Russia e CSI
Russia e CSI
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Russia
Con il nome Russia si indica il nome di una nota regione del mondo antico che nel corso della storia si estese man mano, comprendendo l’Europa del ex URSS (Unione Repubbliche Socialiste Sovietiche), l’Asia e la Siberia. Il nome Russia corrispondeva all’impero Russo; oggi Federazione Russa.
Storia
Le origini
La storia della Russia, per unificare le stirpi Slave sotto la guida di una forte monarchia, iniziò attorno alla metà del IX secolo, quando alcune popolazioni Slave della Russia settentrionale insieme a coloni Svedesi, che abitavano nella stessa regione, si rivolsero ai Normanni per chiedere protezione contro i nomadi Chazary provenienti dall’est. Li aiutò il danese Rjurik andando a Novgorod (865) e inviando una spedizione a conquistare Kijev e poi minacciando Costantinopoli stessa con l’aiuto di altri Svedesi che avevano fondato uno stato di guerrieri e mercanti vicino al Mar d’Azov.
Furono quindi i Normanni a far nascere nelle tribù Slave un pensiero unitario avviandoli così verso la formazione di un unione statale fra il Mar Baltico e il Mar Nero.
I successori di Rjurik, fecero di Kijev capitale e centro del principato, comprendente tante tribù Slave dal golfo di Finlandia ai laghi Onega e Ladoga al Mar d’Azov e al Caucaso, dalle paludi del Pripjat al Volga. Spingendosi fino a Costantinopoli (907) assalirono i Bizantini (941-944), sconfissero Bulgari e Chazary (967-’68). Mentre il Cristianesimo avanzava da Occidente e si diffondeva tra gli Slavi, Vladimiro I si convertì (988) e introdusse il cristianesimo a Bisanzio; nel 1054 i suoi discendenti seguirono i Bizantini per andare contro le pretese della Chiesa Romana e dello scisma che ne seguì.
Questa decisione separò la Russia per lunghi secoli dall’Occidente. Kijev rimase indipendente e fu capitale religiosa prima di Mosca (Sec. XIV). Iaroslav riunì il principato e lo dotò di un codice, la Russkaja Prauda. Alla sua morte però ripresero le lotte tra figli e nipoti e i cumani (predoni di stirpe turca) devastarono le steppe ucraine. Kijev si impoverì e decadde, ne frenò la caduta Vladimiro II , quando, battendo i Cumani, sembrò di poter restaurare lo stato.
Nel 1169 Andrea Bogolijubiskij prese la città e la saccheggiò, ma Andrea e i principi alleati continuarono a suddividere il territorio ai figli, indebolendosi progressivamente. Le forze della Russia erano tre: la città mercantile di Novgorod, (democratica), la Moscovia che ingrandendosi spense i ducati vicini e la chiesa che acquistò influenza sempre maggiore sul popolo e ne ampliò i possessi. Scomparsa la capitale le altre città crebbero in ambizione e ricchezza, ma l’invasione dei Mongoli (1237-41) le travolse e le distrusse.
Presto si rialzò Mosca che usò il favore dei Mongoli, per costruire la sua grandezza. Batu (nipote di Gengis Khan) conquistò la Russia ponendo la sua sede a Sarai, sul Volga e ne fece la capitale del Qipciaq (o orda dell’oro) dipendente dal Gran Khan.
I Mongoli si limitarono a raccogliere tributi senza curarsi della popolazione e rispettando solo la chiesa ortodossa. Il dispotismo e la schiavitù contribuì a separare la Russia dai progressi dell’occidente, nemmeno la dominazione mongola, fece da unità tra le genti russe che, svilupparono vita autonoma come la Russia Bianca, con centro a Smolesk, sottomessa nella prima metà del XV secolo dai Lituani e la Piccola Russia o Ucraina minacciata e invasa dai Polacchi.
Tributaria dei Mongoli, ma indipendente, rimase Novgorod difesa dal principe Alessandro Nevskij, che battè i lituani, i cavalieri teutonici e i svedesi. Con il figlio di Alessandro iniziò l’ascesa di Mosca, favorita dalla posizione geografica che permetteva di collegarsi, per fiume, col Mar Baltico, il golfo della Finlandia, il bacino del Volga, il Mar Caspio e Nero. Nel XIV secolo i principi di Mosca erano esattori dei tributi del Khan. Questo gli consentiva di usare truppe mongole contro principati rivali e di arricchirsi, facendo la fortuna di Ivan I, principe di Mosca, che dopo aver represso la rivolta antimongoli di Tver e delle altre città centrali ampliò il territorio.
Nella seconda metà del secolo, iniziò in Russia una vera guerra contro i mongoli, ormai indeboliti da lotte interne. Nel 1380 il principe di Mosca Dimitrij Donskoj battè i Tartari a Kulikovo. Due anni dopo i turco-mongoli assalirono Mosca, Vladimir e le altre città, ma pochi anni dopo lo stesso contingente sconfisse un esercito dei Qipciaq che si era ribellato, colpendo il Khanato prepararono involontariamente la riscossa russa.
All’inizio del XV secolo, Mosca era insidiata da Mongoli e Lituani. Per fortuna col passare degli anni allentarono l’assedio: ora spettava a un principe risoluto il compito di unificare la Russia.
Da Ivan III all’ascesa dei Romanov
Con Ivan III, il granducato di Mosca iniziò una espansione con la formazione di un grande impero. Ivan era circondato: a nord la potente Novgorod, a sud e sud-est i Tartari e il granducato di Lituania e regno polacco ad ovest e sud-ovest. Ivan aveva la superiorità militare che gli permise di conquistare Jaroslavl nel 1463, Perm nel 1472, Rostov nel 1474 e Tver nel 1485.
Nel 1471 Ivan finì la lotta contro Novgorod, in decadenza, fu soppressa dall’indipendenza nel 1478. Lottare contro Mongoli e Lituani era meno semplice. Ivan non battè i Mongoli che evitarono la battaglia ma, cessò d’esserne tributario. Neppure con i Lituani, Ivan vinse , ma ormai le sue frontiere giungevano da Kijev a Smolensk. La sua autorità sugli Slavi si incrementò quando sposò Sofia Paleologo, nipote dell’ultimo imperatore Bizantino. Con questo atto accettò l’eredità dell’impero bizantino sul piano religioso e fece di Mosca la III Roma.
Quando Ivan morì, lasciò un enorme stato a nord con l’adesione di molti paesi dipendenti da Novgorod.
I suoi successori tentarono di risolvere due problemi:
- un regno slavo compatto che si era insediato tra i tartari-turchi, i lituani-polacchi e l’ordine teutonico che si frapponeva con ostacolo tra la Russia e il Baltico.
- quello di dare alla Moscovia un accordo sociale per la difesa del paese, l’agricoltura e l’artigianato.
Fu questo il compito che toccò a Ivan IV, detto il Terribile (1547-84). Della sua storia si ricorda specialmente la sua passionalità sfrenata, la grande crudeltà, l’uccisione del figlio, il terrore eretto a sistema di governo.
Si ricorda che Ivan, uomo di idee chiare e quella volta geniali, trasformò la Russia in monarchia e, economicamente verso un avvenire imperiale. Con lui la Moscovia arrivò a Kazan (1547-52) ed a Astrahan (1557) sconfiggendo i Mongoli e spalancando le vie del commercio orientale ai suoi sudditi. Ad occidente lo zar pretese di attaccare l’ordine teutonico in Livonia, ma fu sconfitto. La Moscovia sembrava bloccata, ma i suoi progressi erano importanti.
Sotto Ivan nasceva, tra i contadini, un artigianato rurale non del tutto primitivo.
Non si può dimenticare che durante questo regno incominciò una migrazione verso gli Urali e la Siberia (1582), impresa che nei secoli successivi si trasformò in una colonizzazione grandiosa. Il potere assoluto moscovita sembrava saldamente fondato.
Uno zar inerte, Teodoro (1584-98) e un energico reggente di ascendenza mongola, Boris Godunov, (1598-1605) risvegliarono l’opposizione, e questa, già favorita dall’imperversare delle carestie (1601-03), trovò l’appoggio nelle ambizioni polacche. Sorse un pretendente, Demetrio, un figlio di Ivan IV, costui, con un piccolo esercito di volontari polacchi, con una moglie polacca di stirpe illustre, con l’aiuto della Chiesa romana e dei gesuiti, riuscì a farsi proclamare zar (1605) al posto di Boris, morto misteriosamente. Una rivolta di boiari lo rovesciò e lo soppresse (1606) ponendo sul trono un boiaro, Vasilij Suiskij, costretto a difendersi contro un secondo falso Demetrio e contro le forze polacche alla conquista di Mosca.
