderà soltanto dopo il Macbeth di Shakespeare (XVII secolo), anche se in quel caso non si trattò di un vero bosco, quanto più di un’armata di soldati camuffati da alberi per far sì che si avverasse una delle profezia che condurranno Macbeth alla morte:
I pull in resolution; and begin
To doubt the equivocation of the fiend
That lies like truth. "Fear not, till Birnam wood
Do come to Dunsinane;" and now a wood
Comes toward Dunsinane.—Arm, arm, and out!
Un altro bosco mobile, molto simile a quello di Fangorn, è presente in un’opera la cui pubblicazione precede di tre anni quella de Il Signore degli Anelli. Trattasi di Prince Caspian , libro appartenente al ciclo delle Chronicles of Narnia scritto da C.S.Lewis, grande amico di Tolkien. Seguono i passi che attestano una somiglianza impressionante fra i due libri:
La foresta di Fangorn si muove (Il Signore degli Anelli)
Gli Ent avanzavano a gran velocità. Erano discesi in una lunga piega del terreno che si abbassava verso sud, e attaccarono la scalata dell'alta e ripida scarpata occidentale. I boschi si diradarono a poco a poco, per lasciare il posto a sparse macchie di betulle, e infine a nudi pendii ove cresceva soltanto qualche pino sparuto. Il sole tramontò dietro l'oscuro colle che si ergeva innanzi a loro. Venne il crepuscolo grigio. Pipino si voltò a guardare. Il numero degli Ent era aumentato... o che altro stava accadendo? Là dove avevano attraversato squallidi e spogli pendii, gli parve di distinguere grovigli d'alberi. E gli alberi si muovevano! Possibile che le piante di Fangorn si fossero svegliate, e che la foresta ascendesse il colle marciando verso la guerra? Si strofinò gli occhi, dubitando che sonno e tenebre l'avessero ingannato; ma le grandi ombre grigie avanzavano inesorabili. Si udiva un rumore, come il fruscio del vento in un mare di foglie .
La foresta di Narnia si muove (Il Principe Caspian)
Davanti a lei, un prato conduceva a una macchia d'alberi. Lucy guardò attentamente
in quella direzione e non tolse gli occhi dalla radura.
— Si muovono, ne sono sicura — mormorò.
Si alzò, con il cuore che batteva all'impazzata, e andò verso gli alberi. Dal boschetto proveniva un certo rumore, non poteva sbagliarsi: era come il vento che agita le foglie, anche se quella notte l'aria era immobile. […]
I guerrieri più terribili e sanguinari erano diventati improvvisamente pallidi come la morte, terrorizzati non dai nemici ma da qualcosa che avanzava dietro di loro. Lasciarono cadere le armi e cominciarono a gridare: — La foresta, la foresta! Questa è la fine del mondo...
Le grida e il clamore delle armi furono coperti dal fragore degli alberi che si erano appena svegliati. Una volta raggiunte le file dell'esercito di Peter, si sarebbero dati all'inseguimento degli uomini di Miraz; pareva di essere nel mare in burrasca. Vi è mai capitato di stare sulla cima di una collina, in una sera d'autunno, con il bosco sotto di voi e un vento formidabile che spira da sud in tutta la sua forza? Provate a immaginare il sibilo del vento e la foresta che, invece di rimanere ben piantata, comincia a muoversi: non una foresta popolata d'alberi, ma di uomini e donne giganteschi vagamente simili ad alberi, le cui braccia lunghissime ondeggiano come rami e le cui teste spargono una pioggia di foglie al più piccolo movimento .
Chi, fra Tolkien e Lewis, abbia influenzato l’altro è difficile da dire con certezza poiché sebbene Prince Caspian sia stato pubblicato prima de Il Signore degli Anelli, quest’ultima opera è stata completata nel 1949, anno in cui Lewis cominciava a scrivere la sua. Inoltre i due erano colleghi a Oxford, nonché molto amici, ed erano soliti scambiarsi le bozze dei libri a cui stavano lavorando per avere un parere l’uno dall’altro. Voci oxoniensi sostengono poi che Tolkien abbia tratto ispirazione per tratti della personalità di Treebeard, e per la sua parlata rimbombante, proprio dalla persona di C.S. Lewis.
Se è pressoché impossibile capire a quale dei due professori oxoniensi vada attribuita l’idea di una rielaborazione degli uomini-albero e del bosco in movimento, è verosimile che un’influenza dell’uno sull’altro – o di Ludvig Holberg su entrambi - ci sia stata, come è palesato dalla comparazione delle descrizioni degli ent tolkieniani e degli uomini-albero lewisiani:
Gli ent di Tolkien
Vi erano un paio di Ent più anziani, barbuti e nodosi, simili ad alberi robusti ma antichi; nessuno però era vecchio come Barbalbero. Vi erano anche degli Ent alti e robusti con lunghe membra e la pelle liscia, che parevano alberi in fiore; ma non vi erano giovani Ent, non vi erano germogli. […]
Alcuni sembravano più o meno imparentati con Barbalbero, e ricordavano i faggi o le querce, ma altri pareva appartenessero a stirpi del tutto estranee: Ent simili a castagni, bruni di pelle, dalle grandi mani con dita larghe e piatte e dalle piccole gambe tozze; Ent simili a frassini, alti, grigi ed eretti, con molte dita e lunghe gambe; Ent simili ad abeti, i più alti; Ent simili a betulle, ad aceri, a tigli .
