Hegel il sistema filosofico riassunto

 

 

 

Hegel il sistema filosofico riassunto

 

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Hegel il sistema filosofico riassunto

 

LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO

 

Prima figura: la certezza sensibile

La fenomenologia è la descrizione scientifica del sapere apparente. Nel senso che è il sapere che lo spirito crede di possedere prima di giungere al sapere assoluto e viene via via superato sino ad arrivare al sapere effettivo. Il punto di partenza della fenomenologia è la coscienza.

1° figura della coscienza che noi incontriamo è la certezza sensibile. Nella certezza sensibile la verità sta nell’assoluta immediatezza, invece per H. la verità sta nell’assoluta mediazione, cioè si riconosce solo quando io delineo le relazioni che lega la parte al tutto(più io individuo questi collegamenti più io mi avvicino alla verità)). Questa figura della certezza sensibile (1° della fenomenologia) appare all’inizio come la conoscenza più ricca e determinante ma si rivela ben presto come la più povera ed indeterminata, infatti nella sua immediatezza la certezza sensibile non può definire il proprio oggetto perché altrimenti dovrebbe ricorrere a concetti che sono già frutto di riflessioni e quindi non sono propri della certezza sensibile. A rigore la certezza sensibile non può nemmeno parlare poiché ogni termine del linguaggio , anche in un semplice aggettivo, implica la differenza, i rapporti e le classificazioni che contrastano con la natura immediata della certezza sensibile. Quindi la certezza sensibile fa sì che il suo oggetto possa essere indicato con un qui ed un ora , hic ed nunc, . La certezza sensibile è il fatto che ho di fronte una cosa ed all’inizio ho l’impressione che non ci sia nulla di più vero di questa, però è ingannatore questa posizione. Quindi nella certezza sensibile il questo (cioè il suo contenuto), si identifica con un hinc ed nunc, con quello che è in questo momento; tuttavia il vuoto questo, viene riempito dall’intuizione sensibile, quindi non posso parlare di vuoto questo ma dovrò parlare di una intuizione specifica che può essere ad esempio un albero, una casa. Inoltre l’ hinc et nunc, il qui ed ora, un istante è una cosa ed un istante dopo è un’altra e quindi va anche lui a definirsi. Questo significa che anche quando noi pretendiamo , come nella certezza sensibile, di avere a che fare con espressioni indeterminate in realtà ci sono già delle categorie dei contenitori universali, delle astrazioni universali, quindi il preteso sapere immediato della certezza sensibile vede dileguare la sua supposta concretezza, che appare ingenua. Quindi la figura della certezza sensibile appare contraddittoria e si risolve nella percezione che è la figura successiva.

La percezione si distingue dalla certezza sensibile perché implica la coscienza di una attività da parte dell’io nel percepire. In altri termini la certezza sensibile ,che appare una verità indubitabile e si esprime attraverso il particolare, appare pura verità contraddittoria e si capisce che per comprendere il particolare bisogna appunto passare all’universale, cioè alla percezione. Hegel nelle figure della fenomenologia individua delle precise posizioni filosofiche. In questo caso è chiaro che la certezza sensibile rimanda alle teorie empiristiche della conoscenza, secondo cui il pensiero trova la sua realtà immediata nella certezza sensibile. Qui Hegel evidenzia i limiti di queste posizione, cioè le posizioni semplicisticamente empiristiche della conoscenza non reggono. La conoscenza non può partire dal dato immediato, implica sempre comunque una concettualizzazione, una universalità.

La seconda figura: la percezione

La coscienza crede di aver raggiunto una posizione stabile con la percezione, più stabile sicuramente di quella precedente. Nella percezione si ha l’attribuzione di proprietà diverse ad una cosa. La percezione è sempre per Hegel la conoscenza dell’universale cioè in un oggetto preso nella sua globalità. Ma anche questa figura si dimostra contraddittoria. L’oggetto comincia a vacillare a causa della contraddizione tra l’unità e la molteplicità (esempio del cristallo di sale: è bianco unico e salato). Questa stabilità ed unità vacilla quando io considero da una parte l’unità dell’oggetto con la percezione. In altri termini, rispetto alla coscienza sensibile la percezione consiste nel fatto che io categorizzo la cosa che vedo (non è semplicemente un dato indeterminato). Ciò pero’ ha in sé una contraddizione tra l’oggetto inteso come un tutt’uno e le molteplici qualità. L’unità viene collocata nell’oggetto in sé , mentre l’origine delle molteplici qualità è attribuita alla soggettività umana, della coscienza. Un’altra volta invece l’unificazione è considerata opera della coscienza (vedi Kant), mentre l’oggetto si risolve nella molteplicità delle proprietà, diverse.

La terza figura: l’intelletto

Quindi questo modo contraddittorio di concepire la percezione per cui l’unità è attribuita o all’oggetto o al soggetto porta ad un superamento di questa figura per arrivare alla figura dell’intelletto. Come si arriva alla figura dell’intelletto (la quale ci fa superare le altre due figure della coscienza e ci fa arrivare alla autocoscienza, cioè quando la coscienza prende coscienza di sé e quindi inizia un nuovo itinerario)? Attraverso i concetti di forza, cioè del nesso causale e di legge, la coscienza intesa come intelletto riesce ad instaurare una relazione tra l’interno sovrasensibile delle cose e la molteplicità dei fenomeni in cui esso si manifesta. L’oggetto viene colto come fenomeno (Kant), cioè una forza che agisce secondo una legge determinata ma al fenomeno è contrapposta l’essenza vera dell’oggetto che è ultrasensibile cioè è cosa in sé. Questa contraddizione con cui si cerca di superare le contraddizioni della percezione porta a capire che il fenomeno è coscienza, cioè è un principio ordinatore. Questo consente di superare il realismo ingenuo ma in questo modo la coscienza ha risolto in sé completamente l’oggetto e diventa autocoscienza. La conclusione è che la verità della coscienza è l’autocoscienza.

Riassunto della COSCIENZA

. Noi partiamo da una posizione empiristica nella conoscenza che è la certezza sensibile poi però ci accorgiamo che è ingenua e cerchiamo di articolarla nella percezione che implica già una categorizzazione di una universalità. Però scopriamo anche che la percezione è contradditoria perché essa a volte è attribuita al soggetto a volte all’oggetto. Questa contraddizione dell’unificazione viene superata da Kant in qualche modo con l’intelletto in cui si estrinseca l’attività dell’Io penso. ma anche nella filosofia kantiana ci troviamo di fronte ad una contraddizione, quella della cosa in sé. L’oggetto viene colto come fenomeno però nello stesso tempo al fenomeno viene contrapposta l’essenza, cioè la cosa in sé. A questo punto il tutto viene superato perché si prende coscienza che il fenomeno sta nella coscienza ed è quindi la coscienza che in fondo crea la conoscenza e quindi si passa alla autocoscienza.

L’AUTOCOSCIENZA

Nella coscienza noi avevamo la coscienza che si contrapponeva all’oggetto, alterità rispetto all’oggetto.La autocoscienza è invece un ritornare a sé dell’essere altro del mondo per mantenere, per conquistare l’io e l’identità dell’io con sé stesso. Quindi l’ autocoscienza deve continuamente togliere l’opposizione dell’oggetto. E l’incessante movimento dell’alterità a cui la autocoscienza si dedica implica in qualche modo un momento teoretico ed un momento pratico e quindi crea una dimensione nuova. La coscienza è un ritornare a sé di un essere altro del mondo, per conservare ciò l’autocoscienza deve cogliere incessantemente la opposizione del soggetto, ciò implica non solo il momento teoretico ma anche uno pratico, quindi la autocoscienza si manifesta come in primo luogo come appetito, il mondo sensibile per lei è qualcosa da consumare, da togliere.

Il movimento dell’appetito e dell’appagamento non è per Hegel una vera dialettica e la semplice ripetizione di un ciclo biologico, il ciclo del soddisfacimento del bisogno cui seguono sempre nuovi bisogni. Quindi l’alterità sotto questo punto di vista si presenta come una infinità che non si unisce mai al soggetto. L’autocoscienza che però è privilegio esclusivo dell’uomo supera la contraddizione dell’appetito animale scoprendo che il vero oggetto del proprio desiderio n on è la cosa, cioè ciò che vi sta fuori, ma è un semplice mezzo per affermare se stesso, cioè il vero oggetto appetito dall’autocoscienza è in fondo un’altra coscienza, per affermare se stessa. Per vedere il proprio io la coscienza deve primo trovarlo in un altro. E’ qui che nasce la cosiddetta lotta per il riconoscimento, una delle nuove figure introdotte da Hegel. La coscienza per sentirsi libera ha bisogno di essere conosciuta come coscienza e questo può avvenire solo da un altro soggetto non da da un oggetto ( >Fichte).

La dialettica servo padrone

La lotta per il riconoscimento da luogo alla dialettica servo-padrone. Nella lotta per il riconoscimento che è vitale per la autocoscienza, perché solo in questo modo essa coglie se stessa chi non teme di perdere la vita in questa lotta diventa padrone , chi invece teme di perdere la vita diventa servo. E’ chiaro che nella figura del servo padrone Hegel in qualche modo rappresenta le condizioni del mondo antico dominato dalla schiavitù. L’autocoscienza postula l’esistenza di altre autocoscienze, infatti solo da altre autocoscienza può acquisire la certezza di essere tale cioè può acquisire il suo riconoscimento. Questo riconoscimento non avviene come nelle opere giovanili attraverso l’amore ma attraverso il conflitto, la lotta (piena valorizzazione del conflitto, della lotta). La lotta delle coscienze non si conclude con la morte ma con la subordinazione: chi ha rischiato la vita e non ha temuto di perderla è diventato il signore, e quindi acquisisce piena autoscienza di sé, di esser libero, chi ha temuto di perdere la vita diventa il servo ed è quindi subordinato. Il signore ha affermato la propria indipendenza, il servo invece la propria dipendenza. E qui scatta la dialettica servo - padrone che serve a superare questo rapporto ed a farlo rovesciare. Il signore diventa servo del servo perché diventa da lui dipendente nella misura in cui si limita a godere passivamente del lavoro del servo, il servo invece diventa signore del signore in quanto ha trasformati le cose di cui il signore si sostenta e diventa indipendente. Hegel ha analizzato le fasi attraverso cui il servo diventa indipendente, tre momenti:

La paura della morte: il servo all’inizio ha tremato dinanzi alla morte, la paura di perdere il proprio essere ed è in qualche modo un riconoscimento del proprio essere, perché in questa esperienza l’essere gli appare indipendente dalle cose ed è quindi un primo atto della coscienza di sé.

Il servizio: durante questa fase la coscienza si disciplina ed impara ad amministrare gli impulsi e quindi in qualche modo impara a riconoscere sé stessa come dominatrice del mondo sottostante

Il lavoro: una delle scoperte di Hegel. Nel lavoro perché il servo trattenendo l’appetito e non usufruendo immediatamente dell’oggetto, imprime alle cose una opera che rimane indipendente e diventa un riflesso di sé nelle cose e quindi l’espressione di una raggiunta autonomia, per cui egli prende coscienza attraverso un rapporto col padrone di subordinazione di sé stesso e quindi diventa a sua volta autocoscienza.

 

Le interpretazioni della dialettica servo - padrone

Questa dialettica è stata ripresa da molti filosofi successivi con diverse interpretazioni, diverse chiavi di lettura. Vi sono 3 grandi interpretazioni:

La più famosa è quella Marxista in cui si riconosce che Hegel ha valorizzato il lavoro come elemento fondamentale nell’esperienza di liberazione dell’uomo e quindi ha anticipato l’azione della dialettica che secondo ill marxismo porta a rovesciare i rapporti di dipendenza che vi sono nella storia e quindi all’emancipazione; il lavoro è la chiave attraverso cui l’uomo prende coscienza della sua appartenenza ad una classe sfruttata ed attraverso questa coscienza iniziano quelle azioni di trasformazione della storia che sfociano nella rivoluzione ,nell’abbattimento dei vecchi rapporti di produzione. Hegel non ha sviluppato-però- la dialettica in senso rivoluzionario, sarà il marxismo che poi considererà il lavoro come chiave di lettura della trasformazione rivoluzionaria.

Interpretazione esistenzialistica. (Heidegger, Sartre). Viene evidenziato un aspetto della dialettica del servo padrone ,cioè il raggiungimento della coscienza di sé attraverso l’angoscia della morte ,che è una esperienza privilegiata in cui l’uomo prende coscienza della propria esistenza dell’essere gettato nel mondo. Sartre ha valorizzato il rapporto conflittuale come rapporto che lega le coscienze tra di loro e le porta a riconoscersi.