Il tempo lavorò a favore di una riscossa russa. Nel disordine generale scomparvero dalla scena il secondo Demetrio, lo zar Basilio e infine i Polacchi, che avevano tenuto il Cremlino per oltre due anni (1610-12). Riprese lo Zemskij Sobor (l’assemblea di proprietari terrieri), che già aveva eletto Boris Godunov e che sosteneva la candidatura “nazionale” di Michele Romanov, un sedicenne imparentato con Ivan IV. Riprese la nobiltà dei cortigiani, che vide restaurati i suoi diritti. Ciononostante la Russia di Mosca era in condizioni pietose: gran parte dei contadini, abbandonate le campagne, avevano migrato verso il sud, rafforzandovi quella popolazione cosacca che, organizzata militarmente ma indipendente sino all’anarchia, aveva tanto contribuito a rendere confusa e tragica la situazione politica durante la cosiddetta smuta (età dei torbidi).
Dall’ascesa dei Romanov all’età delle imperatrici
Il periodo dei primi Romanov (Michele e Alessio) vide la lenta ricostruzione di uno Stato devastato. La servitù della gleba divenne la norma assoluta per tutte le campagne russe; l’oppressione del contadino e del cittadino umile da parte dello stato e dei proprietari terrieri si ampliò dando origine a violente rivolte sociali.
Non mancarono però in questo periodo, gli elementi positivi: l’umanità dei due zar ridiede ai popoli la speranza di una protezione; si allacciarono rapporti con l’Occidente; si svilupparono i commerci; Mosca si ingrandì e accolse molti stranieri, i Cosacchi, dopo aver lottato a lungo contro i sovrani polacchi, giurarono fedeltà allo zar.
Era già una Russia in via di lento rinnovamento quella che Pietro I si trovò dinanzi quando, alla morte della madre, assunse finalmente il potere (1694). Uomo avvezzo a sperimentare di persona uomini e cose, incline alle scienze e alla tecnica con il potere, attuò i suoi programmi e calcoli, le sue cognizioni furono utilizzate per allargare il suo potere. L’ingrandimento dello Stato sino al Baltico e al Mar Nero, conseguimento di una superiorità militare sugli Stati vicini (Svezia, Polonia, Turchia) e l’inserimento della grande politica europea. Tutto questo esigeva che il paese fosse pacifico all’interno e che la maggior parte degli abitanti fosse persuasa di dover lavorare.
Le riforme di Pietro, inasprite dal suo carattere diventano tutte chiare in questa prospettiva: il moltiplicarsi delle imposte e tasse, i censimenti a scopo fiscale, la mano d’opera per le fabbriche raccolta attraverso il reclutamento forzato; l’obbligo per i nobili di servire nell’esercito, nella marina o nella burocrazia; l’aggravarsi dei pesi e dei doveri sui servi della gleba; l’istruzione estesa a varie classi sociali, ma tutta basata sulle discipline utili alla guerra; l’incoraggiamento a mercanti e tecnici occidentali perché si stabilissero nel Paese; l’istituzione del Santo Sinodo, un organo statale che sostituì il patriarcato e finì per assoggettare la Chiesa agli interessi dello Stato. Lo sterminio degli strelizzi (casta militare), decisi a lottare per la loro sopravvivenza contro la stessa autocrazia.
La politica estera non si risolse sempre in successi: Turchi e Svedesi inflissero alle forze dello zar gravi sconfitte. Ma lo sforzo immane della Russia raccolse infine i suoi frutti. Sconfitta la Svezia, contenuta la decadente Polonia, Pietro ottenne la Livonia, l’Estonia, l’Ingria, parte della Camelia. Affermò con la fondazione di Pietroburgo la vocazione occidentalistica dell’impero russo. Ma benché il commercio fosse ormai indirizzato verso l’Occidente non mancarono gli scambi con la Cina, l’Asia centrale e la Persia.
Pietro morì nel 1725, la sua morte segnò l’inizio di un nuovo periodo: l’autorità della monarchia decrebbe, si moltiplicarono gli intrighi di corte e le prepotenze dei favoriti, i nobili ottennero di mantenere i privilegi e non gli obblighi di servizio. Nessun progresso per le classi umili, costretti a servizi gravosi.
Dopo la sua morte, molte donne salirono al trono: Caterina I (1725-27), Anna Ivanovna (1730-40), Anna Leopoldovna (1740-41), Elisabetta (1741-61), Caterina II (1762-96).
Migliore sembrò il governo di Caterina II, una principessa tedesca, dissoluta, non si lasciò condizionare dalle sue passioni, ma si dedicò agli affari di stato con solerzia e perspicacia. Entrò alla corte la cultura occidentale più di quanto non si fosse veduto sino allora, ma al popolo l’autocrazia mostrava ancora il suo volto più arcigno e crudele. Mentre Pietroburgo si abbelliva di stupendi edifici, scoppiò la rivolta di Pugacëv (1773-75) che, raccolto un grosso esercito di contadini fuggiaschi, cosacchi, operai e barcaioli del Volga, imperversò nei territori del Volga e dell’Ural, conquistando parecchie città e mettendo a repentaglio
la sicurezza dello Stato.
Importanti successi furono conseguiti nella politica estera. Le tre spartizioni della Polonia (1772,1793,1795) offrirono alla Russia l’acquisto di territori a ovest ed un progresso nel ruolo di potenza mondiale.
Fu preziosa l’avanzata della Russia verso il Mar Nero a spese dei Turchi.
Con la pace di Küciük Qainargè (1774) le navi russe furono autorizzate a navigare liberamente su quel mare e a servirsi degli stretti per il commercio coi Paesi europei.
La Russia possedeva ormai le terre produttrici di grano e si era accaparrata i porti per l’esportazione.
Dal Secolo XIX al tramonto dell’Impero Russo
Paolo I (1796-1801) evidentemente squilibrato, rappresentò una triste parentesi; ad Alessandro I (1801-25) toccò ormai il compito di dirigere la Russia, prima e dopo la vittoria su Napoleone, sulla via di un rinnovamento morale e sociale. Tutto sembrava preannunciato: l’educazione liberale ricevuta dallo zar, l’apertura del Paese a libri e idee europee, la nuova coscienza delle giovani generazioni, l’influenza occidentale subita da nobili e militari attraverso le guerre coi Francesi, l’unione spirituale di tutti i russi di fronte all’invasione straniera. Eppure Alessandro riuscì a vanificare queste promesse, passando in pochi anni da un liberalismo velleitario e dai vasti programmi di riforme costituzionali a un misticismo altrettanto dilettantesco e, più tardi, sotto l’influsso dell’onnipotente ministro Arakceev e di Metternich, a una posizione nettamente reazionaria sia di fronte ai suoi sudditi sia dinanzi alle nazioni che invocavano libertà.
Nei primi anni del regno di Alessandro il commercio e l’istruzione avevano chiaramente progredito, ma dopo le guerre del 1812-15 scomparve ogni prospettiva di rinascita e le classi lavoratrici ripiombarono nella loro schiavitù. La creazione del nuovo regno di Polonia, assegnato allo zar, non recò alcun vantaggio per l’impossibilità in cui si trovava il governo di Pietroburgo di risolvere i problemi d’altri popoli, non sapendo risolvere i propri.
Era logico che sorgessero in Russia società segrete, nate da malcontento delle classi alte.
Si giunse a programmare la deposizione di Alessandro o addirittura lo zaricidio; ci fu nel dicembre 1825 il tentativo di colpo di stato dei decabristi, fallito per errori d’organizzazione, ma rivelatore di una crisi profonda. L’aver inaugurato il regno con questo drammatico evento indusse Nicola I, fratello di Alessandro, a imboccare sin dall’inizio la via di una reazione organizzata in ogni particolare. Nicola volle essere il “gendarme d’Europa”, la sua coerenza morale, gli consentì d’immobilizzare la storia russa nel rifiuto d’ogni novità e nella lotta contro ogni idea che minacciasse il sacro trinomio: ortodossia, autocrazia, nazionalismo.
