Motore a scoppio fasi e funzionamento
Motore a scoppio fasi e funzionamento
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Funzionamento del motore |
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Fonte: http://www.gautedanmes.it/funzionamentomotore.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Motore a scoppio fasi e funzionamento
IL MOTORE
1° CAPITOLO: LE PARTI PRINCIPALI
Il motore è costituito da tre parti principali: monoblocco, testata, coppa dell’olio, albero motore, volano, pistoni, fasce elastiche, bronzine e valvole.
Il monoblocco, è la parte centrale del motore dove sono ricavati i cilindri dove si muovono all’interno con un movimento di salita e discesa i pistoni.
La testata, serve a chiudere la parte superiore dei cilindri e porta delle nicchie chiamate camere di combustione e dei fori per le valvole e a seconda se il motore è a scoppio o diesel porta dei fori centrali per le candele o iniettori.
La coppa dell’olio, contiene il lubrificante per oliare tutti gli organi del motore in movimento, in particolare le bronzine che sono poco resistenti all’attrito in caso di scarsa lubrificazione e quindi facilmente si possono bruciare.
L’albero motore, è posizionato alla base del monoblocco tramite dei ganci chiamati banchi rivestiti di una fascia di bronzina per una perfetta tenuta, e serve a trasformate il movimento alternato dei pistoni in moto rotatorio da trasmettere poi alle ruote motrici.
Il volano, è un grosso disco situato vicino all’albero motore è serve ad accumulare energia meccanica in fase attiva del motore per scaricarla nelle fasi passive, inoltre fa da appoggio per il disco della frizione e di innesto del motorino di avviamento.
I pistoni, scorrono all’interno dei cilindri e sono collegati all’albero motore tramite le bielle. Con il loro movimento alternato permettono di effettuare le fasi del motore, il loro punto più alto si chiama punto morto superiore, mentre quello più basso si chiama punto morto inferiore.
Le fasce elastiche, sono situate vicino al pistone per permettere allo stesso una buona tenuta all’interno del cilindro. Infatti, i pistoni rispetto ai cilindri sono leggermente più piccoli anche in previsione di una dilatazione termica che sono soggetti, quindi le fasce permettono di scivolare senza che si creino giochi. Abbiamo 2 tipi di fasce, quelle elastiche che servono appunto per la tenuta all’interno del cilindro e quella raschiaolio che permette all’olio presente nel cilindro di non salire sulla testa del pistone altrimenti il motore brucerebbe olio con la conseguenza di un fumo molto intenso do colore bianco che esce dal tubo di scarico, oltre ad una perdita di compressione che porterebbe il motore a non rendere oppure a spegnersi.
Le bronzine, sono situate tra la biella e l’albero motore (quelle chiamate di biella) e tra l’albero motore ed il monoblocco (quelle chiamate di banco), anch’esse servono per la tenuta, altrimenti bruciandosi per effetto di una scarsa lubrificazione, il motore si potrebbe sbiellare e di conseguenza va fuori fase.
Le valvole, sono situate in ogni cilindro almeno 2 una di aspirazione ed una di scarico sono rivestite di una molla per il ritorno di chiusura.
2° CAPITOLO: LE FASI DEL MOTORE
In un motore a Scoppio le fasi sono: aspirazione, compressione, scoppio e scarico dove la fase attiva è quella di scoppio. Il motore a scoppio aspira e comprime una miscela di aria e benzina preparata dal carburatore. La miscela viene bruciata da una scintilla elettrica provocata da una candela.
Il motore Diesel le fasi sono: aspirazione, compressione, combustione e scarico dove la fase attiva è quella di combustione. Il motore diesel aspira e comprime solo aria. Il gasolio viene bruciato tramite la forte compressione dell’aria che raggiunta una certa temperatura brucia il gasolio.
3° CAPITOLO: LA DISTRIBUZIONE
La distribuzione sono gli organi che permettono l’apertura delle valvole. Esistono due tipi di distribuzione quella classica con albero a camme posto nel basamento, e quella in testa con albero a camme posto in testa.
