Friederich Nietzesche
Riassunto Friederich Nietzesche
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- VITA E SCRITTI:
VITA: Il filosofo Friederich Nietzesche nacque a Rocken, vicino a Lipsia, il 15 ottobre 1844; suo padre , Karl Ludwing era un pastore protestante e la madre Franziska Oehler, era anche essa la figlia di un pastore. Un anno dopo la morte del padre (che era affetto da disturbi psichici) , la famiglia si trasferì a Naumburg, dove il filosofo allora 12 enne riceve una buona educazione :incomincia a comporre poesie e musica ; entra con una borsa di studio nella nota scuola di Pforta , in cui ricevette un educazione molto rigida e si appassiona anche alla teologia; entrato nella scuola di Bonn abbandona la teologia per dedicarsi alla filologia classica; rimane profondamente colpito dal l’opera di Shopenauer intitolata “il mondo come volontà e rappresentazione”. Nel marzo del 1869 abbandona il servizio militare per una caduta da cavallo e ottiene la cattedra di lingua e letteratura greca presso l’università di Basilea. Stringe un rapporto d’amicizia con il teologo Franz Overbeck e con il musicista Wagner. Il 1872 si rivela un anno molto importante per lui, poiché pubblicò la sua prima opera “la nascita della tragedia”, che riscosse una grande opposizione da parte dei filologi, mentre venne difeso dal suo amico musicista e da Rohde. Negli anni successivi compone altre opere come il libro del filosofo, la filosofia nell’epoca tragica dei Greci e Su verità e menzogna in senso extramorale, che però rimasero inedite. Mentre nel 1873 vengono pubblicate le sue quattro considerazioni inattuali.
IL DISTACCO DA WAGNER: Nel 1876 incomincia a distaccarsi da Wagner, in quanto lo considera il massimo rappresentante del romanticismo e vede nell’ultima fase della sua opera l’espressione della rassegnazione e di rinuncia e così stringe nuove amicizie soprattutto con Rèe e Koselitz . L’opera che segna questo distacco da Wagner fu “Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi”.
LA MALATTIA E L’ABBANDONO DELL’INSEGNAMENTO: La salute del filosofo incomincia ad indebolirsi, a causa delle forti emicranie, attacchi di vomito, e disturbi alla vista. A causa della sua salute decise di abbandonare l’insegnamento, rinunciando alla cattedra. Da quel momento in poi la sua vita cambiò radicalmente, in quanto nervoso e inquietò compì numerosi viaggi da un paese all’altro (Italia, Svizzera, Francia), alla ricerca di novità, stimoli, di climi favorevoli e di miglioramenti che non arrivarono mai.
GLI SCRITTI DEL PERIODO INTERMEDIO: Durante questo periodo di solitudine e vagabondaggio scrisse numerose opere tra le quali: la seconda parte di “Umano, troppo umano”, costituito da “Opinioni e sentenze diverse” e “il viandante e la sua ombra”; “Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali” e “la gaia scienza”.
L’INCONTRO CON LOU SALOMè E LA ROTTURA DEFINITIVA: Nel 1882, il filosofo conosce Lou Salomè una ragazza russa, dotata di un grande fascino e intelligenza; in essa Nietzesche pensò di aver trovato una discepola e una compagna, ma essa si rifiutò di sposarlo, in quanto fosse innamorata di Reè. Dopo questa grande delusione il filosofo si sente perso e abbandonato, e rinuncia all’amicizia con Salomè e Rèe mantenendo semplicemente un rapporto formale e lavorativo (anche se successivamente ruppe il rapporto definitivamente, rinunciando anche alla collaborazione lavorativa).
COSI PARLO’ ZARATHUSTRA E LE OPERE DELL’ULTIMO PERIODO:
Nel 1883 pubblicò una delle sue opere più famose e importanti, “Cosi parlò Zarathustra”, che era divisa in quattro parti. Non avendo trovato un editore che pubblicasse la quarta opera, dovette farlo a sue spese. Successivamente pubblicò “Al di là del bene e del male. Preludio di una filosofia dell’avvenire”; Genealogia della morale. Uno scritto polemico; Il caso Wagner; Crepuscolo degli idoli. Ovvero come si filosofa col martello; l’Anticristo ; Maledizione del cristianesimo, Ecce homo; Come si diventa ciò che si è, Nietzesche contra Wagner.
IL SOGGIORNO A TORINO: successivamente il filosofo si trasferì a Torino, dove disse di sentirsi a casa, anche se in quelli stessi anni incominciava a mostrare segni di instabilità mentale, dimostrati dalle lettere (spesso senza senso) che scriveva ai suoi amici, a uomini di stato e a Cosima Wagner. Il filosofo viene poi portato in clinica dal suo amico Overbeck dopo aver mostrato segni di pazzia e nervosismo.
LA MORTE: dopo la morte della madre, avvenuta nel 1897, la sorella si assume la responsabilità di prendere il fratello sotto la sua custodia; tra l’altro la stessa dopo il suicidio del marito aveva fondato a Weimar un archivio, allo scopo di gestire l’eredità letteraria del fratello. Dopo attacchi di pazzia, follia e nervosismo, l’ormai conosciuto filosofo morì a Weimar il 25 agosto del 1900.
- FILOSOFIA E MALATTIA:
- La malattia e la pazzia di Nietzesche è una scusa che molti critici hanno impiegato per mettere in discussione e addirittura demolire il pensiero di Nietzesche.
- Mentre altri critici, sostenevano che la sua filosofia fosse il risultato della sua malattia o viceversa, che la sua malattia fosse il risultato della sua filosofia.
In ogni caso,la sua malattia veniva considerata sempre come un qualche cosa di negativo, perché molti legati ai pregiudizi sostenevano che la filosofia creata da una mente malata, fosse necessariamente malata; al contrario se la filosofia era prodotta da una mente sana, sarebbe stata sana e non malata.
- Ma in tempi più moderni la malattia è stata considerata un qualche cosa non di negativo, in quanto comunque ha favorito la creatività di Nietzesche. In quanto, la sua solitudine e la sua delusione lo portarono a riflettere in maniera critica e profonda sui problemi del mondo. Infatti, come scrisse lo stesso filosofo colui che soffre tende ad esaminare con maggiore attenzione e profondità il mondo nei suoi piccoli dettagli.
- NAZIFICAZIONE E DENAZIFICAZIONE:
INTERPRETAZIONI NAZIFASCISTE: Molti in passato hanno sostenuto che Nietzesche fosse un filosofo nazifascista, o addirittura come l’ispiratore stesso del nazismo, in quanto come ha argomentato di recente lo stesso Ernst Nolte, il nazismo senza alcuni pensieri e teorie del filosofo non sarebbe diventato ciò che è stato. Anche la sorella del filosofo probabilmente contribuì a diffondere l’immagine del filosofo come un esaltato , tant’è che molti ritengono che Elizabeth ebbe una sua responsabilità nel processo di nazificazione del fratello. Un esempio è quello che racconta la visita di Hitler all’archivio Nietzesche, durante la quale Hitler ricevette da Elizabeth il bastone di Nietzesche . Tuttavia è sbagliato attribuire ad Elizabeth tutta la responsabilità e risulta anche non giusta la colpa che viene attribuita al filosofo di essere stato il padre del nazismo, anche se nei testi di Nietzesche compaiono degli atteggiamenti antidemocratici e razzisti.
DENAZIFICAZIONE:le interpretazioni nazifasciste sono state contestate nel dopoguerra tramite un processo di denazificazione. Infatti, molti tendono a vedere il filosofo più che un nazista, come un progressista; da ciò sono derivate delle esagerazioni, come quella che considererebbe il filosofo non come un seguace di Hitler, ma come un seguace o compagno di strada di Marx (insomma si passa da un eccesso ad un altro).
La situazione in questi ultimi anni è cambiata, in quanto la figura di Nietzesche non è associata ne a quella di un seguace nazista, ne a quella di un progressista, in quanto se da una parte mette in evidenza sia gli elementi di novità sia gli elementi di rottura della sua filosofia, dall’altra parte riconosce gli elementi reazionari del pensiero di Nietzesche.
