Elastomeri caratteristiche e tipologie
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Elastomeri caratteristiche e tipologie
GLI ELASTOMERI
Nel seguente capitolo vengono esposti i molteplici aspetti che caratterizzano gli elastomeri, a partire dalla descrizione della loro composizione, per passare ai diversi aspetti del comportamento derivante dall’applicazione di carichi statici e dinamici. Si sono inoltre introdotte alcune particolari proprietà meccaniche, come la durezza, e soprattutto le teorie e i modelli che meglio rappresentano il comportamento reale degli elastomeri e che ne danno una spiegazione a livello macroscopico.
Generalità
Il termine elastomero viene utilizzato per indicare un particolare tipo di materiale le cui caratteristiche si riassumono in una elevata elasticità e deformabilità, al quale viene associato il termine più comune di gomma.
In precedenza si usava denominare con “gomma” il prodotto ottenuto dalla pianta di caucciù,il quale veniva poi utilizzato come base per la produzione di vari prodotti di uso comune. A tutt’oggi il termine gomma trova un’assegnazione impropria,indicando il prodotto finito generico, derivato dalla lavorazione del materiale costitutivo.
Con il passare degli anni e con lo sviluppo dell’industria di questo settore è stata apportata una piccola rivoluzione nella definizione di questi materiali, e il termine elastomero ha sopravanzato quello comune di gomma. Esso racchiude quell’insieme di materiali che, sono simili alla gomma, ma hanno un’origine sintetica e, in particolare, derivano dalla lavorazione del petrolio grezzo mediante complessi processi industriali.
Lo sviluppo dei materiali sintetici ha permesso l’ottenimento della medesima struttura molecolare che costituisce la gomma naturale e, di conseguenza, lo stesso comportamento caratteristico. La grande elasticità di questi materiali, cioè la capacità di riprendere la forma iniziale dopo essere stati sottoposti a grandi deformazioni, è dovuta proprio alla particolare struttura molecolare.
In generale si possono trovare elastomeri la cui composizione può essere gomma naturale o gomma sintetica o una miscela dei due tipi. In aggiunta a questi due elementi si trovano varie percentuali di cariche e di additivi chimici necessarie le prime, per migliorare le caratteristiche fisiche, e i secondi per facilitare il processo di lavorazione dell’oggetto finale.
In particolare le cariche che si possono trovare sono di due tipi: le cariche attive,costituite da varietà di “nero fumo” (carbon black), ottenuto dalla combustione di idrocarburi in difetto d’aria, utilizzate per assicurare le caratteristiche meccaniche del prodotto vulcanizzato; e le cariche inerti, introdotte a volte solo per scopi speciali, i cui tipi sono il carbonato di calcio precipitato, il solfato di bario, il talco e l’ossido ferrico.
Si avranno così, una vasta serie di elastomeri la cui distinzione non si basa esclusivamente sul tipo di struttura reticolare del polimero di base, ma anche e principalmente sulla composizione chimica. Da qui, l’insieme diversificato di questi componenti porta a definire il concetto di “mescola”, che sarà distinto dal concetto di prodotto finito.
Una mescola che ha acquisito dopo un particolare processo, una forma desiderata, si dice “vulcanizzata” e tale processo viene definito “vulcanizzazione”. Dopo tale passo la gomma non può essere più lavorata in quanto le catene polimeriche si sono unite a formare il reticolo molecolare che imprimerà all’oggetto finito le caratteristiche derivate dalla composizione della mescola iniziale.
Comportamento degli elastomeri
Per definire il comportamento dei materiali elastomerici non è possibile beneficiare della teorica classica delle deformazioni, in quanto, come detto precedentemente, questi hanno la caratteristica principale di sopportare elevate deformazioni e di presentare valori limitati di queste al termine del carico applicato.
