Storia e lo studio della misura
Storia e lo studio della misura
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METRO
La misura di tutte le cose
Siamo circondati da strumenti di misura e da campioni di misura (orologio, contatori di gas, acqua, carburante, termometri digitali ecc.) ma rischiamo di perdere la nozione di misura e la capacità di utilizzare in modo consapevole gli stessi strumenti che abbiamo a disposizione.
Da qui l’idea di dedicare un breve ciclo dedicato alle misure e alle unità di misura. Non è nostra intenzione fare una storia sistematica delle unità di misura, ma piuttosto una rassegna che metta in luce i tratti fondamentali, con particolare attenzione ai momenti di svolta di questa lunga avventura. In che senso parliamo di “avventura?”
Anzitutto, è possibile ritrovare nella storia delle unità della misura tracce significative della più generale avventura del progresso del pensiero e del nostro modo di rapportarci al mondo, con resistenze, passi in avanti e indietro in un percorso tutt’altro che lineare. Per questo cercheremo, con qualche eccezione, di seguire l’ordine cronologico degli eventi. Ci limiteremo per lo più ad eventi e concetti relativi all’Europa (con qualche considerazione per l’Italia): anche solo per questo il materiale è più che abbondante.
Inoltre, nel caso della misurazione dell’arco di meridiano si può parlare veramente di “avventura” nel senso consueto del termine: spirito di sfida ai limiti delle conoscenze, coraggio personale, dedizione, arresti, ferimenti, incarcerazioni, grandi prove di dedizione, di amicizia, ma anche di invidia e di gelosia. Insomma, un’avventura in piena regola, che si colloca fra il 1792 e il 1799, praticamente sette anni esatti, che coincidono con le fasi più movimentate della Rivoluzione iniziata nel 1789.
*****
L’avventura della determinazione del metro è il momento centrale di un percorso iniziato almeno due secoli prima, del quale si possono ricordare alcune tappe.
1585: Simon Stevin propone per i pesi l’adozione di un sistema decimale
1670: l’abate Mouton, matematico e astronomo, propone di adottare, come base delle misure universali, la lunghezza di un arco di un minuto di un cerchio massimo terrestre.
1660-1675: Si affacciano in questo periodo le prime proposte di fondazione di una “metrologia naturale” che si basi non sul piede del re, ma su grandezze universali, valide per tutti e ovunque. Huygens, noto per i suoi contributi agli studi delle onde e dell’ottica, propone di considerare come unità universale di lunghezza – utilizzando la legge di isocronismo del pendolo- quella del pendolo che batte il secondo, vale a dire avente periodo di 2 secondi.
1675: Tito Livio Burattini propone di chiamare “metro cattolico”, cioè universale, il campione realizzato con il pendolo,
1775: Turgot, all’epoca ministro delle finanze, riprende l’idea del pendolo che batte il secondo, con la precisazione della latitudine 45° nell’emisfero nord, a livello del mare.
L’esigenza di uniformare le unità di misura non ha solo carattere scientifico, ma risponde anche a precise richieste dei settori più avanzati della società, che mal sopportano l’incredibile frazionamento nelle unità di misura. Alcuni dati forniti dalla metrologia storica danno un’idea della dispersione delle unità di lunghezza in Francia e in Europa.
