Fichte e Schelling
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Fichte e Schelling
L’idealismo tedesco
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Schema riassuntivo: L’idealismo tedesco
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I critici di Kant: Schulze, Maimon, Jacobi
ovvero la messa in crisi del concetto di cosa in sé
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Fichte e l’idealismo soggettivo o etico
ovvero l’eliminazione della cosa in sé: unica realtà è il soggetto, l’Io
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Schelling e l’idealismo oggettivo o estetico
ovvero la rivalutazione della Natura, che Fichte aveva ridotto a semplice non-Io
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Hegel e la filosofia dell’Assoluto
ovvero la sintesi Hegeliana delle posizioni di Fichte e Schelling: la filosofia dell’Assoluto
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I CRITICI DI KANT
- I filosofi che criticano Kant sono attivi soprattutto nella città tedesca di Jena (città della Turingia, celebre per la battaglia del 1806 con cui Napoleone sconfisse i Prussiani aprendosi la strada verso Berlino), che mantiene collegamenti con l’altro grande centro culturale tedesco che è la Weimar di Goethe.
- A Jena insegna il maggior continuatore del pensiero kantiano, Reinhold, e vi iniziano la propria carriera i massimi filosofi dell’idealismo, la corrente filosofica più importante dopo Kant, che di Kant rappresenta uno sviluppo, anche se dagli esiti piuttosto divergenti rispetto al criticismo.
- A Jena nasce anche il “Circolo di Jena”, centro di diffusione del movimento culturale di quest’epoca, il Romanticismo, di cui l’idealismo, di cui l’idealismo è la massima incarnazione filosofica. Fanno parte del Circolo: i fratelli Schlegel, Novalis, Tieck, Holderlin.
- Capisaldi del romanticismo sono
- la tensione verso l’infinito: in contrasto contro la tendenza al finito del classicismo, il romanticismo esalta l’infinito. In rapporto ad esso, l’uomo si pone come “passione dell’infinito”, Sensucht, “malattia dell’anelare”
- l’ottimismo metafisico,
- il provvidenzialismo storico,
- il tradizionalismo
- il titanismo.
- Cominciamo dunque a vedere come il kantismo e l’illuminismo siano entrati in crisi con i cosiddetti seguaci immediati di Kant, che muovono delle obiezioni al suo sistema filosofico. Tra di essi citiamo i seguenti pensatori:
Schulze
Enesidemo (1792) |
Secondo Kant la cosa in sé non è in alcun modo rappresentabile, altrimenti non sarebbe “in sé” perché, entrando nella nostra rappresentazione, diventerebbe “per noi”. Essa si riduce dunque ad una semplice negazione, a una pura determinazione concettuale. Secondo Schulze questa posizione è insostenibile e contraddittoria perché non si può sostenere l’esistenza di qualcosa che viene contemporaneamente dichiarata inconoscibile e irrapresentabile. Per questo, Schulze approda ad una posizione scettica in campo gnoseolgogico, cui richiama il titolo della sua opera, Enesidemo: il filosofo critico deve essere scettico come Hume e sostenere che il carattere oggettivo della conoscenza non è sostenibile. |
JacobiSull’idealismo trascendentale (1787) |
Kant asserisce che la cosa in sé è causa delle nostre sensazioni, ma così facendo si contraddice perché applica al rapporto fenomeno-noumeno il nesso causale, che invece vige solo in campo fenomenico. |
MaimonSaggio sulla filosofia trascendentale (1790) |
La coscienza è il solo fondamento della conoscenza. E’ sbagliato perciò il dualismo kantiano per il quale alla base della conoscenza stanno la materia sensibile, o la cosa in sé, e la forma o coscienza. |
FICHTE E SCHELLING
FICHTE
IDEALISMO SOGGETTIVO O ETICO
Vita e opere
- 1762 – 1814
- povero, riesce però a studiare teologia grazie a un benefattore
- affascinato da Kant, si reca da lui e ne diviene amico
- professore universitario, si dimette con accuse di ateismo
- 1808, incita i giovani con i Discorsi alla nazione tedesca, dopo che le campagne napoleoniche hanno smembrato la Prussia
- nel 1813 si unisce ai combattenti nella battaglia di Lipsia con la quale la Germania ebbe la riscossa contro Napoleone; ma prende dalla moglie, che cura i feriti negli ospedali, una febbre epidemica e muore nel 1814
- opere: Discorsi alla nazione tedesca; Fondamenti della dottrina della scienza
- La filosofia di Fichte viene definita idealismo soggettivo (o etico) perché elimina il noumeno kantiano (ritenuto qualcosa di contraddittorio: se esso è inconoscibile, allora non è lecito, sul piano teoretico, affermarne o negarne l’esistenza) e riduce tutta la realtà a rappresentazione o atto del soggetto (Io).
