Aristotele
Aristotele
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ARISTOTELE
Vita, opere e caratteristiche generali del suo pensiero
A. modifica profondamente lo stile di lavoro del filosofo: egli non può infatti essere identificato con nessuno dei due tipi di pensatori che ci sono noti sino a quel momento, vale a dire con il grande aristocratico destinato al possesso del sapere e alla gestione del potere (alla maniera di Parmenide e Platone) o con i sapienti legati alle tecniche e al demos (come i naturalisti ionici).
Nasce nel 384 a Stagira, una piccola città della Calcidica che è sottoposta all'influsso della Macedonia, regno alle cui vicende la vita di A. è particolarmente legata. Il padre, Nicomaco, era infatti medico di corte del re Aminta III, padre di Filippo e nonno di Alessandro Magno. La professione del padre fu per il giovane A. un incentivo verso quell'interesse per le scienze della natura che rimase costante in tutta la sua attività di ricerca, ma certamente importante fu anche la sua collocazione sociale presso la corte macedone.
Per A., a differenza di Platone, il rapporto con la politica fu sempre indiretto, in quanto in patria il potere era detenuto dalla monarchia macedone, mentre all'estero, soprattutto in Atene, egli come straniero non poteva prendere parte alla vita politica (in questo senso egli prefigura l'intellettuale ellenistico che, in un mondo dominato dalle monarchie assolute, si rifugia nell'individualismo). Egli concepisce ancora la filosofia come organizzazione e sintesi del sapere, da quello logico a quello scientifico e a quello teologico, ma considera la vita etico-politica non più come un fine, ma semplicemente come una parte fra le tante del sapere. Fu proprio la passione per la filosofia come attività essenzialmente teorica a condurre il diciassettenne A. ad Atene, dove nel 367 divenne membro dell'Accademia platonica, grazie anche alla presentazione da parte della corte macedone da cui proveniva (difficilmente un provinciale avvrebbe potuto partecipare a quella grande istituzione senza un'adeguata presentazione). A. entra nell'Accademia attirato non dall'attività politica, ma dalle ricerche logico-scientifiche che vi si conducevano (quando vi entra, Platone è in Sicilia e nella scuola primeggia il grande scienziato Eudosso di Cnido). Rimane nell'Accademia vent'anni, sino alla morte di Platone, ed è per lui un periodo molto ricco, durante il quale compone le sue prime opere scientifiche, tra cui la Fisica.
Nell'anno in cui muore Platone egli abbandona la scuola e si reca presso Ermia, signore di Asso e Atarneo in Asia Minore, un uomo devoto a Filippo di Macedonia: questo abbandono non è dovuto tanto al disappunto per l'elezione di Speusippo a capo dell'Accademia (egli era nipote di Platone, ma d'altra parte A., non essendo ateniese, non avrebbe avuto diritto a possedere la scuola), quanto alla reazione ateniese nei confronti della politica macedone, alla cui corte A. era legato. Ad Asso egli conobbe il giovane naturalista Teofrasto, che era destinato a diventare il suo primo discepolo, col quale si dedicò a ricerche di carattere biologico.
Nel 342 A. fu invitato da Filippo ad assumere l'incarico di precettore del giovane erede al trono, Alessandro, presso la corte macedone. In Macedonia egli si trattenne per diversi anni, ma il suo compito non andò mai oltre quello di un normale insegnante di letteratura e di retorica (è certamente una leggenda medievale quella che parla di un profondo influsso politico del filosofo sul giovane re).
Nel 338 la vittoria ottenuta da Filippo a Cheronea sancisce definitivamente la supremazia macedone sulla Grecia; due anni dopo Alessandro succede al padre sul trono di Macedonia. A. era così libero di tornare ad Atene in tutta sicurezza, grazie alla protezione di Alessandro, ma non si recò certo all'Accademia, dove intanto era divenuto scolarca Senocrate, bensì aprì al Liceo, un ginnasio pubblico aperto all'insegnamento dei filosofi, una sua scuola con corsi regolari (scuola che fu anche chiamata Peripato, e peripatetici i suoi frequentatori, per l'usanza di discutere passeggiando nei giardini del Liceo. L'insegnamento è il secondo polo dell'esperienza di A., dopo la corte. Il Liceo è molto diverso dall'Accademia platonica: fra i condiscepoli non vi è alcun legame religioso o regola di vita, alcun progetto politico cui operare insieme, e molti sono gli stranieri (meteci) che vi prendono parte; nel Liceo non vi è molto spazio per la discussione dialettica, in quanto l'insegnamento di A. è ufficiale e non questionabile, ma vi è più spazio, rispetto all'Accademia, per le ricerche specializzate, condotte da un numero abbastanza ampio di studiosi. Fu durante questo periodo che A. compose la maggior parte delle sue opere.
Nel 323 morì Alessandro Magno e ad Atene riprese vigore il partito antimacedone, per cui A. dovette abbandonare la città al più presto per rifugiarsi nella casa della madre, a Calcide, in Eubea, dove trascorse da solo gli ultimi mesi di vita. Morì nel 322, lasciando all'amico Antipatro la cura del suo testamento, e a Teofrasto la direzione della scuola.
Gli scritti di A. si dividono in due grandi gruppi: essoterici, composti in forma dialogica e destinati al pubblico al di fuori della scuola; esoterici, destinati ai discepoli e quindi patrimonio interno della scuola. Del primo gruppo conserviamo solo qualche frammento, mentre ci è pervenuta la maggior parte delle opere della scuola (le opere essoteriche non erano particolarmente importanti rispetto alla grande produzione scientifica, presente nelle opere esoteriche a noi pervenute). Le opere a noi pervenute sono il frutto della sistemazione loro apportata nel 50/60 a.C. da Andronico di Rodi, che ha garantito l'autenticità della maggior parte di loro, anche se qualche piccola aggiunta o modifica in alcune opere va registrata.
A parte questa prima bipartizione delle opere aristoteliche, queste vengono poi suddivise nei seguenti gruppi:
A) Dialoghi di tipo platonico, di cui restano pochi frammenti, come quelli sulle Idee e sulla Filosofia, cui va aggiunta l'esortazione agli studi filosofici rivolta ad un principe di Cipro, nota con il nome di Protrettico.
B) Opere di carattere logico-linguistico, di cui una parte è raccolta nell'Organon: si tratta dell'Interpretazione (breve studio sulle funzioni semantiche del linguaggio), delle Categorie, degli Analitici Primi (sul sillogismo) e Secondi (sulla dimostrazione), e dei Topici, che trattano della dialettica. Altre opere di questo gruppo sono la Retorica (studio dell'argomentazione persuasiva) e la Poetica (teoria della composizione drammatica).
C) Opere fisiche, come la Fisica (teoria generale della natura) e della Meteorologia.
Questi primi tre gruppi di opere si ritiene che siano stati composti prima della morte di Platone nel 347.
D) Opere filosofiche. Si tratta dei vari libri che compongono la Metafisica. Non si tratta di un'opera composta come un trattato unitario, ma di una serie di opere autonome raccolte sotto questo nome da Andronico di Rodi. Il termine Metafisica non compare mai nelle opere di A., e significa libro posto dopo le opere fisiche, oppure vertente sui problemi filosofici della fisica:
E) Opere biologiche. Esse comprendono le Ricerche sugli animali (zoologia), le Parti degli animali (anatomia e fisiologia), la Riproduzione degli animali (genetica ed embriologia), la Locomozioe e il Movimento degli animali.
F) Opere psicologiche. La più importante è lo scritto sull'Anima, integrato da una serie di brevi trattati di psicofisiologia (sulla percezioe, la memoria, il sonno, ecc.) che vanno sotto il nome di Parva Naturalia.
G) Opere etico-politiche, che comprendono l'Etica eudemia e l'Etica nicomachea, la Politica e una raccolta di costituzioni di un centinaio di città greche, di cui ci resta solo la Costituzione di Atene.
La maggior parte delle opere comprese in questi gruppi è stata scritta dopo la fondazione del Liceo.
A. sostenne nella sua Etica che la vita contemplativa, dedicata solo al sapere teorico, è la forma più alta di esistenza, la sola che avvicina l'uomo alla condizione divina, e il dio di A. è in effetti pensiero e conoscenza. Il fine della conoscenza è la conoscenza stessa: in questo modo A. delinea una nuova figura di intellettuale dedito ad una conoscenza disinteressata. Dal potere politico il filosofo si attende ora solo la protezione necessaria a svolgere serenamente il suo lavoro, mentre in cambio offre un sapere privo di applicazione, che va perseguito solo perchè il desiderio di sapere è coessenziale all'uomo.
Già questi primi elementi ci mostrano come profonde siano le differenze fra A. e Platone, differenze che però non si limitano solo a questi aspetti, ma che vanno quindi approfondite.
La prima differenza è quella che abbiamo appena visto contrapporre una filosofia platonica il cui fine è quello di migliorare la società, ed una filosofia di A. che serve solo ad appagare il bisogno di conoscenza insito nell'uomo. Platone aveva diviso la realtà in due mondi diversi, quello delle Idee e quello in cui viviamo, che ne è solo una copia. Per A. non è possibile invece scindere un mondo empirico da un mondo ideale, in quanto esiste solo il mondo della nostra esperienza quotidiana, che il filosofo ha il compito di indagare. A. sostituisce così al piano verticale e gerarchico del mondo platonico, un piano orizzontale in cui tutte le cose sono poste l'una accanto all'altra. Questo ci permette di capire come mai in A. cada il primato della matematica, che per Platone era disciplina superiore alle altre, in quanto in grado di cogliere la struttura interna del mondo delle idee, mentre nel primo è solo una scienza accanto alle altre.
Oltre al primato di una disciplina sulle altre, cade in A. anche la componente mitica orfico-pitagorica (presente ancora negli scritti essoterici, ma assente da quelli esoterici), per lasciare spazio ad un discorso che si fa sempre più tecnico e rigoroso.
Un'ultima differenza da notare è che in A. la disposizione degli argomenti è sistematica, e le singole discipline vengono affrontate separatamente, anche se spesso vi possono essere delle ripetizioni: in Platone la tecnica del dialogo portava il filosofo ad occuparsi continuamente di tutti i settori del sapere, muovendosi come all'interno di una spirale.
A. è il filosofo che stabilisce una distinzione dei vari quadri del sapere filosofico che sarà un punto di riferimento costante per la filosofia successiva (metafisica, fisica, psicologia, etica, politica, estetica, logica). Viene così superato il progetto platonico, che consiste nel subordinare le varie scienze l'una all'altra, e si passa all'autonomia delle singole scienze e alla loro indipendenza reciproca. La nuova sistemazione delle scienze avviene allora secondo l'ideale enciclopedico di unificazione del sapere, inteso come possibilità data all'uomo di possedere tutte le conoscenze, e non come riduzione di tutte le scienze a pochi principi universalmente validi.
All'interno di questo progetto enciclopedico la filosofia ha il ruolo importante di strumento che serve a connettere fra loro le varie branche del sapere e ne permette una visione unitaria; si tratta di una filosofia intesa come riflessione sul linguaggio, una filosofia che non costituisce una disciplina autonoma, ma come una premessa e una conclusione ragionata dell'enciclopedia delle scienze, uno specchio degli elementi unitari già presenti nelle altre scienze. Successivamente però la filosofia non si limita più a questa funzione organizzativa, e finisce col creare qualcosa di specifico trasformandosi in discorso su dio, in teologia. Ecco che all'interno della filosofia aristotelica si definisce una zona privilegiata, consistente nella filosofia prima, che è in realtà una cosmologia e una teologia insieme. Al contrario di Platone, però, A. non pretende mai di derivare il mondo da dio, nè di dedurre le scienze dalla teologia; si tratta piuttosto di un tentativo di giustificare l'ordine del mondo come razionale ed immutabile. Nell'enciclopedia di A. la teologia non ha mai un ruolo dominante e così pure nella sua immagine della natura la divinità occupa sempre un posto periferico, in quanto alla base del discorso filosofico vi è sempre il logos, il linguaggio.
Prima di passare ad analizzare la metafisica occorre ricordare che A. ha distinto le scienze in tre grandi branche: scienze teoretiche (che ricercano il sapere per sè medesimo); scienze pratiche (che ricercano il sapere per raggiungere attraverso di esso la perfezione morale); scienze poietiche o produttive (che ricercano il sapere in vista del fare, del produrre determinati oggetti). Le scienze teoretiche, che per A. sono le più alte per dignità, a loro volta sono costituite da metafisica, fisica (che comprende anche la psicologia) e dalla matematica.
LA METAFISICA (O FILOSOFIA PRIMA)
Abbiamo già visto che il termine metafisica non venne coniato da A., ma probabilmente fu usato dai peripatetici, o addirittura da Andronico di Rodi nella fase di sistemazione delle opere aristoteliche. A. usava il termine "filosofia prima" o anche "teologia" in opposizione alla "filosofia seconda" o "fisica" (il termine metafisica apparve ai posteri più pregnante e fu quindi preferito agli altri).
La metafisica aristotelica è la scienza che si occupa delle realtà che stanno al di sopra di quelle fisiche (sostanze separate, come le chiama A.), e che come tali si oppongono a quelle fisiche; metafisica fu poi chiamato, sulla scorta di quello aristotelico, ogni tentativo filosofico del pensiero umano di oltrepassare il mondo empirico per raggiungere un mondo meta-empirico.
A. diede quattro definizioni della metafisica:
a) la metafisica indaga le cause e i principi primi o supremi;
b) la metafisica indaga l'essere in quanto essere;
c) la metafisica indaga la sostanza;
d) la metafisica indaga Dio e la sostanza soprasensibile.
Queste quattro definizioni sono complementari l'una all'altra, come si può notare ad una analisi più attenta. Chi ricerca le cause o i principi primi deve per forza di cose incontrare Dio, che è la causa e il principio primo per eccellenza. Chiedersi cosa sia l'essere significa chiedersi se esista solo un essere sensibile o anche un essere soprasensibile (essere teologico). Alle stesse conclusioni porta anche la domanda sulla sostanza (esistono solo sotanze sensibili o anche soprasensibili?).
Il problema teologico dunque come problema centrale della metafisica. Capiamo così anche perchè la metafisica sia la forma di sapere più elevata: facendo metafisica l'uomo si avvicina a Dio, non solo perchè lo conosce, ma anche perchè fa quello che fa Dio, che è pura conoscenza.
