Le alpi montagne e territorio

 

 

 

Le alpi montagne e territorio

 

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Le alpi montagne e territorio

2.PRIME FORME DI UTILIZZAZIONE UMANA DELLE ALPI

Uno sviluppo nuovo nelle Alpi,inizia con l’affermazione delle società agricole,queste iniziano a trasformare le condizioni naturali preesistenti con l’agricoltura e l’allevamento,per la produzione di generi alimentari. Ben differente è l’agricoltura legata all’autoconsumismo che comporta la coltivazione dei campi e l’allevamento del bestiame nello stesso luogo. L’agricoltura si presenta in due forme,l’agricoltura autarchica che si basa sulle condizioni dell’ambiente naturale che costringono gli uomini a produrre,nel breve periodo tra primavere e autunno,una quantità di alimenti sufficiente per la lunga stagione invernale che può durare 6 mesi. Le rocce e i ghiacciai presente nell’alta quota,sono un ostacolo per lo sfruttamento delle possibili aree di produzione. La coltivazione è divisa in due rami,la coltivazione dei campi e l’allevamento del bestiame. Il piano collinare e la parte del piano inferiore del piano montano sono destinati in primo luogo alle coltivazioni che richiedono calore mentre i piani superiori sono utilizzati per il pascolo del bestiame. Il tempo e il luogo in cui si concentra il grosso della produzione dell’allevamento è la breve estate dell’alpeggio che deve essere produttiva per garantire di riuscire a superare l’inverno. Il pascolo avviene nei prati ad alta quota, in quanto migliora la qualità dell’erba e ciò è dovuto anche al fatto che le piante più piccole hanno un ricambio energetico superiore rispetto alle piante di pianura. Con l’altezza aumenta cosi il contenuto proteico e lipidico delle piante,che diventano più nutrienti e digeribili per gli animali. Gli animali devono essere portati regolarmente all’alpeggio,in questo modo hanno una maggior resistenza alle malattie. Le coltivazioni,inoltre,sono molto sensibili alla grandine e alle nevicate estive e il raccolto viene minacciato praticamente fino all’ultimo momento. L’allevamento del bestiame e soprattutto l’economia d’alpeggio si svolgono senza grandi problemi dando buoni raccolti con moderati carichi di lavoro,mentre la coltivazione dei campi nel territorio alpino richiede un grande carico di lavoro ed è fonte di costanti preoccupazioni.
La conquista di Roma delle Alpi: I romani conquistano tutto il territorio alpino per motivi strategico-militari poco prima della nascita di Cristo. A lungo termine,il dominio romano produce effetti positivi per le Alpi,i romani introducono nuovi prodotti,come il vino e le castagne,grazie ai quali aumenta l’importanza agricola del piano vegetazionale inferiore nelle zone climaticamente favorite. I romani danno alle Alpi una rete stradale ben articolata che facilita le comunicazioni con molte regioni entro alpine.

3. LA FIORITURA DELL’ECONOMIA E DELLA CULTURA DEL MEDIOEVO

Attorno all’anno 1000,inizia l’espansione urbana del basso Medioevo,il che favorisce lo sviluppo di un’economia basata sulla divisione del lavoro con le prime specializzazioni spaziali e funzionali. Si riduce cosi l’importanza dell’agricoltura di tipo autarchico e una parte dei raccolti viene venduta o barattata nei fiorenti mercati. Si instaurano due forme di sviluppo degli insediamenti,i nobili e i signori feudali cercano di modellare lo sviluppo a loro vantaggio. Nelle aree alpine di antico insediamento, essi si trovano di fronte a una popolazione relativamente numerosa e da tempo residente,che contrasta con forza il tentativo di imporre il nuovo regime feudale e fa valere i propri diritti eterni nel senso di un’ampia autonomia nell’amministrazione locale. Per ciò che riguarda i nuovi insediamenti,tutte le famiglie contadine sono trattate allo stesso modo sul territorio comunale e vantaggi e svantaggi sono distribuiti in modo equo tra tutti e ciò porta a nuovi insediamenti serrati. Nelle aree di antico insediamento sorge in tal modo una struttura insediativa agglomerata. Le aree di nuovo insediamento sono caratterizzate dalla presenza di un’esigua popolazione e i primi abitanti vivono di regola in un rapporto di dipendenza da un piccolo signore feudale al quale appartiene la terra,ciò garantisce un aumento delle loro rendite. Il sistema feudale si basa sul legame personale,i signori feudali cercano di fondare il maggior numero possibile di fattorie,rette da contadini che per contratto sono tenuti a versare un determinato contributo. Al posto dei villaggi,sorgono fattorie isolate(masi) e i pascoli e gli altri beni comunali vengono disgregati in misura molto maggiore di quanto non accada nelle aree di antico insediamento. Col tempo molti cittadini riescono a migliorare la propria posizione giuridica,passando dalla condizione di affittuari a una specie di proprietà de facto: il figlio ottiene il diritto di subentrare al padre nella gestione del maso senza che il feudatario possa impedirlo. Nelle aree di antico e di nuovo insediamento si formano cosi strutture insediative,famigliari,giuridiche e politiche completamente diverse tra di loro,poiché esse sono anche caratterizzate da differenti forme di utilizzo di gestione,si possono ricondurre a due diversi sistemi economici e sociali,che possono essere definiti sistema “romanzo” o “latino” e sistema “germanico”.
L’agricoltura di montagna di tipo romanzo,è caratterizzata dal fatto che i due settori di attività (la coltivazione dei campi e dell’allevamento) sono sviluppati in pari misura. Questa struttura economica è vincolata al limite superiore di crescita dei cereali. Nell’agricoltura di montagna di tipo romanzo,la particolare importanza della coltivazione dei campi si può facilmente riconoscere fin dall’aspetto del paesaggio,essendo utilizzati per la cerealicoltura,dal piano lontano e collinare fino al limite superiore della coltivazione per i cereali tutti i terreni adatti e soleggiati. Il sistema di sfruttamento è di regola marcatamente articolato in senso verticale: da novembre a maggio si abita nell’insediamento permanente presso il fondovalle,quindi ci si trasferisce nell’insediamento estivo situato a una quota superiore,dal quale una parte dei membri della famiglia sale ulteriormente agli alpeggi,mentre altri scendono all’abitazione permanente per curare i lavori dei campi. Normalmente questo sistema di sfruttamento è ripartito in tre livelli:
insediamento invernale,estivo ed alpeggio. Nell’ambito dell’alimentazione mediterranea si coltiva la vite ovunque sia possibile,poiché il vino costituisce un alimento base. Gli appezzamenti di ciascuna famiglia vengono ripartiti tra i diversi piani altitudinali, in modo da favorire un’ottimale sfruttamento dei diversi periodi vegetativi e ridurre il più possibile il rischio di compromettere il raccolto per cause naturali. Le dimensioni delle aziende sono molto limitate: prevalgono le aziende piccole, mentre le unità più grandi sono molto rare.
L’agricoltura di montagna di tipo germanico,è caratterizzata dalla presenza dell’allevamento. L’umido margine settentrionale delle alpi,è particolarmente adatto all’allevamento,per cui i contadini germanici possono insediarsi in quelle regioni alpine che non avevano quasi potuto essere colonizzate dai romani. Lo sviluppo di questa nuova attività economica nel versante settentrionale delle alpi e il suo perfezionamento nel corso del Medioevo,è strettamente connesso con l’alimentazione dei popoli germanici: nelle regioni d’Europa centrosettentrionali,particolarmente ricche di boschi,l’allevamento aveva sempre svolto un ruolo di primo piano. L’importanza della zootecnia,dell’agricoltura di tipo germanico si può cogliere anche visivamente dall’aspetto del paesaggio,poiché qui mancano completamente i terrazzamenti per le colture agrarie. L’agricoltura è praticata a rotazione poliennale,cioè i campi vengono coltivati a cereali solo per due o tre anni,dopo di che i terreni vengono concimati e lasciati a maggese(a riposo) per otto o dieci anni e utilizzati come prati grassi. Nel paesaggio agrario tradizionale,nel piano collinare e montano dominano perciò i prati concimati,mentre i campi coltivati rappresentano solo delle piccole macchie cromatiche nel verde continuo dei prati. È caratteristico il fatto che i terreni diboscati e utilizzati per il pascolo nel Medioevo sono sempre di proprietà privata o consortile. Il sistema di sfruttamento economico è anche differenziato in senso verticale: il maso viene utilizzato per tutto l’anno come luogo di residenza principale,mentre i maggenghi a quota intermedia,vengono utilizzati da 4-6 settimane tra la primavera e l’inizio dell’estate,vengono abitati da alcuni membri della famiglia. In essi si svolgono solo alcune attività e d’estate non vengono perlopiù utilizzati; anche negli alpeggi d’estate lavora solo una parte della famiglia,mentre le occupazioni principali continuano a svolgersi nel maso. In questo modello economico e culturale il carattere nomade dell’agricoltura di montagna risulta molto meno pronunciato. L’unità produttiva nell’area germanica è il singolo maso che viene condotto da una famiglia di contadini e integralmente trasmesso in eredità a un unico erede,con la particolarità che alcuni diritti fondamentali,come il pascolo e lo sfruttamento del bosco,non sono collegati al proprietario ma al maso. Il maso viene ereditato da un solo figlio,i fratelli e le sorelle non sposati vivono spesso nello stesso maso,e ad essi si aggiungono talvolta braccianti e domestiche. Le dimensioni delle aziende agricole possono essere molto diverse: se in molte regioni alpine vi sono piccole aziende,in alcune aree si hanno anche aziende agricole di medie dimensioni. Le valli alpine di cultura romanza mostrano una densità di popolazione 3 o 4 volte superiore rispetto alle valli di cultura germanica.
Hunziker ritiene che gli insediamenti sparsi siano di origine germanica e gli insediamenti accentrati(villaggi) di origine latina,che la costruzione tipo tedesca sia in legno e quella latina in pietra. Weiss elabora,in contrasto con le teorie di Hunziker,il suo approccio funzionalistico,che anziché considerare isolatamente le diverse tipologie di casa rurale e di maso,le inserisce nel contesto del modello economico e delle condizioni naturali.  Egli afferma che la natura determina una forma economica,ma la forma economica lascia la sua impronta sull’uomo. Mentre le teorie etniche sopravalutano l’importanza delle tradizioni culturali e sottovalutano quella della natura,nella teoria funzionalistica avviene il contrario,cioè è la natura a dominare l’uomo. A causa dell’alta densità di insediamento nelle alpi,la transumanza sopravvive solo la dove esistono vasti pascoli d’alpeggio e a condizione che nelle vicinanze non vi siano valli adatte ai insediamenti permanenti,per cui i pascoli non possono essere intensamente sfruttati dalla popolazione locale. Nel 1348 la peste compare per la prima volta nelle alpi e in europa,e l’intero sistema economico e sociale europeo precipita in una profonda crisi. Contemporaneamente inizia a manifestarsi un peggioramento del clima,che porta all’abbandono di una serie di masi d’alta quota e di insediamenti Walser o alla loro trasformazione in insediamenti temporanei. La popolazione nell’area alpina diminuisce,le strutture economiche,sociali,culturali ed ecologiche che si erano formate fino al 1350 riescono tuttavia a superare la crisi e continuano a caratterizzare il territorio alpino. La fase innovativa si apre tra il 1000 e il 1350.

 

4.IL RALLENTAMENTO DEL PROCESSO DI MODERNIZZAZIONE ALL’INIZIO DELL’ERA MODERNA

A partire dalla metà del XV secolo la popolazione di molte regioni alpine riprende ad aumentare,le differenze tra le alpi e li stati che attualmente possiedono una porzione di territorio alpino sono rimaste relativamente modeste fino a circa il 1700,ma a partire da questo momento regioni extra alpine iniziano a crescere a un ritmo notevolmente superiore rispetto alle alpi. Ciò è da ricondurre a diverse cause,che modificano anche in modo profondo le precedenti condizioni medievali. L’impulso verso questa evoluzione giunge dall’esterno: alla fine del medioevo,l’agricoltura dell’europa centrale inizia lentamente a modificarsi,perché l’aumento della densità demografica in campagna e la crescita delle città minano le basi della tradizionale economia autarchica: la crescente domanda di generi alimentari da parte delle città innesca una trasformazione delle aree boschive e a pascolo estensivo in aree a coltivazione intensiva. Si giunge cosi, a un’affermazione della cerealicoltura. In vaste aree in particolare attorno alle grandi città,l’agricoltura si concentra sulle coltivazioni dei campi mentre nelle regioni periferiche le coltivazioni si vanno riducendo di pari passo con lo sviluppo dell’allevamento. I casari guardano dall’alto in basso i contadini e considerano l’agricoltura un’attività servile,mentre il loro lavoro è una libera professione. La trasformazione della caseificazione in attività specialistica determina un grande sviluppo economico nelle regioni interessate che proseguirà fino al XIX sec. In particolare i grandi agricoltori raggiungono un benessere tale da poter competere per ricchezza con molti nobili. Ma lo sviluppo economico procede di pari passo con l’acuirsi dei contrasti sociali. I grandi contadini rinunciano di fatto a un incremento a breve termine dei loro profitti e ,nonostante l’orientamento al mercato della loro produzione,continuano a pensare a lungo termine e a conservare l’impostazione ecologica del loro modello produttivo. Con l’aumento della popolazione si fa più forte la pressione sull’agricoltura per ottenere raccolti più abbondanti e poter nutrire maggior numero di persone. Un’importante innovazione è la graduale conversione dell’alpicoltura dall’allevamento di pecore e capre a quello di mucche e vitelli. L’introduzione del mais e della patata porta ad un aumento notevole e generalizzato dei raccolti. Nell’ambito delle culture agrarie si cerca inoltre di ridurre i periodi di riposo dei terreni necessari per rigenerare la fertilità del suolo oppure di sostituirli con colture temporanee. Anche in questa fase prosegue lo sfruttamento minerario,sostenuto e promosso dai signori feudali per ragioni economiche e militari nel contesto della modernizzazione dell’agricoltura,anche l’artigianato si trasforma: da occupazione sedentaria in numerose regioni alpine diventa un’attività specializzata orientata al mercato e strettamente legata all’agricoltura. Moltissime persone svolgono diverse attività,ma ogni famiglia pratica l’agricoltura,anche se solo in misura limitata e in forma residuale. Il numero delle città alpine già aumentato nel corso del medioevo,riprende a crescere e dopo il 1500 numerose città alpine si sviluppano fino a diventare importanti centri culturali e politici che durante il 1600 si arricchiscono di pregevoli agricolture con grande dispendio dei mezzi;sorgono cosi teatri,biblioteche e istituzioni scientifiche che promuovono la fioritura di una cultura alta nelle alpi. Le città alpine diventano cosi sempre più importanti per lo sviluppo delle alpi. L’importanza e la dimensione di una città nell’era agraria dipende in forte misura dal suo retroterra agricolo: quanto più è densamente popolato e intensamente utilizzato,tanto maggiore è l’importanza della città come centro di mercato e smistamento dei prodotti agricoli. Le città alpine sono in linea di massima svantaggiate;mentre città come milano,torino,stoccarda o lione si trovano al centro di una regione agricola privilegiata, che consente di raggiungere moltissime aziende agricole in un tempo di percorrenza massimo di 4 ore le città alpine sono situate all’interno di lunghe vallate. L’area di gravitazione di una città alpina è quindi in realtà molto più ristretta di quella di una città di pianura di dimensioni simili. A ciò si aggiunge una seconda evoluzione,cioè lo sviluppo territoriale dei paesi europei: i possedimenti feudali del periodo medievale si trasformano gradualmente in territori politici,che inizialmente sono piccoli,ma che poi si accrescono rapidamente fino a diventare nel periodo dell’assolutismo stati territoriali. Le immigrazioni temporanee sono la pratica a cui la popolazione alpina ha da sempre fatto ricorso per ritrovare le ripercussioni negative dell’ambiente naturale o per accedere a fonti di reddito integrative. Anche se la stagione classica per le emigrazioni resta l’inverno,numerose migrazioni si verificano anche l’estate. La gamme delle attività svolte dai lavoratori migranti abbraccia tutti i settori: l’agricoltura e l’allevamento,l’edilizia,l’artigianato e il settore terziario. Attraverso queste innumerevoli immigrazioni gli abitanti delle alpi intrattengono stretti contatti con la realtà extra alpina. Le aree alle quote superiori non possono compiere rilevanti processi di modernizzazione nell’agricoltura e nelle attività manifatturiere e mantengono perciò senza sostanziali variazioni le rispettive strutture agrarie ed economiche di tipo medievale. Solo le aree vallive a bassa quota,riescono a modernizzare le loro strutture economiche e registrano un significativo incremento di popolazione. Anche se spesso inferiore allo sviluppo più dinamico delle regioni extra alpine.

 

5.LA PROFONDA TRASFORMAZIONE DI TUTTI GLI ECOSISTEMI NELL’ERA AGRICOLA

L’ampliamento dei pascoli d’alpeggio verso il basso a spese del bosco deve essere immaginato,almeno nelle fasi iniziali,come un processo spontaneo. Il bosco rappresenta la miglior protezione contro il maltempo o il sole cocente. Infatti le stalle per gli animali sono state introdotte solo nell’epoca moderna. Il pascolo nel bosco ha ripercussioni negative sullo sviluppo della vegetazione. La pratica del pascolo boschivo per un lungo periodo può rendere sempre più difficoltosa la rinnovazione del bosco,fino alla sua scomparsa. Riducendo lo spazio del bosco,si ampliava la superficie dei pascoli,più si scendeva di quota e meglio cresceva l’erba nelle aree diboscate e tanto maggiore risultava essere l’alpeggio. In questo modo si tende ad estendere la superficie dei pascoli verso valle mediante diboscamenti effettuati per mezzo del fuoco. La fascia inferiore situata,spesso all’interno dell’area oggi occupata dal bosco o ai suoi margini,è costituita dai cosiddetti pascoli delle mucche,la zona più fertile ed economicamente più importante dove pascolano le mucche da latte e in cui si produce il formaggio. Al livello superiore si estendono pascoli per manzi e vitelli,cioè per animali senza latte. Nelle regioni dei prati ad alta quota si è verificato un cambiamento a causa della costante azione del pascolo,poiché la regolare brucatura modifica in notevole misura la composizione della copertura erbosa. L’uomo contribuisce anche direttamente a questa evoluzione dissodando le piante più grandi,effettuando sistematici lavori di spietramento,provvedendo all’irrigazione o al drenaggio e migliorando la cotica erbosa mediante la semina nei punti privi d’erba o inserendo zolle d’erba dove il suolo scarseggia,per il miglioramento del suolo utilizza anche la sistematica concimazione con il letame. Per la concimazione, i bovini trascorrono di solito la notte in un luogo fisso e il concime è difficile da trasportare,mentre le pecore possono pernottare ovunque e quindi essere condotte là dove è necessaria la concimazione. I pascoli alpini odierni,sono frutto dell’attività umana. Nel piano colturale della valle gli insediamenti risultano protetti sia dalle inondazioni che dai corsi d’acqua principali,inoltre il sito più elevato rispetto a fondovalle è favorevole alle coltivazioni. I coni alluvionali offrono grandi vantaggi ma presentano anche una minaccia,poiché i torrenti provenienti dalle valli laterali,trascinano a valle parecchio materiale di erosione,ma siccome si tratta di un materiale molto fine si forma un suolo fertile e profondo per le condizioni alpine. Questa dinamica naturale provoca con una certa regolarità eventi calamitosi;se i materiali trasportati durante le piene riempiono il letto del torrente,l’acqua si crea una nuova via di deflusso attraverso un conoide e si riversa nel piano ricoprendolo di materiali detritici. La colonizzazione dei conoidi alluvionali è facilitata dal fatto che qui,per via dell’accumularsi delle colate detritiche,il bosco è meno fitto che altrove. Tutto l’arco alpino è caratterizzato da un fitto mosaico,di aree con pendii scoscesi oppure molto dolci,con suoli profondi oppure praticamente assenti,determinando in buona misura lo sviluppo della vegetazione e le possibilità di sfruttamento umano. Con questi profondi interventi sugli alpeggi e nelle valli,l’uomo nel corso dei millenni ha completamente trasformato gli ecosistemi alpini,ha modificato la distribuzione delle piante e le associazioni vegetali per adattarle alle proprie esigenze e ha cercato di rendere più stabili ed equilibrate le dinamiche dei processi naturali. Queste trasformazioni interessano tutta l’area alpina fino alle zone rocciose e glaciali. Tutta la vegetazione alpina,alla fine viene utilizzata o modificata dall’uomo,solo le regioni rocciose e glaciali che sono ostili alla vegetazione restano escluse. Le diverse forme di utilizzazione presentano anche delle differenze,l’intensità dello sfruttamento nell’area di impronta romanza è maggiore rispetto a quella germanica; i versanti esposti a sud sono sfruttati più intensamente di quelli esposti a nord. Il paesaggio agrario creato dall’uomo costituisce un ambiente ricco di specie,poiché con l’agricoltura l’uomo introduce nelle alpi specie di piante in precedenza sconosciute. Piante come la genziana o la stella alpina.