5. CARATTERISTICHE DEL PENSIERO E DELLA SCRITTURA DI NIETZESCHE:
PENSIERO:La filosofia di Nietzesche mise in discussione sia la civiltà con le sue tradizioni, sia la filosofia occidentale, annientando e distruggendo tutte le certezze, i pregiudizi e le tradizioni del passato. Lui stesso infatti, non si riteneva un uomo ma bensì una dinamite che avrebbe provocato una crisi o addirittura una distruzione mondiale della conoscenza. Nonostante ciò, la principale caratteristica del pensiero di nietzesche è che il suo scopo non è soltanto quello di demolire le teorie e concezioni tradizionali, ma il suo intento è anche quello di individuare un nuovo tipo di umanità, conosciuto come il “superuomo” p anche “oltreuomo”.
SCRITTURA: Il fatto di mettere in discussione e di contraddire tutto ciò che in passato era stato ritenuto indiscutibilmente vero e certo, porta il filosofo a ricercare nuove modalità espressive. Il filosofo infatti, viene anche ricordato per via del suo stile in continua evoluzione; era un poligrafo, che utilizzava una grande varietà di stili e forme espressive differenti, che variavano da un periodo ad un altro. Ad esempio:
- Negli scritti giovanili è ancora legato alla tipologia del saggio e del trattato;
- In seguito alla pubblicazione di “umano, troppo umano”, rifiutando le costruzioni sistematiche del passato sceglie di utilizzare la forma breve dell’aforisma, che richiede una grande interpretazione, nonostante sia finalizzata a trasmettere un messaggio immediato. Però come dice lo stesso filosofo, non è sufficiente leggere un aforisma per capirlo, ma bisogna anche interpretarlo dopo un’attenta lettura.
- “Così parlò Zarathustra” è l’opera che segna il suo passaggio alla poesia in prosa e all’annuncio profetico,che è caratterizzato da simboli, allegorie e parabole.
- Nelle sue ultime opere rimandano specialmente al genere autobiografico e al trattato polemico.
Un’altra caratteristica delle opere di Nietzesche e che sono asistematiche. Infatti, il filosofo era contro la sistematicità e l’organicità, poiché secondo lui costituivano un imposizione, una forma chiusa, senza libertà. Inoltre il suo discorso non può seguire un organizzazione (un sistema chiuso)poiché è ricco di significati e di direzioni.
6. FASI O PERIODI DEL FILOSOFARE NIETZSCHEANO:
L’opera del filosofo solitamente è divisa in fasi, che costituiscono semplicemente delle tappe di un pensiero che si evolve continuamente. Solitamente gli studiosi distinguono quattro diverse fasi:
- scritti giovanili del periodo in cui è influenzato dal musicista Wagner e da Schopenauer. Questi scritti comprendono La nascita della tragedia, le Considerazioni inattuali, la filosofia nell’epoca tragica dei Greci, su verità e menzogna in senso extramorale.
- scritti intermedi del periodo “illuministico” o “genealogico”come Umano, troppo umano e Aurora.
- scritti di Zarathustra che comprendono appunto Cosi parlò Zarathustra.
- scritti degli ultimi anni di cui fanno parte ad esempio Al di là del bene e del male, il caso Wagner, Crepuscolo degli Idoli, Ecce homo e l’Anticristo.
7. IL PERIODO GIOVANILE:
7.1 TRAGEDIA E FILOSOFIA:
- Nascita e decadenza della tragedia:
L’opera di Nietzesche intitolata “La nascita della tragedia dallo spirito della musica. Ovvero grecità e pessimismo contiene più discipline, come la filosofia, la filologia e l’estetica. Il tema centrale dell’opera è la distinzione tra apollineo e dionisiaco. Questa coppia è costituita da due opposti, che secondo Nietzesche rappresentano i due impulsi principali dello spirito e dell’arte greca.
- L’apollineo rappresenta un atteggiamento di fuga davanti al divenire e trova la sua espressione nell’armonia delle forme della scultura e della poesia epica. E insomma l’elemento razionale.
- Il dionisiaco rappresenta la vitalità e l’istinto e si esprime nell’esaltazione della musica. E’ quindi l’elemento irrazionale.
Il filosofo insistette sul carattere originariamente dionisiaco della sensibilità greca e sull’apollineo come tentativo di sublimare il caos nella forma. E individua tre diversi momenti in cui questi due impulsi si ritrovarono in opposizione o in armonia tra loro.
-Egli racconta che in un primo momento, nella Grecia presocratica i due impulsi convivevano separatamente;
-mentre successivamente nel periodo di Sofocle e Eschilo, i due impulsi impararono a convivere in armonia tra loro, creando dei capolavori sublimi; infatti, la tragedia riunisce sia l’apollineo ( prendendo in considerazione la rappresentazione del mondo), sia il dionisiaco (furore orgiastico).
Nietzesche racconta anche l’origine della tragedia, raccontando che quest’ultima sarebbe nata dal coro tragico( coro dei seguaci di Dioniso) e dandole anche una nuova interpretazione collegata ai due impulsi, l’apollineo e il dionisiaco.
-Nel periodo successivo quest’armonia tra i due impulsi venne meno, in quanto incominciò a prevalere l’apollineo. Questo fenomeno e processo di decadenza trova espressione nella tragedia di Euripide, in cui si verifica “la morte” dell’istinto.
- Spirito tragico e accettazione della vita. La “metafisica da artista”:
La sua celebrazione dello spirito tragico e dionisiaco coincide con una forma di celebrazione della vita, che non è ne ottimista ne pessimista ed è proprio da questo che derivano le differenze tra Nietzesche e Schopenauer.
Nietzesche non riprende tutta la filosofia di Schopenauer, cosi come non la critica interamente: egli infatti, riprende la tesi del carattere doloroso e raccapricciante dell’essere e rifiuta l’ascesi, in quanto alla noluntas contrappone un atteggiamento di entusiastica accettazione dell’essere nella globalità dei suoi aspetti.
La vita è solo dolore, tristezza, crudeltà, infelicità, lotta; non presenta ne un ordine ne uno scopo. Secondo il filosofo pertanto, davanti ad essa rimangono possibili solo due atteggiamenti:
- un atteggiamento che deriva dalla morale cristiana e dalla spiritualità comune.
- un atteggiamento che consiste nell’esaltazione della vita.
Quindi, il mondo è una sorta di gioco estetico e tragico, che solo l’arte riesce a comprendere veramente. Da ciò deriva la natura metafisica dell’arte e la sua funzione di organo della filosofia. Questo dà alla “nascita della tragedia” un carattere romantico, in cui il fenomeno dell’arte viene messo in primo piano, e con esso e a partire da esso viene spiegato il mondo. Questa esaltazione della tragedia sfocia nell’ideale di una rinascita della cultura tragica, incentrata sull’arte, in particolare sulla musica.
7.2 LE CONSIDERAZIONI INATTUALI: STORIA E VITA
Intorno al 1876, Nietzesche compose le quattro Considerazioni inattuali, che compie una critica della cultura contemporanea.
- Nella prima considerazione inattuale, intitolata “David Strass, l’uomo di fede e lo scrittore”, il filosofo attacca l’opera di Strass, paragonandola al peggior Vangelo da birreria e criticando l’ottimismo da filisteo del suo autore.
- Nella seconda considerazione inattuale intitolata “Sull’utilità e il danno della storia per la vita”, il filosofo critica apertamente lo storicismo e lo storiografismo. Parlando più precisamente, egli non critica la storia ma l’assolutizzazione della storia che è compiuta nel XIX secolo da idealisti e soprattutto dai positivisti. Il filosofo ha una concezione pessimista della storia considerandola come un processo di decadenza che conduce al nichilismo (al crollo di tutti valori e alla negazione della vita), mentre i positivisti assolutizzano la storia come una totalità processuale necessaria e vedono lo sviluppo storico come un progresso inarrestabile. Poi, per il filosofo la storia può essere o utile o dannosa; è utile qndo è al "servizio della vita", cioè quando la conoscenza delle epoche passate viene usate per guidare la nostra azione presente e il nostro tentativo di costruire il futuro. E' invece dannosa, se a causa di una sua assolutizzazione, si vive con lo sguardo rivolto al passato e, in questo modo, non si vive il presente e non si costruisce il futuro. Inoltre egli individua tre tipi di storiografia, ciascuno dei quali possiede sia un lato positivo che un lato negativo. In tal senso distinguiamo:
-la storia monumentale, che è propria di coloro che si ispirano al passato, ovvero +prendono come modelli i personaggi delle epoche passate , partendo dal presupposto che se la “grandezza fu possibile una volta, può essere possibile anche un’altra volta”. In sostanza se i personaggi del passato hanno compiuto qualche cosa di grande, questa grandezza può essere imitata e raggiunta anche da personaggi moderni. L’aspetto negativo è che questo tipo di storia tende a rimuovere tutti gli avvenimento negativi, esaltando solo quelli grandi.
