Cina

 

 

 

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CINA

Dati generali
Capitale          Pechino
Superficie       9.598.050 sq km (WB 2002)
Forma di governo       Repubblica popolare
Moneta           Yuan renminbi
Popolazione    1.280.975.000 (WB 2002)
Crescita pop.   0,72 annual % (WB 2002)
Dens. pop.      133,462 people / sqkm (WB 2002)
Pil        1.237.145.000.000 current US$ (WB 2002)

           
INTRODUZIONE
La Cina è uno Stato dell'Asia confinante a nord con la Mongolia, a nord-est e nord-ovest con la Russia, a sud-ovest con Afganistan, Pakistan, India, Nepale e Bhutan, a sud con l'India, la Birmania, il Laos e il Vietnam e ad est con la Corea del Nord. Inoltre, ad est,  essa si affaccia sull'Oceano Pacifico, che nel tratto settentrionale forma il Mar Giallo, nel tratto centrale il Mar Cinese Orientale e  nel tratto meridionale, il Mar Cinese Meridionale.
In base alla Costituzione del 1982(la quinta nella sua storia), la Repubblica Popolare Cinese è uno Stato Socialista di dittatura del proletariato, nel quale il partito unico comunista ha il monopolio. Organo supremo del potere statale è L'assemblea popolare nazionale, i cui membri sono eletti per 5 annidalle province, dalle regioni autonome, dalle municipalità e dalle Forze armate. L'Assemblea nazionale che si riunisce ogni anno, forma nel suo seno un Comitato permanente che Elegge il Presidente della Repubblica, il Primo Ministro e il Governo, che rispondono ad essa medesima del loro operato.
La capitale cinese è Pechino.
Per secoli la Cina è stata una civiltà manifestamente superiore rispetto al resto del mondo nello sviluppo delle arti e delle scienze finché, nel corso 19° secolo e all'inizio del 20°, il Paese è stato messo in seria difficoltà da duri conflitti sociali, carestie, sconfitte militari e dall'occupazione straniera. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i comunisti guidati da Mao Tse Tung instaurarono una dittatura che restituì stabilità al Paese ma impose stretti controlli nella vita quotidiana dei cittadini e costò decine di milioni di vite umane. Deng Xiaoping, successore di Mao, introdusse gradualmente delle riforme orientate al mercato e decentralizzò il potere decisionale economico. Le organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani sostengono che molto debba ancora essere fatto prima che il Paese si attesti sugli standard occidentali.

 

STORIA RECENTE
La Cina è il paese più popoloso al mondo (1,3 miliardi di abitanti pari a circa un quinto della popolazione mondiale) e vanta una cultura che si è sviluppata senza soluzione di continuità per oltre 4mila anni. Entro i suoi confini hanno visto la luce molte delle invenzioni sulle quali si fonda la civiltà moderna tra cui la carta, la polvere da sparo, la bussola, il credito bancario e la carta moneta.
La lunga storia del paese è caratterizzata da frequenti divisioni e riunificazioni, guerre cambiamenti dinastici. Tra il 7° e il 14° secolo la Cina è stata a tutti gli affetti la civiltà più avanzata del mondo ed ha esercitato il ruolo di cultura dominante in tutta l’Asia orientale. I secoli successivi sono testimoni di un indebolimento del gigante orientale, dovuto soprattutto a forti contrasti interni e culminato tra il 19° e il 20° secolo nell’incapacità della Cina di difendersi dal colonialismo europeo e dall’invasione giapponese.
Nel 1912 venne meno l’istituzione dell’Impero cinese e al suo posto fu istituita la Repubblica cinese. Seguì un nuovo periodo di forti divisioni interne caratterizzate dal dominio dei Signori della Guerra, dal secondo conflitto Sino-giapponese e dalla guerra civile. Quest’ultima finì nel 1949 con la presa del potere da parte del Partito Comunista Cinese (Pcc) nella Cina continentale. Il Pcc, guidato da Mao Tze Tung, diede vita a uno stato comunista denominato Repubblica Popolare Cinese, e costrinse il precedente governo del partito Kuomintang, guidato da Chiang Kai-Shek a rifugiarsi nell’isola di Taiwan, dove costituì la Repubblica della Cina Nazionale. Le diplomazie di tutto il mondo riconosceranno quest’ultima come l’unica autorità legittima cinese sino agli anni ’70.