Tornando alla prima definizione della metafisica (scienza che studia i principi primi) A. afferma che le cause devono essere finite quanto al numero e che per quanto riguarda il mondo del divenire esse sono quattro: 1) causa formale; 2) causa materiale; 3) causa efficiente; 4) causa finale. Le prime due non sono altro che la forma, o essenza, e la materia che costituiscono tutte le cose, che avremo modo di vedere meglio più avanti (ricordiamo che causa per A. è ciò che struttura).
Materia e forma bastano però solo a spiegare l'essere staticamente considerato, mentre se lo consideriamo dinamicamente occorre aggiungere qualcosa alla spiegazione precedente. Un uomo dal punto di vista statico non è altro che carne e ossa (materia) e anima (forma), mentre se vogliamo sapere perchè è nato e perchè si sviluppa occorrono due ulteriori ragioni: la causa efficiente o motrice (il padre che lo ha generato) e la causa finale (il telos, lo scopo cui tende il divenire dell'uomo, la realizzazione della sua essenza).
Per quanto riguarda la seconda definizione della metafisica (intesa come la disciplina che studia l'essere in quanto essere), l'espressione essere in quanto essere significa la sostanza e tutto ciò che, in molteplici modi, si riferisce ad essa. In questo senso allora l'essere o è sostanza, o è affezione della sostanza, o attività della sostanza oppure qualcosa che si riporta alla sostanza. A. chiarisce tutto ciò nella tavola dei significati dell'essere, nella quale vengono indicati quattro possibili significati.
a)L'essere come accidente, ovvero essere casuale, accidentale (per esempio quando dico che l'uomo è musico io non esprimo l'essenza stessa dell'essere uomo, ma qualcosa che all'uomo può capitare casualmente di essere, un mero accidente).
b)L'essere per sè, ovvero l'essenza (detto anche l'essere come categorie), che è il contrario dell'essere come accidente. Le categorie sono dieci (ma di esse solo la prima ha sussistenza autonoma, mentre tutte le altre presuppongono la prima e si fondano sull'essere della prima):
1)sostanza (uomo, cavallo)
2)quantità (lungo due cubiti)
3)qualità (bianco, grammaticale)
4)relazione (doppio, metà)
5)luogo (nel Liceo, al mercato)
6)tempo (ieri, l'anno scorso)
7)posizione (sdraiato, seduto)
8)condizione (ha addosso le scarpe)
9)azione (taglia, brucia)
10)passione (viene tagliato, viene bruciato).
Questo elenco non va inteso come qualcosa di definitivo, in quanto su questo argomento A. ritornò più volte: è possibile infatti trovare delle classificazioni leggermente diverse, in cui al posto della categoria della sostanza (ousia) vi è quella del che cos'è, mentre altre volte le categorie non sono dieci ma sei o sette. Le categorie sono le classi ultime in cui si può dire che ricade tutto ciò che esiste oppure è reale. Per quanto riguarda l'uso di questa dottrina, A. vi fa ricorso quando deve classificare classi di oggetti oppure significati dei termini. Riguardo poi alla sostanza, la prima delle categorie, A. la divise in primaria e secondaria, e affermò che solo le sostanze primarie sono sostanze nel vero senso del termine (per sostanza primaria A. intende l'individuale, ovvero l'uomo individualmente considerato, questo o quel cavallo e così via): è ovvia allora la polemica con il pensiero di Platone, il quale affermava invece che vera sostanza sono le Forme (le Idee), ovvero i generi e le specie delle cose, quelle specie e generi che invece per A. avevano un'importanza secondaria.
c)Essere come vero e non-essere come falso. Si tratta dell'essere logico (a differenza del precedente che era un essere ontologico), che indica l'essere del giudizio vero e il non-essere del giudizio falso; è un essere puramente mentale, che ha sussistenza solo nella ragione e nella mente che pensa (mentre il precedente esisteva a prescindere dalla mente che lo pensava).
d)Essere come potenza e atto. Un esempio di questa importante definizione è dato dalla statua di marmo già scolpita, che è in atto, mentre il blocco di marmo che l'artefice sta scalpellando è in potenza; il frumento maturo è frumento in atto, mentre la pianticella verde è frumento in potenza (vale a dire che può diventare ciò che ancora non è, mentre l'essere in atto si caratterizza come l'attuarsi di ciò che prima era solo in potenza). Sarà bene ricordare anche che, attraverso questo significato dell'essere, A. risolverà definitivamente l'aporia eleatica per la quale il non-essere non esiste e di conseguenza nemmeno il movimento, perchè inteso come passaggio dal non-essere all'essere: la soluzione è proprio insita nel concetto di atto e potenza, in quanto il non-essere di cui parlava Parmenide altro non sarebbe se non un non-essere relativo, nel senso che una cosa è sè stessa e al tempo stesso non è tutte le altre. Il movimento si spiegherà poi come passaggio dalla potenza all'atto.
Le categorie che abbiamo elencato sopra sono le supreme divisioni dell'essere, l'originaria distinzione cui si appoggia necessariamente la distinzione degli ulteriori significati.
Il fatto che la prima categoria sia fondamentale, in quanto le altre si debbono riferire ad essa e non possono esistere senza di essa, porta A. ad affrontare il problema della sostanza.
I predecessori di A. avevano dato al problema della sostanza diverse soluzioni, spesso antitetiche. Alcuni avevano visto nella Materia sensibile l'unica sostanza (i Naturalisti); altri, come i platonici, avevano indicato negli enti soprasensibili la vera sostanza (Forma); gli uomini comuni consideravano sostanza nel vero senso del termine le cose concrete, l'individuo, fatti ad un tempo di materia e forma. A questo punto il problema fondamentale che A. si pone è determinare cosa sia veramente sostanza, se solo le cose sensibili o anche quelle soprasensibili. Ma prima di dire cosa sia veramante sostanza occorre dire cosa è la sostanza. A. decide allora di partire dalle cose sensibili, perchè sono più vicine a noi e nessuno potrebbe contestarle, per giungere a scoprire la sostanza (ousìa).
Per A. sono sostanza (ousìa) a diverso titolo la forma, la materia e il sinolo (unione di materia e forma). In questo modo egli concede una parte di ragione a tutti i suoi precedessori, notandone il limite nella unilateralità e nell'escludenza.
E' sostanza la forma: forma secondo A. è l'intima natura delle cose, l'essenza delle cose (forma dell'uomo è la sua anima, vale a dire ciò che fa sì che egli sia un essere razionale, mentre la forma dell'animale è l'anima sensitiva, e quella delle piante è l'anima vegetativa). Per A. le cose sono conoscibili solo nella loro essenza. La forma di cui parla A. non va confusa con la forma platonica, perchè la prima è un costitutivo della realtà, mentre la seconda è una qualità trascendente la realtà stessa. La forma poi, non va dimenticato, è attuazione di ciò che è solo in potenza, realizzazione della materia.
La materia può essere però definita sostanza allo stesso modo, in quanto la forma senza di essa non avrebbe alcuna concretezza, mentre la materia senza forma sarebbe potenzialità indeterminata. La materia, che è il sostrato della forma, è quindi altrettanto sostanza quanto la forma.
Il sinolo, per concludere, non è altro che l'unione di forma e materia, quindi tutte le cose concrete sono sinoli. Il sinolo è quindi sostanza a sua volta.
Dovendo poi stabilire quale dei tre elementi sopra visti sia sostanza più degli altri, A. afferma che dal punto di vista empirico la sostanza per eccellenza è il sinolo, mentre da un punto di vista metafisico,lo è la forma, perchè è principio e fondamento, mentre il sinolo è fondato da altro. In definitva possiamo dire che l'essere nel suo significato più forte è la sostanza, e che questa in un senso impropio è materia, in un senso più proprio è sinolo e per eccellenza è forma. Per questo A. chiama la forma causa prima dell'essere, perchè informa la materia e fonda il sinolo.
E' importante sottolineare la differenza fra l'eidos (idea) di Platone e l'eidos (forma) aristotelica. L'idea di Platone è l'universale inteso come genere delle cose (animale è un termine comune astratto che non ha realtà, ed esiste solo in una determinata forma o nell'uomo); l'idea di A. è una immanente struttura ontologica della cosa, esiste nella cosa, ma solo la nostra mente la astrae da essa (è un trascendentale, per usare un linguaggio che sarà kantiano). L'idea di A. non è universale da un punto di vista ontologico, ma lo diventa da un punto di vista logico (perchè allora si tratta di un concetto pensato dalla mente, che non esiste nella realtà, ed assomiglia quindi alla specie).
La materia è potenza, potenzialità, nel senso che è capacità di assumere la forma (il bronzo è potenza della statua perchè è effettiva capacità di ricevere la forma della statua). La forma si configura invece come atto, attuazione di quella capacità che prima era solo in potenza. Tutte le cose che hanno materia hanno maggiore o minore potenzialità, mentre se esistono degli esseri immateriali questi possono essere considerati atti puri. A. chiama l'atto anche con il nome di entelechia, che significa perfezione, realizzazione attuantesi. L'atto è superiore alla potenza. Grazie alla dottrina della potenza e dell'atto A. ha potuto risolvere il problema eleatico del movimento (che è un passaggio dall'essere in potenza all'essere in atto), ma soprattutto ha potuto dimostrare l'esistenza della sostanza soprasensibile.
Un altro problema importante che A. deve affrontare è quello sull'esistenza o meno di una sostanza prima. Per rispondere a questo quesito egli parte dall'analisi del tempo e del movimento. Se tutte le sostanze fossero corruttibili, allora non esisterebbe nulla di incorruttibile, ma tempo e movimento sono sicuramente incorruttibili, in quanto non possiamo chiederci cosa esistesse prima e dopo il tempo, in quanto prima e dopo sono già tempo (è bene ricordare che anche Kant applicherà la sua critica al concetto di tempo, e da questo trarrà risultati rivoluzionari). Lo stesso discorso vale per il movimento in quanto per A. il tempo è una determinazione del movimento, per cui l'eternità del primo postula l'eternità del secondo. Ma un tempo e un movimento eterni possono sussistere solo se sussiste un Principio primo che ne sia la causa. Questo Principio deve essere eterno (se eterno è il Principio, eterna deve essere la causa), immobile (solo l'immobile può essere causa del mobile, come A. ha dimostrato nella Fisica: ciò che è mosso deve per forza essere mosso da qualcos'altro, e così facendo noi risaliamo la serie delle cause sino a trovare la causa prima, perchè infatti non si può pensare di ripetere questo processo all'infinito senza trovare appunto qualcosa che muove senza essere mosso a sua volta da altro, e questa è appunto la causa prima) e scevro di potenzialità, vale a dire atto puro (se avesse potenzialità potrebbe anche non muovere in atto, per cui non potremmo spiegare il movimento eterno dei cieli).
Il Principio primo che abbiamo così finalmente delineato è il Motore Immobile (o sostanza prima). Mentre tutte le cose muovono essendo mosse, il Primo Motore muove attraendo le cose a sè, vale a dire non con una causalità efficiente (la mano che muove un corpo) ma con una causalità finale. In base a questa teoria il mondo non ha avuto cominciamento, perchè ammettere che prima ci fosse il caos vorrebbe dire dare priorità alla potenza sull'atto; Dio è eterno e da sempre quindi attrae il mondo a sè, per cui il mondo è eterno.
Questo Principio è puro pensiero, vita contemplativa, pensiero di pensiero, in quanto Dio pensa la cosa più eccellente, cioè sè stesso.
A. chiama il Principio primo anche Dio: sembrerebbe trattarsi dunque di una forma di monoteismo, ma A. introduce altri motori immobili per spiegare il diverso movimento delle sfere celesti, motori che sono sì inferiori al primo, ma che possiedono le stesse caratteristiche. Questo non deve stupire, perchè nella mentalità del greco tutto ciò che è incorruttibile è divino (questi motori verranno trasformati dal medioevo in intelligenze angeliche motrici).
Dio non conosce gli uomini, in quanto questi sono esseri imperfetti, e Dio vedrebbe dimunuire la sua importanza. Il Dio aristotelico non crea e, per mostrare le differenze rispetto al Dio cristiano, non ama l'uomo, sempre perchè secondo A. questo vorrebbe dire che Dio non è quel principio supremo da lui delineato in precedenza.
LA FISICA
La seconda scienza teoretica per A. è la fisica o "filosofia seconda", la quale ha come oggetto di indagine la sostanza sensibile (che è seconda rispetto a quella soprasensibile che è "prima"), intrinsecamente caratterizzata dal movimento, così come la metafisica aveva ad oggetto la sostanza immobile. Non bisogna lasciarsi trarre in inganno dalla parola fisica, che per noi indica la scienza della natura quantitativamente intesa, mentre in A. è la scienza delle forme e delle essenze, una sorta di metafisica dal sensibile.
E' nella fisica che A. spiega il movimento, il quale, come abbiamo già visto, non è altro che il passaggio dall'essere in potenza all'essere in atto; il movimento quindi non richiede il non-essere come affermava Parmenide. La generazione è un assumere la forma da parte della materia, mentre la corruzione è il perdere la forma e l'alterazione è un cambiamento della qualità. Alla base di ogni movimento vi è la struttura ilemorfica della realtà, vale dire la struttura materia-forma.
Gli oggetti sono e si muovono non nel non-essere, ma in un luogo; questo non va confuso con il recipiente, perchè mentre il primo è immobile, questo è mobile. Il luogo è quindi lo spazio.
Per quanto riguarda il tempo, celebre è l'affermazione di A. che dice che "il tempo è il numero del movimento secondo il prima e il poi", percezione che suppone l'anima.
A. ha diviso il mondo sensibile in due sfere: mondo sublunare e mondo sopralunare. Nel primo vi sono tutte le forme di movimento, mentre nel secondo vi è solo il movimento circolare. Il mondo sublunare è costituito dai quattro elementi (terra, aria, acqua e fuoco), mentre quello sopralunare è costituito dall'etere, detto anche quinta sostanza o quintessenza, perchè si aggiunge agli altri quattro elementi. Il movimento dei quattro elementi è rettilineo, mentre quello dell'etere è circolare (questa teoria sarà poi accolta dal pensiero medievale). Per quanto riguarda la matematica, A. nutre verso questa disciplina un interesse assai inferiore rispetto a quello mostrato da Platone. Gli oggetti matematici non sono per A. entità reali come erano stati per Platone, nè qualcosa di irreale: essi sussistono "potenzialmente" nelle cose sensibili e la nostra ragione li separa mediante l'astrazione. Essi cioè sono enti di ragione che "in atto" sussitono solo nella nostra mente, grazie alla nostra capacità di astrazione, mentre in "potenza" sussistono nelle cose come loro proprietà intrinseche.