Per Nicola la salvezza della Russia stava nel resistere al contagio delle idee d’Occidente, il che spingeva fatalmente all’opposizione tutta la intelligencija. Il controllo del pensiero e dell’attività dei nemici, del regime di Nicola, esercitato da una polizia oculatissima, bloccò ogni tentativo di protesta o di rivolta.
Le armi russe furono, vittoriose in più occasioni: soffocarono l’insurrezione polacca, avanzarono in Caucasia, in Persia e nell’Asia centrale, sconfissero gli Ungheresi ribellatisi contro Vienna. Ma la guerra di Crimea (1854-55) rappresentò un grave scacco, non solo perché scatenò in difesa della Turchia le maggiori forze militari dell’Occidente o perché fece perdere alla Russia il predominio sul Mar Nero, ma soprattutto perché rivelò la disorganizzazione dell’esercito, l’incapacità dei capi, la corruzione esistente.
Alessandro II (1855-81) salì al trono in un momento critico, animato da intenzioni liberali, iniziò il suo regno col disegno di una riforma dello Stato in senso moderno e soprattutto di una soluzione della questione agraria. La Russia sembrò trovare una nuova vitalità in un regime che incoraggiava l’istruzione, la stampa, le iniziative economiche.
L’emancipazione dei servi della gleba (1861) fu una grande svolta nella storia russa più per il suo significato politico morale che per le conseguenze immediate, in realtà ne uscirono svantaggiati tanto i proprietari quanto i contadini. Intanto vivaci correnti di pensiero si affrontavano nel Paese, già nei decenni precedenti gli occidentalisti e gli slavofili, uniti nell’auspicare la trasformazione sociale e politica della Russia, si separarono al momento di scegliere per modello l’Occidente innovatore o le vecchie tradizioni del popolo russo.
Sotto Alessandro II molti intellettuali si orientarono verso il populismo, cercando di risvegliare nei contadini la speranza di poter essere arbitri del loro destino.
Dai populisti sorsero gruppi di terroristi. Alessandro II aveva ottenuto qualche successo militare nei Balcani (1877-78), che aveva auspicato lo sviluppo dell’industria del commercio e delle ferrovie, ma finì odiato da destra e da sinistra e morì assassinato da un terrorista (1881).
Salì al trono Alessandro III (1881-94) che peggiorò la situazione: si tornò a governare nel culto dei tre miti, come nel tempo di Nicola. Il potere assoluto venne considerato un principio, l’ortodossia divenne persecuzione dei cattolici, degli ebrei, dei protestanti e di qualunque altra idea non ortodossa; il nazionalismo compresse le nazionalità non russe, venne obbligatoria la lingua russa.
Sembrava che lo varismo volesse accentuare le ingiustizie e gli allori del passato. Gli ebrei furono maltrattati da misure legali. L’autogoverno aveva impegnato nobili borghesi e contadini in un fruttuoso lavoro comune; ma Alessandro III lo distrusse ridando ai nobili le responsabilità amministrative e annullando tutte le riforme del suo predecessore.
Nonostante la cecità del governo che per evitare la rivoluzione moltiplicava i suoi presupposti, la Russia verso la fine del secolo aveva compiuto passi da gigante nell’industria, ma, i grandi profitti non contribuirono al benessere della popolazione.
La Russia scontratasi con l’alleata Germania per ragioni economiche e per le delusioni nei Balcani di fronte alla politica di Vienna si alleò con la Francia (1891).
Con Nicola II (1894-1917) il progresso economico divenne più sensibile grazie all’energica azione del ministro delle Finanze. Con l’industria crebbe il proletariato urbano pronto all’insegnamento marxista.
Il Secolo XX
Nei primi anni del XX Secolo ci fu una grave crisi: scioperi a catena, rivolte, insurrezioni ideologiche contro il potere assoluto da parte dei liberali. I due partiti rivoluzionari, il socialdemocratico, suddiviso in “bolscevichi” e “menscevichi”, diffuso fuori i confini, e il socialrivoluzionario, che univa il marxismo con il populismo e si agitava nelle campagne.
La guerra russo- giapponese (1904-05) promossa dal Ministro Pleve come un diversivo che avrebbe allontanato la rivoluzione, mostrò la disorganizzazione delle armate russe e con quanta leggerezza il paese veniva chiamato a grandi sacrifici per difendere gli interessi di speculatori. Invece di distrarre il popolo dai problemi, la guerra portò inquietudini e malcontenti; svanì la scarsa fiducia nel governo e nell’esercito, e apparvero ingiustificate le rinunce del popolo. Il 22 gennaio 1905 una pacifica rimostranza davanti al palazzo imperiale finiva con un migliaio di morti, soprannominata “domenica di sangue”. Seguirono sommosse popolari, l’ammutinamento di una corazzata, pronunciamenti di truppe liberali. Lo zar Nicola convocò più assemblee rappresentative (Duma) con la speranza che il regime russo cambiasse, ma, nessuna ottenne i risultati sperati.
Intanto il governo riuscì a rafforzare il legame con la Francia e con l’Inghilterra, si trattava di reprimere le intenzioni tedesche di guerra e di rafforzare la politica antiaustriaca nei Balcani. Tra il 1906 e il 1911 il ministro Stolypin tentò un’ultima mossa per salvare la vecchia Russia, cioè sopprimere le comuni agrarie e la creazione di un classe di contadini proprietari per assumere un ruolo conservatore. L’operazione sembrò avere successo ma un’élite peggiorava le condizioni della massa, aggiungendo incentivi.
Nella guerra mondiale, la Russia intervenne alleata con la Francia e la Serbia, e scatenò un’offensiva contro la Prussica Orientale che rallentò l’avanzata tedesca su Parigi, ma, con una dura sconfitta (Tannenberg 1914). Nel 1915 si ebbero altre sconfitte e anche quando le truppe russe avanzavano , avveniva con spreco d’uomini e materiali. La disorganizzazione grave superò ogni limite nel 1916: i trasporti erano in crisi, l’esercito mancava di munizioni e il popolo di pane, speculatori e fornitori disonesti accumulavano fortune ingenti. Nella famiglia imperiale divenne sempre più forte l’influenza della superstiziosa zarina e dello pseudo- monaco Rasputin sullo zar. L’insurrezione contro la tirannia e l’impotenza venne dalla popolazione di Pietrogrado prima che dai partiti rivoluzionari (gennaio- marzo 1917). Fu un improvviso scatenarsi di scioperi, saccheggi di negozi, ammutinamenti di truppe, invasioni di uffici pubblici, assalti a tribunali e prigioni. Così, con manifestazioni spontanee e tumultuose, sotto gli occhi di un governo paralizzato incominciava la Rivoluzione Russa.
Dalla Rivoluzione d’Ottobre all’Indipendenza degli Stati Baltici
La Rivoluzione d’Ottobre significò la nascita di un Paese nuovo. Dalle macerie del vecchio Stato sorse una nazione che per la prima volta nella storia dell’umanità si avviò ad applicare le teorie socialiste. Col novembre 1917 ebbe inizio, secondo Lenin, la dittatura del proletariato, fase intermedia tra il regime capitalista e quello comunista, periodo di lotta ininterrotta al nemico interno ed esterno. Contro l’uno e l’altro, si organizzò l’Armata Rossa (300.000 uomini nella primavera 1918), con i quadri tecnici tratti in parte dalle armate imperiali, affiancati da “commissari politici” che garantivano la fede comunista del nuovo esercito; una polizia oculata e assolutamente devota al regime. Le misure economiche furono dettate dalla volontà di costruire uno Stato senza sfruttatori né sfruttati. Si cercò di riorganizzare l’industria; si fece leva sullo spirito patriottico e rivoluzionario degli operai per indurli ad accrescere il loro rendimento; si lottò contro la carestia inviando nella campagne squadre d’azione operaie per costringere i contadini a consegnare la produzione nelle mani delle autorità locali. Nei distretti rurali bolscevichi dovettero lottare coi social-rivoluzionari temendo di perdere la base contadina. Fu una lotta durissima. In questa atmosfera trovò oscuramente la morte Jekaterinburg lo zar con tutta la sua famiglia (16 luglio 1918).