Nella distribuzione classica gli organi sono: cinghia di distribuzione, albero a camme, aste, bilanciere e valvole.
Nella distribuzione in testa gli organi sono: cinghia di distribuzione, albero a camme e valvole.
La cinghia di distribuzione serve a collegare l’albero a camme all’albero motore per girare trasmettendo poi il moto agli altri organi per far aprire le valvole che si richiudono con il ritorno delle molle.
Il gioco delle punterie è lo spazio che si lascia tra le valvole e l’albero a camme nella distribuzione in testa e tra le valvole ed il bilanciere nella distribuzione classica. Tale gioco serve per evitare che con il forte calore dilatandosi le valvole non si attacchino al bilanciere o albero a camme altrimenti le valvole rimarrebbero sempre aperte ed il motore perde di compressione.
4° CAPITOLO: IL RAFFREDDAMENTO
L’impianto di raffreddamento serve a mantenere il motore a temperatura costante, evitando il surriscaldamento. Quando l’acqua all’interno del motore raggiunge una certa temperatura ( circa 90 gradi ) si apre la valvola termostatica che permette di passare l’acqua dal motore al radiatore, dove tramite la ventola e l’aria esterna si raffredda e ritorna al motore tutto grazie alla pompa dell’acqua.
Nel caso non funzioni l’impianto di raffreddamento, l’alta temperatura fa bruciare la guarnizione della testata e nel caso più grave provoca il grippaggio dei pistoni, cioè che il pistone si ingrossa tanto da bloccarsi nel cilindro.
5° CAPITOLO: LA LUBRIFICAZIONE
La lubrificazione consiste nell’oliare tutti gli organi del motore in movimento per evitare forti attriti tra le parti del motore, in quanto gli organi stessi potrebbero bruciarsi e creare quindi seri rischi al motore. Maggiormente al rischio sono le bronzine in quanto sono meno resistenti al calore creando uno sbiellamento del motore stesso.
L’olio contenuto nella coppa viene pescato da una pompa, passo attraverso un filtro che lo purifica dalle impurità e poi attraverso gli intercapedini va ad oliare gli organi in movimento quali l’albero motore, bronzine, albero a camme, i cilindri e tutti gli organi della testata, ritornando infine nella coppa. La presenza di una valvola regolatrice di pressione permette di mantenere costante la pressione dell’olio indipendentemente dalla velocità del motore.
6° CAPITOLO: IMPIANTO ELETTRICO, ACCENSIONE A SPINTEROGENO
La batteria viene continuamente ricaricata dall’alternatore, fornendo corrente a bassa tensione, tramite la bobina la stessa viene trasformata in alta tensione, che poi tramite allo spinterogeno viene distribuita alle candele. Le candele sono costituite da due elettrodi che provocano una scintilla che permettere di accendere la miscela.
7° CAPITOLO: IL MOTORE DIESEL
Esistono due motori diesel: iniezione diretta, ed iniezione indiretta.
Il motore diesel ad iniezione diretta, l’iniettore spruzza il gasolio direttamente sulla testa del pistone, che è leggermente concava per ricavare la camera di combustione. Essendo un motore ad elevata compressione, l’aria viene subito riscaldata tramite la fase di compressione e il gasolio viene subito bruciato.
Il motore ad iniezione indiretta, l’iniettore spruzza il gasolio prima in una precamera dove all’interno è posta una candeletta che riscalda l’aria e poi viene spruzzato sul pistone che invece si presenta nel modo classico. Essendo un motore a bassa compressione, l’aria non raggiunge subito la temperatura ideale durante la fase di compressione e quindi la candeletta permette di portare l’aria a temperatura ideale per bruciare il gasolio.
L’iniettore è un corpo costituito da una molla tarata e da uno spillo a punta conica. Il gasolio tramite la pompa di iniezione entra nell’iniettore, la forte pressione dello stesso fa alzare lo spillo che libera i polverizzatori posti in basso, finita la pressione la spinta della molla fa scendere lo spillo che chiude i polverizzatori. Il gasolio che rimane nell’iniettore non nebulizzato viene riportato nel serbatoio tramite in tubo di recupero.