LA PSICOLOGIA
Gli esseri animati si differenziano da quelli inanimati perchè posseggono un principio che dà loro la vita, e questo principio è l'anima. L'anima è definita da A. come entelechia prima di un corpo fisico che ha la vita in potenza. A. distingue tre tipi di anima: anima vegetativa, (tipica delle piante), anima sensitiva (presente negli animali insieme alla vegetativa) e anima razionale (presente negli uomini insieme alle due precedenti).
L'anima vegetativa presiede alla riproduzione, che è lo scopo di ogni forma di vita nel tempo.
L'anima sensitiva ha diverse funzioni, tra cui la sensazione (questa è spiegata da A. sempre in base alla coppia di concetti potenza e atto, per cui la facoltà sensitiva è capacità di sentire potenziale che diventa in atto a contatto con l'oggetto sensibile), l'appetizione e il movimento.
L'anima intellettiva permette appunto l'intellezione, in quanto permette di ricevere le forme intelligibili e di assimilarle. L'intelligenza è capacità/potenzialità di conoscere le forme pure; queste a loro volta sono contenute in potenza nelle sensazioni e nelle immagini della fantasia; occorre quindi qualcosa che traduca in atto questa doppia potenzialità. Sorse così quella distinzione, divenuta fonte di innumerevoli discussioni nell'antichità e nel medioevo, fra "intelletto potenziale" e "intelletto attuale" (detti anche intelletto attivo e intelletto passivo). L'intelletto attivo è nell'anima, è il divino in noi. Questo intelletto, pur non potendo essere identificato con Dio come molti hanno fatto, ha le caratteristiche del divino. Questo intelletto rappresenta la dimensione metempirica, soprafisica, spirituale che è in noi.
ETICA E POLITICA
Dopo le scienze teoretiche, nella sistemazione del sapere, vengono le "scienze pratiche", che riguardano la condotta degli uomini e il fine che essi vogliono raggiungere. Lo studio della condotta o del fine dell'uomo come singolo è l'etica, mentre lo studio della condotta o del fine dell'uomo come parte di una società è la politica.
Tutte le azioni umane tendono a "fini" che sono "beni"; questi a loro volta sono sottoposti ad un "fine ultimo", che è il "bene supremo", che tutti gli uomini chiamano felicità. Questa felicità non è la stessa cosa per tutti: per la moltitudine è godimento, mentre per alcuni è l'onore e per altri consiste nell'ammassare ricchezza (questa per A. è la più assurda di tutte le vite, perchè è contro natura, in quanto la ricchezza è solo un mezzo per qualcos'altro e non può quindi essere un fine.
Il bene supremo realizzabile dall'uomo consiste nel perfezionarsi in quanto uomo; l'uomo che vuole vivere bene deve vivere secondo ragione, in quanto il bene dell'uomo consiste in una attività dell'anima secondo la sua virtù. Per A. i valori supremi sono quelli dell'anima, anche se riconosce un valore ai beni materiali (non danno la felicità, ma la loro assenza può compromettere in parte quella felicità).
La virtù etica consiste nel ridurre la facoltà del desiderio, che è una parte dell'anima, ai dettami della ragione; questa virtù si ottiene con l'abitudine, vale a dire con la ripetizione di una serie successiva di atti. La virtù diventa così un abito, un modo di essere. Le passioni e i sentimenti tendono all'eccesso o al difetto; la ragione, intervenendo, deve porre la giusta misura, che è la via di mezzo o "medietà fra i due eccessi (il coraggio ad esempio è una via di mezzo fra la temerarietà e la viltà, la liberalità lo è fra prodigalità e avarizia. Questa medietà non va intesa nel senso di mediocrità, ma nel senso di culmine, valore, in quanto è la vittoria della ragione sugli istinti. Fra tutte le virtù etiche spicca la giustizia.
La perfezione dell'anima razionale in quanto tale è detta da A. virtù dianoetica. Questa si divide in due parti: se l'anima razionale si rivolge alle cose mutevoli abbiamo la saggezza (phrònesis), mentre se si rivolge alle cose immutabili abbiamo la sapienza. La prima consiste nel deliberare bene intorno a ciò che è bene o male per l'uomo, la seconda è scienza teoretica, in modo particolare metafisica. Proprio esercitando questa seconda virtù l'uomo si avvicina a Dio: la vita contemplativa di cui parla A. può portare l'uomo verso Dio.
A. ha anche il merito di aver superato l'intellettualismo socratico: egli si è accorto infatti che una cosa è conoscere il bene, e un'altra il fare e attuare il bene. Egli afferma che quando vogliamo raggiungere determinati fini, noi stabiliamo mediante la deliberazione quali mezzi siano necessari al loro raggiungimento. La scelta opera poi su questi mezzi per metterli in atto. Siccome la scelta riguarda i mezzi e non i fini, questa ci rende sì responsabili, ma non ci rende buoni o cattivi, perchè l'essere buoni o cattivi dipende, secono A., dai fini, e questi sono oggetto di volizione. La volontà poi vuole sempre il bene, ma quello vero e non quello apparente; solo l'uomo virtuoso sa riconoscere questo bene. Il ragionamento si chiude così in un circolo vizioso, dal quale il filosofo non riesce ad uscire in quanto è assente il concetto di libero arbitrio, concetto che verrà introdotto più tardi dal pensiero cristiano.
A. ha definito l'uomo un "animale politico", un essere cioè che non può fare a meno di vivere in una comunità di uomini. Per A. sono però cittadini solo quelli che possiedono tempo libero sufficiente per potersi dedicare all'amministrazione della cosa pubblica: di conseguenza non sono cittadini i coloni, i membri di una città conquistata, gli operai e molti altri. Questi ultimi anzi servono ai primi per aiutarli a realizzare i loro progetti. La situazione politica del momento storico in cui vive è forse il motivo per cui A. giunge a teorizzare la schiavitù, affermando che lo schiavo, che è tale per natura, è uno strumento ancora più degli altri. Lo schiavo secondo lui doveva essere catturato non nelle guerre fra Greci, ma in quelle contro i Barbari, dato che questi sono per natura inferiori.
Per quanto riguarda i vari modi in cui può essere organizzato uno stato, A. considera tre forme di governo: la monarchia (governo di un solo uomo), l'aristocrazia (governo di pochi uomini) e la politìa (governo della maggior parte), cui corrispondono tre forme di degenerazione che si verificano quando chi governa lo fa secondo il proprio interesse e non secondo quello comune, e che sono la tirannide, l'oligarchia e la democrazia. Democrazia per A. significa demagogia, vale a dire che non è giusto che poichè tutti sono uguali nella libertà, questi lo debbano essere anche in tutto il resto. A. delinea anche la Città ideale, frutto del rispetto di quelle idee che sono alla base della sua filosofia.
A. si occupa anche del problema dell'educazione: egli propende per un'educazione che inizi nella famiglia ed è contrario alla moltitudine dei maestri privati, in quanto vorrebbe una scuola gestita dallo Stato. Accetta il modello di educazione della paideia ateniese (leggere, scrivere, commentare gli autori antichi, fare ginnastica e musica), ma nel Liceo egli aggiunge alcune discipline che considera importanti come la grammatica, la retorica, matematica, fisica, biologia, psicologia, ma soprattutto logica, metafisica ed etica.
L'ideale aristotelico è quello di un'educazione "liberale", non utilitaria, per liberi e non per schiavi, in quanto suppone una condizione economica privilegiata e tempo libero sufficiente. Alla domanda "a che serve la filosofia" A. risponde che il pregio della filosofia consiste proprio nel suo servire solo a se stessa, a nulla d'altro; ma essa mira a rendere l'uomo libero, padrone di sè, non servo delle passioni. Grazie alla filosofia l'uomo coltiva razionalmente le virtù, quelle etiche del "giusto mezzo" e quelle dianoetiche che ne realizzano il più alto destino. Alla fine di questa analisi risulta chiara quella differenza fra la filosofia di Platone e quella di A. per cui la prima ci appare più rivolta verso l'alto, mentre la seconda, nonostante i riferimenti alla metafisica, ci appare più concreta; questa differenza è peraltro mostrata molto bene dal dipinto di Raffaello in cui è raffigurata la "Scuola d'Atene", dove Platone indica col dito il cielo e A. tiene invece la mano in avanti parallela al suolo.
LOGICA, RETORICA E POETICA
A. colloca la logica al di fuori dello schema in cui ha suddiviso le altre scienze. La logica mostra come proceda il pensiero quando pensa, quale sia la struttura del ragionamento, quali gli elementi di esso, come sia possibile fornire dimostrazioni, quali tipi di dimostrazione esistano, di che cosa sia possibile fornire dimostrazioni e quando. Per questo la logica verrà indicata col termine "Organon" (termine che fu introdotto da Alessandro di Afrodisia), in quanto vuole fornire gli strumenti mentali necessari per affrontare qualsiasi tipo di indagine. A. non usa comunque nemmeno il termine logica (che fu introsdotto da Cicerone), bensì quello di analitica: questa spiega il metodo con cui noi, partendo da una data conclusione, la risolviamo negli elementi da cui deriva, cioè nelle premesse e negli elementi da cui scaturisce e, quindi, la fondiamo e la giustifichiamo.
Il primo elemento che incontriamo nella logica aristotelica sono le categorie: dal punto di vista metafisico le categorie rappresentano i significati fondamentali dell'essere, mentre dal punto di vista logico esse sono i supremi generi ai quali deve essere riportabile qualsiasi termine della proposizione. Se dico "Socrate corre" e scompongo questa proposizione, trovo che "Socrate" rientra nella categoria della sostanza, mentre "corre" in quella del fare; se dico "Socrate è nel Liceo", "nel Liceo" rientra nella categoria del "dove". La prima categoria (la sostanza) funge sempre da soggetto e solo impropriamente da predicato (Socrate è un uomo, cioè è una sostanza). Le altre categorie fungono sempre da predicati della prima categoria, in quanto devono essere sempre riferite al soggetto. Per quanto riguarda il problema della verità e della falsità, finchè abbiamo solo i termini isolati della proposizione non possiamo parlare nè dell'uno, nè dell'altra, in quanto solo nel giudizio che connette i singoli termini e forma la proposizione abbiamo verità o falsità.
Le categorie sono i generi cui sono riconducibili i termini in cui scomponiamo la proposizione, quindi sono qualcosa di primo e non ulteriormente riducibile, che non può quindi nemmeno essere definito perchè non esiste nulla di più generale cui poter ricorrere per determinarle. Definire per A. vuol dire non tanto spiegare il significato di una parola, quanto determinare che cos'è l'oggetto che la parola indica. La definizione è il discorso che esprime la sostanza delle cose. Una definizione può essere valida o non valida, ma non vera o falsa, perchè, come detto prima, vero e falso si hanno solo nel giudizio. Per fare un esempio di definizione proviamo a definire l'uomo: occorrono allora a questo punto il "genere prossimo" e la "differenza specifica"; il genere prossimo di uomo è "animale"; la differenza ultima poi fra uomo e animale è la razionalità.
Quando uniamo i termini fra loro e affermiamo o neghiamo qualcosa di qualcos'altro, allora abbiamo il "giudizio". Il giudizio è l'atto con cui affermiamo o neghiamo un concetto di un altro concetto e la sua espressione logica è l'enunciato o proposizione. Il giudizio è la forma più elementare di conoscenza, quella forma che ci fa conoscere il nesso fra un predicato e un soggetto. Vero e falso si hanno col giudizio: il vero si ha quando si congiunge qualcosa che è veramente congiunto (o si disgiunge ciò che è disgiunto), mentre il falso si ha nel caso contrario. Il giudizio è sempre quindi o un'affermazione o una negazione. Non tutte le frasi interessano la logica: invocazioni, preghiere, esclamazioni e simili riguardano il discorso retorico e poetico. Nella logica rientra solo il discorso apofantico o dichiarativo.
A. passa poi a definire il ragionamento: questo non consiste nel negare o affermare qualcosa di qualcos'altro (questi sono solo giudizi), ma si ha solo quando passiamo da giudizi ad altri giudizi, collegandoli con nessi causali per cui alcuni sono antecedenti e altri conseguenti. Il sillogismo è il ragionamento perfetto, in cui la conclusione cui si perviene è la conseguenza che scaturisce, di necessità, dall'antecedente. L'esempio più famoso di sillogismo perfetto è quello in cui abbiamo una premessa maggiore che dice "Se tutti gli uomini sono mortali", una premessa minore che afferma "e se Socrate è un uomo" e una conclusione che dice "allora Socrate è mortale".
Questa prima forma di sillogismo è chiamata sillogismo generale: la sua caratteristica principale è quella di prescindere dal contenuto di verità delle premesse. Diverso da questo è il sillogismo scientifico o dimostrativo, che riguarda anche il contenuto di verità delle premesse. Queste infatti devono essere vere e prime, cioè non bisognose a loro volta di ulteriori dimostrazioni. Tutto ciò pone naturalmente un problema fondamentale nel pensiero aristotelico, vale a dire l'origine di premesse vere e come possiamo conoscerle, dal momento che non possiamo ottenerle attraverso ulteriori sillogismi, chè altrimenti procederemmo all'infinito.
Il sillogismo è un processo deduttivo, in quanto ricava da verità universali verità particolari. Per quanto riguarda il modo in cui cogliere queste verità universali A. indica due possibilità: l'induzione, attraverso la quale dal particolare si ricava l'universale (si tratta del processo astrattivo), e l'intuizione, che è il coglimento puro da parte dell'intelletto dei principi primi (in questo modo A. ammette l'intuizione intellettiva come prima di lui aveva fatto Platone).