Alcuni esempi di misure di lunghezza utilizzate in Francia, tutte denominate “piede”, espresse in piedi del re:
Regione o città |
Equivalenti in piedi del re |
Normandia |
0,92 |
Lorena |
0,90 |
Strasburgo |
0,89 |
Besançon |
0,95 |
Digione |
0,97 |
Macon |
1,03 |
Bordeaux |
1,10 |
Lione |
1,05 |
Aix-en-Provence |
0,83 |
Monaco |
0,72 |
Peggio ancora vanno le cose per l’auna, che viene utilizzata per misurare le stoffe:
Regione o città |
Equivalenti in aune di Parigi |
Lilla |
0,58 |
Nancy |
0,53 |
Strasburgo |
0,44 |
Beauvaisis |
0,99 |
Borgogna |
0,67 |
Bretagna |
1,16 |
Rouen, per drappi |
0,97 |
Rouen, per tessili |
1,18 |
Delfinato |
1,66 |
Bayonne |
0,74 |
E non è tutto. La legna da ardere era venduta a corde, il carbone di legna a carrate, il carbon fossile a carra, l’ocra a botti, il legname per carpenteria al marco o alla solive. L’acquavite si vendeva a brente, il grano a moggi e a salme. Le stoffe e i tappeti si compravano ad aune; boschi e prati venivano misurati in pertiche, i vigneti in daurées. Le lunghezze erano misurate in tese e in piedi del Perù, che equivalevano a un pollice, una logne e otto punti di piede del Re, il quale piede poteva essere quello del re di Macedonia o di Polonia, e anche quello delle città di Padova, di Pesaro e di Urbino. Era, molto approssimativamente, l’antico piede della Franca Contea. Quattro piedi di Bordeaux equivalevano più o meno all’auna di Laval, cinque formavano l’esapodo dei Romani, che era pari alla canna di Tolosa… Che confusione: “due pesi e due misure” era il simbolo stesso dell’ingiustizia, figurarsi quando le misure diventavano alcune centinaia. Ad ogni conversione spuntavano dazi e balzelli, tasse vessatorie di oscura origine. Una situazione chiaramente incompatibile con la solare proclamazione di égalité che, insieme a liberté e fraternité era il fine della Rivoluzione.
Quante erano prima della riforma le unità di misura? Il fisico e storico della scienza Ken Adler in un suo libro afferma: “I contemporanei stimavano che sotto la veste di circa ottocento nomi, l’Ancien Régime nascondesse l’impressionante numero di duecentocinquantamila diverse unità di peso e di misura. In sostituzione di questa Babele gli scienziati immaginarono per le unità di misura un linguaggio universale. Sarebbe stato un sistema razionale e coerente che avrebbe indotto gli utenti a riflettere in modo altrettanto razionale e coerente. Tuttavia, i grandiosi piani degli studiosi sarebbero rimasti pura fantasia se non fosse intervenuta la Rivoluzione francese”.
E’ a questo scopo che l’Accademia delle Scienze di Francia incarica gli astronomi Delambre e Méchain di misurare l’arco di meridiano terrestre fra Dunkerque e Barcellona.
Il fine ultimo è quello di “rendere uniformi in tutto il regno le misure di lunghezza, di peso e tutte quelle ad esse collegate”. La proposta alla fine vincente, sostenuta in particolare da Condorcet, propone come nuova unità di lunghezza la decimilionesima parte dell’arco di meridiano che unisce il polo Nord all’equatore passando per Parigi, vale a dire la quarantamilionesima parte de la Méridienne. La missione consisteva nel misurare il mondo, o almeno quella parte dell’arco meridiano compresa tra Dunkerque e Barcellona. Il metro sarebbe stato eterno perché tratto dalla Terra, che a sua volta è eterna. Allo stesso modo, il metro sarebbe stato patrimonio di tutti gli esseri umani, proprio come la Terra appartiene a tutti.
Raccontano le cronache dell’epoca: “24 giugno 1792. Nel giardino delle Tuileries, in fondo al viale, davanti a un padiglione, due carrozze dal carico pesante, parcheggiate posteriore contro posteriore, erano in procinto di partire. Identiche tranne che nel colore, una verde, l’altra ramata, erano munite sul retro di un grosso baule dalla strana forma. Intorno a esse era riunito un piccolo gruppo: Lavoisier, chimico di fama, Condorcet, filosofo e deputato dell’Assemblea legislativa, e il Cavalier de la Borda, fisico. Tutto il gruppetto prendeva commiato dai cittadini Pierre Méchain e Jean-Baptiste Delambre, che si accingevano a lasciare la capitale. "Allora, Méchain, a voi il Sud e a me il Nord” gridò Delambre”.
Come frutto del loro lavoro i due astronomi riportano a Parigi, ben sette anni dopo, i loro preziosi taccuini. Questi dati, consegnati alla Commissione, forniranno il materiale per la determinazione del metro.
