Cartografia
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La cartografia
Il desiderio di rappresentare sulla carta i luoghi terrestri conosciuti è antico quanto l’uomo: se ne possono trovare chiare tracce nella storia della civiltà egizia, nella mitologia greca, nella Bibbia. Il primo tentativo documentato di disegnare una mappa dell’ecumene, quello che allora veniva considerato il mondo abitato, è dovuto al filosofo presocratico Anassimandro da Mileto (610-546 a.C.), appartenente alla scuola di Talete, che propone il primo esempio di applicazione alla cartografia della proiezione centrografica o gnomonica, che veniva originariamente utilizzata per le meridiane solari. Essa veniva applicata per le mappe di piccole regioni: si immaginava di proiettare la superficie terrestre dal centro della Terra su di un piano tangente in un punto della regione considerata.
Piano tangente nel Polo Nord
Piano tangente in un punto dell’equatore
È evidente la distorsione nelle zone lontane dal punto di tangenza
Pare che anche Eudosso di Cnido, nel secolo IV a.C., abbia realizzato tavole geografiche. Intorno al 300 a.C, comparvero i paralleli e i meridiani. Ad introdurli fu il messinese Dicearco (sec. IV a.C.) che ebbe l’idea di tracciare una linea da oriente a occidente, da lui chiamata diaframma, che suddivideva il mappamondo in due parti uguali. Questo antenato dell’equatore passava per Rodi. E per Rodi passava un’altra linea retta, perpendicolare, quella che noi chiameremmo meridiano 0, che doveva formare con l’equatore una sorta di sistema di coordinate. L’unità di misura era lo stadio olimpico. Parmenide fu invece il primo a suddividere la Terra in cinque zone, delimitate dalle linee che costituiscono, rispettivamente, l’equatore, i tropici ed i circoli polari.
Il matematico alessandrino Eratostene trasse da ciò lo spunto per cercare di acquisire conoscenze più accurate sulle reali dimensioni della Terra, basate in parte sui racconti dei viaggiatori, in parte su osservazioni astronomiche. Poiché il valore della circonferenza terrestre da lui calcolato superava l’estensione delle terre allora conosciute, concluse che il resto del globo dovesse essere coperto da una vasta distesa marina, che egli battezzò Oceano Atlantico.
Il mondo abitabile secondo Eratostene (ricostruito da K. Miller)
I metodi di misurazione terrestre furono progressivamente perfezionati sino all’avvento dell’era cristiana, che vide le prime opere monumentali. Intorno all’anno 1 lo scrittore greco Strabone compose la sua Geografia in 17 libri.
Le terre abitate secondo Strabone
Occorre aspettare un altro secolo per vedere tavole composte secondo un criterio matematico preciso: sono quelle di Marino di Tiro (andate perdute), il primo a ricorrere ad una proiezione piana in cui i meridiani ed i paralleli vengono riprodotti come linee perpendicolari ed equidistanti. Si tratta della proiezione cilindrica equidistante:
Altre innovazioni portate da Marino sono la scelta delle attuali Isole Canarie come origine dei meridiani, e la misura della longitudine in ore. Un’ora corrisponde a 15° gradi trigonometrici. L’idea di sostituire alle distanze espresse in stadi le ampiezze dei corrispondenti angoli al centro era stata formulata già da Ipparco nel secolo II a.C.. Egli aveva anche proposto di fare affidamento più sui moti dei corpi celesti che sui rilevamenti effettuati sulla terra e per mare dai naviganti. E le osservazioni astronomiche stanno alla base dell’atlante composto dal matematico egiziano Claudio Tolomeo: l’opera, intitolata Geografia, in otto libri, comprendeva ventisette carte di singole regioni, precedute da un elenco alfabetico dei nomi di tutti i luoghi allora conosciuti, circa ottomila, seguiti dalle rispettive latitudini e longitudini, espresse in gradi. I dati erano tanto accurati da consentire, a chiunque avesse in mano l’opera, di costruire da sé tutte le carte geografiche del mondo.
I metodi proposti da Tolomeo sono due. Il primo metodo è la proiezione stereografica polareche egli presenta nel suo trattato Planisferium:ogni punto del globo viene proiettato dal Polo Sud o dal Polo Nord sul piano dell’equatore.
Questa tecnica è ispirata a quella usata da Ipparco, che proiettava la Terra ortogonalmente sul piano tangente al globo nel polo sud (proiezione ortografica).
In entrambe queste proiezioni risulta visibile, nel disco delimitato dall’equatore, solo uno dei due emisferi. Nel secolo XVII il geometra francese Philippe de La Hire propose una variante della proiezione polare che riduce al minimo la distorsione: il centro era collocato sul raggio passante per il polo, ad una distanza dal centro pari al raggio diviso Ö2.