Ogni scienza avrà poi dei principi suoi propri e dovrà occuparsi di quegli elementi che sono di sua competenza. Accanto a questi principi specifici ve ne sono però alcuni che sono comuni alle varie discipline, come il principio di non contraddizione (non si può affermare o negare dello stesso soggetto nello stesso tempo e nello stesso rapporto due predicati contraddittori) e quello del terzo escluso (non è possibile che ci sia un termine medio tra due contraddittori). Questi principi sono definiti trascendentali, nel senso che valgono per ogni forma di pensiero in quanto tale, e sono indimostrabili (si dimostrano da soli, in quanto chi volesse negarli nello stesso tempo li affermerebbe), in quanto ogni dimostrazione li presuppone.
Quando le premesse del sillogismo anzichè essere vere sono soltanto probabili, cioè fondate sull'opinione, allora abbiamo il sillogismo dialettico (si tratta di un tipo di sillogismo che ci insegna a discutere con gli altri).
Quando le premesse non sono fondate nemmeno sull'opinione abbiamo il sillogismo eristico.
Quando il sillogismo è tale solo in apparenza abbiamo il paralogismo, che è un ragionamento errato.
LOGICA E POETICA
Secondo A. la retorica non ha lo scopo di ricercare la verità, compito che spetta alla filosofia e alle scienze particolari, ma ha lo scopo di scoprire quali siano i modi e i mezzi per persuadere.
Per quanto riguarda la poetica invece, A. ricorre a due concetti in particolare per spiegarla: mimesi e catarsi.
A. si oppone alla posizione platonica sull'arte (che considerava l'arte un'imitazione dell'imitazione, quindi un allontanamento dal vero) e afferma che la mimesi artistica non riproduce passivamente la parvenza delle cose, ma ricrea le cose secondo una nuova dimensione, quella del possibile e del verosimile.
Inoltre, mentre la natura dell'arte consiste nella imitazione del reale secondo la dimensione del possibile, la sua finalità consiste nella purificazione delle passioni. L'arte insomma ci scarica dell'emotività e delle tensioni che accumuliamo, provocando una piacevole sensazione di benessere (sensazione emotiva che Platone aveva condannato).
Conclusioni
La sorte della scuola di A. non fu molto felice: a causa di alcune vicissitudini il suo pensiero non fu più studiato per diversi secoli. Dopo di lui già il suo principale discepolo, Teofrasto, non si mostrò all'altezza del maestro, soprattutto quanto a capacità di insegnamento delle dottrine. I discepoli che fecero seguito a Teofrasto poi furono ancora meno capaci di portare avanti la tradizione aristotelica.
L'altro fatto che causò la decadenza rapida del Peripato fu che Teofrasto, quando morì, lasciò alla Scuola solo gli edifici del Peripato, mentre destinò la biblioteca a Neleo di Scepsi, che a sua volta portò i testi in Asia Minore. Le opere di A. iniziarono così un lungo pellegrinaggio che si concluse solo quando, in epoca romana, Andronico di Rodi provvederà alla loro definitiva sistemazione. Nel frattempo però nel pensiero greco il ruolo di protagonista fu assunto da nuove correnti di pensiero e l'aristotelismo fu messo da parte.
Fonte: http://digilander.libero.it/domani_ti_sego/file%20word/Filo%20anti/ARISTOTELE.doc
autore del testo non indicato nel documento di origine
ARISTOTELE
Vita
Nasce nel 384/383 (Apollodoro) da una famiglia di medici. Il padre si chiama Nicomaco la madre Festide, anch’ella di famiglia Asclepiade. Di Stagira (Macedonia – Stavro). Città colonizzata dai greci.
Padre prestigioso – presta servizio presso il re macedone (Aminta). Nella città di Pella. Rimane orfano ed emigra. Probabilmente ad Atarneo. Avrà ottimi rapporti con Ermia che diventerà tiranno di Atarneo e Asso. Il suo tutore (Pirosseno) accortosi delle capacità e dell’intelligenza lo manda all’Accademia di Platone.
Diogene Laerzio:
“Si incontrò con Platone all’età di diciassette anni e si intrattenne nella sua scuola per venti” (Vita dei filosofi V, 9)
Platone aveva fondato l’Accademia dopo il primo viaggio in Sicilia (388 ac) e le aveva dato lo stato giuridico di una comunità religiosa consacrata al culto delle Muse e ad Apollo. Finalità della scuola: politico-etico-educativo. Preparava i “veri politici”
Si coltivavano anche le scienze (Eudosso –matematico)
Quando Aristotele entrò all’Accademia (367/366)Platone faceva il secondo viaggio in Sicilia fino al 364. Eudosso= empirico = “Salvare i fenomeni”., un principio che tenesse conto dei fatti, del loro modo di apparire. Filippo di Opunte, Speusippo.
Il platonismo è il nucleo attorno a cui si sviluppa la riflessione di Aristotele.
Probabilmente all’inizio studia matematica – secondo il ciclo di studi della Repubblica.
Opere “platoniche”
1. Il Grillo: opera dedicata alla retorica. Polemica contro la retorica: irrazionale mozione dei sentimenti – secondo le teorie di Gorgia e Isocrate. Dopo Platone scriverà il Fedro – con cui critica, ma parzialmente rivaluta, la retorica. Un allievo di Isocrate, Cefisodoro, scrive un Contro Aristotele. Segno che il tattato di Aristotele aveva avuto successo.
2. Eutidemo, sull’anima.Forma di dialogo, dedicata a Eutidemo, amico di Aristotele – morto in combattimento presso Siracusa. E’un dialogo socratico, il modello è il Fedone. Sull’immortalità dell’anima. Ha un carattere oltremondano: si pensa che la vita nell’al di là sia migliore. Vi si trovano argomenti basati sulla persuasione.
Problema: condivide A. la teoria platonica delle idee?
In realtà l’immortalità dell’anima a cui qui si fa cenno si riferisce all’anima intellettiva.
“Se poi rimanga qualche cosa anche dopo la corruzione della sostanza composta, è un problema che resta da esaminare. Per alcuni esseri nulla lo vieta: per esempio per l’anima: non tutta l’anima, ma solo l’anima intellettiva; tutta sarebbe impossibile” (metaf. VII 3, 1070 a 24-26).
Emerge il concetto aristotelico di Idea = non come qualcosa di separato, ma come sostanza, forma. L’anima è sostanza/forma del corpo, non si dissolve con esso.
Il carattere mistico dell’Eudemo verrà superato. La filosofia guadagna una dimensione scientifica che non lascia spazio a tale carattere religioso.
3. Propteptico o Esortazione alla filosofia – di questa opera si possiedono frammenti riportati da Giambico. Si tratta di una difesa integrale della filosofia. Viene chiarito l’ideale della vita teoretica. Attributi:
- necessaria = anche chi al nega è costretto a filosofare: “IL CERCARE è LA CAUSA DELLA FILOSOFIA”;
- i principi e le cause prime sono l’oggetto della filosofia:nucleo dell’ontologia aristotelica “ciò che è primo per i sensi è l’ultimo nell’ordine della conoscenza”.
- non ha bisogno di strumenti o di luoghi particolari “ma in qualunque luogo della terra uno vi ponga il pensiero, allo stesso modo attinge alla verità”
- è un bene oggettivo e costituisce il fine metafisico dell’uomo. La conoscenza è la virtù suprema.
- la filosofia è utile. La contemplazione ha valore autonomo, la vita pratica un valore subordinato. I beati vivono contemplando, non agendo.
-la filosofia dà felicità:
“nulla di divino o di beato appartiene agli uomini, eccettuata quella sola cosa degna di considerazione, ossia quanto vi è in noi di intelligenza e di sapienza; questa sola tra le cose che sono in noi appare essere immortale e questa sola divina. L’intelligenza è il dio che è in noi.
4. Sulle idee.
Prende le distanze con la filosofia platonica. Respinge l’idea delle idee come sostanze separate. Afferma che per tener ferma la dottrina delle idee bisogna rinunciare alla dottrina dei principi.
Le idee sono CAUSE FORMALI delle cose. Sono forme IMMANENTI nelle cose.
Berti: da enti trascendenti a STRUTTURE TRASCENDENTALI
5. Sul bene: è sulla teoria dei principi.
L’uno e la diade “del grande e del piccolo” vengono associate all’idea della causa formale e della causa materiale.
Le speculazione del dialogo platonico Filebo si avvicinano a queste conclusioni: Il Flebo parla di quattro generi supremi del reale: il limite (o principio determinante), l’illimite (o principio indeterminato) il misto di questi due e la causa della mescolanza.
Si jntravvede la causa formale e materiale e l’idea della sostanza come sinolo – unione di forma e materia.
6. Sulla filosofia -. L’opera più importante. Anch’essa pervenutaci in frammenti. In tre volumi, in stile dialogico, affrontava i temi principali della filosofia platonica, dal senso della filosofia, alle idee numeri, alla teologia. Pare emerga l’idea di Dio –
De caelo (Simplicio. 228, 28).
Sono tesi presenti nella metafisica. Dio è apathos, impassibile, eterno IL trascendente diventa nous = intelligenza suprema, NON INTELLEGIBILE.
Dopo la morte di Platone Aristotele abbandona l’accademia.
Ritorna ad Atarneo – dove lo impiega Ermia, il tiranno. Tiene una scuola ad Asso, insieme ad altri dell?Accademia platonica fuoriusciti con lui. Poi passa a Mitilene nell’isola di Lesbo – da dove veniva Teofrasto.
Nel 343 diventa precettore di Alessandro il Macedone.
Nel 335/334 quando Alessandro consolida il suo potere sulla Grecia A. torna ad atene e fonda una scuola in un ginnasio pubblico, il Liceo (sacro ad Apollo Licio) aveva nei suoi pressi un edificio e un giardino – passeggiata, Peripato: Aristotele insegnava passeggiando.
Ci restano le lezioni di Aristotele e nessuna delle opere scritte per il pubblico (essoteriche).
Opere principali:
metafisica
Fisica, Sul cielo, Sulla generazione e corruzione, Sull’anima;
tre corsi di Etica: etica Eudemea, etica Nicomachea, Grande Etica.
Politica, Poetica, Retorica,
Organon: -categorie; - De interpretazione; Analitici primi e secondi; Topici e Confutazioni sofistiche.
Muore nel 322.
Metafisica: indagine sulle cause e i principi; sull’essere in quanto essere; la sostanza; Dio e la sostanza soprasensibile. Dio è il momento centrale e definitorio della metafisica.
Dottrina delle cause: formale, materiale, efficiente e finale. (efficiente: il padre che genera il figlio) finale (il telos): lo scopo a cui tende il divenire.
Dottrina dell’essere. A. analizza il senso che prende l’essere. Ha una molteplicità di significati.
Vengono analizzati ed Aristotele ne costruisce una “tavola”, una mappatura. Sono sensi non univici, non equivoci ma analoghi.
(Essere come accidente; come essenza ovvero come sostanza; essere come vero cui viene contrapposto il non essere come falso: si tratta dell’essere logico in base a cui viene formulato un giudizio vero o falso; essere come potenza e come atto)
Il concetto di sostanza:
-forma (morphè, eidos)
-materia (substrato necessario per la forma)
-sinolo (unità concreta di feorma e materia).
ETICA
- Separazione tra teoria e prassi.
-rispecchia la divisione aristotelica tra una sfera propria dell’umano da una sfera inferiore, relativa al mondo animale, e una sfera superiore, relativa al mondo umano.
Theorein, teoria: il modo con cui l’uomo si mette in rapporto razionale con ciò che non è cambiato o trasformato da questo interessamento umano. Il voler sapere le cose come sono in se stesse.
“come dottrina della natura (episteme), essa si occupa del genere dell’essere che ha in se stesso il principio del movimento e della quiete….”non è una scienza pratica e neanche poetica; infatti per quel che concerne le cose prodotte, il principio risiede nel producente, tanto se questo sia un intelletto se sia un arte o una qualche capacità, mentre, per quel che concerne le cose pratiche, il principio risiede nell’agente, ed è un atto di libera scelta, giacchè l’oggetto dell’azione e quello della scelta si identificano.” (Met. 1075 a 1)
Definizione dell’episteme, p. 95 /arte e prassi 96 97
Prassi: attuazione esistenziale ed azione dell’uomo ed autorealizzazione esistenziale.
Prassi umana è prassi di un essere che ha la ragione. Si distingue dalla scienza teoretica per due momenti:
- l’oggetto: non so tratta dell’eterno e dell’immutaile, ma nemmeno dell’essere al quale le cause e i motivi del divenire e dell’accadere non sono immanenti (altrimenti si identificherebbero con le cose naturali – oggetto della scienza fisica), bensì risiedono nella ragione o arte o qualsiasi altra capacità dell’uomo. OGGETTO DELL’EPISTEME PRAKTIKE – scienza pratica sono ta anthropina – le cose umane.
- Le scienze pratiche esse stesse vogliono la prassi: “scopo della scienza teoretica è la verità, quello della scienza pratica è l’attività pratica” Ancora: “La parte della filosofia con cui noi abbiamo qui a che fare non è esercitata come le altre a causa delle teoria; cioè non svolgiamo la nostra indagine per sapere che cosa sia la virtù in se, ma per diventare noi stessi buoni; altrimenti questo filosofare sarebbe inutile. Pertanto dobbiamo rivolgere la nostra attenzione all’agire.
Politica = la scienza complessiva dell’attività morale dell’uomo sia come singolo che come cittadino. Questa “politica” si suddivide in etica e politica.
Si nota una SUBORDINAZIONE DELL’ETICA ALLA POLITICA (uomo= cittadino)
“Se infatti identico è il bene per il singolo e per a città, sembra importante e più perfetto scegliere e difendere quello della città; certo esso è desiderabile anche quando riguarda una sola persona, ma è più bello e più divino se riguarda un popolo e le città” (Etica Nicomachea A 2, 1094b 7-8)
- L’uomo nelle sue azioni tende a fini specifici, che si configurano come beni. I beni sono relativi. Non si può passare da bene a bene all’infinito (forma “cattiva di infinito”) i beni sono funzionali ad un fine ultimo, ovvero a un bene supremo.
Il bene supremo è la felicità = eudaimonia. Cos’è? Qui iniziano i problemi.
- piacere, godimento.
- Onore = vita politica. Ma non può essere un fine ultimo:”Esso infatti sembra dipendere più da chi conferisce l’onore che da chi è onorato: noi invece riteniamo che il bene sia qualcosa di individuabile e di alienabile.” Gli uomii lo cercano per il riconoscimento pubblico.