L’annuncio conclusivo all’Assemblea Legislativa è del 22 giugno 1799: “Cittadini, sono in grado di comunicarvi che la lunghezza del metro è di 3 piedi, 11 linee, 296/1000 della tesa del Perù”.
La sbarra di platino costruita da Fortin, lunga un metro e frutto del lavoro settennale di Delambre e Méchain, è nota come “metro degli archivi”, e dà inizio alla cosiddetta era dei prototipi.
Alcuni giudizi su questa impresa, che segna il momento culminante di quella che verrà chiamata “l’avventura del metro”:
- “Senza le tempeste della Rivoluzione l’impresa sarebbe certamente durata molto meno, ma senza di essa non sarebbe mai cominciata.” (Denis Guedj)
- “La rivoluzione aveva procurato agli scienziati francesi l’irripetibile opportunità di riscrivere le misure del mondo, ma anche rischi di uguale portata” (Ken Alder)
- “Le vittorie militari vanno e vengono, ma il metro è destinato a durare per sempre”.
Il metro, introdotto nel 1799, fu abolito da Napoleone nel 1812 e reintrodotto nuovamente in Francia solamente nel 1840.
Le tappe principali di questo percorso si possono così riassumere:
1875: i rappresentanti di 17 Paesi, fra cui l’Italia, firmano a Parigi la Convenzione del metro. E’ di fatto il più vecchio trattato internazionale ancora in vigore.
1889: nuova definizione del metro, adottata dalla Conferenza Generale Pesi e Misure: il metro è definito non più come la decimilionesima parte dell’arco di meridiano che va dal polo nord all’equatore ma come la lunghezza del campione di platino-iridio conservato al Museo di Sèvres a Saint-Cloud, presso Parigi.
1960: l’11^ CGPM (Conferenza Generale Pesi e Misure) prende atto di un difetto fondamentale della definizione fino allora adottata: il metro campione pone problemi relativi alla riproducibilità e propone la ricerca di una lunghezza rigorosamente costante in qualche fenomeno fisico. La conferenza definisce il nuovo metro campione, chiamato metro ottico e basato su una particolare radiazione emessa dal Krypton. Il metro è pari a “1.650.763,63 volte la lunghezza d’onda nel vuoto della luce del 86Kr emessa nella transizione non perturbata dal livello 2p10 al livello 5d5 quando la lampada si trova al punto triplo dell’azoto, vale a dire ad una temperatura di 63,15 K”.
1983 La 17^ CGPM adotta la definizione di metro attualmente in vigore: la lunghezza del tragitto percorso dalla luce nel vuoto nel tempo di 1/299.792.458 di secondo.
- Denis Guedj, Il Meridiano, Longanesi, 2001
- Ken Alder, La misura di tutte le cose, Rizzoli, 2002
- Ugo Tucci, Pesi e misure, Enciclopedia Einaudi, vol. 10, pag. 673-715, Einaudi, 1983
- L’aventure du mètre, Musée National des Techniques, Parigi, 1989
- Sergio Sartori, Le misure nella scienza, nella tecnica, nella società, Paravia, 1979
- Giuliano Toraldo di Francia, L’indagine del mondo fisico, Einaudi, 1975
- Morrison-Eames, Potenze di dieci, Zanichelli, 1988
Museo della Bilancia di Campogalliano
http://www.comune.campogalliano.mo.it/html/default/Il_Comune/Museo_della_Bilancia/
Bureau International Poids et Mésures:
http://www.bipm.org/en/si/liano
Istituto Metrologico Nazionale « Gustavo Colonnetti »:
http://www.imgc.to.cnr.it/
Istituto Elettrotecnico Nazionale « Galileo Ferraris »:
http://www.ien.it/
The NIST Reference on Constants, Units, and Uncertainty:
http://physics.nist.gov/cuu/index.html
Fonte: http://www.itisvinci.com/files/prima_serata_presentazione.doc
KILOGRAMMO
Peso, massa, gravità
Anche per il kilogrammo, analogamente a quanto abbiamo fatto per il metro, cercheremo di fare una rassegna storica relativa all’evoluzione di misure ed unità di misura, in relazione sia agli aspetti più propriamente scientifici sia a quelli legati al contesto storico e sociale.