Sempre in luglio fu promulgata la nuova Costituzione, con una dittatura proletaria severa, privando i diritti politici ai borghesi. Frattanto il nuovo governo doveva fronteggiare la guerra civile (1917-21), originata da cause ben distinte:
1) la spinta centrifuga delle comunità nazionali non russe, prima fra tutte l’Ucraina;
2) la resistenza dei fautori del vecchio regime, dei socialrivoluzionari e dei contadini;
3) il timore del pericolo “rosso” esistente in tutti i grandi Stati borghesi, tale da indurli a intervenire anche militarmente contro i bolscevichi, quando ancora la guerra mondiale non era finita. Si ebbero così rivolte, con l’intervento di forze tedesche, inglesi, francesi, statunitensi, italiane, giapponesi, cecoslovacche e polacche, scese in campo contro i comunisti e per difendere i capitalisti che avevano investito prima della guerra somme ingenti in Russia.
Nel 1918 i bolscevichi si trovarono in una situazione disperata, quando gli Ucraini proclamarono l’indipendenza (22 gennaio) e istituirono un governo filotedesco; le repubbliche caucasiche (Georgia, Armenia, Azerbajdžan) si liberavano dalla soggezione moscovita, il generale Denikin avanzava dal Don verso nord, gli Inglesi sbarcavano a Murmansk e ad Arcangelo e una legione di ex prigionieri cecoslovacchi si alleavano coi socialrivoluzionari e con l’ammiraglio Kolčak per conquistare territori siberiani e il sud-est della Russia europea. Il commissario del popolo per la guerra, fece dell’Armata Rossa un valido strumento per la difesa della Rivoluzione. Crollata la Germania, si aprì una schiarita: i tedeschi abbandonarono l’Ucraina, lasciando il posto alla dittatura di Petljura (novembre 1918). Francia e Inghilterra s’impegnarono anch’esse nell’inverno 1918-19 a inviare truppe in Russia, ma l’opposizione americana, fece fallire il progetto e le potenze occidentali si limitarono ad armare i cosiddetti “bianchi”, i quali attaccarono le forze bolsceviche di Pietrogrado e Mosca. Judinič giunse a Pietroburgo nell’ottobre 1919, contemporaneamente Denikin si avvicinò a Mosca attraverso l’Ucraina, tentando la congiunzione con Kolčak che premeva da est sul Volga, ma la resistenza di Caricyn rese vani ancora una volta i loro sforzi.
Nell’inverno 1919-20 si ebbero continue vittorie bolsceviche, Denikin e Kolčak furono costretti a penose ritirate. Kolčak preso, fu fucilato, mentre Denikin affidava i resti del suo esercito all’energico generale Vrangel.
Il 1920 vide lo sviluppo di un offensiva polacca contro la Belorussia e l’Ucraina, dove dal marzo dell’anno prima la dittatura di Petljura aveva ceduto il campo a una “repubblica sovietica ucraina”. Pilsudski occupò Kijev (7 maggio 1920) ristabilendo il regime di Petljura. Con Pilsudski giunse in Russia l’odioso nazionalismo polacco che scatenò la reazione patriottica di tutti i russi: l’Armata Rossa cacciò Pilsudski dall’Ucraina e lo inseguì verso la Vistola, giungendo, alle porte di Varsavia, dove aiutato dall’intesa (14 agosto 1920) sconfisse i sovietici.
La Russia della Rivoluzione, aveva dovuto nel frattempo riconoscere l’indipendenza della Finlandia e degli Stati Baltici (Estonia, Lettonia, Lituania), ora, guardava all’avvenire senza più l’assillo di nemici in casa.
Dalle rivolte del ’21 al primo piano quinquennale
Il 1921 fu un anno difficile per la distruzione dei raccolti, la chiusura di molte fabbriche, la mancanza dei generi necessari. Lenin, per sedare numerose rivolte, istituì la CEKA (1917-22), poi la G.P.U. (dal 1922) entrambe dirette dal polacco Dzeržinskij ma non bastò. Si cercò, allora, una soluzione di compromesso fra la dottrina comunista e l’economia tradizionale istituendo la Nuova Politica Economica (N.E.P.), che consentì alle piccole e medie industrie il diritto alla proprietà privata. Intanto lo stato si ricostruiva lentamente, ma sicuramente.
Dal 1920 l’Ucraina era passata sotto l’ubbidienza sovietica e nello stesso anno si era formata la repubblica sovietica dell’Azerbajdžan. L’Armenia divenne repubblica sovietica tra il 1920 e il 1921. La Georgia fu sovietizzata nel 1921. Una repubblica estremo-orientale, in Transbajkalia, dopo aver assorbito la provincia di Vladivostok fu costruita nel novembre 1922. In conseguenza di queste riconquiste, il 27 dicembre 1922 fu decisa la creazione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Tale repubbliche erano allora sei e cioè: la Repubblica Socialiste Federativa Sovietica Russa, comprendente la Russia, la Siberia e l’Asia centrale; la Belorussia; l’Ucraina; l’Azerbajdžan; la Georgia; l’Armenia. Negli anni successivi si distaccarono le repubbliche Turkmena, Uzbeka, Tagika, Kazaka e Kirghisa. Nel 1936 l’URSS contava 11 repubbliche ed era divenuta uno stato plurinazionale.
Nel 1923 si ebbe una ripresa economica e nel 1924 entrò in vigore la Costituzione dell’URSS la quale si concedeva all’idea della “nazionalità”. Ma il rafforzamento del partito e la sua struttura centralizzata, assicuravano al giovane stato una guida unica con un’unica ideologia. La nuova costituzione proponeva la dittatura del proletariato; i borghesi, gli ecclesiastici e quanti non svolgevano un “lavoro produttivo” erano esclusi dal voto. Apparivano evidenti certi aspetti estremisti come, la svalutazione della famiglia, della scuola tradizionale, della religione. La nuova scuola cesso di essere monopolio delle classi borghesi. Le arti e le lettere ebbero momenti di splendore con i narratori Gorkij e Aleksej Tolstoj, con i poeti Esenin e Majakovskij e il regista cinematografico Ejzenštejn. In politica estera, la Russia sovietica si adoperava intanto, per uscire dall’isolamento. Mosca divenne sede dell’Internazionale Comunista (Komintern). Nonostante la contraddizione tra sistema comunista e sistema borghese, il ministro degli Esteri sovietico Čičerin riuscì a stringere con la Germania un patto di amicizia che sollevò le preoccupazioni di tutto l’occidente (Rapallo 16 aprile 1922). L’amicizia con la Germania non durò però oltre al 1930, quando il nuovo ministro degli esteri Litvinov riuscì ad aprire un dialogo con la Francia e l’Inghilterra, fino allora, nemici del regime sovietico. Intanto Lenin moriva a Gorki (21 gennaio 1924), la sua morte scatenò una guerra accanita per la sua successione. Si trattava infatti di far compiere all’URSS quel “salto di qualità” che Lenin non aveva potuto fare. Fu uno scontro durissimo che si trascinò dal 1924 al 1927, dentro e fuori dal partito, tra le tesi di Stalin e Trotzkij. Stalin ebbe la meglio opponendo alla sua dottrina della “rivoluzione permanente” la teoria del “socialismo in un solo paese”, il che significava prudenza in politica estera e, all’interno, pretendere il massimo sforzo per fare di un Paese sottosviluppato uno Stato industrializzato e potente. Abrogata la N.E.P., si diede inizio (1929) alla collettivizzazione dell’agricoltura in tutto il paese e alla liquidazione dei contadini agiati, che, tra il 1929-30 vennero pressoché eliminati da una rivoluzione agraria sostenuta dalle autorità comuniste locali. Fu uno degli eventi tipici di quel piano quinquennale (1928-32) che ebbe il merito di far compiere un grande balzo in avanti all’industria russa. Nonostante questi faticosi progressi e un’evidente intenzione di uscire da un pericoloso isolamento, l’URSS tardava a trovare all’estero un adeguato riconoscimento. Il governo statunitense si manteneva freddo e distante, le democrazie occidentali procedevano con estrema cautela, mentre la Germania democratica era incerta anch’essa sulla linea politica e i Paesi confinanti (Finlandia, Polonia, Romania) continuavano a guardare Mosca con diffidenza. Meno difficile furono i rapporti con l’Oriente, specie con la Cina il cui governo nazionalista si appoggiò in molti casi a Mosca.