E’ noto che la teoria classica, per poter descrivere il comportamento di un corpo di dimensioni finite, ha come base l’ipotesi delle piccole deformazioni applicate ad elementi di materiale di volume infinitesimo. Tale supposizione permette di ricavare la relazione lineare tra sforzi e deformazioni, che per i materiali in esame non è applicabile, in quanto presentano un comportamento non lineare, come mostrato nella figura seguente.
Fig.1.1-Legame sforzo-deformazioni per gli elastomeri
Oltre a cadere l’ipotesi delle piccole deformazioni, negli elastomeri si evidenzia anche un comportamento viscoso, cioè un ritardo tra sforzo applicato ed equilibrio della deformazione, che la teoria idrodinamica dei fluidi viscosi, basata sulla relazione lineare tra sforzi e gradienti delle velocità di scorrimento, non è in grado di descrivere da sola.
Si è di fronte così ad una caratteristica visco-elastica che necessita di una propria teoria che la descriva in modo soddisfacente.
Dall’osservazione sperimentale sono nate in passato diverse teorie che cercano di riassumere i vari aspetti del comportamento dei materiali elastomerici: si è ipotizzato cioè che le caratteristiche di un elemento di volume di materiale dipendano da costanti (teoria dell’elasticità classica), da funzioni del tempo (teoria della viscoelasticità lineare) e da funzioni delle deformazioni e del tempo (teorie viscoelastiche lineari).
Le teorie che si sono sviluppate e che meglio approssimano il reale comportamento dei corpi elastici sono due: la teoria statistica della relazione tra sforzi e deformazione e la teoria fenomenologia, basate sostanzialmente su considerazioni di probabilità statistica di configurazione delle catene molecolari e sulla variazione dell’energia libera di deformazione rispetto ad una deformazione omogenea. Dalla seconda teoria è possibile estrarre un’equazione fondamentale, detta di Mooney-Rivlin, che descrive al meglio il legame sforzo-deformazione negli elastomeri: tale legame è fortemente non lineare e viene evidenziato mediante alcune prove di compressione su particolari provini di materiale.
Proprietà meccaniche degli elastomeri
Per definire le caratteristiche meccaniche della gomma, questa viene sottoposta a diverse prove, ognuna delle quali misura un indice che viene utilizzato come riferimento della qualità del materiale.
Le principali caratteristiche meccaniche della gomma si possono indicare nella resistenza a trazione, cioè lo sforzo da applicare per rompere un determinato provino; nel modulo elastico, che misura la rigidità della gomma; nell’elasticità all’urto, che dà un primo indice del comportamento dinamico; e nella durezza, che permette, mediante grafici empirici (vedi bibliografia [13]), di determinare il valore del modulo a taglio del materiale elastico.
Nella misura del modulo elastico, detto anche “indice di rigidità”, se si osserva l’andamento sforzi-deformazioni in una prova di trazione, si nota come tale curva si discosta da un andamento lineare: soltanto per piccole deformazioni si può supporre un andamento lineare e per questo rappresentabile da due costanti elastiche fondamentali. Una è il modulo di taglio G, descrittivo del comportamento del materiale sottoposto ad uno sforzo a taglio; l’altra è il modulo di comprimibilità K, che descrive gli effetti di uno sforzo di compressione volumetrica in cui il volume del corpo rimane costante mentre la forma varia.
Da queste costanti si può ricavare il modulo di Young dei materiali viscoelastici e con quest’ultimo determinare il modulo di Poisson, che vale circa 0.5.
1-3.1 Caratteristiche termiche
Il principale aspetto termico degli elastomeri è basato su un limitato valore della conducibilità termica, che provoca un accumulo del calore all’interno del materiale,con una conseguente variazione del suo comportamento e con il peggioramento delle sue proprietà meccaniche. Infatti alle basse temperature la gomma presenta un comportamento più duro e, allo stesso tempo, fragile, mentre alle alte temperature diviene duttile e molto più deformabile. Tale variazione la si può facilmente notare nel grafico sforzi-deformazioni durante un ciclo di carico: all’aumentare della temperatura a pari sforzo applicato, la deformazione aumenta considerevolmente.