Dopo due decenni di rigido autoritarismo esercitato dal governo comunista, la Cina vanta oggi un’economia con il più alto tasso di sviluppo al mondo, protagonista di quella che gli osservatori internazionali hanno definito la “Seconda rivoluzione industriale”.
La crescita economica procede tuttavia ad un passo ben più rapido delle riforme politiche, come testimonia lo stretto controllo che il Partito Comunista Cinese tutt’oggi esercita sulla popolazione a scapito di qualsiasi forma di opposizione politica.
Attualmente la Cina è governata dalla cosiddetta “quarta generazione” di comunisti: tra il 2002 e il 2003 Jiang Zemin, Presidente del Partito e della Repubblica Popolare ha infatti rinunciato alle sue cariche in favore del delfino Hu Jintao.

 

CONTESTO POLITICO
Nel 2003, l’avvicendamento ai vertici del potere tra Jiang Zemin e Hu Jintao segna l’inizio del nuovo corso economico e coincide con l’elaborazione di importanti riforme: tra queste ricordiamo il riconoscimento politico dei cosiddetti “capitalisti rossi”, vale a dire gli imprenditori privati che ottengono l’accesso all’alta dirigenza pubblica, l’unificazione sotto un unico ministero del commercio interno e di quello estero, nonché l’abolizione della Commissione dei piani di sviluppo.
Sul fronte della politica internazionale, la Cina si mantiene su posizioni moderate e, pur non risparmiando critiche nei confronti degli Stati Uniti per aver attaccato l’Iraq, si mostra attenta ad evitare qualsiasi attrito diplomatico con gli altri protagonisti della scena mondiale.
La quarta Costituzione della storia del paese, in vigore dal 1982, sancisce che la Repubblica Popolare Cinese è uno stato socialista in cui il Partito comunista (Pcc) ha un’assoluta preminenza. Il principio della cosiddetta “economia socialista di mercato” è stato inserito solo nel 1993; per l’introduzione dello stato di diritto, dello svolgimento pubblico dei processi, del diritto alla proprietà privata e di maggiori garanzie a tutela dei cittadini nei confronti dei pubblici funzionari si sono dovuti attendere gli emendamenti del 1999.
L’Assemblea nazionale del popolo (Anp) è l’organo supremo del potere statale ed è composta da 3mila membri eletti per 5 anni dalle province, dalle regioni autonome, dalle municipalità e dalle Forze armate. L’Anp, che si riunisce di regola una volta all’anno e forma nel suo seno un Comitato permanente di 155 membri, che ne esercita le funzioni negli intervalli fra le sessioni. Tra i suoi compiti vi è anche quello di eleggere il Presidente della Repubblica, il Primo ministro e il Consiglio di Stato, formulare le leggi, approvare i piani e i bilanci dello stato.
Hong Kong (ex colonia britannica) e Macao (ex colonia portoghese) sono tornate a far parte della Cina rispettivamente il 1° luglio 1997 e il 20 dicembre 1999. Per i prossimi 50 anni manterranno invariato il sistema sociale ed economico vigente prima della riunificazione. Ancora irrisolta la questione di Taiwan che Pechino considera, sin dal 1949, una “provincia ribelle”. Al 1984 risale l’inizio del cosiddetto “dialogo sulla riunificazione” tra i due stati, voluto proprio dalla Cina Popolare e basato sul principio “un paese, due sistemi”.
La Suprema Corte Popolare è l’organo più elevato del sistema giudiziario. Quest’ultimo è basato su un complesso corpus giuridico che comprende norme consuetudinarie e leggi scritte. Nel paese è in vigore la pena di morte, prevista per una vasta gamma di reati.

 

SITUAZIONE ECONOMICA
L’economia cinese presenta uno sviluppo disomogeneo, con le aree urbane costiere del sud-est che evidenziano una crescita molto più rapida rispetto alle altre regioni del paese. La Cina ha un’economia mista che riunisce aziende private e statali. A partire dagli anni ’80 il governo cinese incoraggia apertamente gli investimenti stranieri mettendo a disposizione “zone economiche speciali” in cui gli investitori stranieri godono di trattamento preferenziale a livello di tasse, tariffe e investimenti.

