Internet e siti web
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Internet - Sintesi
Dal punto di vista tecnologico, Internet è una rete che collega decine di migliaia di reti di computer e milioni di persone in tutto il mondo. Questa rete è nata nel 1969 in ambito militare (col nome di Arpanet) ed è cresciuta nel mondo universitario statunitense; oggi invece tutti possono collegarsi alla rete, purché possiedano un computer e un modem e ottengano un accesso tramite un provider commerciale o una rete aziendale o un’altra istituzione.
Il numero dei navigatori e delle reti collegate è in costante rapidissima crescita, in Italia e nel mondo. Il boom di Internet ha avuto tempi rapidissimi e coincide con l’affermazione del World Wide Web. Il Web ha fatto della Rete un immenso ipertesto multimediale facilmente navigabile a bordo di programmi chiamati browser.
Internet è molto più che un collegamento tra molti computer: possiamo vedere nella grande rete un annullamento delle distanze spaziali, una possibilità di comunicazione per milioni di persone, un nuovo modo per spedire lettere, sentirsi per telefono, studiare, fare acquisti, stringere amicizie, divertirsi, informarsi, trovare lavoro, approfondire hobbies o interessi, progettare crimini, viaggiare.
La Rete è anche una tessera essenziale nel mosaico della globalizzazione economica. Tra l'altro, essa ha permesso l'enorme ampliamento del mercato dei capitali finanziari, l'avvento del commercio elettronico e dell'home banking, l'adozione da parte delle imprese di nuove strategie di marketing e di pubblicità, l'opportunità per i lavoratori di cercare facilmente un'occupazione nel proprio paese e nel mondo.
Ma Internet presenta anche dei problemi: derivanti dalla velocissima crescita (lentezza delle linee di comunicazione), dalle aspettative di riservatezza dei suoi utenti, dalla difficoltà di trovare ciò che desideriamo nell’immensa mole delle informazioni disponibili, dal suo essere uno strumento di comunicazione anche per malintenzionati di ogni tipo, dai tentativi per introdurre misure di censura in questo cyberspazio (troppo?) anarchico. Non mancano perciò tra gli intellettuali e gli uomini comuni i critici di Internet.
Una rete di reti
Internet deriva da inter-network, rete di reti.
La Grande Rete collega reti di computer, che possono appartenere ad aziende, istituzioni pubbliche o università. L'insieme assomma a decine di migliaia di computer che sono in permanente comunicazione tra di loro. Le linee di comunicazione più importanti fra quelle attraverso le quali transita il flusso di dati, prendono il nome di backbone (dorsali): tra esse, le linee portanti delle reti accademiche americane NSFnet (National Science Foundation Network) e CSnet (Computer Science Network).
La "lingua comune" che permette a questi computer di intendersi è il protocollo di comunicazione TCP/IP. Fisicamente questi computer possono essere collegati in molti modi: doppini telefonici in rame, cavi in fibra ottica, cavi Ethernet, o anche via satellite.
Gli utenti "normali" accedono alla rete chiamando tramite le linee telefoniche uno di questi computer (server) permanentemente connessi a Internet, ad esempio quello del loro provider.
Client
In riferimento all'hardware, è un computer inserito in una rete che si collega a un server per ricevere, inviare o elaborare dei dati.
In riferimento al software, indica un programma (ad esempio un browser) Web che si collega a un programma server centralizzato, allo scopo di ottenere informazioni da questo.
Domain name
È il nome mnemonico che identifica univocamente un particolare computer collegato a Internet e che dobbiamo digitare quando vogliamo collegarci a un sito con un browser o un programma FTP. I nomi di dominio vengono assegnati da enti come Internic (per quanto riguarda i domini .org, .net e .com) o NIC (per i domini italiani .it) su richiesta dei singoli utilizzatori e servono a identificare in qualche modo l'utente o la sua società. Come registrare un dominio Internet? Bisogna ricorrere ai servizi di un provider, ad esempio Tiscali.
A ogni domain name corrisponde un Indirizzo IP numerico. È possibile collegarsi a un sito sia tramite il suo indirizzo IP sia tramite il domain name.
Il suffisso del domain name identifica la tipologia dell'ente cui appartiene il computer (se ci riferiamo agli Stati Uniti) o la nazionalità dell'ente. Ecco alcuni tra i suffissi più diffusi:
.edu: ente legato all'educazione .gov: governo degli USA .com: ente privato a carattere commerciale .int: organizzazione internazionale .mil: esercito degli USA .net: fornitore di accesso alla rete .org: ente non governativo senza scopo di lucro .au: Australia .at: Austria .be: Belgio .ca: Canada .ch: Svizzera .de: Germania .dk: Danimarca |
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Le statistiche sui nomi di dominio registrati si possono trovare su Domain Stats. Nel novembre 2001 erano stati registrati 36.146.194 nomi di dominio, di cui 22.373.097 con il dominio ".com".
Alla fine del 2000 erano stati registrati circa 418.000 domini ".it", a fronte dei 93.000 di un anno prima. Nel novembre 2001 sono diventati 537.909. Questo anche in conseguenza di una legge che ha semplificato le procedure di registrazione. I domini ".it" vengono gestiti dalla Registration Authority Italiana. Le statistiche sulla registrazione dei domini sono all'indirizzo http://www.nic.it/RA/statistiche/stat-in.html.
A volte dietro un nome di dominio possono celarsi storie curiose. L'isola stato di Tuvalu, sita nel Pacifico meridionale e popolata da 160.000 abitanti si è trovata una risorsa inaspettata: il dominio ".tv", desiderato dagli operatori delle telecomunicazioni di tutto il mondo. Nel 2000 il ministro delle telecomunicazioni Sam Teo ha ceduto la gestione del dominio ".tv" alla società americana Idealab per 50 milioni di dollari, circa 4 volte il bilancio annuale dello stato.
Talora i nomi di dominio celano storie "preziose". Se è vero che un nome facile da ricordare è una delle chiavi per il successo di un sito web, si capisce perché ad esempio la Bank of America abbia pagato 3 milioni di dollari per diventare proprietaria dell'indirizzo www.loan.com (in inglese "to loan" vuol dire "prestare"). Cliccate per vedere cosa ne ha fatto.
("La Repubblica. Affari & Finanza", 23 ottobre 2000. Domain Stats. Registration Authority Italiana)
HTTP
È l'acronimo di Hypertext Transfer Protocol. HTTP è un protocollo molto semplice utilizzato dai server Web per comunicare coi browser che vi accedono direttamente o per aver cliccato su un collegamento ipertestuale. HTTP permette all'utente di saltare da un documento all'altro senza curarsi di dove si trovino fisicamente i relativi server.
"La transazione tra queste due entità si svolge in quattro fasi: connessione, richiesta del documento, risposta e disconnessione. Le prime tre sono di solito segnalate nella finestra del browser con scritte in inglese che ci spiegano cosa sta succedendo. Nella richiesta il browser specifica al server quale protocollo deve essere utilizzato (HTTP oppure FTP o altro ancora): infatti lo stesso browser può essere utilizzato per collegarsi anche con siti che non fanno parte del World Wide Web e che offrono servizi Internet più tradizionali, come appunto lo scaricamento di file attraverso il protocollo FTP (File Transfer Protocol).
Dopo che la pagina è giunta sulla nostra macchina, la connessione col server s'interrompe e va ripresa quando si chiede di passare a una seconda pagina sul medesimo server oppure a un secondo server."
(Roberto Mazzoni, Glossario dei termini dell'informatica, "Pc Inter@ctive CD", n. 7, 1998)
Indirizzo IP
IP sta per Internet Protocol. IP, assieme al protocollo complementare TCP, permette la comunicazione tra i computer della rete. l'indirizzo IP identifica univocamente ciascun computer della rete: ogni rete nel mondo e ogni macchina all'interno di quella rete deve disporre di un proprio indirizzo non duplicabile.
Ciascun indirizzo è composto di 32 bit suddivisi in quattro gruppi di otto bit. Ogni gruppo di bit è rappresentato con il numero decimale equivalente. Un indirizzo IP può essere ad esempio 197.56.190.11.
Un ente centrale con sede negli Stati Uniti assegna i numeri IP a ogni richiedente (privato o azienda). I computer collegati permanentemente alla rete hanno un indirizzo IP fisso; normalmente gli utenti privati che si collegano tramite un provider ottengono un indirizzo IP provvisorio per la durata della connessione. Navigando in Internet, è possibile collegarsi a un sito tramite il suo indirizzo IP (se lo si conosce): è però certamente più comodo utilizzare il nome logico del sito stesso (domain name).
