Fisiologia apparato respiratorio
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Fisiologia apparato respiratorio
I muscoli respiratori sono gli intercostali interni ed esterni e il diaframma. L’inspirazione richiede l’attivazione di diaframma e intercostali. L’espirazione non richiede muscoli, ad eccezione dell’espirazione forzata nella quale vengono attivati gli intercostali.
I polmoni sono contenuti nel sacco pleurico, esso minimizza gli attriti ed è fondamentale per mantenere espansi i polmoni. Ci sono circa 15 ml di liquido pleurico.
Il flusso d’aria segue un gradiente di pressione (driving force). Respirando si mette in contatto l’aria esterna con quella all’interno del corpo ed essa si sposta da una zona a pressione più alta verso una a pressione più bassa. Nel momento dell’inspirazione si crea una depressione a livello intrapolmonare facendo scendere la pressione in modo da far entrare aria. Nell’espirazione è il contrario.
A livello del mare si è sottoposti ad una pressione esterna intorno ai 760 mmHg (variabile in base alle condizioni atmosferiche). Tutte le pressioni polmonare si esprimono riferendosi a questa pressione atmosferica.
La pressione intralveolare (Palv) è la pressione nella fase di riposo (tra due respiri) all’interno degli alveoli ed è pari alla pressione atmosferica. Il ΔP sarà uguale a 0.
In funzione delle fasi della ventilazione la pressione alveolare si modifica. Quando la pressione atmosferica è maggiore di quella alveolare si ha l’inspirazione.
La pressione intrapleurica è negativa (-4mmHg). Questa pressione negativa permette al polmone di essere attaccato alla pleura, evitando che il polmone collassi. Quando di ha un pneumotorace il polmone collassa. Durante le fasi della ventilazione la pressione intrapleurica varia leggermente.
Forze opposte esercitata dalla parete toracica e dai polmoni tendono a separare la pleura viscerale da quella parietale. Se i polmoni stanno adesi alla parete toracica, alla variazione del volume della gabbia toracica, varia le proprie pressioni. Se il sacco viene bucato (pneumotorace) il polmone non si espande più e collassa su se stesso. In questo caso bisogna estrarre l’aria dal sacco pleurico finché il polmone si espande.
Legge di Boyle per una certa quantità di gas, all’interno di un contenitore, la pressione è inversamente proporzionale al volume.
PV = nT P=nT\V
Il flusso d’aria dentro e fuori dai polmoni è un flusso di volume mosso da un gradiente.
Flusso = (Patm-Palv)\R
Contraendo i muscoli inspiratori si abbassa il diaframma e si espande la gabbia toracica (ad opera degli intercostali), si avrà un aumento di volume degli alveoli e quindi una diminuzione di pressione. Durante l’espirazione cessano le contrazioni dei muscoli e i polmoni ritornano alle loro condizioni iniziali. Questa diminuzione di volume significa un aumento di pressione e quindi una fuoriuscita d’aria.
I cambiamenti di volume degli alveoli sono prodotti da cambiamenti di volume della cavità toracica. Diaframma e intercostali esterni sono muscoli inspiratori primari. Gli intercostali esterni e gli addominali sono gli espiratori primari.
Nella spirometria per espellere tutta l’aria lavorano i muscoli addominali e gli intercostali esterni.
Inspirando il volume degli alveoli aumenta. In questo modo diminuisce la loro pressione, facendo entrare aria. Terminata la fase di ispirazione si rilasciano i muscoli, diminuendo il volume e facendo fuoriuscire l’aria.
L’inspirazione può avvenire a comando, ma solitamente non si deve pensare a coordinare il pensiero. In quanto si tratta di una cosa automatica ci sono dei nuclei a livello del bulbo, importantissimi per generare la frequenza inspirazione – espirazione a seconda delle necessità metaboliche dell’organismo. I muscoli respiratori sono volontari, per questo i muscoli respiratori hanno una placca neuro-muscolare e il loro neurotrasmettitore è l’acetilcolina (il curaro provoca un blocco respiratorio).
Nell’espandersi la cavità toracica spinge il liquido, determinando una aumento della pressione transpolmonare, questo produce un aumento dell’attività espansiva del polmone.
La pressione negativa tira la pleura viscerale verso quella parietale. Grazie alla pressione negativa del liquido intrapleurico i polmoni seguono i movimenti della gabbia toracica.
Se i muscoli respiratori si contraggono, il torace si espande, c’è una maggiore trazione sulla pleura, il volume polmonare aumenta, la pressione alveolare diminuisce, il gradiente aumenta e si ha flusso di aria negli alveoli fino a quando con un sistema di feedback si chiude il processo.
Con un’inspirazione profonda si espande forzatamente la cassa toracica. Non è possibile suicidarsi trattenendo il respiro perché la stimolazione che arriva ai muscoli respiratori è talmente grande che forza il sistema volontario.