Il secondo metodo di Tolomeo è la proiezione conica gnomonica: ogni punto di una regione viene proiettato dal centro del globo su di un cono tangente al globo stesso lungo un certo parallelo.
Nel corso della storia sono stati sviluppati molti altri tipi di proiezioni, tra cui la proiezione di Mercator, che porta il nome latinizzato di Gerhard Kremer, un geografo fiammingo del Cinquecento. Egli perfezionò la proiezione cilindrica: questa in origine prevedeva di proiettare i punti della superficie terrestre perpendicolarmente su di un cilindro circoscritto alla Terra e contenente l’equatore. Essa aveva lo svantaggio di falsare le direzioni, risultando assai poco utile in navigazione:
Mercator apportò le necessarie correzioni, e nel 1569, nell’opera Nova et aucta orbis terrae descriptio, ideò la proiezione cilindrica isogonica: la superficie terrestre viene proiettata dal centro della sfera su un cilindro circoscritto all’equatore. Questa tecnica non rimedia al difetto della deformazione in prossimità dei poli, non conserva distanze e aree, però riproduce fedelmente, sul piano, gli angoli misurati sulla superficie terrestre.
Un’applicazione che gode di questa proprietà viene oggi detta conforme, ed è uno degli oggetti di studio di una disciplina che proprio dalla cartografia ha tratto origine, soprattutto grazie al contributo di Eulero: la geometria differenziale. Essa generalizza lo studio delle mappe a superficie di ogni forma, anche astratte, e a spazi geometrici aventi un numero di dimensioni comunque elevato. Si occupa, tra l’altro, della determinazione delle linee geodetiche, ossia delle linee che hanno lunghezza minima tra quelle che congiungono due punti assegnati. Una proiezione conforme, pur non conservando le lunghezze, conserva gli angoli, e quindi conserva, localmente, i rapporti fra le lunghezze. Quando diciamo “localmente” intendiamo “all’interno di una piccola regione” e “con buona approssimazione”. In effetti, nella proiezione cilindrica di Mercator, sulla carta, una distanza misurata vicino ai poli viene resa, rispetto alla stessa distanza misurata all’equatore, con un elevato fattore di contrazione.
Per ovviare a questa deformazione le carte topografiche vengono oggi realizzate utilizzando la proiezione su di un cilindro circoscritto al globo lungo il meridiano che attraversa il centro della regione considerata: questa tecnica, dovuta a Gauss, è detta proiezione di Mercator trasversale universale (MTU).
La differenza più evidente tra la proiezione di Mercator e quella cilindrica equidistante è il fatto che nella prima i paralleli sono sempre più vicini man mano che ci si avvicina ai poli: in questo modo si rende ragione del fatto che, al diminuire della latitudine, la distanza fra due gradi di longitudine diventa sempre più piccola. Poiché gli angoli sulla superficie vengono conservati, le linee che formano lo stesso angolo con tutti i meridiani, dette lossodrome, nella proiezione di Mercator corrispondono a linee rette, mentre nella proiezione stereografica sul piano dell'equatore sono spirali logaritmiche.
Una versione perfezionata e conforme della proiezione conica di Tolomeo fu invece introdotta, nel Settecento, dal matematico svizzero Lambert (ricordato, fra l’altro, per aver contribuito alla nascita delle geometrie non euclidee):
L’inconveniente della deformazione delle regioni sulle carte geografiche ha dato origine allo studio delle cosiddette superficie sviluppabili, che sono oggetto della geometria differenziale: si tratta, in poche parole, delle superficie che possono essere tagliate e srotolate su di un piano. Evidentemente la sfera non è di questo tipo: ne erano convinti anche i cartografi antichi, ma la dimostrazione venne solo nel Settecento. Tuttavia è sicuramente utile cercare superficie simili alla sfera per le quali questa operazione sia possibile. Oggi sappiamo che le superficie siffatte sono solo i coni, i cilindri e le superficie rigate (cioè formate da rette) circoscritte a curve nello spazio.
Eulero si occupò sia di cartografia pratica (realizzò una carta della Russia) sia della teoria generale delle applicazioni conformi, cui applicò i numeri complessi.
Le proiezioni conformi non conservano le aree. Esistono però varianti delle proiezioni coniche e cilindriche, dette equivalenti, che conservano le aree:
Il primo problema che gli uomini dovettero affrontare per poter tracciare sulla carta i contorni di terre e mari fu quello della misurazione delle distanze. Fin dall’antichità si ricorse alla trigonometria, più precisamente, alle proprietà dei triangoli, così brillantemente esposte, ad esempio, negli Elementi di Euclide. Ecco perché le antiche carte geografiche presentano un reticolato di triangoli.