(Roberto Mazzoni, Glossario dei termini dell'informatica, "Pc Inter@ctive CD", n. 7, 1998)
Server
È un computer collegato a Internet o a una qualsiasi rete che funge da punto centralizzato di raccolta di dati o da centro di elaborazione.
Un server può anche eseguire servizi come la stampa e lo smistamento della posta elettronica per i computer di una rete.
A ogni computer server accedono tramite programmi altri computer client collegati in rete.
TCP/IP
È l'acronimo di Transmission Control Protocol / Internet Protocol. Si tratta di una lista di regole ed istruzioni per trasmettere e ricevere dati tra computer (protocollo), realizzata grazie a fondi del governo USA e usata per la prima volta da ARPAnet nel 1983.
"L'aspetto più interessante del TCP/IP è la sua universalità. Questo linguaggio può utilizzare ogni sorta di collegamento per scambiare le informazioni, dal cavo in rame del telefono alla fibra ottica, dalle onde radio al satellite. A questa infrastruttura di comunicazione si possono collegare tutti i dispositivi elettronici che hanno a bordo un processore e un po' di memoria. [...] Già adesso, grazie alla microelettronica, le automobili, i telefoni, i frigoriferi, le lavatrici e i televisori hanno a bordo una potenza di calcolo e una memoria superiore a quella impegnata quasi trent'anni fa a bordo del modulo lunare del progetto Apollo." (Andrea Lawendel, Le aziende avvolte nella rete, "Corriere della Sera", 4 ottobre 1997) Ma il TCP/IP trova la sua applicazione principe nel permettere le comunicazioni nella rete Internet.
Come funziona il TCP/IP? Due computer possono scambiarsi informazioni solo se sono in grado di localizzarsi a vicenda nella rete. L'identificazione avviene tramite il numero IP, composto a sua volta da 4 numeri. Ad esempio, 194.243.154.62 è l’indirizzo IP del computer che attualmente mi permette di accedere alla rete. Anche i computers dei normali utenti sono identificati da un numero IP, che in genere ricevono "in prestito" dal loro provider per la durata della connessione.
I computer sono identificati anche da un altro nome più comprensibile, il domain name. Questo ci è più familiare, perché è quello che digitiamo quando vogliamo accedere ai dati che il computer contiene tramite un browser. Il domain name è composto generalmente da due elementi: il nome dell'ente e la tipologia o la nazionalità cui appartiene.
Quando un computer invia delle informazioni a un altro, il TCP/IP divide i dati in pacchetti di alcune centinaia di bytes. Un pacchetto contiene, oltre alle informazioni che intendiamo spedire, un'intestazione (header) che contiene l'indirizzo dei due computer, il numero d'ordine del pacchetto, la sua lunghezza e tutte le altre informazioni necessarie perché ogni pacchetto possa viaggiare indipendentemente dagli altri. All'arrivo, i pacchetti vengono "rimontati" nell'ordine giusto, in modo invisibile per gli utenti.
URL
È l'acronimo di Universal Resource Locator, e rappresenta un sistema universale per la localizzazione delle informazioni nella Rete. L'URL fornisce l'indirizzo logico di una specifica risorsa di Internet in una forma comprensibile da qualsiasi browser.
Il formato dell'URL è il seguente:
protocollo://host/percorso/nome_file: ad esempio http://www.cd-astro.org/sky_maps/maps.html.
- Il protocollo è uno dei modi con cui le informazioni viaggiano sulla rete Internet: FTP, HTTP, Gopher, Telnet e altri.
- L'host (www.cd-astro.org) è il nome del particolare computer su cui risiede la risorsa.
- Il percorso (sky_maps) indica la posizione del file (maps.html) nelle cartelle esistenti sul computer ospitante (server).
Normalmente gli indirizzi Web cominciano con "http://" e terminano con ".htm", il suffisso che designa un file ipertestuale realizzato nel linguaggio HTML.
(Roberto Mazzoni, Glossario dei termini dell'informatica, "Pc Inter@ctive CD", n. 7, 1998)
World Wide Web
La diffusione di massa di Internet coincide con la nascita del World Wide Web (che significa pressappoco "ragnatela mondiale"). Il WWW ha introdotto nella rete l'approccio intuitivo della rappresentazione grafica e l'accattivante multimedialità.
Il World Wide Web è solo uno degli "spazi" in cui è suddiviso Internet. Si tratta di un insieme sterminato di siti che offrono informazioni d’ogni tipo organizzate in un gigantesco ipertesto multimediale: testo, grafica, suono e animazione. La "ragnatela globale" cuce queste disparatissime risorse informative.
Esse sono collegate tra loro dai collegamenti ipertestuali (link). Possiamo riconoscere la presenza di un link sulla pagina dal fatto che il puntatore del mouse si trasforma in una mano. Cliccando col mouse in quei punti "caldi", passiamo a un'altra pagina.
L’idea del World Wide Web è di Tim Berners-Lee, un fisico del Cern di Ginevra. Lo scienziato intendeva creare uno strumento che permettesse agli scienziati di condividere facilmente i risultati delle loro ricerche, superando il problema della "incomunicabilità" tra diversi computer, sistemi operativi e programmi. Nel 1990 Berners-Lee scriveva nella sua Proposta per un progetto di ipertesto che "Un beneficio potenzialmente grande può derivare dall'integrazione di una varietà di sistemi [...] in maniera che l'utente possa seguire i legami che puntano da un pezzo di informazione a un altro. Questa formazione di una ragnatela di nodi di informazione, piuttosto che di un albero gerarchico o di una lista ordinata, è il concetto di base che sta dietro l'ipertesto. I testi sono legati in maniera tale che uno possa andare da un concetto all'altro per trovare l'informazione che cerca. I legami della Rete sono chiamati ragnatela".
Browser
La fruizione di un ipertesto richiede l'utilizzo di un programma, un browser che - come dice il termine inglese - ne permetta la visualizzazione.
I primi web browser vedono la luce nel 1993. Agli inizi era molto in voga Mosaic, sviluppato dal National Centre for Supercomputing Applications della University of Illinois. In seguito il browser più diffuso su scala mondiale è stato Netscape. Oggi la sua leadership è stata scalzata da Internet Explorer, il browser della Microsoft. L'azienda di Bill Gates inserisce questo programma in tutti i computer, assieme al sistema operativo Windows. Questo modo di procedere è stato giudicato scorretto da alcuni concorrenti ed è stato oggetto di procedimenti giudiziari condotti dall'Anti Trust degli USA.
Ha un suo spazio di diffusione Opera. Queto browser sviluppato in Norvegia è veloce e adatto a computer poco potenti.
Questi programmi si sono col tempo assai evoluti in modo da permettere la fruizione delle risorse multimediali che sempre di più caratterizzano quell'enorme ipertesto che è il WWW: immagini, suoni, filmati, animazioni.
In genere i browser permettono funzioni come aprire un sito di cui si conosce l'indirizzo, ripercorrere avanti e indietro la serie dei siti già visitati, tornare alla pagina da cui è partita la navigazione, trovare una parola nella pagina, memorizzare l'indirizzo dei siti più interessanti (bookmarks), e molte altre.
HTML
È l'acronimo di HyperText Markup Language.
HTML è stato inventato nel 1989 da Tim Berners-Lee, un ricercatore del CERN di Ginevra ed è il linguaggio nel quale sono realizzate le pagine del Web. HTML e il WWW hanno fatto di Internet un grande ipertesto, percorribile a forza di clic del mouse. Prima per ricercare le informazioni era richiesto un approccio molto più complesso: occorreva infatti digitare complessi comandi UNIX.
Si tratta di un linguaggio di programmazione relativamente semplice. All'interno di un testo vengono inseriti dei marcatori che danno istruzioni al browser sul modo in cui visualizzare il testo, rendono attivo un collegamento ipertestuale, inseriscono un elemento multimediale, etc. Per esempio, il paragrafo precedente viene codificato così nel linguaggio HTML:
<p>Si tratta di un linguaggio di programmazione relativamente semplice. All'interno di un testo vengono inseriti dei marcatori che danno istruzioni al <a href="browser.htm">browser</a> sul modo in cui visualizzare il testo, rendono attivo un collegamento ipertestuale, inseriscono un elemento multimediale, etc.</p>
Un grande pregio di HTML è la sua versatilità: l’idea base dei suoi inventori era quella di consentire la condivisione di documenti creati con hardware (computer) e software (programmi) diversi.