Nel novembre del 2001 la Cina è entrata a far parte della World Trade Organization (WTO) prendendo una serie di impegni finanziari finalizzati alla liberalizzazione del commercio e degli investimenti sul proprio territorio che, se interamente realizzati, aprirebbero sostanzialmente l’economia cinese alle compagnie straniere. Nel settore dell’energia, ciò comporterebbe una forte riduzione delle tariffe doganali associate all’importazione di alcune classi di beni capitali nonché l’apertura alla competizione internazionale in alcune aeree come quella dei prodotti petroliferi.
Nonostante i passi mossi verso la privatizzazione, buona parte dell’economia cinese rimane sotto il controllo di aziende di proprietà dello stato, molte delle quali manifestamente inefficienti e incapaci di produrre profitti. La loro ristrutturazione e, in alcuni casi, privatizzazione sono tra le priorità del governo tanto quanto lo è la ristrutturazione del settore bancario.
La riorganizzazione delle aziende statali ha come risultante un alto numero di licenziamenti, con conseguenti costi sociali di disoccupazione a carico del Governo. Inoltre, l’alta concentrazione di industrie private nei centri urbani situati sulle coste del paese contribuisce ad aumentare le tensioni sociali.
Il Prodotto Interno Lordo cinese è cresciuto allo strabiliante ritmo dell’8% nel 2002 e del 9,1% nel 2003, evidenziando una progressione che gli osservatori internazionali hanno definito insostenibile. Per contenere il fenomeno, nel periodo tra maggio e agosto 2004, il Governo cinese ha adottato una serie di provvedimenti volti a “raffreddare” l’economia. Nel 2003 gli investimenti stranieri in Cina, provenienti principalmente da Giappone, Taiwan e Stati Uniti, hanno totalizzato la cifra record di 41,3 miliardi di euro.
L’indice di competitività internazionale Imd (relativo ai paesi con più di 20 milioni di abitanti) è rimasto invariato al 12° posto nel 2002 e nel 2003, mentre l’indice di globalizzazione A.T. Kearney è salito dal 53° posto nel 2002 al 51° nel 2003.
Nei 16 anni che separano il 1980 dal 1996, il valore in dollari dell’export è aumentato di oltre 8 volte e nei quattro anni successivi le esportazioni si sono ulteriormente raddoppiate: questo fa oggi della Cina uno dei 10 maggiori esportatori mondiali.
Nel settore primario, il riso è senza dubbio la coltura più importante, diffusa soprattutto nelle regioni meridionali (in particolare nella valle del Chang Jiang). Il frumento si coltiva a nord nella grande piana dello Huang He e in quella mancese del Liao. Il mais, l’avena, l’orzo, la segale, il caoliang, il miglio e il sorgo sono diffusi in Manciuria, nel Sichuan, nel Qinghai e nel Tibet. Importanti per l’alimentazione locale sono le patate, le patate dolci, la manioca e la soia, oltre al diffusissimo tè. Fiorente ovunque è la coltivazione del tabacco così come prosperano le piante tessili: il cotone e il ramié, la iuta, il kenaf, il sisal e il lino. Dalle foreste si ricavano grandi quantità di legname, caucciù e materie prime per la fabbricazione della carta.
Grande importanza hanno l’allevamento suino e quello di volatili e animali da cortile; è invece limitato l’allevamento bovino. In molte province è diffusa la bachicoltura. Un ruolo di primo piano per l’alimentazione locale ha la pesca, largamente diffusa in tutta la Cina orientale.
Nel nord-est del paese è concentrata l’industria pesante mineraria, siderurgica, metallurgica e chimica di base. A sud, lungo le coste (nelle numerose zone franche e zone economiche speciali), prevalgono le industrie dei settori agroalimentare e tessile (uno dei pilastri dell’economia cinese), dell’abbigliamento, dell’elettronica di consumo, dell’information technology, nonché quella specializzata nella produzione farmaceutica, di elettrodomestici, orologi, mobili e giocattoli.

 