Interpretazione psicologica. Il rapporto di dipendenza del servo rispetto al padrone deriva dal fatto che il servo, cioè l’autocoscienza servile, si può rispecchiare solo nella coscienza del padrone. Quindi l’autocoscienza servile è quella del soggetto umano che non ha altre immagini di sé stesso se non quelle di un altro soggetto, cioè come quando  il bambino prende coscienza di sé stesso attraverso i genitori,  in un rapporto di dipendenza psicologica,.

Per concludere il servo non può ottenere la condizione della liberazione perché il padrone dipende dal servo. Il padrone ha bisogno che il servo componga una certa immagine che ha di lui in modo che possa crearsi una certa immagine di sé, sono indissolubilmente legati. La figura del servo padrone è contraddittoria perché mentre agisci in conformità degli ordini del padrone ricava una immagine di sé riflessa nelle sue opere che prescinde da quella del padrone e quindi rompe questa servilità. La coscienza servile ritrova sé medesima e si avvia a trovare il significato proprio. La contraddittorietà della coscienza servile porta ad un superamento in una nuova figura, nella figura dello stoicismo a cui poi segue lo scetticismo e la coscienza infelice, attraverso queste ultime 3 figure noi usciamo dalla autocoscienza e giungiamo alla ragione.

Lo stoicismo

L’autocoscienza servile attraverso il lavoro prende coscienza di sé e quindi realizza la propria libertà, una libertà puramente interiore, che si manifesta nella figura dello stoicismo. C’è uno spazio in cui si autovalorizza, in cui riesce a prendere coscienza di sé, questo spazio è il lavoro. Questa libertà è per Hegel una libertà puramente interiore. Come signoria e servitù rappresentava la dipendenza , lo stoicismo rappresenta il momento di parziale superamento della schiavitù. Hegel in presenta queste figure in modo sfumato e vi si possono vedere più cose. Lo stoicismo è una nuova figura della autocoscienza e naturalmente con questo termine non si vuole indicare un movimento filosofico dell’antichità ma ogni filosofia che avverte che la libertà della autocoscienza si realizza nello spazio del pensiero (p.es anche la morale di Kant, che si realizza nel mondo del pensiero separato dalla vita). Secondo Hegel ciò accade nell’epoca in cui la libertà è ritrovata nel pensiero universale astratto perché domina la servitù politica, quindi in qualche modo ci si rifugia in una libertà interiore. Quindi la libertà dello stoicismo rappresenta la libertà della coscienza che conoscendosi come pensiero si pone al di sopra della signoria e della servitù, in altre parole lo stoico tende a svicolare l’autocoscienza e quindi la propria libertà dal condizionamento della realtà (è libero sul trono in catene). E’ una libertà astratta , interiore allora scatta la figura dello scetticismo, strettamente legata ad esso.

Lo scetticismo

Lo scetticismo tende a negare i condizionamenti della realtà. Lo stoico si rifugiava mettendo da parte il condizionamento della realtà, invece lo scettico reagisce e cerca di eliminare la realtà e cerca di trasformare il distacco del mondo nella negazione del mondo, ma anche la figura dello scetticismo per Hegel è contraddittoria perché negando tutto ciò che la coscienza prendeva per certa finisce per svuotarla. In altri termini Hegel recupera la critica originale allo scetticismo, lo scetticismo viene definito auto contraddittorio perché da una parte afferma che non è possibile raggiungere la verità (tutto è vago) nello stesso tempo vuole affermare una propria verità ed entra in contraddizione. Inoltre Hegel vede la contraddittorietà dello stoicismo perché la coscienza dello scettico è una coscienza singola che si contrappone alle altre, perché ciascuno è in contraddizione con sé e proietta questa auto contraddizione in contraddizione con gli altri. Lo scettico svuotando l’autocoscienza, la porta alla auto-contraddizione ,alla scissione di sé con sé. Perché essa nega ciò che è costretta a fare e viceversa. Lo scetticismo quindi provoca una scissione tra una coscienza immutabile ed una coscienza mutevole, tra una verità dello scetticismo ed una sua negazione. Questa contraddizione che c’è nello scetticismo si manifesta nell’ultima figura cioè la coscienza infelice. L’autocoscienza scettica dichiara che tutto è tramutabile, cioè privo di valore, dall’altra dichiara una propria intramontabilità una propria verità. Tuttavia questa contraddizione è una esigenza inconscia dello scetticismo, cioè non si manifesta in sé. Invece quando si manifesta porta alla scissione dell’autocoscienza nella coscienza infelice

 

La coscienza infelice

Contrapposizione tra una realtà tramutabile ed una intramutabile è una esigenza inconscia dello scetticismo. Quando si manifesta porta la scissione.

Essa esprime la condizione della filosofia del medioevo. La coscienza infelice si differenzia dalla coscienza scettica poiché essa è cosciente della propria scissione tra una verità immutabile ed una che viene negata ,esaurita nello scetticismo. Questa contraddizione viene accettata nella coscienza infelice , che afferma esserci una verità , ma essa viene posta in una realta irragiungibile , trascendente : Dio . L’esigenza di intramutabilità la coscienza infelice la proietta in un essere trascendente cioè Dio: da qui la coscienza scissa. La coscienza infelice insiste nella ricerca di Dio per realizzarsi. Ci sono vari momenti di questa coscienza infelice:

Nell’ebraismo in cui Dio viene visto come padrone e ciò corrisponde in chiave religiosa al rapporto servo padrone

Il cristianesimo in cui Dio si incarna ma Cristo è introvabile alla coscienza ed è il dramma del cristianesimo medievale che procede alla ricerca di Cristo nella crociata ,che porta alla scoperta. Nella devozione si cerca Dio, nel fare e nell’operare , nell’ascetismo si ha la svalutazione di sé. Proprio nel culmine del cristianesimo medievale l’autocoscienza , raggiunto ilculmine della proria svalutazione , si rovescia nel suo opposto, scopre che essa si identifica con la realtà , che le sue leggi sono le leggi della realtà . E’ la svolta che si realizza nel Rinascimento .

 

La ragione osservativa

L’ultima figura dell’autocoscienza era quella della coscienza infelice. La certezza ( >Cartesio )per diventare verità deve giustificarsi. Da qui il cercare ,che si rivolge innanzitutto al mondo della natura. Quindi la prima figura della ragione sarà la ragione osservativa in cui Hegel rappresenta il naturalismo rinascimentale e l’empirismo, le origini della filosofia moderna. In questa fase la coscienza cerca l’essenza delle cose, ma in realtà cerca se stessa, in questa figura Hegel esamina la scienza sperimentale galileiana e qui rileva come sia evidente che il presunto ordine che si crede riscoprire nelle cose in realtà è un ordine umano immesso in essa (>celebre osservazione di Kant nella rivoluzione copernicana), l’esperimento non serve a immergere una legge scientifica nell’esperienza ma, al contrario, a depurare la regge dal suo contenuto empirico (p.es l’esperimento serve per sottrarre elettricità al vetro e dalla resina nel caso della forza elettrostatica per ridurli a concetti creati dal pensiero). La ragione osservativa ricerca attraverso le osservazioni le leggi passando dal mondo inorganico al mondo organico sino alla psicologia e qui Hegel vuole esaminare il punto di approdo fino al settecento della ragione osservative ,dove la ragione osservativa dimostra la propria limitazione e contraddittorietà e viene superata, esamina due ultime sedicenti scienze , che ebbero il loro momento di gloria nella fine del settecento (anche se oggi non si possono considerare scienze), esse sono: la fisiognomica, la scienza che identifica l’aspetto delle persone con le tipologie dell’aspetto animale per determinarne il comportamento. Questa scienza era rappresentata da Lavater. La frenologia, presentata da uno scienziato chiamata Gall che visse nella seconda metà del settecento. Gall riteneva di riconoscere il carattere tipico di una persona dalla conformazione delle ossa craniche. (mappe con protuberanze della testa). Hegel osserva che proprio la frenologia, che sostiene l’essere dello spirito in un osso, evidenzia come la ragione osservativa vada in crisi perché deve riconoscersi di nuovo come qualcosa separato da se cioè deve riconoscere l’essenza dello spirito in un osso. In altri termini l’esteriorità della coscienza, cui la frenologia crede di trovare la spiegazione di se stessa, non è il corpo ma il comportamento, per cui la ragione osservativa si rovescia nella ragione attiva, in cui l’autocoscienza non vuole trovarsi ma prodursi da sé attraverso l’azione.

Fallito il tentativo di trovarsi perché cade di nuovo nell’esteriorità, si passa dialetticamente alla ragione attiva. In questa figurasi prende coscienza che l’unità dell’io e del mondo non è qualcosa di dato, di contemplabile, ma deve essere realizzato. Ma finché questo processo è introdotto in una singola coscienza è destinata a fallire Ciò viene evidenziato dalle tre figure della ragione attiva:

 

Il piacere e la necessità

Le leggi del cuore ed il delirio della presunzione

La virtù ed il corso del mondo

 

Il piacere e la necessità

E’ dominato dalla figura di Faust di Goethe. (Famosa leggenda di Faust che fece un patto col demonio per ottenere in cambio della propria anima la conoscenza ed in particolare la capacità di rimanere sempre giovane.)

Il piacere e la necessità rappresenta la figura faustiana dell’individuo che deluso dalla ricerca scientifica naturalistica e scientifica come appunto Faust di Goethe si getta nella vita alla ricerca del godimento e dell’edonismo. L’edonismo di questa figura è il tentativo di trasformare la realtà della base secondo il proprio piacere secondo una immagine estetizzante della vita. Ma nella ricerca del piacere l’autocoscienza incontra il destino che incurante la travolge evidenziando i limiti e la finitezza dell’individuo per cui l’uomo non può sostanzialmente creare la propria vita non può dare la forma che lui vorrebbe. Si passa quindi alla figura successiva che ne è un po’ l’antitesi

 

Le leggi del cuore ed il delirio della presunzione

In questa figura qualcuno ha visto la figura di Karl Moor, il protagonista dei masnadieri di Schiller .Karl Moore lotta contro il fratello ingannatore traditore. che geloso di lui lo mette praticamente in una condizione in cui lui sideve dichiararsi fuori legge ,però il fratello inganna anche la fidanzata ed alla fine lui fa giustizia. Questa figura rappresenta un po’ l’eroe romantico che si sente da solo contro il mondo. La coscienza cerca di reagire al destino richiamandosi alla legge dell’uomo . Vi è chiaramente un richiamo a Rousseau ed al romanticismo. L’individuo cerca di individuare ed abbattere i responsabili del male nel mondo, i despoti. Ma entra in contrasto con altri portatori di progetti i trasformazione, altri leggi del cuore, e questo dimostra la contraddittorietà di questa figura. Mentre nella precedente figura l’uomo cercava di plasmare la propria figura secondo un modello estetico ed il destino lo travolge, questa figura cerca di dominare il destino contrapponendo al destino, a ciò che ci sovrasta ,la legge del cuore ,cioè una propria visione del mondo per cambiarlo ;però nel tentativo di abbattere il destino identificandolo appunto con delle figure che ti impediscono di attuare quello chesi vuole ,ci si scontra con altri leggi del cuore, con cui ci scontriamo e si passa alla terza figura.

 

La virtù ed il corso del mondo

In essa si pensa che si possa identificare la figura Robespierre durante la rivoluzione francese. Questa figura si differenzia rispetto alla precedente, che si collca nell’immediatezza del sentimento, che cerca di superare realizzando una armonia inter - soggettiva ed universale attraverso il rigorismo della virtù. Ecco quindi il cavaliere della virtù (Robespierre) che cerca di sconfiggere il corso del mondo in modo da rendere effettivo l’assoluto, cioè la virtù tra gli uomini. Ma il cavaliere della virtù è destinato alla sconfitta perché per combattere sul serio il corso del mondo senza contraddire la sua virtù dovrebbe ledere le doti e le facoltà di chi lo difende mentre la virtù consiste proprio nel riconoscere l’universale espressione delle doti delle facoltà individuali. Qui vi è il dramma del giacobinismo e del rivoluzionario. Il rivoluzionario ritiene che si possa provare a realizzare nel mondo la giustizia, cioè si possa trovare un criterio inter - soggettivo in cui tutti si riconoscono, però nel tentativo di realizzare la virtù (l’obbiettivo di ogni rivoluzione è quello di raggiungere l’uguaglianza, una condizione in cui non esistono più contrasti tra gli uomini) ma in realtà il rivoluzionario entra in contrasto con se stesso, perché per fare quello che vuole raggiungere deve negare nel frattempo proprio quello che voleva raggiungere, poiché deve combattere quelli che vogliono diversamente da lui, quindi nel tentativo di affermare l’universalità la nega. Questa è la grave difficoltà in cui tutti i tentativi rivoluzionari incorrono. Qui è evidente la critica di Hegel alla nozione illuministica di virtù intesa come bene supremo dell’umanità ,che è libera espressione dell’individuo. Si passa quindi all’individualità reale.