L’iniettore porta più polverizzatori se il motore è ad iniezione diretta, mentre porta un solo foro se ad iniezione indiretta.
Nel caso in cui l’iniettore non riesce a polverizzare bene il gasolio ( molla starata oppure lo spillo che non chiude bene ) si dice che gocciola provocando una in combustione del gasolio che determina la fuoriuscita dal tubo di scarico di fumo scuro.
8° CAPITOLO: POMPA DI INIEZIONE
La pompa di iniezione serve a mandare il gasolio a forte pressione agli iniettori.
Tramite una polpetta a/c il gasolio viene aspirato dal serbatoio e mandato ad un filtro il quale lo purifica dalle impurità ed entra nella pompa in un tubo chiamato pozzetto.
Premendo il pedale dell’acceleratore si comanda l’asta a cremagliera che fa ruotare i pompanti presenti nella pompa. Tramite un alberino a camme posto in basso, il pompante viene spinto e quindi si comprime il gasolio agli iniettori.
Nella pompa sono presenti tanti pompanti quando sono gli iniettori. Il pompante quindi grazie ai suoi due movimenti, rotazione dato dall’asta a cremagliera e di salita dato dall’alberino a camme permette il funzionamento della pompa di iniezione.
I pompanti sono costituiti da un pistoncino dentro ad un cilindretto, alla sua estremità porta due scanalature, una elicoidale che permette durante la fase di accelerazione di far passare il gasolio; ed uno verticale che quando si spegne il motore permette di chiudere il flusso di gasolio.
Alle due estremità della pompa sono situati due organi molto importanti: Autoregolatore di giri, Anticipo automatico.
L’autoregolatore di giri permette di regolare i giri del motore sia in fase di accelerazione per non farlo andare fuori giri, che in fase di decelerazione per non farlo spegnere.
Esso e composto da due masse centrifughe e da quattro molle, due per il massimo e due per il minimo. Quando si accelera, con l’aumentare dei giri le masse dell’autoregolatore si aprono grazie alla forza centrifuga che si crea, le molle permettono di spingere un po’ indietro l’asta a cremagliera per permettere di evitare che il motore vada fuori giri; durante la fase di decelerazione, le masse dell’autoregolatore si chiudono le molle spingono un po’ avanti l’asta a cremagliera permettendo al motore di inviare gasolio a sufficienza per non farlo spegnere.
L’anticipo automatico, serve invece ad anticipare la mandata di gasolio agli iniettori durante la fase di accelerazione in modo da garantire lo spruzzo del gasolio sempre quando il pistone si trova alla fine della fase di compressione. Questo perché quando si accelera, i pistoni vanno più veloci, la durata delle fasi si anticipa e quindi il gasolio deve essere mandato prima agli iniettori.
Esso è formato da due masse centrifughe, che quando si accelera si allargano, i perni dell’albero a camme scorrono nelle asole dei manicotti a traversino permettendo all’albero a camme stesso di girare prima e quindi di battere prima sotto ai pompanti e mandare prima il gasolio agli iniettori.
9° CAPITOLO: LE SOSPENSIONI
Le sospensioni servono ad assorbire gli urti dovuti al fondo stradale, ed assicurare una migliore aderenza dei pneumatici sul fondo stradale.
Esistono vari tipi di sospensioni: Balestra, molle elicoidali ed aria compressa ( pneumatiche ).
Le balestre sono formate da tante foglie metalliche poste una sull’altra collegate al telaio tramite dei perni flessibili chiamati biscottini. Su di esse sono posti degli ammortizzatori, che permettono di smorzare le sollecitazioni facendole gravare sulla balestra che allungandosi la scaricano a terra, grazie alle molle poste intorno all’ammortizzatore, esse ritornano e si bloccano permettendo di mantenere la tenuta di strada.