Nella respirazione tranquilla l’espirazione è un processo passivo. Nella spirometria l’espirazione è forzata.
Si può modificare la velocità con cui l’aria entra nel polmone si può modificare il gradiente di pressione fra l’aria atmosferica e gli alveoli e la resistenza delle vie respiratorie.
Ad un asmatico respirare costa fatica perché il ritorno passivo può non essere sufficiente per creare una corretta espirazione.
Tutte le volte che si parla di un rapporto P\V si parla di complianza. Questa è un grado di espansibilità del contenitore. Essendo elastici i polmoni tendono a tornare alla conformazione iniziale. Un polmone eccessivamente rigido ha una bassa complianza e fatica a regolare le variazioni di volume. La complianza dipende anche dalla superficie che ricopre i polmoni. I pneumociti di tipo 2 producono una sostanza chiamata surfattante.
I bambini appena nati devono fare uno sforzo per espandere i polmoni e cominciare a respirare. Il polmone del neonato è chiuso su se stesso. Senza tensioattivo la forza da applicare sul polmone per farlo espandere è troppo elevata da applicare. Infatti i nati prematuri vanno messi in terapia intensiva perché in questi non è ancora prodotto il surfattante. (sindrome di insufficienza respiratoria)
La complianza polmonare è la variazione di volume in rapporto alla variazione di pressione. Maggiore è la complianza maggiore è il vantaggio ricavato perché si applica meno forza per lasciarli aperti.
La legge di La Place afferma : P= 2T*R
Questa è importante perché in assenza di tensioattivo, l’alveolo piccolo tende a collassare, e l’aria fluisce all’interno degli alveoli più grandi. Il tensioattivo diminuisce la tensione superficiale degli alveoli più piccoli, permettendo all’aria di entrare in entrambi gli alveoli (grandi e piccoli) senza collassare.
La sostanza tensioattiva polmonare va a rompere i legami ad idrogeno nell’acqua all’interno del polmone.
Se si ha una riduzione di calibro delle vie aeree si ha un aumento di resistenza con conseguente diminuzione di complianza. In condizioni normali si è in un distretto a bassa resistenza. Nella respirazione tranquilla (eupnea) la differenza di pressione intralveolare e di quella atmosferica è compresa tra i 0 e i 2 mmHg.
Se si aumenta la resistenza (asma) si spende energia per aumentare il gradiente pressorio.
Il rischio di SLA è legato all’assunzione di amminoacidi ramificati (ricostruiscono il muscolo), se alle cellule neuronali si da un terreno ricco di amminoacidi ramificati si creano le condizioni per lo sviluppo della SLA.
Spesso gli integratori alimentari, cure omeopatiche e erboristiche, ritenute innocue provocano danni.
Quando un soggetto ha un’ipersensibilità a determinate sostanze provoca una broncocostrizione, con conseguente aumento di resistenza e aumento di lavoro muscolare per consentire uno stesso flusso.
Broncodilatazione e broncocostrizione sono regolati da sistemi neuronali e ormonali. Si distingue un controllo intrinseco e uno estrinseco. L’utilizzo del salbutamolo (Ventolin) riesce a provocare broncodilatazione. L’istammina provoca broncocostrizione. Adrenalina e cortisone sono principi fondamentali per gli allergici importanti.
Anche la CO2 determina un controllo sulla dilatazione dei bronchi. L’asma è associata ad un aumento di resistenza delle vie respiratorie e si ha una contrazione spastica della muscolatura liscia. Il soggetto non è più eupneico ma dispneico. Il soggetto ha i condotti chiusi e si sente un fischio in espirazione. Alcuni soggetti sviluppano asma in risposta ad un aumento dell’attività fisica o ad esposizione ad aria molto fredda.
L’asma primaria è una patologia cronica. Spesso l’esposizione ad un allergene determina vasocostrizione. In questo secondo caso, eliminando la causa, si ristabilisce una condizione fisiologica.
Alcune patologie polmonari possono verificarsi in seguito a degli insulti. La COPD (Chronic Obstructive Pulmonary Disease) ad esempio è una patologia che provoca un aumento cronico e persistente della resistenza polmonare.
Il tidal volume (volume tidalico) nell’uomo è circa 500 ml.
Con la spirometria si valutano tre dei quattro parametri che permettono di calcolare la capacità dei polmoni. Il volume corrente (o tidal volume) è di circa 500 ml. Il volume di riserva respiratorio è di circa 3 litri. Il volume di riserva espiratorio è di circa 1 litro. Anche in seguito alla massima espirazione però un po’ di aria rimane all’interno perché i foglietti pleurici mantengono il polmone un po’ espanso. Ci sarà sempre un volume che impedisce il collasso dei polmoni, questo volume è chiamato spazio morto (1200 ml).