- Principio di ogni cosa è dunque l’Io puro, cioè non l’Io empirico di questo o di quell’uomo, ma l’Io nella sua universalità, come natura costitutiva di qualsiasi uomo.
- L’Io puro viene inteso da Fichte non come una sostanza stabile e permanente, ma come un’attività che non subisce imposizioni dall’esterno, ma cerca e costruisce da se stessa la propria verità e la propria felicità. In questo egli è vicino alla concezione dell’uomo elaborata nel Rinascimento: l’uomo è l’unica creatura la cui essenza consiste nel non avere un’essenza prestabilita, ma che è chiamato a darsela secondo le proprie scelte morali: cfr. l’orazione di Pico della Mirandola Sulla dignità dell’uomo, in cui Dio dice all’uomo: “tu sei l’unica creatura che può scegliere di essere quello che vuole, angelo o bestia”. Ma questa concezione dell’uomo va ricondotta anche all’atmosfera illuministica entro cui il filosofo è vissuto: l’idea che l’uomo possa dominare la realtà con la propria ragione e con il proprio spirito, trova un corrispettivo metafisico nell’elaborazione della teoria idealistica secondo cui tutto è spirito e nulla si sottrae alla razionalità umana: tutta la realtà è spirituale e razionale, nessun “noumeno” limita l’uomo.
- Proprio per esplicare la sua natura attiva, l’Io pone il non-Io, ovvero l’ostacolo che deve necessariamente avere davanti e tentare di superare. Non c’è infatti alcuna attività se non vi sono ostacoli da superare. Solo così è possibile intendere l’Io come un’attività.
- Nel porre davanti a sé l’ostacolo (che Fichte chiama non-Io), l’Io si limita e diventa molteplice. Ecco allora che dall’unicità dell’Io puro indivisibile si passa alla molteplicità degli Io empirici, che costituiscono l’umanità.
- Questo triplice processo che spiega la derivazione di tutta la realtà dall’Io, viene riassunto da Fichte in tre momenti, che egli chiama “i tre principi della dottrina della scienza”:
- l’Io pone se stesso;
- l’Io pone il non-Io;
- nell’atto di limitarsi ponendo il non-Io, l’Io diventa molteplice e si frantuma in una moltitudine di Io empirici.
- E’ un processo logico e non cronologico. Va inteso perciò come qualcosa di eterno e fuori dal tempo. Ciascuno dei tre momenti non viene uno dopo l’altro ma ciascuno implica logicamente l’altro, come in una una formula matematica: i singoli elementi di cui essa è costituita non vengono uno dopo l’altro, ma si implicano e si comprendono a vicenda, tanto che nell’atto in cui si parla dell’uno occorre fare necessariamente riferimento all’altro e non è possibile isolarli e separarli.
- Il compito dell’uomo, ovvero dei singoli Io empirici derivanti dalla frantumazione dell’Io puro, è quello di superare la scissione raggiungendo la situazione dell’Io puro privo di limiti e di ostacoli, perciò libero e infinito, incondizionato, non limitato da nulla. Ecco allora che per gli Io empirici, questo processo di superamento del non-Io può essere inteso solo come un ideale; cioè non è mai una realtà in atto ma una meta ideale del loro agire. Fichte sostiene che per gli Io empirici l’infinito e la libertà non esistono come realtà in atto, ma come continuo sforzo o tensione per raggiungerli (Streben). Meglio parlare perciò di infinitizzazione più che di infinito, per gli uomini.
- Il processo di infinitizzazione degli io empirici va inteso come un processo inesauribile, perché deriva dalla stessa struttura logica (e non cronologica: non ha perciò un inizio e una fine, ma è eternamente in atto nelle stesse modalità) della realtà (Io – non-io – frantumazione degli io e loro tentativo di ripristinare l’unità originaria).
- Ciò spiega anche perché l’idealismo di Fichte viene caratterizzato come idealismo etico: l’Io empirico è costituito da un preciso compito, un dovere inesauribile, di superamento del limite, che si rivela essere la caratteristica principale del suo essere.