- Ricchezze. “la vita (…) dedita al commercio è qualcosa di contro natura, ed è evidente che la ricchezza non è il bene che cerchiamo; infatti essa è solo in vista del guadagno ed è un mezzo per qualcosa d’altro” (EN, A 5, 1096, 5-7)
- Il bene in sé dei platonici. Non è realizzabile per l’uomo. Il bene che riguarda l’etica è quello immanente, realizzabile, a portata dell’azione umana.
- Bene = aretè. Virtù. Ciò che l’uomo sa svolgere. Qui vi è un riferimento all’antropologia e alla dottrina dell’anima:
- Non è il semplice vivere (anima vegetativa)
- Non è nemmeno il sentire, comune con gli animali
- Ragione: l’attività dell’anima secondo ragione. Questa è la virtù dell’uomo , qui va cercata la felicità.
“se dunque è così, allora il bene proprio dell’uomo è l’attività dell’anima secondo virtù, e se molteplici sono le virtù, secondo la migliore e la più perfetta. E ciò vale anche per tutta una vita completa. Infatti una sola rondine non fa primavera né un solo giorno; così neppure una sola giornata o un breve tempo rendono la beatitudine o la felicità”. EN A 7, 1098 a 12-20.
Intelletto è la parte migliore dell’uomo.
“E’dunque chiaro che ciascuno è intelletto e che la persona moralmente conveniente ama soprattutto esso” EN I, 8,1169, a 2 ss.
Le virtù sono dedotte dalle parti dell’anima.
- Vegetativa
- Sensitiva o concupiscibile=virtù etiche perché quasta parte dell’anima”partecipa in qualche modo alla ragione” EN, A, 13 – la virtù etica serve a dominare questi impulsi.
- intellettiva o razionale= virtù dianoetiche
virù etiche: sono molte, perché molti sono gli impulsi che devono essere dominati. Derivano dall’abitudine/habitus/seconda natura. Esercizio: se ci abituiamo a fare qualcosa, ci diventa facile. Le virtù si apprendono come le altre arti.
Qual è la natura comune a tutte le virtù etiche? NON C’E MAI VIRTU’QUANDO C’E’ ECCESSO O DIFETTO.
“In ogni cosa, sia essa omogenea oppure divisibile, è possibile distinguere il più, il meno e l’uguale, e ciò o in relazione alla cosa stessa o in relazione a noi: l’uguale è la via di mezzo tra l’eccesso e il difetto. Io chiamo dunque posizione di mezzo di una cosa quella che dista ugualmente da ciascuno degli sìestremi, ed essa è una sola ed identica in tutte le cose e chiamo posizione di mezzo rispetto a noi ciò che non eccede né fa difetto; essa però non è l’unica, né uguale per tutti. “ EN, B 6, 1106 a 26-1106b 7.
L’oggetto è la passione: la virtù etica è la medierà tra i due estremi della passione. E’ il massimo dal punto di vista del valore perché segna l’affermazione della ragione sull’irrazionale. (sempre l’idea del limite!)
-coraggio (viltà/audacia)
-temperanza (insensibilità/dissolutezza)
-liberalità (avarizia/prodigalità)
Giustizia: libro V dell’EN.
Virtù dianoetiche. = virtù di ragione.
Ci sono due funzioni dell’anima razionale:
- quella che conosce le cose variabili
- quella che conosce le realtà immutabili.
Vi è perfezione della virtù per entrambe le funzioni. Ragione pratica e ragione teoretica. Phronesis e Sophia. Due visioni della felicità, che si connettono una forma difettiva ed una forma eccedente di felicità. P. 141 ss.
La felicità della vita teoretica eccede la felicità specifica per l’uomo, è la felicità umana “massima”. E’ rivolta all’elemento divino nell’uomo. Soddisfa le condizioni per la felicità sono prevalenti nell’uomo.
Sophia= verte sulle cose immutabili.
- la teoria è forma suprema dell’attività umana. Lo spirito il “nous” ha il grado supremo perché si rivolge agli oggetti più eccellenti: il bello e il divino.
- la teoria può essere esercitata con maggiore continuità.
fronesis: verte sulle cose che potrebbero anche essere diversamente. Felicità di “tipo umano” 1.
Saggezza: saper correttamente dirigere la vita dell’uomo, saper deliberare su ciò che è bene e male. LA FRONESIS ADDITA I MEZZI PER RAGGIUNGERE I FINI. I veri fini e il vero scopo sono colti dalla virtù che indirizza il volere in modo corretto.
“…L’opera umana si compie attraverso la saggezza e la virtù etica: infatti la virtù rende retto lo scopo, mentre la saggezza rende retti i mezzi” EN Z 12, 1144 a 6-9
LA VIRTU’ETICA E DIANOETICA SONO LEGATE TRA DI LORO: non E’POSSIBILE ESSERE VIRTUOSI SENZA LA SAGGEZZA NE’ ESSERE SAGGI SENZA LA VIRTU’ETICA.
La virtù dianoetica è la conoscenza dei principi e delle conseguenze che da essi logicamente vengono tratte. La saggezza riguarda l’uomo, la sapienza riguarda le cose che sono sopra l’uomo.
Perfetta felicità:
Contemplazione intellettiva.
Passi :
1 »Vi sono altre cose molto più divine, come, per restare alle più visibili, gli astri di cui si compone l’universo. Da ciò che si è detto è chiaro che la sapienza è insieme scienza e intelletto delle cose più eccelse per natura. » EN Z 7 1141 a 34-1141;
2 (..)se l’attività dell’intelletto, essendo contemplativa, sembra eccelllere per dignità e non mirare a nessuna ltro fine all’infuori di se stessa ed avere un proprio piacere perfetto (che accresce l’attività) ed essere autosufficente, agevole, ininterrotta, per quanto è possibile all’uomo e sembra che in tale attvità si trovino tutte le qualità che si attribuiscono all’uomo beato : allora questa sarà la felicità perfetta dell’uomo, se avrà la durata intera della vita. Infatti in ciò che riguarda la felicità non può esserci nulla di incompiuto. Ma una tale vita sarà superiore alla natura dell’uomo; infatti non in quanto uomo egli vivrà in tal maniera, bensì in quanto in lui v’è qualcosa di divino; e di quanto esso eccelle sulla struttura composta dell’uomo di tanto eccelle anche la sua attività conforme alle altre virtù. Se dunque in confronto alla natura dell’uomo l’intelletto è qualcosa di divino, anche la vita conforme ad esso sarà divina in confronto alla vita umana.Non bisogna però seguire quelli che consigliano che, essendo uomini si attenda a cose umane, ed essendo mortali, a cose mortali, bensì, per quanto è possibile, buisogna farsi immortali e far di tutto per vivere secondo la parte più elevata di quelle che sono in noi ; seppure infatti essa è piccola per estensione, tuttavia eccelle di molto su tutte le altre per potenza e valore » EN K 7, 1177b 19-1178;
3. « (..) cosicchè l’attività del dio, che eccelle per beatitudine, sarà contemplativa. Quindi anche tra le attività umane quella che è più congenere a questa, sarà quella più capace di rendere felici. Prova di ciò è anche il fatto che gli altri esseri viventi non partecipano della felicità, perchè sono completamente privi di questa attività. Invece per gli dei tutta la vita è beata, e per gli uomini lo è in quanto vi è in essi un’attività simile a quella ; ma nessuno degli altri esseri vivienti è felice, perchè no npartecipa per nulla della speculazione. Per quanto dunque si estende la speculazione, di tanto si estende anche la felicità, e in quelli in cui si trova maggior speculazione vi è anche maggior felicità ; e ciò accade no per caso, ma per via della specuolazione : essa infatrti ha valore di per se stessa. Così la felicitò è una specie di speculazione. »
EN K 8, 1178 b 21-32.
Psicologia dell’atto morale.
- Razionalismo etico di Socrate e anche di Platone.
- Aristotele è realista: altro è conoscere il bene, altro è il praticarlo. Così cerca di indagare l’atto morale più da vicino.
- Azioni involontarie =azioni coatte;
- Azioni volontarie”in cui il principio risiede in chi agisce, se conosce le circostanze particolari in cui si svolge l’azione. (EN L 1, 1111 a 22-24)”. In questa categoria entrano tutte le azioni dettate dall’impetuosità, ira, desiderio etc. Sono volontarie anche le azioni dei bambini. Volontarie sono le azioni spontanee.
- Volontarie sono le azioni determinate da una scelta (proairesis): la scelta “sembra essere cosa essenzialmente propria della virtù e più atta che non le azioni a giudicare i costumi”.- deliberazione (o proponimento)
- Scelta: si riferisce ai mezzi che vengono ritenuti idonei, tutte le cose che servono per realizzare il fine, dalle più prossime alle più remote. Scarta quelle irrealizzabili e mette in atto le realizzabili.
“L’oggetto della deliberazione e quello della scelta sono la stessa cosa, eccetto il fatto che ciò che si sceglie è già stato determinato. Infatti oggetto della scelta è ciò che è già stato giudicato con la deliberazione. Ciascuno infatti cessa dal ricercare come dovrà agire, quando avrà ricondatoo a se stesso il principio dell’asione e l’abbia ricondotto a quella perte di lui chew comanda: essa infatti e quella che decide” …EN L 3 1113 a 2-7
Non si nota una chiara formulazione della nozione di volontà. La volontà riguarda solo i fini (bulesis). NOI SIAMO BUONI IN RELAZIONE AI FINI CHE CI PROPONIAMO, non in relazione ai mezzi.
Come si determina la bontà del fine?
- se è tendenza infallibile verso il bene – non vi è volontà (su cosa delibero?) E se scelgo il male sarà solo per ignoranza;
- se è tendenza a ciò che appare bene, si dovrebbe concludere che “ciò che è voluto non è voluto per natura, ma a seconda che a ciascuno pare; e poiché a uno pare una cosa, a uno un’altra, se così fosse, ciò che è voluto sarebbe insieme cose contrarie” =nessuno potrebbe più essere chiamato buono o cattivo.
- Soluzione prospettata: ..bisogna dire allora che assolutamente e secondo verità l’oggetto della volontà e il bene, però a ciascuno di noi oggetto della volontà è ciò che sembra bene: per chi è virtuoso ciò che è veramente bene, per chi è vizioso quello che capita; come anche per i corpi, a quelli che sono ben disposti sono sane le cose che sono veramente tali, a quelli malati invece lo sono le altre cose: e altrettanto è delle cose amare, di quelle dolci di quelle calde, di quelle pesanti e così via. Chi è virtuoso, infattim giudica rettamente ogni cosa ed in ciascuna gli appare il vero. In realtà le cose adatte a ciascuna disposizione sono belle e piacevoli, e forse l’uomo virtuoso differisce dagli altri soprattutto perché vede la verità in tutte le cose, essendo egli il canone e la misura di esse. Nella maggioranza degli uomini, invece, sembra sorgere l’inganno attraverso il piacere che sembra bene, pur non essendolo.Perciò essi scelgono come bene ciò che è piacevole, come male ciò che è doloroso.” (EN L 4, 113 a 23-111 b 2.)
Ci si trova come in un circolo: per diventare ed essere buono ho bisogno di volere i fini buoni, per fare questo devo essere buono. = antropologia. Il bene dell’uomo è ciò che è a òui specifico, l’attività dell’anima secondo ragione. P. 46
Noi siamo responsabili delle nostre azioni a causa dei nostri abiti morali.
Possiamo notare una interessante dialettica tra esterno e interno.
POLITICA.
Aristotele segna l’autonomizzazione del bios politikos. Che assume due diversi significati: la vita civile e l’attività politica, pubblica, in posizione dirigente. Autonomizzazione significa che la politica è possibile anche senza metafisica e senza teologia. Il possesso, l’esercizio del potere politico non sono legate a conoscenze di carattere filosofico. Scienza e responsabilità politica devono rimanere separate: il politico si può avvalere dell’aiuto dello scienziato.
Il bene dello stato è sopra quello dell’individuo: il tutto è più perfetto della parte. Il motivo si trova nella natura umana,
- tesi della naturale socievolezza dell’uomo: l’uomo è un animale politico.
- la natura ha distinto diverse tipologie di uomini. Vi sono uomini e donne. Uniti a costutire una famiglia per il soddisfacimento dei bisogni elementari. Dalla famiglia si forma il villaggio. Ma non basta: per garantire la vita perfetta occorrono le leggi, le magistrature, l’organizzazione dello stato. Nello stato l’individuo esce da una concezione soggettiva del bene. Lo stato incarna ciò che è oggettivamente buono. Ultimo cronologicamente è PRIMO ONTOLOGICAMENTE. Il tutto precede le parti. Solo lo stato dà senso alle altre comunità, solo lo stato è autosufficiente.
- “Chi non può entrare a far parte di una comunità, chi non ha bisogno di nulla bastando a se stesso, non è parte di una città, o è una belva o è un dio”
il cittadino.
- La donna è per natura inferiore all’uomo.
- esistono gli schiavi per natura. Sono i barbari. “Quindi quelli che differiscono tra loro quanto l’anima dal corpo (devono essere subordinati) o l’uomo dalla bestia, costoro sono per natura schiavi (…) in effetti è schiavo per natura chi può appartenere a un altro e chi in tutto partecipa di ragione in quanto può apprenderla, ma non averla” Politica I 5, 1254, 15 ss.
- analisi della ricchezza, la “crematistica”: ha come nucleo fondamentale la famiglia. Il baratto e alla fine il denaro. Le attività basate sul commercio e fatte per accumulare denaro non sono adatte alla famiglia. Ma non sono nemmeno auspicabili: un’economia che si basasse su queste forme di attività perderebbe di mira lo scopo della vita, che non è quello della produzioni di beni materiali, ma è la vita buona. Così la vita sarebbe a servizio dei mezzi. – critica al comunismo paltonico.
- i cittadini: colui che partecipa ai tribunali e alle magistrature. Colui che prende parte all’amministrazione della giustizia e fa parte dell’assemblea che legifera sulla città. Anche gli uomini liberi, che non hanno il tempo di partecipare alle magistrature e alle assemblee non sono veramente cittadini. Tutti questi – come gli schiavi – sono mezzi che soddisfano i bisogni dei cittadini. La libertà è quella del cittadino che partecipa alle magistrature della città.
