Georg Wilhelm Friedrich Hegel
Georg Wilhelm Friedrich Hegel
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HEGEL E LA SUA IDEOLOGIA:
PREMESSA:
Le tesi di fondo dell'idealismo di Hegel sono
1) la risoluzione del finito nell'infinito;
2) l'identità fra ragione e realtà;
3) la funzione giustificatrice della filosofia.
1. FINITO E INFINITO:
Secondo Hegel la realtà non costituisce un’insieme di sostanze autonome, ma un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o una manifestazione. Quest’organismo rappresenta la causa dell’esistenza di ogni realtà e coincide con l’Assoluto e con l’infinito. Mentre i vari enti del mondo, essendo una manifestazione di tale organismo (che rappresenta l’Assoluto e l’Infinito), coincidono con il finito. Il finito inteso come tale, non esiste perché il finito come lo intendiamo noi è solo un’espressione parziale dell’infinito. Infatti per capire ciò basta pensare che una parte una porzione di qualsiasi cosa, non esiste senza il tutto; allo stesso modo il finito esiste unicamente nell’infinito e in sua funzione. L’ideologia e il pensiero di Hegel coincidono con il cosiddetto monismo panteistico secondo cui il mondo (che rappresenta il finito) è una manifestazione o realizzazione di Dio (che rappresenta l’infinito) .Per Hegel il mondo si identifica con un soggetto spirituale in continuo divenire.
2. RAGIONE E REALTà:
Il soggetto spirituale infinito, che sta alla base della realtà viene chiamato da Hegel, ”idea “o “ragione”, riferendosi all’identità di ragione e realtà. Da ciò deriva il famoso aforisma «Ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale».
Con l’espressione “ciò che è razionale è reale “ Hegel vuole dire che la razionalità non è pura astrazione, ma è la forma stessa di ciò che esiste, in quanto la ragione governa il mondo e lo costituisce.
Con l’espressione “ ciò che è reale è razionale” egli invece, intende affermare che la realtà non è una materia caotica, ma è la manifestazione di una struttura razionale (la ragione) che si rivela in modo inconsapevole nella natura e in modo consapevole nell'uomo. L'identità tra realtà e ragione implica anche l'identità tra essere e dover essere, in quanto ciò che è risulta anche ciò che razionalmente deve essere.
Hegel infine, ritiene che la realtà costituisca una totalità processuale necessaria, costituita da una serie di momenti, che rappresentano ciascuno il risultato dei momenti precedenti e il presupposto di quelli seguenti.
3. LA FUNZIONE DELLA FILOSOFIA:
Hegel sostiene che il compito della filosofia sia quello di prendere atto della realtà e nel comprendere le strutture razionali che la costituiscono. Quindi il compito della filosofia è capire ciò che è, poiché tutto ciò che è , è ragione. La filosofia però, arriva sempre troppo tardi a dire come deve essere il mondo, poiché arriva quando la realtà ha compiuto il suo processo di formazione. L'autentico compito che Hegel ha voluto attribuire alla filosofia è quindi quello di giustificare la realtà; la filosofia quindi non si deve assolutamente permettere di determinarla e guidarla.
4. IL DIBATTITO CRITICO INTORNO AL GIUSTIFICAZIONISMO HEGELIANO:
Per Hegel lo sviluppo storico è il processo attraverso cui si realizza (cioè diviene reale) l'assoluto (cioè La ragione); ne consegue che tutto ciò che accade nella storia sia razionale, pertanto ogni cosa accade come è giusto e bene che sia. Quindi ogni cosa che accade trova giustificazione nel fatto che è manifestazione dell'assoluto.
Hegel giunge cosi a considerare gli eventi storici (intendendo non ogni cosa che accade, ma solo gli eventi fondamentali) come razionalmente necessari e per ciò giusti.