L’individualità reale

Emerge dalla contraddizione delle precedenti figure ,le quali evidenziano una nozione di virtù ome pura astrazione ed una volta che si è evidenziata la contraddizione di ciò ci si sbarazza di questa idea di virtù come pura astrazione ed allora non resta che l'individualità, interamente immersa nell’effettivo corso del mondo e perciò la sola individualità appare essere la coscienza reale. Essa si manifesta per prima nella figura del regno animale dello spirito.

Figura del regno animale e dello spirito

Viene chiamato regno reale perché lo spirito viene risolto completamente nella cura degli affari personali. Nel regno animale dello spirito Hegel analizza la società borghese dominata dall’individuo e dalla ricerca del proprio utile, un richiamo a Smith alla teorizzazione dell’economia borghese e capitalistica. Secondo Hegel il regno animale dello spirito in realtà è un inganno perché l’individuo tende a spacciare la propria opera come un dovere morale mentre è solo il suo interesse quindi il buon borghese che accumula giustifica la sua attività di accumulo ,che non gli consente nessuna pietà ,dicendodi essere chiamato ad un dovere superiore. Quindi Hegel critica l’individualismo capitalistico che sta alla base della società borghese; egli non è un liberale. L’autocoscienza rendendosi conto dell’inganno, che l’interesse particolare viene spacciato per il bene comune cerca in se stessa le leggi che valgano per tutti ed allora diventa ragione legislatrice.

La ragione legislatrice

In essa possiamo sommariamente vedere l’etica di Kant che cercava di trovare un criterio universale all’interno del quale tutti si potessero riconoscere, ma anche queste leggi universali proprio perché di origine individuale si rivelano contraddittorie. Per esempio, la massima, ognuno deve dire la verità, non tiene conto del fatto che la verità cambia da individuo ad individuo verità. L’universalità presunta di questa legge si traduce nella più completa accidentalità (critica all’imperativo kantiano). L’autocoscienza è indotta ora a farsi esaminatrice delle leggi per eliminare la contraddizione che ha evidenziato nella ragione legislatrice. Diventa dunque ragione esaminatrice delle leggi.

 

La ragione esaminatrice delle leggi

In questo modo la ragione si colloca sopra le leggi e ne limita la validità, condizionandone una terza. Ma attraverso quest’opera viene fuori che finché si rimane dal punto di vista dell’individuo, non si può raggiungere una vera universalità che viene raggiunta solo nello spirito che è appunto ragione che si è realizzata nelle istituzioni storico politiche di un popolo e quindi nello stato che è la massima espressione di questo spirito, Tutte le presunte leggi etiche risulteranno astratte se non vi è lo stato che ne determini la base. Noi ora siamo arrivati alla seconda parte della fenomenologia dello spirito.

 

La seconda parte della fenomenologia

Che cosa differenzia la prima parte dalla seconda ? Lo spirito è la prima sezione della seconda parte della Fenomenologia. Questa parte è stata molto ben sviluppata nel Sistema di Hegel. La novità è che non si tratta più di figure della conoscenza individuale ,ma di figure di un mondo, orizzonti storico –spirituali che caratterizzano intere epoche di una civiltà. Quindi abbiamo che il percorso ricomincia ma ad un livello diverso in cui non è più la coscienza singola ,ma sono le grandi figure culturali prodotte dall’umanità durante la presa di coscienza di se stesse. Questa parte si articola in tre sezioni:

lo spirito, la religione, il sapere assoluto.

Lo spirito

Per Hegel se noi consideriamo l’individuo da cui siamo partiti nei suoi rapporti con la parte sociale abbiamo tre momenti: lo spirito vero o eticità, lo spirito che si è reso estraneo a sé, la cultura, lo spirito certo di sé stesso che è la moralità.

 

La Scienza della Logica

Hegel, quando era a Jena e quindi e stava in qualche modo gettando le basi del proprio sistema, aveva attribuito alla logica una funzione introduttiva al sistema e l’aveva definito - però -come un momento puramente negativo perché distingueva la logica dalla metafisica. La logica rappresentava il sistema della riflessione, la metafisica il sistema della ragione ,quindi la logica era un momento preliminare che doveva essere superato per arrivare poi alla metafisica. Con la fenomenologia Hegel sceglie la via di un’altra introduzione al sistema (descrizione scientifica del percorso della coscienza che all’inizio è sapere apparente per diventare sapere assoluto). La fenomenologia contiene già la filosofia di Hegel solo che la coglie da una angolatura particolare :nel Sistema l’angolatura è quella dell’Assoluto ,mentre nella fenomenologia è quella della coscienza individuale che si identifica con l’assoluto. Il sistema è un processo , nel senso che è una successione necessaria di momenti che non sono più della coscienza e non sono più figure come nella fenomenologia bensì sono momenti di sapere quindi sono concatenazioni di concetti ,cioè automovimento del concetto. Allora non è più necessaria nessuna logica come sistema della riflessione che deve essere distrutta, ma appunto si inizia direttamente dalla metafisica. L’inizio del sistema è dato dalla logica. La logica all’interno del sistema rappresenta la scienza dell’idea pura, dell’idea in sé. L’Assoluto si identifica con l’Idea. Cosa significa che è la scienza dell’idea pura ? Significa che è lo studio dell’idea considerata nel suo essere implicito, cioè dell’assoluto che inizia ad esplicarsi nella realtà, cioè prima di diventare natura, cioè altro da se.Quindi la logica considera i concetti o categorie che formano il programma ,cioè l’impalcatura originaria del mondo. La filosofia della natura sarà l’idea fuori di sé e lo spirito sarà l’idea in sé per sé che completa e conclude il processo.

Quando noi parliamo di logica in Hegel bisogna fare delle distinzioni. La logica di Hegel si distingue sia dalla logica formale sia dal significato che a questo termine attribuiva Kant nella logica trascendentale. Perché si distingue dalla logica formale, cioè dalla logica come era intesa nella filosofia moderna ? Perché non espone una forma vuota ma la vera realtà quindi i suoi concetti o categorie non sono pensieri soggettivi a cui la realtà risulta contrapposta (logica: le leggi del pensiero) ma i suoi concetti sono pensieri oggettivi, esprimono delle realtà nella loro essenza. D’altra parte la logica di Hegel si distingue dalla logica trascendentale di Kant perché non ha una funzione critica negativa quindi produce conoscenza non garantita , ma è scienza.

L’altro aspetto importante della logica di Hegel è che la logica coincide con la metafisica (rielaborazione di Hegel dell’essere= pensare di Parmenide). La logica coincide con la metafisica intesa sia come ontologia sia come teologia (ontologia: scienza dell’essere nella sua totalità, teologia: essere di cui tratta è l’Assoluto, il Divino). Diversamente però la logica metafisica di Hegel non tratta alcun assoluto che trascende da una realtà ma è l’unica realtà. La logica è quindi l’esposizione di Dio come è nella sua essenza. Nella logica di Hegel confluiscono non solo la logica greca e moderna ma anche l’ontologia e la teologia. (Il Dio della logica di Hegel non coincide con il motore immobile di Aristotele perché l’idea non è ancora il massimo della realtà, che si raggiungerà solo nel processo).Hegel diversamente da Kant da un significato positivo alla metafisica (un popolo senza metafisica è un tempio senza altare).

Hegel ha trattato la logica nall'Enciclopedia  piccola logica), e nella scienza della logica(testo molto complesso uscito in 3 volumi  la grande logica).

Hegel nell'introduzione distingue 3 posizione: a)la posizione della vecchia metafisica pre - kantiana (Wolff) per la quale da una parte c’è il pensiero, dall’altra le cose. Il pensiero può conoscere le cose come sono attraverso la riflessione. Questa posizione ha il merito di affermare la capacità del pensiero di conoscere l’assoluto.b)La seconda posizione che è successiva (espressione più elevata), per cui il contenuto della percezione diventa rappresentazione e l’oggetto diventa cosa in sè irriducibile al pensiero. Kant aveva fatto un passo in là ponendo l’Io penso come legislatore e di mostrando l’inevitabile contraddizioni della ragione ,ma Kant avuto il torto di attribuire queste contraddizioni alla ragione e non alla realtà stessa. C)Poi vi è una terza posizione che è quella del sapere immediato a cui è riconducibile Jacobi (filosofia della fede), che ha il merito di saltare dal pensiero (dalla rappresentazione) alla realtà e quindi di aver posto il problema della conoscibilità dell’assoluto ma di aver posto questo problema solo come immediato e quindi ha reso questa conoscenza -secondo Hegel- soggettiva non fondata, non necessaria, invece Hegel ritiene che l’assoluto sia conoscibile però la sua conoscenza può venire nella forma del concetto cioè nella forma di un processo di una dimostrazione e non nell’immediatezza. Per cui ogni forma di conoscenza razionale si articola secondo la modalità dialettica (tesi, antitesi, sintesi). La Tesi è il momento della terminazione astratta, in cui l’intelletto isola determinate realtà, l’antitesi è la negazione di questa determinazione ed è il momento propriamente dialettico , la sintesi unità delle determinazioni opposte, momento speculativo razionale, quello autentico. La sintesi quindi diventa una nuova tesi. La logica è divisa in logica dell’essere, dell’essenza e del concetto.

 

La logica dell’essere

Essa rappresenta la tesi. La prima parte della logica ha come oggetto l’essere ,cioè l’intera realtà concepita come un tutt’uno. Il primo problema che si pone è : da quale concetto iniziare, da quale concetto fare iniziare la scienza ? Bisogna cominciare dal concetto più immediato, quello che non presuppone altri concetti prima di sé. Questo concetto che non ne presuppone uno anteriore è l’essere ,che è il concetto più indeterminato perché se avesse una qualche determinazione allora comporterebbe una differenza da altri e quindi presupporrebbe altri concetti. Quindi il punto di partenza è l’essere più indeterminato. Ma proprio perché indeterminato il concetto di essere non contiene nulla di più del concetto di nulla. Quindi esso si identifica nel concetto di nulla, quindi abbiamo tesi = essere, nulla = antitesi, essere e nulla sono dunque identici (cosa che non aveva capito Parmenide) . Però l’identità tra essere e nulla non cancella la loro opposizione, perché comunque ciascuno è la negazione dell’altro. Il concetto che cancella l’opposizione e l’identità tra essere e nulla è il concetto di divenire. Hegel sostiene che il primo ad aver capito ciò era stato Eraclito, l’inventore della dialettica. Cioè Eraclito ha capito l’unità dei contrari come base del divenire universali. I primi 3 concetti si rivelano un movimento dialettico, essere, nulla, divenire.

Tesi  qualità

Tesi  Essere, essere, nulla, divenire

Antitesi  Essere determinato

Sintesi  Essere per sè

Antitesi  quantità

Tesi  Quantità

Antitesi  Quanto

Sintesi  Rapporto quantitativo

Sintesi  misura

Tesi  Quantità specifica

Antitesi  Misura reale

Sintesi  Genesi dell’essenza

Essere  nulla  divenire. A sua volta il divenire inteso come superamento dell’essere del nulla si caratterizza come essere determinato e quindi diventa l’antitesi di questa triade dialettica e così via.

Hegel nella trattazione dell’essere determinato affronta quesiti importanti e complessi come il rapporto tra finito ed infinito, prendendo le distanze dal cattivo infinito di Fichte che ha concepito il rapporto finito infinito come un rapporto lineare ,mentre Hegel lo concepiva come circolare e come un processo. E quindi questo gli consente anche di qualificare l’idealismo. Giunti alla misura si passa alla logica dell’essenza

La logica dell’essenza

Che differenza c’è tra la logica dell’essere e la logica dell’essenza ? La logica dell’essere è l’esposizione delle strutture dell’essere immediato, cioè che non ancora si è fatto oggetto di riflessione cioè non è ancora pensato nella sua essenza. Invece le categorie nella logica dell’essenza esprimono questa riflessione e cercano di scavare nelle radici dell’essere. Quindi abbiamo che logica dell’essenza si articola in

Essenza E’ l’essere stesso che coincide col pensiero che si ripiega su di sé per pensare se stesso e che quindi si coglie in profondità.

Apparenza

Realtà in atto

 

La logica del concetto

L’articolazione tra essenza ed apparenza e realtà in atto consente ad Hegel di arrivare alla logica del concetto. La realtà in atto è sintesi infatti tra essenza ed apparenza. Ciò significa che la realtà in atto è la realizzazione piena dell’assoluto il suo dispiegarsi nei suoi modi. L’essere quindi determinato ed arricchito nella sua riflessione diventa concetto ,ma non è poi il concetto dell’intelletto opposto e diverso da quello della realtà ma è il concetto della ragione, cioè spirito vivente della realtà. Il concetto è universalità, particolarità ed infine sintesi di entrambi nell’individualità.