Vedremo che per molti versi la storia del kilogrammo corre parallelamente a quella del metro. Anche in questo caso gli anni di svolta si possono collocare nel decennio 1790-1800. Ci sono però delle specificità che riguardano il kilogrammo, e che lo legano ancora più profondamente al contesto sociale e amministrativo, non ultimo lo stretto legame con il sistema monetario.
Pur cercando di fare una rapida panoramica storica, daremo particolare enfasi ad un periodo storico interessante e cruciale: quello legato ai primi faticosi decenni del Sistema Metrico-Decimale (1800-1840) e quello della definitiva affermazione (1840-1900), che porta a conclusione l’opera iniziata dai pionieri del Sistema stesso.
*****
Molte fonti concordano nel far risalire l’uso della bilancia, specie per misure di una certa precisione, alla necessità di pesare i metalli preziosi, l’oro in primo luogo. Se rapportata ai tempi della sua invenzione, la bilancia o libra ha rappresentato il primo strumento di precisione costruito dall’uomo.
L’eccezionale funzionalità dell’apparecchio e la sua intrinseca carica di suggestione hanno condotto a identificarla con una lunga serie di immagini e stereotipi allegorici. E’ diventata il simbolo stesso della giustizia divina e umana, della legge, dell’equilibrio, della ragione, del giudizio.
Anche la storia delle misure dei pesi sono costellate da frammentazione e tentativi di unificazione. Di fronte ai sistematici fallimenti di tali tentativi Diderot afferma sconsolato in una delle voci dell’Encyclopédie: “La diversità dei pesi è una delle cose più imbarazzanti nel commercio, ma è un inconveniente irrimediabile”. Il che, detto da uno dei principali esponenti del secolo dei lumi, dà un’idea dello scetticismo in materia. L’operazione appariva molto ardua in un circoscritto ambito regionale o nazionale, e del tutto improponibile a livello internazionale. Per un taglio netto con il passato e con il suo retaggio estremamente radicato occorreva la carica innovatrice e vitale della Rivoluzione francese a cui va il merito difficilmente contestabile dell’avvio della riforma metrologica culminata con l’affermazione del Sistema Metrico-Decimale.
La principale unità di peso utilizzata a Parigi alla fine del ‘700 è la libbra poids de marc (16 once), pari a 489,5 g, di cui riportiamo –per dare un’idea della dispersione metrologica in materia di pesi- i valori di conversione con unità omonime usate in Francia.
Regione o città |
Equivalenti in libbre di Parigi (489,5 g) |
Lilla, peso leggero |
0,87 |
Lilla, peso pesante |
0,94 |
Abbeville |
0,86 |
Amiens |
0,94 |
Strasburgo |
0,96 |
Lione |
0,86 |
Lione, solo per soia |
0,93 |
Avignone |
0,84 |
Marsiglia |
0,82 |
Provenza |
0,86 |
Nei primi mesi dopo l’inizio della Rivoluzione l’Accademia delle Scienze incarica Lavoisier di dar via agli studi per l’introduzione di una “unità naturale” in materia di pesi. Non esistendo sulla Terra alcun oggetto che potesse costituire un riferimento altrettanto certo e riproducibile di quello adottato per la lunghezza, il criterio di adozione per il campione fu del tutto arbitrario.
L’Accademia scelse il peso della quantità d’acqua che occupa, in determinate condizioni, il volume di 1 dm3. Il campione di platino dovuto a Fortin e Lenoir, un cilindro di altezza e diametro di base entrambi di circa 3,9 mm, fu presentato all’Assemblea Legislativa, assieme al metro, nel 1799.