6.LA STABILITA’  ECOLOGICA DEL PAESAGGIO CULTURALE DELLE ALPI

Il problema principale dell’agricoltura alpina consiste nel fatto che,nel periodo tra il raccolto e il germogliare della nuova semina,il terreno rimane privo della protezione della copertura vegetale;può quindi facilmente innescarsi l’erosione,in particolare tutti i terreni in pendenza. È inoltre importante liberare regolarmente i campi dalle pietre che si staccano continuamente dalla roccia per disgregazione e vengono poi portate in superficie col processo di soliflusso. Senza questi costanti lavori di manutenzione un campo potrebbe essere coltivato solo per pochi anni,dopo di che l’humus sarebbe completamente dilavato e rimarrebbe un suolo molto povero,costituito quasi esclusivamente da pietre. Per quanto riguarda i prati ,vi  sono quelli che presentano una varietà di specie e una fitta copertura vegetale è un prodotto del lavoro umano. Di fondamentale importanza sono anche la frequenza dei tagli e il pericolo in cui si effettuano: se il taglio avviene troppo presto,i semi della vegetazione erbacea non sono ancora maturi,per cui solo le piante a riproduzione vegetativa hanno la possibilità di sopravvivere e si rischia un impoverimento delle specie. Se invece il taglio avviene troppo tardi,il fieno ha scarso valore come foraggio. I tempi di crescita della vegetazione sono diversi a seconda dell’altitudine e del sito,se i tagli sono troppo frequenti la vegetazione rischia di non riuscire a rigenerarsi. Solo tagliando l’erba al momento giusto e con la giusta frequenza si ottiene una copertura erbosa fitta e ricca di specie. Un prato cosi è in grado di immagazzinare molta più acqua e di proteggere il suolo dall’erosione e dalle valanghe molto meglio rispetto a una copertura vegetale incompleta e discontinua. Se l’erba viene falciata almeno una volta all’anno,la copertura vegetale rimane abbastanza fitta e ricca di specie e subisce poche trasformazioni. La falciatura è quindi la forma più semplice ed efficace di cura del paesaggio. Nelle alpi i prati vengono tradizionalmente suddivisi in grassi e magri,cioè in prati concimati con escrementi di animali e non concimati. I prati più ricchi di specie sono quelli più magri. Per ciò che riguarda i pascoli,la capacità di rigenerazione della copertura erbacea è minacciata da due situazioni contrapposte,il pascolo eccessivo e la sottoutilizzazione. Il pascolo eccessivo è causato da un numero troppo elevato di animali su un pascolo. Ma anche la situazione opposta,cioè un numero insufficiente di animali,con conseguente sottoutilizzazione del pascolo,comporta una serie di problemi. Solo se una determinata superficie di pascolo viene utilizzata dal giusto numero di animali,la vegetazione ha la possibilità di rigenerarsi bene e di formare una copertura erbacea fitta e ricca di specie. Anche il fatto che il pascolo sia utilizzato da diverse specie animali riveste un’importante funzione ecologica,poiché ciascuna specie ha i propri gusti alimentari e predilige o disdegna determinate piante erbacee. Nel medioevo vengono effettuati alcuni contratti d’alpeggio che nella maggior parte dei casi mirano a evitare un eccessivo sfruttamento dei pascoli. Bisogna mantenere un rapporto equilibrato in modo che la produzione di fieno nei prati corrisponda alla disponibilità di pascoli estivi. Nelle alpi di cultura romanza,il bosco occupa modeste superfici e i boschi d’alto fusto si sono conservati quasi solo nei siti in cui erano indispensabili a scopo di protezione. Nell’aerea invece germanica sono stati dissodati meno boschi e anche il ceduo è molto meno diffuso,mentre assumono una notevole importanza la gestione dei boschi ad alto fusto e la caccia praticata dai grandi proprietari terrieri. I contadini di montagna praticano il prelievo di singoli alberi in modo da preservare la funzione protettiva del bosco. Gli interventi dell’uomo contribuiscono cosi a indirizzare il bosco verso una struttura nella quale sono presenti alberi di tutte le classi di età. Infatti con il prelievo selettivo degli alberi si evita il deperimento della copertura forestale. Vi sono in sostanza 4 principi mediante i quali l’uomo cerca di rendere più stabile il paesaggio culturale da lui prodotto: un’attenta scelta delle aree da trasformare in terre coltivate e l’accurata valutazione delle superfici che meglio si adattano a quale utilizzo; la marcata articolazione microspaziale dell’ambiente naturale alpino nella concreta definizione delle forme di sfruttamento;pratiche colturali adeguate alle condizioni locali,ovvero l’individuazione della giusta misura nello sfruttamento della natura;dispiegamento di notevoli energie per lavori di ripristino e manutenzione. Ciò significa che attraverso questi 4 principi l’uomo deve dare al paesaggio culturale quella stabilità ecologica di cui esso è per sua natura privo. Il paesaggio culturale delle alpi è quindi un ecosistema fragile che deve essere sistematicamente stabilizzato attraverso il lavoro dell’uomo. L’uomo ha bisogno di un contesto ambientale stabile,una produzione durevole nel tempo è possibile solo mediante la riproduzione del paesaggio culturale,cioè il suo costante ripristino e consolidamento. L’uomo a partire dall’epoca dei raccoglitori-cacciatori non è più in grado di utilizzare direttamente la natura,ma solo la natura lavorata e trasformata dall’uomo rappresenta per cosi dire il fondamento naturale della sua vita e della sua attività economica. Il paesaggio culturale ha molteplici significati e deve essere inteso come concetto multifunzionale: la lavorazione e trasformazione della natura a opera dei contadini crea non solo aree per l’attività economica e la stabilità ecologica,ma genera anche le infrastrutture di base,mette a disposizione i presupposti per altre forme di sfruttamento ed è portatrice di una forte coesione regionale. La natura fornisce all’uomo i criteri in merito alla questione in che modo dovrebbe essere praticata la forma di sfruttamento prescelta. Perciò non ci può essere una forma conforme alla natura,ma un ampio spettro di forme di sfruttamento che possono essere compatibili con la natura. Nel confrontarsi con l’ambiente alpino con la storia e la sua cultura l’uomo sviluppa nuove forme di utilizzazione e nuove attività,le quali infrangono i precedenti limiti di utilizzo e dischiudono all’uomo nuovi spazi e nuove possibilità. I diversi utilizzi si possono riassumere in: caccia e raccolta,transumanza,agricoltura di montagna di tipo romanzo,di tipo germanico,economia dei masi d’alta quota e dei walser. In questi 5 sistemi economici risulta particolarmente significativo lo stretto rapporto tra natura e forma di sfruttamento economico,ogni singolo sistema economico utilizza determinati spazi o tempi,ma ciascuno ha un proprio limite di utilizzo,che gli appare come un limite naturale. Per agricoltura autarchica si intende,il praticare nello stesso tempo l’agricoltura e l’allevamento. Queste due forme economiche richiedono condizioni climatiche molto differenti.

 

7.PRESUPPOSTI CULTURALI E POLITICI PER UNO SFRUTTAMENTO SOSTENIBILE DELLA NATURA NELL’ERA DELL’ECONOMIA AGRICOLA

Mentre nell’odierna società dei servizi è del tutto scontato che la maggior parte degli uomini si comporti in modo egoistico,ciò non avviene nelle società contadine tradizionali in cui la singola persona non conosce il moderno individualismo,ed è cosi fortemente inserita nelle strutture familiari,del maso e comunali che tutte le sue attività si esauriscono all’interno di quelle. Le esperienze contadine derivate dal rapporto con la natura,cioè la conoscenza della violenza distruttiva sempre presente nei processi naturali,di fronte ai quali un singolo individuo abbandonato e indifeso e dai quali si può difendere solo insieme ad altri uomini. E poiché le strutture sociali sono estremamente deboli e fragili in rapporto alla natura,esse devono essere assolutamente sostenute e rafforzate da ogni singolo individuo. Per questo la famiglia o il maso è sempre più importante della singola persona. Le esperienze contadine derivate dal rapporto con la natura,cioè la conoscenza della violenza distruttiva sempre presente nei processi naturali,di fronte ai quali un singolo individuo è abbandonato e indifeso e dai quali si può difendere solo insieme ad altri uomini. Il contadino è libero di agire autonomamente il suo comportamento è influenzato dal dovere morale e culturale nei confronti del maso. Nel quadro del villaggio alpino accentrato,dove la fattoria non riveste alcun ruolo particolare e la singola famiglia dipende dai terreni comunali,sono gli statuti comunali a svolgere una funzione ecologica di primo piano. Nel corso degli anni vengono svolti importanti lavori in collaborazione e quindi in questo caso marcate differenze tra famiglie costituirebbero un elemento di disturbo. Perciò queste società contadine sono caratterizzata dalla rinuncia all’individualismo familiare e dall’accentuazione del senso di comunità e di uguaglianza. Il sistema comunale presenta il vantaggio che tutti i membri della collettività sono soggetti agli stessi diritti e doveri,e lo svantaggio dello scarso valore dell’individualità della famiglia rispetto alla comunità. Il sistema del maso ha il vantaggio di promuovere il senso di responsabilità personale e lo svantaggio che solo una minoranza ne sono partecipi. Nel sistema del maso è relativamente facile mantenere costante il numero degli abitanti poiché i masi non possono essere divisi nella successione,per cui il numero dei masi no può aumentare. Nel sistema del comune ogni figlio o figlia ha il diritto di fondare una propria famiglia,per cui il numero delle nascite è potenzialmente molto alto. Con l’aumentare degli abitanti si riduce la dimensione della proprietà familiare,finchè non è più sufficiente sfamare una famiglia.
La storia politica delle alpi nell’era dell’economia agraria è caratterizzata dall’eterna battaglia della popolazione alpina per le proprie libertà. Queste libertà,iniziano a delinearsi nel Medioevo e sono caratterizzati da un gran numero di singoli privilegi e autonomie. Le autonomie nelle regioni alpine di antico insediamentoà consiste nel fatto che le società contadine esistevano già prima dell’instaurarsi delle signorie feudali nel primo Medioevo,per cui le strutture feudali non riescono a imporsi e devono quindi riconoscere i diritti di autogoverno locali. Vi sono poi le autonomie cittadine,i privilegi accordati per garantire la sicurezza dei valichi in quanto il controllo dei valichi alpini assume una grande importanza politica,i privilegi dei coloni che ottengono dai feudali determinati privilegi come contropartita per il faticoso lavoro di rendere coltivabili terre in precedenza mai sfruttate nelle forme e strutture prestabilite dai signori feudali. Nell’area alpina vengono favorite 4 diversi tipi di autonomie alpine; l’autonomia familiare di cui fa parte la struttura della famiglia; l’autonomia comunale,la struttura di riferimento è il comune;l’autonomia regionale,la struttura di riferimento è un ambito territoriale omogeneo dal punto di vista ambientale e storico-culturale,le cui componenti si uniscono a costituire una struttura politica unica;l’autonomia sovra regionale,poiché il fondamento delle libertà alpine è l’organizzazione autonoma della vita e dell’economia nell’ambito della famiglia,del maso e del comune.  Nelle alpi inizia a delinearsi la formazione di entità territoriali libere a carattere sovra regionale come gli stati di valico: sulla base di diverse libertà o della loro ingegnosa combinazione e dell’importanza economica dei traffici attraverso i passi,in tutto il territorio alpino si sviluppano strutture politiche sovra regionali con l’obiettivo di organizzare autonomamente la vita e l’economia.
Anche se i presupposti per un’economia sostenibile nell’ambito della società agricola sembrano in linea di massima positivi,anche in quest’epoca nelle alpi si verificano notevoli distruzioni ambientali: 1. prima colonizzazione di una regione alpinaà quando l’uomo colonizza per la prima volta una regione alpina come spazio economico o insediativo,può provocare notevoli distruzioni ambientali;2.profitti estremamente elevatià l’estrazione di oro,sale e diversi minerali procura di solito profitti molto elevati rispetto a quelli derivanti dall’agricoltura,e nello stesso tempo richiede ingenti quantità di legname; 3.forte pressione fiscale a breve termine dei singoli feudalià alcuni di essi si comportano in modo completamente diverso,cercando di ottenere grandi guadagni territoriali,economici o politici con brevi azioni militari; 4.saccheggi dei signori feudali in regioni straniereà se nel corso di una guerra viene conquistata una regione straniere,ce un forte rischio che questa regione venga saccheggiata dal punto di vista economico e devastata da quello ecologico.
Le maggiori devastazioni sono sempre attaccate alle guerre condotte in tutti i piani altitudinali delle alpi,si abbattono i boschi di protezione per ricavare legname per le fortificazioni,si danneggiano e rendono inutilizzabili canalizzazioni,terrazzamenti per la coltivazione della vite e alpeggi. Si può affermare che nell’era dell’economia agricola l’uomo ha provocato rilevanti distruzioni ambientali nella alpi. Gravi danni ambientali vengono provocati da un lato dalle attività che promettono grandi ricchezze in breve tempo  e dall’altro dalle azioni dei capi e militari che si pongono obiettivi a breve termine oppure si trovano nella necessità di agire.

 

8. L’IRRUZIONE DELLA SOCIETA’ INDUSTRIALE NEL TERRITORIO ALPINO

La rivoluzione industriale modifica le strutture economiche e sociali e il rapporto dell’uomo con l’ambiente e lo spazio in modo cosi profondo e radicale,che il passaggio dalla società agricola a quella industriale può essere paragonato solo al passaggio dalla società dei raccoglitori a quella agricola. La trasformazione socio-economica dalla rivoluzione industriale si afferma e si diffonde nello spazio di pochi decenni. Dal momento che i costi di produzione sono tanto più bassi quanto più aumenta la quantità prodotta,le attività si concentrano in piccole località,città e distretti industriali ben collegati,che registrano un forte incremento della popolazione. Nella società industriale,o si pratica uno sfruttamento molto intensivo o si rinuncia a qualunque forma di utilizzazione. Entrambe le soluzioni provocano profondi mutamenti e problemi ecologici: nelle aree a sfruttamento intensivo la natura viene trattata come materiale da utilizzare e sfruttare a piacimenti,nelle aree non utilizzate,l’abbandono delle attività agricolo-forestali porta al graduale inselvatichimento dei paesaggi un tempo antropizzati e al progressivo ritorno del bosco.
Le alpi ostacolano un precoce sviluppo industriale per 4 motivi: la disponibilità delle risorse,l’accessibilità,la situazione politica che intorno al 1760 è caratterizzata da una grande differenziazione in spazi molto ristretti,la mentalità in quanto nonostante l’etica protestante delle città svizzere questa non penetra nelle alpi. Questa mentalità promuove una forte dinamica proto industriale,e cioè un aumento della divisione del lavoro,la diminuzione dell’economia di sussistenza,lo stretto intreccio fra agricoltura e manifattura e fra città e campagna,fioritura della scienza e tecnologia,la nascita di un’epoca di lavoro capitalistica. Il primo impulso allo sviluppo scaturisce da eventi politici a partire dal 1797 quando Napoleone conquista in poco tempo tutto l’arco alpino,smantella le tradizionali strutture di governo e impone nuove entità politico-territoriali. La fine di questa fase arriva con la sconfitta militare dello stesso e il congresso di Vienna nel 1815. il secondo impulso è ancora da ascrivere a un provvedimento di ordine politico e si tratta dell’abolizione del dominio feudale,cioè della liberazione dei contadini dalla servitù della gleba,questo significa una trasformazione fondamentale di tutte le strutture del quotidiano;il signore feudale perde la sua posizione dominante e diventa il grande contadino,i contadini ricevono a titolo di proprietà privata la terra in precedenza avuta in gestione dal feudatario ma nella maggior parte dei casi devono versare al proprietario terriero una sorta di risarcimento,questi diventano imprenditori autonomia e devono pagare le tasse,sono obbligati a vendere sul mercato una parte del loro raccolto e ciò indebolisce l’economia di sussistenza. Il terzo decisivo impulso si colloca intorno al 1880,quando la società industriale inizia a penetrare direttamente nel territorio alpino e a modificarlo con alcune modalità,come la costruzione di ferrovie attraverso le alpi,la realizzazione di stabilimenti industriali,lo sviluppo del turismo questo infatti è collegato alla rivoluzione industriale,il decremento demografico.
I prodotti industriali grazie ai loro bassi prezzi provocano un rapido crollo della domanda di tutti i prodotti tradizionali,con la conseguenza di mandare ben presto in rovina queste attività economiche. Le alpi furono colpite nei settori dell’attività mineraria preindustriale,il tradizionale trasporto con animali da soma,il tradizionale artigianato rurale,le attività manifatturiere tradizionali e l’agricoltura tradizionale del 1880. A causa di questa evoluzione le alpi svalutano in modo progressivo e generalizzato come spazio economico e la loro base economica è caratterizzata in modo sempre più forte da un’agricoltura sempre più debole. La svalutazione economica e nello stesso tempo socioculturale delle alpi porta a una consistente emigrazione. I fattori che spingono a emigrare sono la situazione economica e le condizioni sociali e culturali delle alpi,le forze di attrazione sono la grande offerta di posti di lavoro e le nuove opportunità personali nelle città industriali in rapida crescita. Inoltre altro fattore importante della società industriale nelle alpi è anche la rivalutazione economica delle regioni dotate di buoni collegamenti ferroviari,soprattutto dei bassi fondovalle in prossimità del margine alpino e delle grandi valli longitudinali entro alpine attraversate dalle linee ferroviari di transito. In queste regioni prosegui lo sviluppo economico e demografico iniziato nel periodo della proto industrializzazione. Ad approfittarne di più sono le città alpine dotate di collegamenti ferroviari,che vivono di una fase di notevole crescita. Con la comoda accessibilità delle alpi per mezzo della ferrovia si creano anche i presupposti materiali per un turismo economicamente rilevante e con un elevato numero di turisti basato sull’infatuazione estetica per le alpi.