Quelle a molle elicoidali, sono poste prevalentemente per i veicoli leggeri ed hanno per sommi capi un funzionamento simile a quelle a balestra.
Per i mezzi pesanti di recente costruzione sono poste quelle ad aria compressa.
Sono formate da due livellatori collegati al telaio e con varie molle ( elipless ) che permettono di mantenere il telaio sempre parallelo al fondo stradale.
10° CAPITOLO: ORGANI DI DIREZIONE
Gli organi di direzione sono gli organi comandati dal conducente tramite il volante per dare la direzionalità al veicolo.
Quello classico è di tipo meccanico, dove tramite il volante si gira un piantone che è collegata alla scatola dello sterzo. Dentro di esso vi è una vite dentata che tramite un settore dentato trasmette il moto a dei fuselli che a loro volta permettono di girare le ruote anteriori.
Per agevolare la sterzata oggi è usato un sistema idraulico chiamato SERVOSTERZO.
Esso è composto da un serbatoio contenente olio, una pompa, un distributore posto sotto lo sterzo, ed un cilindro operatore.
Girando il volante, la pompa prende olio dal serbatoio e lo manda al distributore. Dal distributore l’olio passa nel cilindro operatore che a seconda della sterzata va o nella camera inferiore o superiore, l’olio che entra spinge lo stantuffo presente nel cilindro operatore il quale comprime olio presente nell’altra camera che ritorna al distributore e così facendo alleggerisce la sterzata.
11° CAPITOLO: ORGANI DI TRASMISSIONE
Gli organi di trasmissione permettono di trasmettere il moto dell’albero motore alle ruote motrici.
Essi sono: Frizione, cambio, 1° giunto, albero di trasmissione, 2° giunto, coppia conica, differenziale, semiassi.
La frizione si appoggia al volano e prende i giri dall’albero motore e li porta al cambio.
Il cambio serve a rapportare i giri dell’albero motore e l’albero di trasmissione. L’albero motore compie più giri rispetto all’albero di trasmissione; mettendo le marce più alte, il rapporto incomincia a diminuire fino a quando inserendo l’ultima marcia si dice che c’è la presa diretta cioè che l’albero motore e quello di trasmissione compiono gli stessi giri.
Il cambio è formato da 4 alberi: primario collegato all’albero motore, secondario collegato all’albero di trasmissione, ausiliario posto sotto e collegato all’albero primario, e alberino della retromarcia.
I giunti servono a dare elasticità all’albero di trasmissione in modo che non sia troppo rigido altrimenti si potrebbe spezzare, mentre l’albero di trasmissione trasmette i giri del motore alle ruote motrici.
La coppia conica sono due ingranaggi sempre in presa: pignone, corona.
Serve a rapportare i giri tra albero di trasmissione e le ruote motrici. Il rapporto di riduzione è in genere di 1:4, cioè che il pignone è di 4 volte più piccola della corona e quindi servono 4 giri del pignone per un giro di corona. Pertanto se si marcia a 4000 giri , le ruote motrici ne fanno solo 1000.
Il differenziale, serve invece a differire i giri delle ruote motrici nelle svolte, dove la ruota esterna rispetto a quella interna compie più giri per effetto di uno spazio di percorrenza maggiore. Esso è formato da due planetari posti alle estremità dei semiassi e da due satelliti posti sopra.
Il bloccaggio del differenziale consiste tramite ad un comando ad unire i due semiassi permettendo alle ruota motrici di compiere gli stessi giri. Ciò si rende necessario per dare al veicolo una maggiore aderenza soprattutto su fondi stradali sconnessi.
12° CAPITOLO: IMPIANTO FRENANTE
Su un autoveicolo vi sono tre sistemi frenanti: Freno di servizio, freno di soccorso, freno stazionamento.
Il freno di servizio è quello a pedale ed in genere su i mezzi pesanti è ad aria compressa;
Il freno di soccorso è sempre quello a pedale tramite la presenza nell’impianto di una valvola di protezione che permette di limitare la frenata solo su un asse isolando quello in avaria.