È utile per chi vuole creare ipertesti con HTML una visita ad HTML point, il migliore tra i siti italiani dedicati a questo linguaggio. Vi troverete corsi ed esempi adeguati a ogni livello di competenza.
Navigatori nel mondo
Per capire meglio l’evoluzione quantitativa del fenomeno Internet bastino questi semplici ma significativi dati: nel 1981 erano connessi in rete soltanto 12 grandi calcolatori; nel 1991 erano 376.000, che dopo un anno raddoppiano; nel 1994 si calcolano più o meno 3.000.000 di utenti. Internet è un fenomeno che ha presentato tassi di crescita anche del 450% annuo, Oggi la Rete raddoppia le sue dimensioni ogni anno. Il momento dell’arresto della crescita quantitativa di Internet e del raggiungimento del livello di saturazione non sembra ancora prossimo.
Alla fine del 1999 i computer collegati ad Internet erano 82 milioni, con una crescita del 71% rispetto all’anno precedente. Secondo la Nielsen, ogni secondo "nascono" 7 nuovi navigatori.
Oggi le utenze commerciali (molto limitate fino alla metà degli anni Novanta) generano più del 58% del traffico sulla Rete. I soli Stati Uniti contano oggi più di 4.000 Internet provider, con una media di 3.000 utenti. In Italia vi sono quasi 500 provider. Si tratta di una crescita per certi versi imprevista che ha sorpreso anche molti "addetti ai lavori": persino l’uomo più ricco del mondo, il re del software Bill Gates, sottovalutò inizialmente il fenomeno Internet.
La rapida diffusione degli accessi a Internet a pagamento ha fatto nascere un grande mercato mondiale della telematica personale e aziendale, che a sua volta ha causato un vero e proprio boom del settore delle apparecchiature di connessione e dei dispositivi di rete.
La crescita globale della Rete sta finalmente avvenendo al di fuori degli Stati Uniti e, il momento del fatidico sorpasso del Resto del Mondo sugli Stati Uniti si sta avvicinando, o forse è già avvenuto. Il condizionale qui è d’obbligo, vista la difficoltà di stimare quanti host in domini ormai sovranazionali come .com e .net si trovino effettivamente negli Stati Uniti. Ma anche ipotizzando di attribuire totalmente agli Usa il totale degli host non americani ci si avvicina ormai al 50%.
Dei 36.146.194 milioni di siti Internet registrati nel novembre 2001 (erano 9,4 a fine 1998), il dominio ".com" rappresenta il gruppo più esteso, dato che ne comprende più di 22,3 milioni. L’area geografica con il maggior numero di siti commerciali registrati è quella di San Francisco. Il secondo dominio per diffusione è il gruppo ".edu".
L’Europa sta registrando una crescita inattesa, all’interno della quale si registra un piccolo boom italiano. Il nostro paese ha superato i 989.515 host (i computer collegati permanentemente alla Rete), superando di non molto i paesi scandinavi, che pure hanno una popolazione di gran lunga inferiore e colmando in parte il distacco dagli altri grandi paesi europei. Germania e Gran Bretagna hanno da tempo oltrepassato la soglia dei due milioni di host. Il dominio .fr ha dimensioni relativamente piccole, a causa della presenza di un vivacissimo traffico telematico via minitel superiore a quello via Internet. (Ripe NCC hostcount)
Internet non è più un club per soli uomini. Il numero delle donne in Rete sta rapidamente crescendo e negli USA rasenta ormai la metà degli utenti.
Il reale numero degli utenti di Internet è un tema molto controverso. Una raccolta di stime riguardanti 50 paesi si trova su NUA. Dati riguardanti il numero di host computer si trovano presso Internet Domain Survey e Ripe NCC hostcount.
(Ernesto Damiani, Dossier: il futuro di Internet. Più grande, più veloce, più ricca, "Internet News", 1 1999)
Navigatori in Italia
In Italia alla fine del 1994 si stimavano circa 12.000 / 15.000 utenti. Un dato che sembra appartenere alla preistoria. Secondo Assinform nel 1998 erano utenti abituali di Internet il 3,4% degli italiani (1,6% nel 1997), si erano collegati negli ultimi tre mesi il 5,8% (3% nel 1997), si sono collegati almeno una volta il 7,9% dei nostri connazionali (il 4,3% nel 1997). Nel maggio 2001 la stessa Assinform parla di 13.400.000 navigatori Internet (+15.5% in un anno) di cui 7.200.000 abituali (+22%).
Secondo uno studio del Censis nell'aprile 2000 gli utenti Internet rappresentano il 21,3 per cento della popolazione italiana (8,6% nel 1998, 2,5% nel 1997). Anche se il numero di navigatori è in rapida crescita, è ancora lontano dai dati che arrivano dagli Stati Uniti dove il 55% degli abitanti ha accesso alla Rete.
I siti di commercio elettronico rivolti ai utenti finali (business-to consumer) sono oltre 6.000. 890.000 sono gli utenti di home banking. 1.512.000 italiani nel 2000 hanno fatto acquisti online (+81% rispetto al 1999). (Assinform 2001)
Prevalentemente si tratta di libri e CD (47%) e di attrezzature informatiche (39%), dice l'Osservatorio Internet I-Lab - Università Bocconi.
Quattro milioni di italiani si collegano da casa (9,2 per cento della popolazione), mentre 3,1 milioni (il sette per cento) utilizzano Internet dall'ufficio. Meno di due milioni di persone hanno Internet sia a casa che in ufficio, mentre appena l'1,1% accede alla Rete da locali pubblici e da casa di amici.
Gli utenti di Internet sono per due terzi uomini e per un terzo donne. La percentuale dei giovani sotto i 35 anni (35%) è doppia rispetto a chi supera i 35 anni (19,8%).
Il 40% dei laureati usa Internet; il 27% di chi ha la licenza elementare non sa cosa sia Internet.
Oltre il 53 per cento dei "navigatori" risiede al Nord. Qui il 24,8 per cento della popolazione ha accesso al Web, contro il 14,9 per cento del Sud e il 24,4 per cento del Centro. Sono tutti esempi di digital divide. Per l'80% vengono visitati siti in lingua italiana.
Tra le grandi nazioni europee l’Italia occupa una posizione di retroguardia. Con 2 milioni di computer collegati superiamo soltanto la Spagna nella classifica delle nazioni online, a grande distanza da Gran Bretagna, Germania e Francia, che si collocano tra 6 e 7 milioni. Del resto la diffusione dei computer in Italia è ancora scarsa, nonostante si siano raggiunti i 9 milioni di PC installati e il 28% delle famiglie siano dotate di PC (Assinform 2001): in percentuale, poco più della metà della Francia, poco meno della metà rispetto alla Germania e alla Gran Bretagna.
Mentre in tutto il mondo prevale la diffusione popolare di Internet, con gli utenti commerciali (aziende e professionisti) superati nel numero dalle famiglie, in Italia le famiglie rappresentano ancora solo il 25% del totale.
Secondo molti Telecom è un freno allo sviluppo di Internet in Italia. L’ex monopolista dei telefoni impone costi notevoli sia agli utenti tramite la TUT, la tariffa urbana a tempo sia ai provider (per il noleggio delle linee dedicate).
(Osservatorio SMAU sull'ICT 2001, Franco Angeli, 2001.
Nico Piro, Dossier: il futuro di Internet. Emergenza Internet, "Internet News". gennaio 1999.
Rapporto annuale Assinform
Osservatorio Internet I-Lab - Università Bocconi)
Tempi di diffusione dei media
Quanto ci hanno messo a raggiungere una diffusione di massa alcune tecnologie ora essenziali per la nostra vita? Quanti anni sono trascorsi dall’inizio della diffusione di ciascun media al raggiungimento di 50 milioni di case sul pianeta intero?