-la storia antiquaria è propria di quelli che venerano il passato e giustificano il presente sempre in funzione del passato. L’aspetto negativo è che questo tipo di storia rimanendo ancorata al passato ostacola ogni azione che porti delle innovazioni; in un certo senso paralizza l’agire.
-la storia critica è propria di quelli che non accettano il passato,considerandolo semplicemente un peso che ostacola la loro vita. Essi criticano il passato, esaminano i suoi aspetti negativi e cercano di rimuoverli per ricostruirsi una vita nuova. Chi sottopone a giudizio il passato è la vita stessa , anche se è sempre ingiusta perché non si lascia guidare dalla conoscenza, ma dalle passioni. Il lato negativo di questo tipo di storia è che pecca di presunzione, cercando di cancellare il passato e ogni collegamento con le generazioni passate.
- Nella terza e nella quarta considerazione inattuale Nietzesche offre un omaggio ai filosofi che hanno accompagnato la sua giovinezza. Ad esempio, in “Schopenauer come educatore” egli elogia l’anticonformismo intellettuale e l’amore per la verità del filosofo. In Richard Wagnar a Bayreuth, il filosofo elogia il musicista come il redentore della cultura. Infatti in questi ultimi scritti, viene elogiato il Genio, che costituisce un tipo di umanità assai superiore.
8. IL PERIODO ILLUMINISTICO:
8.1 IL METODO GENEALOGICO E LA FILOSOFIA DEL MATTINO:
L’opera di Nietzesche intitolata “Umano, troppo umano” segna l’inizio del cosiddetto periodo illuministico del filosofo.
In tale periodo egli critica i maestri di un tempo, mettendo in discussione le teorie metafisiche propagandate da Schopenauer e le tendenze artistiche di Wagner, che verrà definito dallo stesso filosofo come una malattia che contagia tutto ciò che tocca. Ora, secondo il filosofo a prendere la guida e a costituire delle vie d’accesso all’essere non sono più la metafisica e l’arte, ma bensì la scienza, il metodo critico, che mettono a giudizio appunto la metafisica e l’arte.
- L’arte ora viene considerata in maniera negativa, come un residuo e pertanto il genio non è più l’artista, ma il filosofo “illuminato”, che segue i canoni proposti dalla scienza. Quindi Nietzesche diventa illuminista e dedica la prima parte della sua opera a Voltaire
Nietzesche non è illuminista perché nutre una grande fiducia nella ragione come appunto gli illuministi, ma semplicemente perché mette in discussione la cultura attraverso la scienza.
- La scienza per Nietzesche costituisce un metodo di pensiero, che è in grado di distogliere gli uomini da determinati errori. Questo metodo critico secondo il filosofo è sia storico che genealogico. E’ critico perché compie un indagine, un esame; storico o genealogico in quanto non crede nell’esistenza di realtà immutabili e statiche, ma crede che ogni realtà sia l’esito di un processo che bisogna ricostruire. Questa filosofia illuminista di Nietzesche si basa su due concetti principali;: lo spirito libero e la filosofia del mattino.
-Lo spirito libero rappresenta il viandante, il vagabondo, cioè colui che servendosi della scienza riesce a distaccarsi dai pregiudizi e dalle concezioni del passato, evitando di commettere errori (legati soprattutto alla metafisica).
-La filosofia del mattino è appunto, è una filosofia basata sulla condizione transitoria della vita e sul libero esperimento, che ha origine dal distacco del viandante dal passato.
8.2 LA MORTE DI DIO E LA FINE DELLE ILLUSIONI METAFISICHE:
a) Realtà e menzogna:
Nietzesche attribuisce a Dio due principali definizioni:
- Dio è un simbolo che pone il senso stesso dell’essere aldilà dell’essere, cioè in un mondo contrapposto a questo mondo. Tale punto è collegato al fatto che secondo Nietzesche Dio e l’oltremondo abbiano costituito dal punto di vista storico una via di fuga dalla vita e una sorta di ribellione contro il mondo stesso.
- Dio è l’espressione delle certezze ultime del mondo, e quindi di tutte le concezioni metafisiche e religiose che sono state create nel corso del tempo allo scopo di dare un senso e un ordine alla vita. Questo secondo punto è collegato alla concezione metafisica del filosofo. Infatti, secondo Nietzesche non esiste un cosmo ordinato e benefico, in quanto questa è una visione che la nostra mente produce, allo scopo di alleviare l’infelicità e la durezza della vita. Per poter sopravvivere in un mondo disordinato, infelice e crudele, gli uomini hanno dovuto imbrogliarsi da soli,cercando di convincersi e di vedere il mondo come un qualche cosa di logico. Da questa continua volontà di coprire la vera natura del mondo, secondo Nietzesche derivano le religioni. E Dio quindi non solo rappresenta la più antica delle bugie, ma anche l’essenza di tutte quelle convinzioni che gli uomini hanno creato per potere sopravvivere e sentire meno il peso dell’esistenza.
L’ateismo per Nietzesche quindi è la realtà stessa; l’essenza malvagia del mondo, che mette in discussione l’idea di Dio.
- Il grande annuncio:
La gaia scienza è una dei suoi lavori più importanti, in cui egli affronta con grande profondità il messaggio della morte di Dio, attraverso il racconto dell’uomo folle.
Egli racconta che un uomo “folle”dopo aver acceso una lanterna durante il mattino, andò al mercato gridando che egli stava cercando Dio; al mercato però trovo numerose persone che non credevano nell’esistenza di Dio, che gli risero in faccia e si presero gioco di lui, dando risposte sciocche. A questo punto egli, indignato disse loro che erano stati loro o meglio gli uomini ad uccidere Dio, e che quindi lui e tutti loro erano degli assassini. E uccidendo Dio, hanno provocato la loro stessa infelicità. Perché citando alcuni esempi, egli afferma che da quando Dio è morto si è fatto più freddo, la stessa luce del mattino si è affievolita e gli uomini sono condannati ad un continuo peregrinare, che non ha alcun senso. E dice che gli uomini hanno commesso l’errore più grande che qualcuno potesse compiere e che questo si rifletterà anche sulle generazioni successive. Dopo aver detto ciò l’uomo tacque, davanti agli sguardi stupiti e muti degli altri uomini, e gettò la lanterna a terra, rompendola. Come ultima cosa disse che non era ancora giunto il suo tempo e che probabilmente era arrivato troppo presto, in quanto gli uomini non possono ancora capire il loro errore, e che ci vuole tempo prima che lo capiscano. Inoltre spesso viene raccontato che il folle uomo dopo essere andato al mercato, abbia visitato numerose chiese, finendo con l’essere cacciato anche da qua. A questo comportamento egli rispose che le chiese avevano perso il loro ruolo diventando semplicemente “le fosse e i sepolcri di Dio”.
Ovviamente, questa storia di Nietzesche contiene numerosi simboli e soprattutto importanti messaggi .
- L’uomo folle: rappresenta il filosofo profeta, mentre gli uomini che ridono alle sue parole e si prendono gioco di lui rappresentano l’ateismo superficiale dei filosofi ottocenteschi, che sembrano impassibili davanti al messaggio e agli effetti della morte di Dio.
- Le difficoltà che gli uomini incontrano dopo la morte di Dio rappresentano il senso di smarrimento provocato dalla mancanza o dalla perdita di un punto di riferimento e di certezze.
- Il fatto che l’uomo folle dica di essere giunto troppo presto rappresenta il fatto che gli uomini non sono ancora completamente consapevoli della morte di Dio, ma sicuramente lo diventeranno con il passare del tempo.