9. L’AGRICOLTURA NELLE ALPI: INDISPENSABILE,MA SENZA FUTURO?

Questa situazione ha effetti pesantemente negativi per l’agricoltura di montagna per 5 motivi: per la brevità del periodo vegetativo,per il rilievo e la topografia richiedono una quantità di lavoro molto maggiore rispetto alla pianura e impediscono spesso un efficiente utilizzo delle macchine,a causa della limitata importanza dell’agricoltura di montagna nell’economia di mercato le strutture agricole vengono di rado modernizzate,per l’agricoltura moderna un’importante fattore è costituito da un’accessibilità facile e a basso costo per il trasporto,le alpi offrono raramente questo requisito,l’agricoltura di montagna deve garantire la stabilità ecologica delle superfici utilizzate dall’agricoltura,il che comporta costi aggiuntivi. La coltivazione dei campi,che in molti luoghi delle alpi può essere praticata solo a prezzo di grande fatica a causa dell’eccessiva umidità,altitudine o acclività dei terreni,già nel periodo preindustriale produceva un guadagno esiguo in rapporto al lavoro necessario. Viene colpita soprattutto l’aerea di tipo romanza,in cui l’agricoltura occupa una posizione di primo grado. Ben diversa è la situazione nell’area di cultura germanica,nel settore della zootecnia,le differenze di produttività tra le regioni più favorite d’Europa e le alpi sono state a lungo cosi basse che molte aziende agricole di montagna sono rimaste abbastanza competitive per decenni. L’agricoltura dell’area romanza è ulteriormente svantaggiata dalla politica dei rispettivi stati,mentre quella germanica viene ulteriormente favorita. La diminuzione delle aziende agricole e della superficie coltivata è più marcata nella regione alpina di cultura romanza rispetto a quella germanica. In entrambe è tuttavia presente un importante elemento comune: i contadini che non se ne vanno ma restano nelle alpi continuano a pensare e ad agire in modo non economico in termini di economia aziendale,cercano di mantenere in vita la propria attività agricola. La modernizzazione rallenta l’agricoltura di montagna che viene avvertita dai turisti provenienti dalle città come sopravvivenza di costumi e di attività arcaiche. Vi sono inoltre le 4 fasi del declino: l’abbandono delle cosiddette aree agricole marginali,le aree marginali sono terreni che danno un raccolto cosi scarso che in una prospettiva economica il loro sfruttamento non ha alcun senso; il ripiegamento sui settori di base dell’agricoltura,l’agricoltura preindustriale disponeva di una gamma di prodotti molto ampia per far fronte all’autoconsumo,che con l’avvento della società industriale si riduce sempre di più,perché molti prodotti possono essere acquistati sul mercato a un prezzo cosi basso che produrli in proprio non solo non è più conveniente ma perde anche la sua giustificazione culturale; l’abbandono della coltivazione dei campi,a metà degli anni ’60 la coltivazione dei campi viene abbandonata in tutta l’area alpina. L’abbandono delle coltivazioni ha conseguenze di vasta portata: in seguito a ciò,si rendono disponibili per la produzione foraggiera terreni produttivi e facilmente accessibili,il che permette di rinunciare all’utilizzo dei prati da sfalcio d’alta montagna o difficilmente accessibili. Le conseguenze dell’abbandono della coltivazione dei campi sono completamente diverse nella regione di cultura romanza e in quella germanica:nella regione romanza sono interessate grandi estensioni,parte delle quali non possono essere utilizzate per la produzione di fieno a causa dell’eccessiva aridità e sono perciò destinate a diventare superfici incolte. Poiché per tradizione in queste zone l’allevamento non svolge un ruolo di primo piano,l’abbandono delle colture porta alla nascita di aziende che esercitano l’allevamento come un tempo senza modernizzarlo radicalmente. Gli incrementi della produttività cosi raggiunti,insieme alla cessazione definitiva di diverse aziende e all’introduzione delle incentivazioni per l’agricoltura di montagna,consentono a queste aziende di sopravvivere nonostante un quadro congiunturale sfavorevole. Le aziende agricole tradizionali sono oggi in gran parte scomparse,il che si traduce in un numero di aziende particolarmente basso. Le aziende rimaste si dedicano a colture agrarie altamente specializzate di stampo industriale,mentre quelle di montagna praticano l’allevamento del bestiame in forma molto estensiva con un numero di capi alto. Le aziende che di gran lunga se la cavano meglio a livello alpino continuano a diminuire senza che si riesca a intravedere una soglia minima.
Gli ampi fondovalle a bassa quota delle zone asciutte entro alpine costituiscono aree particolarmente favorevoli per l’agricoltura,il cui moderno sfruttamento non viene in pratica ostacolato dalle strutture tradizionali. Dopo la II guerra mondiale in queste zone si sono sviluppate produzioni agricole altamente specializzate. Queste aziende hanno a lungo praticato con successo la strategia di produrre in quantità molto elevate e a prezzi bassi,anche se ciò ha comportato gravi danni ambientali. Nelle alpi italiane le piccole aziende frutticole,viticole e orticole dei fondovalle nel 1992 producevano già più della metà del valore aggiunto prodotto in tutte le aree a prato,pascolo e alpeggio nelle alpi italiane. Accanto alla concentrazione dell’agricoltura nei fondovalle a bassa quota e negli alpeggi più idonei c’è un’altra attività che in futuro potrebbe diventare importante,un’agricoltura praticata come hobby durante il tempo libero. Il fattore principale consiste nello svolgere un’attività che abbia un senso,stare a contatto con la natura,nel contesto moderno questo hobby potrebbe registrare una crescita notevole in tutto l’arco alpino. L’obiettivo di questa attività non ha praticamente più nulla a che vedere con la vera agricoltura. Il tracollo dell’agricoltura rappresenta qualcosa di molto più importante della semplice scomparsa di un singolo ramo di attività economica: con essa scompare anche il paesaggio culturale,si perde il carattere delle alpi come paesaggio sul quale l’uomo ha impresso la sua impronta a tappeto,il che comporta conseguenze di ampia portata sul piano economico,ecologico,estetico,infrastrutturale e culturale. L’agricoltura nelle alpi è ancora oggi caratterizzata da situazioni molto diverse,ci sono ancora molti agricoltori di una certa età che lavorano secondo le regole e le esperienze ecologiche dei loro antenati,ci sono ancora consistenti forze che si oppongono allo sviluppo moderno.

 

10. L’INDUSTRIA: UN’ATTIVITA’ ECONOMICA SOTTOVALUTATA NELLE ALPI

La localizzazione degli stabilimenti industriali nelle alpi è dovuta a 5 fattori. L’eccedenza di forza lavoro;la presenza di giacimenti di minerali,dalla metà degli anni ’80 queste industrie entrano in una profonda crisi per la loro localizzazione periferica;lo sfruttamento dell’energia idroelettrica,le fabbriche devono insediarsi nelle mediate vicinanze degli impianti idroelettrici;scopi politici,negli anni ’30 Mussolini promosse l’insediamento di grandi stabilimenti industriali nelle regioni alpine con forte presenza di minoranze linguistiche allo scopo di italianizzarle;carenza di forza lavoro,con il miracolo economico del dopo guerra e con la piena occupazione in tutta europa,la forza lavoro diventa carente e ostacola l’espansione produttiva nei centri industriali. Diverse valli alpine si aprono allo sviluppo industriale e con ciò molti impianti industriali vengono costruiti ben all’interno delle alpi. Rimangono localizzati nelle grandi valli longitudinali e trasversali dotate di buone comunicazioni,senza penetrare nelle regioni di montagna vere e proprie. Tra il 1980 e il 1985-89,la crisi dell’industria raggiunge il territorio alpino e porta alla perdita di numerosi posti di lavoro. I comuni che in questo periodo non riescono a creare nuovi posti di lavoro nel settore dei servizi perdono una parte dei loro abitanti perché costretti ad emigrare. Il decremento demografico diventa sempre maggiore tra il 1980 e il 2000 su tutto l’arco alpino,il declino dell’agricoltura di montagna o lo spopolamento delle valli alpine trova una grande risonanza nell’opinione pubblica,questo processo di deindustrializzazione,non viene percepito al di fuori del territorio alpino,tanto che è quasi impossibile comunicare questo fenomeno a un ampio pubblico,poiché nell’immaginario collettivo nelle alpi non c’è spazio per l’industria. Le nuove possibilità tecnologiche vengono accolte con euforia nell’era romanza. Nell’era germanica,invece, si mantiene un atteggiamento molto più prudente verso questi nuovi sviluppi facendoli tuttavia oggetto di dettagliate ricerche sociologiche. I risultati sono evidenti,nelle zone propriamente di montagna le nuove possibilità tecnologiche sono poco utilizzate. A ciò si aggiungono le classiche economie di urbanizzazione che nell’epoca di internet non perdono assolutamente la loro importanza.
La struttura “fordista” è caratterizzata dal modello dello stato sociale con un’alta concentrazione spaziale di lavoratori e servizi sociali di base capillarmente diffusi. Questa struttura inizia a disintegrarsi negli anni ’80 in modo accentuato negli anni 1989 e viene poi sostituita alla struttura postfordista in cui lo stato e l’economia cooperano in modo nuovo,meno legato ai principi dello stato sociale. La struttura economica postfordista si distingue per il fatto che le imprese molto grandi,strutturate in modo gerarchico e poco flessibile,perdono terreno,mentre le reti regionali di piccole e medie imprese diventando sempre più importanti e sono quindi più competitive delle grandi aziende. La perdita di occupazione nell’industria è particolarmente grave,perché si tratta di posti di lavoro annuali e non stagionali che a volte richiedono una qualificazione elevata. L’industria è dunque da una trentina d’anni una componente consolidata delle alpi,sia dal punto di vista economico che socioculturale. Per il suo rafforzamento futuro,occorre risolvere due problemi specifici,il suo impatto ambientale e il fatto di essere guidata dall’esterno.

11. IL TURISMO: SETTORE IMPORTANTE,MA NON DOMINANTE,NELLE ALPI

Il fondamento del turismo si sviluppa nel contesto della rivoluzione industriale con esplicita rivalutazione culturale del rapporto uomo-natura. Vi sono sei fasi che caratterizzano il turismo: la fase di scoperta durata dal 1765 al 1880,in questa fase ben pochi turisti visitano le alpi e un soggiorno alpino rappresenta più un’avventura che una vacanza riposante. Le infrastrutture turistiche sono estremamente modeste. La seconda fase è caratterizzata dalla fase della belle époque che va dal 1880 al 1914,porta alla prima fase di espansione e sfruttamento turistico delle alpi,di cui il collegamento ferroviario costituisce il fondamentale presupposto. In rapporto al successivo turismo di massa il numero dei turisti su tutto l’arco alpino è invero modesto,si sviluppa un’intensità turistica che non si discosta molto da quella degli anni ’70 e ’80. i simboli delle infrastrutture appositamente realizzate per il turismo sono gli enormi Hotel-palazzo o Grand Hotel,allora i più grandi edifici civili delle alpi,le funicolari,le ferrovie sono a percorsi ridotti,nel corso degli anni ’70 saranno poi costruite funivie che portano ad altitudini superiori. Con le infrastrutture come il Grand Hotel o il palazzo si afferma per la prima volta un’autonomia architettura turistica,che si orienta a uno stile di vita aristocratico. Le ferrovie d’alta montagna fanno nascese una nuova percezione estetica del paesaggio alpino. Per il turismo della belle époque vengono dotati di infrastrutture quei luoghi,dai quali il paesaggio alpino si può ammirare come su un palcoscenico. In quest’epoca,su tutto il territorio alpino sorgono circa un centinaio di località turistiche,l’80% in Svizzera. La terza fase è caratterizzata tra le due guerre e fino al 1955 si assiste al rapido tracollo del turismo della belle époque e alla successiva,lenta ripresa in nuove strutture. Gli hotel vengono rimpiazzati dai piccoli alberghi,da camere affittate presso privati e appartamenti per le vacanze. Se quello della belle époque era un turismo prettamente estivo,il soggiorno invernale viene scoperto attorno al 1890 ma rimane marginale fino al 1914,intorno al 1935 sorgono i primi skilift. Questa fase è inoltre caratterizzata da un’importante innovazione,cioè la costruzione di funivie tra il 1924-1940. La quarta fase è la situazione d’oro del turismo alpino tra il 1955 e il 1985,porta allo sviluppo del turismo di massa,a cui partecipano anche i ceti inferiori. Per primo fa la sua comparsa il turismo di massa estivo,intorno al 1955,le infrastrutture chiave sono le camere affittate da privati,le pensioni,i piccoli alberghi,i sentieri escursionistici e alcune funivie per rinomati punti panoramici. Il turismo di massa invernale inizia intorno al 1965 e registra un elevato e costante tasso di crescita fino al 1985,per cui numerosi comuni si sviluppano come località a doppia stagione. Le infrastrutture chiave sono grandi alberghi situati nel segmento di mercato elevato. A causa degli alti costi di tali infrastrutture,molte piccole località possono partecipare solo molto marginalmente allo sviluppo turistico invernale e i pernottamenti si concentrano gradualmente nelle stazioni sciistiche più grandi. In questa fase,il turismo estivo presenta ancora caratteristiche tradizionali,cioè si configura nell’ambito dell’ammirazione estetica delle alpi propria del XVIII e del XIX sec. Questa si manifesta in attività tranquille e contemplative,quali facili escursioni e passeggiate,o in un elevato apprezzamento del paesaggio culturale contadino e dei contatti sociali con i locali. In conseguenza di tale atteggiamento,spesso gli ospiti si recano anno dopo anno nelle stesse località,negli stessi alberghi e dalle stesse famiglie ospitanti,presso le quali ci si vuole sentire come a casa propria. Il turismo invernale ha un’impronta moderna sin dall’inizio ed esprime il nuovo valore del tempo libero nella società dei servizi,al posto dell’ammirazione sostanzialmente passiva del bel paesaggio,subentra l’attiva esperienza fisica e corporea dello sci in discesa,ci si diverte a scendere più volte al giorno le stesse piste,subentra anche il fascino di conoscere gente nuova,con lo stesso stile di vita,sulle piste,in discoteca,nei pub. In tal modo il paesaggio diventa solo uno sfondo,una scenografia teatrale e le alpi un’attrezzatura sportiva funzionale alla produzione di sensazioni fisiche. La quinta fase è caratterizzata dalla stagnazione che va dal 1985-1999,i pernottamenti d’inverno continuano ad aumentare,mentre l’estate i pernottamenti continuano a diminuire. Poiché in questo periodo il turismo al di fuori delle alpi continua a crescere,ciò significa che il turismo alpino perda la sua quota di mercato. Si procede cosi al miglioramento degli impianti in salita,che aumentano la capacità di trasporto nei bacini sciabili esistenti. Di conseguenza il turismo alpino si trasforma da mercato di rialzo al mercato di ribasso,chi compra ha una posizione dominante nel mercato,poiché l’offerta è molto più alta della domanda. D’inverno le variazioni sono relativamente modeste,mentre d’estate si verifica un cambiamento fondamentale poiché in questa stagione si afferma una vacanza attiva e sportiva. Ciò porta però alla richiesta di particolari impianti e infrastrutture tecniche. Con quest’evoluzione il turismo alpino si ritrae dalla natura e dal paesaggio sia d’inverno che d’estate. Alla fine di questo sviluppo dovrebbero coerentemente essere creati grandi parchi alpini per il tempo libero. La sesta fase è quella dello sfruttamenti di nuove aree che inizia nel 1999 e attualmente non è ancora ben delineata. La pressione sempre più forte della concorrenza tra le alpi e le altre situazioni turistiche all’interno dello stesso territorio alpino. Il quadro d’insieme delle sei fasi del turismo prescinde dalle diverse sfaccettature regionali del territorio. I diversi modelli di turismo hanno condotto 4 mercati turistici,che differiscono fra loro in modo significativo per la struttura dell’offerta e per la domanda. 1- alpi bavaresi,austriache occidentali e sudtirolà questo mercato è dominato da ospiti tedeschi. L’austria dal 1955 promuove uno sviluppo turistico diffuso sul territorio,favorendo l’affitto di camere da privati. In baviera al turismo alpino interno molto forte si sovrappone il turismo di prossimità e quello legato all’escursionismo giornaliero dall’agglomerato urbano di Monaco di Baviera ,cosicché si sviluppa un’elevata intensità turistica capillarmente diffusa sul territorio. In Sudtirolo il mercato turistico è caratterizzato da una struttura dell’offerta basata su piccole aziende,uno sviluppo scarso di strutture imprenditoriali legate a seconde case,e un turismo a connotazione endogena. Quasi tutti i villaggi periferici e tutte le valli laterali di questa regione hanno un’offerta turistica e le grandi stazioni turistiche hanno di solito meno di 10000 posti letto,sono cioè relativamente piccole in confronto a livello alpino ma nello stesso tempo si distinguono per un’offerta alberghiera più elevata della media. 2. alpi svizzereàsi tratta del più antico mercato turistico alpino,tanto che al di fuori delle alpi viene spesso ancora identificato con le alpi per antonomasia. Per la sua lunga tradizione turistica,questo mercato è quello meno dominato da un’unica nazione. Per questo motivo il settore alberghiero è fortemente caratterizzato da strutture imprenditoriali. La diffusione a partire dalla metà degli anni ’60 della proprietà condominiale ha favorito presto un’intensa attività edilizia per la costruzione di grandi complessi immobiliari,situati in un numero limitato di località e sostenuti e controllati dalle grandi banche. I maggiori centri turistici si possono suddividere in due tipi molto diversi: da un lato le famose località della belle époque e dall’altro le località turistiche recenti e meno conosciute. Accanto a queste due tipologie ci sono anche piccoli centri turistici con una struttura e uno sviluppo endogeni,ma in Svizzera questi sono meno numerosi rispetto al primo mercato turistico. 3. le alpi italianeà questo mercato è dominato per il ’60 e ’70 % da ospiti italiani,mentre gli stranieri si concentrano nelle dolomiti,nella valle d’aosta in val di susa e livigno. L’idea è quella di realizzare un centro di sport invernali di primo ordine importante anche per la villeggiatura estiva e l’alpinismo,e a tale scopo,tra il 1936-38 si costruisce la funivia in tre tronchi e oltre una decina di alberghi e pensioni per circa 500 posti letto e alcune ville. Il grande sviluppo turistico e le devastazioni urbanistiche si avranno tuttavia nel dopoguerra. Lo sfruttamento turistico delle alpi italiani è sostenuto in gran parte dal capitale delle grandi città italiane e assume una connotazione esogena. Poiché lo stato italiano non è capace di guidare il processo di una pianificazione territoriale o regionale esso si sviluppa in modo piuttosto caotico e selvaggio. In questo contesto le tangenti e i capitali della mafia svolgono una funzione non trascurabile e questo spiega investimenti in località che al comune appaiono assurdi ma che rispondono ad una logica completamente diversa. 4. alpi francesià questo mercato è quello più fortemente dominato dal turismo interno di cui l’area metropolitana di Parigi con i suoi 12 milioni di abitanti rappresenta di gran lunga la principale regione di provenienza. Nel dopoguerra, lo sviluppo turistico è stato programmato dallo stato centralistico su basi sistematico-razionalistiche. Le caratteristiche di fondo delle località della Francia sono l’assenza di una precisa strategia di sviluppo,la pluralità degli stili architettonici,l’espansione continua e in ogni direzione,la presenza di una comunità locale che ha svolto un ruolo importante nella promozione e nella gestione dello sviluppo turistico. L’aspetto urbanistico è in genere composito. Le stazioni della seconda generazione sono invece delle creazioni recenti in siti vergini ed altitudini elevate delle quali l’antesignana può essere considerata Courchevel promossa nel 1946. La maggior parte delle stazioni della seconda generazione si sviluppano in modo spontaneo e disordinato con un intervento pubblico che si limita agli impianti di risalita o alla strada d’accesso e con molteplici iniziative private,ma senza una vera e propria pianificazione. Le stazioni di terza generazione sono le cosiddette stazioni integrate nascono a partire dal 1962 queste sono accuratamente pianificate. Si definiscono dunque integrate perché tutte le attività sono portate avanti e gestite da un’unica impresa,per cui il promotore della stazione non si limita a pianificare e lottizzare ma ambisce a costruire e vendere un prodotto finito. Dal punto di vista architettonico,le stazioni integrate sono caratterizzate da una notevole unità stilistica e da strutture altamente funzionali come i complessi costruiti in altezza per risparmiare spazio o appartamenti dati in affitto su basi imprenditoriali. La Plage ha fatto scuola tra le stazioni integrate,si tratta infatti di una stazione lineare. Attorno alla Plage sono sorte con il tempo varie stazioni satelliti, che con la loro architettura e il loro tessuto urbanistico anticipano il filone delle cosiddette stazioni di quarta generazione. Altro modello può essere considerato les Saisies,stazione situata presso l’omonimo valico da tempo frequentato per lo sci di fondo. Essa si compone essenzialmente di chalet in legno a bassa densità che richiamano il modello della prima Méribel,orientato però nel senso di un’esteriore ruralità di tipo svizzero. Dal 1985 si sviluppa la quarta generazione che attua esemplarmente il passaggio da una struttura fordista a una postfordista,non si costruisce nessuna nuova stazione ma complessi complementari in stazioni già esistenti di dimensioni piccole. Viene creato un villaggio idilliaco,con la piazza del mercato,piccole case,pergolati,in generale con l’impiego di molto legno. In Francia si presenta la maggior offerta di posti letto di tutti i quattro mercati turistici e la più alta concentrazione turistica delle alpi. Ma in Francia anche la concentrazione economica è la più elevata di tutto il territorio alpino. 5. caso particolare della Sloveniaà qui il numero dei posti letto disponibili è molto basso.

