Problemi dell' acqua di raffreddamento

 


 

Problemi dell' acqua di raffreddamento

 

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I problemi dell' acqua di raffreddamento

 

L’acqua ha però anche molti difetti i quali derivano essenzialmente dalla presenza di numerose impurità all’interno di essa; l’acqua infatti, attraversando i più svariati ambienti (rocce, fango, gas, altri liquidi), porta inevitabilmente in soluzione gli elementi con cui entra in contatto; nell’acqua troviamo così, in percentuali differenti a seconda del tipo di acqua (di mare, di fiume, piovana), numerose sostanze disciolte: sali (come carbonati, bicarbonati, cloruri, solfati), cationi (come gli ioni calcio e magnesio la cui concentrazione definisce la durezza dell’acqua), solidi (come sabbia, limo, colloidi e precipitati vari), gas (come CO2 , N2, O2). L’acqua presenta inoltre una notevole conducibilità (aumentata ulteriormente dalla presenza degli ioni in soluzione) e infine rappresenta un ambiente ideale per il proliferare di micro e macro-organismi.

Queste caratteristiche rendono quindi l’acqua naturale, da un punto di vista corrosionistico, un ambiente molto aggressivo per la maggioranza dei materiali di impiego comune e quindi anche per quelli utilizzati nei circuiti di raffreddamento per i quali si rende strettamente necessario un trattamento dell’acqua.

Il potere aggressivo dell’acqua dei circuiti di raffreddamento interviene in generale attraverso quattro problemi principali i quali raramente accadono separati, ma più spesso concorrono simultaneamente, essendo di solito l’uno la causa dell’altro; essi sono:

 

  • CORROSIONE;
  • INCROSTAZIONI;
  • FOULING;
  • CONTAMINAZIONE MICROBIOLOGICA.
  • CORROSIONE

 

 

I sistemi di raffreddamento sono soggetti a molti tipi corrosione i quali possono essere brevemente riassunti in:

  • CORROSIONE GENERALIZZATA: è il risultato della reazione di natura elettrochimica tra il materiale metallico delle tubazioni (costituiti di solito da acciai, leghe di rame, leghe di alluminio) che, fungendo da anodo, si dissolve in forma ionica cedendo elettroni all’idrogeno o all’ossigeno (catodo) inevitabilmente presenti nell’acqua di raffreddamento (che funge quindi da elettrolita). È la forma di corrosione meno pericolosa perché generalizzata a tutta la superficie del metallo e quindi facilmente controllabile o tollerabile (grazie ad esempio a sovradimensionamenti operati in fase di progetto).
  • CORROSIONE SOTTO DEPOSITO: è la forma di corrosione più facilmente riscontrabile nei sistemi di raffreddamento, perché può essere provocata direttamente o indirettamente anche dagli altri problemi (come incrostazioni e fouling); è una forma di corrosione localizzata che interviene quando si produce una schermatura della superficie del materiale metallico a causa della precipitazione di prodotti di corrosione o di corpi estranei (sabbia, polveri e, in particolar modo per i circuiti di raffreddamento, incrostazioni e ammassi biologici) che provoca un aumento notevole di aggressività dell’ambiente  in quella zona ristretta (anche a causa dell’impossibilità della diffusione di eventuali inibitori presenti in soluzione). Si instaura cioè il cosiddetto meccanismo dell’aerazione differenziale che può provocare attacchi altamente localizzati e penetranti (che possono interessare ad esempio tutto lo spessore della tubazione che alla fine dell’attacco risulta quindi forata).
  • VAIOLATURA (PITTING): forma particolare di corrosione estremamente localizzata e penetrante causata dalla rottura locale del film di passività; è provocata dalla presenza nell’ambiente aggressivo di particolari ioni depassivanti come gli alogeni (e quindi in particolar modo di Cl- per i sistemi di raffreddamento che fanno uso di acqua di mare).
  • CORROSIONE PER CONTATTO GALVANICO: interviene quando due o più metalli a diversa nobiltà (pratica, e cioè nel determinato ambiente in cui si trovano, in questo caso l’acqua di raffreddamento) entrano in contatto fra loro; tipico esempio di corrosione per contatto galvanico che si può riscontrare in sistemi costituiti da più materiali (come possono essere i sistemi di raffreddamento) è quello che interviene quando ioni rameici dissolti nell’acqua refrigerante (prodotti ad esempio a causa della semplice corrosione generalizzata), trasportati dal flusso convettivo, entrano in contatto con tubazioni in alluminio che, meno nobile, si corrode immediatamente.
  • CORROSIONE MICROBIOLOGICA: è causata dall’azione nociva di particolari microrganismi (vedi paragrafo sulla contaminazione microbiologica).
  • CORROSIONE PER TURBOLENZA E ABRASIONE: provocano il danneggiamento dello strato di passivazione della superficie metallica, la prima con l’insorgere di elevata turbolenza nel flusso dell’acqua, la seconda dalla presenza in seno al fluido di materiale solido in sospensione (prodotti di corrosione, materiale biologico).