- Le chiese che secondo l’uomo folle restano semplicemente le fosse o i sepolcri di Dio rappresentano la crisi della religione.
- Morte di Dio e avvento del superuomo:
Come sappiamo, Nietzesche non credeva in Dio, però la descrizione che egli fa nella sua opera, riguardo allo smarrimento provocato dalla morte di Dio è cosi sentita e profonda, che sembra scritta da un fedele. In realtà, per Nietzesche la morte di Dio rappresenta un forte trauma, ma solo per un uomo che non è ancora superuomo e che grazie al superamento di tale trauma può diventarlo. Quindi, la morte di Dio coincide con la nascita del superuomo, cioè con il passaggio che porta l’uomo a diventare un superuomo.
Infatti, secondo il filosofo, l’uomo può diventare maturo, quindi un superuomo solo quando ha coraggio di affrontare la realtà e di prendere coscienza della perdita delle certezze. Questo superuomo lascia dietro di sé la perdita di Dio (quindi di un punto di riferimento) e il trauma da essa provocato, ma ha davanti a sé la libertà; nel senso che senza certezze e senza un punto di riferimento il superuomo può costruirsi da solo la propria vita. Nella sua opera il filosofo afferma che La morte di Dio infatti, sebbene causi un crollo, un duro colpo all’inizio, meraviglia l’uomo , ma allo stesso tempo lo incita ad iniziare una nuova vita, in assoluta libertà (questo almeno per quanto riguarda la concezione dei filosofi e degli “spiriti liberi”). Il superuomo però, esiste solo alla morte di Dio(o delle divinità, prendendo in considerazione tutte le religioni), perché se Dio esiste, significa che il mondo non vive più nel caos, e quindi il superuomo non ha più senso.
Molti studiosi, tra cui Vattimo considerano questa concezione di Nietzesche , non solamente come un qualcosa di puramente teorico, ma come un qualche cosa che possiede delle fondamenta storiche e filosofiche. L’ateismo secondo Nietzesche non è solo un evento, ma è soprattutto un istinto filosofico; in quanto, a lui e a molti altri filosofi, piacciono le certezze e la verità e questo li porta a non accontentarsi di risposte vaghe e inconsistenti e addirittura grossolane. Infatti, per Nietzesche Dio è una risposta grossolana e inconsistente, che non soddisfa ne lui ne i pensatori, in generale. L’ateismo di Nietzesche è molto radicale, poiché non mette in discussione solo Dio, ma ogni sua immagine e ogni cosa che possa ricondurre ad esso, in quanto è consapevole del fatto che gli uomini non sapendo vivere senza alcun punto di riferimento, una volta che vengono demolite le loro antiche divinità tendono a crearne delle altre. Infatti, ad esempio racconta di uomini, che non potendo vivere senza un appoggio, finirono con il venerare un asino (che è un simbolo tramite il quale viene “colmato”il vuoto lasciato da Dio).
9. IL PERIODO DI ZARATHUSTRA:
9.1 La filosofia del meriggio:
Cosi parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno è l’opera che segna l’inizio della terza fase della filosofia nietzscheana, che inizia dal punto in cui era finita la filosofia del mattino.
In seguito alla morte dell’uomo, si creano due possibilità, ovvero il superuomo e l’ultimo uomo. Che sono due tipi di uomini completamente opposti, infatti l’ultimo uomo è proprio l’opposto del superuomo. Incominciamo con il ricordare la figura di Zarathustra: egli fu il terzo figlio di una famiglia nobile, gli Spitama, che ebbero cinque figli. Il padre sembra esser stato sacerdote di un clan di nobili allevatori che non avevano alcun tempio e quindi svolgevano i loro riti sacrificali all'aperto. Influenzato spiritualmente dalle tradizioni nomadi della sua tribù e dalla vita cittadina di Battria, fu destinato, ancora molto giovane, a seguire le orme del padre, diventando sacerdote.
Zarathustra quindi, non è il superuomo ma semplicemente il suo profeta; il messaggero del superuomo, che fu il primo a creare l’errore della morale, e il primo ad accorgersene . L’opera costituisce un poema in prosa, che presenta un tono profetico, caratterizzato da numerose immagini e simboli, che spesso risultano molto difficili da interpretare. L’opera parla di Zarathustra che a 30 (che corrisponde all’età in cui Gesù inizia ad insegnare), decide di ritirarsi per dieci anni in una montagna, vivendo in solitudine; una volta presa coscienza di tutte le cose, incomincia il viaggio di ritorno, in modo tale da insegnare anche agli altri uomini le cose da egli apprese in solitudine. Gli uomini però non sono ancora pronti a capire le sue rivelazioni, e dopo essere giunto un’altra volta tra loro per raccontargli altre cose, ha paura di raccontare il pensiero più profondo, ovvero il cosiddetto pensiero dell’Eterno Ritorno dell’Uguale. La quarta parte dell’opera racconta il tentativo di vita degli uomini superiori, cioè di coloro per cui la morte di Dio ha significato un trauma e uno smarrimento, ovvero i nichilisti.
I temi fondamentali dell’opera sono il superuomo, la volontà di potenza, più sviluppato negli ultimi scritti, e l’eterno ritorno.
9.2 Il superuomo:
Il superuomo è il tema più conosciuto del pensiero di Nietzesche e rappresenta un concetto filosofico che viene utilizzato dal filosofo allo scopo di “creare” un tipo di uomo che possieda le caratteristiche espresse dal suo pensiero. Come abbiamo detto, secondo il filosofo il superuomo è colui che affronta la realtà e prende coscienza della morte di Dio e quindi della caduta di tutte le certezze e anche della durezza e tragicità dell’esistenza. E’ colui che va oltre la morale e gli insegnamenti del cristianesimo; è colui che procede oltre il nichilismo e si propone come volontà di potenza. E’ un uomo che sicuramente troverà spazio in un futuro, non tanto lontano, in quanto secondo il filosofo il superuomo non è riconducibile ad alcun modello del passato. Per questo per individuare la differenza tra superuomo e uomo si può parlare di oltreuomo, che è un tipo di uomo superiore,; un uomo che va oltre l’uomo comune, insomma un uomo diverso da quello che noi conosciamo.
Nel primo discorso il filosofo descrive la genesi e il senso del superuomo. Lo spirito passa attraverso tre metamorfosi:
1) cammello: l’uomo porta i pesi della tradizione e si piega di fronte a Dio e alla morale cristiana , all’insegna del “tu devi”;
2) leone: l’uomo si libera dai pesi metafisici ed etici, all’insegna dell’io voglio;
3) fanciullo: rappresenta l’oltreuomo, ovvero un essere che affronta la realtà e a voglia di viverla, incondizionatamente e senza obblighi.
Il suo superuomo possiede dei connotati antidemocratici e reazionari. Il desiderio di liberarsi dalle autorità sia umane che divine, non è sentito dall’intera umanità, ma solo da una parte di essa. Di questa, fanno parte tutti quelli individui che Nietzesche definisce appunto superiori. Però queta teoria del superuomo non costituisce alcun progetto o spinta politica, perché il filosofo era incline a qualsiasi autorità politica del suo tempo. (socialismo, nazionalismo militarista, democrazia parlamentare ecc) .Il suo è un messaggio di tipo filosofico più che politico.
9.3 L’eterno ritorno:
Tra le cose che il superuomo deve saper sopportare c’è quello che per il filosofo rappresenta il peso più grande, ovvero, l’eterno ritorno dell’uguale. La storia deve essere interpretata come un grande circolo in cui le vicende del mondo si ripetono continuamente e poi ritornano. E’ il peso più grande e insopportabile perché è come se ci dicessero che siamo condannati a rivivere continuamente la nostra vita sempre uguale a se stessa.
Il filosofo non crede nella visione rettilinea del tempo ma si ricollega alla concezione ciclica propria della cultura greca e indiana Greci. La concezione del filosofo è incentrata sull’esaltazione della realtà terrena dell’uomo: ciò significa che quindi l’uomo raggiunge la felicità solo se riesce a godersi e a vivere la vita nella sua pienezza e in ogni suo attimo.