Se si vuole quantificare nel dettaglio l’entità del turismo alpino a livello comunale,non è possibile utilizzare i dati degli arrivi e delle partenze ma è ragionevole lavorare con l’indicatore del numero di posti letto.
Dal 1985,il turismo alpino si trova in una situazione difficile,che dal 1999 sembra aggravarsi ulteriormente. In molti bacini sciabili tutti i servizi sono offerti da un unico soggetto nell’ambito di un progetto a concezione integrata,per cui il settore immobiliare svolge un ruolo importante. Il mercato del turismo francese alpino può vantare la miglior posizione concorrenziale,mentre il mercato bavarese,austriaco e sudtirol a causa della sua struttura articolata in piccole aziende,ha di gran lunga la peggior posizione e va verso una profonda crisi strutturale. C’è poi un altro problema sullo sfondo e cioè la cosiddetta economia sommersa,con quest’espressione ci riferiamo alle numerose case e appartamenti privati per le vacanze che attualmente non vengono affittati. Fin da oggi si evidenziano numero problemi economici nel settore alpino,molte aziende del settore,in particolare quelle di piccole e medie dimensioni,sono fortemente indebitate e hanno ben poche possibilità,nelle attuali condizioni di riuscire a pagare i propri debiti. A livello comunale i problemi si manifestano in altri termini,dal 1985 si è rafforzata la specializzazione turistica di molti comuni,oggi è un fattore negativo poiché tale rafforzamento si attua solo in virtù del fatto che tutti gli altri settori economici sono perlopiù in forte calo,mentre il turismo è in stagnazione. Un altro indizio è l’andamento degli occupati nel luogo di lavoro. Un terzo elemento è l’andamento della popolazione. La soluzione proposta da esperti del turismo di orientamento economico- aziendale è la completa professionalizzazione di tutta l’offerta turistica e la formazione di grandi gruppi turistici,caratterizzati da relazioni economiche verticali. In questo modo al posto di piccoli centri turistici tradizionali con una struttura caratterizzata da piccole aziende,con i loro interminabili problemi di armonizzazione,concorrenza e contraddizione tra i diversi attori di mercato turistico entrano destinazioni di zone turistiche delineate in cui gli elementi fondamentali dell’offerta sono controllati da un unico soggetto e hanno perciò maggiore possibilità di sostenere la concorrenza. Questa strategia è inadeguata perché nega proprio quelle peculiarità che sono il motivo specifico del successo delle alpi,la struttura di un turismo articolato in aziende molto piccole con un alto numero di operatori extralberghieri consente uno sviluppo turistico ampio e diffuso,guidato da attori locali a cui partecipa attivamente una larga maggioranza di popolazione. Si potrebbe lavorare bene con un’operazione cooperativistica tra le aziende poiché ciò porta anche a realizzare un miglior collegamento delle catene di produzione aggiunto orizzontali e verticali.
Per quanto riguarda i problemi ecologici,è importante distinguere tra gli effetti diretti e indiretti del turismo ambientale. Gli effetti ecologici diretti del turismoà le aree utilizzate a scopo turistico oggi vengono di regola completamente alterate e trasformate dal punto di vista ecologico,mediante interventi che di solito comportano la perdita della biodiversità tradizionale e la sua sostituzione con specie ubiquitarie. Oltre a questa modifica viene modificato anche l’intero regime idrico per evitare fenomeni erosivi,colate di fango e detriti e allagamenti. Finché i lavori vengono realizzati a regola d’arte e queste superfici vengono sottoposte a una corretta e regolare manutenzione esse non rappresentano un particolare potenziale di rischio per catastrofi naturali. Questa valutazione positiva vale tuttavia solo nel caso in cui tali aree continuano ad essere curate;se tuttavia le imprese turistiche dovessero fallire,questi interventi non potrebbero più essere pagati e si innescherebbero ben presto delle vere e proprie bombe ecologiche a orologeria. Tre problemi specifici che si potrebbero verificare sono: l’inquinamento dei ghiacciai,le piste da sci e l’innevamento artificiale. Lo sfruttamento dei ghiacciai per lo sci è problematico perché numerosi inquinanti raggiungono la massa glaciale e vi restano immagazzinati per un certo periodo per poi inquinare l’acqua di scioglimento del ghiacciaio dopo alcuni anni. Poiché l’acqua dei ghiacciai è spesso utilizzata come acqua potabile,i problemi possono diventare gravi soprattutto nelle regioni alpine più asciutte. Dagli anni ’80 molte società di impianti di risalita provvedono a una costosa manutenzione delle piste ricorrendo a interventi di bioingegneria. L’innevamento artificiale è sorto nella prima metà degli anni’80,finché la neve artificiale viene prodotta senza additivi chimici o biologici,solo con acqua e aria le conseguenze ecologiche non sono problematiche,la neve artificiale è più densa e pesante e si scioglie più tardi di quella naturale, cosicché sule piste innevate artificialmente il periodo vegetativo è più breve,ma questo viene compensato dall’effetto fertilizzante indotto dalle grandi quantità d’acqua,per cui spesso la vegetazione ha un buon sviluppo. Maggiori problemi vengono creati dall’elevato consumo idrico durante l’inverno,quando il deflusso naturale è scarso cosicché d’inverno le grandi località sciistiche sono minacciate dalla scarsità d’acqua. Gli effetti ecologici indiretti del turismoà i numerosi edifici e le infrastrutture turistiche richiedono molto spazio,dall’altro lo sviluppo turistico fa aumentare notevolmente il numero di abitanti,per cui cresce a pari passo il fabbisogno di spazio,insediamenti e infrastrutture della popolazione residente. Per questi motivi tutti i grandi centri turistici sono oggi fortemente urbanizzati. L’intenso traffico che ne deriva provoca in tutta la valle un grave inquinamento acustico e atmosferico,al quale contribuisce anche il riscaldamento domestico,con conseguenti danni alla vegetazione. Il traffico rimane il fattore con conseguenze di gran lunga più negative sulla qualità della vita e della vacanza.
I problemi sociali e culturali connessi al turismo appartengono ai grandi temi della tribù. Il problema sociale di fondo è rappresentato dalle condizioni sempre più stridenti che si manifestano nei grandi comuni turistici tra ricchezza e povertà e fra potere politico e mancanza di potere. Solo pochi elementi della popolazione locale possono affermarsi nel settore turistico,gli altri decadono al livello di impiegati o di coadiuvanti oppure sono costretti ad abbandonare il paese natale per i costi elevati,mentre spesso persone giunte da fuori occupano posizioni chiave. In questo contesto insorgono non solo tensioni tra i pochi ricchi e i molti a reddito medio,o tra locali e immigrati,ma anche conflitti politici. Un altro importante problema sociale è il trattamento degli impiegati nel settore alberghiero e della ristorazione. Se si tratta di persone del posto,possono guadagnare molto bene durante la stagione ,ma i tempi di lavoro sono cosi lunghi che lo stress cosi frenetico e il costante obbligo all’allegria e al buon umore cosi pesante che questa importante attività si trasforma in uno svantaggio sociale. La situazione è peggiore per i numerosi stagionali stranieri che sono fortemente discriminati per la retribuzione,le ore di lavoro e la sistemazione abitativa.
Il problema culturale di fondo è il rapido mutamento di valori comuni turistici e l’immediato confronto con la società urbana del tempo libero e del divertimento,che pretende troppo dagli abitanti del posto e li disorienta. Le località turistiche che vivono molte persone arrivate da fuori e che talvolta assumono posizioni chiave nel comune. Le analisi condotte da Grindelwald hanno evidenziato che a lungo andare questi nuovi arrivati influenzano la vita quotidiana dei locali molto più fortemente dei turisti presenti solo per brevi periodi. Questo disorientamento culturale risulta ancor più accentuato dal fatto che l’attività turistica richiede che la vita della popolazione locale sia subordinata agli interessi turistici e che ogni residente si faccia veicolo pubblicitario. L’attuale situazione culturale dei centri alpini può essere schematizzata nel seguente modo: la vecchia e media generazione di residenti è ancora legata ai valori tradizionali, e si trova in una situazione di disorientamento e incertezza culturale,non riesce a collegare i due mondi e rimuove le contraddizioni culturali. Il problema culturale di fondo consiste nel fatto che per uno sviluppo turistico compatibile con l’ambiente e con la società c’è bisogno di personalità che sappiano coniugare in modo innovativo i valori moderni con quelli della tradizione. È necessario collegare i valori per scaturire un nuovo fondamento culturale.

 

12. LE CITTA’ ALPINE COME CENTRI DI CRESCITA CULTURALI

Le alpi a metà de XIX sec continuano a essere una regione europea in cui le città sono relativamente poche e di piccole dimensioni. Anche molte città alpine registrano in questo periodo un notevole incremento di popolazione e una forte crescita economica,perché sono direttamente collegate e interconnesse con i principali centri economici d’Europa. La relativa debolezza di questa crescita emerge già visivamente dall’aspetto urbano,poiché nelle città alpine sono scarsamente presenti ,e talvolta mancano del tutto,i tipici elementi architettonici delle città industriali: zone industriali,quartieri operai,insediamenti residenziali a villini della prima rivoluzione industriale. La crescita della popolazione si basa sul rilancio economico delle città alpine attraverso il loro inserimento nella società industriale che provoca due conseguenze,da un lato la potenzialità e le risorse delle alpi industrialmente valorizzabili vengono ora utilizzate dalle società industriali europee e queste risorse si trovano direttamente nelle città alpine,dall’altro una serie di attività produttive vengono trasferite dai centri industriali alle città alpine,vengono per cosi dire decentrate o fondate ex novo,senza avere nulla a che fare con le alpi in senso proprio. Un elemento comune a tutte queste città alpine è che esse possono rivalutarsi economicamente solo se sono dotate di un buon collegamento ferroviario,altrimenti è impossibile l’interrelazione funzionale con i centri industriali. Le città alpine se non vengono attivamente coinvolte nella società industriale,subiscono un declino economico.
Nella successiva evoluzione dell’industrializzazione,le varie attività economiche diffuse sul territorio si indeboliscono sempre di più,mentre quelle concentrate nelle città altamente specializzate,basate sulla divisione del lavoro e molte differenziate geograficamente,vivono di grande ripresa. In questo contesto,le città industriali modificano profondamente la loro struttura insediativa. Questa crescita in estensione genera un intenso flusso di traffico,per cui molte aree poste lungo strade intensamente trafficate perdono di valore,col risultato di accelerare ulteriormente l’espansione urbana. In tal modo la città industriale compatta si trasforma nell’area metropolitana disseminata su un vasto territorio. Un tratto distintivo di questo processo è che la città centrale perde gli abitanti,mentre i comuni della cintura regionale registrano un forte incremento della popolazione. Con la costruzione a partire dagli anni ’60 delle prime autostrade attraverso le alpi,anche i tempi di viaggio tra grandi metropoli extralpine e città alpine si riducono sensibilmente rispetto all’era della ferrovia,il che favorisce le interrelazioni economiche. Le città alpine che si trovano al centro delle regioni sono dotate di una buona accessibilità e nella maggior parte dei casi sorgono su importanti assi di transito. Se nella società industriale le città alpine erano ancora chiaramente svantaggiate rispetto allo sviluppo delle città industriali,con il passaggio dalla società industriale alla società dei servizi questa differenza inizia a ridimensionarsi. Essa si è ridotta sempre più a partire dal 1970 e nel 2000 dovrebbe essere scomparsa.
Questa forte crescita urbana assume 4 forme molto diverse tra di loro: 1.metropolizzazioneà le città situate nell’immediato margine alpino,ma che fanno ancora parte della alpi e le città situate in fondovalle o in una conca a bassa quota in prossimità del margine alpino hanno collegamenti cosi buoni e veloci con le metropoli extralpine che fin dagli anni ’80 sono diventate parte dei vicini agglomerati urbani extralpini. Aumentano sempre di più le interconnessioni funzionali tra le città del margine alpino e le metropoli extralpine. Nonostante il crescente numero di posti di lavoro,si verifica quindi una perdita di importanza economica. 2.le città alpine come località centralià nel processo di metropolizzazione sono attualmente coinvolte solo le città alpine situate al margine alpino o in prossimità di esso. Le città entro alpine svolgono ancora oggi un doppio ruolo,e cioè quello di località centrale,con una funzione nodale per il territorio circostante e quello di centro di smistamento e offerta di merci e servizi a livello sovra regionale. Mentre nelle città alpine di medie dimensioni,le quali dal 1970,come quasi tutte le metropoli europee,perdono abitanti per il processo di sub urbanizzazione,mentre l’agglomerato urbano nel suo complesso fa registrare un forte aumento. Le città alpine più piccole sono invece ancora in gran parte caratterizzate dalla funzione di località centrali per il territorio rurale circostante. La costruzione delle nuove linee ferroviarie ad alta velocità potrebbe accelerare questo processo.3. urbanizzazione nastriforme delle valli di transitoàaumenta l’espansione urbanistica diffusa alle uscite autostradali,nei pressi delle stazioni ferroviarie e in altri punti chiave,infine,si forma su tutto il fondovalle un nastro continuo di aree residenziali,attività economiche,superfici occupate da infrastrutture di trasporto. Queste aree urbanizzate non costituiscono una città ma prolungamenti della città di tipo periferico,assi di sviluppo a carattere suburbano,più interconnessi con la città che con il territorio rurale. Questi corridoi vallivi sono caratterizzati da un’elevata densità edilizia e da un’intensa crescita economica della popolazione. In seguito al rapido e intenso sviluppo economico e demografico,all’inizio degli anni ’80 queste città raggiungono il margine alpino e iniziano a trasformare in zone residenziali suburbane alcune aree dotate di buoni collegamenti. Questo sviluppo dell’insediamento non si concentra esclusivamente nelle aree vallive,ma si diffonde anche in località situate ben all’interno delle alpi,purchè accessibili con l’auto d’inverno. Ma anche città come Ginevra,Torino,Vienna e altre hanno trasformato ampie aree del margine alpino in settori delle rispettive agglomerazioni. Il principale problema consiste nel fatto che le regioni alpine perdono la loro autonomia e finiscono in un rapporto di diretta dipendenza da una metropoli extralpina.
I comuni in cui lo sviluppo turistico ha avuto inizio già nella belle époque,negli anni ’70 e ’80 raggiungono dimensioni tali da soddisfare i criteri richiesti dalla definizione di città. La particolarità di queste città turistiche consiste tuttavia nel fatto che il numero degli abitanti in sé non è particolarmente rilevante,poiché la reale dimensione della città,la sua forza economica e la sua dotazione di infrastrutture sono in realtà in buona parte determinate dalle presenze turistiche. Grazie a ciò le città turistiche hanno potuto attrarre una serie di servizi specializzati in primo luogo rivolti ai turisti. Il caso di Davos,è uno dei più grandi centri turistici delle alpi. Negli ultimi decenni non è più il turismo in senso stretto a far segnare i più alti tassi di crescita ma i servizi non turistici che si basano sul turismo. La competizione per l’uso del suolo che nei centri turistici è già accanita,viene ulteriormente incentivata,addirittura a svantaggio del turismo per il fatto che le attività turistiche sospinte nelle zone periferiche allontanano a loro volta le locali attività agricole ancora presenti.
Nell’era della società dei servizi,prosegue il declino delle città alpine situate al centro di vaste aree caratterizzate da una diminuzione della popolazione. Fin dall’inizio degli anni ’70 tutte le città alpine si scontrano con i propri limiti naturali di sviluppo per cui la loro espansione territoriale viene ostacolata e lo sviluppo edilizio è costretto a seguire i lunghi nastri pianeggianti dei fondovalle principali. Viene danneggiata l’economia locale,inoltre,a causa della forma allungata a nastro dell’insediamento,anche tutte le infrastrutture e i servizi comunali sono nettamente più cari rispetto alle città di pianura. Per ciò che riguarda i problemi ecologici abbiamo l’inquinamento dell’aria e dell’acqua,essi risultano anzi particolarmente accentuati per diversi fattori: da una parte per le particolari condizioni ambientali,dall’altra per l’intensità del traffico di transito e per la densità dell’insediamento a nastro. Per ciò che riguarda i problemi socioculturali invece,il forte incremento demografico,l’elevato flusso di ricambio tra la popolazione residente,l’alta percentuale di stranieri e il dinamico sviluppo dell’economia provocano spesso in queste città una disgregazione delle identità regionali tradizionali.
Perlik definisce urbano e potenziale città centrale di un’agglomerazione un comune alpino con almeno 10 000 abitanti,poi l’agglomerato urbano cosi individuato area urbana o zona di urbanizzazione,la quale comprende i processi di metropolizzazione,la crescita delle città alpine come località centrali,la formazione di zone residenziali di agglomerati extralpini e l’urbanizzazione generata dal turismo. Dal punto di vista della popolazione e dell’economia,ma non della superficie,le alpi sono una regione urbanizzata europea. Questo significa che le città fulcro dell’economia europea sono situate al di fuori delle alpi e che gli impulsi economici e i processi di trasformazione fondamentali arrivano da fuori. Nonostante la forte crescita della popolazione e dei posti di lavoro,per quanto concerne il processo di urbanizzazione delle alpi,rimangono perciò uno spazio periferico,caratterizzato da piccole città e piccoli agglomerati urbani.