Concetto soggettivo o soggettività:

Concetto

Giudizio

Sillogismo

Oggetto , oggettività, Questo schema lo ritroveremo nella filosofia della natura per indicare che la logica è la struttura della realtà quindi è lo schema che poi si traduce nei successivi passaggi.

Meccanismo

Chimismo

Teleologia

Idea, la sintesi di oggettività e soggettività, la realtà intelligibile nella sua totalità. L’idea è il logos cioè Dio prima della creazione del mondo, l’Assoluto che è ancora in sé, l’insieme di tutti i concetti che costituiscono l’intelligibilità del reale che però non è una unità statica ma un processo dinamico. L’idea poi diventerà altro da sé nella filosofia della natura.

La vita

L’idea del conoscere

L’idea assoluta

Importanti punti da ricordare sono dunque:

La caratteristica della logica di Hegel, l’identità quindi tra logica e metafisica

Il carattere dialettico della logica di Hegel

Le differenze rispetto alla logica tradizionale e alla logica trascendentale di Kant

 

ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE

Hegel divenne professore ad Heidenberg ,dopo esser stato al liceo di Norimberga come professore di filosofia e preside. In questo periodo per ragioni didattiche scrive l’Enciclopedia delle scienze filosofiche che pubblica nel 1817. Le linee generali di questa opera erano già state delineate nel periodo di Norimberga. La trattazione completa del corso di filosofia prevedeva una suddivisione in logica, scienze della natura e scienze dello spirito le tre ripartizioni che si trovano proprio nell’Enciclopedia. Perché dunque Hegel traduce il suo sistema in una Enciclopedia ? Ai tempi di Hegel l’esigenza sistematica che noi ritroviamo forte nel pensiero di Hegel era molto sentita e rispondeva le direttive che Niethammer ,che era diventato responsabile dell’istruzione nella Baviera dove Hegel insegnava e aveva elaborato delle normative che spingevano a trattare il corso di filosofia in modo sistematico. Prevedeva per lo studio della Filosofia nell’ultimo anno una trattazione speculativa che riassumesse in qualche modo ciò che si era fatto negli anni precedenti in una enciclopedia filosofica. Hegel era anche intervenuto fornendo un proprio parere a queste direttive ed era d’accordo. D’altra parte le Enciclopedia erano una forma di insegnamento molto diffuso nelle università. Le lezioni universitarie spesso assumevano la forma di una Enciclopedia. Hegel distingue nettamente tra enciclopedia filosofica ed enciclopedia ordinaria. IN quella ordinaria le scienze sono fissate empiricamente come si trovano per raggruppare tutto lo scibile umano. L’enciclopedia filosofica invece studia tutte le forma di sapere dal punto di vista superiore quindi si parte da un principio e l’articolazione dei fondamenti del piacere viene tradotto in una Enciclopedia filosofica. L’enciclopedia filosofica a sua volta è diversa dall’enciclopedia della filosofia, che è invece una enciclopedia di tutte le discipline filosofiche (Estetica, etica…). Nell’introduzione ,che Hegel premette nel 1817 alla prima edizione dell’Enciclopedia, dice che la filosofia è ad un tempo enciclopedia delle scienze filosofiche in quanto in tutta la sua estensione viene presentata con la specifica indicazione delle parti, ma nello stesso tempo è anche una enciclopedia filosofica, in quanto la suddivisione nel complesso delle parti viene rappresentata secondo la necessità del concetto e viene quindi giustificata. Si parte da una concezione unitaria e si ricavano le parti in cui la filosofia è suddivisa.

La novità di Hegel consiste quindi nel far passare l’enciclopedia che è uno strumento a forma di sapere in cui diventa l’unico contenitore comprensibile del vero sapere, che si può esprimere solo come sistema. Per Hegel la filosofia è essenzialmente enciclopedia perché non solo espone i principi della scienza in modo articolato ma anche in un ordine necessario quindi che mostra la loro collocazione e la loro funzione nello sviluppo totale. Naturalmente l’enciclopedia si limiterà solo ai concetti fondamentali delle scienze particolari affidando poi alle scienze particolare l’articolazione concreta, quindi Hegel prescinde da tutto ciò che empirico, accessorio. Nell’enciclopedia vi è rappresentato in sintesi il sistema di Hegel. Hegel ha poi migliorato ed aggiunto nelle varie edizioni. Le edizioni sono un ausilio indispensabile per completare il discorso che sarebbe troppo succinto.

 

Dibattito sul raporto sistema-metodo in Hegel

A proposito dell’identificazione tra enciclopedia e filosofia vi è stato un dibattito. L’esposizione del sistema risponde veramente in modo adeguato ad un programma di fluidità e circolarità dialettica o è piuttosto una sistemazione forzata e talvolta deformante ? Effettivamente è necessario tradurre il pensiero in questo sistema ( es. Spinoza, il more geometrico) o è solo una trovata ?

Questa è la famosa questione del contrasto tra sistema e metodo. C’è che ha sostenuto che il sistema è da eliminare , poiché rappresenta l’involucro soffocante e conservatore, mentre il metodo dialettico di Hegel è rivoluzionario e va mantenuto, il metodo dovrebbe interagire con il sistema.

 

Filosofia della natura

La prima domanda da porsi è : la filosofia della natura di Hegel dove è contenuta ? Essa è contenuta nella seconda parte dell’Enciclopedia e naturalmente nelle lezioni che furono pubblicate dagli studenti di Hegel dopo la sua morte. Hegel già nel periodo di Norimberga aveva steso un abbozzo .

La filosofia della natura è considerata la parte della filosofia di Hegel più discussa , qualcuno ritiene che sia la parte meno valida, pretestuosa. La filosofia della natura cade in discredito già nell’800 ad opera del positivismo che criticava l’idealismo ed in particolare la filosofia della natura (ne abbia già parlato con la filosofia di Schelling).

In particolare la critica che è stata fatta da epistemologi è che sia una costruzione a priori, un po’ arbitraria che non tiene conto dell’esperienza, prescinde da essa, la anticipa. In tempi più vicini a noi è emerso un giudizio più sereno e misurato (Guerra) e in qualche modo vi è stata una riconsiderazione sia storica che teorica della filosofia della natura di Hegel. Sul piano storico l’insegnamento di filosofia ai tempi di Hegel era condotto in modo Enciclopedico e comprendeva anche le scienze. Hegel rifiuta la tradizione kantiana di tipo puramente analitico che è insoddisfacente perché si limita ad assumere i concetti di cui si avvale senza dimostrane la genesi e la natura dialettica ,però Hegel rifiutava anche la prospettiva romantica che era incentrata nell’esaltazione di forma intuitive ed immediate di sapere.

Sul piano teoretico Hegel è stato accusato di costruttivismo tuttavia gli studi dello storico Petry, inglese, ha evidenziato come in sostanza il modello di spiegazione Hegeliana della filosofia della natura ricordi in qualche modo alcune teorizzazioni in campo scientifico come la teoria dei sistemi, quindi Hegel parte dai risultati della scienza, della fisica sperimentali che servono da materiale . Il compito della filosofia è mostrare come le determinazioni naturali siano concatenate secondo necessità in un sistema concettuale. Quindi in questo senso va oltre l’esperienza perché cerca di evidenziare come i concetti scientifici siano tra di loro collegato in un sistema dotato di necessità.

Poiché Schelling come i romantici, davano spazio alla filosofia della natura, bisogna fare un confronto tra Hegel e schelling ed i romantici. La differenza sta nel fatto che Hegel non pone la natura sullo stesso piano dello spirito ma la considera nettamente interiore, in questo senso si avvicina più a Fichte che a Schelling che attraverso la filosofia dell'identità aveva elevato la natura allo spirito. La natura per Hegel è l’idea nella forma dell’essere atto, cioè è una manifestazione puramente esteriore dell’idea, il suo essere non corrisponde al concetto ed è quindi caratterizzata da dispersione ed accidentalità , manca della processualità dialettica e quindi della necessità intrinseca che si manifesta in essa. I momenti della filosofia della natura infatti non trapassano l’uno nell’altro come nella processualità dialettica ma permangono uno accanto all’altro pur disponendosi secondo una gerarchia di gradi di dispersione. La natura per Hegel non è concepita come un sistema ascensivo, non si evolve, ad evolversi è solo lo spirito che però passa in qualche modo sopra la natura per ritrovarsi come tale nella filosofia dello spirito e riprendere il suo itinerario dialettico. Però in consonanza con le posizioni di Schelling e dei romantici c’è il fatto che Hegel con la sua filosofia della Natura vuole superare i limiti della concezione meccanicistica cercando di spiegare oltre l’aspetto quantitativo anche quello qualitativo e sostituendo al modello di una natura intesa come una grande macchina un modello biomorfo secondo cui la natura è un grandioso organismo vivente.

 

Passaggio dalla logica alla filososofia della natura

L’idea , lo spirito assoluto ,che è l’oggetto della logica è l’assoluto che è ancora in sé, che non sa se stesso. La logica è già un sapere assoluto in quanto è l’identità del sapere col suo oggetto, cioè l’assoluto ma in essa tale identità è espressa nella forma della intelligibilità del reale e non ancora in quella pienamente consapevole di se. Per giungere a questo punto l’idea deve negarsi, deve farsi altro da sé, deve oggettivarsi, uscire fuori e farsi oggetto a se stessa. Il prodotto di questo processo è la natura. Quindi nella logica l’idea è Dio prima della creazione del mondo, la natura è invece il risultato della creazione o meglio una parte della creazione, l’altra parte è lo spirito. Però questa analogia è valida fino ad una certo punto poiché differentemente dalla concezione biblica in cui la creazione è una atto volontario per Hegel l’oggettivazione dell’idea nella natura è necessaria perché è un passaggio inevitabile affinché l’idea possa diventare consapevole quindi la posizione di Hegel , grazie al suo immanentismo è più vicina al creazionismo neoplatonico.

Questo passaggio dall’idea alla natura è problematico. Hegel oscilla tra due posizioni, da una parte questo passaggio è una caduta dell’idea, dall’altro è visto come un suo potenziamento. Da una parte c’è qualcosa in meno, dall’altra qualcosa di più rispetto all’idea perché si aggiunta una nuova esperienza. La natura serve ad Hegel nel suo sistema per confinare ad essa il finito l’accidentale, il contingente. La filosofia della natura si divide in:

Meccanica . Rappresenta il modello galileo – newtoniano, studia il livello più basso delle realtà natura, il livello che è rappresentato dallo spostamento delle masse nel tempo, quindi dal movimento. Lo spazio per Hegel è l’esteriorità immediata cioè al dimensione all’interno della quale i corpi sono uguali l’uno all’altro, il tempo è il divenire in quanto è oggetto di esperienza da parte del soggetto che sente, acquista realtà grazie alla materia. Il cui movimento definisce le dimensioni. La meccanica studia le leggi del movimento puramente quantitativo

Fisica dei corpi. La fisica si occupa degli aspetti qualitativi della natura ,cioè quei cambiamenti che sono irriducibili alla semplice quantità. Si divide in fisica dell’individualità generale che tratta gli elementi (terra, acqua, aria, fuoco, luce), fisica dell’individualità particolare, in cui non abbiamo solo gli elementi ma anche le proprietà della materia. Fisica dell’individualità totale in cui si esaminano elettromagnetismo, elettricità e processi chimici.

Fisica organica. Il regno della vita che rappresenta la sintesi, ed è l’ultima parte della filosofia della natura. Vita geologica, vita vegetale, vita animale. Attraverso la vita animale passiamo noi passiamo nella filosofia dello spirito perché compare l’anima.

 

LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO

L’idea , dopo essersi alienata dalla natura e diventata altro da sé, può ritornare a sé, e prendere coscienza di sé. L’idea in sé per sé è lo spirito. La filosofia dello spirito è la terza parte del sistema Hegeliano. Essa consisterà nell’esposizione del processo attraverso cui l’Assoluto sviluppa la consapevolezza di se stesso. Il processo si articola attraverso tre momenti, per cui la filosofia dello spirito è divisa in tre parti:

Spirito soggettivo. La consapevolezza che l’assoluto ha di sé avviene come singolo individuo. E’ stata in parte esposta nella fenomenologia.(si trova anche nei Lineamenti di filosofia del diritto)

Spirito oggettivo La consapevolezza che l’assoluto di se è nei rapporti tra i vari individui, nella società

Spirito assoluto La consapevolezza che l’assoluto ha di sé avviene come spirito cioè come spirito che si autoconosce pienamente.

 

Lo spirito soggettivo

La prima manifestazione dello spirito soggettivo è l’anima intesa come principio di vita quindi non come principio spirituale contrapposto al corpo. All’inizio l’anima è inconscia,, e quindi avremo l’anima naturale, prima categoria dell’antropologia. L’antropologia che è scienza dell’uomo considerato nei suoi aspetti comuni con gli animali, studia l’anima e la sua fase aurorale, sostanzialmente descrive le tendenze psichiche che operano nell’inconscio nell’uomo.