Le variazioni di volume in funzione del tempo nella respirazione eupneica le oscillazioni di volume sono identificate col tidal volume (500 ml), nell’inspirazione massimale si utilizzano tutti i 3 litri di volume di riserva.
La capacità inspiratoria è il tidal volume più il volume di riserva inspiratorio. CI=VT+VRI (500 ml + 3 litri = 3500 ml).
La capacità vitale indica la massima capacità contenuta nei polmoni: tidal volume più volume di riserva inspiratorio più volume di riserva espiratorio (500 ml + 3000 ml + 1200 ml = 4700 ml). CV= VT + VRI + VRE
Capacità respiratoria residua VRE (volume di riserva espiratoria) + VR
La capacità polmonare totale è VRE+VR+VRI+VT
Con il termine sindromi restrittive si parla di enfisema e di asma.
Ventilazione al minuto = 500 ml* atti respiratori al minuto.
Di 500 ml inspirati, 150 ml finiscono nello spazio anatomico morto, mentre 350 ml finiscono nella zona di scambio. La ventilazione polmonare vale quindi 500 ml, la ventilazione alveolare 350 ml.
C’è un continuo processo di equilibrazione tra aria vecchia e aria fresca.
Se i muscoli lavorano di più c’è bisogno di più ossigeno e per questo bisogna massimizzare il flusso. La respirazione diventa più ampia e si utilizza tanta riserva inspiratoria.
L’organismo è assolutamente vorace di ossigeno, non si può non respirare per più di 2 minuti. Le cellule consumano circa 250 ml di ossigeno e producono 200 ml di CO2 ogni minuto, in condizione di riposo. Per mantenere l’omeostasi bisogna apportare continuamente ossigeno, prendendolo dall’ambiente esterno. L’aria respirata contiene il 20% di ossigeno; per questo 882 si respirano su 4200 ml di aria inspirata. Circa 250 ml riescono a diffondere attraverso gli alveoli, i restanti 632 vengono nuovamente espirati.
Calcolando la quantità di ossigeno ispirata si consumano circa 360.000 ml al giorno.
2700 ml al minuto di CO2 vengono riportati ai polmoni per essere espulsi. Dagli alveoli al sangue l’ossigeno diffonde a 250 ml al minuto, la CO2 diffonde con la velocità di circa 200 ml al minuto. A questo livello quindi l’ossigeno tende ad arricchire il sangue. Per questo motivo il sangue ossigenato viaggia alle vene polmonari con circa 1 litro di ossigeno (200 derivanti dalla respirazione e 750 rimanenti circolanti). Anche l’anidride carbonica non viene espulsa completamente. Anche in questo caso si parla di pressione di CO2 e di O2 nel sangue. Il passaggio di O2 al sangue e di CO2 ai polmoni avviene secondo gradienti di pressione. A riposo il flusso di ossigeno ai tessuti corrisponde ai 250 ml.
Il quoziente respiratorio è il rapporto tra la quantità di anidride carbonica emessa e l’ossigeno inspirato. In condizioni di riposo è 0,8 (200\250).
La legge di Fick definisce un moto diffusivo.
ϕ= D*A*ΔP\d
D= diffusione (costante)
La legge di Fick definisce la diffusione dell’aria attraverso la barriera emato-aerea. L’edema ostacola notevolmente la diffusione perché riduce il flusso.
L’aria che c’è in alta quota ha sempre il 21% di Ossigeno, però ha una pressione più bassa perché la colonna idrostatica di pressione. Per questo diminuisce la ΔP e diminuisce la driving force del flusso e per questo si respira più velocemente.
La legge di Dalton o legge delle pressioni parziali indica che la pressione totale è data dalla pressione parziale di quel gas per il volume del gas considerato.
Un’aria molto umida (con molto vapor acqueo) modifica la pressione parziale dell’aria.
L’aria che si respira è una miscela di Ossigeno, Azoto, Anidride Carbonica (trascurabile 0,03%) e Vapor Acqueo.
Se la pressione parziale dell’anidride carbonica è elevata, le altre pressioni parziali saranno minori. Per questo un paziente cardiopatico non deve fare le saune.
Ogni gas ha la sua solubilità ed è caratteristica per ogni sostanza. L’anidride carbonica è 30 volte più solubile nel sangue rispetto all’ossigeno. La CO2 trasportata quindi è in parte disciolta nel sangue mentre poco ossigeno è disciolto.
Legge di Henry c=kP la concentrazione di un gas varia al variare della pressione.
In base alla legge di Henry si può affermare che nel sangue 0,15 millimoli sono disciolte nel sangue
Fonte: http://scottish.altervista.org/Fisiologia_10_16-11.docx
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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