13.LE ALPI COME RISERVA D’ACQUA PER L’EUROPA

In Europa le alpi svolgono la funzione di intercettare la pioggia,poiché con la loro mole imponente costringono le masse d’aria umida provenienti dall’atlantico o dal mediterraneo a sollevarsi e scaricare la pioggia. L’importanza delle alpi come serbatoio idrico d’Europa dipende anche dalla scarsa incidenza dell’evaporazione dovuta all’altitudine del territorio alpino. I ghiacciai delle alpi immagazzinano le precipitazioni mediamente almeno per un anno in forma di ghiaccio,in modo da ridurre le oscillazioni del deflusso tra anni umidi e anni più asciutti,e che anche i numerosi laghi del margine alpino agiscono come regolatori. Il deflusso idrico rilasciato dalle alpi è relativamente costante.
Nell’umido versante mitteleuropeo delle alpi si tende a sottovalutare queste utilizzazioni idriche. Tutte le grandi città situate nelle vicinanze delle alpi ricevono da queste la loro acqua potabile,prelevandola da sorgenti di montagna e trasportandola mediante condutture agli acquedotti urbani. Questa risorsa è quindi una condizione fondamentale per l’esistenza delle metropoli del margine alpini. Mentre nel versante settentrionale delle alpi svolge una funzione secondaria,nella pianura Padania,sul mediterraneo,in Provenza svolge un’importanza vitale per la modernizzazione e lo sviluppo intensivo dell’agricoltura.
Ancora più importante per le alpi è la produzione di energia idroelettrica. In una prima fase l’elettricità veniva utilizzata direttamente in loco. Nella seconda fase,l’elettricità continuava a essere prodotta dalle alpi ma veniva poi trasportata alle metropoli extralpine mediante lunghe linee elettriche. Gli impianti più semplici per la produzione di energia idroelettrica sono le cosiddette centrali fluviali o ad acqua fluente,in cui un fiume viene intercettato da una traversa che convoglia l’acqua direttamente alle turbine.
Questa forma di produzione di energia idroelettrica sfrutta il dislivello tra un invaso artificiale a monte e la centrale situata più in basso,grazie al quale vengono azionate le turbine. Il vantaggio di questo tipo di impianti consiste nel fatto che l’energia può essere prodotta in qualsiasi momento,per cosi dire “a comando” ed è quindi disponibile quando è più necessaria,non come nelle centrali fluviali che producono quantità di energia relativamente costanti. Dopo il 1970 la costruzione di nuovi invasi subisce un notevole calo,poiché il potenziale disponibile,nelle condizioni quadro del tempo è ormai pressoché esaurito. Si afferma un nuovo tipo di centrale,la centrale di pompaggio,si costruisce un bacino artificiale in quota,che il naturale afflusso idrico non è in grado di colmare,ma che viene però riempito ricorrendo a un impianto a valle che pompa acqua nell’invaso in quota utilizzando energia di banda a basso costo.
Fino agli anni ’80 il settore idroelettrico ha assicurato una serie di posti di lavoro per tutto l’anno e al riparo da crisi. Negli anni ’80 però tutti gli impianti sono stati modernizzati e automatizzati,per cui sono venuti a mancare la maggior parte dei posti di lavoro in montagna. Questo bilancio negativo si rafforza ulteriormente se si considera che contemporaneamente la popolazione locale viene gradualmente esclusa dallo sfruttamento dell’acqua,in quanto le tradizionali centrali di piccole dimensioni,il cosiddetto piccolo idroelettrico,vengono sostituite con altre più efficienti e potenti oppure soppresse,mentre si fa sentire una forte pressione affinchè l’approvvigionamento idrico in proprio,mediante pozzi e sorgenti private,venga sostituito con l’allacciamento a reti di approvvigionamento pubbliche.
I problemi provocati dalla gestione delle acque sono lineari e si possono suddividere in 4 gruppi.
1.prosciugamento di torrenti a causa di derivazionià i trasferimenti di acqua a un’altra valle laterale sono causa del prosciugamento di molti tratti torrentizi nel piano alpino e subalpino,da cui consegue l’alterazione o la distruzione della vegetazione e degli animali di tutto l’ecosistema fluviale. 2. l’alterazione del regime giornaliero delle portate nelle centrali di accumuloà dal momento che l’acqua viene rilasciata quando serve per produrre energia,si genera improvvisamente e per brevi periodi un grande flusso d’acqua,dopodiché la portata torna a ridursi al minimo. Queste brusche oscillazioni danneggiano gravemente gli ecosistemi. 3. l’alterazione del regime di deflussoà nel regime di deflusso naturale le portate minime stagionali si verificano durante l’inverno e i massimi da maggio ad agosto,secondo l’altitudine del bacino imbrifero. Poiché le centrali ad accumulo producono preziosa energia di punta in particolare d’inverno,una parte considerevole delle portate che defluirebbero d’estate vengono trattenute nell’invaso e defluiscono poi nell’inverno successivo. Questo mostra rilevanti alterazioni ecologiche negli ecosistemi acquatici. 4. trasformazione dei tratti fluviali sottesi da centrali idroelettricheà la realizzazione di una serie a catena di centrali ad acqua fluente lungo un fiume o un torrente seziona il suo corso in una successione di tronconi con acqua più o meno stagnante,da cui consegue una completa trasformazione delle sue condizioni ecologiche.

 

14. I TRASPORTI NELLE ALPI: QUALCOSA DI PIU’ CHE PURO TRANSITO

Una caratteristica fondamentale della società industriale rispetto alla società agricola è la rivoluzionaria diminuzione dei costi e l’accelerazione del trasporto passeggeri e merci grazie alla ferrovia e alla navigazione a vapore. Dopo il 1945 questo processo si accentua ulteriormente grazie allo sfruttamento del petrolio a basso costo e ala motorizzazione di massa e oggi riceve un nuovo impulso grazie al mercato unico europeo e all’unione monetaria. Oggi l’accessibilità attraverso un moderno mezzo di trasporto è ormai diventata il presupposto basilare per la partecipazione alla vita e all’economia moderne. Anche le alpi vengono trasformate da questo rivolgimento. Le valli alpine vengono collegate per la via più diretta coi centri extralpini e solo in via secondaria anche con i centri entroalpini, senza attribuire alcun valore ai tradizionali collegamenti diretti tra valli principali e tra valli laterali attraverso numerosi passi,colli e selle. In questa evoluzione i confini di stato hanno avuto un effetto particolarmente negativo sul territorio alpino.
La costruzione di ferrovie attraverso le alpi inizia nel 1854 e si conclude nel 1914. la costruzione delle ferrovie attraverso le alpi è resa possibile da due innovazioni tecnologiche: la galleria elicoidale e i lunghi tunnel per evitare di salire fino al valico. Le ferrovie a cremagliera si affermano su tratte turistiche. Queste ferrovie aprono importanti linee di transito attraverso le alpi,hanno cioè un percorso perpendicolare rispetto al sistema montuoso. La rete ferroviaria delle alpi rispecchia molto chiaramente gli interessi extralpini. Il nuovo sviluppo ferroviario,cioè la costruzione di linee ad alta velocità con tunnel di base ed altitudini molto basse,accentua quest’importanza poiché si tratta di pure linee di transito che collegano direttamente le principali città alpine con i centri economici extralpini. Le linee ad alta velocità si pongono come nuovo metro di giudizio. Per molti decenni le automobili,a differenza della ferrovia,non hanno avuto bisogno di nessuna infrastruttura specifica,in quanto hanno potuto utilizzare le carrozzabili artificiali che erano state costruite per i carri e carrozze in sostituzione delle mulattiere. Dal 1805 sono state poi costruite numerose nuove strade che hanno notevolmente accresciuto la velocità dei trasporti. Dopo il 1955 il boom del traffico di automobili e camion raggiunge le alpi. Dopo le prime nuove strade tra le due guerre dal 1960 sorgono 3 nuovi tipi di strade: 1. autostrade,di solito con tunnel di base, 2. superstrade o strade a scorrimento veloceàstrade a doppie corsie sempre più indipendenti dal rilievo alpino,3. strade comunali e vicinalià dal 1960 ovunque nella alpi inizia la costruzione di strade vicinali e interpoderali.
Le nuove strade rendono il territorio alpino accessibile in modo molto più capillare della ferrovia. Il sistema di trasporto capillare della società agricola è oggi sostituito da un sistema gerarchico e lineare, che nonostante la generale accessibilità ad automobili e camion continua a discriminare le aree,perché i trasporti sono concentrati in poche linee e i nodi del sistema di trasporto sono particolarmente favoriti. Il traffico di transito continua ad accrescersi per l’aumento della divisione del lavoro a livello geografico e per l’interrelazione funzionale nello spazio economico europeo. Dagli anni ’80 gli abitanti si oppongono con decisione al traffico di transito. Nel 2002 la Svizzera in accordo con l’unione europea ha sviluppato un sistema di gestione del traffico per i mezzi di trasporto pesanti che sarà esteso anche ad altri tunnel. Se questo sistema si affermerà su tutte le alpi,miglioreranno anche i presupporti per il trasferimento dei trasporti su rotaia,perché tali misure aumentano i tempi di percorrenza dei veicoli pesanti. In generale,soluzioni del problema del traffico di transito possono essere realizzate solo limitando e rallentando il trasporto su strada. La costruzione di nuove strade e nuovi tunnel e il potenziamento delle infrastrutture esistenti non fa che favorire e velocizzare il trasporto su strada,producendo cosi ancora più traffico stradale.
Anche nelle alpi,luogo di residenza e luogo di lavoro sono sempre più separati,producono un forte incremento di quello che viene definito traffico interno. Il traffico interno è molto più consistente di quello di transito. La costante espansione delle superstrade a due corsie con lunghi tratti di galleria,grandi ponti contribuisce notevolmente a rendere i percorsi sempre più veloci.
Le stime relative al traffico turistico si riferiscono solo al traffico da e per le destinazioni turistiche. Il traffico turistico per il trasferimento nelle destinazioni turistiche utilizza le strade di transito e quindi la viabilità locale e regionale,già sottoposta a un notevole carico di traffico interno,cosicchè si innesca un forte effetto di sovrapposizione. Anche il traffico turistico ha quindi un’incidenza rilevante sui problemi dei trasporti delle alpi. Sul traffico locale su strade comunali non è disponibile nessuna stima,il problema non consiste in questo caso nel volume del traffico ma nell’utilizzo di queste strade da persone non autorizzate,perlopiù per scopi turistici o per l’impiego del tempo libero.

15. LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE COME NUOVO RAPPORTO CON LE ALPI

L’idea di protezione della natura è connessa alla società industriale. Proprio come il turista ammira l’inutile paesaggio d’alta montagna,chi protegge la natura si entusiasma per un ambiente naturale e non modificato,cioè degradato dall’uomo. Il problema fondamentale consiste nel fatto che le alpi sono tutte un paesaggio culturale. Sia il modo di vedere turistico,sia quello della protezione della natura non tengono conto delle trasformazioni della natura a opera dell’uomo e considerando erroneamente le alpi come natura solo perché le alpi si oppongono a uno sviluppo industriale tipo quello della Ruhr. Per proteggere la natura a volte si tende a rovinarla. Le prime aree protette vengono situate nella zona improduttiva del piano alpino e nel limitrofo piano alpino superiore e la loro distribuzione spaziale nelle alpi dipende esclusivamente da circostanze casuali e non segue alcun criterio ecologico. A causa dell’altitudine la vegetazione o manca del tutto oppure il suo sviluppo è molto lento.
La Cipra(commissione per la protezione delle alpi) riunisce numerose associazioni per la protezione della natura e dell’ambiente. La protezione della natura si libera dal ghetto delle più o meno piccole aree protette e si assume la responsabilità per tutto il territorio delle alpi. Questo cambiamento fondamentale porta anche a un nuovo tipo di aree protette,i cosiddetti parchi regionali o naturali. L’obiettivo principale non è la protezione dell’ambiente ma lo sviluppo economico di regioni problema,condotto tuttavia in forme compatibili con l’ambiente e senza grandi progetti,affinchè la popolazione residente possa trarne vantaggio.
Più o meno nello stesso periodo in cui si afferma il concetto di sostenibilità,nasce nell’ambientalismo un’idea completamente nuova: poiché la natura è in continua trasformazione,la protezione della natura assume un nuovo significato: l’uomo deve abbandonare la natura totalmente a se stessa e al suo spontaneo sviluppo,senza stabilire in quale direzione debba evolversi e con quali eventuali conseguenze. Per questa nuova concezione viene coniato il termine “wilderness”;questo genera un equivoco,in quanto wilderness designa un ambiente naturale per nulla influenzato dall’uomo,che in realtà nelle alpi non esiste. La più grande area wildness delle alpi viene oggi considerata il parco nazionale della Val Grande,gli insediamenti abitati e lo sfruttamento sono fortemente diminuiti. A causa della modesta altitudine,la vegetazione ha quindi potuto evolversi con rapidità,cosicchè l’area evoca oggi una forte impressione di autentica wilderness. Le industrie distruggono la natura e si cambia quindi il modo di proteggerla.

16. COME TRARRE UN BILANCIO DALLA TRASFORMAZIONE STRUTTURALE

Gli agenti della trasformazione descritti nella parte precedente sono quasi esclusivamente costituiti non a caso da forme di utilizzazione economica,perché nell’era della società industriale e dei servizi questo è il fattore dominante,in base al quale vengono plasmati e riorganizzati gli spazi economici e gli spazi vissuti in Europa. Il motore principale della trasformazione è costituto dai nuovi interessi economici e dalle pressioni oggettive,che dall’esterno fanno sentire i loro effetti nelle alpi.

17. LA TRASFORMAZIONE ECONOMICA

Nelle alpi il settore transalpino è investito dallo sfruttamento dei trasporti. Mentre i lenti trasporti della società agricola offrivano molti posti di lavoro nelle alpi,l’aumento della loro velocità consente di attraversare le alpi in poche ore,cosicchè nel territorio alpino rimane solo l’impatto del traffico. Solo in pochi settori si assiste a una rivalorizzazione di risorse. Un altro esempio è la scoperta delle alpi come regione turistica,anche la protezione della natura si configura come una particolare forma di utilizzazione. La creazione di posti di lavoro nei settori del turismo,dell’energia idroelettrica e della protezione della natura non è assolutamente in grado di compensare la perdita dei posti di lavoro tradizionali.
Il fatto che nel corso del XIX e del XX sec il territorio alpino perda molti posti di lavoro non dipende dalla situazione delle alpi,ma dal più generale sviluppo dell’economia. Nella moderna produzione industriale di beni,come automobili o i computer,si generano posti di lavoro ubiquitari che possono localizzarsi praticamente ovunque,purchè vi sia una buona accessibilità per le auto e per i mezzi di trasporto pesanti. In questo contesto anche nelle alpi sorgono molti posti di lavoro ubiquitari. Il rilancio economico delle alpi iniziano nel XIX sec. Si tratta di uno sviluppo economico diretto dall’esterno,privo di qualunque interesse per le alpi in quanto tali e che utilizza solo alcune limitate superfici del territorio alpino l’espansione dei propri spazi economici extralpini. Rispetto all’importanza assunta dalle alpi nella società agricola,è senz’altro questo il principale cambiamento strutturale. I nuovi posti di lavoro ubiquitari sono localizzati in insediamenti periferici,interconnessi sul piano della divisione del lavoro con i centri nevralgici dell’economia europea e mondiale,dai quali essi vengono controllati e dominati;da ciò deriva una certa debolezza della struttura economica delle alpi. Il settore secondario registra a lungo percentuali al di sotto della media e solo quando negli stati industriali d’Europa inizia la fase di declino,raggiunge nelle alpi il suo massimo sviluppo. Il secondo indicatore di debolezza è il bilancio del pendolarismo,a livello europeo le alpi rappresentano una regione di pendolari in uscita. Oltre al bilancio politico-economico,riveste una notevole importanza anche il bilancio geografico cioè la distribuzione spaziale delle nuove strutture economiche. Poiché lo spazio disponibile in questi insediamenti è molto limitato,oggi essi sono perlopiù densamente edificati. Sono costituiti da città alpine che continuano ad espandersi nelle valli oppure da paesi un tempo caratterizzati da strutture contadine che oggi presentano un aspetto suburbano con una forte crescita economia e della popolazione,oppure da aree di transizione definite anche Zwischenstadt. In tutte le zone di fondovalle e le conche delle alpi in cui si affermano le moderne attività economiche presentano una marcata tendenza a urbanizzarsi. Il turismo segue lo stesso sviluppo delle zone vallive e delle conche a bassa quota. Se inizialmente il turismo si basava ancora sulla risorsa alpina del bel paesaggio,col procedere dell’urbanizzazione turistica anche in questo caso lo specifico rapporto con le alpi perde gradualmente di importanza: in parte perché nelle moderne attività sportive del tempo libero l’infrastruttura tecnica e gli eventi ubiquitari diventano sempre più importanti e le alpi sempre meno centrali. Non solo da un punto di vista architettonico ma anche funzionale i centri turistici sono sempre più simili alle aree urbanizzate di fondovalle. Tutte le moderne forme di sfruttamento nel territorio alpino portano all’urbanizzazione. Essa si manifesta in 3 diverse forme:1. urbanizzazione dei fondovalle e delle conche dotate di buoni collegamenti in seguito all’espansione delle città alpine,dei comuni a carattere suburbano e delle aree interstiziali tra città e campagna;2.l’urbanizzazione funzionale di regioni del margine alpino in prossimità di grandi agglomerati urbani extralpini; 3. urbanizzazione prodotta dal turismo in determinati punti del territorio propriamente montano. In tutti e tre i casi si tratta di una urbanizzazione periferica che viene diretta e controllata dalle grandi città al di fuori delle alpi.
Nelle regioni alpine con stagnazione demografica e moderato sviluppo economico,singole persone innovative riescono con forte impegno e spirito di iniziativa personale a creare nuovi posti di lavoro o attività economiche di tipo puntuale. In tali aree si possono sviluppare una serie di singole iniziative turistiche che spesso sono interconnesse con l’economia regionale tradizionale in costante declino. Attraverso questo insieme gradevolmente eterogeneo delle più svariate attività,si riesce a evitare la diminuzione della popolazione,registrando anche un leggero incremento. Col declino dell’industria nelle alpi,l’aumento della concorrenza nel turismo,la trasformazione strutturale innescata dalla globalizzazione e il quasi completo tracollo delle strutture economiche tradizionali,la loro situazione si è fatta sempre più critica a partire più o meno dal 1985. A causa della costante emigrazione,dal 1880 i contadini e i singoli artigiani e commercianti rimasti sono sempre di meno ma proprio grazie a questa circostanza possono aumentare notevolmente l’efficacia della loro attività,in modo che la loro sopravvivenza risulta per molti decenni. Dal 1965 con la rapida trasformazione strutturale si preannuncia la fine: nelle regioni alpine l’agricoltura diventa gradualmente un’attività residuale di cui una famiglia non può vivere. Dal 1965 il numero degli abitanti diventa cosi esiguo che gradualmente tutte le infrastrutture vengono minacciate e iniziano a collassare: negozi,bar e trattorie,le scuole vengono chiuse. Le reti di uffici postali e di agenzie bancarie si assottiglia sempre di più,l’assistenza medica diventa sempre più difficile per le crescenti distanze,mentre per l’assistenza sociale,la cura degli anziani,il lavoro giovanile,gli asili ecc mancano completamenti i presupposti minimi. In questa situazione cosi difficile le famiglie con un lavoro redditizio devono lasciare la regione quando i figli raggiungono l’età scolare,perché non ci sono più scuole nelle vicinanze oppure se un membro della famiglia ha bisogno di cure mediche o gli anziani di regolare assistenza medico-sanitaria,oppure chiude uno stabilimento industriale della zona da cui dipendono 5 famiglie e il loro trasferimento provoca poi la chiusura della scuola e dei negozi del villaggio. Il mantenimento delle infrastrutture è qui il compito primario ancora più importante della creazione di nuovi posti di lavoro. Questi problemi infrastrutturali vengono ulteriormente accentuati dall’ondata di liberalizzazioni e privatizzazioni dei servizi statali che caratterizzano gli anni ’90. mentre questi provvedimenti aggravano e compromettono la situazione già difficile nelle regioni in stagnazione,peggiorando le loro prospettive per il futuro,le regioni colpite dallo spopolamento significano spesso la fine definitiva e la perdita dei posti di lavoro che non possono essere sostenuti.
Sempre più spesso i giornali riportano notizie di valli alpine spopolate che vengono rivalutate e rivitalizzate grazie al trasferimento di persone innovative che gettano le basi per le nuove attività,i cui prodotti di qualità sono molto richiesti e spuntano buoni prezzi. Spesso si parla anche di emigranti che dopo la pensione ritornano dalle città industriali nelle alpi. Se invece si parla di rivitalizzazione di intere valli o regioni alpine,si tratta di uno sviluppo che solo in minima parte dipende da queste nuove iniziative, e il motore principale di tale cambiamento va individuato nel fatto che attraverso una trasformazione strutturale una regione in spopolamento diventa una regione residenziale di una città alpina o extralpina. In tal caso i bassi prezzi dei terreni e la qualità del paesaggio costituiscono dei fattori di attrazione che rendono accettabile anche il pendolarismo su maggiori distanze.