Ciò che differenzia queste due concezioni del tempo è appunto la diversa prospettiva della felicità. Nella concezione lineare del tempo, il compimento del senso della vita è rimandato al futuro, all’aldilà; mentre nella concezione ciclica ogni attimo contiene in sé il proprio valore e il proprio fine. Dunque per lui il senso della storia coincide con l’uomo, attimo dopo attimo. Alla vita è restituita la sua dignità e perfezione, interpretandola nel suo godersela, momento dopo momento.Il secondo significato che può venire dall’eterno ritorno è una polemica contro lo storicismo, l’idealismo e il positivismo, che ritenevano che il cammino della civiltà fosse un fatto inarrestabile. Al contrario egli nega che con il tempo gli uomini migliorino, affermando completamente il contrario e cioè che gli uomini continuano a commettere sempre gli stessi errori, dimostrando di non capire i loro sbagli. Però, il superuomo non può che apprezzare l'eternità, l'eterno ritorno, perché è un rinnovarsi continuo della sua volontà di potenza e del suo dominio sul mondo: un dominio che dovrà ritornare all'infinito, per l'eternità: ed è questo l' "amor fati" che proclama Zarathustra, l'amore per l'eterno ritorno delle cose; egli continua a ripetere "ti amo eternità! una volta abbandonata definitivamente la città e il mercato , Zarathustra dialoga a riguardo della dottrina dell' eterno ritorno con i suoi stessi animali , che , a differenza del volgo , lo ascoltano entusiasti , quasi come a dire che essi sono superiori perchè in fondo l' uomo é il più crudele degli animali.
La teoria dell’eterno ritorno è: 1) forse una certezza cosmologica (siccome la quantità di energia dell’universo è finita e il tempo in cui essa si esprime è infinito, le manifestazioni di essa dovranno x forza ripetersi; 2) forse un ipotesi sull’essere che funge da schema etico, che prescrive di amare la vita e di agire come se tutto dovesse ritornare; 3) forse l’enunciazione metaforica di un modo di essere dell’essere che l’uomo può incarnare solo nella misura in cui è felice. Decidere l’eterno ritorno significa forse prendere atto di una struttura cosmica già data oppure istituirlo tramite una scelta.
Nel racconto del pastore e il serpente il filosofo ci fa capire come l’uomo (il pastore) possa trasformarsi in creatura superiore e ridente (il superuomo) solo a patto di vincere la ripugnanza soffocante del pensiero dell’eterno ritorno (il serpente) tramite una decisione coraggiosa nei suoi confronti (il morso alla testa del serpente).
10. L’ULTIMO NIETZESCHE
Premessa: Nelle opere risalenti all’ultimo periodo, il filosofo rivolge un’aspra polemica verso il proprio tempo, proponendosi di demolire tutte le credenze dominanti, in modo tale da favorire la diffusione di un nuovo pensiero, che sarà quello del superuomo.
10.1 Il crepuscolo degli idoli etico-religiosi e la tra svalutazione dei valori:
Trattando il tema dell’accettazione della vita, conduce inevitabilmente una critica alla morale a al cristianesimo, poiché le considera due forme di conoscenza che hanno posto l’uomo in contrasto con la vita stessa; nel senso che non incitano l’uomo a vivere la propria vita, ma sembra quasi che lo incitino a rinunciarci.
La morale da sempre, costituisce un fatto che si impone all’uomo, per questo, come il filosofo afferma nella Genealogia della morale, è necessario confutare la morale stessa. A questo scopo Nietzesche compie un’analisi genealogica della morale, in modo tale da risalire alla sua origine. In questo progetto il filosofo si lascia guidare da un importante convinzione, secondo cui dove gli uomini comuni vedono cose ideali, lui vede cose fin troppo umane. Infatti, egli sostiene che la morale sia semplicemente il risultato di determinati comportamenti umani, che egli ha il compito di rivelare. Innanzitutto, la voce della coscienza non è la voce di Dio, ma è semplicemente la voce delle autorità sociali da cui siamo stati educati e che continua a vivere in noi.
Inizialmente però, e soprattutto all’interno del mondo classico, la morale essendo l’espressione dell’ aristocrazia cavalleresca propagandava valori vitali (forza, coraggio, gioia ecc); successivamente con il cristianesimo la morale sembra propagandare più che altro dei valori anti-vitali (disinteresse verso ciò che circonda l’uomo, sacrificio di sé ecc). Nietzesche si interroga sul perché tra queste due morali (morale dei signori e morale degli schiavi) alla fine sia prevalsa una morale che si fa portatrice di valori anti-vitali. Egli da anche una risposta a questo dicendo che inizialmente la morale dei signori comprende non solo l’etica dei cavalieri (perseguono le virtù del corpo) ma anche quella dei sacerdoti (che perseguiscono le virtù dello spirito). I sacerdoti però, provano invidia e il desiderio di rivalsa verso i guerrieri, e cercano di affermare se stessi creando una tavola di valori, opposta a quella dei guerrieri. In tal senso al corpo sostituiscono lo spirito, all’orgoglio l’umiltà ecc … Secondo Nietzesche sono stati gli ebrei ad aver rovesciato tali valori. Il cristianesimo è dunque una religione frutto del risentimento dell’uomo debole, ed ha causato un uomo malato e represso, in preda a continui sensi di colpa e che nasconde in sé un’aggressività rabbiosa contro la vita ed uno spirito di vendetta contro gli altri.
Per questo motivo, il filosofo propone un inversione di valori, la cosiddetta trasvalutazione dei valori, che non deve essere considerata un semplice rifiuto dei valori antivitali, ma come un nuovo modo di rapportarsi ai valori, che diventano delle libere proiezioni dell’individuo. Inoltre, Nietzesche considera il filosofo come un dominatore e legislatore che stabilisca la meta dell’uomo; insomma una sorta di guida.
10.2 La volontà di potenza:
a) Vita e potenza:
Il filosofo definisce la volontà di potenza come “l’intima essenza dell’essere”, quindi come il carattere essenziale proprio di tutto ciò che esiste. La volontà di potenza coincide con la vita stessa, che viene concepita come una forza che spinge l’uomo ad affermarsi e a ricercare il piacere e la felicità. Infatti, non c’è volontà di vita, ma volontà di potenza. Quest’ultima è vita, legge naturale, morale, politica e scienza; si espande insomma ad ogni campo. Questa volontà di potenza e il suo espandersi, si esprime al meglio tramite la figura del superuomo, in quanto la sua essenza cerca continuamente di oltrepassare se stessa. Quindi, la vita è autocreazione, cioè libera produzione di sé medesima al di là di ogni piano stabilito in partenza.
b) La volontà di potenza come arte:
Nietzesche fa alcune considerazioni, relazionando la volontà di potenza all’arte e rivalutando quest’ultima dal momento che durante il periodo illuminista aveva criticato i suoi limiti:
- Dal momento che la vera essenza della vita e il suo stesso potenziamento, e dal momento che tale potenziamento corrisponde alla creazione che la vita fa di se stessa, allora l’arte non costituisce solamente una forma della vita, ma rappresenta la forma suprema della vita. Infatti, Nietzesche descrive il mondo come un’opera d’arte che crea se stessa.
- Dal momento che la massima espressione della volontà di potenza è il superuomo, allora l’artista rappresenta la prima figura visibile dell’oltreuomo.
- L’essenza creativa della volontà di potenza si esprime attraverso la produzione di valori, che non rappresentano le proprietà delle cose, ma direttamente proiezioni della vita e condizioni dell’esercizio di essa.
- La volontà di potenza risulta collegata all’accettazione dell’eterno ritorno, cioè al momento in cui il superuomo riesce a staccarsi dal passato, liberandosi dal suo peso e incomincia a controllare la propria nuova vita.
- La volontà di potenza però, è anche ostacolata dall’immodificabilità e irrevocabilità del passato , ragion per cui secondo Nietzesche nascono le dottrine animate da un forte spirito di vendetta.
La liberazione del tempo, coincide a sua volta con una celebrazione del divenire, ossia con l'atto tramite cui il divenire, in quanto eternizzato, riceve il sigillo dell'essere: "imprimere al divenire il carattere dell'essere - è questa la suprema volontà di potenza".