SVILUPPO SOSTENIBILE
Attualmente le fonti rinnovabili (includendo anche la produzione idroelettrica) costituiscono circa il 20% della produzione energetica della Cina. Forte della collaborazione di Onu e Stati Uniti, oggi la leadership cinese punta a migliorare questo risultato, spinta soprattutto dalla necessità di combattere il crescente inquinamento atmosferico.
Il Governo di Pechino, ad esempio, investirà circa 20 milioni di euro per sviluppare e diffondere l’energia eolica nelle aeree rurali. Le regioni oggetto del piano di investimenti si trovano a nord e a ovest del paese e ospiteranno impianti di diverse dimensioni e capacità: in molti casi si tratterà di semplici turbine destinate ad alimentare piccoli villaggi rurali, ma è prevista anche la costruzione di vere e proprie “wind farm” (centrali eoliche) connesse alla rete elettrica principale. Alcuni studi recenti hanno rivelato che le zone costiere della Cina sono le più adatte ad ospitare installazioni in e offshore.
In Cina l’energia solare viene sfruttata ancora poco e soprattutto per soddisfare esigenze molto localizzate, come l’alimentazione elettrica di uno stabile, di apparecchiature per le trasmissioni televisive e per le telecomunicazioni. L’impiego e il consumo di energia solare aumentano tuttavia a ritmo costante, complice la crescente diffusione di cucine a energia solare. Un fenomeno, quest’ultimo, da non sottovalutare anche considerando i danni all’ambiente e all’uomo causati dall’uso diffuso di cucine a carbone.
Sebbene, dunque, in Cina l’uso di energia solare e eolica sia destinato a crescere nel prossimo futuro, senza dubbio da qui a dieci anni la regina delle fonti rinnovabili sarà l’energia idroelettrica. Ciò si dovrà soprattutto al completamento della grande diga delle Tre Gole sul fiume Yangtze, previsto entro 2009: un impianto unico al mondo la cui capacità raggiungerà i 18,2 gigawatt.

 

L'IMMIGRAZIONE CINESE IN ITALIA
In Italia vivono attualmente poco più di 56.000 cittadini cinesi. Per la particolare modalità migratoria dei cinesi per reti familiari che porta alla concentrazione abitativa in determinate zone e aree, la presenza dei cinesi immigrati in Italia si concentra prevalentemente in Lombardia (la comunità cinese in Lombardia risale agli anni 30), in Toscana e Lazio. La maggior parte dei cinesi svolge un lavoro autonomo lavorando nella ristorazione (ristoranti, rosticcerie, negozi alimentari), nel settore della pelletteria e nel settore dell’abbigliamento.
I cinesi che vivono in Italia provengono soprattutto dalla provincia sudorientale dello Zhejiang. Questa provincia ha più di 43.000.000 abitanti, a conferma del fatto che le province cinesi sono equiparabili a veri e propri Stati ed è la più densamente popolata di tutta la Cina. Le sue attività produttive principali sono le industrie tessili (in particolare la lavorazione della seta), elettroniche e petrolchimiche, oltre alla pesca e l’agricoltura.
La famiglia copre un ruolo centrale nella società cinese e spesso rappresenta un punto di riferimento esclusivo. La lontananza dal Paese di origine rafforza ulteriormente questo legame. Infatti le comunità cinesi all’estero sono spesso autosufficienti e le loro interazioni con la società di accoglienza sono molto limitate. Le necessità e esigenze familiari sono nettamente prioritarie rispetto alle richieste della società esterna (per esempio quella dell’obbligo scolastico). Per queste ragioni i rapporti tra famiglie cinesi e l’istituzione scolastica tendono a essere molto limitati o addirittura assenti.
All’interno delle singole comunità ci sono forte differenziazioni legate prevalentemente al fatto se gli immigrati provengono dalla città o dalla campagna e al livello d’istruzione.
Il modello familiare cinese ha un forte orientamento patriarcale, anche se, soprattutto nelle aree urbane, sono in atto forti cambiamenti verso una parità tra i sessi.
Molti cinesi mantengono un forte legame con il Paese d’origine. Spesso le persone anziane, raggiunta una certa età, tornano in Cina. Per questa ragione il numero di immigrati anziani è relativamente basso, nonostante l’immigrazione cinese sia ormai storica. Questo fatto ha alimentato alcune leggende sul presunto riciclaggio di permessi di soggiorno di persone defunte (“nella comunità cinese non muore nessuno da anni”). Il basso tasso di mortalità si spiega con la tendenza al rientro in patria da parte delle persone anziane.

 

LINGUA
La lingua ufficiale è il cinese mandarino o putonghua, basato su una lingua locale diffusa nel Nord del Paese. Questa lingua può essere padroneggiata soltanto da chi ha un certo livello di istruzione. Negli anni 60 è stata creata una nuova lingua scritta (pinyn), più semplice e più facile da apprendere, dove la rappresentazione alfabetica dei suoni corrisponde ai caratteri. Accanto alla lingua ufficiale ci sono numerose lingue e dialetti locali. Pertanto, la comunicazione tra cinesi appartenenti a gruppi linguistici diversi (e questo può succedere anche all’interno della stessa provincia) può essere molto difficile, se non parlano la lingua ufficiale.
L’autoreferenzialità con la propria comunità rende spesso problematico l’apprendimento della lingua del Paese ospitante. Succede di frequente che i minori frequentando la scuola, abbiano competenze maggiori nella nuova lingua dei familiari adulti, ribaltando la tradizionale gerarchia familiare basata sull’età.