La battaglia per l’affermazione delle nuove unità non è certo finita con la presentazione dei prototipi. Nel corso del secolo XIX, nonostante gli sforzi delle autorità, le nuove misure stentano ad affermarsi. Una circolare ministeriale di alcuni anni dopo denuncia un progresso troppo lento: “In alcuni dipartimenti l’operazione va avanti speditamente, mentre nella maggior parte dei dipartimenti essa non ha fatto sostanziali progressi. Di fatto, solo a Parigi e in poche altre città le nuove misure hanno veramente rimpiazzato le vecchie”
L’epoca della Restaurazione vede la Francia affrontare, assieme ai noti problemi politici, una situazione di confusione estrema nel campo dei pesi e delle misure. Nel 1800, nel 1812 e nel 1825 vengono imposti decreti contraddittori che hanno il solo effetto di aumentare il caos in materia di pesi e misure. L’anno di svolta, che segna la definitiva vittoria del metro e del kilogrammo, è il 1837, quando il governo presenta un progetto di legge per un ritorno pieno al sistema metrico decimale. E’ estremamente interessante rileggere le motivazioni di tale provvedimento:
“Nel 1812 si pensava che restituendo al popolo le denominazioni alle quali esso era abituato, e avvicinando il più possibile le unità metriche alle vecchie unità, e soprattutto sopprimendo le divisioni decimali si sarebbe portato un duro colpo alle misure locali.
Queste speranze sono andate deluse e dovevano certamente esserlo. Venendo incontro alle abitudini, facendo loro delle concessioni che non erano sufficientemente motivate, si giungeva a renderle più tenaci. Il legislatore del 1812 non aveva sufficientemente compreso che erano le abitudini del popolo e non i suoi bisogni che avevano fatto resistenza all’accettazione del sistema metrico.
Sembra giunto il momento di revocare le concessioni fatte nel 1812. Oggi il popolo è più istruito; il sistema metrico, che ha continuato ad essere insegnato nelle scuole, oggi è generalmente conosciuto; l’istruzione primaria, che conosce un così vasto sviluppo, contribuirà a farlo conoscere ancora meglio nel momento in cui verrà messo pienamente in vigore. Tutto sta ad indicare che rendendo il sistema metrico obbligatorio ovunque e per tutti, e vietando l’uso di ogni altro sistema, l’affermazione del nuovo sistema sarà agevolata e stabilità definitivamente l’uniformità dei pesi e delle misure”
La tormentata affermazione del metro non era però conclusa, come dimostrano una vecchia canzone popolare francese, del 1840: “Viv’ les mesur’ d’autrefois/ Au diabl’ les nouveaux poids” e una delle tante vignette satiriche che circolavano all’epoca, dovuta a Daumier e disegnata nel 1840, nei primi mesi di adozione del Sistema Metrico-Decimale:
Daumier, 11 febbraio 1840 - Ditemi dunque signora Gavin, … |
Anno di adozione del Sistema Metrico-Decimale in alcune nazioni:
Nazione |
Anno |
Francia |
1799 e nuovamente 1837/1840 |
Belgio e Olanda |
1816 |
Piemonte |
1845 |
Cile |
1848 |
Spagna e Cuba |
1849 |
Portogallo |
1852 |
Colombia |
1853 |
Venezuela |
1857 |
Brasile e Messico |
1862 |
Argentina |
1863 |
Germania |
1872 |
Ungheria |
1876 |
Svezia |
1879 |
Romania |
1884 |
Finlandia e Turchia |
1886 |
Giappone |
1891 |
Danimarca |
1910 |
Cina |
1914 |
Polonia e Russia (poi URSS) |
1919 |
India |
1960 |
Ricordiamo le successive definizioni di kilogrammo:
Prima definizione (1791) da parte dell’Accademia delle Scienze di Parigi: “Il kilogrammo è il peso di 1 dm3 di acqua distillata alla temperatura della sua massima densità (3,98 °C)”
Seconda definizione (1889) data nella I CGPM e tuttora in vigore: “Il kilogrammo è la massa del prototipo di platino-iridio depositato presso il BIPM (Bureau International des Poids et Mesures) nei sotterranei del padiglione di Breteuil, a Sèvres”, nella quale si può notare la scelta, poi resa definitiva nel SI, di utilizzare la massa come unità principale al posto del peso.