 

Queste forme di corrosione vengono combattute con svariati metodi che, analizzati nello specifico in seguito, si possono riassumere in:

  • Accurata scelta dei materiali costruttivi (e anche degli eventuali rivestimenti protettivi);
  • Trattamenti dell’acqua (controllo della velocità, del pH, della temperatura e della composizione);
  • Aggiunta di inibitori di corrosione; sono questi particolari sostanze che, presenti in piccole concentrazioni nell’acqua di raffreddamento (nell’ordine di alcune ppm), interagiscono col sistema corrosivo modificando o la reazione catodica aumentandone la sovratensione (e quindi si parla di inibitori catodici), o quella anodica promuovendo la formazione di ossidi superficiali protettivi (inibitori anodici). La capacità protettiva degli inibitori è in forte dipendenza col pH del sistema; per i circuiti di raffreddamento (pH neutro-alcalini) si usano di solito inibitori catodici come sali di zinco, nichel, manganese accompagnati da inibitori anodici come nitriti, fosfati, silicati, molibdati e, in piccole concentrazioni a causa della loro tossicità, cromati. Di notevole impiego sono anche i cosiddetti inibitori per adsorbimento, composti organici polimerici che si adsorbono sulla superficie metallica (attraverso doppietti elettronici liberi o doppi o tripli legami) facendo da schermo all’ambiente aggressivo.

Queste forme di corrosione non devono essere controllate solo per evitare problemi catastrofici (come fori nelle tubazioni o cedimenti meccanici), ma soprattutto per garantire una certa efficienza del sistema refrigerante; i prodotti di corrosione possono infatti provocare gravi perdite sia fluidodinamiche (restringendo la sezione di passaggio del flusso), sia termiche (in quanto strati di prodotti di corrosione riducono di diversi ordini di grandezza i coefficienti di trasferimento di calore). Una perdita di efficienza dell’impianto di raffreddamento può pregiudicare infatti l’efficienza globale di tutta l’industria (basti pensare alle centrali a vapore) e quindi, in un certo senso, l’economicità dell’intero processo.

 

 

 

 

INCROSTAZIONI

 

 

Il problema dell’efficienza dei sistemi di raffreddamento diventa centrale nel considerare la presenza di incrostazioni e del fouling; per quel che riguarda le prime, esse infatti provocano essenzialmente tre problemi:

  • Possono essere la causa di corrosione sotto deposito, per abrasione e per turbolenza;
  • Possono ridurre il coefficiente di scambio termico all’interno dello scambiatore di calore;
  • Se presenti in notevole quantità, possono ridurre la portata volumetrica dell’acqua.

Le incrostazioni sono infatti depositi solidi causati dalla cristallizzazione di sali minerali che precipitano quando il loro limite di solubilità è superato. Sono numerosi i composti incrostanti che possono essere incontrati nei sistemi di raffreddamento, ma i più diffusi e pericolosi sono:


  • Carbonato di calcio (CaCO3): è il composto che provoca le incrostazioni più diffuse (calcare); la sua esistenza è regolata dal seguente equilibrio chimico:

A seconda che l’equilibrio sia spostato a destra o a sinistra l’acqua viene definita        rispettivamente aggressiva o incrostante; la situazione ideale da un punto di vista corrosionistico      sarebbe quella di avere un’acqua debolmente incrostante nella quale si formerebbe sulla superficie metallica una patina sottile molto protettiva di carbonato. Le situazioni estreme (e cioè acqua aggressiva e acqua fortemente incrostante) sono entrambe da scoraggiare perché entrambe producono un aumento della velocità di corrosione (la prima per l’assenza dello strato protettivo, la seconda per la formazione di uno strato spesso ma poroso potenziale sede di corrosione localizzata).