Quindi:
1. gli illuministi hanno torto nel considerare la storia come un processo irrazionale;
2. gli illuministi sbagliano nel sostenere che lo scopo della filosofia sia quello di cambiare le cose, poiché le cose sono giuste cosi come sono;
3. infatti non solo ciò che è reale è razionale, ma reale (ciò che accade) e ideale (come le cose dovrebbero essere) coincidono;
4. naturalmente questo discorso vale non per ogni evento accidentale (privo di importanza) ma solo per gli eventi essenziali
5. LA DIALETTICA:
L'Assoluto per Hegel è divenire; la legge che lo regola è la dialettica che rappresenta sia la legge di sviluppo della realtà (valore ontologico) che la legge di pensiero che serve per comprendere la realtà (valore logico).
Hegel distingue tre momenti del pensiero:
- L'astratto o intellettuale (tesi) : è il momento in cui la realtà viene concepita come un’insieme di oggetti, di determinazioni autonome, per cui vale il principio di identità (A=A) e di non contraddizione (A non è “ non A” ).
- Il momento dialettico o negativo razionale (antitesi): che consiste nel rendersi conto che per capire una cosa è necessario relazionarla al suo opposto (ad esempio: non si può conoscere l’amore, se prima non si conosce l’odio e viceversa); questa teoria coincide con l’armonia degli opposti di Eraclito.
- Il momento del superamento (sintesi): consiste nel conservare tesi e antitesi, superandole con la sintesi.
Per puntualizzare tale concetto possiamo dire che : la dialettica è costituita da tre momenti, ovvero tesi , antitesi, e sintesi ; la realtà è l’assoluto, e quest’ultimo è la storia ( intesa come tesi) , che è un processo continuo di eventi (antitesi) che viene sempre superato da una nuova tesi (sintesi). Per Hegel la storia costituisce una sintesi chiusa, in quanto egli ritiene che un giorno si creerà la società perfetta, cosi che non vi potrà essere una nuova tesi e il circolo del superamento si chiuderà.
La dialettica quindi consiste: nell'affermazione di un concetto astratto e limitato che funge da tesi, nella negazione di questo concetto come limitato o finito e nel passaggio ad un concetto opposto che funge da antitesi; nell'unificazione della precedente affermazione e negazione di una sintesi positiva che comprende entrambe. La sintesi è una riaffermazione che Hegel chiama Aufhebung che esprime l'idea di superamento.
6. PUNTUALIZZAZIONE CIRCA LA DIALETTICA:
1) La dialettica comprende la totalità dei 3 momenti indicati.
2) La dialettica esprime il principio fondamentale della filosofia di Hegel: la risoluzione del finito nell'infinito. Infatti ci mostra come ogni finito (ogni parte di realtà) non possa esistere in se stesso, ma solo in un contesto di rapporti.
3) La dialettica ha un significato globalmente ottimistico perché ha il compito di unificare il molteplice, conciliare le opposizioni e ridurre ogni cosa all'ordine e alla perfezione del tutto.
4) Pensare dialetticamente significa pensare la realtà come una totalità processuale che procede secondo lo schema di tesi, antitesi e sintesi. La dialettica è una sintesi finale chiusa, cioè un ben preciso punto di arrivo.
7. LA CRITICA ALLE FILOSOFIE PRECEDENTI
A. HEGEL E GLI ILLUMINISTI:
Gli illuministi considerano l’intelletto come “il giudice della storia”; per questo motivo loro sono costretti a sostenere che il reale non è razionale , dimenticando però che, che la vera ragione (ovvero lo spirito) è quella che si rivela nella storia e abita in tutti i momenti di essa.
La ragione degli illuministi è finita e parziale cioè una ragione astratta, che pretende di stabilire come la realtà e la storia dovrebbero essere; mentre per Hegel la storia e la realtà sono ciò che necessariamente devono essere.
HEGEL E KANT:
- Con la sua filosofia, attraverso il criticismo, Kant si era proposto di determinare le condizioni di esistenza e di validità di ogni conoscenza, fissandone i limiti; costruendo cosi la cosiddetta “filosofia del finito”.
- Hegel critica anche il fatto che Kant , voglia indagare la facoltà del conoscere , prima di conoscere. E’ come se qualcuno pretendesse di imparare a nuotare, senza prima tuffarsi e provare a nuotare nell’acqua.