Dagli anni ’30 alla nascita della CSI
L’industria russa aveva cambiato veramente il volto del paese, ma a questo sviluppo facevano da contrappeso la qualità scadente dei prodotti dell’industria e le carestie, il malcontento delle campagne, i abusi dei funzionari, gli eccessi polizieschi, sembravano mettere in forse la sopravvivenza del regime stalinista, ma dopo il 1933, il momento più triste parve superato.
I pericoli corsi stimolavano le energie, gli sforzi dei lavoratori vennero esaltati e premiati. Si tornò a proteggere l’intellettuale purché fosse fedele all’idea.
Nel 1936 fu promulgata la nuova Costituzione, più elastica di quella del 1924, il voto era concesso a tutti, a tutti si accordavano gli stessi diritti, era garantita la libertà di coscienza, di parola, di stampa e di riunione.
Al partito comunista veniva assicurata una preminenza assoluta su ogni altra istituzione statale. Non era prevista nessuna forma di opposizione.
Dopo il 1936, il regime attraversò un periodo drammatico: la dittatura staliniana, evidentemente minacciata da varie parti, veniva difesa con misure straordinarie. Si susseguivano (1936-38) i processi contro i nemici del regime. La politica estera si fece più attiva dopo il 1934, quando l’URSS entrò nella Lega delle Nazioni. Si accentuò la collaborazione con le Potenze occidentali, preoccupate per le iniziative di Hitler. Stalin tuttavia non rinunciò ad approcci con la Germania e d’altra parte cercò d’impedire ogni possibilità d’accerchiamento firmando patti di non aggressione con la Lettonia e l’Estonia con la Polonia, con la Finlandia e ristabilendo normali relazioni con la Romania.
Stalin nell’agosto del 1939, si accordò con Hitler sulla spartizione della Polonia. L’attacco improvviso della Germania, costrinse l’URSS a impegnare nella guerra ogni sua risorsa, colta di sorpresa le sue forze ebbero qualche mese di sbandamento. Il primo inverno di guerra fu atroce: Leningrado accerchiata ed affamata (ma mai conquistata), la cittadinanza subì perdite enormi; a Mosca non fu facile sedare il campo, ma la rude energia di Stalin, l’eccellenti doti dei comandanti e dei soldati, l’ottima qualità dei mezzi armati permisero di superare i momenti più terribili. Alla fine dell’inverno 1943-44 i russi rioccupano quasi tutto il territorio dell’URSS. Nell’estate 1944 le truppe sovietiche occupano Leopoli, giungendo alle porte di Varsavia, costringendo all’armistizio Finlandia, Romania e Bulgaria. Poi era la volta della stessa Germania e dell’Austria, dove l’armata sovietica giunse a conquistare (aprile 1945) Berlino e Vienna. A Jalta Stalin riusciva far prevalere di fronte degli altri due grandi il punto di vista del Cremlino; a Potsdam infine, crollata ormai la Germania nazista otteneva lo spostamento verso ovest dei confini polacchi e la contemporanea occupazione di una parte del territorio germanico. L’URSS usciva dalla guerra come vincitore sui campi di battaglia, ma con una situazione politica nuova, era ormai una potenza mondiale, non tanto per le risorse economiche e militari, quanto per la vastità dei suoi interessi politici che comprovano tutta la Penisola Balcanica, raggiungendo il Vicino e il Medio Oriente, l’Africa settentrionale, tutto il Mediterraneo, l’Asia sino alla Corea e l’Europa sino a Berlino e Vienna. Ma la bolscevizzazione dell’Europa orientale e centrale, provocò un irrigidimento degli stati occidentali. La “cortina di ferro” venne a separare i due mondi che le vicende belliche avevano avvicinato. La conferenza per il Piano Marschall (Parigi 1947) diede origine alla “guerra fredda”. Da un lato gli Stati Uniti rinunciavano alla politica di collaborazione con l’URSS, dall’altro si delineava chiaramente la costellazione dei “satelliti” dell’URSS, ossia delle Repubbliche socialiste dell’Est europeo. Gli eventi del 1947 inasprirono anche la situazione interna della Russia. In questo clima di tensione anche i paesi satelliti furono assoggettati da una rigida disciplina ideologica; la Jugoslavia di Tito fu espulsa dal blocco sovietico perché ritenuta anticonformista (1948). Dopo il ’49 l’Unione sovietica preoccupandosi di un eventuale attacco dall’ovest e dal sud Europa creò il patto atlantico (agosto 1949) esteso nel 1952 alla Grecia e alla Turchia.
Alla morte di Stalin (5 marzo 1953), un cambiamento si rese evidente nella politica interna ed estera del regime. La collaborazione pacifica fra gli stati non comunisti fu accolta; all'interno si ebbe un attenuazione della ideologia e della cultura. Il successore di Stalin fu Malenkov; lo seguì poi Bulganin (dal 1955-58), ma accanto a loro stava guadagnando terreno Nikita Chruš¹ëv, segretario del PCUS.
Nel XX congresso del partito (febbraio 1956), questi, dopo aver letto un rapporto segreto, distrussero il mito di Stalin. Dal 1958 Chruš¹ëv guidò da solo l’Unione sovietica, approvò la tesi della collaborazione pacifica, ma non esitò a rinnovare la guerra fredda.
Nel 1960 la Cina prese le distanze da Mosca accusando il Cremlino di tradire il comunismo negando la guerra per l’anticapitalismo. Con gli USA le relazioni migliorarono con Kennedy (1961-63), anche se con qualche dramma. Tra i successori di Chruš¹ëv, Leonid Brežnev apparve la figura dominante: accanto a lui Aleksej Kosygin e Nikolay Podgornij, completarono la triade del potere.
Dopo il 1968, gli atteggiamenti di Brežnev si mantennero abbastanza accomodanti. Repressa l’eresia cecoslovacca, non si avanzò con tale vigore contro le altre cercando di responsabilizzare i governi comunisti.
Negli anni settanta durante la distensione con gli USA, tutto sembrava andar bene grazie al trattato di Helsinki (1957), dopo di che il clima tornò a volgere al peggio. Dopo l’uscita di Podgornij e Kosygin, Brežnev rimase così l’unico al potere, cumulando cariche e onori che non si vedevano dai tempi di Stalin. A causa dell’intervento armato sovietico in Afghanistan, però il rapporto con gli Stati Uniti si stava deteriorando tanto che nel 1980 quando Reagan andò alla Casa Bianca il dialogo Est-Ovest sembrò essersi bloccato. Nel novembre 1982, dopo una lunga malattia, morì Brežnev. Il suo successore fu l’ex capo del temuto K.G.B, Jurij Vladimirovi¹ Andropov, che, dopo esser diventato nel 1983 presidente del Presidium del Soviet Supremo, s’impossessò delle cariche del suo predecessore. L’”era Andropov” però durò ben poco (fino al febbraio 1984) a causa di una grave malattia che lo uccise.
Ad Andropov succedeva Šernenko, ed a Šernenko Michail Gorbaciov che si preoccupò delle trasformazioni economiche all'interno dell’Unione sovietica ma in chiave difensiva. Anche Reagan era disposto a riprendere le trattative sulle limitazioni delle armi spaziali e nucleari. Nel giugno ’88 il PCUS riformò la struttura dello Stato, concedendogli maggior autonomia. Progressi ulteriori nel campo nella distensione internazionale si avevano con l’avvio del ritiro delle truppe in Afghanistan, con la riduzione degli effetti dell’Armata Rossa e con la ripresa di legami con la Jugoslavia e la Cina; il consolidamento del dialogo diretto con gli Stati Uniti proseguiva con visite reciproche dei presidenti; le prime elezioni semilibere fu nel marzo 1989.
Nel 1990 la distensione internazionale si concretizzava nella “Casa Comune Europea”, nel principio della “sovranità limitata” e nella riunificazione della Germania; si calmarono i legami con Cuba, con i paesi socialisti africani e asiatici e nel 1989 a Pechino avveniva la riconciliazione tra Cina e URSS.
Fra il 1989 e il 1990 si aggravava il conflitto tra Armenia e Azerbajdzan; altra tensione si manifestava in Kirgizistan, in Uzbekistan, in Georgia e in Moldavia. Nel 1990 Lituania, Lettonia ed Estonia chiesero l’indipendenza: si trattava della prima espressione di una tendenza generale che consisteva nell’affermare la propria sovranità della Repubblica su quella russa. Fu riproclamata la proprietà privata. Temendo la disgregazione del Paese, Gorbaciov cercava di mantenere una certa unitarietà proponendo una rinnovazione alla struttura e nei rapporti fra poteri centrali e nazionali, a cui però rifiutarono di partecipare ben sei di esse, boicottando il referendum.