Qualcuno ha notato che il concetto di anima proposto qui da Hegel riprende il concetto di anima proposto da Aristotele. Hegel si oppone al meccanicismo cartesiano che separa l’anima concepita in modo puramente intellettivo da corpo concepito come macchina. Per Hegel bisogna evitare sia l’astrattezza della psicologia razionale, sia la frammentazione della psicologia empirica, occorre trovare una via speculative, e ciò avverrà attraverso il concetto di anima che in qualche modo recupera Aristotele che vede l’anima come teleologia e finalità.

La seconda manifestazione dello spirito soggettivo è la coscienza. La coscienza qualifica l’uomo. Lo spirito soggettivo corrisponde alla fenomenologia. Però della fenomenologia vengono tenute solo le tre sezioni della prima parte (coscienza, autocoscienza, ragione). Nel sistema la fenomenologia non occupa più la prima parte o la parte introduttiva del sistema ma ridotta occupa una posizione limitata ed intermedia tra antropologia e psicologia Ciò accade perché è cambiato il punto di vista in cui si espone il sistema, non è quello della coscienza finita ma il punto di vista dell’assoluto. La terza manifestazione è la psicologia che è la coscienza individuale che diventa cosciente della propria identità con l’oggetto, con lo spirito del singolo uomo. Lo spirito si articola in spirito teoretico (conoscenza di come l’aspetto del soggetto determina quello del soggetto), spirito pratico (volontà, l’opposto) e spirito libero (sintesi dei primi due che coincide con la volontà razionale espressione di libertà). Questo è il livello più elevato raggiunto dallo spirito per cui lo dispone ad entrare in rapporto con gli altri spiriti. E si passa allo spirito oggettivo. Per capire il passaggio dallo spirito soggettivo allo spirito oggettivo bisogna capire che la realtà si esplica solo nelle istituzioni nelle quali si incarna la vita sociale.

 Lo spirito soggettivo si conclude con la psicologia e in particolare con lo spirito libero, in cui emerge la libertà. Essa è la sintesi tra spirito teoretico e spirito pratico. Hegel riconosce che l’idea di libertà non è né in occidente, né in oriente, ne a Greca ne a Roma, ma è venuta al mondo ad opera del Cristianesimo e nell’ambito del cristianesimo l’uomo assume un valore infinito perché è opera di Dio e scopo del suo amore. Dio è lo spirito e l’uomo è destinato alla libertà poiché è esso stesso collegato allo spirito. Per Hegel la libertà si realizza nelle istituzioni ,cioè nel rapporto con le altre libertà. Lo spirito assoluto quindi realizza la sua libertà, la consapevolezza di sé nell’aspetto estremamente oggettivo delrapporto con gli individui ,quindi nella società. Lo spirito oggettivo è il regno della libertà realizzata. In questo ambito si manifesta come regno della libertà realizzata. Lo spirito oggettivo essendo espressione dello spirito assoluto è razionalità perché lo spirito assoluto rappresenta la razionalità. Il compito della filosofia dello spirito oggettivo è comprendere questa razionalità. Cosa significa comprenderla ? Significa cogliere la razionalità così com’è dispiegata nella realtà storica, in particolare nel proprio tempo. In quali testi troviamo la filosofia dello, spirito oggettivo ? Nell’Enciclopedia in forma sintetica e succinta, in compendio, nei Lineamenti di filosofia del diritto, forse l’opera più importante di Hegel e nelle Lezioni di filosofia della Storia.

 

Lineamenti di filosofia del diritto

Il testo inizia con una importante prefazione, nella quale la filosofia viene definita come scandaglio del razionale. Perché è la comprensione del presente, la filosofia è il proprio tempo appreso nei pensieri, ciò significa che la filosofia non deve solo cogliere il significato della propria età , ma deve spiegarlo, giustificarlo e comprenderne la razionalità ; ed è proprio in questo contesto che Hegel ha fatto la celebre affermazione :ciò che razionale è reale e ciò che è reale e razionale. Questa affermazione ha dato luogo ha molte discussione , fraintendimenti e semplificazioni. Per poterla capire è necessario tenere conto del contesto a cui si riferisce ,che è una rivendicazione della razionalità della filosofia in qualunque campo. L’espressione non significa che tutto ciò che esiste è razionale ma la sostanza dell’esistenza ,cioè i suoi aspetti più profondi ,sono razionali, cioè hanno una loro precisa ragion d’essere. Significa anche che la vera razionalità, la vera giustizia non può essere solo un ideale a cui tendere ma è qualcosa che prima o poi si realizza e quindi se non si realizza mai non ha nessun valore, non è razionale (critica all’astrattezza dell’illuminismo, "un astratto dover essere"). Un tale modo di intendere la filosofia è espressione di una riconciliazione con la realtà. Questa accettazione della realtà risale già al dopo periodo francofortese. Conoscere le ragioni del presente in tutti i suoi aspetti e godere di questi è riconoscere che il presente è dotato di una sua razionalità , il compito della filosofia è capire perché quello che è accaduto è accaduto, e ciò da soddisfazione. Per Hegel la filosofia deve comprendere il proprio tempo poiché la realtà è la rappresentazione dell’assoluto ,il quale si sviluppa nel presente e passato storico; noi capiamo l’assoluto quando noi capiamo le tappe di ogni epoca, ma ciò lo possiamo capire solo quando la realtà si è realizzata.

 Lo spirito oggettivo

Lo spirito oggettivo si articola in : diritto , moralità ed eticità. Data la caratteristica dello spirito oggettivo, lo spirito non si realizza più nell’individuale come era accaduta nello spirito soggettivo ma a livello metaindividuale, cioè nelle istituzioni, nella storia; questa attenzione per il livello metaindividuale è tipica dell’ottocento e noi la troviamo per esempio anche in Comte.

Partiamo dal punto di arrivo della psicologia, lo spirito libero. La libertà si manifesta come volere del singolo (inteso come persona).Se la libertà si manifesta innanzitutto come volere del singolo, cioè come persona giuridica essa si trova nel diritto.

E’ vera libertà perché la volontà diviene pienamente razionale in quanto si conforma alle leggi e non è quindi un giudizio soggettivo ,ma la volontà giuridica è la volontà che è conforme alle leggi. Secondo Hegel l’espressione reale della persona è la proprietà, la sfera esterna del libero volere. L’ambito in cui è universalmente riconosciuto come oggetto autonomo ed indipendente. Si parla di diritto privato, caratteristica della società borghese postnapoleonica. La proprietà, la prima categoria dello spirito oggettivo, essa diventa tale dopo il reciproco riconoscimento del contratto, se io ti vendo un bene riconosco che il bene è passato a te (contratto come antitesi)) l’esistenza del diritto implica anche la comparsa del suo contrario cioè il torto, l’illecito, ciò che non è più forma di diritto. Nel suo aspetto più grave l’illecito diventa il delitto (in senso giuridico) esso richiede la sanzione, la pena che si configura come un ripristino del diritto violato, riaffermazione potenziata del diritto, dialetticamente la negazione della negazione. Per Hegel il criminale grazie alla pena risulta onorato di essere razionale e quindi la pena è una necessità razionale ma essa perché sia efficace, sia punitiva e formativa deve essere conosciuta interamente dal colpevole e a questo punto si va oltre alla sfera del diritto perché il diritto si esprime in una legge puramente esteriore ed essa viene sentita dall’individuo come qualcosa che non è proprio. Per questo motivo bisogna passare alla moralità che è la seconda categoria dello spirito oggettivo.

Passaggio dal diritto alla moralità

Siamo usciti dallo spirito soggettivo attraverso l’affermazione della libertà, che si manifesta essenzialmente come libertà individuale, come volontà . Questa volontà pero’ deve conformarsi alle regole di tutte le altre volontà ed a questo punto siamo nel diritto, inteso come diritto privato. La volontà si manifesta nel diritto nella forma della proprietà. La proprietà è una estrinsecazione oggettiva della personalità giuridica di chi detiene la proprietà stessa. La proprietà per essere tale richiede il contratto, ma il contratto richiede anche l’illecito, il torto, la violazione della norma ed il delitto implica la pena, la punizione che per essere accettata dal colpevole deve essere accettata come un fatto razionale . Per essere efficace deve essere accettata. Il diritto invece è qualcosa di esteriore ed ecco quindi la necessità di passare alla categoria della moralità.

 

Riferimento al rapporto tra Hegel e giusnaturalismo

Hegel nega che in natura ci possano essere dei diritti ,che quindi poi devono essere rispettati nello stato e nella società. I diritti sorgono sempre da una relazione sociale da una reciproco riconoscimento. Hegel nega l’idea di uno stato di natura originaria e con essa l’esistenza di diritti naturali.

 

La moralità

Hegel fa una sorta di ribaltamento del rapporto moralità -diritto ,come era stato stabilito da Kant e Fichte. Il diritto non è più visto come insieme di istituzione che permettono la moralità .ma piuttosto il contrario. In Hegel la moralità indica la concezione dell’etica kantiana che per Hegel è insufficiente e viene criticata. L’eticità invece rappresenta l’istanza morale superiore, che compendia la vera moralità, con un significato soggettivo, l’eticità ha una valenza oggettiva ed è superiore.

La moralità è una legge puramente interiore ed è sentita come un dovere e coincide con l’etica di Kant, la quale riconosce valore morale alla sola legge del dovere, all’intenzione disinteressandosi del contenuto dell’azione e della felicità. Hegel riconosce a Kant un merito, quello di aver valorizzato l’interiorità, l’intenzione, ma ritiene la posizione di Kant insufficiente.

Per Hegel l’etica kantiana è astratta. Tre sono i punti di critica all’etica kantiana:

Critica al formalismo (l’etica kantiana manca di contenuti completi)

Critica dell’astrattezza (aspira ad una perfezione irraggiungibile)

Critica dell’impotenza della sua etica, inattuabile

Critica al dovere poiché non è puramente razionale.

Critica alla morale perché ha il difetto di mancare di realismo, tipico dell’illuminismo. Tentativo di fissare un modello inattuabile. I limiti della morale di Kant stanno della contrapposizione tra essere e dover essere che è poi la contraddizione di tutta la moralità. le articolazioni sono:

Hegel non critica solo l’etica di Kant a ma tutte le etica che fanno riferimento soggettivismo astratto, quindi la morale del cuore (critica sviluppata nella Fenomenologia) .

Critica anche la posizione romantica, esasperazione dell’Io e della soggettività, che è astratta. Per superare la contraddizione tra universalità e particolarità così come è evidenziata dalla morale kantiana bisogna andare nell’eticità, che è la sintesi dello spirito oggettivo, la parte più importante e più originale (teorizzazione della società civile, dibattito nel settecento, individuazione della società come fase a se stante rispetto allo stato).

 

Che cosa distingue l’eticità dalla moralità ?

L’eticità è morale realizzata nelle istituzione e nei costumi di un popolo (deriva da ethos, termine greco, spirito di un popolo), se la moralità è morale soggettiva ,l’eticità è morale sociale ed è sicuramente morale completa. L’eticità consente di superare la spaccatura tra interiorità ed esteriorità e siccome assume le forme del diritto realizzato nelle istituzioni , essa può superare la unilateralità opposta di diritto e morale. Il diritto che considera tutto il formalismo della legge sul versante oggettivo, la moralità nel soggettivo, superamento dialettico dell’unilateralità dei due. Maggiore valore alle istituzioni, statolatria, l’eticità si identifica con lo Stato e non ci può essere vera morale al di fuori di esso.

 

Eticità

La tesi dell’eticità, la prima istituzione che realizza l’eticità è la famiglia, che in qualche modo è la sintesi tra la legge ed il valore morale, non è solo una società naturale od un semplice contratto giuridico ,ma è una istituzione creata dallo spirito. La famiglia è unità spirituale e morale fondata sull’amore e sulla fiducia. La famiglia ha un valore morale grande. La famiglia eleva l’uomo dallo stato di naturalità.- Come è concepita la famiglia ? Concepita come un tutt’uno, un organismo unitario, i cui membri in rapporto con l’esterno rappresentano un tutt’uno. Hegel conserva le tracce della compattezza etica che nella sua precedente filosofia attribuiva alla società antica greca. Diversamente dal diritto che è conosciuto anche nel mondo antico, la famiglia è la famiglia nella sua verità, l’idea di famiglia e insieme alla società civile è tipica della società moderna. Da che cosa emerge questo carattere moderno della famiglia ? Emerge dalla centralità che in essa assuma il matrimonio inteso come rapporto d’amore etico fra i due sessi , cioè alla base del matrimonio vi è l’atto libero della volontà, la famiglia è posta in atto dall’atto libero della volontà dei due coniugi. L’idea di famiglia non è l’idea di famiglia come stirpe o casato che c’era nelle epoche premoderne ma Hegel parla della famiglia nucleare borghese.Il principio unitario della famiglia era il matrimonio . Tuttavia Kant aveva fondato il matrimonio sul contratto, il contratto per l’uso delle funzioni sessuali che si stabiliva fra i coniugi. Per Hegel invece il fondamento della famiglia sta nella libera scelta di fondare una famiglia, di fare una passo in là della propria individualità e del proprio egoismo. Affermare ciò non vuol dire negare che alle base della famiglia vi è un fondamento naturale come la relazione sessuale, ma questa viene trasfigurata nel matrimonio con connotati spirituali.