Caratteristica peculiare del carbonato di calcio è di avere la solubilità in relazione inversa con la temperatura; ciò significa che queste incrostazioni si formano preferenzialmente a elevate temperature e cioè, per quel che riguarda i sistemi di raffreddamento, nello scambiatore di calore. Risulta quindi evidente la necessità di ridurre la concentrazione dei carbonati per evitare pesanti perdite nell’efficienza di scambio termico (l’incrostazione si comporta infatti come uno strato isolante).

  • Solfuri e solfati di calcio (CaS, CaSO4): si formano solo ad elevate concentrazioni e quindi sono meno comuni dei carbonati ma, una volta formati, sono molto difficili da rimuovere.
  • Silicati e fosfati (MgSiO4, MgPO4): soprattutto di magnesio.
  • Ossidi di corrosione: vanno inclusi tra le incrostazioni anche i prodotti di corrosione che si possono formare a causa dell’ossidazione solitamente di ferro, rame e zinco presenti nei materiali dei sistemi di raffreddamento (sono queste “incrostazioni intrinseche” perché si formano a causa di sostanze presenti all’interno del sistema e non a causa di sostanze estranee introdotte nel sistema dall’esterno).

I fattori che regolano la stabilità delle incrostazioni e sui quali si deve giostrare per il loro controllo, sono:

  • pH: condiziona la stabilità termodinamica dell’incrostazione; ad esempio, per eliminare le incrostazioni di carbonato di calcio, si può semplicemente aggiungere un acido all’acqua, perché la sua solubilità aumenta con l'aumentare del pH (inconveniente: l’aggiunta di acido provoca il passaggio da carbonati a bicarbonati e da bicarbonati ad anidride carbonica, molto difficile da rimuovere se indesiderata).
  • Temperatura: nei circuiti di raffreddamento raramente si può porre dei vincoli corrosionistici al valore della temperatura, valore che è invece condizionato sia dalle condizioni ambientali, sia soprattutto dalla temperatura del fluido da raffreddare (vincoli termodinamici).
  • Concentrazione: a parità delle altre condizioni, la concentrazione dei sali può aumentare solo fino alla saturazione, quando il sale precipita formando le incrostazioni.

Altri fattori che influenzano la formazione delle incrostazioni possono essere la particolare geometria dei circuiti di raffreddamento (curve a gomito, raccordi dove i depositi solidi si possono addensare), la composizione chimica della superficie metallica delle tubazioni e soprattutto la presenza di depositi organici o inorganici (fouling) dove le incrostazioni si formano preferenzialmente.

I trattamenti a cui l’acqua di raffreddamento deve essere sottoposta per evitare gli inconvenienti delle incrostazioni sono in stretta dipendenza col tipo di circuito con cui abbiamo a che fare, ma possono essere schematizzati in:

  • Decarbonatazione dell’acqua: con cui si riduce al minimo la concentrazione dei carbonati; viene operata di solito attraverso l’uso di resine a scambio ionico che catturano i cationi Ca++ (incrostanti) fornendo cationi Na+ (non incrostanti ma che possono essere successivamente rimossi fornendo cationi H+); alla fine del processo, la resina deve essere rigenerata attraverso l’aggiunta di NaCl che somministra di nuovo i cationi originari Na+.

Un altro metodo adottato è il trattamento alla calce e soda, cioè l’aggiunta all’acqua di Ca(OH)2 (che rimuove i carbonati) e Na2CO3 (che rimuove i solfati) che, reagendo con gli ioni calcio e magnesio, formano carbonati che sono in seguito rimossi tramite una adeguata filtrazione.