 

RELIGIONI
Ufficialmente le religioni non sono molto diffuse in Cina. Questo è ancora un’eredità del forte orientamento ateo dei regimi comunisti del passato. Le religioni stanno progressivamente guadagnando terreno. Le più diffuse sono il buddhismo e il taoismo, ma ci sono anche minoranze cristiane e musulmane.
Tuttavia sia il buddhismo sia la filosofia confuciana esercitano una certa influenza sulla vita di molti cinesi: l’importanza della gerarchia familiare basata sull’anzianità e il culto per gli antenati, lo sviluppo di capacità di autocontrollo per giungere al successo, l’ubbidienza alle regole della comunità in particolare familiare e l’importanza di questa comunità nella vita del singolo.

 

CUCINA ED ALIMENTAZIONE
In realtà non si può parlare di cucina cinese, in quanto la cucina è molto varia, in corrispondenza alla vastità del territorio e alle diverse zone climatiche. Si possono distinguere 4 grandi tradizioni culinarie: cantonese (la più conosciuta e diffusa all’estero). di Shanghai (che fa uso di pesce e prodotti freschi), dello Shandong (che i cinesi definiscono “dolce” in quanto usa molte spezie e condimenti piccanti) e dello Szichuan (cucina sempre molto condita in particolare di peperoncino).
Nella cucina cinese sono pressoché assenti i latticini: per questa ragione l’attività dell’enzima che permette l’assorbimento del lattosio cessa la sua funzione dopo la prima infanzia e per molti cinesi formaggio e latticini sono difficilmente digeribili. Tuttavia questo fatto sta cambiando progressivamente: alcuni latticini (come latte condensato e zuccherato o frullato con frutta e lo yogurt) iniziano a essere abbastanza diffuse in Cina.
La maggior parte degli alunni cinesi preferisce a mensa una dieta priva di latticini.

 

FESTE ED ALTRE CURIOSITÁ
Le feste cinesi seguono ancora l’antico calendario lunare, anche se in Cina ufficialmente è riconosciuto il calendario gregoriano. Secondo il calendario antico ci sono anni composti da 12 mesi di 353, 354 o 355 giorni e anni composti da 13 mesi di 383, 384 o 385 giorni. L’inizio di ogni mese avviene a ogni fase di luna nuova.
La festa più importante e la festa di primavera o capodanno cinese che cade nel giorno della seconda luna nuova dopo il solstizio d’inverno (dal 20 gennaio al 19 febbraio del calendario gregoriano). Dura due settimane e termina con la festa delle lanterne. In occasione di questa festa molti cinesi tornano in patria per ricongiungersi con le loro famiglie.
Festa di Tiancang: cade il 20° giorno del primo mese lunare. E’ una festa contadina per propiziare il buon raccolto.
Festa della nascita di Guanyin: cade il 19° giorno del II mese lunare ; in onore della divinità più importante della Cina.
Festival Qingming: il 4/5 aprile si celebra la festa dei morti.
Festa delle barche in forme di drago: il 5° giorno del V mese lunare, verso giugno/luglio; in onore del poeta Qu Yuan.
Festa lunare: 15° giorno dell’VIII mese del calendario lunare (settembre/ottobre); celebrazione della luna con riunioni familiari, fuochi d’artificio, lanterne, dolci della luna (biscotti con zucchero, sesamo e nocciole).
Festa del doppio 9: il 9 è il numero associato allo yang, il principio maschile; cade il 9° giorno del IX mese lunare.
Festa di Confucio: cade il 28 settembre, compleanno di Confucio e si celebra nei principali templi confuciani.

 

Fonte: http://www.paisi.it/schede/Cina/Scheda%20Paese%20Cina.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Cina

 

Cina

La Cina è lo stato più popoloso del mondo e il terzo per estensione;con un miliardo e duecentomila persone i cinesi costituiscono un quinto della popolazione mondiale.
La superficie del paese è di circa 9.536.499 kmq, la capitale è Pechino. Il nome del paese (Zhonghua, terra centale) deriva dall’antichissima credenza che esso fosse geograficamente il centro della terra e sede dell’unica ed autentica civiltà.