Hegel non esalta la libera scelta del coniuge come voleva fare il romanticismo, l’iniziativa della scelta del partner poteva venire fatta dai genitori, l’importante è il consenso dei coniugi ad unirsi in una sola persona, la loro scelta è formare una famiglie , nel formare qualcosa. Critica all’amore romantico perché dissolveva il valore della famiglia nella particolarità soggettiva e negava la oggettività. Nella famiglia il rapporto naturale ed accidentale tra i sessi è trasfigurato nella dimensione spirituale dell’amore su cui si fonda il matrimonio. La famiglia come ogni categoria dialettica si articola a sua volta in tre categorie:

Il matrimonio, unità spirituali fondata sull’amore e sulla fiducia

Il patrimonio, condizione della vita familiare (non si può costituire una famiglia se non vi sono le risorse su cui fondarla)

L’educazione dei figli (compimento della famiglia).

Quando i figli sono diventati adulti al famiglia è destinata a disgregarsi in tante altre famiglie e cui rapporti non sono di unità ed armonia ,ma di conflittualità economica. A questo punto scatta la società civile.

 

La società civile

La società civile è una realtà tipicamente moderna, la cui scoperta è stata considerata uno dei maggiori meriti di Hegel. Hegel si serve dei risultati che emergevano dai testi di economia politica del ‘700. La società civile per Hegel si articola in sistema dei bisogni, amministrazione della giustizia ,la polizia e le corporazioni. Termini con significati specifici.

 

Il sistema dei bisogni

La società civile inizia con il sistema dei bisogni, che è l’organizzazione razionale di tutte le attività volte al soddisfacimento dei bisogni umani, quindi l’economia, le attività economiche, produzione e scambio di merci. Il sistema dei bisogni è incentrato sulla divisione del lavoro da cui nascono le classi o ceti.

Classe sostanziale o naturale dei produttori, agricoltori

Classe formale che li trasforma (artigiani)

Classe universale, dei pubblici funzionari, con ruolo centrale

 

 

Il concetto di classe in Marx ed in Hegel

Le Classi o ceti ( stande ) sono diversi dalla classe di Marx, perché collaborano fra loro e non sono antagonisti. Per Marx la classe per forza è antagonista poiché è determinata dai rapporti di produzione

 

Amministrazione della giustizia

L’amministrazione della giustizia è la sfera delle leggi e della loro tutela, la parte operative, gli apparati, identificazione con questa del diritto pubblico. Nel sistema della giustizia il diritto pubblico considerato in precedenza nella tesi dello spirito oggettivo si incarna in un sistema di leggi positive ,che sono vigenti sulla base delle sanzioni che un potere superiore è in grado di erogare a chi non ubbidisce alle legge. Questo potere superiore spetta ai giudici. La giustizia evidenzia maggiormente del sistema dei bisogni il legame etico tra il singolo e la totalità, attraverso l’applicazione delle norme ai casi specifici il diritto del singolo viene strettamente legato al diritto universale, vi è un ulteriore passo in avanti verso l’universalità.

Nella concezione della giustizia ,intesa come apparato, che differenza c’è tra Hegel e Kant ? La concezione di Kant è tipicamente liberale. Hegel colloca invece in modo subordinato la giustizia. Il tratto centrale della idea liberale è la divisione dei poteri. Per Hegel i giudici non sono espressioni di un potere separato nello stato ,ma sono funzionari dell’esecutivo. Hegel non contempla quello che è presente nella nostra costituzione per cui l’ordine giudiziario è uno dei poteri dello stato indipendente dagli altri due (legislativo ed esecutivo). La nostra costituzione è tipicamente liberale. Il timore del liberalismo è che lo Stato prevarichi l’individuo (Montesquieu). Il liberalismo nasce dalla diffidenza nei confronti del potere.

Per il liberalismo lo stato non può avere dei fini, lo stato è uno strumento , per Hegel lo Stato ha un valore etico.

 

Polizia e corporazioni

Polizia non è la nostra polizia, è il termine tedesco polizei, ma nel linguaggio tedesco del tempo era un calco del termine greco polis, e si identificava con l’amministrazione, stato del benessere, insieme di attività che provvedono alla sicurezza sociale. Lo Stato si deve occupare della sicurezza fisica e il benessere dei cittadini.

L’amministrazione tutela i beni ed il diritto del singolo preventivamente e poi a posteriori attraverso la giustizia che reprime le violazioni. Nell’idea di benessere vi è anche l’uso degli strumenti educativi, garanzia per la promozione dei singoli e anche la promozione delle politiche economiche. Hegel non arriva allo stato chiuso commerciale di Fichte. Le corporazioni sono associazioni di mestiere che rappresentano il momento più alto nella ricomposizione tra il singolo e la totalità. Anche se riguardano delle totalità ristrette, perché riguardano i singoli settori delle attività svolte dell’uomo ,tuttavia sono per Hegel un passaggio verso la totalità. Dalla dispersione della società civile (singoli l’uno contro l’altro) si arriva ad una unità già parziale (attraverso agli interessi comuni nei singoli settori), per arrivare all’unità totale che è lo Stato. Le corporazioni fanno uscire il singolo dal suo interesse privato. Hegel è piuttosto guardingo nei confronti dell’individualismo. Hegel riconosce con A.Smith che lo sviluppo dell’economia moderna sia legata allo sviluppo dell’economia privata ,ma ritiene che non si possa lasciare a sé questo processo e bisogna in qualche modo correggerlo, in questo caso le corporazioni sono già una correzione. Hegel può apparire storicamente una mediazione tra il vecchio ed il nuovo.

Hegel si è reso conto che il capitalismo è una "bestia selvaggia che va addomesticata". La società civile non va confusa con la società politica. La società civile sono i cittadini che collaborano tra di loro, in ambito economico (società dei privati con fini economici). La società politica è l’insieme dei cittadini che cooperano ad un fine comune, è strettamente collegata allo Stato. Il mezzo attraverso cui l’individuo realizza i suoi bisogni è da una parte la proprietà, da una altra la attività, il lavoro. Il rapporto tra questi due mezzi è stato analizzato nell’economia politica. Hegel ritiene che all’uguaglianza giuridica non si possa far seguire una uguaglianza economica, sostenere una uguaglianza economica in nome di quella giuridica è un vuoto intellettualismo, che scambia il dover essere per il reale i.

L’istituzione in cui si compongono tutti i conflitti civili è lo Stato.

 

Lo Stato

Lo Stato è la realizzazione più alta dell’eticità. Lo Stato è la manifestazione dell’Assoluto nel mondo. Lo Stato è posto al culmine è l’universalità. Nell’aggiunta ai lineamenti di filosofia di diritto. Lo Stato è la sintesi, si partiva dalla famiglia, ci si disperdeva nell’antitesi della società civile si giunge quindi alla sintesi dello Stato. Lo Stato coincide con la società politica, l’insieme degli indvidui che operano per il bene comune. Qui possiamo notare come da un punto di vista storico Hegel ha universalizzato un concetto che è tipico della modernità. La società politica esiste però prima della modernità (già con i greci). Lo Stato inteso come sostanza etica in sé riunifica la famiglia e la società civile.

La concezione dello Stato di Hegel è diversa da quella liberale, da quella di Locke e Kant.Secondo Hegel la concezione liberale implica una confusione tra società civile e Stato e riduce lo Stato a tutore del particolarismo, la vera libertà si realizza nel sostanza etica universale in cui diritti e doveri coincidono.

Tutto ciò che l’uomo è lo deve allo Stato ,poiché solo in esso sta la sua essenza. Hegel rifiuta la concezione liberale quindi. Per Hegel l’universale predomina sempre rispetto al particolare e bisognare andare oltre a questa concezione di Stato. Ma Hegel rifiuta pure la concezione democratica (Rousseau) secondo cui la sovranità risiedeva nel popolo, è una concezione astratta perché al di fuori dello stato il popolo è solo una moltitudine informe. La sovranità dello Stato deriva dall’idea di stato stessa. Lo Stato hain se stesso al propria ragion d’essere ed il proprio scopo. Emerge quindi una visione organicistica della fondazione dello stato. Ciò ha creato un problema per gli studiosi che hanno cercato di inquadrare politicamente Hegel. C’è chi ha detto:

-Hegel è un reazionario, difende lo stato prussiano

-Hegel si collocava in una posizione intermedia per cui in molti suoi scritti Hegel ha una simpatia verso lo Stato costituzionale, però rifiutava anche le teorizzazioni più estreme del liberalismo. Hegel vive nell’età della Restaurazione e cerca di salvare le conquiste politiche postrivoluzionarie nei confronti delle posizione reazionarie combattendo anche con le concezioni estreme come quelle democratiche.

Non sono gli individui a fondare lo stato ma è lo Stato a fondare gli individui, sia storicamente e temporalmente, gli individui nascono sempre nello Stato, lo Stato per Hegel è superiore ai singoli come il tutto alle parti. Viene messo in discussione il contrattualismo.

Il contrattualismo era già stato messo in discussione per esempio da Hume ,che ne aveva contesatato la fondatezza storica. (E’ impossibile che gli uomini si siano riuniti ed abbiano deciso di fare un contratto fra di loro.) Rousseau avevano accolto queste critiche, negando che avesse avuto una origine storica, Kant aveva trasformato il contratto in una idea regolativa. Hegel mette in discussione il contrattualismo

Hegel è d’accordo sul fatto che lo Stato sia punto culminante del processo storico ed in particolare la tesi della supremazia della legge, lo Stato si manifesta soprattutto sulla legge. Hegel rifiuta però il fondamento del giusnaturalismo. Lo Stato di Hegel non è quindi lo Stato dispotico ma è lo Stato di Diritto , che opera mediante le leggi. Lo Stato di Hegel non è lo stato dispotico ma quello di diritto, uno stato è caratterizzato dalla costituzione. Una costituzione non può essere stabilita a tavolino , la costituzione non si può imporre, poiché se lo Stato è una sostanza etica esso coinciderà con lo spirito del popolo. La forma migliore di Stato è la monarchia costituzionale moderna, basata su poteri distinti ma non divisi. Hegel distingueva la monarchia costituzionale moderna da quella liberale: poteri distinti ma non divisi, invece il liberalismo li divideva. I poteri sono:

Potere legislativo, momento dell’universalità dello stato

Potere esecutivo, che esprime il momento della particolarità, l’applicazione delle leggi ai casi particolari

Il potere sovrano e principesco, momento dell’individualità e della soggettività

Il potere legislativo è il potere di determinare l’universale. Hegel prevede una assemblea della rappresentanza dei ceti, una camera alta ed una bassa ma nel potere legislativo vi è anche il contributo del potere esecutivo e quindi di quello principesco, l’attività legislativa non è opera solo delle rappresentanze ma è opera anche degli altri due poteri. Bisogna diffidare dalla rappresentanza che lasciata a se stessa è particolarista. Il potere governativo che per Hegel contiene anche il potere giudiziario e di polizia consiste nella sussunzione della sfera particolare e dei singoli casi sotto l'universale e nello scopo di tradurre in atto l’università della legge nei casi particolari. A questo compito adempiono i funzionari.

Il potere sovrano e principesco in cui si incarna lo stato è una persona non giuridica in cui lo stato è incarnato. Ha un valore simbolico per Hegel, il potere reale si identifica in particolare col governo, con i ministri ed in funzionari. Vengono riassunte nella monarchia costituzionale quindi le 3 forme classiche di governo:

Potere sovrano, di uno, monarchia

Potere governativo, potere di alcuni, oligarchia

Potere legislativo , di tutti, la democrazia

 

Introduzione alla filosofia della storia

Sappiamo che lo spirito oggettivo per Hegel si realizza nello Stato, che si realizza in qualche modo nella storia. Per Hegel è possibile una filosofia della storia. Nell’Introduzione sulle Lezioni di filosofia della storia, Hegel afferma che la ragione governa il mondo, dal punto di vista dell’intelletto finito la storia appare come un insieme di fatto contingenti, slegati fra di loro. Quindi dal punto di vista dell’individuo, che giudica sulla base dei suoi ideali personali e quindi mutevoli, ma se noi ci poniamo dal punto di vista speculativo, cioè della ragione, emerge la razionalità della storia, il fatto che la storia è un necessario progresso, estrinsecazione dell’assoluto. Questo necessario progresso non è quello lineare della filosofia della storia illuministica ma di un progresso dialettico, che comprende momenti anche negativi, che noi giudichiamo negativamente ma in realtà questo male è apparente se considerato all’interno de percorso, poiché aveva una sua funzione.