La triangolazioned’Ipparco era basata su triangoli rettangoli: conoscendo due lati, era
noto anche il terzo:
In generale, è possibile ricorrere alle proprietà dei triangoli simili per determinare distanze che non sia possibile misurare direttamente: il primo ad utilizzare questi metodi fu il filosofo presocratico Talete, considerato l’ideatore delle tecniche per misurare “l’inaccessibile mediante l’accessibile”: utilizzando il famoso teorema di geometria piana che da lui ha preso il nome, riuscì a calcolare l’altezza della piramide di Cheope a partire dalla lunghezza della sua ombra. Lo stesso principio matematico compare in alcune pagine dei Ludi matematici di Leon Battista Alberti e della Geometria Pratica del Perini. Su questi metodi si basa anche il funzionamento del teodolite, lo strumento dotato di un goniometro graduato, utilizzato nei rilevamenti topografici.
Esso consente di misurare le lunghezze sia in orizzontale, sia in verticale, determinando gli angoli visuali – detti, rispettivamente, azimutali e zenitali – con cui queste lunghezze appaiono agli occhi dell’osservatore. Il teodolite ha un antichissimo precursore nella diottra, un rudimentale apparato descritto, ad esempio, dal matematico greco-alessandrino Erone.
Il principio dell’angolo visuale è anche alla base della prospettiva, studiata dall’Alberti con rigore matematico, e della teoria astronomica della parallasse, applicata da Tycho Brahe e da Copernico.
Un altro importante aspetto messo in luce dalle ricerche intorno alla cartografia è la possibilità di trasformare un oggetto geometrico in un altro, di forma anche molto diversa, proiettandolo su di un piano. La classificazione degli oggetti che sono legati da questa relazione è compito della geometria proiettiva. Se ne vedono le prime tracce nel Seicento, nelle opere di Keplero e, soprattutto, in quelle di Pascal e di Desargues. Ad esempio, sono proiettivamente equivalenti tutte le sezioni coniche non degeneri: la circonferenza, l’ellisse, la parabola e l’iperbole. L’una può essere trasformata nell’altra proiettandola da un punto su di un piano.
Recentemente, da quando è possibile scattare dettagliate fotografie dallo spazio, ad esempio tramite i satelliti meteorologici, la realizzazione di carte geografiche ha, naturalmente, cessato di essere un problema matematico di misurazione. Recentemente, lo shuttle Endeavour ha registrato, mediante un sofisticato sistema di radar, un’immagine tridimensionale ad alta definizione dell’intera superficie terrestre. Si tratta del primo atlante mondiale realizzato con dettagli di 30 metri in orizzontale e 6 metri in verticale. Hanno partecipato al progetto, realizzato dalla NASA, anche l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Alenia.
Un’immagine della penisola di Kamčatka (Russia)
(foto da “La Stampa” del 24/2/2000)
Curiosità Alle carte geografiche piane è ispirato il noto teorema dei quattro colori, che è stato per lungo tempo una delle maggiori croci dei matematici di tutto il mondo.
Fonte: http://www.dm.uniba.it/ipertesto/cartografia/cartografia.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Cartografia
CARTOGRAFIA
Per “cartografia” si intende quell’operazione che ha per oggetto la rappresentazione in piccolo della superficie terrestre e dei fenomeni che su di essa si osservano.
- CLASSIFICAZIONE DELLE CARTE
La classificazione delle carte più usata è quella fatta in funzione della scala. Essa da origine a tre grandi gruppi di carte:
1) Carte geografiche quelle a scala 1:1000.000 o minori:
2) Carte corografiche quelle la cui scala varia da 1:1000.000 a 1:100.000
3) Carte topografiche a piccola scala, da 1:100.000 a 1:50.000 a media scala da 1:25.000 a 1:10.000, a grande scala 1:5.000 e a grandissima scala 1.2000 e 1:1000.
2. LA CARTOGRAFIA UFFICIALE ITALIANA
2.1 Il foglio
I fogli, in scala 1:100.000, hanno una ampiezza di 30’ di Longitudine e 20’ di Latitudine.
Poiché i fogli sono delimitati da meridiani e paralleli, hanno una superficie trapezoidale curvilinea. Ogni Foglio è caratterizzato da un numero progressivo e dal nome della località o del fenomeno fisico più significativo che ivi ricade; il primo Foglio infatti, è F° N° 1 “Passo del Brennero” l’ultimo è F° N° “277” “Noto”.(Fig 1)
Fig. 1
Vi sono altri 8 Fogli che rappresentano degli aggiornamenti di zone di confine dopo gli eventi bellici, I fogli al 100.000 sono derivati dalle tavolette al 25.000 ed hanno una equivalenza di 50 metri.