1873 |
Elettricità |
46 anni |
1876 |
Telefono |
35 anni |
1886 |
Automobile |
55 anni |
1906 |
Radio |
22 anni |
1926 |
TV via etere |
26 anni |
1953 |
Forno a Microonde |
30 anni |
1975 |
Computer PC compatibile |
16 anni |
1983 |
Telefono cellulare |
13 anni |
1993 |
Internet |
4 anni |
Secondo i dati del "National Center for Policy Analysis" in quattro anni si è passati da 0 utenti di Internet (esclusi quelli di ambito militare e universitario) a 50 milioni di persone collegate alla Rete in ogni parte del pianeta e che si scambiano messaggi e-mail, surfano, leggono informazioni. Un modem in ogni casa? Oggi in alcuni paesi stiamo quasi arrivando a questo.
È da tenere presente che queste cifre sono parzialmente falsate da un rapporto tra popolazione, disponibilità monetaria e richiesta di servizio, radicalmente diverso e in continua evoluzione dagli anni Trenta a oggi. Basti pensare che i Beatles, in tutta la loro carriera, hanno venduto cumulativamente più o meno tanti dischi quanti Michael Jackson con il solo Thriller. Ma anche considerando che viviamo in un mondo sempre più propenso a consumare, quattro anni per entrare in 50 milioni di case e di aziende sono comunque pochi. Parliamo di numeri di utenti che sono cresciuti a percentuali astronomiche (anche del 70%).
Ogni tendenza e ogni nuova tecnologia parte dal continente nordamericano. Poi passa agli altri stati, fino a diventare globale. Ad esempio la televisione era già abbastanza popolare negli States durante gli anni '50; in Italia la diffusione massiccia è cominciata nel 1960, con le Olimpiadi di Roma.
(Umberto Silvestri, Questo è il problema: governare la confusione, "Telèma", primavera 1997. Roberto Delpiano, Elettronica, devices, macchine del nostro tempo, i numeri, finalmente, reportage dalla Silicon Valley, da "Apogeonline")
I critici di Internet
Nell'epoca della grande affermazione di Internet, vi sono gruppi di intellettuali che contestano le tecnologie digitali. Le ondate della critica si alzano quando le turbolenze dei mercati finanziari puniscono i titoli legati a Internet. Spesso le file degli oppositori sono composte da persone tagliate fuori per motivi anagrafici dalla rivoluzione digitale.
Le motivazioni sono diverse, e non sempre legate al fattore generazionale.
- Internet può produrre nuove esclusioni sociali, il cosiddetto digital divide. La Rete provocherà il predominio di una minoranza competente su chi non clicca e non digita perché non sa e non può. Dunque, la divisione digitale è il rischio che i poveri di denaro diventino anche poveri di conoscenza, la risorsa critica nella società dell'informazione.
- La Rete è un grosso bluff economico e l'e-commerce non ha le virtù taumaturgiche che gli si attribuivano. Nessuno (o quasi) ha guadagnato con la rete. I successi di talune imprese legate a Internet derivano solo dalla sopravvalutazione dei loro titoli nelle borse mondiali.
- L'informatica è un condizionatore di pensiero. Essa abitua le élites intellettuali dell'Occidente a uno stile di pensiero non più critico. Secondo il filosofo e urbanista francese Paul Virilio la rivoluzione digitale può far più danni di Hiroshima perché allontana il passato e ci schiaccia tutti dentro un eterno presente. Nella democrazia «solitaria dei tempi di Internet avviene la distruzione del dialogo pubblico. Per Raffaele Simone la classe colta occidentale rischia di perdere la sua identità «perché passa ore davanti al video a manipolare immagini e testi disarticolati, instabili».
- I Tempi moderni di Internet generano una classe di nuovi Charlot prigionieri della Rete. Questi Net Slaves (nuovi schiavi), definiti così dal libro-inchiesta di Bill Lessard e Steve Baldwin lavorano nell'high tech ma hanno vite professionali stressanti; spesso non hanno la sicurezza del posto di lavoro e sono privi dei diritti basilari. Questi lavoratori non corrispondono certo al modello prestigioso degli knowledge workers.
- La Rete è il veicolo per la diffusione di contenuti negativi, dalla pornografia (uno dei primi interessi dei navigatori) alla pedofilia, dall'estremismo politico al razzismo. Tanto che qualcuno si chiede se siano da inserire delle forme di censura in Internet.
- Internet schiaccerà l'imprenditoria autonoma. La Rete favorirà la concentrazione della proprietà delle imprese in poche mani.
(Dario Di Vico, Intellettuali di tutto il mondo unitevi. Contro Internet, "Corriere della Sera", 7 luglio 2000)
Il digital divide
Il digital divide è il gap tecnologico in termini di accesso alle tecnologie e di alfabetizzazione informatica esistente tra diverse nazioni o anche tra vari strati della popolazione all'interno di una stessa nazione.
Quanto al divario tecnologico tra i paesi industrializzati e i paesi meno industrializzati, nel 1998 i paesi industrializzati, dove vive meno del 15% della popolazione mondiale, avevano l'88% di utenti di Internet. Per contro l'Asia del Sud, patria di oltre il 20% della popolazione mondiale, contava meno dell1% di utenti Internet. L'Africa ha lo 0,018 degli utenti Internet del mondo, quasi tutti ubicati nel Sud Africa: del resto solo una famiglia su cento ha il telefono. Oggi gli Stati Uniti possiedono più computer che tutto il resto del mondo messo insieme.
Quanto alle esclusioni dalla tecnologia relative a particolari strati della popolazione:
- Secondo il World Wide Web Consortium nel mondo ci sono circa 500 milioni di persone con disabilità di vario tipo che hanno tre volte meno possibilità dei normodotati di accedere a Internet. Tuttavia la rete può anche essere un mezzo per superare gli ostacoli dell'handicap.
- Le donne, soprattutto nei paesi in via di sviluppo usano Internet molto meno degli uomini: 25% in Brasile, 17% in Sud Africa, 7% in Cina e 4% negli Stati arabi.
- Internet e le tecnologie dell'informazione sono molto più diffuse tra i giovani piuttosto che tra gli anziani; nelle zone urbane piuttosto che in quelle rurali; tra i ceti ricchi piuttosto che tra quelli poveri.
- Secondo il sociologo Manuel Castells, "il vero divario inizia quando sei connesso". "Le previsioni ci dicono che Internet nel 2005 raggiungerà in America una diffusione dell'80%. Ma il vero problema è che l'accesso generalizzato favorisce i più scolarizzati, chi ha studiato." Chi sa, una volta acceso il modem, quali informazioni cercare, dove trovarle e che cosa farci, e chi si limita a una fruizione passiva e un po' televisiva della Rete.
Ovviamente, Internet non è la causa di queste disparità ma l'ennesima riprova delle diverse opportunità di cui godono gli abitanti del pianeta.
Digital Inclusion significa integrare popolazioni o strati sociali con le nuove tecnologie, in modo che queste diano effettivi benefici alla maggioranza delle persone. "In Bangladesh in tre anni gli accessi ad internet sono passati da 1000 (nel 1997) a 50 mila nel 2000. Ma il protagonista di tale sviluppo è stato il sistema ideato da Muhammad Yunus che dopo la Grameen Bank ha fondato nel 1995 la Grameen Phone Limited, nel 1996 la Grameen Shakti (società elettrica) e nel 1998 la Grameen Cybernet. Così in Brasile Rodrigo Baggio nel 1995 fonda il Comité para la Democratizazion de la Informatica, un'associazione tra fondazioni, imprese e istituzioni internazionali. E in 5 anni crea 68 scuole di informatica nelle favelas che hanno dato lavoro a 32 mila giovani. Oggi il suo modello è esportato in Colombia, Cile, Argentina e Filippine."
(Carlotta Jesi, Internet: esclusione o opportunità?, "Vita nonprofit online", 3 novembre 2001.
Riccardo Bonacina, Le balle globali ovvero tutti i conti che non tornano sulla Rete, "Vita nonprofit online", 22 marzo 2001
Davide Frattini, Castells: il vero divario inizia quando sei connesso in Rete, "Corriere della Sera", 11 luglio 2001)
Mancini: Censurare Internet?
Il Free Speech, la possibilità di parlare senza censura e di trattare qualunque argomento rappresenta un elemento potenzialmente destabilizzante nei paesi dittatoriali ma persino nelle cosiddette grandi democrazie, dove comunque l'opinione pubblica è spesso controllata dalla stampa e dalla televisione, a loro volta legati a gruppi politici od industriali.