 

La filosofia della storia di Hegel e le altre filosofie

La filosofia della storia di Hegel assimila molti termini della filosofia della storia illuministica ( vedi anche Filosofia della storia di Kant) e del romanticismo. Il romanticismo ha fatto della storia una componente fondamentale. (spirito di un popolo= costumi, valori e religione etc .di un popolo, carattere individuale che consente di distinguere un popolo dall’altro). Hegel parla dello spirito di un popolo, ma sottolinea il momento delle istituzioni (le leggi e lo stato connotano lo spirito di un popolo).

 

La filosofia della storia: lo spirito del mondo e lo spirito del popolo (il loro rapporto)

Un popolo può entrare nella storia solo quando la sua sostanza etica si oggettiva in una costituzione politica, in uno stato, poiché uno stato ha dietro di sé una costituzione implicita o esplicita. Ogni filosofia della storia, proprio perché individua un "filo rosso", che da significato alla storia stessa, deve trovare il fine della storia del mondo. Il fine della storia del mondo è il fatto che lo spirito giunga a sapere ciò che egli è veramente, oggettivi questo sapere lo realizzi e si realizzi in una concreta serie di vicende storiche. Il vero protagonista della storia del mondo è lo spirito del mondo che è l’Assoluto che si incarna di volta in volta nei singoli popoli formando in ciascuno lo spirito del popolo. La storia ha dei protagonisti che sono i vari spiriti del popolo. In ogni epoca lo spirito di un popolo si fa portatore di un grado particolare di sviluppo dello spirito del mondo, esprimendo il principio etico più alto che lo spirito del mondo ha sinora raggiunto. Lo spirito del mondo tesse una trama che si realizza nei vari spiriti del popolo che in quel momento è il momento più alto della civilizzazione, il popolo che ha raggiunto il punto più alto. In ogni epoca vi è dunque un popolo che domina anche attraverso la guerra su tutti gli altri e questo significa che lo spirito del mondo si è incarnato in quell’epoca nello spirito di quel popolo. Quando questo popolo ha compiuto la sua missione giunge al declino, lo spirito del mondo lo abbandona e si incarna in un altro spirito di un popolo, secondo un processo progressivo. Ogni processo storico ha un momento di crisi, dunque.

 

La filosofia della storia: il ruolo degli individui

Che ruolo hanno gli individui nella storia ? Essi sono subordinati alle loro passioni ,che sono i mezzi attraverso cui lo spirito del mondo realizza i propri fini, siccome lo spirito del mondo si incarna sempre nello spirito di un popolo, l’azione dell’individuo sarà più efficace quanto più è conforme allo spirito del popolo a cui appartiene. Alcuni individui non fanno altro che conservare lo spirito del proprio popolo e sono la maggior parte, i cosiddetti conservatori, gente che non innova, che si identifica con ciò che è già dato. Pochi individui si staccano dalla massa e innovano e fanno progredire la storia del mondo e sono gli individui stocio-cosmici (p. es. Giulio Cesare, Napoleone). Il segno del loro destino eccezionale, che fuoriesce dalla vicende comune degli uomini è il successo. In realtà questi eroi che credono di plasmare la storia sono solo dei mezzi di cui lo spirito del mondo si serve per realizzare i suoi fini. Sugli eroi incombe un destino di tragedia e di sconfitta (Napoleone, Cesare, Alessandro Magno).Siccome lo spirito del mondo è coscienza di sé e si esprime nella libertà i singoli momenti della storia saranno tappe o gradi della realizzazione della libertà e siccome per Hegel la libertà si realizza nello Stato lo Stato diventa il fine suprema e la storia del mondo viene concepita come successione di forme statuarie. Questa concezione di Hegel ha influenzato profondamente la nascita della storiografia scientifica.  storia di stati. Anche la storia antica che non ha conosciuto la stato moderno è stata inquadrata dagli storici come successioni di stati. Ogni popolo è destinato a recitare un luogo da protagonista e d a soccombere e subito dopo un nuovo popolo. La storia per Hegel come realizzazione dell’idea ha un significato pienamente razionale ed ha un significato teleologico, cioè destinato ad un fine che è lo spirito che si realizza e che realizza quindi la propria libertà, ma Hegel è anche un ammiratore di Macchiavelli, del realismo politico e quindi rifugge da ogni visione ottimistica (differenza rispetto alla prospettiva della filosofia della storia di tipo illuministico). Hegel fa emergere la tragicità della storia. Di fronte ad una prospettiva così drammatica non hanno senso i giudizi morali e le proteste sentimentali , quindi non ha senso sovrapporre agli eventi uno schema precostituito, la storia è così come è, con il suo misto di tragico e positivo.

 

La filosofia della storia: i tre momenti epocali, la filosofia dei tre regni

La filosofia della storia non deve avere un punto di vista esterno al suo oggetto ma deve solo esplicitarmi il senso immanente, la storia è divisa in 3 momenti epocali(3 regni):

 

La filosofia della storia: il regno orientale

Mondo orientale o regno orientale. Prima forma di vita politica in cui si supera l’arbitrio individuale. Questo regno è caratterizzato dal fatto che in esso un individuo solo è libero (il sovrano , il despota ) e tutti gli altri sono schiavi. E’ il regno del dispotismo, in cui la libertà non esiste poiché essendo il monarca l’unico libero, agisce in modo arbitrario, è schiavo delle proprie passioni (civiltà indiana o cinese).

 

La filosofia della storia: il regno greco e romano

Mondo greco e romano. In cui alcuni individui sono liberi, la libertà di questi è pero’ autentica. E’ nel mondo greco che nasce la libertà., Nei greci abbiamo la libertà bella che si esprime con immediatezza, la corrispondenza tra il singolo e la comunità essa trova realizzazione nell’arte (arte greca ha per oggetto la figura umana, per la prima volta l’uomo si coglie nella sua libertà). Nel regno romano abbiamo la scissione tra individuo e stato.

 

La filosofia della storia: il regno cristiano - germanico

Mondo cristiano germanico. In esso abbiamo la libertà vera, tutti gli individui sono liberi. All’inizio è una libertà interiore perché durante il cristianesimo esiste ancora schiavitù, ma è merito del cristianesimo stesso aver diffuso la consapevolezza che tutti gli uomini -essendo figli di Dio -sono tutti liberi, cioè espressione dell’assoluto e della libertà. Questa libertà si manifesta in forma scissa fra il mondano e l’ecclesiastico nel cristianesimo del medioevo (supremazia della chiesa). Sarà la riforma protestante, vera affermazione della libertà, (principio futuro fondante del liberalismo ottocentesco). La riforma protestante, attuata dai popoli germanici realizza pienamente questa libertà perché fa vedere come Dio non sia concepito estraneamente all’uomo ma Dio è presente nella sua interiorità. Hegel riconosce nella riforma protestante una tappa fondamentale nella coscienza moderna. Il successo della riforma in Germania ha reso superflua la rivoluzione  la rivoluzione avviene solo nei paesi cattolici. Perché le rivoluzioni sono tipiche dei paesi cattolici ? La libertà nei paesi cattolici - poiché, da una parte abbiamo l’affermazione del cristianesimo che tutti gli uomini sono uguali e liberi, ma dall’altra abbiamo il fatto della chiesa e lo stato sono corrotti - si afferma attraverso la violenza. La rivoluzione francese è quindi espressione della libertà astratta secondo Hegel. La rivoluzione francese secondo Hegel è una realizzazione astratta perché non si concretizza nelle istituzioni. Il limite della rivoluzione francese è stato quello di aver pensato alla volontà generale senza considerare quella dei singoli. Si è pensato che il singolo fosse libero di poter affermarsi in una libertà universale. La storia realizza lo spirito e la storia è la vera teodicea, la realizzazione dello spirito nel mondo.

 

La filosofia della storia: il problema della fine della storia

La storia finisce col mondo germanico o è destinata a continuare ? Per Hegel il problema è mal posto la parte che rimane ancora da percorrere è il lato empirico del problema ,cioè secondario rispetto al disvelamento dell'assoluto , che si manifesta come sviluppo e quindi come storia .

 La filosofia dello spirito assoluto

  le sue espressioni

Le forme in cui si realizza lo spirito assoluto nel suo processo di auto - riconoscimento sono l’arte la religione e la filosofia, le vette più alte della cultura umana.

Queste attività non si distinguono per il contenuto ma per la forma. Il contenuto è identico, cioè è l’assoluto che prende coscienza di se stesso ,cambia il modo attraverso il quale si presenta questo contenuto.

Arte: presenta l’assoluto nella forma dell’intuizione sensibile, se l’arte rappresentava l’assoluto nell’intuizione sensibile, l’intuizione sensibile rappresenta l’assoluto nell’esteriorità,

Religione: rappresenta l’assoluto nella forma della rappresentazione,

Filosofia: rappresenta l’assoluto nella forma del puro concetto, l’assoluto si conosce in se e per sé e svela tutta la sua processualità, le sue fasi.

La presenza di questa ultima fase del sistema di Hegel ha posto un problema fra gli interpreti, che poi è stata la ragione del differenziarsi fra la cosiddetta destra e sinistra Hegeliana. Giovani hegeliani e vecchi hegeliani (destra e sinistra). Qual è il problema ? Se arte , religione e filosofia sono espressione dello spirito assoluto, e lo spirito assoluto viene dopo la storia ,esse possono essere considerate come attività che trascendono la storia e quindi attingono a verità eterne (destra hegeliana). La sinistra hegeliana invece sosteneva che queste attività sono coinvolte nel processo storico. La prima interpretazione è una apertura verso la trascendente, (interpretazione moderata, conservatrice di Hegel). La seconda della sinistra hegeliana è invece , poiché accentua il carattere immanentistico, tende a contrapporre Hegel alla tradizione soprattutto religiosa e tende ad usare il pensiero di Hegel ( o quello che almeno si ritiene essere il suo spirito vero )in senso rivoluzionario. Un fatto è indubbio: per Hegel le attività puramente spirituali: l’arte, la religione, la filosofia sono superiori alla vita etico-politica, il soggetto delle attività etico politiche, cioè l’assoluto si incarna nelle realizzazioni più alte dell'umanità .

La Prima delle categorie dello spirito assoluto: l’arte

L’arte è la prima attività attraverso cui lo spirito si riconosce. L’arte è l’autocoscienza dello spirito assoluto che si manifesta nella forma dell'intuizione sensibile. In quali opere Hegel ha affrontato il problema filosofico dell’arte ? Nella parte dell’enciclopedia dedicata all'arte nella trattazione dello spirito assoluto, ed anche in una serie di corsi universitari dedicati alla filosofia dell’arte ( ad Heidelberg e Berlino ), raccolti poi dai suoi allievi (lezioni di estetica).

L’estetica è la filosofia dell’arte. Vi è una differenza immediata nel modo di concepire nella tradizione l’arte e il modo di concepirla di Hegel:l’arte per Hegel ha per oggetto l’assoluto (assoluto inteso come spirito), l’arte quindi non può essere intesa come sosteneva l’estica antica come imitazione della natura ,in quanto la natura è un momento inferiore allo spirito e l’arte si colloca comunque sopra e non può essere imitazione della natura. L’arte ha per oggetto sempre l’ideale, l’idea, l’assoluto. L’immagine sensibile dell’assoluto è la bellezza. Ciò che è esteticamente valido coincide, per Hegel, con il bello.

La vera bellezza non è quindi il bello di natura ma il bello dell’arte  l’arte si occupa del bello in quanto produzione umana. Anche quando l’arte si serve di immagini naturali, non imita la natura ma la idealizza. Inoltre l’opera d’arte, in quanto manifestazione dello spirito, indica che essa ha una dimensione storico sociale, l’arte non è mai una produzione individuale ma una manifestazione dell’assoluta in una dimensione metaindividuale. La forma in cui l’arte coglie l’assoluto è l’intuizione sensibile. L’intuizione sensibile è una forma di conoscenza ottenuta attraverso i sensi (vista, udito…). Questa conoscenza si esprime in una immagine sensibile. Hegel -come anche i romantici -vede nell’opera d’arte una forma di verità inferiore alla religione ed alla filosofia. La via estetica alla conoscenza non è come in Schelling la via privilegiata, poiché vi sono forma superiori, in particolare la filosofia. L’immagine attraverso cui l’arte esprime l’assoluto è la forma. L’assoluto è invece il suo contenuto. L’opera d’arte perfetta si ha quando la forma è perfettamente adeguata al contenuto che essa esprime, ma ciò non sempre accade, vi sono forme d’arte più o meno perfette e sono sviluppate in epoche diverse della storia. Hegel analizza queste forme.