Infine una curiosità: C’è chi si batte attivamente contro il sistema metrico. Fra questi Bob Greene, editorialista del Chicago Tribune, che ha fondato il WAM! (We Ain’t Metric!), vale a dire “Non usiamo il metro!” In uno dei suoi editoriali ha scritto «Le nostre ragioni per opporci al sistema metrico decimale sono semplici: non ci piace e non vogliamo impararlo»”.
Alfredo Ferraro, Dizionario di metrologia generale, Zanichelli, 1965
Witold Kula, Le misure e gli uomini dall’antichità a oggi, Laterza, 1978
G. Barbato, La forza nella statica e nella dinamica: metodi di misurazione, CNR Torino, 1984
Ugo Tucci, Pesi e misure nella storia della società, Storia d’Italia Einaudi, vol. 5, pag. 583-612, Einaudi, 1973
Convegno internazionale “La massa e la sua misura”, Modena, 1993
Giancarlo Roversi, Per una storia della bilancia, Cooperativa Bilanciai di Campogalliano, Modena, 1983
Ognier, Exposé Méthodique du Système Métrique en 12 leçons, Saint-Quentin, 1839
E. Diamilla-Müller, Letture Scientifiche per il Popolo Italiano: il metro e il chilogrammo internazionale, Milano, 1873
Carlo M. Cipolla, Istruzione e sviluppo, Il Mulino, 2002
Fonte: http://www.itisvinci.com/files/seconda_serata_presentazione.doc
Metro, kilogrammo, secondo, bit
Breve storia di una grande avventura: lo studio della misura e delle unità di misura
Lunedì 19 aprile 2004
SECONDO
Misurare il tempo
Alfonso Cornia, laureato in fisica presso l’Università di Modena, insegna Matematica presso l’Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci” di Carpi. E’ redattore de “Il Leonardo”, mensile di giochi matematici prodotto dall’ITI “Vinci”. E’ responsabile per le province di Modena e Reggio Emilia dell’organizzazione dei Campionati Internazionali di Giochi Matematici.
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Le vicende della vita di ogni giorni ci mostrano che il tempo presenta, a differenza dello spazio, una asimmetria. E’ quella che Arthur Eddington chiamava la freccia del tempo. Perché lungo l’asse x possiamo andare indifferentemente verso destra o verso sinistra, mentre sull’asse dei tempi siamo costretti ad andare solo verso il futuro? Perché esiste un presente, un “ora” privilegiato sull’asse dei tempi, mentre sull’asse spaziale tutti i punti sembrano essere equivalenti? Inutile dire che questi problemi hanno assillato in una forma o nell’altra praticamente tutte le menti umane. Sono questioni destinate probabilmente a non esaurirsi, e la scienza non pretende certo di risolverli o dire una parola definitiva. Si accontenta di chiarirne alcuni aspetti.
Nell’antichità classica si manifestava la tendenza a concepire l’andamento ciclico più che quello lineare del tempo. Il tempo non appare come un concetto autonomo, ma sembra identificarsi con il ripetersi di fenomeni astronomici e terrestri.
Con il Medioevo cristiano trionfa invece una concezione lineare, irreversibile. L’incarnazione del figlio di Dio avviene una volta sola e divide la storia in due fasi ben distinte: un passato di buio e di ignoranza e un futuro di redenzione.
Con la rinascita dei commerci dopo l’anno Mille e in seguito con il sorgere delle industrie la società civile si riappropria del concetto di tempo, che viene reificato, diventa denaro. Il tempo viene misurato soprattutto in intervalli, indipendentemente dai fenomeni astronomici, con orologi sempre più perfezionati.
Con la rivoluzione scientifica (Galileo, Keplero, Newton) nel ‘600-‘700 si consolida la concezione di linearità e continuità del tempo. Newton arriva a parlare di tempo assoluto, che “scorre uniformemente senza relazione con alcunché di esterno”.
Un significativo aggiornamento si ha con alcune impostazioni della scienza contemporanea. Le cose del mondo esterno non avvengono o divengono. Esse sono nello spazio-tempo, cioè in quel continuo spazio-temporale descritto dalla relatività. Siamo noi, cioè la nostra coscienza, che scorriamo, e vediamo per così dire un panorama che cambia. In altre parole lo scorrere del tempo sarebbe un fenomeno psicologico e soggettivo più che oggettivo, con un totale ribaltamento dell’impostazione newtoniana.