18. LA TRASFORMAZIONE ECOLOGICA

Tra le attività sviluppatesi in modo più intensivo,occorre citare prima di tutto l’agricoltura. Nell’agricoltura tradizionale l’intensità di lavoro era molto elevata ma l’intensità energetica e di capitali molto bassa. Uno sfruttamento più intensivo dei prati significa forte aumento dell’impiego di fertilizzanti e aumento del numero dei tagli,che con il passaggio alla produzione di foraggio insilato aumenta notevolmente. Questo comporta una forte riduzione della biodiversità dei prati con lo sfruttamento intensivo si forma presto un orizzonte radicale più omogeneo. È molto importante lo sviluppo intensivo nei settori dell’orticoltura,della frutticoltura e della viticoltura da parte di aziende specializzate,perché fino a un periodo piuttosto recente venivano impiegate grandi quantità di antiparassitari tossici,che possono provocare gravi e diffusi fenomeni di avvelenamento. In questi casi la tradizionale varietà biologica diminuisce fortemente,sia per quanto riguarda i tipi di frutta e di vitigni sia per la copertura erbacea come anche per gli organismi del suolo. La giusta misura dell’utilizzo del pascolo era prima garantita dall’attenta custodia degli animale e dal sistematico avvicendamento delle aree di pascolo. Oggi il pascolo è abitualmente praticato senza la presenza del pastore. Anche l’utilizzazione turistica del paesaggio costituisce un aumento d’intensità dello sfruttamento,perché sentieri escursionistici,campi da golf,piste da sci o percorsi per mountain-bike vengono sottoposti a un utilizzo più intensivo rispetto alle precedenti attività agricole e perché gli appassionati di rafting,parapendio,canyoning e altri sport di tendenza penetrano in ecosistemi di nicchia mai in precedenza utilizzati e li alterano. L’associazione vegetale che viene indirettamente colpita da questo impatto dovuto ai diversi usi più intensivi è il bosco,la cui vitalità viene considerevolmente compromessa. Il tema della morte del bosco è stato uno degli argomenti centrali della discussione sulle alpi avvenuta negli anni ’80. Si può affermare quindi che queste diverse forme di sfruttamento sempre più intensivo della natura vanno a scapito della biodiversità,compromettendo la capacità di rigenerarsi degli ecosistemi coinvolti e fanno aumentare la labilità ecologica.
In conseguenza di questo tipo di sfruttamento,sui terreni che un tempo costituivano il paesaggio culturale si instaurano processi biologici di successione che col tempo tendono a raggiungere condizioni climax,cioè un’associazione vegetale più idonea alle caratteristiche dell’ambiente. Questi cambiamenti biologici si svolgono più rapidamente nei piani vegetazionali inferiori e rallentano l’aumentare dell’altitudine. Questa evoluzione può subire delle modifiche su ciascun sito: le stazioni umide e ben soleggiate presentano un’elevata dinamica vegetazionale,le aree asciutte e in ombra una dinamica più lenta. Nei campi abbandonati la successione procede molto velocemente,in particolare nei margini non coltivati dai campi e nelle terrazze,dove già prima crescevano arbusti cespugli. Anche i pascoli abbandonati mostrano una rapida dinamica vegetazionale,perché di solito sono presenti numerose piccole lacerazioni della cotica erbosa dovute al calpestio degli animali. I prati sottoposti ad accurate cure colturali e ben utilizzati con una fitta copertura erbacea non consentono invece nessuna possibilità di arricchimento ad alberi e arbusti. Bisogna citare una forma particolare di successione ovvero il bosco ceduo, è un bosco di latifoglie che venivano regolarmente tagliati ogni 10-15 anni e il taglio garantiva un notevole accrescimento. Un po’ su tutto il territorio alpino cresce oggi molto più legno di quanto non ne venga tagliato e questa proporzione sta gradualmente aumentando. Questo porta a un invecchiamento dei boschi e a crolli localizzati su piccola scala. In tal modo aumenta cosi molto lentamente la biodiversità nelle foreste,ma contemporaneamente diminuisce la loro stabilità ecologica. Il processo di successione biologica nei terreni abbandonati che facevano parte del paesaggio culturale porta da una parte a una diminuzione della biodiversità e dall’altra all’aumento della labilità ecologica. Oltre alle trasformazioni che interessano la vegetazione vi sono anche quelle della fauna: molte specie divenute rare o addirittura localmente estinte,riprendono a diffondersi o fanno ritorno nelle alpi. La biodiversità aumenta e diminuisce in base all’instabilità ecologica. La biodiversità delle alpi è nettamente superiore rispetto alle pianure mitteleuropee,ma la biodiversità maggiore si può riscontrare nelle associazioni prative a tutti i piani altitudinali,che sono state significativamente ampliate dall’uomo. Per la biodiversità delle alpi sono rilevanti solo le piante e gli animali specificamente alpini presenti solo nelle alpi e in nessun altro luogo. Sono inoltre rilevanti solo le piante e gli animali tipici dell’alta montagna,specie tipiche delle regioni d’alta montagna e artiche e che non sono più presenti nel resto d’Europa. Altri elementi rilevanti per la biodiversità delle alpi sono i paesaggi culturali contadini tradizionali in tutti i piani altitudinali,perché la loro intensità di utilizzazione differenziata e la loro fitta articolazione spaziale rende possibile un alto livello di biodiversità,addirittura superiore a quella degli ambienti non modificati dall’uomo. Si possono considerare parte della biodiversità alpina anche le piante coltivate e gli animali allevati a scopo produttivo,che si sono sviluppati nel corso di millenni e non sono presenti al di fuori delle alpi. L’attuale cambiamento dei principi che informano la protezione della natura conduce a un modo profondamente diverso di intendere la biodiversità,in cui erroneamente un’elevata biodiversità viene equiparata a un’elevata dinamica naturale. Per quanto riguarda le specie,se si prescinde dalla varietà e dal numero la situazione è questa: i più minacciati sono gli ambienti fluviali nelle aree alluvionale delle principali vali delle alpi,caratterizzati da un’estrema dinamicità geomorfologica e biologica,che in condizioni naturali rendono impossibile un’utilizzazione umana di questi luoghi. Altra minaccia si colloca nei paesaggi culturali delle regioni asciutte entro alpine e del margine meridionale delle alpi a influenza mediterranea. Al terzo posto ci sono i paesaggi culturali del margine alpino settentrionale dal clima umido e al quarto posto le vaste zone d’alpeggio di tutto l’arco alpino. Ad avantaggiarsi maggiormente da questa trasformazione ecologica sono da un lato gli ambienti caratterizzati da vasti terreni incolti e dall’altro gli ambienti forestali. Gli incolti si trovano di solito in diversi stadi nella tradizione verso la formazione di arbustei,il secondo elemento che trae vantaggio da questa trasformazione sono gli ambienti forestali,che si ingrandiscono notevolmente e a causa della diminuzione dell’intensità di utilizzazione si evolvono gradualmente verso una maggiore naturalità.
Le trasformazioni ecologiche alpine dovute allo sviluppo e allo sfruttamento aumentano la labilità di tutti gli ecosistemi e dei paesaggi. In tutte le superfici pianeggianti e in quelle con modesti rilievi si innescano di solito processi successionali,per cui la copertura vegetazionale si conserva,anche se la sua composizione subisce notevoli cambiamenti. Questo fa aumentare il deflusso superficiale,poiché il suolo può immagazzinare meno acqua,ma non viene però innescato alcun fenomeno erosivo. In tutti i terreni più ripidi l’erosione del suolo,nelle sue diverse forme è più veloce della successione biologica. Qui l’acqua delle precipitazioni inizia subito a scorrere in superficie trasportando con sé suolo,pietre,residui vegetali ecc fino al più vicino torrente che a sua volta in caso di piena li trasporta a valle. Del resto le aree altamente instabili della alpi,caratterizzate da una dinamica particolarmente preoccupante vengono messe a sicurezza dagli uffici statali per la sistemazione dei torrenti e la difesa di valanghe con misure e opere di protezione di ingegneria idraulica o naturalistica. Ma il pericolo che può arrivare da queste è cosi grande che un evento non straordinario può causare danni considerevoli e provocare addirittura gravi catastrofi,in caso di sfruttamento intensivo non adeguato o di completa cessazione dell’utilizzazione. Perciò i diffusi mutamenti nello sfruttamento nel territorio alpino,in particolare in considerazione dell’instabile dinamica naturale,provocano un significativo aumento delle catastrofi naturali causate dall’uomo. Come contromisura lo stato deve intervenire per la prevenzione dei rischi naturali in sostituzione delle comunità contadine locali. Vengono realizzate grandi opere di grandi dimensioni a cui si continua a lavorare ancora oggi. Nella seconda metà del XIX sec si verifica una vistosa concentrazione di grandi catastrofi naturali. Queste catastrofi possono essere: precipitazioni eccezionali con colate detritiche e inondazioni,frane,valanghe,uragani. L’elevata concentrazione di questi eventi del secolo dovrebbe dipendere dai cambiamenti climatici in atto,ma sulla rilevante entità dei danni potrebbero aver influito alcuni fattori umani. Lo sfruttamento sempre più intensivo dei terreni pianeggianti provoca la perdita di numerosi invasi naturali,che non possono più svolgere l’importante funzione di trattenere l’acqua. In tal modo il deflusso diretto risulta notevolmente più veloce e con portate più abbondanti;a parità di precipitazioni si hanno alluvioni più gravi e numerose. Nella fase del bel tempo gli eventi estremi sono rari. Dal 1987 molti ponti di strade interpoderali o agrosilvopastorali si rivelano sottodimensionati,ostacolano il deflusso delle ondate di piena dei torrenti e li fanno straripare,provocando inondazioni e colate detritiche. Gli uomini utilizzano in modo più intensivo anche le zone potenzialmente a rischio. Per questo a parità di intensità,oggi un’alluvione arreca danni molto più gravi che in passato. Per il graduale riscaldamento del clima si formano cosi masse detritiche fluide e incoerenti,che in caso di intense precipitazioni possono facilmente scivolare a valle generando colate di fango e detriti. Questa causa ricorre in tutte le catastrofi di colate di fango e detriti verificatesi dal 1987. il problema consiste nel fatto che la maggior parte delle alluvioni nelle alpi si verifica in autunno,in un momento cioè in cui i bacini sono pieni per l’inverno. È perciò senz’altro possibile che i bacini artificiali accrescano addirittura il rischio di inondazioni. Si può affermare che gli eventi che scatenano grandi catastrofi naturali aumentano nettamente la loro frequenza dal 1987,fatto questo che deve collegarsi con il riscaldamento del clima in atto dal 1850. I danni che ne derivano sono riconducibili a una complessa combinazione di diversi fattori di origine naturale e antropica. Nell’ambito dei fattori antropogeni,assumono un’importanza fondamentale le profonde trasformazioni ecologiche di tutte le associazioni vegetali derivanti dal duplice processo di sviluppo intensivo ed estensivo,attraverso il quale il livello di minaccia ambientale si aggravava notevolmente.
I cambiamenti intervenuti con l’avvento dell’era industriale e dei servizi rappresentano un impoverimento ecologico,le cui cause vanno ricercate in un approccio alla natura di tipo meramente tecnico che riduce la natura a semplice materiale. La società moderna non tiene conto che ogni sfruttamento a opera dell’uomo rappresenta un’ingerenza negli ecosistemi alpini interessati e con ciò viene automaticamente modificata la loro composizione e ridotta la loro stabilità. Un altro moderno approccio alla natura è caratterizzato dalla convinzione che con la tecnica sia possibile il completo dominio della natura: cosicchè dopo la bonifica dei fondovalle umidi,questi vengono utilizzati intensamente e vi si costruiscono edifici e infrastrutture. La caratteristica della natura alpina di presentarsi con un’estrema variabilità in spazi ristretti,impediscono calcoli e previsioni esatte in merito alla natura delle alpi:cioè le alpi si sottraggono a ogni possibile dominio per mezzo della tecnica. Su posizioni opposte si colloca invece il sapere contadino tradizionale basato sull’esperienza,che in materia di utilizzazione e trasformazione della natura fa sempre prevalere una certa circospezione e cautela. Le trasformazioni della natura di tipo tradizionale implicano interventi a basso rischio per quanto concerne la sicurezza e con un’elevata attenzione agli errori. L’approccio tecnico alla natura consiste quindi nella completa rimozione della fase della riproduzione da ogni utilizzazione umana della natura,in un modo di procedere individuale e improntato al breve periodo che non considera la totalità delle se conseguenze dell’utilizzazione.