Il freno di stazionamento è invece quello a mano che tramite una leva si comandano dei tiranti che agendo su dei puntali allarga le ganasce dell’asse posteriore.
Il freno di servizio, come dicevamo è ad aria compressa. Esso è costituito da un compressore, un gruppo di regolazione e controllo, un serbatoio, un distributore ed elementi frenanti.
Il compressore serve a prendere aria dall’esterno tramite un filtro ed a comprimerlo al gruppo di regolazione e controllo. Esso è costituito da un filtro per la condensa e da tre valvole, una di ritenuta che serve a mandare l’aria nel serbatoio e non la fa uscire, una di scarico che serve a scaricare l’aria in eccesso che manda il compressore quando il serbatoio si è riempito, mentre la valvola di sicurezza entra in funzione solo se si dovesse rompere quella di scarico.
Quando si preme il pedale del freno si aziona il distributore che facendo scendere uno stantuffo apre una valvola di immissione che permette l’aria di arrivare agli elementi frenanti che tramite un soffietto, braccetti e perno ad oliva allarga le ganasce. Quando si solleva il pedale del freno, si chiude la valvola di immissione e si apre la valvola di scarico che permette di scaricare l’aria dagli elementi frenanti e tramite le molle le ganasce si richiudono.
Il freno misto Aria – olio è un sistema utilizzato su autoveicoli di media grandezza, esso è composto come quello ad aria compressa, con l’unica differenza che agendo sul pedale del freno, l’aria che esce dal serbatoio va a comprimere delle pompe d’olio che tramite dei pistoncini allarga le ganasce.
All’interno dell’impianto frenante sia per la motrice che per il rimorchio è presente un modulatore di frenata, che permette di regolare la pressione dell’aria da inviare agli elementi frenanti in base all’entità del carico posto sul veicolo stesso.
13° CAPITOLO: IMPIANTO FRENANTE RIMORCHI ( PER CAT. E )
Tramite un giunto di accoppiamento, si collegano i tubi dell’aria dalla motrice al rimorchio, uno Automatico, ed uno Moderabile. Questi tubi vanno nel Servo-Auto distributore, posto nel rimorchio composto da due camere, una Auto, dove va il tubo automatico che manda aria per riempire il serbatoio del rimorchio, una Servo, dove va quello moderabile che manda aria quando si frena.
Quando si preme il pedale del freno dalla motrice, attraverso il tubo moderabile arriva aria nella camera del servo, la pressione abbassa lo stantuffo del servo che apre una valvola di immissione che permette all’aria del serbatoio del rimorchio di arrivare agli elementi frenanti che tramite un soffietto, braccetti e perno ad oliva allarga le ganasce.
Se stacchiamo il rimorchio ( accidentalmente oppure voluto ), il rimorchio si blocca subito in quanto l’aria presente nella camera dell’auto si scarica, lo stantuffo dell’auto viene spinto dalla pressione dell’aria del serbatoio e quindi scende, a sua volta spinge lo stantuffo del servo che apre la valvola di immissione e succede quello detto precedentemente.
Per poter sfrenare il rimorchio è presente una rotella che girata permette di aprire una valvola di scarico e tramite le molle le ganasce si richiudono.
Quando il rimorchio viene staccato dalla motrice, deve essere stazionato tramite un freno di stazionamento meccanico, comandato da un ruotino posto dietro, che permette tramite dei tiranti di agire su due puntali che permette di allargare le ganasce posteriori, ed mettere sotto ogni ruota dei cunei.
14° CAPITOLO: RALLENTATORI – ABS
Per evitare il surriscaldamento dei freni per uso prolungato, esistono dei rallentatori da utilizzare in tutti quei casi dove non necessita l’arresto del veicolo, ma solo di rallentarlo ( es. discese, etc. ).
Esistono tre tipi di rallentatori: Freno Motore; Rallentatore Elettromagnetico; Rallentatore Idraulico.