2.2 Il quadrante
Il quadrante, in scala 1:50.000, nasce dalla divisione in 4 parti (da cui il termine di quadrante) dei Fogli al 100.000.(Fig 2) La sua ampiezza è di 10’ di latitudine e 15’ di longitudine. A partire dalla destra in alto ed in senso orario, i 4 Quadranti vengono individuati da un numero progressivo romano. Ogni quadrante è individuato dal numero del Foglio al 100.000 cui appartiene, dal numero romano e dal nome della località più importante (sia essa fisica o politica) che vi ricade.
Fig. 2
2.3 La tavoletta
Le Tavolette in scala 1:25.000 sono delle carte rilevate. Rappresentano 1/4 del territorio compreso nel quadrante ed 1/16 del territorio compreso in un foglio al 100.000; hanno dunque un’ampiezza di 7’30” di longitudine e 5’ di latitudine.
Ogni tavoletta viene indicata dal numero del foglio al 100.000, dal numero romano del quadrante a cui appartiene, dalla posizione geografica in cui ricade nell’ambito del quadrante (NE-NO-SE-SO) vedi fig. 2 ed infine dal nome della località più importante ivi ricadente. Tutto il territorio nazionale è coperto da 3556 Tavolette.
L’Equidistanza nelle tavolette è di 25 metri (scala 1:25.000).
3 OPERAZIONI SULLA CARTA
3.1 la scala
Per scala si intende: il rapporto numerico tra le misure lineari “rappresentate” sulla carta e quelle “reali” corrispondenti. Tale rapporto si esprime con una frazione che ha per numeratore l’unità (1) e per denominatore un numero per il quale bisogna moltiplicare le lunghezze misurate sulla carta per avere le corrispondenti lunghezze reali o dividere una lunghezza reale per avere quella della carta.
Es. 1:25.000
Nelle carte la scala è generalmente indicata in basso, spesso oltre che il rapporto numerico si trova anche la “scala grafica” cioè un segmento di retta diviso in centimetri o in millimetri con a fianco le indicazioni delle corrispondenti lunghezze reali. (Fig. 3)
FIG 3
3.2 Calcoli sulle carte
Quando si legge una carta la distanza tra due punti è facilmente rilevabile ad es. si consideri il segmento AB tracciato sulla carta (Fig. 4).
La carta in questione è in scala 1:5000 ed il segmento risulta di 5 cm; la lunghezza reale corrispondente si otterrà moltiplicando la lunghezza del segmento AB per il denominatore della scala, quindi si avrà cm 5 x 5.000 = cm 25.000 = m 250. La misura così ottenuta è chiamata “distanza topografica” ed è la distanza orizzontale tra i due punti a prescindere dalla loro quota.
Fig. 4
Nel caso in cui si voglia riportare una distanza reale sulla carta occorre effettuare l’operazione inversa di quella ora descritta; il valore della distanza reale deve essere divisa per il numeratore della scala. quindi per riportare una distanza reale di 250 m su una carta in scala 1:5000 bisogna tracciare un segmento di 5 cm, a tale risultato si arriva risolvendo il seguente rapporto m 250 / 5.000 = m 0,05 ovvero 5 cm.
3.3 Isoipse o curve di livello
Per effettuare una buona rappresentazione su carta del territorio bisogna risolvere un grosso problema che si presenta con il passaggio da una visione tridimensionale reale ad una immagine bidimensionale, in scala del territorio da rappresentare.
Due sono quindi gli aspetti di questo problema:
1) aspetto altimetrico, non essendo possibile riportare su una carta piana in cui giacciono gli assi X e Y fattori numerici che influenzano il terzo asse Z si deve necessariamente ricorrere ad una simbologia.
L’altimetria viene rappresentata con punti e linee. I punti definiti punti quotati sono dei punti del terreno, localizzati planimetricamente sulla carta, per i quali è espressa la quota. Detta quota generalmente fa riferimento al livello medio del mare ed è espressa in metri. Le linee risultano da un insieme di punti aventi la stessa quota e prendono il nome di isoipse o curve di livello. Le isoipse nascono all’intersezione della superficie topografica con un piano orizzontale posto a quota predeterminata. L’intersezione della superficie media del mare e la terra ferma determina l’isoipsa di quota zero. L’intersezione tra la superficie topografica ed un piano orizzontale, posto a 100 m sul livello del mare, originerà la curva di livello di quota 100 m. (Fig. 5)
La distanza di quota tra isoipse sarà costante e prende il nome di “equidistanza”.