Stato e forme.
1.lo stato può stabilirsi secondo diverse costituzioni: “La costituzione è la struttura che dà ordine alla Città, stabilendo il funzionamento di tutte le cariche e soprattutto dell’autorità sovrana” (Pol. L 5, 1278) Le costituzioni sono tante quanto le forme di governo.
a. uno: monarchia/tirannide
b. pochi:aristocrazia/oligarchia
c. molti: politia/democrazia.
Le costituzioni rette sono quelle in cui i governanti governano per l’interesse collettivo, quelle non rette sono quelle governate da un interesse privato. Quale è la migliore?
La migliore forma di governo è quella in cui viene perseguito il bene comune. Se si trovasse un uomo eccellete, evidentemente sarebbe la monarchia oppure l’aristocrazia; ma siccome è più probabile che queste elite degenerino, la forma migliore è la politia. Molti uomini sono capaci di comandare e di essere comandati secondo la legge.
LA POLITIA E’UNA VIA DI MEZZO TRA LA OLIGARCHIA E LA DEMOCRAZIA – una democrazia temperata con l’oligarchia. Governa una moltitudine agiata capace di servire anche l’esercito ed eccellente nella virtù guerriera.
La politia tempera i difetti e assume i pregi delle due forme pure. E’ la forma della clesse “media” e come tale garantisce più stabilità.
Lo stato ideale. Ultimi due libri. L’accento è posto sull’educazione.
Parallelismo tra uomo e stato:
“(…)d’altronde il coraggio, la giustizia, la prudenza e la saggezza d’uno stato hanno la stessa forza e la stessa natura di quello che deve avere un uomo per essere detto valorosoe giusti e prudente e saggio” Politica VII (H) 13
Lo stato ideale è cercato in base a parametri morali ed educativi.
Si è visto come A. distingua i beni esteriori, i beni corporei e i beni spirituali. La città deve finalizzarsi all’acquisto di questi ultimi, che soli portano alla felicità. Polemizza contro costituzioni volte al dominio esterno e alla conquista “a Sparta e Creta l’educazione e l’intero corpo delle leggi è ordinato, più o meno, in vista della guerra” VII 2, 1324, 10
Il dominio viene criticato: tanto come fine della città quanto come fine dell’individuo: “non è legale dominare, non solo secondo giustizia, ma anche contro giustizia..” (si tratta di un dominio che è dispotismo)- E’il dominio che caratterizza il rapporto di schiavitù.
“il comando è di due specie, l’uno in vista di chi comanda, l’altro in vista di chi è comandato: nel primo caso diciamo che si ha il comando del padrone, nel secondo quello che conviene ai liberi” VII, 14, 1333 4-7.
La felicità massima è data dai beni dell’intelletto.
Ci sono delle condizioni ideali.
- Popolazione ideale: né troppo esigua né troppo numerosa, ma in giusta misura. Quella troppo numerosa sarà ingovernabile e quella troppo esigua non autosufficiente. I cittadini devono potersi conoscere l’un l’altro. = amicizia politica = “scelta deliberata di vivere in comune” Politica III, 9, 1280, 40.
- Territorio = deve avere caratteristiche analoghe. Il territorio corrisponde alle diverse costituzioni: un territorio piano va bene per una democrazia, un acropoli per una aristocrazia. Il territorio deve essere ben difendibile, in posizione favorevole verso il retroterra e verso il mare.
- Le qualità del cittadino sono quelle che presentano i greci: VII 7, 1327. Occorre notare come siano contemplati i due elementi, intelligenza e cuore – virtù dianoetiche e etiche. L’importanza dell’elemento cuore è massima: “E il desiderio di dominio e di libertà deriva in tutti da questa facoltà, perché il cuore è elemento dominatore e invincibile”. VII, 7-8,1328,6 E’il giusto mezzo.
- analizza le principali funzioni della città: devono esserci agricoltori, artigiani, commercianti, guerrieri e “consiglieri”, ovvero quelli che decidono cosa sia utile alla comunità e cosa sia giusto. Ci son poi i sacerdoti. Queste ultime sono le funzioni principali. Il cittadino libero deve occuparsi della vita pubblica (la città è parassitaria). La comunità ideale è quella di “persone uguali, il cui fine è la migliore vita possibile” VII, 8, 1328, 35. “E poiché il bene migliore è la felicità e la felicità è realizzazione e pratica perfetta di virtù e poiché succede che taluni possono partecipare di essa, altri poco o niente, risulta chiaro che è questo il motivo per cui esistono forme e varietà di stati e più tipi di costituzioni.” 1328, 40. Qui prende in esame i cittadini “giusti assolutamente” e non solo secondo un certo rapporto (III, 9, 1280). Uguaglianza tra i cittadini migliori: il problema delle funzioni viene risolto con un criterio di rotazione. VII, 9, 1329.
- La felicità della città dipende dalla virtù, ma la virtù vive in ciascun cittadino, la città può essere felice nella misura in cui sono virtuosi i cittadini. Questo avviene quando si realizza l’ideale stabilito dall’etica: il corpo viva in funzione dell’anima, le parti inferiori dell’anima in funzione di quelle superiori, che si realizzi l’ideale della pura contemplazione. Questa èla felicità: Politica VII, 13, 1332, 9: “noi diciamo che è perfetta attività e pratica di virtù e non condizionatamente, ma assolutamente” (energea)
Autore: non indicato nel documento di origine
Fonte: http://www.sp.units.it/Docenti%20Materiali/PAROTTO/ARISTOTELE.doc
Riassunto Aristotele
La vita
Aristotele (Stagira 384-322), entrò nella scuola di Platone a 17 anni e compì la sua formazione sotto la sua influenza, per poi allontanarsene definitivamente. Ad Atene Aristotele fondò il Liceo.
Le opere
Abbiamo molti scritti aristotelici; questi sono la trascrizione degli appunti delle sue lezioni, trattati scolastici destinati ai soli studenti. Egli scrisse anche opere destinate ad un vasto pubblico, di cui ci restano solo frammenti. Il pensiero aristotelico, quindi, ci è giunto sotto forma di trattato. I trattati si suddividono in:
- Scritti di logica;
- Scritti filosofici, che comprendono i 14 libri della Metafisica, una serie di brani autonomi;
- Scritti di fisica, matematica psicologia e storia naturale;
- Scritti di etica, politica e poetica;
Il distacco da Platone e l’enciclopedia del sapere
Gli anni che separano Platone da Aristotele sono pochi ma molte cose cambiarono; essi vissero infatti in due contesti socio-politici differenti. Platone si colloca nella cultura della polis e della classicità greca: egli vede il filosofo come unico reggitore della città. Aristotele, invece, è vicino alla cultura dell’età ellenistica. Platone ha una visione del mondo verticale e gerarchica e distingue le realtà tra “vere” e “apparenti” e le conoscenze tra “superiori” e “inferiori”; Aristotele invece ha una visione orizzontale e unitaria del mondo e colloca le realtà e le scienze sullo stesso piano. L’insieme di questi elementi forma l’enciclopedia del sapere aristotelica, dove si trattano i molti aspetti dell’essere. Aristotele sostiene che la filosofia si differenzi dalle altre scienze perché analizza l’essere e la realtà in generale e in quanto tali, si parla così di scienza prima. Mentre la filosofia platonica era caratterizzata dall’incessante ricerca, quella aristotelica si presenta come un sistema chiuso di verità connesse. Tuttavia è comune a entrambi i filosofi che la ricerca filosofica nasce dalla meraviglia, che porta l’uomo a voler conoscere.
Il quadro delle scienze
Le scienze, secondo Aristotele, si suddividono in tre grandi partizioni:
- Scienze teoretiche;
- Scienze pratiche;
- Scienze poietiche; (produttive)
Alle scienze teoretiche appartengono la matematica, la fisica e la metafisica; studiano il necessario, ciò che non può essere diverso da com’è, ed hanno come scopo la conoscenza del vero. Aristotele attribuisce maggiore importanza a queste scienze rispetto alle altre.
Le scienze pratiche hanno per oggetto il possibile e studiano i comportamenti umani a livello individuale (etica) e a livello collettivo (politica).
Le scienze produttive comprendono le belle arti e le tecniche e hanno minore importanza.
La metafisica
Il termine “metafisica” non è aristotelico. Egli la chiamava “filosofia prima”, scienza che indaga sulle strutture profonde delle cose, andando oltre la percezione sensoriale. Nella sua opera Aristotele ha dato 4 definizioni di metafisica:
- Studia le cause e i principi primi;
- Studia l’essere in quanto essere;
- Studia la sostanza;
- Studia Dio e la sostanza immobile;
Aristotele si sofferma prevalentemente sul secondo significato e sostiene che le altre scienze sono filosofie seconde e la metafisica è la filosofia prima perché è la sola che studia l’essere in quanto tale.
Che cos’è l’essere
Aristotele classifica i modi dell’essere in:
- L’essere come accidente; (caratteristica casuale della sostanza)
- L’essere come vero;
- L’essere come atto e potenza;
- L’essere come categorie. (o per sé)
Le categorie sono le proprietà di un soggetto, le determinazioni che ogni essere possiede necessariamente, e costituiscono il significato principale dell’essere. Esse sono: la sostanza, la qualità, la quantità, l’agire, il subire, la relazione, il dove e il quando. Di tutte le categorie la più importante è la sostanza (ciò che stà sotto). Così, se l’essere si identifica con le categorie e queste ultime poggiano tutte sulla sostanza, si può dire che l’essere è la sostanza. Per ricondurre i molteplici significati dell’essere in uno solo, Aristotele, nella Metafisica, esprime il principio di non-contraddizione in due modi: (sempre per dimostrare che l’essere è la sostanza)
- E’ impossibile che la stessa cosa insieme inerisca e non inerisca alla medesima cosa e secondo il medesimo rispetto. (logica)
- E’ impossibile che la stessa cosa sia e insieme non sia. (ontologica)
La sostanza
Per sostanza Aristotele intende l’individuo concreto che funge da soggetto di proprietà, un ente autonomo che ha vita propria. L’essere è formato da tante sostanze, ognuna delle quali forma un sinolo cioè un legame indissolubile tra due elementi: la forma e la materia. Per forma Aristotele intende la sua natura propria; per materia intende il materiale che compone una determinata cosa. La forma è l’elemento attivo e determinante del sinolo, la materia quello passivo e determinato. In conclusione la sostanza è il sinolo tra forma e materia.
Ogni cosa è sostanza, le sostanze non differiscono tra di loro in quanto sostanze, ma per caratteri diversi della sostanza stessa. La sostanza è l’oggetto proprio della scienza perciò tutte le scienze, in quanto rivolte tutte alla ricerca della sostanza, hanno lo stesso valore.
Le quattro cause
Aristotele indica quattro tipi di cause: causa materiale, formale, efficiente e finale. La causa materiale è la materia, ossia ciò di cui una cosa è fatta, la causa formale è la forma, l’essenza necessaria di una
cosa. La causa efficiente è ciò che dà inizio al movimento o alla quiete. La causa finale è lo scopo cui una cosa tende
La critica alle idee platoniche
Aristotele va contro la teoria platonica delle idee, viste come essenza necessaria di una cosa; egli afferma che, essendo le idee fuori dalle cose (iperuranio), non possono essere causa delle cose. Aristotele sostiene infatti che il principio delle cose non può che risiedere nelle cose stesse. Al posto delle idee platoniche Aristotele pone le forme, strutture immanenti degli individui.
La dottrina del divenire
Andando contro Parmenide, Aristotele sostiene che il movimento, e quindi il divenire, non consiste nel passaggio dall’essere al non essere e viceversa, ma da un movimento da un certo tipo di essere ad un altro. Egli sostiene infatti che il divenire sia solo una modalità dell’essere.
Aristotele elabora i concetti di potenza e atto. Per potenza si intende la possibilità da parte della materia, di assumere una determinata forma. Per atto si intende la realizzazione di tale capacità. Potenza e atto potrebbero paragonarsi rispettivamente a materia e forma. L’atto è anche chiamato “entelechia” (realizzazione o perfezione attuata). Aristotele ritiene che l’atto possegga una priorità nei confronti della potenza perché l’atto è temporalmente prima della potenza, infine, l’atto costituisce il fine della potenza.
Poiché in natura tutti i movimenti vanno da una materia ad una forma, spesso ciò che è forma, ciò punto di arrivo di un movimento, diventa materia, ossia punto di partenza di un movimento ulteriore. Questa catena, secondo Aristotele, prevede due termini estremi: da un lato una materia pura, una materia prima priva di determinazioni, che potenzialmente può divenire qualcosa. Dall’altro prevede una forma pura o un atto puro, ossia una perfezione completamente realizzata.
Questa forma ultima corrisponde alla sostanza più alta dell’universo, Dio.
La concezione aristotelica di Dio
La teologia indaga l’essere più alto e la causa suprema del cosmo: Dio.
Nella Metafisica Aristotele fornisce una prova dell’esistenza di Dio, tratta dalla teoria del movimento. Aristotele infatti afferma che ogni cosa in movimento è necessario sia mosso da altro. Deve esistere perciò un principio primo e immobile, causa iniziale di ogni movimento possibile; egli chiama Dio anche “motore immobile”. Essendo Dio immobile, è atto puro, ossia atto senza potenza, poiché la potenza implicherebbe la possibilità di movimento. Inoltre, dato che l’universo è in eterno movimento, Dio è realtà eterna (immortale).
Secondo Aristotele i protagonisti dell’universo sono due: da un lato la materia prima che, essendo priva di forme, tende verso la forma e la perfezione; dall’altro Dio che è la forma e la perfezione stessa, che “attrae” la materia prima verso di sé. Pertanto, nell’universo aristotelico non è tanto Dio che ordina e forma il mondo, ma è il mondo che, aspirando a Dio, si auto-ordina e auto-determina. Infine Dio è pensato come pensiero del pensiero in quanto pensa a se stesso, alla perfezione stessa.
Psicologia e Gnoseologia
L’anima è una sostanza che da vita ad un corpo e, secondo Aristotele, opera solo a contatto con il corpo. Aristotele distingue tre funzioni dell’anima:
- Funzione vegetativa, propria di tutti gli esseri viventi a cominciare dalle piante, adibita alla nutrizione e alla riproduzione;
- Funzione sensitiva, propria degli animali e dell’uomo, che comprende la sensibilità e il movimento;
- Funzione intellettiva, propria dell’uomo.