In questa situazione cresceva la popolarità di Eltsin (il nuovo presidente della Russia dal maggio precedente) che con un nuovo trattato dell’Unione e la propria rielezione riuscì a influenzare la ripresa di una linea riformista. In luglio il PCUS abbandonava l’ideologia marxista-leninista, e venne riconosciuta l’indipendenza della Lituania.
Il 19 agosto un gruppo di conservatori tentò un colpo di Stato; la maggior parte dell’esercito non rispondeva agli ordini a causa delle incertezze dei golpisti. Quando Gorbaciov rientrò a Mosca cedette il potere a Eltsin, mentre il Consiglio di Stato riconosceva l’indipendenza delle Repubbliche baltiche e di alcune di quelle asiatiche. Esigenze economiche causate dall’indipendenza li costrinsero a nuove forme di cooperazione: l’Ucraina, la Russia e la Bielorussia sottoscrissero l’atto di nascita della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI); si associarono in seguito Armenia, Azerbajdžan, Kirgizistan, Moldavia, Tadžikistan, Turkmenistan e Uzbekistan.
La Russia ha sostituito l’ex Unione Sovietica nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Geografia
Il territorio russo europeo è composto prevalentemente da pianura, chiamato bassopiano sarmatico, dove modeste alture fanno da spartiacque per una rete di grandi fiumi. A settentrione è disseminata di laghi, tra i quali si trovano i più grandi d’Europa: il La doga (18.400 km2) e l’Onega (9.900 km2). A sud la pianura finisce nel Mar Nero, sull’orlo del Caucaso e sulle rive del Mar Caspio, mare che in realtà è il più grande lago del mondo (371.000 km2) in una depressione di 28 m sotto il livello del mare.
Nella parte asiatica la pianura si estende verso est, chiamata bassopiano occidentale siberiano, risale nella Siberia Orientale in un vasto altipiano verso il Pacifico dove s’innalzano sistemi montuosi più aspri. Il bordo meridionale è orlato da montagne altissime. I monti Urali, che da nord a sud si allungano per 2.400 km, separano l’Europa dall’Asia. I fiumi maggiori sono il Don, che sfocia nel mare d’Azov, e il Volga, il più lungo d’Europa (3.688 km), che nasce sulle colline tra Mosca e San Pietroburgo e sfocia nel Mar Caspio, dove sboccano anche l’Ural e corsi d’acqua minori. Don e Volga sono collegati da canali, formando un sistema di trasporto fluviale che collega il Baltico al Caspio, Mar Nero al Mar Bianco; quindi Mosca situata su un affluente del Volga, ha un grande porto fluviale.
I mari hanno tre caratteristiche:
- sono ai margini di un territorio vastissimo, quindi hanno poca influenza sul clima
- sono mari “chiusi”, e quindi non danno accessi agli oceani
- a nord sono bloccati per mesi dal gelo
Osserviamo la situazione marittima.
- La costa artica ha grandi porti, come Murmansk sul Mar di Barents, libero dai ghiacci, e Arcangelo sul Mar Bianco.
- Il porto di San Pietroburgo, sul Mar Baltico, parzialmente bloccato dal gelo e chiuso dagli Stretti danesi.
- Gli ottimi porti del Mar Nero sono su un mare caldo, ma chiusi dagli Stretti turchi.
- Quelli delle coste del Pacifico si affacciano su mari gelato e “chiusi” da isole, Vladivostok, porto più meridionale, è sul Mar del Giappone.
Da questa situazione si capisce perché la Russia ha orientato la sua ricerca verso uno sbocco sui mari caldi e oceani.
Ha climi assai vari, che condizionano la vita. Sul 60° parallelo la temperatura può scendere ai –40° e salire ai +40°C. A nord della Russia Europea domina il gelo per 9 mesi all’anno, la temperatura più bassa, è stata registrata in Siberia con –72°C. Sulle coste soleggiate del Mar Nero c’è un clima mite. Nell’angolo sud-orientale dell’Europa la pianura è arida come in Asia Centrale, con inverni gelidi e estati caldissime.
In corrispondenza dei vari climi si estendono fasce di vegetazione da ovest a est senza che gli Urali le ostacolino.
- A nord, in clima glaciale, la tundra dove crescono muschi e licheni, lunghi arbusti e lunghe erbe che fioriscono rapidamente, poiché il suolo è gelato per decine di metri ( è il permafrost = “gelo perenne”), che d’estate si scoglie in superficie con giganteschi acquitrini.
- A sud della tundra c’è la taiga, con foreste di conifere e betulle, che cresce in larghezza verso est
- Ancora più a sud ci sono le “terre nere” fertilissime per i vegetali decomposti che la compongono, e le steppe erbose, che iniziano a est del Volga diventando sempre più aride in Asia, fino al deserto, sotto le catene del Karalorum e dell’Himalaya.
- Attorno al Mar Nero c’è una vegetazione mediterranea.
Densità e religione
La popolazione è distribuita nel territorio in maniera assai ineguale. Dove ci sono le terre agricole ci sono più abitanti. Nelle zone di Mosca e Pietroburgo c’è un gran popolamento, mentre un gran vuoto si estende nel nord-est e nella gran parte del settentrione della Siberia. Dopo la rivoluzione del 1917, l’industrializzazione ha portato i contadini verso le città. Oggi il 74% della popolazione vive in città.
Oltre a Mosca e San Pietroburgo ci sono altre nove città con più di un milione di abitanti e cinquanta da 250000 a 1 milione, di cui una trentina nella Russia Europea. Allineamenti di città si hanno lungo il medio e basso Volga, negli Urali e lungo la ferrovia transiberiana.
Nel CSI, la popolazione della Repubblica Russa equivale a quelle di tutte le altre Repubbliche messe assieme, ma ha la natalità più bassa. In patria, i Russi sono l’82% della popolazione; le minoranze sono tartare, ucraine, bielorusse, delle altre repubbliche della CSI e di popoli indigenti come i Ciuvasci, i Ceceni, i Mordvini, i Baschiri, gli Jakuti.
I Ceceni musulmani hanno creato una guerra sanguinosa per reclamare la loro indipendenza. In tutto ci sono 130 nazionalità diverse, la lingua ufficiale è il russo ma il bilinguismo è accettato. La Siberia è stata “russificata” forzando l’immigrazione da ovest in zone inospitali: i governi zaristi e sovietici vi deportavano i delinquenti e gli oppositori politici. Milioni di Russi sono sparsi nelle altre repubbliche della CSI.
La religione di maggioranza è la cristiana-ortodossa, mentre le minoranze sono: cattoliche, protestanti, ebraiche e buddiste; nelle repubbliche dell’Asia Centrale ci sono 50 milioni di musulmani, in forte crescita.
Città principali |
Abitanti |
MOSCA |
8.750.000 |
San Pietroburgo |
4.450.000 |
Novosibirsk |
1.442.000 |
Nizny Novgorod |
1.440.000 |
Jeketarinburg |
1.370.000 |
Samara |
1.240.000 |
Omsk |
1.170.000 |
Celjabinsk |
1.143.000 |
Kazam |
1.104.000 |
Perm |
1.099.000 |
Ufa |
1.097.000 |
Le città e la qualità della vita
La vita media è bassa: 63.5 anni per gli uomini e 74.3 per le donne. Le città si differenziano nell’offerta di servizi: le città storiche, Mosca e San Pietroburgo prima di tutte sono attrezzate nella sanità, nell’istruzione, nella ricerca e nella cultura ma soffre la crisi degli alloggi, all’incontrario, nelle città industriali degli Urali e della Siberia popolate da giovani i servizi sono inferiori ma, l’alloggio è assicurato. Le città medie e piccole sono luoghi di lavoro per operai delle zone rurali. Nelle campagne il 50% degli alloggi non ha acqua corrente e il 70% non ha il bagno.
.La capitale storica è Mosca con quasi 9 milioni di abitanti, il doppio del 1960, situata nel centro della Russia europea sul fiume Moscova affluente del Volga. Vi convergono tutte le comunicazioni ferroviarie, stradali e fluviali. Il Cremlino (fortezza), è un insieme monumentale di chiese e palazzi dei secoli XIV e seguente, che ospita la sede del Governo. Il nucleo antico di Mosca comprende la città cinese, la città bianca e la città di terra (deriva da fortificazioni di terra). Attorno c’è la città nuova, con enormi palazzi e grandi viali, e le estese zone industriali. La vita culturale è molto intensa con musei e teatri.