HEGEL E I ROMANTICI:
Hegel era venuto in contatto con la filosofia romantica, e pur condividendo il tema dell’infinito (anche se secondo lui era percepibile tramite la ragione dialettica, mentre per i romantici attraverso la fede e il sentimento), polemizzava su diverse loro posizioni e opinioni. Hegel, pur non condividendo tutti gli aspetti del romanticismo, non lo supera con la sua filosofia, ma si può dire che egli lavori all’interno di esso.
La sua polemica verte su due punti principali:
1) contesta il primato del sentimento, dell'arte e della fede nella cultura romantica, sostenendo che la filosofia, in quanto scienza dell'assoluto, costituisce una forma di sapere mediato e razionale.
2) contesta gli atteggiamenti individualistici dei filosofi romantici, affermando che l'intellettuale non deve interessarsi solo al proprio io (legge del cuore), ma deve anche osservare ed essere partecipe dell'oggettivo corso del mondo , adeguandosi alle istituzioni socio-politiche del proprio tempo; ad esempio: si pensi ad un gruppo di persone e ad un nuovo arrivato, sarà il gruppo a doversi adattare a lui o sarà quest’ultimo a sapersi adattare al gruppo?
Fonte: http://anki.altervista.org/appunti/riassunti/hegel_carla.doc
Autore: Carla
Georg Wilhelm Friedrich Hegel
Georg Wilhelm Friedrich Hegel
- I problemi di Hegel
Hegel è passato alla storia come il filosofo della contraddizione e della scissione, ma anche della conciliazione, in quanto cerca di superare il conflitto tra elementi scissi, o contrapposti.
FEDE (religione) e SAPERE (scienza)
Hegel cerca di superare la profonda scissione tra religione e scienza.
Nell’età moderna, lo sviluppo delle scienze ha portato alla costruzione di un nuovo sistema dell’universo: il mondo funziona, è spiegabile in base alle leggi della natura, leggi interne al mondo stesso, senza nessun riferimento a Dio.
Si crea così una scissione tra fede e sapere, dove Dio è relegato ad un al di là sconosciuto, è un oggetto del sentimento (Schleiermacher), di cui si può avere solo un’idea.
Per Hegel, invece Dio è la dimensione, la realtà profonda del reale, ciò che sta al fondo di tutte le cose. Non è una “x” sconosciuta (noumeno di Kant ), ma qualcosa che si può conoscere. L’Assoluto è conoscibile dalla ragione speculativa.
Di conseguenza, ogni cosa è la manifestazione di Dio, dell’Assoluto.
A questo punto sembrerebbe che l’hegelismo sia una forma di spinozismo (esiste un’unica sostanza, tutte le cose singole non sono altro che modi della sostanza).
In verità, la differenza fra i due sistemi è notevole. Mentre per Spinoza, l’Assoluto è una Sostanza statica che coincide con la Natura, per l’idealista Hegel si identifica invece con un Soggetto spirituale in divenire, di cui tutto ciò che esiste è un ‹‹momento›› di realizzazione.
SOGGETTO ed OGGETTO
Hegel cerca di superare la distinzione tra soggetto (ciò che sta a fondo,la sostanza,la realtà individuale) e l’oggetto (che letteralmente significa "ciò che è posto dinanzi", gettato davanti a me).
Di conseguenza, Hegel è un critico severo di:
- Cartesio, che distingueva tra la sostanza pensante (res cogitans) e la sostanza estesa (res extensa).
- Kant, che separando il fenomeno dal noumeno, non riesce a cogliere l’infinito.
Hegel supera questa scissione, affermando che le strutture razionali(logiche) non si trovano soltanto nella nostra mente(Kant), ma anche nella realtà tutta.
Da ciò la celebre formula hegeliana: ‹‹ Ciò che è reale è razionale, ciò che è razionale è reale››.
Hegel con questa formula, non esprime la semplice possibilità che la realtà sia compresa o penetrata dalla ragione, ma la necessaria, totale e sostanziale identità tra realtà e ragione, tra soggetto ed oggetto.