- Dal punto di vista politico, Fichte sostiene che l’integrazione dei diversi popoli condurrà alla ricomposizione dell’intera umanità in un unico Io, riaffermando l’unità originaria. In questo processo di integrazione il popolo tedesco ha un ruolo di guida: da qui il nazionalismo di Fichte.
SCHELLING
IDEALISMO OGGETTIVO
Vita e opere
- 1775 – 1854 (nasce quasi negli stessi anni di Hegel, ma gli sopravvive di circa un ventennio)
- condiscepolo di Hegel a Tubinga, fonda insieme a lui il Giornale critico di filosofia, ma poi ruppe con l’amico quando questi pubblicò la Fenomenologia, in cui mostrava di voler percorrere altre vie
- fu professore a Jena, dove intorno a lui si formò il primo nucleo della scuola romantica (fratelli Schlegel); poi a Monaco e infine a Berlino
- opere: Idee sulla filosofia della natura; Sistema dell’idealismo trascendentale; Esposizione del mio sistema.
- La filosofia di Schelling viene definita idealismo oggettivo (o filosofia della identità) poiché, reagendo all’idealismo soggettivo di Fichte che relega la natura al ruolo di semplice non-Io, restituisce ad essa la sua realtà e la sua dignità mettendola sullo stesso piano dell’Io.
- Secondo Schelling infatti occorre porre come originario un principio concepito come unità indifferenziata (o identità) da cui derivano sia la natura che lo spirito, il soggetto e l’oggetto. Schelling identifica tale principio nell’Assoluto, unità indifferenziata o identità di soggetto e oggetto. L’Assoluto di Schelling assomiglia perciò alla Sostanza spinoziana che pur essendo unica, si differenzia negli attributi dell’estensione e del pensiero. Ma mentre la Sostanza di Spinoza era concepita come qualcosa di statico, ovvero come l’ordine oggettivo che costituisce la realtà, l’Assoluto di Schelling è dinamico e perciò assomiglia anche all’Io di Fichte che intendeva quest’ultimo come un’incessante attività di superamento del non-Io.
- Diversamente da Fichte, Schelling sostiene però che la natura (il non-Io) non è un semplice strumento dello spirito per la realizzazione della vita morale, ma possiede un suo valore autonomo, e differisce dallo spirito solo perché è un’attività spirituale di grado inferiore o inconscia che tende verso la coscienza come la meta di un lungo processo che si compie soltanto nell’uomo. La natura è infatti una realtà dinamica e intimamente spirituale, una gradualità di processi (dall’azione delle forze più elementari che agiscono nel mondo inorganico alla formazione di organismi naturali sempre più evoluti e coscienti) entro i quali una coscienza addormentata si viene progressivamente svegliando. Si ha così una negazione della realtà della materia che viene ricondotta allo spirito sotto forma di forze di attrazione e repulsione.
- L’idea di fondo della filosofia di Schelling è che esiste uno stesso slancio vitale che percorre e unisce natura e spirito, mondo e io, realtà materiale e realtà ideale. Essi formano una totalità, un organismo universale. Il sistema della natura e il sistema dello spirito non mettono dunque in luce che i due aspetti di uno stesso essere (cfr. la Sostanza di Spinoza e i due attributi in cui si manifesta) che può essere ritrovato percorrendo due vie diverse: partendo dalla natura per risalire allo spirito oppure partendo dallo spirito per risalire alla natura.
L’analisi filosofica di Schelling si articola perciò in due momenti:
1) Prima via: la filosofia della natura, che parte dall’oggettivo per derivarne il soggettivo. Essa descrive lo sviluppo della natura, intesa come una realtà organica unitaria, dalle sue forme più semplici (regno minerale, vegetale, animale, ecc.) fino all’emergere dello Spirito, con l’uomo.
2) Seconda via: la filosofia trascendentale, che parte dal soggettivo per derivarne l’oggettivo. Essa descrive come la spiritualità inconscia divenga Spirito consapevole nell’uomo e plasmi la realtà e la Storia.
In un primo momento l’uomo avverte la natura come qualcosa di completamente distinto da sé (sensazione) e le ragioni per cui ciò avviene sono analoghe a quelle che esponeva Fichte: l’io ha bisogno di avere di fronte a sè degli oggetti avvertiti come estranei per poter esplicare quell’attività che costituisce la sua natura.
L’io poi passa attraverso altre fasi di sviluppo fino a riconoscersi, nel momento conclusivo (riflessione e atto assoluto di volere), come costitutivo della realtà stessa. Il soggetto avverte di essere padrone e plasmatore della natura e della realtà, che non percepisce più come estranea a sé ma in suo potere e totalmente plasmata dalle sue strutture soggettive (cfr. Kant: il soggetto plasma l’oggetto; idealismo trascendentale).