Generalmente il valore dell’equidistanza si prende pari ad 1/1000 del denominatore della scala; (ad es. in una carta 1/25.000 l’equidistanza è di 25 metri; le quote delle curve di livello saranno dei valori interi e multipli di 25 metri; esempio 150,175, 200 ecc., nel caso di depressioni rispetto al livello del mare avremo valori negativi -100, -125, ecc.).
3.4 La lettura delle isoipse
In questo paragrafo vengono sottolineate alcune informazioni sul modo di interpretare certe forme del terreno mediante le isoipse.
1) La presenza in una carta di isoipse circolari concentriche ed equidistanti, con il punto centrale più elevato, esprime la proiezione di un rilievo perfettamente conico.(Fig.6) Da un rilievo conico irregolare, invece, le isoipse risulteranno tante sezioni circolari sfalsate.(Fig. 7)
Fig. 6 Fig. 7
Le rappresentazioni di cui alla figure precedenti mostrano quanto già detto: la rappresentazione di un cono retto sezionato darà luogo, in pianta, a dei cerchi concentrici, mentre quella relativa a coni obliqui, mostrerà da una parte le tracce delle intersezioni più ravvicinate.
2) Quando le isoipse sono pressoché parallele e con una distanza tra le isoipse quasi costante, significa che esse stanno ad indicare la presenza di un pendio uniforme, senza rottura di pendenza e, presumibilmente, una costante omogeneità nella costituzione litologica.(Fig. 8)
3) La figura 9 rivela, sempre mediante l’andamento delle isoipse, l’esistenza di una rottura di pendio, dovuta probabilmente a variazioni litologiche. Infatti la distanza orizzontale tra una isoipsa e l’altra, dalla 520 alla 225, è diversa da quella al di sotto del 225 metri. Le isoipse infatti presentano una certa irregolarità nel loro tratto e ciò può essere reso possibile per un cambiamento litologico.
Fig.8 Fig.9
4) La Fig. 10 manifesta chiaramente un rilievo di modesta entità (collina) i cui versanti sono poco declivi. L’andamento piuttosto regolare delle curve di livello deporrebbe a favore di una certa continuità litologica.
5) Nella Fig. 11 si ripete la medesima situazione morfologica esaminata nella fig precedente con la eccezione della presenza della spianata sommitale.
.
Fig. 10 Fig. 11
6) Nella Fig. 12 le isoipse chiudono una depressione che Viene evidenziata dal segno (-); un esempio di questo tipo di morfologia può essere dato da quelle forme carsiche che prendono il nome di “doline”.
7) La rappresentazione di Fig. 13, evidenzia la presenza di una cresta mediante isoipse molto allungate e ravvicinate.
Fig. 12 Fig.13
8) la Fig. 14 indica la presenza di una cava, messa in evidenza dal disegno a tratteggio.
9) Una carta topografica che presenta il tipo di area di cui alla Fig 15 caratterizza un pendio regolare quasi certamente con la medesima situazione litologica; non presenta brusche rotture di pendenza o altri caratteri morfologici particolari, e la linea di massima pendenza tracciata (C-D) rappresenta un displuvio.Detta figura presenta uno sperone che si allunga da C verso D, punti che, tra l’altro stanno agli estremi di una linea di displuvio.
Si noti che la convessità delle isoipse è rivolta verso la parte più bassa mentre nelle zone dove si ha una linea di impluvio, corsi d’acqua e valli in genere, la convessità è rivolta verso la parte più alta, vedi V Cucchi e V Mezzaccara.
Generalizzando si può dire che: quando la convessità delle curve di livello è rivolta verso le quote più alte si hanno delle aree di impluvio (incisioni) (Fig. 16); quando invece è rivolta verso le quote più basse si hanno dei displuvi ( dossi, speroni, creste, ecc.).(Fig. 17) Linee di impluvio particolarmente marcate sono osservabili nei calanchi, in corrispondenza dei corsi di acqua, ecc. (Fig.18)
Fig. 14 Fig. 15
Fig. 16 Fig. 17
10) Nella Fig 19 il tratteggio sta ad indicare che lungo l’arco interessato, si ha un dirupo. Questa constatazione trova conferma nel fatto che tra la isoipsa 200 e la 280 si ha una rottura di pendenza evidenziata dalla brusca variazione nella distanza tra le isoipse in corrispondenza dello sperone. Ciò sottolinea che tra la isoipsa 200 e la 280 esiste un brusco gradino (rottura di pendenza).
Quando il pendio è sufficientemente accentuato (evidenziato da isoipse molto ravvicinate) possono aversi rappresentazioni diverse secondo il tipo di terreno che può essere compatto, mediamente compatto, o addirittura, sciolto.