Da ciò discende l’identità tra logica e metafisica, in virtù della quale lo studio del pensiero(logica) equivale, di fatto, allo studio delle strutture ultime del reale, dell’essere(metafisica−ontologia).
FINITO e INFINITO
Hegel sostiene che, se l’Infinito fosse contrapposto al finito, sarebbe un finito a sua volta ( o un “cattivo Infinito”). Dio è la Sostanza infinita, in quanto si trova dappertutto. Si pensi alla tradizione cristiana: “Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo”.
Di conseguenza, il finito, come tale, non esiste. L’Infinito è l’unica realtà; noi siamo manifestazioni, momenti dell’Infinito.
Inoltre, lo Spirito non è solo sostanza (Spinoza), ma anche Soggetto in divenire. Infatti, la realtà del divino è dinamica, in movimento.
Per Hegel, l’Assoluto è unità, identità di finito ed infinito.
Questa unione, che corrisponde all’autocoscienza piena dello Spirito, la riscontra:
- Nell’arte classica, sotto forma di intuizione sensibile( si pensi ad es. alla statua greca del dio Apollo);
- Nella religione, sotto forma di rappresentazione(attraverso esempi più concreti, accessibili a tutti, nella forma del racconto, del mitos). Ad es. nella storia di Gesù, vero uomo e vero Dio.
- Nella filosofia, l’Assoluto acquista coscienza di sé nella forma più alta, quella concettuale. Per questo “ la filosofia è per pochi, la religione è per tutti.”
Arte, religione e filosofia hanno lo stesso contenuto, in forma differente:
intuizione - rappresentazione – concetto.
INTELLETTO e RAGIONE
Per quanto riguarda il contrasto tra intelletto e ragione, sarebbe utile recuperare la concezione di Kant, secondo la quale soltanto l’intelletto giunge a conoscenze universali e necessarie, mentre la ragione che tende ad oltrepassare i propri limiti, cade inevitabilmente in antinomie e paralogismi.
Hegel invece sviluppa una concezione negativa dell’intelletto scientifico; poiché secondo lui questa facoltà frantuma la realtà, distruggendo l’unità che è una caratteristica dello Spirito.
La ragione al contrario, ha per oggetto l’Assoluto e quindi può ricondurre il tutto all’unità. La verità dunque sembrerebbe risiedere proprio nella ragione, che riesce a cogliere l’Assoluto,ovverol’unità. “Il vero è l’intero” dice Hegel nella Fenomenologia dello spirito.
INDIVIDUO e STATO
Il filosofo tedesco vuole risolvere un altro contrasto, quello tra individuo e stato, ispirandosi alla prospettiva aristotelica, la quale non riesce a concepire l’individuo come essere isolato, come essere che basta a se stesso.
Aristotele, infatti, nella Politica afferma: “Chi non può entrare a far parte di una comunità, chi non ha bisogno di nulla, bastando a se stesso, non è parte di una città,ma è una belva o un Dio”. Da questa considerazione aristotelica, Hegel trae una conclusione: il male nasce, quando l’individuo “non è più parte del tutto”.
La necessità della vita associata, sia per Aristotele sia per Hegel, non deriva da una scelta o da una convenzione, ma dalla stessa natura umana.
Secondo Hegel, la prima istituzione nella quale si manifesta questa dipendenza dell’uomo, da un “contesto” è la famiglia (rapporti di sangue, di parentela) fondata sull’amore e la fiducia.
Una volta uscito dalla famiglia, l’individuo entra in relazione con altri individui, instaurando con loro rapporti di interesse o lavoro (società civile).
A questo punto subentrano le leggi, che hanno la funzione di regolare tale rapporti, spesso segnati dal conflitto, in quanto gli individui tendono a perseguire interessi propri ed egoistici (bellum omnium contra omnes di Hobbes).
Lo Stato ha dunque il compito di riportare ordine nel disordine della società civile e di ridare unità, organicità alla convivenza sociale. Da qui la concezione organica dello Stato, prospettiva anti-atomistica ed anti-individualistica che è propria della filosofia politica di Hegel, secondo cui lo Stato è un’unione, un organismo vivente, una totalità, e non una somma di parti indipendenti tra loro.