Le funzioni più elevate integrano anche quelle minori.
Sensibilità, immaginazione, intelletto
Secondo Aristotele, oltre ai cinque sensi, esiste un senso comune che ha una duplice funzione:
- la coscienza della sensazione (sentir di sentire)
- percezione delle determinazioni sensibili comuni a più sensi.
La sensazione coincide con l’oggetto sensibile; si può dire così che se non ci fossero i sensi non ci sarebbero gli oggetti sensibili (se non ci fosse la vista non ci sarebbero i colori). Dal senso si distingue l’immaginazione, la capacità di produrre immagini indipendentemente dagli oggetti a cui si riferiscono. Inoltre l’intelletto, elaborando i dati forniti dai sensi e dall’immaginazione, ricava la forma o sostanza delle cose.
La fisica - I movimenti
La fisica fa parte delle scienze teoretiche ed è la scienza che studia l’essere in movimento. Aristotele ammette quattro tipi di movimento:
- movimento sostanziale, cioè la generazione;
- movimento qualitativo, cioè il mutamento;
- movimento quantitativo, cioè l’aumento e la diminuzione;
- movimento locale.
Quello locale è il movimento al quale tutti gli altri si riducono, e può essere di tre specie:
- movimento circolare, intorno al centro del mondo;
- movimento dal centro verso la periferia;
- movimento dalla periferia verso il centro.
Questi ultimi due movimenti sono opposti e possono appartenere alle stesse sostanze che saranno soggette al mutamento; il movimento circolare, invece, non ha contrari e muove sostanze immutabili.
Aristotele sostiene che l’etere, l’elemento che compone i corpi celesti, sia l’unico che si muova di movimento circolare.
I luoghi naturali
I movimenti dal centro alla periferia e dalla periferia verso il centro sono invece propri dei quattro elementi che compongono le cose terrestri: acqua, aria, terra e fuoco. Secondo Aristotele ognuno di questi elementi ha un suo luogo naturale e, se allontanati, tendono a ritornarvi. I quattro elementi sono disposti sulla Terra in base al loro peso. L’ultimo di essi, il fuoco, sta sotto la sfera lunare.
Perfezione e finitezza dell’universo
L’universo fisico è, secondo Aristotele perfetto, unico, finito ed eterno. Infatti il mondo, possedendo tutte e tre le dimensioni (altezza, larghezza e profondità), è perfetto perché non manca di nulla; ma se è perfetto è anche finito (infinito per Aristotele corrisponde a incompiuto), il cielo delle stelle fisse segna i limiti dell’universo; inoltre nessun volume determinato può essere maggiore del volume di questa sfera (cielo), pertanto non possono esistere altri mondi al di là del nostro.
Autore: non indicato nel documento di origine del testo
http://www.studenti.it/download/greco/appunti/aristotele/app3.doc
ARISTOTELE
La Metafisica
Primo Problema: Che cos’è la Metafisica?
È la scienza che studia
- i principi e le cause prime
- L’essere in quanto essere
- la sostanza
- dio e la sostanza immobile
La metafisica è la Filosofia Prima
Studia non un aspetto particolare dell’essere, ma l’essere in generale
Tutte le altre scienze sono Filosofie Seconde
Secondo Problema: Che cos’è l’essere?
Non esiste una sola definizione perché l’essere ha una molteplicità di aspetti e significati. Tra questi i principali sono l’essere:
- come accidente;
- come vero;
- come atto e potenza;
- come categorie.
Terzo Problema: Che cosa sono le categorie?
Genere/Specie
esprimono un rapporto di gerarchia logica tra classi di individui
Genere = è l’insieme che contiene in se un altro insieme come sua parte;
Specie = è l’insieme contenuto in un altro insieme di cui è parte;
Esempio:
Dati 3 insiemi = Vivente; Animale; Uomo;
Vivente è Genere rispetto ad animale in quanto l’insieme degli animali è contenuto in quello degli uomini;
Animale è specie dell’insieme dei viventi in quanto è in esso compreso;
Animale è genere rispetto all’insieme degli uomini in quanto lo contiene;
Le Categorie = generi supremi dell’essere = gli insiemi più generali che comprendono tutte le principali proprietà che gli enti che esistono possiedono
Le Categorie
La realtà è formata da molteplici enti tra loro diversi
Questi possono essere raggruppati in classi:
- Sostanza = comprende tutti i sostrati, cioè tutti gli enti che hanno autonoma capacità di esistenza (uomini, animali, pietre, alberi, stelle, sedie, ecc.);
Le altre categorie comprendono aspetti e proprietà dell’essere che non hanno una esistenza autonoma:
- Qualità = comprende tutte le qualità (sapori, odori, proprietà astratte come bello, brutto, cattivo, buono, stupido, ecc.);
- Quantità = include tutte le determinazioni di tipo quantitativo, peso, lunghezza, massa, volume, altezza, ecc.);
- Relazione = comprende tutte le relazioni tra enti: “maggiore di”, “uguale a”, “doppio di”, ecc;
- Spazio = determinazioni relative allo spazio = “a casa”, “in piazza”, “al mare” ecc.;
- Tempo = determinazioni temporali: ieri, domani, adesso, dopo, ecc;
Le categorie possiedono un doppio valore: Logico e Ontologico
Logico = linguaggio |
Soggetto |
+ |
Predicato |
Ontologico = realtà |
Ente |
+ |
Proprietà |
Dal punto di vista logico rappresentano:
I generi supremi che comprendono tutti i possibili predicati che si possono attribuire ad un soggetto in una proposizione
Dal punto di vista ontologico rappresentano:
I generi supremi che comprendono tutte le possibili proprietà che può possedere un ente nella realtà
La sostanza è la più importante delle categorie perché tutte le altre fanno riferimento ad essa
Quindi il significato fondamentale dell’essere è che l’essere è la sostanza
Il problema diventa allora: Che cos’è la sostanza?
Fonte: http://anki.altervista.org/appunti/mappe/Aristotele__metafisica.doc
Autore: non indicato nel documento
Aristotele – Le scienze teoretiche
Le Scienze
La conoscenza e la scienza nascono dalla meraviglia di fronte all’essere, e consistono nel rendersi conto della causa delle cose
Le scienze si autocostruiscono procedendo per astrazione, spogliando, con l’aiuto degli assiomi(verità inaffermabili che si suppongono essere vere), dalle cose tutti i caratteri che la scienza non deve prendere in considerazione.
Le scienze si dividono in 3 gruppi:
Scienze teoretiche
- metafisica
- fisica
- matematica
oggetto: il necessario (ciò che non può essere diverso da com’è)
Scopo: conoscenza disinteressata
Pratiche
- etica
- politica
oggetto: il possibile (ciò che può essere diverso da com’è)
scopo: illuminazione dell’agire
Poetiche=produttive
- tecniche
- arti belle
oggetto: il possibile (ciò che può essere diverso da com’è)
scopo: illuminazione dell’agire
La Metafisica = Filosofia prima = Ontologia
Studia:
- L’essere in quanto essere
- La sostanza
- Le cause e i principi primi
- Dio e la sostanza immobile
E’ una scienza, e come tale si autocostruisce grazie ad assiomi, quale è il principio di contraddizione.
Il principio di contraddizione ha due accezioni:
- impossibilità logica di affermare e negare nello stesso tempo un predicato intorno ad un oggetto
- impossibilità ontologica che un essere sia e non sia insieme quello che è
L’Essere in quanto essere
L’essere non è unico, ma molteplice.
Tra tutti i significati, Aristotele ne mette in luce quattro basilari:
- essere come accidente
- essere come categorie
- essere come vero
- essere come atto e potenza
Categorie
- Dal punto di vista ontologico, caratteristiche fondamentali e strutturali dell’essere, cioè le determinazioni generali che ogni essere ha e non può far a meno di avere
- Dal punto di vista logico, predicati primi a cui si rifanno tutti gli altri predicati
- Non sono accidenti, cioè caratteristiche che un oggetto può e non può avere
Le categorie sono 10:
- sostanza (es: è un uomo)
- qualità (es: è bello)
- quantità (es: è alto)
- relazione (es: è vicino)
- agire (es: sta facendo qualcosa)
- subire (es: sta subendo qualcosa)
- dove (es: è qui)
- quando (es: è ora)
- avere (es: ha le scarpe)
- giacere (es: sta seduto)
La sostanza
La sostanza è la categoria più importante, perché in qualche modo tutte le altre la presuppongono
La sostanza è ogni individuo che ha vita propria, è il soggetto a cui tutte le altre categorie predicano
Ogni sostanza forma un sìnolo, cioè l’insieme indissolubile tra forma e materia:
- La forma è la natura propria di una cosa. Costituisce la sostanza della sostanza, la struttura del sinolo
- La materia è il soggetto di cui una cosa è fatta
- Le cause e i principi primi
Ci sono diversi tipi di causa:
- Causa materiale
- Causa formale
- Causa efficiente
- Causa finale
Il problema delle quattro cause è legato al concetto del divenire. Infatti le quattro cause partecipano al divenire: la causa efficiente ne provoca l’inizio, la causa materiale indica la materia già presente nel momento della potenza, la causa formale indica la forma dell’atto, la causa finale il fine del divenire
Il divenire non è un passaggio dal non essere a essere, ma da una a un’altra modalità d’essere
Tipi di essere: potenza e atto
Potenza: momento in cui la materia può arrivare ad assumere una certa forma
Atto: momento in cui la forma è assunta dalla materia
Il momento di partenza del divenire è l’assenza di forma da parte della materia
Il punto d’arrivo è l’assunzione della forma da parte della materia
Secondo Aristotele, l’atto ha una priorità ontologica e cronologica nei confronti della potenza, perché l’atto costituisce la causa, il senso e il fine della potenza
I movimenti in divenire si susseguono: ciò che è attori un divenire può essere potenza del divenire successivo. Questa catena suppone due concetti limite agli estremi: la materia prima, ovvero la potenza pura, e la forma ultima, ovvero l’atto puro, la perfezione, che si identifica con Dio.
La Fisica
Studia l’essere in movimento
Ci sono 4 tipi di movimento:
- Movimento sostanziale: generazione o corruzione
- Movimento qualitativo: mutamento o alterazione
- Movimento quantitativo: aumento o diminuzione
- Movimento locale: cambiamento di luogo
Il movimento locale provoca gli altri movimenti
Il movimento locale è di tre specie:
- circolare
- rettilineo dal centro del mondo verso l’alto
- rettilineo dall’alto verso il centro del mondo
Le sostanze (terra, acqua, aria, fuoco) movendosi dal centro del mondo verso l’alto e dall’alto verso il centro del mondo provocano movimento sostanziale, movimento qualitativo e movimento quantitativo.
Il movimento circolare, essendo infinito, non provoca cambiamenti. La sostanza che ha questo movimento è l’etere, un materiale cristallino di cui è formato l’universo.
Il movimento rettilineo degli elementi dal centro del mondo verso l’alto e dall’alto verso il centro del mondo è spiegato dalla teoria dei luoghi naturali: ogni elemento ha il suo luogo naturale: se parte dell’elemento viene allontanata dal suo luogo naturale, essa tende a ritornarvi con un moto naturale.
I luoghi naturali degli elementi sono delimitati in sfere, situati dal centro del mondo in ordine di peso degli elementi:
- sfera della terra (sotto l’acqua)
- sfera dell’ acqua (a livello della terra)
- sfera dell’ aria (sopra l’acqua e la terra)
- sfera del fuoco (sopra l’aria)
Queste sfere formano il cielo sublunare
Sopra la sfera del fuoco ci sono i 6 cieli formati da etere, dei quali il primo è quello lunare.
Fonte: http://www.studenti.it/download/greco/appunti/aristotele/app4.doc
Autore: non indicato chiaramente nel documento
Aristotele
Aristotele
- Modifica il profilo intellettuale, la collocazione sociale, lo stile del filosofo.
- Non omologabile col pensatore aristocratico-sacerdotale né col sapiente pluridisciplinare (presocratico ).
367 : Aristotele, membro dell'Accademia Platonica
la filosofia livello d'organizzazione e sintesi del sapere, non sottoposto ad una finalità extra-teorica come quella della politica (da cui A. rimarrà sempre distante, avendo in patria la monarchia macedone, ed all'estero, come straniero, inaccessibilità).
Interessi preminenti: logico-scientifici.
Scrive dialoghi a rilevante ispirazione platonica,
(Idee, Filosofia, Protreptico).
L I C E O (334)
Scuola con corsi regolari, esclusi legami religiosi, comunanza di vita, accordo su un progetto politico da realizzare. Dialettica e discussioni limitate (IPSE DIXIT) dall'autorevolezza degli insegnamenti del maestro. Largo spazio alle ricerche settoriali e specializzate.
Ideale perseguito: vita contemplativa e studio assoluti.
modelli alternativi
materiali problemi concetti:
la matrice é platonica.
Ideale Platonico del Sapere come rinnovamento Rifiuto della "Scissione". Realtà come
etico-politico della società. L'opzione di un modello esperienza quotidiana, un solo mondo di qualità,
di sapere che ha come oggetto un mondo di idee, e di essenze, sostanze individuali; compito della
non un sapere empirico legato alla realtà del filosofia è descrivere, spiegare, giustificare un
divenire. Sapere ideale funzionale ai bisogni politici ordine insito nella realtà naturale (omogeneità e
dell'aristocrazia, che sola può ricondurre all'unità, orizzontalità).
l'ordine scisso delle cose. Negata la supremazia di scienze come la dialettica
e la matematica, che avevano in P., la funzione riunificatrice.Ogni scienza ha pari dignità ed
un suo soggetto specifico.
- Tesi fondamentale : autonomia delle scienze e loro reciproca indipendenza.
_ IV° secolo : sviluppo delle scienze specifiche
Organizzazione conseguente del Liceo.
_ Fondamento teorico: realtà articolata in gene-
ri (ogni genere é oggetto di scienze) con prin-
cipi loro propri.
Principi di ogni singola scienza non riconduci-
bili a quelli di un'altra.
Non é pensabile una riunificazione della real-
tà in forma deduttiva a pochi principi univer-
sali astratti.