L’impossibilità di governare e dominare il fluire del tempo e la difficoltà stessa di comprendere la natura profonda di questo concetto sfuggente non hanno impedito anche alle civiltà meno sviluppate di tentare di misurare, di scandire, di suddividere il tempo.
Le più antiche misure del tempo fanno ovunque riferimento a osservazioni astronomiche, in quanto i ritmi stessi della vita sono dettati dalle periodicità imposte dai moti dei corpi celesti: il giorno, l’anno tropico (intervallo di tempo che separa due equinozi di primavera successivi), la lunazione (intervallo di tempo che separa due noviluni consecutivi) sono i primi e più naturali intervalli di tempo adottati, anche perché ad essi sono legati i ritmi circadiani e quelli annui del nostro stesso organismo.
Per la misura del tempo ci si è gradualmente sganciati da misurazioni di tipo esclusivamente astronomico e si è passati via via dalle meridiane e dalle clessidre ad acqua e a sabbia (utilizzate anche da Galileo), agli orologi meccanici, a quelli al quarzo e attualmente a quelli atomici, aventi una precisione (per ora) di 1 su 10-10, ovvero un margine di errore di 1 secondo ogni 300 anni).
L’individuazione dell’unità di misura degli intervalli di tempo ha fatto uso delle nostre conoscenze dei fenomeni astronomici. Dopo vari interventi correttivi, la comunità scientifica ha adottato come unità fondamentale il secondo, definito fino al 1956 come 1/86400 del Giorno Solare Medio.
Come già avvenuto in altri campi della fisica, le conoscenze del mondo microscopico hanno in seguito condotto alla determinazione di intervalli di tempo più stabili e riproducibili. La definizione attuale fa uso delle onde elettromagnetiche emesse dall’atomo di Cesio nella transizione tra i due livelli iperfini dello stato fondamentale: “Il secondo è la durata di 9.192.631.770 oscillazioni della radiazione emessa dall’atomo di Cesio 133 nello stato fondamentale 2S1/2 nella transizione dal livello iperfine F=4, M=0 al livello iperfine F=3, M=0”.
*****
Sia in campo scientifico sia in campo legale e civile si sono succeduti, e ancora oggi convivono, numerosi sistemi di unità di misura.
Riportiamo qui le principali tappe che a partire da metà ‘800 hanno condotto dal Sistema Metrico Decimale al sistema MKSA fino all’attuale Sistema Internazionale.
1832: Gauss propone un sistema coerente basato su mm, mg, s
1863: Kelvin propone come unità fondamentali m, g, s
1875: firma della Convenzione del Metro e nascita del BIPM come organo scientifico permanente, responsabile della realizzazione, conservazione, distribuzione internazionale dei campioni.
1881: I Congresso di Internazionale di Elettricità, nella quale si propone l’adozione del sistema cgs (centimetro, grammo, secondo), che in seguito si sdoppierà in cgses e cgsem e verrà utilizzato soprattutto in fisica, essendo le sue unità meccaniche troppo piccole per le esigenze industriali.
1889: La prima CGPM (Conferenza Generale di Pesi e Misure) adotta i due campioni di kg e m conservati a Sèvres: siamo in piena era dei prototipi.
1901: Giovanni Giorgi propone un sistema basato su metro, kilogrammo, secondo. E’ quello che diventerà il sistema MKS, ancora incompleto in attesa della scelta di una quarta unità di misura relativa alle grandezze elettriche. Le successive proposte di estensione che vengono avanzate conducono ai sistemi MKSC, MKSW e MKSA, che si rivelerà il più adatto alle esigenze della metrologia.
1950: Il sistema Giorgi diviene ufficialmente MKSA, e da esso per successive estensioni prenderà forma l’attuale SI.
1954: La X CGPM individua sei unità fondamentali che saranno alla base del futuro Sistema Internazionale (ratificato nel 1960): metro, kilogrammo, secondo, ampere, candela, kelvin.