- Potenza e dominio:
La volontà di potenza è anche sopraffazione e dominio. Nelle opere di Nietzesche appare evidente la sua posizione al riguardo:
- la vita è soprafazione di ogni cosa, oppressione, crudeltà, imposizione delle proprie idee e dei propri ideali
- la società continua a compiere delle distinzioni tra i vari uomini, seguendo ancora una gerarchia “umana”
- la lotta per l’uguaglianza rappresenta un sintomo di malattia.
Di fronte a tali constatazioni appare evidente che nel suo concetto di volontà di potenza vi sono aspetti antidemocratici e antiegualitari.
10.3 Il problema del nichilismo e del superamento:
Il nichilismo costituisce uno dei temi più importanti della filosofia di Nietzesche, che si definisce il primo perfetto nichilista d’Europa.
Tale tema è connesso al tema della morte di Dio e della fine della metafisica. Nietzesche attribuisce al nichilismo due connotazioni:
1) il nichilismo costituisce ogni atteggiamento di fuga e di disgusto nei confronti del mondo, incarnato soprattutto nel platonismo e nel cristianesimo;
2) il nichilismo costituisce la situazione dell’uomo moderno che, non credendo più in uno scopo metafisico delle cose e nei valori supremi, avverte un senso di smarrimento davanti al vuoto e al nulla.
Come detto in precedenza, il filosofo si presenta come il primo perfetto nichilista d’Europa, che però ha già vissuto fino in fondo il nichilismo in se stesso e si sente sopra e dopo di esso. Molti critici hanno dibattuto sul perché Nietzesche si sente oltre lo stesso nichilismo, dal momento che sostiene di averlo attraversato.
Nelle sue opere, però appaino evidenti alcune tesi riguardanti questo tema: l’uomo, ad un certo punto della sua storia sostiene che l’esistenza non ha ne un senso ne uno scopo e che tutto è niente, poiché, in virtù delle metafisiche e delle religioni; questo perché egli, inizialmente si è immaginato dei fini assoluti e delle realtà trascendenti (mondo vero) e in seguito ,vivendo, ha scoperto che essi non esistono e che l’essere non è né uno, né vero, né buono, piombando nell’angoscia nichilistica.
Più l’uomo si è illuso, più è rimasto deluso, come ad esempio dimostra il caso dell’individuo post-cristiano: tale individuo avendo smesso di credere nell’aldilà, soffre un terribile senso di vuoto, che non percepirebbe così acutamente se non fosse cristiano e non gli fosse stata trasmessa dal cristianesimo l’idea o meglio l’illusione dell’aldilà.
- L’equivoco del nichilismo consiste nel dire che il mondo, non avendo i significati forti che i metafisici gli attribuivano, non ha nessun senso. In realtà i significati pur non esistendo come strutture metafisiche date, esistono come prodotti della volontà di potenza, che affrontando il caos dell’essere impone ad esso i propri fini.
Nietzesche pur essendo un nichilista radicale (poiché nega la presenza di valori intrinseci alle cose) lo è in modo tale da superare il nichilismo stesso. Poiché patologica è la conclusione che non c’è nessun senso, il nichilismo appare al filosofo semplicemente come uno stadio intermedio, un no alla vita che prepara il si attraverso l’esercizio della volontà di potenza.
Nietzesche distingue due tipi di nichilismo:
- nichilismo attivo che costituisce una forza violenta di distruzione delle vecchie fedi
- un nichilismo passivo che è il segno di debolezza dello spirito.
La differenza sostanziale tra i due, è rappresentata dal fatto che se da un lato il nichilismo attivo può ancora essere un segno di forza non sufficiente per porsi ora nuovamente un fine, dall’altro lato può fungere (come in N.) da premessa per il superamento del nichilismo e per l’affermazione della volontà di potenza.
Secondo Nietzesche vivere senza certezze metafisiche assolute non significa distruggere ogni senso o norma, ma responsabilizzare l’uomo in quanto fonte di valori e di significati. Superare il nichilismo significa accettare il rischio e la fatica di dare un senso al caos del mondo dopo la morte delle vecchie fedi. La soluzione di Nietzesche contro il nichilismo si esprime filosoficamente nei tre concetti chiave dell’eterno ritorno, del superuomo e della volontà di potenza.
Autore: Sara Scasseddu
http://anki.altervista.org/appunti/riassunti/nietzsche_riassunto.doc
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LA FILOSOFIA DI FEDERICO NIETZSCHE
A
1.
La vita di Nietzsche si intreccia con la sua biografia, tanto che si può dire che tutte le opere di Nietzsche siano in un certo senso autobiografiche. Nacque nel 1844 a Rocken, in Sassonia. Suo padre, pastore luterano, colto e amante della musica, morì quando il nostro aveva cinque anni. Gli anni della prima infanzia egli li rammenta come una felicità perduta. La madre si trasferì a Naumburg con il piccolo Friedrick e la sorellina Elisabeth. Nel 1858 entrò nel ginnasio di Porta, una delle scuole più celebri della Germania. Nel 1864 si iscrisse nella facoltà teologica di Bonn, attratto dal destino del padre.
Ma i suoi interessi erano già rivolti alla filologia classica. Nel 1855 seguì il grande filologo Ritschl a Lipsia.
2.
Nel 1866 Nietzsche lesse il capolavoro di Schopenhauer, Il Mondo come volontà e rappresentazione, e ne ricevette una sorta di conversione filosofica.
Nello stesso anno conobbe la musica wagneriana. Egli incontrò per la prima volta Richard Wagner nel 1868, a Tribschen, sul lago di Lucerna. Wagner si accingeva a compiere la più grande rivoluzione musicale del secolo, grazie anche alla protezione del Re Ludwig di Baviera, che nel 1865 gli aveva consentito l’esecuzione dell’opera Tristano e Isotta, a Monaco. Nietzsche era in quel periodo a Basilea, alla cui Università il filologo Ritschl aveva appoggiato il ventiquattrenne studente prediletto.
3.
Nel 1870, durante la guerra franco-prussiana, Nietzsche si arruolò come infermiere. Ma non condivise gli entusiasmi di tanti suoi connazionali per la nascita dell’Impero tedesco, leggendovi nascoste delle terribili calamità storiche. Si fa strada il lui una sorta di profetismo filosofico che sarà sempre presente nei suoi pensieri.
4.
Nel 1871 pubblicò La nascita della tragedia, uno scritto che segnò la sua rottura con il mondo universitario e gli costò anche un attacco violento da parte del futuro grande filologo Wilamowitz. Con La nascita della tragedia il giovane Nietzsche avvia il suo straordinario isolamento spirituale che caratterizza tutta la sua vita.
5.
Verso la metà degli anni Sessanta i rapporti tra Nietzsche e Wagner cominciarono a raffreddarsi. Nel 1876 nel nuovo teatro di Bayreuth, voluto da Wagner e finanziato dal Re di Baviera, venne eseguita per la prima volta la Tetralogia di Wagner (serie di 4 opere unite dalla continuità tematica: L’Oro del Reno, Le Valchirie, Sigfrido, Il Crepuscolo degli dèi). Ma di fronte al grande evento Nietzsche ha una reazione imprevista con questo giudizio: “Distrazione serale per borghesi soddisfatti bisognosi di qualcuno che li nobiliti”!.
6.
Nel 1879 Nietzsche lascia per sempre la cattedra di Basilea per una sofferenza psico-fisica che gli impedisce di insegnare. Con una piccola pensione inizia un decennio, 1880-1889, di solitudine errante che privilegia da un lato la Liguria, dal Tigullio a Nizza, dall’altra l’alta Engadina (Sils-Maria vicino a Sankt-Möritz) in Svizzera. E infine Torino, nel 1888-89 (piazza Carlo Alberto).
A Torino Nietzsche ebbe un crollo mentale, e venne ricondotto in Germania con l’aiuto della sorella Elizabeth e di amici. Trascorse gli ultimi dieci anni di vita nel buio della mente.
7.
La sorella dopo la sua morte, che avvenne nel 1900. pubblicò un’opera postuma, La Volontà di Potenza, che il fratello aveva lasciato scritta in un gran numero di frammenti. Da questo nacque la leggenda che Elizabeth avesse addirittura alterato delle pagine (leggenda oggi sfatata dopo la ripubblicazione dei frammenti postumi avvenuta negli anni Sessanta del 1900).