  • Addizione di acidi: aggiunta di H2SO4 o HCl per diminuire il pH dell’acqua a valori in cui i carbonati non sono stabili;
  • Addizione di anti-incrostanti (organic scale inhibitors): come polifosfati, fosfonati, poliacrilati, che prevengono la formazione di incrostazioni attraverso il blocco della nucleazione cristallina oppure aumentando semplicemente la solubilità del sale nell’acqua.

 

 

FOULING

 

Col termine inglese “fouling” si definisce l’accumulazione e la deposizione di materiale solido presente in sospensione nel fluido. Nei sistemi di raffreddamento esso può essere di due tipi:

  • Fouling inorganico: deriva dalla presenza di sabbia, limo, polvere, fango, argilla, oli, detriti e prodotti di corrosione;
  • Fouling organico (BIO-FOULING): deriva dall’accumulo di sostanze organiche che, se visibili a occhio nudo, danno origine al cosiddetto macrofouling (per esempio quello causato dalla presenza di cozze, ostriche, molluschi), altrimenti al cosiddetto microfouling (causato dalla presenza di alghe, batteri e funghi).

Nei sistemi di raffreddamento il fouling (e soprattutto il bio-fouling) è uno degli inconvenienti più seri, perché presente sempre in grande quantità (soprattutto a causa della proliferazione dei microrganismi, vedi paragrafo seguente) e se non controllato e limitato a sufficienza, può provocare i seguenti problemi:

  • Riduzione o blocco del flusso di acqua nelle tubazioni o nello scambiatore di calore;
  • Riduzione estrema dell’efficienza di scambio termico (soprattutto per i depositi organici i quali tendono a formare una barriera isolante nello scambiatore chiamata biofilm);
  • Promozione di forme di corrosione localizzata come la corrosione sotto deposito o la corrosione microbiologica (causata sia dal fatto che molti di questi depositi sono formati dall’accumulo di microbi che esplicano una vera e propria attività corrosiva, sia dal fatto che i microbi proliferano con più facilità sotto i depositi rispetto che sulla superficie pulita delle tubazioni);
  • Promozione della formazione di nuovi depositi, come fouling di diversa origine o incrostazioni.

I principali fattori che influenzano la comparsa e la crescita del fouling sono:

  • Caratteristiche dell’acqua: ovvero la presenza nell’acqua di materiale solido in sospensione o la presenza di micro e macro organismi;
  • Temperatura: l’aumento della temperatura causa l’aumento della tendenza al fouling;
  • Velocità del flusso: più la velocità è bassa, più il deposito delle sostanze organiche è facilitato (esse non vengono trascinate via dal flusso convettivo);
  • Contaminazione microbiologica: le colonie di microbi formano aggregati dove i depositi solidi si vanno ad accumulare preferenzialmente;
  • Corrosione: la corrosione forma sovente prodotti insolubili che si possono mischiare con i detriti solidi o con le masse microbiologiche aggravando ulteriormente il fouling.

Per eliminare o limitare dalle acque di raffreddamento questo gravoso problema, si può agire con due strategie differenti: cercare di colpire la causa della formazione del fouling ancor prima che questo problema insorga, oppure cercare di eliminarlo una volta che si è formato.

Per quel che riguarda il primo caso, si eseguono operazioni di depurazione sull’acqua di raffreddamento (per eliminare le sostanze solide in sospensione) e si fa uso di biocidi (per eliminare la presenza dei microrganismi, vedi paragrafo seguente); nel secondo caso, si fa uso di disperdenti.

Le operazioni di depurazione dell’acqua sono costituite nella norma dalla presenza di semplici filtri a monte del circuito di raffreddamento (e cioè nella tubazione che fornisce l’acqua al circuito) che possono arrivare a catturare particelle con dimensioni di 5 – 10 mm.

Con la parola disperdenti si indicano quei polimeri i quali, aggiunti all’acqua di raffreddamento, riescono a separare per repulsione elettrostatica le particelle che costituiscono il fouling disperdendole all’interno del flusso convettivo; esempi di disperdenti sono: i sulfonati, i fenolati, i tiofosfonati, i poliacrilati, i polimetacrilati.