"Internet è un mezzo di comunicazione rivoluzionario, in grado di provocare un mutamento radicale, in senso universale e libertario, delle modalità comunicative e di aggregazione sociale. In virtù delle sue caratteristiche di interattività e bidirezionalità, unite alla sua struttura transnazionale e flessibilmente espandibile, ogni utente può trasformarsi in produttore e distributore di informazioni, che viaggiano in tempo reale, ad ampio raggio e in profondità, penetrando ogni frontiera. La Rete mette perciò in discussione la credibilità dei monopoli comunicativi costruiti da Stati autoritari e totalitari, capaci di assoggettare i pochi centri del media-system tradizionale e di creare spazi ermeticamente chiusi, fondati sull'eliminazione selettiva e la manipolazione delle informazioni. Gruppi politici alternativi, come i guerriglieri peruviani dei Tupac Amaru e di Sendero Luminoso, l'esercito zapatista di liberazione nazionale, il partito rivoluzionario del Kurdistan (DHKC), i Talebani afgani, gli indipendentisti del Kosovo, ma anche gruppi del Ku Klux Klan, revisionisti-negazionisti dell'Olocausto e propugnatori della supremazia della razza bianca (White Supremacists), i cui messaggi vengono spesso distorti - per conformismo o interesse - dai mezzi di comunicazione tradizionali o soppressi su iniziativa governativa, dispongono infatti di uno strumento insostituibile per raggiungere direttamente e mobilitare l'opinione pubblica o per interagire tra di loro. Tuttavia, soprattutto a partire dal 1996 (l'anno del boom di Internet), il libero flusso comunicativo e informativo della Rete è sempre più ostacolato da interventi censori, che hanno come obiettivo il controllo dei contenuti delle comunicazioni digitali.
Una prima minaccia alla libertà di Internet viene da tutti quegli Stati, soprattutto islamici e del Sud-Est asiatico, oltre alla Cina, che pongono limiti rigorosi alla capacità di accedere alle libere energie della Rete dal loro territorio. Non potendo agire direttamente sulle risorse on line al di fuori della loro giurisdizione - i gruppi politici alternativi spesso utilizzano servers all'estero - essi hanno due possibilità. Alcuni impongono restrizioni all'uso individuale degli strumenti connettivi, subordinandolo al rilascio di licenze d"acquisto ed utilizzazione (è il caso dell'Arabia Saudita, del Sudan, di Birmania, di Cuba), e tengono perciò artificialmente basso e più facilmente controllabile il numero degli utenti. Altri realizzano barriere informatiche per filtrare le informazioni diffuse tramite Web o newsgroups: il traffico digitale viene convogliato attraverso servers governativi, che bloccano l'accesso ai siti contenuti in una "lista nera" costantemente aggiornata (è il caso della Cina, di Singapore, del Vietnam, della Malaysia, degli Emirati Arabi Uniti).
Motivo ispiratore di questi interventi - a detta degli Stati interessati - è la preservazione dei propri modelli culturali da influssi corrosivi: i valori degenerati di matrice occidentale prevalenti sulla Rete (iperindividualismo, libertà sessuale), definiti infopollution, inquinamento (spirituale) da informazioni (indesiderate). In effetti, le motivazioni ufficiali nascondono un interesse prioritariamente politico. L'Arabia Saudita, Cuba e Birmania, ad esempio, tengono la maggior parte della popolazione al di fuori dei flussi comunicativi della Rete per evitare contatti con i dissidenti in esilio e col materiale "sovversivo" che essi diffondono nel cyberspazio. La Cina, inoltre, impedisce l'accesso in prevalenza ai siti di organizzazioni informative statunitensi (ad esempio, The Voice of America, The Washington Post, The Boston Globe) che promuovono la democrazia e la libertà d"espressione, e alle pagine create dai dissidenti per inneggiare all'indipendenza di Taiwan (come Taiwan), del Tibet (come Free Tibet) e dello Xinjiang (come World Uyghur Network News).
Resta poi da chiedersi quale sia l'efficacia delle misure adottate. È massima nel caso dell'autoesclusione, anche parziale, che è però praticabile solo da Stati di ispirazione militare e dittatoriale (Sudan, Cuba e Birmania), mentre l'Arabia Saudita già si sta muovendo verso una liberalizzazione temperata da filtri. È invece molto limitata nel caso dei sistemi di bloccaggio. Innanzitutto, perché esistono meccanismi che consentono di cambiare continuamente l'indirizzo telematico dei siti proibiti, e perché è possibile trasmettere informazioni tramite posta elettronica, anonimamente e in forma criptata. La posta elettronica, ad esempio, è il metodo recentemente scelto da "The Voice of America" per diffondere i propri bollettini informativi in Cina, nonostante la censura. Inoltre, un'adeguata ricerca di nuovi siti, o di siti dal nuovo indirizzo - ritenuti "dannosi" o "inquinanti" - da aggiungere alla lista di quelli vietati, è resa praticamente impossibile dallo sterminato volume e dalla rapidissima trasformazione del materiale presente sulla Rete (si parla di più di 1 miliardo di pagine web, oltre a decine di migliaia di newsgroups), il cui screening richiederebbe un nutritissimo dispiego di uomini per una durata temporale imprecisabile ed assolutamente senza pause.
Una seconda minaccia, sicuramente più inflessibile nei toni ed ostinata nelle iniziative, ha come artefici gruppi di pressione, spesso a carattere transnazionale, che pattugliano la Rete alla ricerca di contenuti sgraditi da eliminare con iniziative legali o con vere e proprie operazioni di guerriglia informatica. Le finalità e i metodi di questi "cybervigilanti" sono condivisi da agenzie governative di paesi occidentali che, pur non adottando politiche di sistematico controllo, si attivano per contrastare le attività online di gruppi estremisti e terroristici.
Le azioni di cybervigilanza più note ed insistite riguardano i gruppi di estrema destra, neonazisti e razzisti (come Stormfront), che si avvalgono degli strumenti connettivi di Internet per diffondere le proprie idee, per coordinare iniziative e manifestazioni, per raccogliere fondi e reclutare nuovi membri. Questi gruppi sono il bersaglio delle aggressive campagne del Simon Wiesenthal Center o dell'Anti-Defamation League, che hanno lanciato una meticolosa crociata per depurare la Rete da ogni pericolosa infiltrazione sopprimendo le voci dissenzienti. Promuovendo costose - anche in termini d"immagine - azioni legali, preannunziando forme di boicottaggio o di protesta informatica, i cybervigilanti hanno spinto alcuni providers statunitensi e canadesi a cancellare numerosi siti Web controversi, come quello del canadese Ernst Zündel, revisionista dell'Olocausto dalla discussa fama digitale.
Anche alcune agenzie governative hanno alimentato l'ondata dilagante di cyberintolleranza. Innanzitutto attraverso la campagna di mailbombing, orchestrata dal governo spagnolo dopo l'assassinio di Miguel Angel Blanco per mano dell'Eta nello scorso luglio, che ha bloccato il sistema informatico dell'Institute of Global Communication, costretto ad escludere dai propri intasatissimi servers l'edizione elettronica della rivista indipendentista basca Euskal Herria. Il governo di Madrid ha poi cercato di completare il suo disegno censorio con una formale richiesta alla CNN affinché eliminasse dal proprio sito un link all'Euskal Herria, ma in questo caso con esito negativo. Agli sforzi dei cybervigilanti spagnoli si è prontamente unito l'ufficio antiterrorismo della polizia londinese, invitando con successo il fornitore d"accesso Easynet alla chiusura del sito di Internet Freedom, la nuova dimora elettronica dell'Euskal Herria censurata. Un secondo interessante esempio di cybervigilanza governativa ha visto come protagoniste le autorità giudiziarie tedesche, che hanno ordinato ai providers in Germania di bloccare l'accesso alla rivista di estrema sinistra Radikal, fuorilegge in Germania, perché accusata di incitare ad azioni terroristiche, ma libera in Olanda, da dove l'organizzazione XS4ALL la diffonde nel cyberspazio.
Grazie alla natura proteiforme di Internet, alla sensibilità e allo spirito battagliero dei cyberattivisti libertari, alla possibilità di clonazione digitale offerta dai mirrors, che consentono di riprodurre fedelmente un sito web censurato trasferendolo elettronicamente in qualsiasi altro server della Rete, queste misure si sono rivelate largamente inadeguate ed in effetti controproducenti. Lo Zündelsite, l'Heuskal Herria, il Radikal, Internet Freedom, attaccati dai cybervigilanti ed oscurati, sono infatti ricomparsi prontamente nel cyberspazio, per di più moltiplicati in numero e in visibilità dallo sforzo di chi considera la libertà d"espressione un bene collettivo da tutelare con ogni mezzo a disposizione.