Riassumendo, possiamo dire che Schelling traccia una vera e propria storia filosofica dell’Io, individuando tre momenti:
- Prima epoca: sensazione (l’oggetto è avvertito come estraneo, come un dato che limita l’io)
- Seconda epoca: intuizione (l’io comincia ad avvertire se stesso, ma si sente ancora immerso negli oggetti)
- Terza epoca: riflessione e volontà (l’Io si sente padrone degli oggetti e diventa consapevole di poterli gestire con la propria volontà). Entriamo qui nel mondo umano e nel campo della Storia, dove l’Io diventa padrone di sé e si autodetermina.
- Come abbiamo appena mostrato, secondo Schelling l’acquisizione della consapevolezza dell’Assoluto, ovvero dell’identità di natura e spirito, si può raggiungere attraverso le due vie descritte (filosofia della natura e filosofia trascendentale). Tali vie offrono però un tipo di consapevolezza ricostruita, mediata, indiretta (sempre collegata alle due polarità dell’oggettivo e del soggettivo), e non immediatamente intuitiva e chiara. Questa consapevolezza immediata si può avere solo per via estetica. Nell’attività creatrice dell’arte si ha la sintesi di soggetto e oggetto, spirito e natura, conscio e inconscio. L’artista infatti quando crea è insieme esecutore cosciente della sua opera, ma produce anche per ispirazione, attraverso cioè una forza inconscia che quasi lo trascende e lo domina. Il vertice della conoscenza non è perciò la ragione ma l’arte, sintesi di conscio e inconscio. E’ questa una delle caratteristiche peculiari dell’idealismo di Schelling, che perciò è stato anche caratterizzato come idealismo estetico.
- La filosofia di Schelling è una forma di monismo idealistico perché sostiene che tutta la realtà è la manifestazione di un unico principio spirituale. Questo principio si ravvisa in tutti gli aspetti della realtà sia quelli inconsci (la natura) sia quelli consci (il mondo umano, la Storia, ecc.).
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Schema riassuntivo: Fichte e Schelling
Fichte
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Idealismo soggettivo (elimina il noumeno e riduce tutto all’Io, al soggetto)
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Idealismo etico: l’Io viene inteso come un’attività
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I tre momenti dell’attività dell’Io
L’Io pone se stesso
L’Io pone il non-Io
Nell’atto di limitarsi, l’Io diventa molteplice
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Il legame tra questi tre momenti è logico e non cronologico
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L’uomo ha come ideale di ricostituire l’unità originaria. Tale compito si configura come inesauribile visto il carattere logico e non cronologico della scissione
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Compito del popolo tedesco nel tentativo di ricomporre la scissione
Schelling
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Rimprovera a Fichte di aver ridotto la natura a semplice non-Io
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Riabilita la natura elaborando la filosofia dell’identità: il principio originario della realtà non è l’Io ma l’Assoluto, ovvero l’identità indifferenziata di soggetto e oggetto da cui derivano sia l’Io sia il non-Io, ovvero lo spirito e la natura
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La natura non è il semplice non-Io, strumento dello spirito per la realizzazione della vita morale, ma è anch’essa un’attività spirituale anche se di grado inferiore o inconscia rispetto a quella dell’Io
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Spirito e natura costituiscono un unico slancio vitale, un’unica totalità (monismo idealistico) che può essere percorsa seguendo due vie differenti:
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Filosofia della natura: parte dalla natura e risalire via via dalle sue forme più organizzate e consapevoli fino all’emergere dell’uomo
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Filosofia trascendentale: descrive come lo Spirito divenga consapevole nell’uomo fino a plasmare la realtà e la Storia
Ricostruzione di questa genesi dello Spirito:
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sensazione (l’oggetto è avvertito come estraneo)
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intuizione (l’io cominicia ad avvertire se stesso, ma si sente ancora immerso negli oggetti)
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riflessione e volontà
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l’idealismo di Schelling viene definito estetico perché solo nell’arte si può ritrovare in maniera immediata quella identità di conscio e inconscio che costituisce l’intima essenza dell’Assoluto
Relazioni tra Fichte, Schelling ed Hegel:
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Fichte è il più vecchio dei tre; Schelling ed Hegel, più giovani, sono condiscepoli a Tubinga, si conoscono e collaborano
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Fichte viene riconosciuto sia da Schelling che da Hegel come il fondatore dell’idealismo, ma:
1) Schelling gli rimprovera di non aver saputo cogliere l’oggetto e la natura
2) Hegel gli rimprovera di non aver saputo cogliere la storia e l’Assoluto
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Hegel rimprovera a Schelling due cose:
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l’Assoluto non è un’unità indifferenziata di Natura e Spirito, soggetto e oggetto (“l’infinita notte in cui tutte le vacche sono nere”), ma unità formale che contiene in sé virtualmente tutte le determinazioni formali della realtà (= pensabilità del reale)
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l’Assoluto non si coglie attraverso un atto intuitivo immediato, come è l’intuizione estetica (“un colpo di pistola”, scrive Hegel), ma attraverso la ricostruzione lenta e graduale di un processo e di uno sviluppo. Il vero è l’intero – scrive Hegel – e l’intero è il risultato assieme a tutto il processo che lo ha prodotto
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PERCORSO BREVE SULL’IDEALISMO TEDESCO
- Fichte: la necessaria correlazione tra Io e non-Io; l’Io come attività che ha bisogno di un ostacolo per esplicarsi. L’Assoluto come ideale (Streben)
- Schelling: la polemica sul non-Io di Fichte e la rivalutazione della Natura. Tutta la realtà è concepita come un grande organismo con differenti gradi di coscienza. L’arte come strumento privilegiato per cogliere l’Assoluto.
- Hegel: la ripresa di Fichte e di Schelling. Il distacco da Schelling: per cogliere come si articola l’Assoluto bisogna servirsi della filosofia e non dell’arte.
- Ricostruzione sommaria della visione della realtà elaborata da Hegel mediante l’esposizione dei capisaldi del suo pensiero (il finito non esiste, la dialettica, il reale è razionale, la funzione giustificatrice della filosofia). Cenni alla Filosofia della Natura e alla Filosofia dello Spirito, in particolare a quella dello Spirito oggettivo.
- Trattazione della figura del servo-padrone per illustrare un esempio di analisi dialettica.
- Trattazione di un tema esemplare per illustrare la filosofia di Hegel: la filosofia della Storia.
HEGEL
La ripresa e il distacco da Schelling: la superiorità della filosofia sull’arte. Hegel prosegue l’impostazione di Schelling e ritiene che tutta la realtà sia la manifestazione dello Spirito o della Ragione. (Il grande ideale degli Illuministi è diventato realtà!)
Ritiene però che lo strumento per cogliere il carattere spirituale della realtà non sia l’arte ma la filosofia perché essa usa i concetti che permettono di cogliere i collegamenti tra tutte le cose e perciò la profonda unità di tutte le cose che ci sembrano separate e finite (il non-Io di Fichte). Tutte le cose in realtà sono l’espressione di un unico principio spirituale (l’Io di cui parlava Fichte) e ciò tutto ciò che ci appare finito – le opposizioni, i contrasti tra le cose, tra l’Io e il non-Io, il soggetto e l’oggetto, l’io e il mondo, ecc. – in realtà non esiste.
I capisaldi della filosofia di Hegel. In effetti per Hegel tutto ciò che noi chiamiamo finito non esiste. L’esempio del fiore e del frutto lo dimostra. La verità sta nell’intero (il vero è l’intero) e poiché solo il concetto consente di cogliere la totalità, solo la filosofia può cogliere perfettamente l’Assoluto.
- Altri esempi del vero è l’intero, oltre al fiore: la Storia, la totalità della persona, le anime dantesche, ecc..
- Intelletto e Ragione. Inversione rispetto a Kant. à ciò che è razionale è reale.
- La filosofia come la nottola di Minerva.
- Per cogliere l’assoluto occorre utilizzare una nuova logica che includa le contraddizioni, la dialettica.
Tutta la realtà come manifestazione dello Spirito. Hegel ricostruisce perciò tutto lo sviluppo della realtà. Nella sua Filosofia della Natura (analogamente a quanto aveva fatto Schelling) mostra come tutta la natura sia pervasa da forze spirituali, dai suoi strati più bassi, fino agli organismi più complessi. Tra questi il più complesso di tutti è l’uomo, che riesce a sviluppare una coscienza sempre più raffinata che gli consentirà di prendere coscienza dell’essenza spirituale di tutto ciò che esiste e del carattere razionale di tutta la realtà (in fondo è solo nella mente dell’uomo, l’unico essere che è in grado di elaborare una filosofia della natura, che la natura svela il suo carattere razionale! La natura pensa se stessa attraverso l’uomo). Tutto è spirituale, tutto è Io, ma solo negli organismi più elevati, come sosteneva Schelling, la coscienza di ciò si sviluppa.