19. LA TRASFORMAZIONE CULTURALE

Con la grande trasformazione strutturale crolla non solo il sistema economico e di sfruttamento tradizionale ma anche il sistema culturale che viene messo in discussione dai moderni valori urbani da un’impronta industriale e terziaria. Da una parte i valori moderni non si conciliano bene con le esperienze della vita quotidiana nell’ambiente alpino e distruggono importanti strutture di responsabilità comunale,d’altro canto il modello di vita e culturale moderno,che pone fine alla povertà e porta la libertà personale,appare come l’unica alternativa possibile: esso incarna il progresso che non si può e non si vuole arrestare.
Con il termine “irrigidimento” si definisce un complesso di comportamenti che mira a conservare i valori tradizionali attraverso una chiusura verso l’esterno. Analizzando questo comportamento,emerge che queste persone non sono in linea di massima ostili alle innovazioni ma dispongono al contrario di un elevato grado di capacità innovativa selettiva. Le innovazioni che si inseriscono bene nella struttura tradizionale o che addirittura la rafforzano vengono accolte velocemente e in modo capillare. Le innovazioni che invece modificano la struttura tradizionale vengono rifiutate,anche se porterebbero vantaggi economici. Il fenomeno di irrigidimento è diffuso in ampie aree delle alpi ancora caratterizzate da una dimensione rurale tradizionale ed è particolarmente pronunciato nelle aree di spopolamento. Le conseguenze si fanno sentire con particolare gravità nelle regioni alpine a influenza latina,perché qui il fenomeno dell’irrigidimento blocca completamente la capacità di innovazione e la trasformazione strutturale di comuni e di intere regioni,mentre nelle regioni alpine a influenza germanica il fenomeno colpisce solo i singoli masi. Il confronto tra il mondo tradizionale e il mondo moderno nelle regioni di spopolamento non porta a una graduale trasformazione strutturale ma a uno sviluppo fortemente discontinuo. Ciò comporta però un vantaggio e uno svantaggi: si può considerare come vantaggio il fatto che in tal modo almeno le generazioni più vecchie continuano a praticare fino ai giorni nostri le forme di sfruttamento tradizionali,cosicchè il sapere concreto sulle corrette modalità di sfruttamento della natura non va completamente perduto,e oggi si può ancora attingere a queste preziose esperienze. In questo modo molteplici paesaggi culturali tradizionali e le tradizionali razze di animali domestici si conservano molto più a lungo,talvolta fino a oggi,il che rappresenta il presupposto per avviare programmi di valorizzazione del patrimonio. Lo svantaggio invece consiste nel fatto che con l’andare del tempo la contraddizione tra mondo tradizionale e moderno assume proporzioni tali che una mediazione diventa quasi impossibile,e il mondo tradizionale appare cosi condannato a sparire del tutto.
Il concetto di “rimozione” definisce quei comportamenti che nel conflitto tra il mondo tradizionale e quello moderno mirano a negare i valori tradizionali,in modo da potersi integrare pienamente ai valori moderni. Il presupposto fondamentale è l’accettazione totale del mondo moderno e la svalutazione del mondo tradizionale come forma di vita e di cultura vecchia e superata. Poiché l’orientamento ai moderni criteri di giudizio si basa sulla negazione della propria esperienza e tradizione si manifesta una tendenza di demolire le testimonianze architettoniche del passato. Alcune città alpine sono state completamente modificate cercando di costruire nuovi edifici,appare cosi evidente l’intenzione di cancellare la memori dell’immagine tradizionale del paese e del paesaggio. Poiché la rimozione delle tradizioni implica anche che vengano rimosse le esperienze nel rapporto con l’ambiente e le conoscenze della natura a essa correlate,c’è il pericolo che il moderno sviluppo venga impostato in base a criteri esclusivamente tecnici ed economici,senza alcuna relazione con la specifica ecologia del territorio alpino.
Nelle aree industriali alpine si delinea un duplice orientamento socioculturale;nelle regioni in cui i contadini di montagna si rifiutano di lavorare in fabbrica ,invece ci sono zone industriali sorte dopo il 1960 dove lavorano contadini di montagna che utilizzano questa fonte di reddito per poter mantenere in vita le loro aziende agricole. Nasce cosi la figura del contadino operaio,che non aderisce ad alcune struttura sindacale o partiti di vario genere ma mantiene la sua impronta contadina. Ciò però lo porta alla schizofrenia,poiché lo stipendio è il reddito principale della famiglia,mentre l’agricoltura di montagna,portata avanti dalla donna assume una funzione limitata all’autoconsumo e col tempo si riduce sempre di più,ma nella coscienza dei contadini operai l’agricoltura si colloca di gran lunga al primo posto ed essi continuano a sentirsi veri contadini,che vanno in fabbrica solo per migliorare un po’ il reddito. A causa di questa schizofrenia essi non sono in condizione di contemperare in modo proficuo il mondo tradizionale con quello moderno,realizzando cosi una nuova sintesi capace di creare nuove prospettive economiche e culturali. Perciò la figura del contadino operaio nelle alpi rimane una fase di transizione destinata al declino. La modernizzazione culturale nelle città alpine procede con un certo ritardo rispetto alle città extralpine. Le città alpine perdono in ambito culturale la loro specifica relazione con le alpi e cioè la loro funzione economica,culturale e politica che le rendeva punti nodali per la regione alpina circostante. Esse si allontanano dunque sempre di più dalle alpi fino a trovarsi infine più o meno casualmente al margine delle alpi e non più NELLE alpi.
I valori tradizionali scompaiono in quanto non consentono più alcun futuro visibile e si affermano i valori moderni. Dalla sensazione di essere rimasti indietro e dal timore di lasciarsi completamente sfuggire lo sviluppo moderno,sorge una specie di panico di perdere l’occasione della vita. Si pensa di dover recuperare rapidamente il tempo perduto,e questo porta a progetti speculativi sovradimensionati e rischiosi. La società agricola ha espresso in modo esemplare una comune responsabilità verso l’ambiente,ha realizzato un’economia durevole e sostenibile,che ha addirittura aumentato la biodiversità delle alpi e sviluppato una responsabilità sociale nell’ambito della società contadina. La moderna società industriale e dei servizi ha incrementato a livelli estremi la produttività del lavoro umano,ha reso possibile lo sviluppo personale di tutti gli individui e ha introdotto procedure democratiche a livello politico. Senza una comune responsabilità verso l’ambiente e una struttura economica durevole e sostenibile non è possibile immaginare un futuro per le alpi come spazio economico e in cui vivere,perché il mondo tradizionale e quello del moderno si escludono a vicenda. Lo sviluppo culturale contribuisce in notevole misura a delineare l’attuale problematicità dello spazio alpino e spesso sono proprio il carente collegamento culturale tra mondo tradizionale e moderno e la mancanza di una comune responsabilità ambientale la causa dei rilevanti problemi che affliggono le regioni alpine.
La cultura alpina in senso stretto e cioè l’insieme di tradizioni,feste e manifestazioni popolari che vengono considerate tipicamente alpine e si svolgono di solito di domenica o nei giorni festivi. La maggior parte delle tradizioni considerate antichissime sono state inventate ex novo tra il 1840 e il 1914,ma danno l’impressione di esserci sempre state. Tutte queste tradizioni sono poi state riorganizzate e formulate nel XIX sec. Questa definizione e regolamentazione del movimento spontaneo persegue l’obiettivo di ripristinare la forma pure,autentica e originale della tradizione,cioè la condizione originaria che nel corso dei secoli è alquanto sbiadita. Nel 1911 venne costituito un comitato nazionale per il recupero e la promozione della tipicità salisburghese nelle usanze e nei costumi tradizionali. L’obiettivo era quello di proteggere l’originaria cultura popolare dalla distruzione portata dai nuovi valori e comportamenti giunti con la società industriale. Questi movimenti esprimono una critica conservatrice al processo di industrializzazione e alla società industriale che può assumere due diverse forme: da un lato si utilizza l’amministrazione per la bella natura e la gioia per un corteo di Schùtzen la domenica per dimenticare la distruzione della natura e la perdita di tutte le tradizioni in atto nei giorni lavorativi,oppure come compensazione di tale perdita;dall’altro dal collegamento della protezione della natura con lo Heimatschutz si sviluppa una contrapposizione alla società industriale che si cerca di attuare sul piano politico nell’ambito di una rivoluzione conservatrice. Sorge un bisogno di autenticità culturale ma anche di sicurezza e protezione che utilizza le alpi come spazio di protezione per scoprire qui il mondo sano in cui vengono ancora vissuti come una volta i valori autentici e originari. Che questo non sia un bisogno sociale di poco conto lo dimostrano la pubblicità turistica che sviluppa questo motivo,la pubblicità di comuni e regioni alpine che offrono terreni edificabili a persone che considerano trasferirvisi,o cercano di valorizzare i loro fattori di localizzazione leggeri per l’insediamento di imprese,cosi come la propaganda elettorale di alcuni partiti politici,per i quali le alpi rappresentano la prova del fatto che tradizione e modernità non sono in contraddizione. Le immagini delle alpi come mondo sano di tradizioni autentiche hanno però sempre qualcosa di irreale,perché l’attuale situazione economica e sociale delle alpi,è in totale contraddizione con tutto ciò. Per mantenere in piedi questa immagine,le condizioni vigenti nel territorio alpino devono essere percepite in modo molto selettivo: tutti gli elementi moderni devono essere sistematicamente occultati e rimossi cosi da potersi poi concentrare sui residui di mondo tradizionale: proprio come accade in molte pubblicazioni fotografiche sulle alpi. Da questa visione delle alpi estremamente selettiva emergono sempre bizzarre contraddizioni tra ideale e realtà,che invitano alla satira.
Vi sono però alcuni argomenti che si esprimono contro la percezione delle alpi come mondo integro e sano. In primo luogo tutti i clichè si rifanno al motivo della contrapposizione di una cultura alpina alla società moderna. In secondo luogo tutti i clichè fanno ricorso al motivo secondo cui l’autentico è allo stesso tempo l’originario e questo rimane autentico solo se non si trasforma. Il non cambiamento viene posto come valore positivo che appare tanto più positivo quanto più dura e quanto più trasmette un elemento di eternità. In ultimo luogo,tutte le tradizione e forme culturali precedenti alla rivoluzione industriale si trovavano in un processo di continuo cambiamento. In questa prospettiva,autentico significa che contenuto e forma della cultura e della tradizione si riferiscono a una situazione specifica e alle sue specifiche esperienze,poiché la forma di una volta non è in grado di dare una risposta alle domande culturali del presente. La moderna ricerca di ciò che è autentico e originario,distrugge la vitalità della cultura  e delle tradizione. Una reale armonia tra individuo e società non è dunque mai esistita. Emergono due elementi: l’ideologia che contrappone alla società moderna dell’immagine delle alpi come mondo sano,tradizionalista o tradizionale,si richiama senza alcun fondamento alle tradizioni alpine,nonostante questa ideologia sia fortemente orientata al passato,incarna una visione del mondo assolutamente moderna e l’unica differenza rispetto alla visione progressista consiste nel fatto che la prima non esprime altro che l’antitesi della seconda,ne rappresenta solo la riproduzione in negativo. Per questo si sostiene che non ci sia nessun ritorno al passato. L’immagine stereotipata della alpi come mondo sano consente cosi di strumentalizzarle per scopi turistici,economici e politici,operazioni discutibili da cui lo spazio alpino esce ancor più debole e impoverito.
L’attuale situazione politica in Europa è caratterizzata dal rafforzamento dei partiti di estrema destra in molti stati. Alcuni giornalisti,affermano che le alpi rappresentano una roccaforte della destra estrema in Europa.

20. CLASSIFICAZIONE DEI COMUNI IN BASE ALLA TIPOLOGIA DELL’ANDAMENTO DEMOGRAFICO: LE ALPI TRA METROPOLIZZAZIONE E SPOPOLAMENTO

Viene analizzata la situazione demografica alla fine dell’era agricola. Nel 1870,tutti i comuni alpini raggiungono il massimo demografico possibile nell’ambito della società agricola o meglio nei comuni della fascia altimetrica superiore e intermedia e in quelli situati a bassa quota ma con un rilievo sfavorevole la densità della popolazione si orienta allo sfruttamento massimo delle risorse agricole,quindi aumenta ancora un po’ nel corso del XIX sec grazie all’artigianato,commercio e all’emigrazione temporanea. Lo sviluppo economico si mette in moto in pieno regime attorno al 1880 e si arresta improvvisamente nel 1914,registra una ripresa poi tra il 1920 e il 1939 e poi si arresta nuovamente. Le cause della fioritura sono: l’accessibilità nelle alpi,lo sviluppo di aziende e zone industriali nelle alpi,la nascita della belle époque. Le aree alpine prive di queste nuove attività economiche registrano invece una diminuzione della popolazione o una stagnazione.
Attorno al 1955 inizia in tutta Europa una nuova dinamica economica che esercita una forte attrazione nei confronti delle regioni alpine a impronta internazionale. Aumenta il traffico di transito attraverso le alpi e nello stesso tempo migliora significativamente la posizione geografico-economica delle località di fondovalle dotate di buoni collegamenti. Il culmine si colloca intorno al 1971 o meglio nel 1981 quando vengono accolti il 50% degli occupati nelle alpi. A partire dal ’55 in Europa si sviluppa il turismo di massa. Da ciò deriva un immediato incremento delle infrastrutture turistiche in vaste aree delle alpi,dal ’65 nelle aree agricole privilegiate le innovazioni si affermano gradualmente negli ampi fondovalle,mentre nelle superfici svantaggiate si diffonde lo sfruttamento intensivo e l’abbandono delle colture. I comuni alpini in cui non si verifica una modernizzazione agraria e non si sviluppano altre moderne forme di utilizzazione continuano a perdere abitanti,per la mancanza di lavoro nelle città esterne alle alpi esercita una forte attrazione,il ’51 segna l’inizio di un calo della popolazione. La vasta caratterizzazione del calo della popolazione nelle alpi sudoccidentali resta invariata nella parte italiana ma si riduce in Francia sia per l’urbanizzazione delle aree vallive e del margine alpino e sia per lo sviluppo del turismo,un’altra area di spopolamento si verifica nelle alpi meridionali e sudorientali. Mentre nella parte occidentale delle alpi orientali si continua ad avere un andamento positivo.
Nella prima metà degli anni ’70 negli stati industriali il terziario supera per la prima volta la soglia de 50% degli occupati e continua ad aumentare,segnando fortemente l’inizio della società dei servizi. Migliorano i collegamenti delle città alpine e dei fondovalle che diventano facilmente accessibili grazie alle nuove strade e alla mobilità consentita da automobili e camion. Le città alpine prossime al margine alpino entrano in uno stresso rapporto di interrelazione funzionale con le vicine metropoli extralpine,cosi da diventare parte delle rispettive agglomerazioni extralpine. Mentre le grandi zone industriali d’Europa nella fase della società industriale erano situate a grande distanza dalla alpi,nella fase della società dei servizi le nuove regioni con un notevole dinamismo economico sono spesso abbastanza vicine al margine alpino. Le regioni alpine al margine delle alpi e vicine alle metropoli extralpine si trasformano gradualmente in regioni di pendolari. Tra il 1975 e il 1980 il boom industriale di esaurisce rapidamente. Molte filiali vengono chiuse con la perdita di molti posti di lavoro. A partire dal 1985 il turismo entra in una fase di stagnazione o fa registrare un leggero calo della domanda,fatto che afferma nettamente il suo dinamismo. Tra il 1985 e il 1999 non si assiste all’apertura di nessuna nuova zona turistica ma in tutte le principali località turistiche in questo periodo si procede a uno sviluppo quantitativo dell’offerta e a un notevole aumento della portata oraria degli impianti di risalita. Nel quadro di un’accanita concorrenza,il turismo inizia a concentrarsi sempre più nei grandi centri turistici. I piccoli comuni turistici iniziano a perdere abitanti. Nell’agricoltura si rafforzano due tendenze opposte: le aree privilegiate vengono ora utilizzate quasi ovunque con metodi molto avanzati a elevata intensità di capitali,mentre quelle meno favorite vengono abbandonate su vasta scala e ciò che resta dell’agricoltura tradizionale si riduce a una sopravvivenza relittuale con un forte invecchiamento. Le aree che perdono continuamente abitanti dal 1871 hanno ormai raggiunto un livello demografico cosi basso che si può parlare di spopolamento. La popolazione rimanente si concentra nei centri abitati facilmente accessibili delle valli principali e molte valli laterali restano disabitate. Nelle aree delle alpi italiane,non si vedono segni di ripresa e si formano invece vaste aree di spopolamento.
Nel periodo che va dal 1871 al 2000 vi fu una valutazione complessiva dell’andamento demografico a livello comunale,in questo periodo la popolazione registra un incremento dell’82% . lo svantaggio delle alpi nella fase della società industriale non riesce a essere compensato dallo sviluppo superiore alla media fatto registrare nella fase della società dei servizi e permane fino ai giorni nostri. Nel 2000 la popolazione alpina è distribuita in modo molto meno equilibrato rispetto al 1870. le fasce di bassa quota influenzano in modo determinante l’incremento della popolazione nel complesso del territorio alpino. Molti stati alpini hanno istituito comunità montane,spesso costituite da 10-20 comuni ed estese su una valle alpina di medie dimensioni. Questa è in effetti anche la dimensione politica adeguata per misure orientate allo sviluppo sostenibile. Risultati cartografici per la Svizzera: 1. regioni dominate da un centro urbanoà regioni alpine con più di 10000 abitanti,si tratta di regioni forti,il cui sviluppo è di importanza determinante per tutto il territorio alpino; 2. regioni di pendolarià regioni alpine che offrono pochi posti di lavoro in loco,con un tasso di pendolarismo in uscita per motivi di lavoro. Per la maggior parte dei casi ci si reca giornalmente in un grande agglomerato extralpino non lontano dal margine alpino; 3.regioni rurali o non dominate da un centro urbanoà la maggioranza della popolazione delle regione vive in comuni di tipo rurale. Questo tipo di regione corrisponde alla classica immagine delle alpi. Nella maggior parte dei casi queste regioni presentano problemi strutturali,spesso sono situate nella zona interna delle alpi,in una posizione accessibile,lontano dai grandi assi di transito;4à regioni rurali con un marcato calo della popolazione che prosegue nel presente. Qui economia,società e cultura subiscono un vero tracollo.

 

21. IMPORTANTI MODIFICAZIONI POLITICHE E STATALI DELLA TRASFORMAZIONE STRUTTURALE

I punti che accomunano questi stati sono riconducibili al fatto che in base alla loro struttura federale le regioni periferiche sono relativamente ben integrate nei processi di sviluppo statali,che le infrastrutture pubbliche sono relativamente adeguate ai problemi specifici del territorio alpino e che la questione delle minoranze non costituisce un problema prioritario. Negli stati federali le alpi occupano alte percentuali del territorio,per cui nella politica nazionale assumono un ruolo rilevante quale spazio economico e in cui vivere.
Stati Federali:
Austriaà non è un tradizionale stato alpino,per l’impero Ausburgico le alpi assumevano un’importanza secondaria e solo a partire dal 1920 e dal 1955 viene costruita una nuova identità nazionale alpina. Una seconda particolarità deriva dal fatto che tra il ’55 e l’89 l’Austria ha realizzato con molta coerenza un’economia di mercato a orientamento sociale,il che ha prodotto uno sviluppo diffuso sul territorio con disparità geografiche relativamente limitate e nello stesso tempo ha promosso lo sviluppo di attività economiche nelle zone rurali alpine. Le alpi austriache si dividono nel settore occidentale in cui si pratica il turismo e in quello orientale in cui non viene praticato. Svizzeraà la svizzera è lo stato con la più antica e intensa tradizione alpina,in cui il territorio alpino è in parte addirittura leggermente sovra rappresentato nel contesto statale. La svizzera comprende 4 lingue e culture e dispone delle più lunghe e profonde esperienze nel territorio alpino su come esse possano convivere con pari diritti. Inoltre nelle alpi svizzere si ritrovano tutti gli sviluppi presenti nell’intero spazio alpino,cosicchè esse riproducono come in una lente un concentrato della molteplicità alpina. La svizzera è considerata uno stato liberale. I cantoni di montagna sono stati a lungo contrari alla convenzione delle alpi e importanti forze economiche si oppongono ancora oggi a tale trattato,poiché esso danneggerebbe la libertà e la competitività dell’economia svizzera. Nell’agglomerato urbano di Zurigo si assiste per es. a una crescita della popolazione particolarmente sostenuta. Germaniaàle alpi bavaresi sono caratterizzate da 2 contraddizioni: nell’ambito del federalismo tedesco presenta al suo interno un’organizzazione molto centralista e nonostante esse non occupino una superficie molto grande dello stato federato assumono un ruolo importale a livello culturale. Le alpi bavaresi vengono utilizzate e percepite come spazio complementare della metropoli. Esse presentano di gran lunga il più alto incremento demografico fra tutte le sezioni alpine dei singoli stati.
Stati centralisti:
L’Italia e la Francia dall’inizio degli anni ’80 attenuano la loro struttura centralistica,questi paesi si differenziano dai tre stati federali e soprattutto nella cultura e nella mentalità questo centralismo è ancora oggi molto presente. Nei due stati centralistici le alpi occupano una superficie relativamente limitata e una posizione marginale ,rivestendo uno scarso peso politico,economico e mentale.
Franciaà nelle alpi francesi il processo di modernizzazione è iniziato prima rispetto a tutti gli altri paesi alpini.  Un cambiamento fondamentale avvenne a partire dal 1985,con la nuova legge della montagna. Questo significa che le strutture tradizionali a livello locale e regionale sono scomparse come in nessun’altra regione delle alpi e che numerose persone si sono trasferite. A causa della massiccia promozione delle alpi francesi è ovunque molto diffusa la tendenza a reinventare le tradizioni locali come messinscena turistica. Le alpi francesi sono suddivise in alpi settentrionali umide e nelle alpi meridionali asciutte. Italiaàle alpi italiane sono state relativamente poco interessate alla diffusione capillare della modernizzazione per cui dovrebbero essere il settore alpino nel quale le strutture e le culture tradizionali si sono conservate maggiormente. Qui si trovano le regioni di spopolamento attualmente più estese delle alpi. Un tratto caratteristico del centralismo italiano è la sua marcata mancanza di trasparenza. Il problema della cattiva gestione del territorio e dello sviluppo di un’urbanizzazione anonima e di scarsa qualità in ampie porzioni delle alpi italiane è anche legato da un lato all’inveterata pratica dell’improvvisazione nelle scelte e dal desiderio di rompere con i legami del passato e aprire le porte alla modernità. La larga maggioranza degli italiani che visitano le alpi considera esse come un idilliaco territorio rurale. I riti resuscitati sono una pura messinscena turistica da quelli in cui il recupero della tradizione è avvertito come un valore da parte della popolazione locale. Si possono dividere in alpi occidentali e orientali,caratterizzate dallo spopolamento e da quelle centrali che si trovano in una situazione migliore.
Dopo la II guerra mondiale le alpi slovene vengono capillarmente industrializzate. Questa alpi hanno svolto e svolgono un ruolo fondamentale sul dibattito della loro identità. Le alpi slovene vengono abitate dagli stranieri.
In Europa i microstati assumono un’importanza notevole,ben superiore alle loro dimensioni perché essi riescono ad attrarre determinate attività economiche. Lichtensteinà non ha una realtà molto a che fare con le alpi,perché gli insediamenti e le attività economiche sono situate per la maggior parte nella fascia pianeggiante lungo il Reno,essi svolgono però particolari funzioni nella convenzione della alpi partecipando attivamente alla funzione decisiva per la direttiva del protocollo dei trasporti. Principato di Monacoà la città stato nel ’94 ha aderito alla convenzione delle alpi.
La diversità delle condizioni dei diversi stai ha influito negativamente sullo sviluppo delle alpi fin dalla rivoluzione industriale: la loro trasformazione in periferia dal punto di vista politico,prosegue nella società industriale. Acquistano un’importanza sempre più decisiva per lo sviluppo delle alpi la dotazione delle infrastrutture pubbliche e le condizioni quadro statali per l’agricoltura di montagna,per la localizzazione industriale,per il turismo,la promozione culturale.. negli anni ’70 vengono varate in Austria,Svizzera,Italia e Baviera le prime politiche per la montagna,rivolte alle alpi e alle altre aree di montagna. Queste leggi mirano a conservare e rafforzare le aree montane. Si percepisce che problemi e opportunità di importanza fondamentale per lo sviluppo delle alpi richiedono una cooperazione transfrontaliera. Queste iniziative favoriscono una graduale riduzione delle barriere di mentalità tra Svizzera,Austria,Baviera e Italia nella politica della montagna. Nel corso degli anni ’80 nelle alpi si sviluppa una cooperazione più stretta,basata su comuni interessi e obiettivi specifici per la montagna.
Negli anni ’90 si formano due nuove strutture politiche: la convenzione delle alpi e della progressiva realizzazione di uno spazio economico europeo. La convenzione è un trattato internazionale per lo sviluppo sostenibile dello spazio alpino,essa propone un contenuto innovativo,le alpi diventano per la prima volta una macroregione europea,politicamente visibile e tangibile e inizia a delinearsi una politica alpina che si riferisce alle specifiche condizioni dell’ambiente, dell’economia e della società di quest’area. Sussiste il grande pericolo che i protocolli abbiano uno scarso contenuto tangibile. In secondo luogo la convenzione si occupa dele interrelazioni tra ambiente,economia e società. Nessuno stato attribuisce un’elevata priorità politica alla convenzione delle alpi, e quarto l’impostazione della convenzione oscilla fin dall’inizio tra gli obiettivi di una politica settoriale di protezione dell’ambiente e di uno sviluppo sostenibile concepito in modo bilanciato. Queste cause hanno fatto si che la convenzione producesse pochi effetti diretti sulle alpi. Negli anni ’80 ci fu la nascita nelle alpi di iniziative e queste con gli anni ’90 proseguirono anche grazie all’aiuto della convenzione. Il processo di unificazione europea aveva già contribuito a diminuire le differenze nazionali tra le alpi,ma con gli anni ’90 questo processo acquista una dinamica nuova. Dopo l’ingresso nell’unione europea dell’Austria e della Slovenia tutti gli stati alpini sono membri tranne Svizzera e Lichtenstein.  Con la convenzione delle alpi e il mercato europeo negli anni ’90 si delineano due concezioni delle condizioni politico-economiche comuni nell’area alpina. La convenzione punta a specifiche condizioni per le alpi ma queste vengono respinte in quanto tali dal mercato comune europeo. Il processo di armonizzazione europea procede veloce e dinamico e crea dall’alto nuove realtà,in grado di produrre.