1971: viene aggiunta una settima unità fondamentale, la mole, a completare il Sistema Internazionale.
Il Sistema Internazionale adottato dalla comunità scientifica e attualmente ancora in evoluzione è pertanto fondato sull’adozione di sette grandezze fondamentali: metro (m), kilogrammo (kg), secondo (s), ampere (A), kelvin (K), candela (cd), mole (mol).
La scelta delle unità fondamentali è evidentemente arbitraria ed è il risultato dei processi storici che hanno condotto al SI.
Le unità fondamentali, sono in pratica l’alfabeto con il quale si costruiscono tutte le altre grandezze utilizzate in campo scientifico. Si tratta di centinaia di grandezze, alcune note e altre utilizzate solo in ambiti molto specialistici, ma tutte, senza eccezione, definite a partire dalle sette fondamentali. Alcuni esempi:
Grandezza |
Dimensioni nel SI |
Nome e simbolo |
Velocità |
m s-1 |
|
Accelerazione |
m s-2 |
|
Forza |
kg m s-2 |
Newton (N) |
Lavoro ed energia |
kg m2 s-2 |
Joule (J) |
Potenza |
kg m2s-3 |
Watt (W) |
Resistenza elettrica |
kg m2 s-3A-2 |
Ohm (Ω) |
Frequenza |
s-1 |
Hertz (Hz) |
Momento d’inerzia |
kg m2 |
|
Capacità termica |
kg m2 s-2 K-1 |
|
Nonostante i tentativi di uniformare le unità di misura, numerosi sono gli esempi di “affollamento metrologico” che rendono talvolta difficile orientarsi, come si può notare dalla seguente tabella relativa ad alcune unità di misura relative al lavoro e all’energia.
Unità non SI |
Equivalenti in Joule |
eV |
1,6*10-19 |
erg |
10-7 |
kgf*m |
9,8 |
kWh |
3,6*106 |
cal |
4,18 |
kcal |
4180 |
Cal |
4180 |
Btu |
1055 |
La stessa affermazione del Sistema Internazionale è tutt’altro che facile, se è vero che il Presidente degli Stati Uniti Gerald Ford e la sonda Mars Climate Orbiter sono stati vittime, in vario modo, del frazionamento metrologico che tenacemente resiste.
- Mario Fazio, SI, MKSA, CGS & Co., Zanichelli, 1995
- Tavole MAFBIC, Zanichelli, 1989
- Mario Fazio -- Maria C. Montano, FISICA per la scuole superiori, vol. 3, 1996
- Henri Moreau, Le Système Métrique, Chiron, 1975
- Il Sistema Internazionale di unità di misura, Istituto di Metrologia Gustavo Colonnetti -- Torino, 1994
- F. Angelotti - F. Cordara, Il tempo: dalla meridiana all’orologio atomico, CNR Torino, 1984
- Ugo Tucci, La metrologia nei secoli, CNR Torino, 1993
- Ludovico Eusebio, Compendio di metrologia universale e vocabolario metrologico, 1900
- Le BIPM et la Convention du Mètre, Bureau International des Poids et des mesures -- Sèvres, 1995
- Autori vari, L’armonizzazione delle misure e la sua base metrologica, Regione Piemonte -- Assessorato alla cultura, 1993
- Emile Biémont, Ritmi del tempo, Zanichelli, 2002
- Carlo M. Cipolla, Le macchine del tempo, Il Mulino, 1996
- Prof. Apotema, Il Leonardo, ITIS Vinci Carpi, 2001-2004 (www.itisvinci.com)
Fonte: http://www.itisvinci.com/files/terza_serata_presentazione.doc
Fonte: www.itisvinci.com/files/
Autore del testo: Alfonso Cornia, laureato in fisica presso l’Università di Modena, insegna Matematica presso l’Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci” di Carpi. E’ redattore de “Il Leonardo”, mensile di giochi matematici prodotto dall’ITI “Vinci”. E’ responsabile per le province di Modena e Reggio Emilia dell’organizzazione dei Campionati Internazionali di Giochi Matematici.
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