8.
Al centro della vita di Nietzsche c’è un’opera singolare, Così parlò Zarathustra, che è un lungo poema filosofico – o se vogliamo un’opera di filosofia che assume il significato e la forma del mito - composto negli anni Ottanta davanti al golfo del Tigullio e sotto i cieli dell’Engadina, in una lingua straordinariamente esuberante, espressiva.
Importanti sono anche La gaia scienza, raccolta di aforismi del 1882, e l’Ecce homo, una sorta di autobiografia filosofica scritta a Torino nel 1888. A Torino Nietzsche aveva scritto anche Il caso Wagner, che segnò la rottura definitiva dell’amicizia con il grande compositore.
B
9.
La Nascita della Tragedia è scritta sotto l’influsso di Schopenhauer. Questi, nel suo Mondo come Volontà e Rappresentazione, aveva scritto che non si conosce con la logica, si conosce con l’arte tragica e musicale. Nietzsche sentiva la vicinanza con la musica wagneriana, e il fatto che Wagner intendesse recuperare l’antica tragedia attraverso le sue composizioni.
10.
Nietzsche con quest’opera sferrava un attacco dei più violenti contro il pensiero consolatorio, rivolto al modo “ovvio” di intendere la classicità greca.
Questo modo “ovvio”, basato sul classicismo moderno, concepiva il mondo greco come mondo dell’armonia, dell’equilibrio razionale, della serenità pre-cristiana, della felice fusione con la natura. Nietzsche capovolge questo modo di intendere.
Inoltre mette in discussione la comune credenza che fa nascere la civiltà occidentale con Omero, sostenendo che dietro a Omero c’è una storia millenaria, e Omero non è un inizio ma un punto di arrivo. In generale Nietzsche afferma che quando una civiltà si presenta con i tratti della serenità e della grazia, vuol dire che c’è stata una lunga meditazione, che essa è un risultato, e ci sono stati prima lunghi tempi di lotte e sofferenze indicibili.
11.
Al centro c’è la distinzione di Apollineo e Dionisiaco. L’arte non è solo “Apollo”, cioè dominio della bellezza, dell’equilibrio, dell’armonia razionale. Accanto c’è un secondo aspetto, “Dioniso”, l’altra faccia dello spirito: quella dei Misteri dionisiaci, un’altra religiosità, un’altra cultura rispetto a quelle apollinee.
12.
Che cos’è Apollo? E’ il sogno, l’esperienza antica del sogno (Apollo è il dio che ispira i sogni, i sogni profetici). Certo Apollo è il dio dell’arte, ma di quale arte? L’arte plastica collegata con le immagini, scultura e pittura, poesia epica. Apollo è colui che “fa luce”, che “rende visibili” le figure divine. Dunque Apollo manifesta, ma perciò anche nasconde con la sue stessa luce (come fa il sole con le stelle del cielo). Perciò è altresì il dio dell’illusione. E che cosa nasconde con la sua luce?
13.
Apollo nasconde Dioniso, è la sua maschera. Dioniso è il dio dell’ebbrezza, del vino, delle feste orgiastiche, il dio che in un certo senso nega tutte le immagini, che nega il “principium individuationis”, che è il principio di Apollo. In Dioniso vi è lo smisurato, l’incommensurabile, il flusso vulcanico e oceanico della vita, creazione e distruzione – il dio che riporta l’uomo in seno alla natura primordiale, dove trionfano la gioia selvaggia e il dolore violento.
14.
Nietzsche sostiene che l’arte della tragedia antica (Eschilo, Sofocle) ha creato un mirabile accordo tra Dioniso e Apollo. L’epoca della tragedia, che è insieme apollinea e dionisiaca (il coro della tragedia è l’elemento dionisiaco, connesso con la musica e la danza, mentre il mito, la vicenda con il protagonista è l’elemento apollineo), è un miracolo perché unisce insieme quello che invece in passato appariva in un ciclo alterno di successione. Le età precedenti erano ora dionisiache ora apollinee, nel senso che a una fase di dolorosa barbarie dionisiaca succedeva una fase di dominio razionale apollineo.
C
15.
Quando nasce la filosofia socratica il mondo tragico muore per sempre, escluso da un punto di svolta che costituisce un processo di rimozione che Nietzsche chiama “il grande ottimismo”. Che cosa intende con questa espressione? Intende la nascita dell’uomo teoretico, razionale, che non ha più la sapienza (che è dionisiaca), ma la cerca (filo-sophia, ricerca della sapienza).
16.
Alla sapienza dionisiaca sono estranei ragione, intelletto, ciò che tale sapienza conosce può essere espresso solo artisticamente. Il linguaggio di Dioniso è l’arte (è Apollo).
Invece l’uomo teoretico si precisa come uno che cerca, che è sempre alla ricerca. L’uomo teoretico fonda la visione di un uomo la cui essenza sia la ricerca della verità. Nietzsche definisce questo un “delirio metafisico”.
17.
Quest’uomo è definito dalla brama di sapere, dal penetrare al fondo delle cose. Nasce così la scienza, perseguita con l’arma della logica, e con la scienza l’idea di una modificabilità sia delle cose che dell’uomo stesso. Nasce il sogno di una società che sotto la guida della scienza renda gli uomini felici, appagati “dal dio delle macchine”. Un tale mondo, il mondo che promette felicità attraverso la scienza, promette di liberare tutti gli uomini dalle antiche schiavitù, ma come non mai ha bisogno di costruirsi i propri schiavi.
18.
L’uomo teoretico, sorto dalla rimozione del tragico, non vuole più aver a che fare con la crudeltà delle cose, con il dolore. E’ questa secondo Nietzsche la fenomenologia della modernità che segna il punto d’arrivo di un processo millenario di decadenza e che dà luogo al più inquietante degli effetti, il nichilismo.
19.
In che cosa consiste la decadenza, che per Nietzsche è un fatto epocale che sembra ripercorrere a rovescio le tappe della concezione hegeliana della storia? La decadenza si riferisce al fenomeno vitale. La “vita” è vitalità, sanità e questo significa accrescimento.
20.
Schopenhauer nega la vita. Il distacco di Nietzsche da Schopenhauer (e anche da Wagner, che egli interpreta sempre attraverso la filosofia di Schopenhauer) si determina proprio in relazione al “pessimismo” schopenhaueriano, che ripudia la vita come male e dolore, cioè come “volontà”. Per Nietzsche il punto di valutazione sulla vita è proprio la vita, che di per sé è un bene.
21.
Attraverso Schopenhauer, Nietzsche crede di cogliere l’intera tradizione europea, platonica, cristiana, kantiana, caratterizzata dal dualismo sensibile ultrasensibile, fenomeno noumeno, in cui è implicita una condanna della vita stessa. In Eraclito invece Nietzsche vede l’esaltazione del puro divenire, cioè della vita stessa nel suo slancio (che implica simultaneità di creazione-distruzione).
22.
Dunque la svolta avvenuta con Socrate arriva fino alla modernità perché contiene in sé l’idea, assurda agli occhi di Nietzsche, di un progresso infinito verso la “verità”, come se l’uomo procedesse di generazione in generazione in vista di una ricerca senza fine, l’ideale della scienza.
D
23.
Agli occhi di Nietzsche la scienza è una forma ingannevole, illusoria, perché promette progresso, felicità, benessere, dignità umana, ma alla fine emerge una sottomissione senza precedenti degli uomini al lavoro, dove predomina una cultura egoista, utilitaristica, il cui fine è il piacere come separato dal dolore, dalla capacità di soffrire. Unico significato della vita è quello economicistico.
24.
L’uomo moderno perciò si nasconde del tutto alla verità tragica dell’esistenza, alla verità dionisiaca.
25.
In un passo della Gaia Scienza, Nietzsche ironizza sull’ideale dell’utilitarismo dei Bentham e dei Stuart Mill, che pretende di staccare il piacere dal dolore, di organizzare un tipo di società in cui al massimo possibile di piacere corrisponda il minimo possibile di dolore. Una tale pretesa sarebbe destinata a ridurre gli uomini alla stregua di mandrie di buoi, perché più si elimina la capacità di soffrire più si abbassa anche quella della gioia. Gioia e dolore sono legati insieme.