NATURA e SPIRITO
Abbiamo già visto come la struttura del reale sia fondamentalmente razionale.
Il reale ha una sorta di scheletro razionale, che appartiene sia all’uomo, sia alla realtà tutta. Di conseguenza, è cancellata ogni separazione tra il soggetto e la realtà. Tuttavia, vi è una profonda differenza tra la razionalità presente nell’uomo e la razionalità insita nella natura. Questa differenza si deve al fatto che:
- Nella Natura(leggi meccaniche, fisiche e organiche), le strutture razionali(o logiche)non dispongono dell’autocoscienza. La Natura, è l’idea «fuori di sè» o «nel suo essere altro» dallo Spirito.
- Nell’uomo (soggetti singoli, popoli, storia) invece si realizza compiutamente la dimensione dell’autocoscienza. Le strutture razionali diventano coscienti di se stesse.
In conclusione, la razionalità si rivela sia nella Natura sia nello Spirito, ma l’autocoscienza è riservata esclusivamente allo Spirito.
Autori :
ANTONIA IANTOMASI
ADELE ANGELLOZZI
http://www.unich.it/filosofia/didattica/aa20052006/online/garaventa/lezioni/2005-10-06%20problemi-Hegel.doc
GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL (1770-1831)
- ACCENNI SULLA VITA
Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda 1770, Berlino 1831) seguì i corsi di filosofia e teologia all’università di Tubinga dove fece amicizia con Schelling. Gli avvenimenti della Rivoluzione Francese suscitarono in lui un grande entusiasmo ed esercitarono sul suo pensiero un’influenza duratura. Terminati gli studi, Hegel fece il precettore in case private e fu per qualche tempo a Berna. Al tempo di questo suo primo soggiorno appartengono i primi scritti che rimasero inediti: Vita di Gesù (1795) e un saggio Sulla relazione della religione razionale con la religione positiva (1795/96). Successivamente si reca a Francoforte dove, continuando l’attività di precettore e restando fino al 1800, compie gli studi di economia. Frattanto, essendogli morto il padre, si recò a Jena, e qui esordì pubblicamente con l’opera Differenza dei sistemi di filosofia di Fichte e Schelling (1801). Da qui inizia una lunga carriera scolastica conclusasi nel 1818 quando viene chiamato dall’università di Berlino. Hegel morirà nella capitale tedesca, forse di colera, il 14 novembre 1831.
- LE OPERE GIOVANILI
Gli scritti giovanili comprendono la produzione letteraria del 1793 al 1800. Essi rimasero inediti per tutto l’Ottocento e la loro importanza per intendere la personalità di Hegel e il percorso di formazione della sua filosofia è stata messa in luce solo nel nostro secolo. In questi scritti l’argomento dominante è teologico, ma è molto netta la connessione con la politica: il tema della “rigenerazione morale e religiosa dell’uomo come fondamento della rigenerazione politica”. Egli era convinto che non si potesse realizzare alcuna autentica rivoluzione politica se non basata su una rivoluzione del cuore, su quella che oggi chiameremmo una rivoluzione culturale, una rigenerazione della persona nella sua vita interiore e del popolo nella sua cultura. Per questo motivo negli scritti giovanili non è possibile distinguere in modo netto il tema religioso da quello politico. Essi formano un’unità indiscernibile.