Gli uomini-albero di Lewis
Tutti gli alberi del mondo convergevano su Aslan. Più si avvicinavano, meno somigliavano agli alberi normali, e quando l'intera brigata si inchinò e riverì il leone, salutandolo con le lunghe braccia, Lucy - che li aveva intorno a sé - vide che avevano assunto sembianze umane. Ragazze-betulla pallide e slavate scuotevano la testa; donne-salice con il viso velato di tristezza lasciavano che i capelli ricadessero indietro e puntavano gli occhi su Aslan; i faggi regali se ne stavano sull'attenti, in adorazione, seguiti da pelosi uomini-quercia, olmi snelli e malinconici, agrifogli dai capelli arruffati (gli uomini decisamente scuri, le mogli di carnagione chiara e cariche di bacche), e ancora sorbi selvatici allegri e sorridenti. Tutti non facevano che inchinarsi ad Aslan, gridando: — Aslan, Aslan! — con voce roca oppure dolce e suadente .
Gli uomini-albero di Lewis erano sicuramente più fortunati degli ent, poiché avevano al proprio fianco delle donne-albero. Al contrario Treebeard e la compagnia del bosco di Fangorn avevano perso le Entwives , emigrate in luoghi ignoti poiché, a differenza degli ent che amavano i grandi alberi e i boschi selvaggi, loro preferivano prendersi cura dei prati e delle piccole piante.
Gli ent, simili ai tanti collegiali oxoniensi ai tempi di Tolkien studente, quando gli atenei ammettevano o solo maschi o solo femmine, dovettero così rassegnarsi a una lunga vita senza donne-albero.
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James I. McNelis, “The tree took me up from the ground and carried me off ”: A Source for Tolkien’s Ents in
Ludvig Holberg’s Journey of Niels Klim to the World Underground, Tolkien Studies, West Virginia University Press (2006)
Ludvig Holberg, The Journey of Niels Klim to the World Underground, University of Nebraska Press (2004), p.17
Ludvig Holberg, The Journey of Niels Klim to the World Underground, University of Nebraska Press (2004), p.17
Ogni ent era modellato su una specie di albero (betulle, faggi, tigli ecc.). Treebeard pareva essere una quercia, anche se a Oxford molti pensano che la sua figura sia stata ispirata dall’enorme Pinus Nigra del giardino botanico dell’Università, albero preferito da Tolkien.
Si ricordi la foresta dei suicidi in cui venne incontrato Pier delle Vigne [Dante Alighieri, Divina Commedia - Inferno, Canto XIII).
La mia risolutezza viene meno, ed io comincio A dubitare degli equivoci del demonio, Che dice menzogna come se fosse verità: “Non temere finché il bosco di Birnan Non venga a Dusinane” – Ed ora un bosco avanza su Dusinane. Alle armi, alle armi, e via! - Testo in inglese e la sovrascritta traduzione in italiano di Agostino Lombardo sono tratti da William Shakespeare, Le tragedie, Mondadori (1976)
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Interviste
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Larrington Carolyne (docente di norreno e anglosassone presso il St. John’s College di Oxford), intervista rilasciatami presso il St. John’s College (2008).
Lee Stuart D. (docente di anglosassone e lingua inglese della facoltà di inglese di Oxford, direttore del Computing Systems and Services dell’Università di Oxford), intervista rilasciatami presso la Bodleian Library di Oxford (2008).
O’Donoghue Heather (docente di norreno e anglosassone presso ilLinacre College di Oxford), intervista rilasciatami presso la Facoltà di inglese dell’Università di Oxford (2008).
Phillips Courtney (Emeritus Fellow del Merton College, professore di chimica), intervista rilasciatami nella Common Room del Merton College di Oxford (2008).
Shippey Tom (docente di inglese presso la Saint Louis University degli USA), contributi fornitimi per corrispondenza (2009)
Solopova Elizabeth (docente di anglosassone e medio inglese della facoltà di inglese di Oxford, membro della Bodleian Library), intervista rilasciatami presso la Bodleian Library di Oxford (2008).
Tolkien JRR intervista effettuata dalla BBC nel 1968.
Fonte: http://www.marcodinoia.it/wp-content/uploads/2011/03/TESI.doc
Sito web da visitare: http://www.marcodinoia.it
Autore del testo: Marco Andrea di Noia
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