La terza minaccia, dipinta negli Stati Uniti come morbido argine che impedirebbe il dilagare su Internet di attività illecite e riprovevoli soprattutto a sfondo sessuale, è in realtà la più pervasiva e pericolosa forma di censura digitale fin qui ideata. Rischia infatti di essere ridotta al silenzio, o comunque marginalizzata, un'esuberante varietà di voci ed idee politiche alternative e spesso controverse, la vera ricchezza di Internet, probabilmente sostituite da un insieme ordinato ed omologato di risorse informative prive di slanci critici. Dopo il fallimento del Communication Decency Act (giudicato dalla Corte Suprema contrario al Primo Emendamento che protegge la libertà d"espressione), che prevedeva pene severe per chi diffonde o permette la diffusione elettronica di testi ed immagini considerati "indecenti" o "manifestamente offensivi" consultabili anche da minori, il governo degli Stati Uniti ha messo a punto una strategia d"azione piuttosto articolata. In base a questa strategia, da una parte viene incentivato l'uso di sistemi di bloccaggio tradizionali da parte degli utenti privati; dall'altra viene programmata la sistematica ed obbligatoria classificazione di tutte le risorse di Internet, che verrebbero poi filtrate grazie ad un software molto sofisticato da usare nelle scuole e in tutti gli altri punti d"accesso pubblici alla Rete, biblioteche comprese.
I programmi di bloccaggio tradizionale, come SurfWatch, CyberPatrol, NetNanny, CyberSitter, X-Stop e molti altri, funzionano in base a due diversi princìpi. Un primo sistema, rudimentale ed aspramente criticato, vieta l'accesso a tutte quelle risorse digitali individuate per mezzo di una ricerca per parole-chiave, col rischio documentato di privare l'utente di informazioni spesso preziose, come quelle relative alla prevenzione dell'Aids o persino di testi letterari e di riproduzioni digitali di opere d"arte. Un secondo sistema, più evoluto, impedisce di collegarsi con una serie di siti considerati poco adatti per i minori in base a categorie stabilite dalle aziende produttrici del software. Anche questo sistema è oggetto di numerose critiche: primo, perché le scelte vengono effettuate spesso da personale poco qualificato; secondo, perché queste scelte rispondono in ogni caso a criteri del tutto soggettivi; terzo, perché ad una impossibile operazione di screening completa si sostituisce un'analisi superficiale e grossolana; quarto e ancora più importante, perché i siti effettivamente bloccati sono spesso di contenuto politico. Ad esempio, CyberPatrol blocca l'accesso a numerosi siti di gruppi estremisti e radicali e di associazioni femministe e di omosessuali; X-Stop persino a quelli del think tank conservatore Heritage Foundation o a quello della setta religiosa dei Quaccheri.
Il sistema di classificazione universale, da più parti invocato ed ancora in fase di sperimentazione, grazie ad una tecnologia standard (PICS, Platform for Internet Content Selections), consente di associare ad ogni risorsa digitale uno o più giudizi sintetici, direttamente e volontariamente da parte dell'ideatore o gestore della risorsa o grazie all'intermediazione di apposite agenzie private (aziende, gruppi religiosi, associazioni culturali), che sono invitate dal governo statunitense ad attivarsi quanto prima. Questi giudizi terrebbero conto di alcuni elementi stabiliti dai diversi schemi di classificazione - violenza, nudità, sesso, linguaggio offensivo sono quelli del Recreational Software Advisory Council on the Internet (RSACI) - e dall'intensità della loro presenza nelle risorse esaminate. I filtri consentirebbero ad ogni utente di utilizzare lo schema di classificazione a lui più congeniale, in base ai limiti di intensità da lui fissati.
Anche questo sistema, a prima vista apprezzabile perché favorirebbe la libera scelta dell'utente, presenta carenze e controindicazioni. In primo luogo, tutto il materiale non classificato verrebbe in ogni caso bloccato ed ignorato dai motori di ricerca, rendendo il reperimento di nuove informazioni un'impresa disperata. In secondo luogo, nascerebbe la necessità di una continua e dispendiosa opera di classificazione, destinata a rimanere perennemente incompleta e superficiale: numerose risorse rimarrebbero per lunghi periodi inaccessibili perché in attesa di classificazione. Terzo, questo sistema spingerebbe all'occultamento di chi, per ragioni ideologiche o politiche, non accetterebbe di autoclassificarsi o di essere classificato in base a parametri arbitrari (basta pensare agli attivisti che si occupano di tortura o di abusi sessuali: quale il grado di violenza?). Quarto, sarebbe impossibile classificare risorse in perenne evoluzione, come i newsgroups, le aree di discussione, le mailing-lists, che sfuggirebbero ai controlli o verrebbero inesorabilmente messe a tacere. Da ultimo, i siti di organizzazioni informative (giornali, agenzie di stampa, radio, televisioni presenti su Internet), sarebbero esentati da ogni classificazione, perché praticamente impossibile e politicamente improponibile. Tuttavia, sarebbero esentate solo quelle organizzazioni riconosciute come "legittime" da un apposito comitato di importanti operatori del settore: quale la sorte delle pubblicazioni alternative ed estremiste, delle newsletters individuali, dei bollettini dei movimenti di liberazione nazionale?"
(Giuseppe Mancini. L'inquisitore digitale, "Ideazione", maggio/giugno 1998)
Comunicare in Internet
"Il vero valore di una rete riguarda meno l'informazione e più la socializzazione. La superautostrada dell'informazione [...] sta creando un tessuto sociale assolutamente nuovo, a livello planetario."
(Nicholas Negroponte, professore al Massachusetts Institute of Technology di Boston)
Può apparire finanche scontato presentare le possibilità di comunicazione rese disponibili dalla rete o le modalità disponibili per interagire in Internet, dalle chat ai newsgroup.
Chi entra nello spazio virtuale della Rete diventa membro di un nuovo ambiente sociale, che non a caso molti siti rappresentano con la metafora della città.
Bisogna però precisare che Internet non è ancora un fenomeno che riguarda il mondo intero: esso coinvolge sostanzialmente la triade Europa, Stati Uniti e Sud Est Asiatico. I motivi del digital divide possono essere banali: il sottosviluppo si accompagna a una scarsa diffusione dei computer e perfino della telefonia, senza la quale non c’è Internet.
Una possibilità di comunicazione
Internet è in primo luogo uno strumento di comunicazione. Proprio come il telefono, la rete telematica nasce per permettere la comunicazione e lo scambio di informazioni. Questo modo di presentare Internet può farci capire che la Rete non è anzitutto un tema per informatici, ma un'opportunità per tutti: così come non è necessario essere geologi per amare la montagna.
Considerare Internet solo come una rete di computer sarebbe dunque riduttivo: Internet è anche - e in primo luogo - una rete di persone collegate attraverso i computer. Le informazioni che i navigatori possono scambiarsi su Internet sono in formato digitale dello stesso tipo di quelle che un qualunque personal computer è in grado di utilizzare e manipolare: testi scritti, ma anche animazioni, immagini, voci, musiche, filmati, software.
Per gli "umani" che comunicano attraverso la rete, Internet può presentare molte attrattive: quelle di essere insieme una risorsa informativa e un luogo di interazione sociale e, ormai, anche una possibilità di scambio economico.
Quanto ai contenuti della comunicazione, le possibilità sono molteplici. Tramite Internet gli handicappati possono mantenere un canale di rapporto con il mondo; la rete permette a persone originarie di un paese e disperse per il mondo di mantenere un contatto tra loro; le WebCam consentono di visitare a distanza luoghi nei quali andremo o che sono per noi inaccessibili.
Come interagire in Internet
Dietro all'informazione che circola su Internet ci sono delle persone che comunicano. Ogni scambio informativo è una forma di interazione sociale, e la rete è dunque luogo di innumerevoli relazioni. Chi parla (o scrive) di Internet da questo punto di vista ha tuttavia in genere in mente alcune tipologie "classiche"' di uso sociale della rete. Le principali sono
- la posta elettronica;
- i newsgroup, bacheche elettroniche dedicate ad uno specifico argomento;
- le chat, un sistema che permette di conversare con altre persone collegate alla rete tramite messaggi digitali che appaiono sui monitor degli altri partecipanti alla discussione;
- la telefonia via Internet, effettuata utilizzando microfono con cuffia collegato alla scheda audio del computer.