Un'altra caratteristica termica fondamentale della gomma è il cosiddetto effetto Joule, ovvero il riscaldamento del materiale quando questo viene sottoposto a delle sollecitazioni: ciò è dovuto al fatto che l’energia interna è puramente cinetica e deriva dall’agitazione termica degli atomi delle catene. L’aumento conseguente dell’energia interna porta ad un aumento della temperatura ed al peggioramento delle proprietà meccaniche.
Fig.1.2- Influenza della temperatura sul ciclo di carico.
Fonte: http://archimedes.ing.unibs.it/andrea/CFGomma/Mescole%202003/Caratterizzazione%20mescole%202003/Tesi%20Begni/Capitoli/Cap-1.doc
Sito web da visitare: http://archimedes.ing.unibs.it
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Elastomeri caratteristiche e tipologie
PROGRAMMA ANALITICO di APPLICAZIONI INDUSTRIALI MATERIE PLASTICHE E GOMME (PARTE GOMME) A.A. 2007-2008
1)SCELTA DEI MATERIALI
a)la progettazione di una mescola ed aspetti di costo di formulazione e di processo
b)le caratteristiche delle materie prime e gli effetti principali sulle mescole
c)descrizione dettagliata delle principali materie prime: gomma naturale, gomma sintetica, nero, silice (caratteristiche, metodi di produzione e proprietà conferite in mescola)
d)mescole crude e vulcanizzate(differenze concettuali e principali caratteristiche dei prodotti crudi e vulcanizzati in relazione alla processabilità ed all’applicazione)
e)esercizio sul costo completo di una ricetta applicando 2 formulazioni
2)REOLOGIA E PROCESSABILITA’
a)concetti fondamentali di reologia per elastomeri crudi e vulcanizzati (modelli di Maxwell e Voigt, curva di rilassamento, proprietà di flusso)
b)interazione carica polimero in Banbury ed Intermix in sistemi binari e ternari
c)valutazione della processabilità in roll mill ed internal mixers e correlazione con la micro e macrostruttura dei polimeri
3)IL PROCESSO DI MESCOLAZIONE ed IL SUO CONTROLLO IN TEMPO REALE
a)il mixing nell’industria con flusso di attività
b)obiettivi ed aspetti di qualità e costo
c)aspetti di criticità
d)il processo di confezione mescole e le fasi principali
e)la processabilità al mescolatore aperto e le regioni di Tokita –White
f)la processabilità al Banbury ed all’Intermix
g)il controllo del ciclo in tempo reale utilizzando i parametri di processo
h)aspetti costruttivi con particolare riferimento ai rotori ed agli effetti sulle mescole
i)le tecniche di mixing (monostadio, multistadio, upside down)
l)un esempio concreto:le mescole con silice e le loro peculiarità
m)il macchinario principale ed ausiliario
n)la mescolazione in continuo
o)aspetti di usura dei materiali
p)aspetti gestionali di una realtà produttiva di mescole
4)LA FORMATURA
a)obiettivi industriali
b)estrusori hot feed e cold feed
c)le principali componenti di un estrusore
d)teoria e pratica della vite
e)linee di estrusione industriali (finalità e criticità)
5)LA VULCANIZZAZIONE
a)descrizione del processo
b)sistemi di vulcanizzazione
c)meccanismo di vulcanizzazione
d)effetto sulle caratteristiche delle mescole
e)dipendenza della vulcanizzazione dal tempo e dalla temperatura
g)tipi di macchine
h)vulcanizzazione a compressione ed iniezione
i)i metodi di misura dei parametri del processo
l)le tecniche industriali di vulcanizzazione
6) ASPETTI DI QUALITA DELLE MESCOLE
La qualità e l’uniformità delle mescole industriali
I controlli rapidi ed i controlli statistici
Metodologie per la riduzione delle mescole industriali irregolari
Fonte: http://my.liuc.it/MatSup/2007/Y70720/PROGRAMMALIUC2007-8.doc
Sito web da visitare: http://my.liuc.it/
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