“Quello di Hegel è un tentativo di liberare Gesù dalla cornice in cui la storia cristiana l’ha rinchiuso…”
Adrian Peperzak
- VITA DI GESÙ
Hegel scrive Vita di Gesù tra il maggio e il luglio del 1795 durante il suo soggiorno a Berna. Si tratta, come afferma il titolo, di una esposizione storica della figura di Gesù che vuole essere "oggettiva": essa dunque si basa certamente sui documenti neotestamentari (soprattutto il vangelo di Giovanni), ma opportunamente scelti e criticamente vagliati. Da essi vengono pertanto espunti tutti gli episodi riguardanti i miracoli e dal carattere strettamente teologico (quelli in cui Gesù afferma la propria divinità) per concentrarsi sull'aspetto dottrinale
del messaggio evangelico di cui evidentemente si intende cogliere l'essenza. Quest'ultima è individuata nella dottina kantiana della virtù e della legge morale di cui Gesù sarebbe insieme il banditore e il modello di perfetta realizzazione. La vita, la figura e l'insegnamento di Gesù sono ricostruiti e seguiti dalla nascita alla morte attenendosi il più rigorosamente possibile all'empiricamente accertabile e all'umano, alla riconduzione della religione "entro i limiti della pura ragione" e alla sua riduzione a pura razionalità morale. Così Hegel produce una costante traduzione delle parole di Gesù in altrettante espressioni kantiane.
STRUTTURA DELL’OPERA: È insieme semplice e complesso produrre un riassunto dell' opera che in effetti, a parte le questioni ermeneutiche, non introduce variazioni sensibili rispetto alla narrazione dei fatti presenti nei testi evangelici. Nell'esporre la vita di Gesù Hegel compie, pur seguendo uno schema abbastanza libero, una notevole sintesi che attinge con una certa aderenza a tutte le fonti neotestamentarie (anche se si nota una prevalenza di Giovanni): l' arco di tempo considerato va dalla nascita alla morte e comprende tutti gli episodi più rilevanti nella narrazione sinottica, specialmente quelli in cui Gesù ha modo di manifestare, specialmente attraverso un serrato confronto con i farisei, la propria posizione dottrinale (ad esempio: l' episodio di Nicodemo, il sermone della montagna, la guarigione del paralitico in giorno di sabato, il perdono dell' adultera, il discorso durante l' ultima cena).
LA FIGURA DI GESÙ: Egli non è il Cristo, ma un uomo "deciso a rimanere eternamente fedele a ciò che stava incancellabilmente scritto nel suo cuore, a venerare soltanto l'eterna legge della moralità e colui la cui santa volontà è incapace di essere affetta da altro che non sia quella legge". La sua missione verso coloro che accorrevano ad ascoltarlo era quella di cercare "di rimuovere con il suo esempio e i suoi ammaestramenti la limitatezza di spirito dei pregiudizi ebraici e dell'orgoglio nazionale, e riempirli del suo spirito che poneva un valore solo nella virtù che non è legata ad una particolare nazione o a istituzioni positive".
“SDIVINIZZAZIONE” DI GESÙ: Ciò che caratterizza l'armonizzazione hegeliana dei Vangeli è l'aver fatto astrazione dal miracolo in senso fisico. Ma è proprio perché questo elemento non esiste, perché non dà nessuno scandalo all'intelletto, né viene da esso contestato criticamente o depotenziato attraverso spiegazioni, che la narrazione produce un così grande effetto. Hegel ha voluto rappresentarci Cristo in tutta la sua piena realtà umana, nella sua spirituale resistenza alle prove storiche. Ha osservato attentamente tutte le circostanze esterne, ha tenuto conto con cura di tutti i momenti psicologici del rapporto tra Gesù e i suoi discepoli e si è servito nell'esposizione delle parti didattiche del linguaggio del proprio tempo. In quest’opera la sua figura ha perduto tutta la sua trascendenza. Hegel non ha voluto lasciar fuori dalla Vita di Gesù l'elemento miracoloso per evitare una questione spinosa; lo dimostra il fatto che ha variamente discusso il rapporto fra speculazione e concetto di miracolo. Riteneva che tutti fossero d'accordo sulla verità del miracolo per fantasia. Per la fondazione della scienza suprema è importante sapere se si debba prendere come punto di partenza una storia, un'autorità, qualcosa d'incomprensibile oppure si debba attribuire indi pendenza e autorità alla ragione. In quanto si tenta di spiegare il miracolo storicamente, si è già rinunciato al diritto della ragione, poiché così, di fronte al difensore del miracolo, si tradisce l'indecisione nei confronti dell'autonomia della ragione.