Territorio

Il territorio cinese è in prevalenza montuoso; la conformazione del territorio è complessa e solo il 12% della superficie complessiva del paese può essere considerata pianeggiante.
E’ delimitato a nord dalla Mongolia e dalla Russia; a nord-est dalla Russia e dalla Corea del Nord; a est dal Mar Giallo e dal Mar Cinese orientale; a sud dal Mar Cinese meridionale, dal Vietnam, dal Laos, dal Myanmar, dall’India, dal Bhutan e dal Nepal; a ovest dal Pakistan, dall’Afghanistan e dal Tagikistan; a nord-ovest dal Kirghizistan e dal Kazakistan.
La Cina può essere suddivisa i sei grandi regioni fisiche, differenti tra loro per confprmazione territoriale e per minoranze etniche:

  1. Il Nord-Ovest
  2. La Mongolia Interna
  3. Il Nord-Est
  4. Cina settentrionale
  5. Il Sud-Ovest
  6. Cina Meridionale

Popolazione

Il 93% della popolazione cinese appartiene al gruppo HAN, ossia i cinesi, relativamente omogeneo; tuttavia più di 70 milioni di persone appartengono a oltre cinquanta etnie, che si distinguono dagli han più per ragioni linguistiche e religiose che per caratteristiche razziali, e vengono collocate nel gruppo di cittadini NON-HAN. Le minoranze etniche più importanti sono i Zhuang,i Mancasi,gli Hui,i Miao, gli Uiguri, gli Yi,i Tujia,i Mongoli,i Tajiki,gli Jino,gli Hezen; un simile caleidoscopio di etnie che ha in comune ben poco. Le minoranze possono a ragione essere considerate uno dei fattori cruciali dell’esistenza della stessa Cina: vivendo nei loro territori, insediati alle porte del paese, hanno da sempre controllato le periferie che, nella visione della stessa civiltà cinese, non sono mai state considerate un elemento secondario, essendo la storia di questo paese sempre stata segnata profondamente dal rapporto con i propri “limiti”.
Il 22 febbraio 1952, il Consiglio Amministrativo ha adottato la Carta dei Principi di Autonomia delle Aree delle Nazionalità, con la quale sono stati stabiliti gli aspetti fondamentali della politica relativa alle autonomie regionali. Con questo documento, le zone autonome venivano articolate in tre tipologie principali, relativamente alla presenza etnica:

  • Area abitata da una minoranza;
  • Area caratterizzata dalla ragguardevole presenza di una minoranza e da diverse etnie minori;
  • Area abitata da due o più minoranze relativamente numerose.

L’Autonomia promossa ha un carattere solamente territoriale bensì ad un’area che presenti sia una concentrazione abitativa sia una consistenza numerica di gruppo. L’Attenzione prestata alle minoranze ha soprattutto matrici politiche-economiche, infatti i territori che esse occupano costituiscono regioni di frontiera di notevole importanza strategica e inoltre il sottosuolo, di queste regioni, contiene la maggior parte delle risorse minerarie del paese.


Lingua e religione

La lingua cinese comprende più di una dozzina di dialetti fra loro differenti. Le minoranze del paese possiedono una loro lingua riconosciuta dal governo come mezzi ufficiali di comunicazione che lo Stato non solo adotta per rapportarsi con la popolazione, ma che vengono apprese anche dagli appartenenti al gruppo maggioritario impiegati in quella zona.
Il mandarino viene insegnato nelle scuole, di solito come seconda lingua, e la sua conoscenza è obbligatoria nell’intero paese; il cantonese è il dialetto maggiormente usato dai cinesi all’estero.
Una delle prime azioni compiute dal Partito comunista cinese dopo il 1949, fu l’eliminazione ufficiale della religione di Stato. I credo maggiormente diffusi sono il confucianesimo, il buddismo e il taoismo; i Tibetani sono lambisti e sono anche presenti alcune minoranze di islamici e cristiani.
Con la Costituzione del 1978, tuttavia, fu dato nuovamente assenso ufficiale alla divulgazione e alle pratiche religiose, nonostante si siano precisati gli stessi diritti anche per quanto riguarda l’ateismo. La professione del buddismo tibetano (lamaismo) rimane ancora vietata a causa della sua relazione con il movimento tibetano indipendentista; si stima che, dopo l’occupazione cinese del 1950, più di 2700 monasteri tibetani siano stati distrutti.