Fig. 18 Fig.19
4. COORDINATE U.T.M. (procedimento diretto)
Il sistema U.T.M. (Universale Traverso Mercatore) è un sistema di coordinate cartesiane di uso mondiale. Il globo viene suddiviso in 60 fusi (intendendo per fuso l’area compresa tra due meridiani) dell’ampiezza di 6° ciascuno, numerati progressivamente verso Est da 1 a 60 partendo dall’antimeridiano di Greenwich. Questo sistema non interessa le calotte polari, infatti l’ampiezza latitudinale dei fusi va da 80° lat. Nord a 80° lat. Sud.
I fusi sono divisi in 20 fasce orizzontali di 8° di latitudine (Per fascia si intende l’area compresa fra due paralleli); L’incrocio tra una fascia ed un fuso determina una “zona”(Fig. 20). Ogni zona è divisa in quadrati di 100 Km di lato individuati con un sistema binario di lettere. I quadrati di 100 Km sono inseriti nel sistema cartesiano, il quale è così configurato: L’asse delle ascisse, indicato con E (Est), coincide con l’Equatore mentre l’asse delle ordinate, indicate con N (Nord), coincide con il meridiano centrale di ogni fuso.
Fig 20
L’Italia è compresa nei fusi 32, 33 e parte del 34 per la penisola Salentina e ricade nelle due fasce S (dal 32° al 40° parallelo di Lat. Nord) e T dal 40° al 48 parallelo di Lat. nord); avremo quindi tutto il territorio nazionale ricadente nelle: Zona 32T, Zona 33T, Zona 34T, zona 32S, Zona 33S e zona 34S (Fig. 21):
Fig 21
Sulle tavolette al 25.000 troviamo un reticolato ortogonale di 4 cm di lato corrispondenti ad una maglia con lati di 1 Km, da cui prende il nome di “reticolato chilometrico” questo reticolato serve a facilitare le operazioni di calcolo delle coordinate U.T.M..(Fig. 8)
Fig 22
Prima di passare alla fase operativa del calcolo delle coordinate U.T.M. occorre fare una premessa: In un sistema ad assi cartesiani l’origine degli assi ha come valore 0 (zero) sia per le ascisse che per le ordinate, nel sistema U.T.M. l’origine delle ascisse ha valore 500 Km, questo ad evitare valori negativi, anche quando si fa riferimento ad ovest del meridiano centrale. Il valore 500 Km è stato scelto perché sufficiente a coprire l’ampiezza del fuso: si consideri infatti che un fuso di 6° ha una ampiezza (in senso Est-Ovest) di circa 666 km all’equatore e di 474 Km circa a 45° di latitudine.
All’estremità della carta sono scritti valori (espressi in Km) di ogni ascissa (con riferimento al meridiano centrale del fuso) e di ogni ordinata (con riferimento all’Equatore) (Fig.8). Detti valori rappresentano le distanze reali in Km dal meridiano del fuso e dall’equatore. Nella fascia marginale destra della Tavoletta si trova l’indicazione del fuso e della zona. Nella stesso riquadro, oltre che il centro della carta, si trovano le lettere del sistema binario che individua il quadrato di 100 Km. In una stessa tavoletta possono esistere due o addirittura quattro coppie di lettere: ciò avviene se la tavoletta comprende una zona di contatto fra due o quattro quadrati centochilometrici.(Fig.23)
Fig. 23 Fig 24
Dopo quanto sopra specificato, procediamo ora al calcolo delle coordinate U.T.M..
Stabilito il punto P di cui si vogliono conoscere dette coordinate, occorre leggere il valore del meridiano reticolato immediatamente alla sinistra (Ovest) di esso; si avrà quindi il valore in chilometri della ascissa. Volendo approssimare fino all’ettometro, la tavoletta mette a disposizione un coordinatometro, (Fig.24) basterà riportare la distanza tra il punto ed il meridiano reticolato sul coordinatometro per leggere il valore degli ettometri. Per l’ordinata occorre leggere il valore chilometrico del parallelo reticolato immediatamente sotto (Sud) del punto ed a questo aggiungere gli ettometri misurati col metodo precedentemente illustrato.