Nell’uomo e nelle società lo Spirito trova il luogo dove svilupparsi meglio. Hegel sostiene che l’uomo è l’organismo più complesso che vi sia in natura, ma è anche vero che esistono al di sopra di lui degli organismi ancora più complessi, all’interno dei quali egli vive e si sviluppa. Questi sono le istituzioni collettive (famiglia, società, popolo, Stato), che Hegel chiama spirito oggettivo (per distinguerle dallo spirito individuale che si realizza nei singoli soggetti). E’ in questi macro organismi che lo spirito raggiunge il suo massimo sviluppo. Ad esempio, nel rapporto tra classi superiori e classi asservite si crea una dialettica che fa progredire lo Spirito.
(Eventuale es.: la figura fenomenologica di signoria e servitù, riconducibile alla società antica: è un esempio di come la coscienza progredisca nell’individuo e diventi sempre più raffinata attraverso il contrasto con altri individui dotati di coscienza; l’uomo diventa così sempre più consapevole della propria indipendenza dalla natura, dall’oggetto e della sua superiorità su di essa, che è il tema ricorrente della filosofia di Hegel).
L’evoluzione dello Spirito oggettivo. Anche questi macro organismi però sono soggetti a delle forme di sviluppo. Quelli più primitivi sono inferiori a quelli più evoluti. Le tribù primitive sono meno evolute degli Stati feudali, e così via. In particolare, è negli Stati moderni - che garantiscono sempre più diritti e libertà agli individui - che lo Spirito raggiunge il massimo grado di sviluppo. E’ in questi Stati che si avverte come la realtà risponda perfettamente ai bisogni dell’uomo e il mondo si configuri pienamente a immagine della Ragione. Non c’è più distacco tra Io e Mondo, Soggetto e Oggetto, ma identità e corrispondenza. L’Assoluto è stato raggiunto (“L’ingresso di Dio nel mondo è lo Stato”). Il mondo risulta l’immagine speculare della Ragione umana (il grande ideale degli Illuministi si è realizzato).
Perciò, la Storia del mondo non è altro che la storia dei continui progressi che la coscienza umana effettua nel tempo, attraverso il succedersi di società sempre più evolute e civili, fino al punto d’approdo che è l’epoca in cui Hegel vive, quella dell’Illuminismo in cui l’umanità prende coscienza che la ragione umana può dominare il mondo, che tra soggetto e oggetto non vi è più separazione ma identità.
La necessità per lo spirito infinito di articolarsi in un mondo finito. Ci si potrebbe chiedere perché sia necessario questo lungo cammino perché lo Spirito prenda coscienza di sé e si realizzi.
La risposta è che lo Spirito è soggetto a sviluppo perché l’opposizione tra Io e non-Io di cui parlava Fichte è necessaria per la vita dello Spirito. Mentre però per Fichte il processo di razionalizzazione del mondo non si concludeva mai e l’uomo veniva concepito come un essere perennemente in tensione verso l’Assoluto (Streben), per Hegel invece il percorso a un certo punto si conclude nella sua epoca e finalmente l’uomo riesce ad acquisire la consapevolezza che tutto è razionale attraverso la filosofia.
La Storia universale. La concezione della Storia come esemplificazione del modo di pensare di Hegel.
Il sistema filosofico elaborato da Hegel. L’Io implica necessariamente il non-Io. Il non-Io consente all’Io di esplicarsi come attività e di acquisire consapevolezza di sé, di pensarsi; la sintesi di Io e non-Io conduce cioè ad un incremento di consapevolezza dell’Io. à Hegel sostiene perciò che lo sviluppo di tutta la realtà avviene attraverso tre momenti fondamentali:
1) l’Io o Idea;
2) il non-Io o Natura;
3) lo Spirito, inteso come momento di accresciuta consapevolezza raggiunta dall’Io dopo essersi estraniato nel non-Io
Questi tre momenti corrispondono al sistema di Hegel:
- l’Idea è studiata da quella parte del suo sistema che Hegel chiama Logica;
- la Natura è studiata nella Filosofia dello Spirito;
- lo Spirito, nella Filosofia dello Spirito.
Fonte: http://www.webalice.it/leone.guaragna/scuola-scuola-scuola/FICHTE%20E%20SCHELLING.doc
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