22. BILANCIO COMPLESSIVO: LE ALPI SCOMPAIONO

  1. Le alpi scompaiono come area svantaggiata in Europa. Le alpi sono costantemente coinvolte nello sviluppo europeo e non ne sono emarginate o escluse,nell’età moderna vengono a costituire una sorta di periferia che reagisce con un certo ritardo alle innovazioni provenienti dall’esterno. Il passaggio alla società industriale aumenta notevolmente la crescita dell’economia e della popolazione. L’interruzione in cui lo spazio alpino segue con un certo ritardo e in forma attenuata lo sviluppo europeo,interviene tra il 1970 e il 1980 quando i tassi di crescita delle alpi superano per la prima volta quelli dell’Europa e in seguito tale vantaggio viene ulteriormente incrementato. Questo fatto segna una svolta secolare e la fine delle alpi come spazio svantaggiato d’Europa. Le alpi mantengono lo stesso un carattere di periferia poiché non diventano un centro innovazione autonomo in Europa,ma vengono semplicemente coinvolte molto rapidamente nelle innovazione dei poli vicini,poiché alcune di queste sono diventate parte dell’area di influenza di questa città.
  2. formazione di disparità geografiche e mutamento della loro articolazione territoriale. Se si considerano i singoli comuni e le regioni alpine,questo risultato positivo viene ben presto relativizzato e l’inversione di tendenza inizia con l’industrializzazione: con la concentrazione delle moderne attività economiche delle ristrette aree favorevoli e il declino di tutte le altre forme di utilizzazione si delinea un fondamentale cambiamento,con l’industrializzazione si formano disparità nell’economia,nella società e nell’ambiente alpino. Nella prima fase tali disparità si estendono su vaste aree e i comuni caratterizzati da un calo demografico formano spesso regioni estese e compatte. La maggior parte dei comuni turistici e per i comuni in cui la popolazione aumenta perché scelto come luoghi di residenza da numerosi pendolari. Le disparità geografiche non scompaiono dopo la II guerra mondiale ma modificano solo la loro articolazione territoriale.
  3. le alpi si combattono tra metropolizzazione e spopolamento. Le aree rurali abitate e utilizzate in modo capillare ed estensivo,con la loro specifica struttura di economia,società e paesaggio,nell’ambito di questo scenario scompaiono gradualmente,in quanto forme economiche e di vita multifunzionale e non orientate alla massimizzazione dello sfruttamento non sono più competitive e hanno due prospettive: urbanizzarsi o spopolarsi. Con il declino dell’agricoltura tradizionale ed estensiva in tutte le aree svantaggiate viene abbandonata ogni forma di utilizzazione mentre si intensifica lo sfruttamento delle aree pianeggianti o in lieve pendenza facilmente accessibili. Lo stesso succede per le aree sfruttate a fini turistici e per tutte le aree occupate da insediamenti,infrastrutture di trasporto o di altro tipo. Questo processo porta in entrambi i casi alla diminuzione della tradizionale varietà delle specie e a una crescente minaccia di catastrofi naturali.

La causa della scomparsa delle alpi è oggi ricondotta alla globalizzazione,questa si ricollega alla concezione secondo cui in precedenza lo sviluppo economico aveva un andamento positivo e solo con la globalizzazione del 1970 sono avvenuti gli effetti negativi. Ma la scomparsa delle alpi è sicuramente dovuta anche alla rivoluzione industriale. La maggior parte dell’economia regionale fino al XIX sec è rimasta all’interno delle strutture dell’economia di sussistenza ma dal medioevo queste strutture si sono modificate e una quantità crescente di prodotti veniva scambiata e venduta nei mercati tra montagna e valle e tra le alpi e la regione prealpina. La globalizzazione intervenuta negli anni ’80 significa solo un’ulteriore espansione verso un mercato internazionale o globale. Anche le trasformazioni dell’ambiente e del paesaggio rappresentano un adeguamento dell’uomo alla natura anzi meglio la sottomissione della natura ai bisogni dell’uomo. Le alpi hanno preso parte della modernizzazione d’Europa sin dal medioevo. Questo rapporto specifico è decisivo per la riproduzione e la stabilità delle strutture e va verso la rivoluzione industriale.
I numerosi problemi che a partire dall’industrializzazione sorgono nelle alpi con la trasformazione strutturale si radicalizzano col processo di scomparsa delle alpi,poiché in seguito a ciò numerosi problemi vengono a collegarsi direttamente per cui prende forma un intreccio di problemi estremamente difficile da superare. Prevalgono i  singoli obiettivi molto specialistici. Cioè riflette in una caotica organizzazione del paesaggio che a causa della mancanza del coordinamento produce un pesante impatto sull’ambiente e compromette in notevole misura la qualità residenziale e della vita. Natura e ambiente vengono visti esclusivamente come materiale e risorse ,rifiutando quindi la necessità della riproduzione ecologica per cui si generano innumerevoli problemi ambientali. La moderna trasformazione strutturale nel territorio alpino porta a condizioni che non possono più essere definite sostenibili poiché nelle nuove forme non hanno alcun carattere di stabilità.

23. COSA SIGNIFICA SVILUPPO SOSTENIBILE PER LE ALPI?

Il concetto di sostenibilità rimane vago,e dunque la questione del futuro delle alpi non è possibile fare semplicemente riferimento all’idea di sostenibilità,ma occorre chiarire in linea di principio come si possa o si debba configurare un futuro delle alpi,che renda possibile un loro sfruttamento durevole come spazio in cui l’uomo vive e svolge le sue attività.
Questa concezione parte dal presupposto che uno sfruttamento della natura intensivo in poche aree privilegiate possa essere praticato in modo durevole e sostenibile. Il modello territoriale di agglomerati urbani più wilderness rappresenterebbe l’attuazione ideale del concetto di sostenibilità. La posizione opposta presuppone invece che le città non siano necessarie,perché tutto lo spostamento produce traffico e questo comporta la distruzione dell’ambiente.
Per quanto riguarda l’economia di sussistenza non rappresenta l’unica forma possibile di economia sostenibile. La concentrazione territoriale della vita umana esclusivamente nelle città dovrebbe perciò provocare una grave perdita in termini di qualità della vita.
Vi sono due concezioni: la modernizzazione forzata e il rifiuto della modernizzazione. Per quanto riguarda la prima,i modelli territoriali europei si trasformano e le alpi ricadono sempre più nei bacini dì influenza delle metropoli prossime al margine alpino. Lo sviluppo sostenibile deve tener conto di tali situazioni,le alpi non hanno un ruolo autonomo nell’attuazione dello sviluppo sostenibile,e assumono importanza solo in quanto parte delle nuove regioni cui vengono aggregate. La seconda posizione si presenta come difesa di isolamento dell’esterno: nel quadro di questa negativa trasformazione si rafforza l’impressione che uno sviluppo positivo sia possibile solo facendo riferimento a se stessi e isolandosi contro il cambiamento strutturale e la globalizzazione proveniente dall’esterno. Le alpi spariscono quali portatrici di un autonomo sviluppo sostenibile,oppure sono le singole regioni o gli stati alpini a farsi portatori dello sviluppo sostenibile. Io sono dell’opinione che entrambe le concezioni siano sbagliate e nessuna delle due rappresenti una prospettiva ragionevole per un futuro sostenibile delle alpi.
Il problema di fondo è la modernizzazione forzata delle alpi,consiste nel fatto che le alpi si riducono a svolgere il ruolo di uno spazio complementare,integrato nell’area di attrazione delle metropoli: i diversi settori alpini si collocano alla periferia di queste regioni e rivestono un ruolo economico,culturale politico molto debole. Nelle zone propriamente montane sorgono aree aziendali,ricreative,per la fornitura di acqua potabile e per la protezione della natura,lo sviluppo sostenibile sorge solo se un territorio viene utilizzato in modo multifunzionale,mentre un uso monofunzionale fa si che gli uomini si limitino a instaurare un rapporto parziale o settoriale con l’ambiente in cui vivono o in cui trascorrono il tempo libero senza sviluppare una responsabilità complessiva. Quest’impronta specifica alpina,non può tuttavia essere realizzata all’interno di spazi ausiliari a carattere monofunzionale,poiché questi rivestono un’importanza molto limitata nell’ambito di una regione metropolitana e poiché di solito sono i grandi centri metropolitani che determinano direttamente l’articolazione delle diverse forme di utilizzazione. Le alpi non possono svilupparsi in modo sostenibile se si riducono a mero spazio complementare nell’area di attrazione delle metropoli europee. Il problema fondamentale della concezione del rifiuto della modernizzazione,consiste nel fatto che la riduzione delle interrelazioni funzionali con i poli economici europei e globali mette in pericolo molti posti di lavoro nelle alpi e di conseguenza pone in discussione l’esistenza delle alpi come spazio abitativo ed economico. I problemi concreti delle alpi si sottraggono al dualismo tra bene e male,il turismo non è in se per se buono o cattivo ma il giudizio dipende dalla concreta fisionomia che assume nelle singole località e lo stesso vale per la città,in ogni circostanza sono intrecciati fattori positivi e negativi. Per arrivare ad una soluzione realistica dei problemi si deve prima procedere nell’analisi degli stessi. Le alpi possono realizzare uno sviluppo sostenibile solo non isolandosi dal resto d’Europa e non riducendosi a bacino d’influenza delle singole metropoli ma restando uno spazio abitativo ed economico relativamente autonomo e multifunzionale con una propria responsabilità. Le alpi possono essere uno spazio economico autonomo solo se allo sfruttamento delle risorse alpine a opera di elementi endogeni si unisce quello di elementi esogeni. Nell’ottica della sostenibilità tutte le forme di utilizzazione devono essere portate avanti in modo da essere compatibili con l’ambiente e per la creazione o il rafforzamento di organismi di responsabilità ambientale è necessaria un’equità e un equilibrio tra operatori endogeni,esogeni e ubiquitari,che è realizzabile solo con difficoltà perché gli utenti endogeni si trovano oggi in una posizione molto debole. In caso di conflitto essi devono avere la priorità poiché i problemi della sostenibilità riguardano la loro stessa vita,dato che non possono semplicemente trasferire altrove la loro attività come gli altri gruppi fruitori. Lo spazio alpino ha bisogno di una base economica solida in cui le attività endogene,esogene e ubiquitarie sono strettamente collegate tra di loro.
Lo sfruttamento endogeno delle risorse nelle alpi è attualmente di gran lunga la forma di utilizzazione più debole come l’agricoltura,l’artigianato, a questo scopo sono necessari elementi innovativi. Lo sfruttamento esogeno delle risorse è già molto intensivo e non si può puntare a svilupparlo ulteriormente,bisogna renderlo compatibile con l’ambiente. Le attività ubiquitarie si concentrano quasi esclusivamente nei fondovalle meglio accessibili. Esse utilizzano il suolo o le infrastrutture senza sviluppare una responsabilità per questo territorio e senza elaborare specifiche forme di utilizzazione.

24. LA CONVENZIONE DELLE ALPI COME QUADRO DI RIFERIMENTO PER SVILUPPI TIPICI REGIONALI

Le alpi devono presentarsi in Europa unite e compatte,per far capire inequivocabilmente che esse non possono essere trattate come uno spazio a disposizione delle città metropolitane e che le direttive economiche omogenee ed estese a tutta l’Europa non sono adatte al territorio alpino e devono perciò essere modificate.
Non è possibile realizzare questa politica unitaria per la promozione dello sviluppo sostenibile anche all’interno delle alpi,poiché in esse le singole situazioni sono cosi diversificate che comuni condizioni quadro,comuni misure e comuni obiettivi avrebbero effetti negativi. L’aspetto prioritario della politica regionale nelle regioni urbane consiste quindi nella creazione per la prima volta di una politica specificamente alpina per le città e gli agglomerati urbani. Nelle regioni rurali bisogna dare invece priorità al mantenimento e al miglioramento qualitativo delle infrastrutture diffuse sul territorio,perché solo cosi si può garantire il mantenimento di posti di lavoro decentrati e favorire la creazione di nuovi. L’equilibrio tra le regioni urbane e le regioni rurali dovrebbe essere negoziato nell’ambito della convenzione delle alpi.
Per ogni tipo di regione si presenta una strategia diversa; per le regioni dominate da un centro urbanoài problemi principali sono in questo caso il rischio di metropolizzazione delle città e l’elevata densità di insediamenti,vie di comunicazione e attività nei fondovalle facilmente accessibili. Bisogna qui quindi rafforzare le infrastrutture centrali e ridurre l’inquinamento ambientale,rallentare la crescita del numero dei pendolari giornalieri e della distanza percorsa;regioni dei pendolarià il problema principale è la separazione fra il luogo di residenza,il luogo del lavoro e la conseguente dipendenza dall’esterno,che si riflette sulla mancanza di una comune responsabilità per l’ambiente e lo spazio in cui si vive,occorre da un lato rafforzare il centro urbano regionale e controllare lo sviluppo dell’insediamento per evitare che sorgano anonime strutture suburbane. Regioni rurali o non dominate da un centro urbanoà il problema fondamentale è l’urbanizzazione in caso negativo lo spopolamento. La struttura economica caratterizzata da attività sparse sul territorio deve perciò essere consolidata attraverso interventi mirati di collegamento con l’economia regionale,rafforzata con un migliore sfruttamento delle risorse endogene e ulteriormente promossa con la creazione di posti di lavoro ubiquitari. Regioni di spopolamentoà il problema fondamentale consiste in questo caso nel tracollo dell’economia e della cultura,con l’aggravante che a causa dell’irrigidimento culturale le strutture esistenti non possono essere utilizzate come base per una valorizzazione. Si ha una valorizzazione economica e culturale attraverso una ricostruzione di strutture intrecciate. In sostanza i problemi e le possibilità di uno sviluppo regionale sostenibile sono cosi differenti nei 4 tipi di regioni che ogni strategia unitaria a livello alpino è destinata a fallire. L’idea guida del doppio uso equilibrato può perciò essere adottata e sviluppata in modo differenziato all’interno e verso l’esterno. In questo modo l’idea di fondo esposta diventa comprensibile solo nei contenuti,i suoi obiettivi vengono definiti in modo concreto e operativo e possono essere messi in pratica a livello politico.
È importante modellare il concreto sviluppo regionale in base all’appartenenza di una regione a un determinato tipo,e prendere successivamente in considerazione l’individualità e le peculiarità di questa regione come modificazione,come variante dello sviluppo regionale sostenibile,evitando cosi ogni schematismo. È vero anche che nelle alpi è la regione il principale motore dello sviluppo sostenibile. I livelli politici inferiori si assumono la concreta organizzazione nei contenuti dell’idea guida dello sviluppo sostenibile e i livelli politici superiori fino alla convenzione delle alpi verificano se i programmi regionali corrispondono realmente al concetto di sostenibilità e non contengono eventuali egoismi regionali nascosti,e si accertano che dai singoli programmi regionali scaturisca un convincente programma generale democraticamente legittimato e non un’enumerazione di singole aspirazioni locali. Questo significa che con una buona cooperazione tra iniziative locali,reti alpine,gruppi,convenzione delle alpi si affrontano tutti i problemi e si ricercano delle soluzioni sostenibili. Le alpi sono legate all’Europa dal punto di vista funzionale e sono dotate nello stesso tempo di una propria autonomia.

25. LA POSIZIONE DELLE ALPI IN UN’EUROPA SOSTENIBILE

Le alpi sono strettamente interrelate con l’Europa e con il mondo,possono svilupparsi in modo sostenibile solo se anche in questo più ampio contesto le condizioni di riferimento dell’UE e dell’economia globale assumono una fisionomia sostenibile. Lo stretto rapporto tra le alpi e l’europa o il mondo fa si che le condizioni generali e le modifiche coinvolgano direttamente le alpi e che i problemi che ne derivano non possano essere risolti operando solo all’interno delle alpi. Infatti le alpi non sono un caso particolare in Europa ma rappresentano il caso normale. È essenziale trattare le alpi e il loro sviluppo sostenibile come caso normale poiché si possono cosi risolvere i problemi della regione alpina. Le alpi possono assumere un ruolo di macroregione all’interno di un’ UE sostenibile: la sostenibilità delle condizioni dell’UE dovrebbe essere accompagnata dalla creazione di grandi regioni o macroregioni europee. Le alpi diventano oggetto di politica regionale dell’UE come spazio complessivo per cui diventa possibile finanziare iniziative e progetti a livello alpino. Negli ultimi anni le condizioni delle alpi sono migliorate. La questione sulla questione delle alpi assume una particolare importanza,poiché non è affatto scontato che l’uomo possa utilizzare l’ambiente alpino a lungo termine e che in esso possa vivere durevolmente. La causa di un’elevata sensibilità si basa sul fato che in un sistema montuoso giovane,le interrazioni tra uomo e ambiente sono dirette. Nel corso della storia la popolazione alpina ha sempre attribuito un grande valore all’adeguata percezione di tali relazioni e queste hanno sempre svolto un’importante funzione nelle culture tradizionali alpine. Le alpi continuano a opporsi allo sfruttamento illimitato che ne deriva: sia perché la violenta dinamica naturale si traduce in catastrofi naturali,sia perché vi sono gruppi e iniziative che bloccano il traffico di transito,occupano eliporti o fanno naufragare progetti tecnici di grande portata. Nelle alpi i problemi si manifestano solo prima e in modo più drammatico rispetto a molte altre regioni d’Europa. Questo è anche il motivo per cui è cosi difficile realizzare uno sviluppo durevole e sostenibile. Un’attuale analisi ha sottolineato questa difficoltà: per la stabilizzazione ecologica dei paesaggi culturali divenuti instabili e per la conservazione delle alpi come spazio economico non è sufficiente elaborare dei programmi per la difesa poiché in tutti i settori c’è bisogno di un modo per fare economia. Senza un cambiamento fondamentale del rapporto con l’ambiente non si può dunque realizzare uno sviluppo sostenibile. Deve esserci un rapporto chiaro con l’ambiente,altrimenti ciò potrebbe portare a non avere futuro e a distruggere sia le basi materiali che immateriali.

 

Fonte: http://www.appuntiunito.it/wp-content/uploads/2013/11/geografia.doc

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