Per definire in maniera completa la posizione del punto, occorre scrivere quindi: il numero relativo al fuso, l’indicazione relativa alla zona, il quadrato centochilometrico, l’ascissa rispetto al meridiano del fuso, la ordinata rispetto all’equatore. ES. 33SXD087 131
Sulle tavolette le ascisse hanno la prima cifra scritta in carattere piccolo rispetto alle altre due mentre per le ordinate le cifre scritte in piccolo sono le prime due seguite da altre due in caratteri più grossi. (fig. 22)
5. COORDINATE U.T.M. (Procedimento inverso)
Quando abbiamo le coordinate U.T.M. di un punto e vogliamo localizzarlo sulla carta 1:25.000, le prime due cifre e la lettera ci indicano il Fuso e la Fascia, indicano così la Zona, la terza e la quarta lettera indicano il quadrato centochilometrico; rimangono sei cifre di cui le prime tre si riferiscono al valore del meridiano reticolato (ascissa) e le restanti tre al valore del parallelo reticolato (ordinata). Facendo riferimento al valore del meridiano reticolato va specificato che le prime due cifre sono valori chilometrici e corrispondono alle due cifre scritte in grossetto sul bordo della carta, la terza rappresenta gli ettometri ed il segmento corrispondente lo possiamo ricavare sul coordinatometro stampato a margine della carta. Si traccerà una retta parallela al meridiano reticolato passante per l’estremità del segmento. La stessa operazione andrà fatta col valore del parallelo reticolato: si individuerà prima la linea orizzontale (in senso est ovest) del reticolato chilometrico, il cui valore in grossetto corrisponde a quello delle prime due cifre, e poi con l’uso del coordinatometro per gli ettometri, si staccherà il segmento corrispondente per la cui estremità si farà passare una retta parallela al parallelo reticolato.
L’intersezione tra le due rette ortogonali tracciate rappresenta il punto in questione. In pratica per evitare di dover tracciare delle rette che attraversano tutta la tavoletta, prima si localizzano sul reticolato chilomertrico i valori di ascissa e di ordinata riferiti ai chilometri e poi, operando così solo su una maglia del reticolo, si tracciano i segmenti che si riferiscono agli ettometri.
6. COORDINATE GEOGRAFICHE
Le coordinate geografiche di un punto sono espresse in latitudine e longitudine. La latitudine geografica di un punto è l’angolo che la normale all’ellissoide terrestre passante per il punto forma con il piano dell’equatore o , più semplicemente, l’angolo formato dalle direzioni radiali passanti per il raggio equatoriale e per il punto. Essa e Nord o Sud e varia da 0 a 90° (Equatore-Polo). La longitudine geografica di un punto è l’angolo diedro che il meridiano passante per il punto forma con un meridiano di riferimento; detto meridiano può essere quello di Greenwich come riferimento internazionale, quello di Monte Mario, se si fa riferimento al territorio nazionale. La longitudine può essere Est od Ovest e varia da 0 - 180°.(Fig. 25)
Fig. 25
Facendo riferimento alla tavoletta al 25.000, si può constatare che il riquadro della carta e costituito da margini verticali ed orizzontali che rappresentano archi di meridiano e di parallelo. Ai quattro vertici si trovano scritti i valori (espressi in gradi, primi e secondi) della latitudine e della longitudine dei vertici stessi. Si potrà notare che i valori sono doppi sia per la latitudine che per la longitudine, uno scritto in viola l’altro in nero; quello in viola fa riferimento al meridiano di Monte Mario (Roma).
La riquadratura della Tavoletta è a segmenti alternati bianchi e rigati, ognuno di questi rappresenta l’ampiezza di un primo. (1’)
Il taglio della Tavoletta al 25.000 ha un’ampiezza di 5’ in latitudine e di 7’30” in longitudine.
Poiché si devono poter calcolare le coordinate di un punto qualsiasi della carta vedremo come si opera praticamente.
Scelto un punto (facendo sempre riferimento alla tavoletta al 25.000) la prima operazione da fare è quella di riportare la sua posizione sul bordo meridiano e sul bordo parallelo più vicini curando che la proiezione del punto sia perfettamente ortogonale. (Bisogna fare molta attenzione a questa operazione, in particolar modo va detto che non bisogna assolutamente utilizzare il reticolato chilometrico del sistema U.T.M.) Ottenuta la proiezione del punto sul meridiano e sul parallelo, passiamo ora al calcolo del valore di latitudine e longitudine.
a) latitudine
I valori della latitudine si calcolano sui due margini verticali della carta che rappresentano due archi di meridiano. Leggiamo il valore in gradi e in primi scritto nel vertice in basso della carta, aggiungiamo il numero dei primi interi che incontriamo prima di arrivare alla proiezione del punto sull’arco di meridiano ed indicati dai segmenti precedentemente illustrati, occorre adesso eseguire il calcolo dei secondi. Tale calcolo va fatto mediante la proporzione:
N:60 = n:x
in cui N corrisponde alla lunghezza del segmento relativo ad 1’, n rappresenta la lunghezza del tratto (a partire dal basso) di segmento staccato dalla proiezione del punto (lunghezza espressa in mm) ed x il valore in secondi corrispondente e da determinare.