Così è nata la comunità di Monforte
"Secondo una ricerca svolta negli Usa, l'uso di Internet rischia di frammentare la società e di diffondere un senso di solitudine. Oggi i telegiornali diffondono un'immagine di una Rete popolata da pedofili. Sembra di assistere a una concertata diffamazione di Internet operata dai media. I giornali non citano invece mai le numerose esperienze in cui Internet funziona da strumento di crescita culturale e da collante sociale. Mi permetto allora di presentare un'esperienza personale. Un gruppo di persone originarie di Monforte San Giorgio, piccolo centro della provincia di Messina, ma residenti in diversi paesi d'Europa, negli Stati Uniti e Canada, hanno costituito da alcuni mesi una comunità virtuale dotandola di un sito web (http://www.monfortesi.it). Si tratta di un'associazione culturale, che raggruppa residenti ed emigrati, i cui aderenti tengono fra loro frequenti contatti a mezzo e-mail. Il sito riporta notizie del paese, il giornalino parrocchiale, le foto e i suoni delle feste, i rintocchi delle campane, lettere di aderenti e amici. Di recente la comunità virtuale si è trasformata in reale: si è svolto in paese un incontro conviviale tra aderenti e simpatizzanti nel corso del quale si sono gettate le basi per interventi in favore di Monforte."
(Guglielmo Scoglio da Udine, lettera al "Corriere della Sera", 5 settembre 1998)
Offeddu: Internet e l'handicap
Paolo Berro apre e chiude finestre, dalla mattina alla sera. E costruisce macchine, progetta ponti, guida gli amici per le "piste nere" da sci. Tutto ciò fa a Castelfranco Veneto e a Los Angeles, a Torino e a Melbourne, Australia. Eppure, a 23 anni, Paolo è una pietra: morto, dalle spalle in giù. Non può grattarsi, sollevare un dito, fare pipì senza che un altro lo aiuti con il catetere. In un pomeriggio d'autunno sta qui, sulla sua sedia a rotelle davanti al computer. C'è un grande silenzio, nel salotto di casa. "Apri finestra, chiudi finestra - dice rapidissimo Paolo, nel microfono che gli sta accanto alle labbra - mouse a destra, mouse a sinistra, vai su, vai giù ...". Si sente solo la sua voce, un po' imperiosa e un po' affettuosa. La freccetta balena, lo schermo si apre, la freccetta galoppa sulle autostrade di Internet. "Ecco - mormora Paolo - ora ci sono dentro". E "dentro" è appunto Los Angeles, le università americane, le aziende che richiedono i progetti di Paolo per gli aiuti agli handicappati, le case di centinaia di nuovi amici, i videogiochi di sci o il Politecnico di Torino, dove Paolo frequenta in videoconferenza - primo studente in Italia - il terz'anno di ingegneria meccanica.
Questa è una storia senza lacrime. O almeno, senza lacrime che appaiano: "Mai pianto tutti insieme - dicono Giorgio e Maria Teresa, i genitori di Paolo che hanno lasciato il lavoro per stargli vicino - quando a uno di noi scappa da piangere, va nell'altra stanza e chiude la porta". Viene un amico, uno dei tanti, accetta un goccio di vino e lo offre a Paolo: "No - ride lui, scolpito sulla carrozzella - no grazie, sennò mi cascano le gambe". Sorride spesso: "Prima, ero sempre felice. Oggi, ringrazio di essere così: di non non esserci". Però "prima", fino al 2 maggio 1998, lui era un campioncino di sci, 1 metro e 86 di muscoli mai fermi. Il 2 maggio, vicino a casa, un banale incidente d'auto. Sono i genitori a ritrovare Paolo: "Bello come il sole - ricorda la mamma - senza un graffio, come addormentato". Ma aveva una vertebra lussata, e una rotta: "tetraplegia flaccida", una parolaccia che vuol dire diventar di pietra.
Paolo e i genitori tornarono a casa il 17 maggio 1999, dopo un anno e più negli ospedali. "Un miracolo, se si salva", mormoravano i medici nei primi giorni: 23 spesi in fin di vita, i polmoni spenti, una placca di titanio sulla trachea aperta e il respiro che veniva su con il respiratore meccanico. "Pesavo 55 chili. Respiravo, con un palloncino che mi pompava l'aria dentro, ma non parlavo. Poi, una boccata d'aria dal palloncino e una sillaba, una boccata e una sillaba... Per 5 mesi". Finché una sera la madre torna a casa, e suona il telefono: "Era lui. Mi soffiò nel microfono: "ciao mamma, ti voglio bene", e fu come metterlo al mondo un'altra volta".
Ma quello è solo l'inizio. Un giorno, all'ospedale di Negrar, vicino a Verona, portano Paolo davanti a un computer con il Dragon Dictate, un programma di riconoscimento vocale: "E mi dicono che "lui" ha bisogno della mia voce per funzionare. L'alternativa è spingere il mouse con la fronte: una lettera alla volta, troppo lento. Così capisco che devo sforzarmi: respirare sempre meglio, e ogni respiro una parola. Voglio disperatamente comunicare con "lui" per utilizzare Internet e parlare ai miei amici con le e-mail. E una mattina dico tutto d'un fiato: "supercalifragilistichespiralidoso".
Quella, la parola magica di Mary Poppins, è il segno della vittoria: il computer ridà a Paolo la voce, e Paolo dalle gambe morte è libero di galoppare in rete. Non lo fermano più : in quello stesso ospedale, costruisce la sua prima pagina Internet e poi l'archivio elettronico del reparto; poi le pagine Web di amici vecchi e nuovi; poi fa le ricerche in rete per altri amici; e i "viaggi" in tutto il mondo. Il resto è l'oggi: sveglia alle 7, catetere; vestono Paolo, lo lavano: lui legge i giornali in rete; e fa la fisioterapia in casa, "ma durante la ginnastica statica mi guardo le lezioni al videoregistratore"; di nuovo il catetere; il fax, le e-mail, il pranzo e il pomeriggio ancora al computer, con la telecamera sul monitor per le lezioni universitarie in teleconferenza; e il telefono che non smette mai di suonare, ogni due minuti la mamma lo accosta all'orecchio di Paolo. Le e-mail piovono a decine (indirizzo: grozio hotmail.com); il sito di Paolo riceve centinaia di visite (http://utenti.tripod.it/grozio); qualche azienda chiede consiglio, Paolo progetta una carrozzella elettronica, che ora sta per brevettare in tutto il mondo. "Ho avuto tanto, grazie a Internet e al computer. Se l'incidente fosse accaduto 5 anni fa, tutto sarebbe stato diverso". Chissà, forse lo pensa: un tempo, lui sarebbe stato al massimo come quei paralitici che dipingevano con la bocca o i piedi. Invece "ho acquistato tanti amici, e la capacità di ascoltare gli altri, e quella di conoscere meglio me stesso. Sì, ho avuto una tragedia. Ma sinceramente sto bene anche così. E poi non ho tempo per lamentarmi: con tutte le cose che ho da fare...".
Scende la sera, arriva l'E-mail del "nonno multimediale", come lo chiama Paolo: è un ingegnere di 71 anni, di Milano, si sono conosciuti in rete e un giorno il "nonno" è venuto anche qui; poi "chiama" l'amico più caro di Paolo che sta a New York; e da Palermo, uno studente di biologia che ha dedicato a Paolo la sua tesi di laurea; e da Genova, un pensionato che ogni sera gli manda un "pensierino da boy-scout"; e poi Gilberto, un sordo e cieco paralizzato al volto; e una ragazza che domanda consiglio per il fidanzato ammalato ("Paolo, dimmelo tu, dove ho sbagliato?") e tanti altri che chiedono aiuto. Molti, fra i disabili, sono gli stessi che vuole aiutare "Progetto Insieme", l'iniziativa patrocinata dal "Corriere".