- L'opzione aristotelica é per una Enciclopedia delle Scienze; l'unità del sapere é il compito della filosofia, che comprende l'ordine complessivo della realtà, conferendo stabilità e garanzia a tale realtà indagata : reperire la trama unitaria.
La trama unitaria, o ambito comune a tutte le scienze é il LINGUAGGIO
Linguaggio e Realtà medesima struttura,
l'uno rimanda all'altra e viceversa.
- Filosofia = riflessione del linguaggio come vera unificazione del sapere ed indagine delle strutture della realtà.
- Diversi livelli dell'indagine linguistica :
1° : linguaggio comune,
2° : sintassi del discorso scientifico,
3° : individuazione dei fondamenti
- La filosofia é dunque specchio degli elementi unitari del sapere e del mondo rivelati dal linguaggio. Rispetto alla tripartizione suddetta é quindi
Logica Epistemologia Ontologia. |
Il terzo punto é zona privilegiata, é Filosofia Prima, sfocia inevitabilmente in una Teologia e/o Cosmologia.
LOGICA
Premessa e strumento per qualsiasi forma di sapere. Essa parte dalla descrizione delle forme proprie della lingua greca, (assetto grammaticale, rapporti predicativi, struttura delle proposizioni, nessi fra proposizioni) che, come si é detto, coincide, nell'idea di rapporto, con l'ordine della realtà.
L'elemento minimo = rapporto predicativo.
(Soltanto a questo livello si pone il problema della verità dell'enunciato). Ogni giudizio assertorio é composto da un predicato nominale . Due sono i termini di predicazione nominale: gli Universali (predicati di pluralità) e gli Individuali (predicati di un solo termine, predicabili di molti termini). I termini individuali, solo soggetti e mai attributi, designano Sostanze Reali, enti autonomi e primari; la realtà é formata di enti individuali (e non di universali, come vuole Platone, che chiama i predicati " idee ").
Gli universali, in quanto predicati, esprimono qualità delle sostanze, hanno la loro esistenza soltanto se riferiti ad enti individuali (realtà secondaria).
Il riferimento non ha sempre la stessa modalità rispetto alla sostanza: ci sarà il riferimento come proprietà fondamentale (Specie = eidos: definisce l'essenza della sostanza, senza la quale la sostanza cesserebbe di essere quello che é). Le specie non esistono se non riferite ad una sostanza individuale(uomo solo se riferito a Socrate); le sostanze esistono solo se appartenenti a specie, cioé alla definizione di essenza (uomo = animale razionale) che differenzia le specie (Socrate esiste in quanto uomo). L'individualità dell'essenza é la sua materia.
Materia + Forma (definizione d'essenza) = sostanza
= ente individuale
- La scienza é un insieme di proposizioni universali e necessarie: quindi riguarda soltanto ciò che ricorre stabilmente (quindi non la sostanza individuale) le specie, le definizioni d'essenza (forma), in sintesi i predicati (Residuo Platonico).
"ragionamento nel quale, essendo poste certe premesse,
un'altra ne consegue necessariamente per il solo
fatto che quelle sono poste".
Consta di tre proposizioni : due premesse (dove
compare in entrambe un medesimo termine detto
"MEDIO"), la terza é la conclusione sillogistica.
Tutti gli animali (medio) sono mortali (premessa maggiore)
Tutti gli uomini sono animali (premessa minore)
Tutti gli uomini sono mortali (conclusione)
Il sillogismo perfetto é quella di I^ figura (due premesse Universali Affermative), è quello che fa scienza.
- Il sillogismo costituisce, nella sua forma pura, una regola sintattica per la connessione dimostrativa delle proposizioni, senza riguardo per il loro significato. Quindi non ha nessun valore come dimostrazione, é l'ossatura dimostrazione scientifica, anche se la verità di un sillogismo si stabilisce per vie extra-logiche, sulla verità delle premesse.
DIALETTICA
anch'essa costruita sillogisticamente: scienza della discussione e della confutazione. Premesse non sono vere o necessarie, ma legate all'opinione. Ruolo di spicco nella individuazione dei principi della
I tre principi sono alla base di qualsiasi dimostrazione sensata e razionale.
Tecnica produttiva Produzione di Finalità conoscitive,
(oggetti materiali) comportamenti: riguardano il puro
Declassamento Etica pensiero.
sapere tecnico Politica Osservazione e
( Platone ) Dialettica comprensione della
Logica realtà. Classificate in
Scienze non certe base all'oggetto.
A loro volta divise
in 3 gruppi:
Organizzazione interna di ognuna delle scienze teoriche :
Edificio deduttivo (matematica). Muove da principi propri (premesse), per arrivare a conclusioni, che in genere esprimono l'appartenenza di un predicato al soggetto su cui verte la dimostrazione.
Difficile applicazione al mondo della natura: risolto con il reperimento delle regolarità strutturali, presenti anche nella natura ("per lo più " nella natura = "sempre " della matematica).
- Problema: come si ottengono premesse certe necessarie per la dimostrazione scientifica?
Premesse, principi, definizioni ricavate dall'INDUZIONE
Osservazione dei fenomeni
Generalizzazione empirica.
Pura intuizione razionale,
( il "nous" rivela l'essenza ).
OBIETTIVO della SCIENZA = Conoscenza di cause
(essenza dell'oggetto, il "Perché"
interno, definizione linguistica)
- La scienza aristotelica é scienza largamente empirica. Ma questa caratteristica é riferibile non al ricorso ad esperimenti: l'empiria aristotelica é osservazione sensibile, voglia di usi linguistici e di opinioni tradizionali, la cui verità viene messa in luce tramite l'analisi concettuale.
- Scienza é conoscenza di cause,
se la scienza si occupa della natura le causa sono di procesi naturali.
Nella Fisica ne sono individuati di 4 tipi. (risposte alla domanda :
Perché ? ) CAUSA MATERIALE = ciò di cui consta
CAUSA EFFICIENTE = ciò da cui avviene
CAUSA FORMALE = la forma o la determinazione
CAUSA FINALE = ciò in vista di cui..........
- Nei processi biologici la causa efficiente é riassorbita nella cosa stessa; mentre anche causa formale = causa finale.
- I processi di movimento non si svolgono a caso ma sono naturali, seguono una naturalità, dal sostrato alla forma. Percorso che genera l'individuazione dei concetti analitici di
A T T O P O T E N Z A
Esprime la piena realizzazione Predisposizione di un sostrato
della forma in un determinato a ricevere una determinata
sostrato. forma.
- Atto, potenza, materia, forma: analisi della struttura delle cose, non cose (non esiste una "materia prima" priva di forma ad es.).
- Atto e potenza spiegano anche le contraddizioni sull'"infinito" : Aristotele distingue un infinito per addizione e infinito per sottrazione. La serie dei numeri é del I° tipo; lo spazio del II°.
Il tempo é infinito sia per addizione che per sottrazione.
- Lo spazio é un continuo (sempre sottraibile e divisibile potenzialmente all'infinito) :
I corpi tendono a raggiungere il luogo ("la sfera") Impressi da un agente esterno, in contrasto con
dell'elemento di cui sono composti. La velocità la tendenza naturale.
dipende dal peso e dalla resistenza
del mezzo. Il vuoto non esiste anche
perché i corpi leggeri e pesanti
avrebbero la stessa velocità, infinita.
La vita = ordine e finalismo della natura
(mantenimento e riproduzione delle forme)
- Il concetto fondamentale della biologia aristotelica é quello di specie
(forma specifica = eidos)
- Specie = nucleo di realtà (fissità, eternità, non evoluzione).
- La natura adatta l'organo alla funzione.
- La natura non fa nulla inutilmente, o a caso (finalismo).
- Ogni specie é adattata alle funzioni che deve svolgere: non esistono specie superiori od inferiori ma ognuna é funzionale.
- L'uomo, in quanto possiede pensiero e conoscenza, ha caratteristiche speciali (posizione eretta); é animale sociale e quindi dotato di linguaggio (comunicazione).
Ha in sé un solo principio (tesi cardiocentrica).
La teoria genetica : il maschio fornisce la forma,
la femmina fornisce la materia.
COSMOLOGIA & TEOLOGIA
Cosmologia Aristotelica : deriva dal tardo Platone
( Timeo - Epiminomide ).
Universo disposto su due livelli,
gerarchicamente. All'interno di uno
stesso ordine naturale, c'é un mondo
(sublunare) empirico e un mondo dei
cieli (divinità).
Il mondo dei cieli degli astri non é il mondo delle idee, ma é la sublimazione dello stesso mondo empirico. Seppur dunque si tratta di opposizione non é l'opposizione platonica fra empiria ed idea.
Mondo dei cieli, astri Mondo sublunare
Moto circolare Aria, acqua, fuoco, terra
Etere (incorruttibile) Moto rettilineo
Aristotele sostanzializza Ogni elemento ha una sua
Eudosso sfera
Teoria del motore immobile Il moto naturale si spiega
(intelligenze divine) con la tendenza a ricongiungersi
Universo finito: 55 sfere dei cieli
concentriche, al centro la Nascita e Morte
Terra. Generazione e corruzione
Formazione e dissolvimen-
to dei composti.
Il rapporto tra i due livelli é rappresentato dal Sole : garantisce l'eternità, almeno, al livello di specie.
Teoria del motore immobile
Ogni moto é causato da un motore esterno . Ma anche da un fine esterno (nel moto artificiale é la causa efficiente, nel moto naturale é la causa finale). Il primo motore immobile é necessario per interrompere la catena dei movimenti che altrimenti andrebbe all'infinito. E all'infinito andrebbe anche la trasmissione del moto, e quindi non ci sarebbe moto. Ecco perché esistendo moto, esiste un primo da cui partire.
- Nel principio cosmologico é motore agente.
- Nel principio teologico é causa finale del processo.
Cosmologicamente immateriale e inesteso; teologicamente perfetto ed "oggetto d'amore", da parte della natura.
- Il Dio di Aristotele é puro atto
é pura forma
Dio non crea il mondo, é puro pensiero che ha come oggetto se stesso.
Funzione ideologica :
Dio garanzia dell'ordine del mondo, unità del mondo, e mondo giusto. Dio é inutile come la filosofia che non cambia il mondo ma serve a comprenderne la genesi e le ragioni.
ANTROPOLOGIA - PSICOLOGIA
Nessuna preminenza, nessuna formulazione e prescrizione, semplice indagine analitica di un settore della realtà, quella con al centro l'uomo.
Indagare l'anima = indagare la cerniera fra livello biologico
(animali) e livello intellettivo (uomo)
L'anima non può esere considerata entità separata ed autonoma dal corpo (Platone).
POTENZA - ATTO
MATERIA - FORMA
ORGANO - FUNZIONE
CORPO - ANIMA
L'ANIMA é la somma delle funzioni che fanno di un corpo un organismo vivente.
Solo la funzione intellettiva é relativamente indipendente dalla base corporea :
- La percezione funzione passiva (organo di senso polarità passiva / qualità percettibile del fenomeno, polarità attiva.
Qualità = Potenza, Percezione + Atto.
- La sensazione semplice é sempre vera, erronei possono essere i giudizi sul materiale percettivo. (carattere empiristico).
- La possibilità di unificare tante percezioni relative ad uno stesso oggetto; la possibilità di percepire lo spazio, il tempo, il movimento; la percezione della percezione; 3 funzioni sintetiche riconducibili ad un'unica facoltà psichica, la percezione (o senso) comune : modalità di funzionamento della psiche, livello superiore di organizzazione del materiale percettivo.
- Il Pensiero opera sui dati della percezione, una volta trasformati dall'immaginazione , svincolati dalla percezione. Da qui il pensiero senza i suoi oggetti, le forme essenziali, é vuoto, é pura potenzialità.
- Il processo del pensare é attivato (altrimenti sarebbe una pura potenzialità nei confronti della passività delle forme percepite) grazie all'intelletto (appunto) attivo : sempre in atto, ma sempre immateriale (la materia appartiene alla potenzialità), dunque svincolato dalla corporeità.
E T I C A
Per parlarne, non servono né il concetto di anima, né quello di teologia: Aristotele ricorre a motivazioni psicologiche, caratteriali dei comportamenti, in rapporto ai concreti condizionamenti di ceto-censo e regime politico. (Aristotele decentrato rispetto alla tradizione greca). Non ha prescrizioni, ma descrive il "cittadino" (uomo libero, moderatamente benestante, partecipe del governo della città e dell'amministrazione casalinga, Media aristocrazia urbana).
- Ogni gruppo socialmente determinato possiede una sua specifica virtù (obbedienza per schiavi, lavoratori manuali, donne, figli). E' al capofamiglia che spetta di affrontare problemi etici veri e propri, l'unico ad essere libero di decidere la propria condotta, l'unico passibile di valutazione morale.
- Il "cittadino", uomo adulto, proprietario, che gode pieni diritti politici, possiede due tipi di virtù :
- Alla sapienza possono accedere solo un ristretto numero di filosofi: al cittadino compete la prudenza, il filosofo non ha ragione di sconfinare nel terreno della "politica". (scissione tra vita politica, vita intellettuale, definitiva bocciatura del programma platonico per un governo di filosofi).
- Nella Politica, Aristotele afferma che l'uomo non é felice al di fuori della vita associata (animale politico), al di fuori di una comunità politicamente organizzata. Tale comunità si forma analogamente ad un organismo, come un processo biologico.
- A minare l'equilibrio di tale processo c'é l'esistenza dei lavoratori manuali liberi, che godono diritti politici (teta) ma che fanno lavori da schiavi.
- Altro elemento di disordine é il sorgere del capitalismo di attività, cioé, non finalizzate al soddisfacimento dei bisogni, ma all'accumulo di ricchezze, (non più M-D-M ma D-M-D) economia innaturale, idea che contribuì al disdoro del mercante del mondo antico.
- COSTITUZIONI : Aristotele non prescrive ma descrive.
(Costituzione di Atene).
Ad Aristotele piace uno stato composto e diretto da piccoli e medi proprietari, che limitano i poteri dell'assemblea popolare (democrazia limitata), legati alla campagna, che ricoprono cariche in virtù del sostegno delle popolazioni rurali da cui sono delegati. Ancora meglio se si costituisce una monarchia limitata non dalle leggi, ma dalla stessa virtù del sovrano....
http://www.adripetra.com/DidatticaDispense/PrimoTr/Filosofia/Aristotele.doc
Autore: non indicato nel documento
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