Istruzione e cultura

Nel 1949 l’80% della popolazione era analfabeta, mentre nel 1990 il tasso di analfabetismo si aggirava ancora intorno al 27%.Uno dei più ambiziosi programmi promossi dal Partito comunista fu di garantire un buon livello d’istruzione a tutta la popolazione;tra il 1949 e il 1951, più di 60 milioni di contadini frequentarono le “scuole d’inverno” (nei mesi in cui non erano dediti al lavoro nei campi).L’entrata delle minoranze nel sistema d’istruzione cinese ha necessariamente comportato una diffusione su più ampia scala dei valori e delle norme Han; gli insegnanti non solo trasmettono i valori Han, ma anche un pericoloso senso d’inferiorità delle culture locali: fin da piccoli, i bambini imparano che in quanto Va, Yi o Lahu  vivono in uno stato di arretratezza. Questa sottile opera di cambiamento della mentalità viene rafforzata attraverso la visione “scientifica” propagandata dallo schema di sviluppo evolutivo della storia cinese che pone le minoranze ad uno stadio inferiore.
Nell’attuale sistema, gli studenti più capaci che frequentano le scuole superiori vengono vengono ammessi a corsi specializzati mirati a formare una èlite accademica. Dopo la scola secondaria gli studenti possono accedere a istituti di istruzione superiore, soprattutto a indirizzo tecnico-scientifico, o universitari.
I principali centri culturali del paese sono Pechino, Shanghai e Canton, che ospitano musei e monumenti di grande interesse; tra questi si citano la città proibita a Pechino, antica residenza imperiale oggi aperta al pubblico; il Museo di scienze naturali e il Museo d’arte e di storia, che custodisce una delle più interessanti collezioni d’arte della Cina, a Shanghai.

Ordinamento dello stato

La Cina è una dittatura socialista del proletariato sotto la guida del Partito comunista; la Repubblica popolare cinese si regge su una Costituzione promulgata nel 1982, la quarta dopo l’avvento del regime comunista. L’Assemblea nazionale del popolo è l’organo con i maggiori poteri; i suoi membri sono eletti per cinque anni attraverso una serie di elezioni indirette.
L’Ordine civile in Cina è da sempre affidato alle famiglie o ai governi locali e non è mai stato creato un sistema giudiziario ufficiale.
A partire dal 1978 il paese si è impegnato ad adeguare il proprio ai sistemi dei paesi occidentali e, dal 1982, i cinesi hanno acquisito il diritto ad avere una difesa legale. Attualmente l’ organo più alto è la Corte Popolare Suprema.