Il valore in secondi calcolato dovrà essere aggiunto al valore in gradi ed in primi precedentemente letto. Il risultato ottenuto rappresenta la latitudine del punto P. Fig. 26
b) Longitudine
I valori della longitudine si calcolano sui due margini orizzontali della carta che rappresentano due archi di parallelo.
Prima di effettuare i calcoli occorre fare una certa considerazione; se si fa riferimento al meridiano di Greenwich, essendo tutto il territorio nazionale ad Est di detto meridiano, vedremo che i valori di longitudine aumentano verso Est, cioè a destra della Carta. Se invece si fa riferimento al meridiano nazionale Monte Mario, avremo (poiché detto meridiano taglia in due il territorio nazionale) una parte del territorio ad Est e quindi long. Est ed una parte ad Ovest con long. Ovest le due zone si riconoscono dal fatto che i valori di longitudine aumentano verso la destra di chi guarda la carta nella parte avente longitudine Est ed aumentano invece verso sinistra di chi guarda la carta nella zona avente longitudine Ovest.
Per quel che riguarda il calcolo dei valori in gradi, primi e secondi le operazioni sono identiche a quelle già effettuate per la latitudine.
La lunghezza dei tratti che rappresentano archi di parallelo di uguale valore angolare diminuisce via verso nord; ciò accade ovviamente per la convergenza dei meridiani.
Fig. 26
7. COORDINATE GEOGRAFICHE (procedimento inverso)
Secondo il tipo di lavoro che si effettua può capitare di dover fare l’operazione inversa rispetto a quella fin ad ora descritta: occorre cioè localizzare sulla carta un punto di cui si conoscano le coordinate geografiche.
Avendo a disposizione la tavoletta in cui ricade il punto, leggiamo il valore della latitudine del parallelo che rappresenta il margine inferiore della tavoletta; esso dovrà necessariamente essere inferiore al valore di latitudine del nostro punto la differenza comunque deve essere compresa nel valore di 5’ essendo tale l’ampiezza in latitudine delle tavolette al 25.000 I.G.M.. Facendo la differenza tra il valore della latitudine del punto e quello del margine inferiore della carta avremo un valore, espresso in primi e secondi che dovrà essere aggiunto a quello del margine inferiore della carta; per i primi interi da aggiungere sarà sufficiente contarli sul margine destro o sinistro della carta; L’ampiezza corrispondente ai secondi dovrà essere calcolata nel seguente modo: si misuri in mm la lunghezza L del tratto corrispondente ad 1’ e si imposta la seguente proporzione:
L:60” = X : S2
dove X è il tratto da calcolare ed S2 è il numero dei secondi della latitudine data.
Questa operazione si può effettuare anche partendo dal parallelo superiore della carta tenendo conto che il valore della latitudine del margine superiore sarà maggiore di quello del punto.
Per quanto riguarda la longitudine il procedimento è identico; occorrerà fare attenzione alla direzione in cui aumenta il valore di detta longitudine: se si fa riferimento al meridiano di Greenwich la longitudine aumenta verso destra (Est) in tutto il territorio italiano. In questo caso, se si fa riferimento all’arco di meridiano coincidente con il margine sinistro della carta, si dovrà fare la differenza tra il valore della longitudine del punto e quello di detto margine; questo valore sarà determinato nel margine inferiore o superiore della carta (entrambi coincidenti con un arco di parallelo) partendo da sinistra contando i primi e calcolando l’ampiezza dei secondi.
Se si fa riferimento invece al meridiano nazionale di Monte Mario; possono verificarsi due condizioni:
a) si abbia un punto in una zona ad Est di monte Mario; in questo caso poiché i valori di longitudine crescono verso Est, si opera esattamente come quando si fa riferimento a Greenwich.
b) il punto ricade ad Ovest di Monte Mario; in questo caso i valori di longitudine crescono verso Ovest, la differenza, questa volta, si farà tra il valore della longitudine del margine sinistro della carta e quello della longitudine del punto, il resto dell’operazione si svolge come precedentemente detto. Tali operazioni vanno fatte correttamente ma, qualora si dovesse procedere a\ calcoli più precisi, si dovrebbero ottenere le coordinate calcolate per la parte alta della carta e per quella bassa. Ciò viene fatto appunto perché si dovrà considerare inevitabilmente la convergenza dei meridiani e quindi l’inesistenza reale di parallelismo tra i bordi meridiani della carta.
Determinata sul margine superiore ed inferiore la posizione del meridiano, corrispondente alla longitudine del punto, si congiungono i due estremi; L’intersezione con l’arco di parallelo che rappresenta la latitudine del punto, ne determina la esatta posizione.
Fonte: http://caigazzada.altervista.org/dispense/cartografia.pdf
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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