 

 

 

CONTAMINAZIONE MICROBIOLOGICA


 

L’acqua di raffreddamento, a causa delle sue caratteristiche chimico-fisiche (temperatura media di circa 30 – 35 °C, valori di pH compresi tra 7 e 9, presenza di specie come solfati, solfuri, ossigeno, anidride carbonica, presenza di prodotti di corrosione, di solidi insolubili in sospensione), rappresenta un habitat ideale per la proliferazione di moltissime specie microbiologiche.

La presenza di microrganismi è altamente dannosa per l’efficienza di un impianto di raffreddamento in quanto essa condiziona in minore o maggiore quantità tutti gli altri problemi che molte volte non rappresenterebbero un serio disagio isolatamente ma che, con la proliferazione di microrganismi, diventano di pericolosità estrema; in un certo senso si può dire che la proliferazione microbiologica eserciti un’attività catalizzante verso l’instaurarsi della corrosione, delle incrostazioni e del fouling.

Vediamo schematicamente in che modo:

  • CORROSIONE: la corrosione viene accelerata in due modi, uno passivo, l’altro attivo. Dal punto di vista passivo, i microrganismi hanno la tendenza a formare aggregati solidi insieme ad altri elementi  presenti nell’acqua (come sporco, sabbia, prodotti di corrosione voluminosi, macrorganismi); queste masse limacciose si depositano sulle tubazioni promuovendo l’instaurarsi di forme di corrosione localizzata, soprattutto la corrosione sotto deposito, che possono provocare seri problemi all’impianto. Inoltre numerose specie di microrganismi hanno la caratteristica di reagire con gli inibitori o i disperdenti presenti in soluzione riducendo la loro concentrazione al di sotto dei valori di soglia rendendoli praticamente inefficaci. Molti microrganismi esplicano inoltre attraverso la loro attività biologica un vero e proprio attacco corrosivo che rappresenta un tipo di corrosione localizzata differente dalle altre chiamato appunto corrosione microbiologica. Il meccanismo attraverso il quale questo attacco si esplica è differente da specie a specie di microrganismo (e in alcuni casi è tuttora sconosciuto) ma si avvale sempre di modifiche della reazione elettrochimica di corrosione (come ad esempio attraverso la produzione di acidi forti o la diminuzione delle sovratensioni elettrodiche). I principali tipi di microrganismi presenti nei circuiti di raffreddamento e la loro azione nociva saranno analizzati nel dettaglio in seguito.
  • INCROSTAZIONI: le incrostazioni si formano preferenzialmente su depositi biologici che costituiscono siti di innesco preferenziali rispetto alla nuda superficie delle tubazioni perfettamente pulite.

hanno la caratteristica di avere un coefficiente di scambio termico molto basso (ancora più basso di quello dei carbonati, vedi figura) che, qualora essi si formino all’interno dello scambiatore di calore, pregiudica il rendimento termico (e quindi economico) dell’intero circuito di raffreddamento. Ma le colonie microbiologiche, anche se non presenti in grande quantità, possono fornire siti preferenziali su cui si vadano a depositare i solidi presenti nell’acqua, come la sabbia, il fango  e i prodotti di corrosione, formando agglomerati che rallentano il flusso e promuovono forme di corrosione localizzata.

 FOULING: come è già stato detto in precedenza, il fouling può essere costituito direttamente da specie microbiologiche (microfouling) che amalgamandosi tra loro formano accumuli limacciosi che si depositano sulla superficie delle tubazioni; questi depositi (chiamati biofilm)

 

Da tutto ciò si comprende come il controllo e quindi il blocco della proliferazione microbiologica sia una delle operazioni centrali di un impianto di raffreddamento; detto che la prevenzione completa di questa sia praticamente impossibile da realizzare e che il solo impiego di materiali resistenti al danneggiamento dei microbi sia insufficiente (non abbiamo nessuna protezione dal fouling), l’unica soluzione adottata a livello industriale consiste nell’aggiunta all’acqua di raffreddamento di biocidi; sono questi particolari sostanze chimiche che uccidono i microbi o ne impediscono la crescita interagendo con il loro metabolismo cellulare.