La filosofia dell’arte: le forme d’arte

La prima forma d’arte è l’arte simbolica che esprime l’arte dell’antico oriente. L’arte simbolica è caratterizzata dal fatto che la forma è inadeguata al contenuto perché il simbolo è una forma che allude solo vagamente al contenuto. Per esempio l’arte orientale è inferiore a quella greca perché il contenuto spirituale che vuole comunicare non è giunto ancora a chiara consapevolezza perché si esprime attraverso il simbolo . Il simbolo porta ad una designazione ambigua ( es .il leone , usato come simbolo del coraggio ,ha altre qualità oltre al coraggio). Il contenuto spirituale non è perfettamente chiaro).

Arte classica o greca è il perfetto equilibrio tra forma e contenuto e comunica serenità ed equilibrio, armonia. Se l’arte antica si era espressa soprattutto nella architettura l’arte classica si esprime nella scultura. L’arte greca sceglie l’uomo come soggetto, espressione più alta dell’assoluto. Il mondo greco tuttavia va in rovina perché si moltiplicano i centri politici e con l’avvento del cristianesimo che fa valere un senso maggiore di interiorità, è necessario un nuovo tipo di arte, , che è l’Arte romantica. Con il termine arte romantica Hegel non indica l’arte del suo tempo, ma indica un periodo molto più ampio, l’arte dell’età cristiana, medievale e moderna. Perché si passa all’arte romantica ? Già nell’arte romana Hegel dice che la satira esprime contrasto tra il senso interiore e le verità del mondo esterno. Nell’arte romantica il contenuto sovrasta la forma. Nell’arte simbolica era la forma che era inadeguata al contenuto perchè usava i simboli, nell’arte classica si ha un perfetto equilibrio, nell’arte romantica il contenuto sopravanza la forma. Il contenuto raggiunge la forma della piena soggettività e quindi per essere espresso ha richiesto il bisogno di forme meno plastiche, più indefinite ( la pittura , la musica ,la poesia). L’arte simbolica si realizza nella architettura , dove domina la materia, l'arte classica nella scultura, nella quale emerge attraverso la statuaria l'immagine dell'uomo, nell’arte romantica si ricorre ad altri forme artistiche . Hegel stabilisce tra le singole arti una gerarchia che rispecchia la progressiva liberazione del contenuto dall’esteriorità sensibile. L’arte verrà poi superata dialetticamente, la cosa che esprime meglio la ricchezza di spirito è la religione. L’architettura corrisponde all’arte simbolica; la scultura all’arte greca, l’arte romantica si serve di pittura musica e poesia. La poesia perchè il suono della voce esprime più adeguatamente questo spirito. Queste espressioni artistiche suscitano soprattutto sentimento (partecipazione attiva, di fronte alle forma classiche che invece trasmettono serenità. L’arte moderna punta più sul turbamento, sulle emozioni). Nell’arte romantica - infatti -il rapporto tra forma e contenuto si spezza e lo spirito prende coscienza che la forma sensibile è incapace di spiegare l’interiorità spirituale. Si realizza così la morte dell’arte.

 

La filosofia dell’arte: la morte dell’arte

Hegel ha capito lo specifico dell’arte moderna. L’arte moderna, romantica non è l’arte classica. La morte dell’arte per Hegel non è il fatto che l’arte scompaia, l’arte è inadeguata a rappresentare la ricchezza spirituale della modernità e ci vuole qualcosa d’altro (la filosofia). Nel romanticismo moderno la soggettività dell’artista ha il dominio assoluto sulla materia. L’artista può distorcere la materia anche in modo caricaturale, l’arte moderna utilizza spesso l’ironia, l’umorismo. In particolare Hegel considera una delle forme più elevate della sua epoca il romanzo borghese. Nell’antichità e nel medioevo il sostituto del romanzo era l’epica. Il romanzo appare nell’epoca moderna . Il romanzo, secondo Hegel, dimostra come l’arte ha perso la sua funzione originale; nella prosa del mondo moderno (caratterizzato da prosaicità (una vita, che si sviluppa in una dimensione uniforme , che manca di momenti alti) in cui predomina la vita privata rispetto a quella pubblica non è più pensabile il grande poema epico, che questo tipo di vita possa sostenere la tragedia, il grande genere dei greci, non è più possibile la figura dell’eroe perché manca la dimensione collettiva. Con la fine dell’epica è stato ridimensionato il ruolo dell’artista che non è più l’educatore del popolo( come : Omero, Sofocle, Euripide, Eschilo). L’artista moderno è il creatore del romanzo borghese, prosaico della quotidianità. Il romanzo borghese non esprime più l’universalità che invece il poema epico riusciva ad esprimere. L’universalità non viene più espressa dall'arte ma dalla filosofia.

 

La filosofia della religione: la prima fase

La trattazione della filosofia della religione si trova nella ultima parte della enciclopedia, è trattata anche nella seconda parte della fenomenologia dello spirito e in una serie di lezioni di cui ci sono stati conservati degli appunti, Lezioni sulla filosofia della religione. Hegel si pone il problema del rapporto tra la filosofia della religione e religione. La filosofia della religione non deve inventare la religione e cercare una religione filosofica nuova ma riconoscere quella che c’è già, la religione positiva. Hegel qui da una parte rivendica il valore speculativo della teologia ,cioè da una parte rifiuta le concezioni romantica della religione come sapere immediato e sentimento perché la religione è comunque pensiero, anche se inferiore del pensiero attraverso il concetto della filosofia, ma è anche contro l’illuminismo che riduceva il cristianesimo ad un messaggio morale e rifiuto per esempio il deismo che considera una arida ricerca intellettualistica.

 

L’oggetto della religione è Dio, il soggetto è la coscienza che cerca di conoscere dio. La religione deve unificare la coscienza con Dio. La coscienza è compenetrata con Dio. All’inizio il rapporto Dio – coscienza è colto nell’immediatezza del sentimento poi è colto più adeguata mente nella rappresentazione. La rappresentazione non riesce a unificare coscienza e Dio, Dio è sempre un mistero (questo è motivo per cui bisognerà ricorrere alla filsofia). La religione si sviluppa nella storia in forma diversa. Ciascuna di queste forme rappresenta un progresso nella rappresentazione.

La religione naturale è quella in cui Dio viene rappresentato come Sostanza, come una realtà impersonale. Le espressioni di questa religione naturale sono il feticismo, la stregoneria delle tribù primitive e delle religioni panteiste. – Quanto ha pesato nel pregiudizio nelle civiltà, questa teorizzazione di Hegel ? L’Africa è il continente senza storia. Gli storici africani hanno dovuto far accettare l’idea che l'Africa avesse una sua storia prima della colonizzazione, differente da quella Europea. Il grande storico L. Von Ranke creerà la storia scientifica individuando il soggetto negli stati ( > chiara influenza hegeliana ) .

Un popolo che considera la natura come un suo Dio non può essere un popolo libero. Solo quando coglie Dio come spirito può divenire libero. I popoli dell’oriente, i buddisti, etc.. ,l’induismo che identificano la propria religione con la natura, per Hegel sono popoli inferiore perché hanno elaborato una visione di sé stessi attraverso la visione di Dio nella natura. Gli Europei sono superiori, perché hanno concepito Dio come spirito.

 

La filosofia della religione: seconda fase

La seconda articolazione è quella della religione determinata o finita , in cui dio è già colto come libertà, cioè come spirito (spirito=libertà). E’ presentato come una individualità personale che comprende la religione ebraicao del sublime, la religione greca o della bellezza, la religione romana o della finalità politica. La terza fase della religione è la religione compiuta o liberata e del cristianesimo. Si tratta della religione perfetta perché concepisce Dio come puro spirito; la religione cristiana è la religione vera perché esprime attraverso i propri dogmi altrettanta realtà dell’assoluto, cioè che possano essere espressi in termini razionali.

La religione cristiana per Hegel è la religione vera perché esprime attraverso i suoi dogmi altrettante verità dell’assoluto che si possono benissimo tradurre nella filosofia di Hegel in termini razionali. Per esempio: la trinità viene spiegata razionalmente come espressione della triade dialettica; Cristo: rappresenta l’unità tra finito ed infinito che la filosofia tedesca ha cercato di spiegare nell’idealismo. Hegel finisce per razionalizzare i contenuti della teologia cristiana, presenta come verità dimostrabili razionalmente quelle verità che la teologia ritiene dei misteri. Anche la stessa storia profana viene interpretata come storia sacra. Per Hegel vi è un disegno provvidenziale. Il progetto di salvezza è ricostruibile razionalmente. Facendo ciò Hegel finisce per far perdere alla religione la propria specificità perché rende immanente un processo che la religione considera trascendente, esplicitandolo, rendendolo verificabile, gli fa perdere il mistero. Marx stesso finirà per spiegare la religione in termini puramente razionali. Feuerbach: Dio è la proiezione dell’umanità, una costruzione dell’uomo. La religione è un prodotto dell’alienazione. Marx : la religione è una alienazione secondaria. Hegel non considera del cristianesimo gli aspetti più propriamente storici. La resurrezione, per esempio è un aspetto simbolico – metaforico. Hegel si proclama cristiano ma per lui il nocciolo della religione è meglio esprimibile nella filosofia. Più vera della religione è la filosofia

 

La Filosofia è storia della filosofia

Hegel concepisce la filosofia soprattutto come storia della filosofia; ( per inciso :questa idea, arrivata attraverso Gentile e Croce, è stata alla base della riforma Gentile, nell’insegnamento della filosofia.) La Filosofia, forma suprema dello spirito assoluto , conosce l’assoluto per mezzo del concetto e quindi in essa si realizza la perfetta identità tra soggetto ed oggetto. La filosofia è l’idea che pensa se stessa, si produce e gode se stessa eternamente come spirito assoluto. Filosofia per Hegel non è ricerca del sapere ma è sapere assoluto , è un sapere perfettamente compiuto, fondato su se stesso e completato. La filosofia è pensiero libero da intuizione e rappresentazione , che si muove nel puro elemento del concetto. La novità di Hegel è che- l’assoluto essendo un processo- la piena consapevolezza di sé coincide con il processo stesso e con la storia della filosofia. La filosofia coincide con la storia della filosofia e ciò consente di fare una storia della filosofia nuova, una storia filosofica della filosofia, nella quale i sistemi filosofici precedenti sono una successione necessaria verso la verità. Hegel non considera dei precedenti sistemi filosofici tutti gli aspetti anche di contorno ma assume dai sistemi precedenti gli aspetti funzionali a questo schema. La novità della posizione di Hegel va riferita al tempo in cui Hegel operava. Il primo a scrivere la storia della filosofia fu Brucker. Per Brukher la storia della filosofia è una filastrocca di opinioni che si soppiantano reciprocamente, fare la storia della filosofia coincide con la raccolta delle opinioni su un tema (dossografia?). Per Hegel non è possibile accettare questo modo di procedere perché vorrebbe dire giustapporre a caso delle tesi e non rendere conto del processo. Secondo Hegel la successione dei sistemi filosofici è identica alla successione della deduzione logica.

La logica è l’impalcatura del reale e si ritrova anche nella varia successione dei sistemi filosofici ( es. essere, nulla, divenire alle origini della filosofia greca).La filosofia è un progresso continuo verso la verità, i primi passi sono i più poveri ed astratti, poi giungiamo ad un arricchimento. Per Hegel il suo tempo è un tempo privilegiato, perché apre una finestra sull’assoluto, ma il processo non cessa.

 

Il problema della filosofia

Come è possibile conciliare la pienezza della verità della filosofia con l’esistenza di molteplici filosofie ?

Come può la filosofia che dovrebbe essere a - temporale manifestarsi nel molteplice e nella temporalità ? Hegel afferma che la filosofia è figlia del suo tempo. La filosofia coglie la realtà del proprio tempo quando essa si è realizzata, si è compiuta, ogni tempo storica fa emergere il significato fondamentale dell’esistenza umana, una categoria, che è colta dal pensiero come verità del proprio tempo (Platone, coglie la verità del proprio tempo). Hegel consente di accettare la relativizzazione della verità pur non negando la verità. In ogni epoca storica, quanto ha esaurito le sue potenzialità, compare la filosofia: lo spirito del popolo si ritrae ormai estenuato nell’elemento del pensiero e si riflette nella coscienza di sé: la filosofia comincia al tramonto di un mondo reale quando ormai essa si presenta con le sue astrazioni dipingendo tutto a tinte grigie.

 

Fonte: http://digilander.libero.it/terzacmanzoni/Filosofia/filosofia.zip

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Hegel il sistema filosofico riassunto

 

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