San Pietroburgo (chiamata Leningrado sotto regime sovietico), seconda città della Russia, porto sul Baltico e sul fiume Neva, nodo delle comunicazioni della Russia europea, fu “inventata” dallo zar Pietro il Grande come nuova capitale e tale fu fino al 1918.
Distanti da Mosca fra i 400 e gli 800 Km si trovano le città di Nizni Novgorod, Kazan e Samara.
In un’ansa del fiume Volga, si trova la città industriale di Caricyn (chiamata Volgograd e prima ancora Stalingrado).
Oltre gli Urali il popolamento slavo si è sviluppato in una fascia sottile che segue la ferrovia transiberiana: da Jekaterinburg e Celjabinsk con due linee ferroviarie si uniscono a Omsk; più a est c’è il più grande centro siberiano, Novosibirsk, dove arriva la ferrovia dal Turkmenistan. Tutte queste città hanno più di 1 milione di abitanti. Verso est, le città importanti tra i 500 e 800 mila abitanti sono: Krasnojarsk sul fiume Jenissei, Irkutsk nella Siberia montuosa e il porto di Vladivostok sul Pacifico.
Economia
Agricoltura
Nella struttura economica il settore primario è stato poco dinamico in confronto con quello industriale. Le immensità del territorio gli disponeva spazi vastissimi – oltre 230 milioni di ha – ma solo il 10% della superficie veniva coltivato; inoltre la produttività media era inferiore a quella degli Stati Uniti e dell’Europa occidentale. Dopo la rivoluzione del ’17 il problema agricolo fu più arduo da affrontare; a un mondo rurale caratterizzato da condizioni di inerzia e di arretratezza, era chiesta una poderosa accumulazione del capitale, necessaria alla nascita dell’industria. Lo strumento prescelto fu il kolchoz, divenuto operante dal ’28, cioè grandi aziende cooperative. Al primo posto come produzione mondiale, era il frumento, altri primati assoluti erano la produzione di orzo, avena, segale, patate; più modeste di mais, di riso e di miglio, di numerosi ortaggi come cavoli, pomodori, piselli, cipolle. Nelle aree temperate si producevano mele, pere, prugne, pesche, albicocche e agrumi, provenienti dalla Transcaucasia. Importante era la viticoltura, nel Caucaso, nel Mar Nero e nell’Asia centrale. Tra le culture industriali rilevanti, la barbabietola da zucchero, in Ucraina, del cotone in Uzbekistan e in Kazakistan;
coltivato per i semi ma ancor più per la fibra era il lino, tra le fibre tessili, la canapa e il kenaf. Produzioni modeste di soia, di ricino, di colza e di sesamo. Altre colture industriali sono di tabacco, di the e di luppolo.
Allevamento
L’allevamento ha una dotazione di un bovino e un ovino ogni tre abitanti, con un’alta industria casearia e elevati quantitativi di formaggi e burro. Nel 1989, era il primo produttore mondiale di ovini. Considerevoli i quantitativi di lana; si allevano anche caprini e cammelli. Elevato il numero di suini, cavalli e volatili di cortile. In Siberia sviluppato l’allevamento delle renne e degli animali da pelliccia.
Pesca
E’ molto sviluppata sia negli oceani, sia nei fiumi e nei laghi. Rilevante la produzione di caviale.
Industria
L’industria alimentava le risorse agricole e minerarie del paese. Deteneva il primato mondiale per la ghisa, le ferro leghe e per l’acciaio. Alta la produzione di cemento, sviluppata l’industria metallurgica (rame, alluminio, zinco e piombo) ed anche le industrie aerospaziali, aeronautiche, navali, nucleari e delle telecomunicazioni.
Mosca e San Pietroburgo sono i massimi centri dell’industria metalmeccanica. Principali produzioni dell’industria chimica, come fertilizzanti azotati, acido solforico, soda caustica, acido nitrico e cloridrico, ammoniaca, azoto, materie plastiche, caucciù sintetico, prodotti farmaceutici. Colossale industria petrolchimica. La terza grande area industriale è la siderurgia. Nel periodo zarista nacque lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi del Mar Caspio e degli Urali. L’energia prodotta dalle gigantesche centrali costruite sullo Jenisej e sull’Angara o da quelle termiche alimentate dai giacimenti di carbone, ha favorito il sorgere di colossali complessi. Quanto ai settori dell’industria leggera, quella tessile deteneva il primato mondiale sia per il cotonificio sia per il lanificio.
Industria mineraria
Per quanto riguarda la produzione mineraria ha molti primati. Le principali produzioni di minerali metallici comprendevano il manganese, il nichel, la cromite, l’oro, il tungsteno, il rame, il piombo, il mercurio, lo zinco e l’argento, vasta la produzione di platino. I minerali non metallici detenevano vari primati, come i sali potassici, l’amianto. Produzione di pietre preziose come smeraldi e diamanti. Un enorme importanza aveva il settore energetico con il carbone e il petrolio. Al petrolio è stato spesso associato il gas naturale. E’ stato uno dei massimi produttori di uranio del mondo; il potenziale idroelettrico, è stato sfruttato parzialmente. Grandiosi gli impianti termoelettrici. Un certo sviluppo, nonostante il gravissimo incidente della centrale di Černobyl lo ha avuto l’energia di origine nucleare.
La Comunità di Stati Indipendenti
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
22.100.900 |
281.347.000 |
13 |
Mosca |
Repubblica |
Russo |
Rublo |
- |
Russia
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
17.075.400 |
148.700.000 |
8,7 |
Mosca |
Repubblica |
Russo |
Rublo |
3.220 |
Ha proclamato la sovranità il 12 giugno 1990. è la repubblica leader dell’Unione alla CSI. L’alfabeto usato è il cirillico. La religione cristiana ortodossa. Vi sono installate 20.300 testate nucleari. È una federazione e cioè è composta da diverse nazionalità. Possiede la più lunga ferrovia del mondo, la Transiberiana, che si snoda per 9.337 km partendo dalla capitale e terminando alla città portuale di Vladivostock sul Pacifico. È la più ricca di tutte le repubbliche aderenti alla CSI a livello agricolo, industriale, minerario, petrolifero ecc. È la più importante produttrice europea di petrolio. Avendo una notevole produzione di gas naturale, rifornisce attraverso gasdotti diverse nazioni europee. Dopo gli USA è la nazione con i maggiori impianti di energia nucleare sia a livello militare che civile.
Armenia
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
29.800 |
3.550.000 |
119,1 |
Jerevan |
Repubblica |
Armeno |
Dram |
2.150 |
Ha proclamato l’indipendenza il 23 maggio 1991. La popolazione è di origine cristiana monofisita o gregoriana. L’alfabeto usato è l’armeno. È la più piccola delle repubbliche del CSI. Attraverso i secoli ha subito dominazioni di Persiani, romani, Greci, Bizantini, Arabi e Turchi.
Dominata dall’Ararat, il monte dove secondo la Bibbia Noè approdò dopo il diluvio, rappresenta il cuore storico del Caucaso, crocevia tra Europa e Asia abitato da più di 50 popoli diversi.Il territorio è in gran parte montuoso e l’agricoltura ha potuto svilupparsi grazie ad una fitta rete di canalizzazioni.
Azerbaigian
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
86.600 |
7.400.000 |
85,0 |
Baku |
Repubblica |
Azero |
Manat |
870 |
Ha proclamato la sovranità il 5 ottobre 1989. La popolazione è di religione Mussulmana Sciita. L’alfabeto è il cirillico. Un tempo faceva parte dell’impero Persiano.La sua grande risorsa è il petrolio. Baku, sul Mar Caspio, le cui raffinerie e depositi, oltre a fornire il prodotto ai porti e all’entroterra delle regioni del Mar Caspio, sono collegati col Mar Nero attraverso uno dei primi oleodotti costruiti in Europa.
Bielorussia
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
207.600 |
10.350.000 |
49,7 |
Minsk |
Repubblica |
Bielorusso |
Rublo Bielorusso |
2.920 |
Ha proclamato l’indipendenza il 25 agosto 1991. L’alfabeto è il cirillico. Vi sono installate 500 testate nucleari.