L’ideale di Bentham in fondo è la nostra “società del benessere”, la “società dei consumi”!!
26.
Di qui la “profezia” nicciana che il secolo XX avrebbe prodotto le più grandi “rivolte degli schiavi” della storia, allorché le masse imbevute di illusioni profuse in loro dalla scienza, dalla democrazia, dal socialismo e in genere dagli ideali di “una vita migliore”, di “una società migliore”, pretenderanno ciò che nessuna società potrà mai loro dare: la fine del dolore umano.
27.
La società che deriva dalle illusioni della scienza secondo Nietzsche è invece destinata a produrre la più immane schiavitù mai conosciuta dall’uomo.
28.
Al fondo di questa decadenza della vita c’è il fenomeno più inquietante, il nichilismo.
E
29.
La vita, secondo Nietzsche, è Dioniso con le infinite “maschere” di Apollo. Per capire questo punto bisogna ricordare che per lui Dioniso, cioè la vita, nelle maschere di Apollo si autointerpreta, e perciò si manifesta e nasconde nello stesso tempo. Perciò Dioniso è arte. E’ come se fosse un infinito gioco cosmico, divino – una gratuità assoluta.
30.
Ma ciò vuol anche dire che, perciò, in ogni manifestazione della vita c’è come una maschera (Schopenhauer), e ogni maschera della vita è un modo con il quale la vita stessa si proietta nel suo slancio creativo. Ogni forma di vita è un’interpretazione che la vita dà di se stessa, e questo significa che in fondo non c’è distinzione alcuna tra la maschera e il volto.
31.
La vita dunque è sempre in qualche modo inganno, mimetismo, simulazione, prospettiva.
32.
Ne conseguono due cose.
Primo, che fare filosofia allora per Nietzsche significa “smascherare”, nel senso di togliere la maschera ad ogni pretesa di verità assoluta, definitiva, totale – perché le maschere di Dioniso sono infinite.
Secondo, che la grande crisi dell’Occidente consiste proprio nel fatto che la modernità ha una maschera rigida, che non si vuol togliere, e questo è il vero pericolo della nostra civiltà, un pericolo incombente di asfissia.
33.
Perciò per Nietzsche “salute” significa sconfiggere quel platonismo iniziale che ha finito con l’imporre a tutto l’Occidente la maschera unica della scienza, bloccando così la vita e condannandola a decadenza irreversibile.
34.
Il segno più minaccioso di questa decadenza è appunto il nichilismo. L’ideale della scienza ha finito col volgere su stesso la propria lama tagliente, conducendo l’uomo moderno alla perdita del senso di tutti i valori, quegli stessi valori che aveva professato per secoli. La società moderna ha secolarizzato la promessa di felicità platonica e cristiana nei miti del progresso, dell’uguaglianza, del benessere, ma ormai si tratta di una sorta di menzogna consapevole (sono le utopie moderne!), perché lo spirito critico della scienza ha nel frattempo distrutto i suoi stessi postulati.
35.
Nell’epoca del nichilismo la vita rischia perciò di precipitare nel non senso radicale, perché la sua vitalità ha sempre bisogno di “maschere”. L’espressione “Dio è morto” per Nietzsche annuncia il nichilismo e la possibilità del suo oltrepassamento.
F
36.
Nel poema “Così parlò Zarathustra” Nietzsche rilancia, per così dire, il ritorno di Dioniso sulla terra. Dioniso non può più tornare con la maschera del mito apollineo, e tanto meno con quella socratica della civiltà scientifica. La musica di Wagner è la prova che Dioniso non può tornare con la maschera di un mitico passato, cioè dell’autoinganno puro e semplice (Wagner è il ritorno al mito che significa agli occhi di Nietzsche una forma di decadenza analoga a quella dell’ideale della scienza).
37.
Il superamento sia del mito decadente che della scienza è esposto in tre nuovi “miti” che la parola profetica e liberatrice di Zarathustra annuncia agli uomini. Si tratta del mito della “volontà di potenza”, del mito del “Superuomo”, del mito dell’”eterno ritorno”.
38.
La Volontà di Potenza corrisponde alla “volontà” di Schopenhauer col segno rovesciato.
Nel poema Zarathustra richiama la figura del cammello, quella del leone, e infine quella del fanciullo. Il cammello porta sulla schiena il carico dei “valori” imposti dalla scienza, il “tu devi!” kantiano. Il leone rappresenta la rivolta contro l’insopportabile peso del carico, la loro distruzione. Il fanciullo esprime l’innocenza della vita, al di là della sottomissione e della rivolta, è Dioniso che porta infinite maschere e perciò è “al di là del bene e del male”, perché il divenire non è né buono né cattivo.
39.
Questo significa “volontà di potenza”. Continuo superamento di sé, la vita è fatale accrescimento oppure fatale scomparsa, dunque ciò che la vita vuole in ogni individuo è dominio, potenziamento, non vi è una condizione di equilibrio, tutti i valori sono strumenti della volontà di potenza e servono ad essa. Anche i pessimisti e i deboli che si sottomettono sono radicati in questa “volontà di potenza”, lo fanno in questa forma. Né la vita è istinto di sopravvivenza, come vogliono i positivisti e i darwinisti, perché la volontà di potenza può cercare anche la propria distruzione per non rinunciare a se stessa.
40.
Il mito del “Superuomo” esprime il superamento del nichilismo e corrisponde al ritorno di Dioniso, che è una sorta di risveglio dal lungo sogno nichilistico. Che cosa significa il Superuomo? La capacità di vivere la profondità del mondo, che innanzitutto è il suo dolore, a cui corrisponde però la gioia. E mentre il dolore vuole che la vita “passi” (perché nessuno vorrebbe soffrire), la gioia invece “vuole l’eternità” (perché nella gioia ognuno vorrebbe che il tempo si fermasse). Dunque il Superuomo anela all’eternità, a quello che Nietzsche chiama “il dire sì alla vita”!
41.
E perciò il Superuomo è volontà di potenza e concepisce il tempo non come un perenne rinvio “a qualcos’altro”, a un futuro ipoteticamente migliore, a un senso e valore separati dall’istante presente – ma invece come una coincidenza con l’eternità.
42.
Ma come può l’istante presente coincidere con l’eternità? E’ questo il significato del mito dell’eterno ritorno.
43.
Se il tempo ritorna eternamente su se stesso, se ogni istante di tempo non è un semplice “passare per sempre” e svanire nel nulla, ma è destinato a tornare infinite volte – se il tempo cioè è un movimento circolare infinito – allora ogni istante è eterno. E’ vero che passa, ma è già stato infinite volte e sarà ancora infinite volte, dunque nel suo stesso passare è carico della sua eternità.
44.
Ciò vuol dire che il tempo ha in se stesso il suo significato e il suo valore. Questo Nietzsche lo afferma contro quelli che chiama “detrattori della vita”, in quanto come dicevo separano le ore della vita dalla pienezza del loro significato per noi. I detrattori della vita, secondo Nietzsche, svalutano il tempo in nome di una pienezza sempre soltanto “futura”, e non importa se siano platonici e cristiani oppure i progressisti atei del XIX secolo.
45.
Perciò nel mito dell’eterno ritorno (di chiara origine stoica) il circolo del tempo salda l’eterno con l’istante temporale. Ma questo significa allora che tutta la vita è per così dire benedetta, col suo dolore e la sua gioia. Accettare la vita e dire di sì, significa coglierla come una benedizione senza pretendere di separare la gioia dal dolore, perché questo, come abbiamo visto, significherebbe rinunciare alla sua pienezza, che è la pienezza divina del dionisiaco.
46.
La conclusione è che i tre miti del Zarathustra sono tre aspetti dello stesso tema, il superamento del nichilismo contemporaneo. La stessa forma mitica significa che si tratta di un ritorno dello spirito tragico in una prospettiva “salvifica”.
Fonte: http://www.istituto-santanna.it/Pages/LiceoScientifico/nicce.doc
Sito web: http://www.istituto-santanna.it/
LICEO SCIENTIFICO SANT’ANNA
Autore del testo: Deo gratias
Riassunto Friederich Nietzesche
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