Storia

Reperti archeologici scoperti nelle vicinanze di Pechino attestano L’esistenza dell’Homo Erectus in quella regione 460.000 anni fa. Verso il 5000 a.C. una civiltà agricola sorse in Cina orientale nella valle dello Huang He: essa sviluppò le due cosiddette culture della terracotta, la cultura Yang Shao e la cultura di Longshan.
La tradizione  vuole che la prima dinastia cinese fosse la dinastia Xia, ma è la dinastia Shang quella di cui si hanno i più antichi reperti storici.
Durante il IV secolo a.C. lo stato di Ch’in avviò un ambizioso  programma di riforme amministrative, economiche e militari e riuscì a soggiogare tutti gli altri Regni combattenti.
Shi Huangdi avviò una politica  di conquista; la più nota impresa Ch’in fu comunque il completamento della Grande Muraglia.
Alla fine, nel 220, uno dei più valorosi generali dell’impero Han si impossessò del trono e diede inizio alla dinastia Wei. La sua autorità fu però presto messa in discussione da altri capi militari: la dinastia Shu Han fu stabilita nella Cina  sud-occidenale, mentre una dinastia Wu comparve nel sud-est. Durante il periodo detto dei “tre regni” la Cina fu attraversata da una guerra incessante. Nel 265 Sima Yan usurpò il trono e stabilì la dinastia Chin occidentale;entro il 280 egli aveva già riunito il Nord e il Sud della Cina sotto il suo regno, ma alla sua morte l’impero tornò a sgretolarsi, nuovamente preda delle lotte per il potere.
Le tribù turco-mongole approfittarono della debolezza del governo per acquisire nuovi pascoli nel fertile bassopiano cinese. Le invasioni iniziarono nel 304 e si succedettero ininterrottamente per tre secoli. Nel Sud del paese si susseguirono quattro dinastie cinesi. Nel Nord, nel 386 si affermò la dinastia turca dei Wei del Nord e il cinese divenne la lingua ufficiale. Nel 534 la ribellione dei capi tribù all’autorità centrale dell’imperatore determinò la fine della dinastia.
La dinastia Sung riuscì a porre fine al cinquantennio di lotte intestine seguito al crollo della dinastia Tang. Quest’epoca viene comunemente suddivisa nel periodo dei Sung del Nord e in quello dei Sung del Sud. I sovrani Sung  favorirono lo sviluppo agricolo e, inoltre, fiorirono l’artigianato, il commercio e vennero aperte nuove vie di comunicazione. I commercianti cinesi tornarono a spingersi oltre i confini del loro paese.
Una minaccia costante fu però rappresentata dagli imperi confinanti: a Nord la dinastia Mongolo-khitana di Liao costrinse i sovrani Sung a riconoscerle le precedenti acquisizioni della Manciuria e della Mongolia Interna. Nel 1125 l’impero Liao venne a sua volta vinto dalla dinastia tungusa dei Jin, che allontanarono i Sung dai loro domini settentrionali spingendoli a Sud.
Nel 1206 tutte le tribù mongole si riunirono sotto la guida di Gengis Khan e iniziarono una campagna di conquiste che diede origine al più grande impero del tempo.
Il XIX secolo si aprì all’insegna della crisi irreversibile del sistema di governo imperiale e del costante intensificarsi delle pressioni occidentali e giapponesi per una maggiore apertura dei mercati cinesi. Fu la questione delle origini commerciali  tra Cina e Gran Bretagna a dare origine al primo grande conflitto. Gli inglesi volevano estendere i loro scambi commerciali; la Cina non aveva alcun interesse ad incrementare le proprie attività commerciali con l’occidente. Nel 1839 funzionari cinesi  confiscarono e distrussero grandi quantitativi di oppio stivati nelle navi inglesi all’ancora nel porto di Canton, e imposero controlli severissimi alla comunità inglese della città. Il rifiuto inglese di adeguarsi a queste disposizioni portò all’aprirsi delle ostilità.
Nel corso della prima guerra mondiale, il Giappone cercò di stabilire il suo dominio sulla Cina. La tardiva entrata in guerra della Cina a fianco degli Alleati nel 1917 ebbe l’unico scopo da assicurarsi un posto al tavolo della pace e un'oppurtunità di contrastare le ambizioni giapponesi. A Versailles il presidente americano Woodrow Wilson si mostrò troppo interessato a dar vita alla Società delle Nazioni per permettersi di affrontare in modo adeguato il problema cinese e correre così il rischio di perdere il sostegno del Giappone.
Delusi dal cinismo mostrato dalle potenze occidentali, i cinesi rivolsero le loro attenzioni all’Unione Sovietica, rappresentata in patria dal partito comunista cinese, fondato a Shanghai nel 1921 e che contava tra i suoi primi membri Mao Zedong; dalla base militare del partito iniziò la campagna di liberazione nazionale dei Signori della guerra. Il nuovo governo dovette così affrontare l’opposizione dei Signori della guerra e agli inizi degli anni trenta la rivolta comunista guidata da Mao Zedong; egli costituì una Repubblica sovietica sostenuta da un forte esercito e appoggiata dai contadini.Nel 1937 la penetrazione giapponese in Cina sfociò in una vera e propria guerra. Entro il 1938 il Giappone aveva invaso maggior parte della Cina nordorientale. Nel 1945, subito dopo la resa del Giappone, la guerra civile riprese, nonostante tentativi di mediazione operati dagli americani.
Il nuovo regime diede vita a una struttura di governo fortemente centralizzata. Obbiettivo prioritario del nuovo regime fu la trasformazione della Cina in una società socialista. Per ristrutturare radicalmente l’economia, distrutta da decenni di guerre interne, i comunisti adottarono misure rigorose nel controllo dell’inflazione, organizzarono gli agricoltori in cooperative e si impegnarono a fondo in un programma teso ad aumentare la produzione nelle campagne, mentre l’industria venne gradualmente nazionalizzata.

 

Fonte: http://www.studenti.it/download/scuole_medie/Cina.doc

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