I biocidi si dividono in due categorie:

  • Biocidi ossidanti: esplicano la loro azione ossidando il citoplasma cellulare dei microrganismi, inibendo i processi enzimatici e portando alla morte la cellula attaccata; la loro azione non è basata sulla specificità dell’attacco, ma solo sulla forza dello stesso (sono infatti biocidi non specifici, attaccano quasi tutte le specie di microbi); sono quindi specie chimiche altamente ossidanti e per questo altamente instabili e pericolose; se la loro concentrazione non è infatti continuamente monitorata, possono attaccare le altre specie chimiche presenti in soluzione come inibitori di corrosione, disperdenti, acidi, compromettendo la loro funzione protettiva. Da non sottovalutare la loro inerente tossicità. I più comuni biocidi ossidanti sono quelli a base di cloro (Cl2 gassoso, NaOCl ipoclorito di sodio, ClO2), di bromo (HOBr), di acqua ossigenata (H2O2) e recentemente di ozono (O3).
  • Biocidi non ossidanti: sono estremamente più selettivi e complessi dei biocidi ossidanti in quanto reagiscono solo con alcune componenti specifiche delle cellule dei microbi; la loro velocità di reazione è infatti molto bassa e quindi possono essere impiegati solo in circuiti dove il tempo di permanenza sia abbastanza elevato. Nella pratica si impiegano solo quando la protezione offerta dai biocidi ossidanti sia insufficiente. Esempi di biocidi non ossidanti sono i composti di ammonio quaternari (QAC), la glutaraldeide, l’isotiazolo, i sali di rame. Anche loro non sono esenti da interazioni indesiderate con gli altri additivi aggiunti all’acqua; per esempio i QAC, essendo carichi positivamente, reagiscono con i disperdenti (di solito carichi negativamente) formando composti insolubili che possono provocare problemi di fouling e di corrosione localizzata.

 

 

 

TIPOLOGIE DI CIRCUITI DI RAFFREDDAMENTO

Analizzati schematicamente i principali problemi dell’acqua di raffreddamento, risulta evidente che essa debba sempre passare attraverso trattamenti che eliminino o più spesso mitighino i problemi a cui si andrà inevitabilmente incontro se essa verrà lasciata non trattata.

Le tipologie di trattamento utilizzate sono in forte dipendenza col tipo di circuito di raffreddamento con cui abbiamo a che fare; essi si possono dividere schematicamente in tre tipi:

  • SISTEMI A SINGOLO ASSAGGIO: l’acqua passa attraverso il circuito una sola volta; sono necessarie quindi grandi quantità di acqua la quale, una volta attraversate le tubazioni, le pompe e assorbito il calore nello scambiatore, viene scaricata nuovamente nella riserva di provenienza.
  • SISTEMI CHIUSI: l’acqua passa attraverso il circuito innumerevoli volte senza subire significative perdite né aggiunte; grazie al riciclo si usa quindi pochissima acqua che viene trattata specificamente e resa il meno possibile aggressiva.
  • SISTEMI APERTI: l’acqua passa attraverso il circuito in continuazione assorbendo calore in uno scambiatore e cedendo approssimativamente il medesimo calore a una corrente d’aria di solito all’interno di una torre di raffreddamento; il calore viene ceduto all’aria prevalentemente come calore latente e quindi l’acqua subisce una certa evaporazione che deve essere rimpiazzata da un adeguato reintegro.

Nella realtà industriale odierna il sistema di raffreddamento più diffuso è senza dubbio quello open recirculating che rappresenta anche il caso più difficile da gestire dal punto di vista corrosionistico; nel seguito si daranno quindi brevi cenni agli altri due sistemi, mentre una descrizione più specifica spetterà in ultimo al terzo.

 

Fonte: http://www1.diccism.unipi.it/De_Sanctis_Massimo/Corrosione/Appunti%20di%20corrosione.doc

Sito web da visitare: http://www1.diccism.unipi.it/De_Sanctis_Massimo

Autore del testo: Massimo De Sanctis

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