RAPPORTO HEGEL-KANT: Il singolare rapporto Hegel-Kant che si trova alle spalle della stesura merita una conoscenza approfondita. La Vita di Gesù ha lo scopo pratico di realizzare la religione popolare. L'insegnamento di Cristo viene interpretato nel senso della fede morale di Kant, e l'esempio di Cristo deve quindi portare calore e forza a questa fede razionale. Sotto questo influsso Hegel pone in rilievo ovunque la capacità della ragione umana di darsi spontaneamente una propria legge. In conseguenza di ciò l'etica risulta fondata nell'essenza universale della ragione; ed ora egli trasferisce questo punto di vista e la sua profonda e amara opposizione alla religione legalistica, ai suoi dogmi e alle sue cerimonie, nel tempo del cristianesimo primitivo.
ANALISI GENERALE : La Vita di Gesù per unità di costruzione e compiutezza è da considerarsi il primo testo maggiore giovanile di Hegel, dove Cristo impersona l'ideale della religione razionale e naturale pura. Quest'opera sembra rivelare l'intenzione del giovane Hegel di fare il punto su un'esperienza essenziale, di assicurarsi di aver perfettamente compreso ed esaurito la sistematica morale kantiana, e insieme, il recupero teorico del Cristianesimo, almeno nella persona del fondatore, alla sfera della pura moralità, che lo stesso Kant
aveva già tentato. Hegel si spinge così fino al limite della possibilità di rivalutare il Cristianesimo riguardo al carattere della pura razionalità della religione. In apparenza il lavoro sembra l'esecuzione di un progetto kantiano di ricostruzione storica del Cristianesimo da dottrina morale ancora frammentaria a sistema razionale
puro di religione; se invece si guarda al contesto si può constatare come Hegel è già cosciente che né una morale né una religione possono venire esposte in una loro validità fuori di un loro riferimento ai bisogni del tempo. Se parla ancora di una religione pura, egli non può allora parlarne in senso kantiano, nel senso, quindi, di una religione naturale, cioè conforme alla natura in sé della ragione. Indubbiamente Hegel si muove dentro lo spirito kantiano, ma Kant non avrebbe riconosciuto come espressione del suo pensiero quella identificazione di evidente derivazione schellinghiana, con la quale Hegel inizia: “La ragion pura che trascende ogni limite, è la divinità stessa”. Il filosofo, in quest’opera, non pretende di dare un’idea esatta, storica della vita di Gesù; piuttosto la sua è un'esposizione spurgata di tutto ciò che non ha valore per noi, finalizzata a non vedere in Gesù se non ciò che desta interesse attuale, che può servire d'esempio. Hegel non solo spurga, ma trasforma anche il ritratto di Gesù presentato dal testo evangelico: egli ha voluto tentare un'esperienza, ha voluto comporre una vita di Gesù adattata ai bisogni della religione popolare. Così nella sua opera, da un lato adotta da Kant la concezione di un Cristo modello fedele alla ragion pratica; dall'altro assembla i dati contenuti nei quattro Vangeli in un racconto unico e continuo scartando in nome della ragione tutto ciò che è pratico. Poiché Gesù non ha il diritto di fare miracoli o di predicare altro che la moralità kantiana, Hegel combina ingegnosamente una certa fedeltà al testo evangelico con un divieto assoluto su tutto ciò che oltrepassa la ragione umana. Ma ben presto comprende che la verità rivelata dai vangeli non poteva adattarsi alla realtà sociale e politica in evoluzione nel mondo, poiché i vangeli facevano appello essenzialmente all’individuo distaccato dal suo contesto sociale e politico: lo scopo principale del vangelo consisteva essenzialmente nel salvare l’individuo e non la società o lo Stato. Non era dunque la religione che poteva risolvere il problema, né la teologia poteva enunciare principi per ristabilire la libertà e l’unità. Ne risulta che inevitabilmente gli interessi di Hegel vanno via via spostandosi lentamente dal piano teologico a quello filosofico.
Autore: FABIO MAINARDI
Fonte: http://skuola.tiscali.it/sezioni/tesine/tesina-messaggio-cristiano.doc
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