Georgia
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
69.700 |
5.480.000 |
7,8 |
Tbilisi |
Repubblica |
Georgiano |
Coupon georgiano |
850 |
Ha proclamato l’indipendenza il 9 aprile 1991. La popolazione georgiana è di religione cattolica. Usa l’alfabeto mkedruli.
Lungo le coste del Mar Caspio si pratica la pesca con produzione di caviale destinato all’esportazione.
Kazakhistan
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
2.717.300 |
17.200.000 |
6,3 |
Alma-Ata |
Repubblica |
Kazako |
Tenge |
1.680 |
Il 25 ottobre del 1990 il Soviet Supremo Kazakho dichiara la sovranità è proibisce ogni esperimento nucleare nel poligono di Semipalatinks. Vi sono installate 3.300 testate nucleari. La religione è il mussulmano-sunnita. L’alfabeto è il cirillico. È la più importante delle repubbliche asiatiche e tra le più estese dopo la Russia.Noto in passato per la base spaziale sovietica di Bajkonur, ora in disuso, è il paese più industrializzati dell’Asia centrale grazie alle considerevoli risorse minerarie, tra le quali il cromo, di cui possiede il più grande giacimento del mondo.
Kirghizistan
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
198.500 |
4.500.000 |
22,8 |
Biškek |
Repubblica |
Kirghiso |
Som |
810 |
La religione è mussulmana-sunnita. L’alfabeto è il cirillico. Nelle sue vallate si alleva lo yak, ancor oggi utilizzato come animale da lavoro.
Moldavia
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
33.700 |
4.360.000 |
129,4 |
Chişinău |
Repubblica |
Rumeno |
Leu Moldavo |
1.260 |
Ha proclamato l’indipendenza il 27 agosto 1991. La religione è cristiana ortodossa, l’alfabeto cirillico. Storicamente e culturalmente appartiene alla Romania.
Turkmenistan
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
488.100 |
4.300.000 |
8,8 |
Ašgabat |
Repubblica |
Tukmeno |
Manat |
1.270 |
La religione è mussulmana-sunnita, l’alfabeto è cirillico. La maggior parte del territorio è occupata dal deserto del Kara Kum, le cui distese sabbiose sono, ancor oggi come ieri, attraversate da carovane di cammelli.
Tagikistan
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
143.100 |
5.700.000 |
39,9 |
Dušanbe |
Repubblica |
Tagiko |
Rublo Russo |
480 |
Ha proclamato la sovranità il 24 agosto 1990. La religione è mussulmana-sunnita, l’alfabeto è cirillico.
Il fiume Varsob
Uzbekistan
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
447.400 |
21.180.000 |
47,3 |
Taškent |
Repubblica |
Uzbeko |
Sum |
860 |
La religione è mussulmana-sunnita, l’alfabeto è cirillico.
Samarcanda
Taškent ha sede il più importante dei quattro Muftiat ( direzioni spirituali islamiche della Russia) da cui dipendono le uniche due università mussulmane Russe. Il potere è influenzato dalla mafia uzbeka. Oggi è una delle regioni più progredite dell’Asia russa.Rinomato per i preziosi tappeti di Buhara, è famoso per le sue città d’arte, tra le quali Samarcanda, già capitale dell’impero di Tamerlano e uno dei più raffinati gioielli dell’architettura islamica.
Ucraina
Superficie |
Popolazione |
Densità |
Capitale |
Forma di Governo |
Lingua |
Moneta |
PIL |
603.700 |
52.350.000 |
86,7 |
Kijev |
Repubblica |
Ucraino |
Karbovanez |
1.670 |
La Cattedrale di Santa Sofia - Kijev
Ha proclamato l’indipendenza il 24 agosto 1991. La religione è Cristiana uniate, l’alfabeto è cirillico.
Seconda potenza nucleare della CSI dopo la Russia, vi sono installate 1.000 testate nucleari. Nella parte meridionale ed in particolare sulle coste del Mar Nero (Odessa e località adiacenti, penisola di Crimea, Litorale del Mar d’Azov) godendo di un clima mite la regione è sempre stata meta di vacanze sin dal tempo degli zar. Nelle diverse località, oltre ridenti paesi, con attrezzature turistiche, vi sono le dacie estive (residenze dei politici e delle personalità del mondo economico e culturale) dove i medesimi trascorrono riposi e vacanze. È chiamato il granaio dello stato per la grande produzione di cereali. Deve il suo nome, che significa “confine”, e la sua identità nazionale ai Cosacchi, cavalieri slavi che un tempo presidiavano le steppe tra il Dnepr e il Don dalle scorrerie dei nomadi asiatici.
Il nome Mosca deriva dal fiume che la attraversa, la Moscova, che significa “umido”.
Fu fondata nel 1147 dal principe Dolgorukij dove un piccolo fiume confluisce con la Moscova. La città crebbe attorno a una fortezza sulla collinetta dove oggi c’è il Cremlino.
Il principato di Moscovia fu sottomesso e devastato dai Mongoli e dai Tartari. Si rese indipendente con Ivan III, proclamatosi zar di tutte le Russie. Con la caduta di Bisanzio gli zar la proclamarono la Terza Roma. Ampliando l’antica fortezza fu costruito il Cremlino, città del potere, città sacra. Ai primi del 600, venne conquistata dai Polacchi, ma ribellatasi elesse uno zar della famiglia Romanov. La città si ingrandì, sotto Pietro il Grande e i suoi successori, fino al colossale incendio creato per contrastare la conquista di Napoleone. Fu ricostruita e divenne cuore dell’immenso impero degli zar e con l’URSS, la capitale.
Dopo la dissoluzione dell’URSS divenne, ed è tuttora, capitale della Federazione Russa.
Da essa partono undici linee ferroviarie, tra cui la Transiberiana, e con un grande canale collega cinque mari attraverso la Moscova e il Volga.
Quando scoppiò la rivoluzione aveva 1 milione di abitanti, oggi ne ha quasi 9 milioni su 1.000 km2.
Il posto più famoso della città è il Cremlino, una ex fortezza degli zar, dentro le sue mura si trovano palazzi, chiese, musei e uffici di stili diversi. Dentro al Cremlino c’è la campana più grande del mondo: la zarina.
Il punto centrale è la Piazza delle Cattedrali, con la cattedrale dell’Assunzione, quella dell’Annunciazione, la Torre di Ivan Veliki, il palazzo sfaccettato e la cattedrale dell’Arcangelo.
Il panorama migliore della città si ha dalla torre televisiva, alta 534 m.
Ha una trentina di teatri ma il più famoso è il Bolscioi.
La Piazza Rossa, chiamata così perché ha i colori delle mura del Cremlino, è una delle più grandi del mondo.
Dentro ad un monastero fortificato si trova il Museo dell’arte russa antica.
Uno dei monumenti più recenti di questa città è una freccia di acciaio e titano che punta verso il cielo fino a 100 m.
Il suo clima è continentale in media Tra i –8° e i –10° d’inverno, 20-25°C d’estate.
Riassunto:
In Russia si cercò sempre di unificare le stirpi slave in tutti i tempi: sotto la dominazione dei Mongoli e quella dei Tartari. Questo proposito cominciò a prendere forma in epoca zarista, in seguito, sotto il regime comunista tutti i popoli slavi furono unificati. Questa unificazione portò sempre gravi lotte interne che causarono povertà e malcontenti popolari. Alla caduta del regime comunista formando la CSI, restò la collaborazione dei vari stati di origine slava. I stati che formano la CSI sono: Russia, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Kazakhistan, Kirghizistan, Moldavia, Turkmenistan, Tagikistan, Uzbekistan e Ucraina.
Formato da un vasto territorio, dal clima polare a quello temperato del mar Nero comprende oltre che lande fredde e desolate anche caldi deserti.
La popolazione abita prevalentemente in città come Mosca, San Pietroburgo, Novosibirk, Nizny Novgorod, Jeketarinburg e altre grandi città.
L’economia non portò grandi ricchezze agli stati né adesso, né in passato. In tutta la Russia l’industrializzazione era cominciata e basata soprattutto sulle miniere. L’energia nucleare sviluppata sotto il regime è tutt’oggi sviluppata sia militarmente che per produrre energia elettrica.
. Palazzo d’estate - San Pietroburgo
Fonte: http://mirwen.altervista.org/file/medie/Russia1.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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