Ma lui, Paolo, che cosa chiede? "Niente per me, sono servito come un re. Certo, avrei bisogno di un voltapagine elettrico, ma costa oltre 5 milioni e non voglio chiedere ancora ai miei che hanno già speso tanto. Per gli altri sì, vorrei qualcosa: che le Usl "passino" a chi ne ha bisogno la terapia a domicilio (io ce l'ho in via sperimentale); e che in ogni comune ci sia un organismo politico - sociale cui possano rivolgersi i disabili per avere informazioni sicure e soluzioni non temporanee. Noi abbiamo trovato molte persone meravigliose, nelle Usl e altrove: ma anche tante umiliazioni. Mio padre ha fatto 1000 chilometri in tre mesi, solo per la burocrazia, per avere le carte giuste...".
Ora il viso è serio, ma subito torna il sorriso: un nuovo messaggio lampeggia sullo schermo. "Vede? Non sto mai fermo, io", ride il ragazzo dal corpo pietrificato.
(Luigi Offeddu, "Internet mi ha ridato la voce e la vita", "Corriere della Sera", 8 dicembre 1999)
Una città di bit
Internet sembra annullare un concetto radicatissimo nella nostra mente come quello di spazio. Chissà che la metafora della città e il linguaggio della comunità virtuale adottati in diversi luoghi di Internet - ad esempio Geocities - non voglia essere una rassicurazione per i "netsurfers" che nei loro viaggi nella rete fanno l’esperienza di una sorta di ubiquità virtuale. In un tempo pressoché istantaneo possiamo saltare da un computer che si trova in America ad un server asiatico, spedire un messaggio di posta elettronica oltreoceano, ispezionare tramite una WebCam una camera d'albergo distante 3.000 km in preparazione del nostro prossimo viaggio, acquistare un libro o un disco in un negozio che non ha vetrine, come Amazon. Il mondo sembra divenire realmente un unico villaggio, nel quale la vera differenza non è legata al risiedere in un paese o in un altro, ma all'essere collegati o meno alla grande rete che cambia il senso dello spazio.
William Mitchell, ricercatore presso il MIT, descrive il cambiamento che avviene nella città dei bit.
"Da millenni vige il principio "dimmi dove abiti e ti dirò chi sei". Scuole per gli studenti, carceri per i criminali, palazzi per i politici. Spazi rigorosamente "zonizzati": siti produttivi, centri direzionali, quartieri residenziali. Ma non appena i tentacoli della rete si saranno spinti ovunque, tutto questo non sarà più vero, perché la Rete, scrive Mitchell, è un'entità antispaziale, "un ambiente globale che non è in nessun luogo ma è insieme dappertutto", i suoi "luoghi" virtuali non sono collegati da strade, porte e passaggi ma da legami logici, e da essi non si entra o si esce mediante spostamenti fisici, bensì attivando o interrompendo un contatto. Questa rivoluzione è destinata a sovvertire il concetto stesso di spazio urbano. Perché costruire biblioteche se migliaia di testi possono essere memorizzati in spazi irrisori, su supporti digitali? E ancora: fabbriche e uffici svuotati dal telelavoro; le monumentali sedi delle grandi banche rese inutili dal denaro elettronico; università e ospedali "miniaturizzati" grazie allo sviluppo dei campus virtuali e della telemedicina. E gli architetti? Tutti disoccupati? No, ma più che edifici dovranno progettare le loro interfacce coi computer. E le strade virtuali della "città" dei bits", sradicata da ogni punto preciso della del pianeta, dalle identità spettrali - zombie elettronici - che ognuno di noi farà circolare in rete invece di spostarsi fisicamente."
(Carlo Formenti, La città potrà sparire, la politica rimarrà, "Corriere della Sera", 17 novembre 1997. Sintesi del libro di William J. Mitchell, La città dei bits. Electa, 1997. L'autore è un architetto australiano attualmente ricercatore presso il Massachussets Institute of Technology di Boston)
Cyberspazio
È un termine introdotto dallo scrittore William Gibson nel romanzo di fantascienza Neuromante (Editrice Nord, 1986): nell'opera i personaggi si servivano della rete di computer collegandovi direttamente la propria mente. Cyberspazio designa una realtà immaginaria creata dalle reti di computer e nella quale il cybernauta può fare esperienze percettive tramite l'audio, il video e la grafica.
In riferimento a Internet, cyberspazio riguarda lo spazio elettronico nel quale interagiscono gli utenti connessi alla rete.
Internet e il mercato globale
Capire cosa è Internet, vuol dire anche cercare di capire quali mutamenti la Rete sta portando nel mondo delle interazioni economiche globali e come questi mutamenti stanno avvenendo. La rivolzione informatica è sia una causa sia una consegenza dei fenomeni di globalizzazione
La globalizzazione si potenzia con l'informatizzazione delle società. Nella rete telematica lo spazio scompare e anche il tempo si restringe sempre più. Internet è l'esempio più rappresentativo - o almeno uno degli esempi più rappresentativi - dello sviluppo economico, culturale, tecnologico e sociale che ci aspetta. La Rete diventerà con sempre maggior chiarezza il "luogo" nel quale una parte rilevante di questo sviluppo prenderà forma. Anche per questo è importante imparare a conoscere le potenzialità economiche di Internet.
Internet fa fare all'idea di mercato globale un salto di qualità in almeno tre direzioni:
- la finanza e le reti telematiche;
- il commercio elettronico;
- l’home banking.
Bibliografia
Libri
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Marco Calvo, Fabio Ciotti, Gino Roncaglia, Marco A. Zela, Frontiere di rete. Internet 2001: cosa c'è di nuovo, Laterza, 2001
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Articoli
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Roberto Pedrinoni, Home banking, "PC Magazine", dicembre 1998.
Nico Piro, Dossier: il futuro di Internet. Emergenza Internet, "Internet News". gennaio 1999.
Gianni Riotta, La rete Internet, i libri e quei vati di sventura, "Corriere della Sera", 17 maggio 1997.
Antonio Satta, Mai più scartoffie, "Il Mondo", 29 novembre 1997.
Antonio Satta e Alberto Sisto, Firma elettronica il domani è adesso, "Il Mondo", 29 novembre 1997.
Guglielmo Scoglio (Udine), lettera al "Corriere della Sera", 5 settembre 1998.
Umberto Silvestri, Questo è il problema: governare la confusione, "Telèma", primavera 1997.
Giorgio Sitta, Privacy in rete, "Computer valley", novembre 1997.
Riccardo Staglianò, A me gli occhi. Come ti catturo il cybernauta, "Corriere della Sera", 1 marzo 1999.
Siti Internet e CD-ROM
Amazon.com (commercio elettronico)
Altavistahttp://www.amazon.com/ (motore di ricerca)
Assinform (associazione delle aziende italiane di Information Communication Technology)
Banca Intesa Home Banking
Comunità virtuale di Monforte. Per la scheda si veda Così è nata la comunità di Monforte
Corriere della Serahttp://www.repubblica.it/ (informazione in rete)
Domain Stats (domini)
Excite (motore di ricerca)
Geocities (portale)
Google (motore di ricerca)
Hotbot (motore di ricerca)
HTML point
Il Sole 24 Orehttp://www.repubblica.it/ (informazione in rete)
Infoseek (motore di ricerca)
Intel
Internet Society
Internic (domini)
La Repubblica (informazione in rete)
Lycos (motore di ricerca)
MediaMente
Microsoft, produttrice del browser Internet Explorer
Netscape (browser)
Nielsen (dati sulla rete)
Opera (browser)
Osservatorio Internet I-Lab - Università Bocconi
RAI e Giornale radio RAIhttp://www.repubblica.it/ (informazione in rete)
Registration Authority Italiana (domini)
Ripe NCC hostcount (dati su Internet)
The World Wide Web Consortium (il W3C coordina l'evoluzione del WWW)
Tim Berners-Lee (inventore del WWW) e autore della prima Proposta per un progetto di ipertesto
United Nations - Human Development Report 2001. Il capitolo due discute opportunità e problemi dell'età della rete.
Virgilio (motore di ricerca)
Yahoo (motore di ricerca)
Il CD ROM dei Fatti 1998, Adnkronos, 1997.
Il CD ROM dei Fatti 1999, Adnkronos, 1998.
Roberto Mazzoni, Glossario dei termini dell’informatica, "Pc Inter@ctive CD", n. 7, 1998.
Fonte: http://www.carloporta.it/cultura/didattica/globalizzazione/internet/word-internet.doc
Autore: Giuseppe “Peo” Scaglione
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