Il Freno Motore, è composto da un comando posto nell’abitacolo, che azionato permette di chiudere una valvola a farfalla posta nel collettore di scarico permettendo ai gas di tornare indietro e di soffocare i pistoni, allo stesso tempo azionando l’asta a cremagliera la pompa di iniezione và a mandata nulla. Questo rallentatore va utilizzato non ripetutamente in quanto l’eccessiva pressione dei gas di scarico sui pistoni permetterebbe un eccessivo riscaldamento dei pistoni stessi e di tutti gli organi del motore.
Il Rallentatore Elettromagnetico, è composto da uno Statore posto vicino al telaio e da un Rotore mobile che gira insieme all’albero di trasmissione.
Azionando il comando presente nell’abitacolo si immette corrente nelle bobine elettriche presenti nello statore il quale eccitandosi provocano un campo elettromagnetico che permette di rallentare il rotore e quindi l’albero di trasmissione. A differenza del freno motore questo rallentatore può essere usato anche per più tempo in quanto non va a surriscaldare il motore.
Il Rallentatore Idraulico, è un dispositivo posto tra il cambio e l’albero di trasmissione. All’interno di esso vi sono due ventole una chiamata Rotore e l’altra chiamata Statore.
Il Rotore gira solidale all’albero di trasmissione, mentre lo Statore è fissato alla scatola del rallentatore. Azionando un comando presente nella cabina di guida, si spinge olio nella scatola dove il rotore girando proietta l’olio verso lo statore che essendo fermo esercita una azione frenante sul rotore stesso e di conseguenza sull’albero di trasmissione. La quantità di olio che viene mandato all’interno del rallentatore determina la spinta frenante.
ABS è un dispositivo che permette in caso di frenata di evitare il bloccaggio delle ruote, il quale hanno un graduale rallentamento fino a fermarsi completamente. Il vantaggio dell’abs è quello di garantire una maggiore tenuta di strada del veicolo in tutte le fasi in cui si frena.
Esso è composto da sensori posti su ogni ruota che quando avvertono che la ruota si sta per bloccare, mandano un impulso ad una centralina elettromagnetica che a sua volta agendo sulla pompa dei freni permette di ridurre la spinta frenante.
Fonte: http://web.tiscali.it/autoscuolapastena1/IL%20MOTORE.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
SCHEMA ESSENZIALE DI UN MOTORE
Figura 2: schema di un motore. Il lavoro del pistone finisce per mettere movimento la biella (D) e di conseguenza in rotazione l’albero motore (F), che determina il movimento delle ruote. |
DISEGNO
Lo schema generale di un motore a scoppio è disegnato in figura 1. Il gas (A) spinge lo stantuffo o pistone (B) a scorrere linearmente entro un cilindro(C). Il pistone è e articolato ad una asta rigida chiamata biella(D). Lo spostamento del pistone, provocato dalla pressione dei gas nella camera di scoppio, determina una rotazione dell'albero motore (F) che poi mette in rotazione le ruote.
FASI DI UN MOTORE
Vi è una pluralità di motori a combustione interna; tutti però presentano sempre 4 fasi:
- aspirazione , dove la miscela aria+carburante è immessa nel cilindro attraverso la valvola di aspirazione.
- compressione , dove la miscela viene compressa. In questa fase il pistone perde Lavoro a causa del fatto che deve comprimere il gas.
- combustione ed espansione , dove la miscela è fatta scoppiare riscaldando il gas; di conseguenza questo si dilata e spinge il pistone. E’ in questa fase che il motore guadagna energia a spese dell’energia potenziale chimica della benzina (o equivalentemente, a spese del calore prodotto dallo scoppio della benzina). Per questo tale fase è anche detta fase utile.
- scarico , dove la miscela ormai già bruciata (esausta) viene espulsa attraverso la valvola di scarico.
DUE TIPI DI MOTORE
I motori a scoppio possono essere suddivisi in base al modo in cui è completato il ciclo, ovvero in base alla la successione periodica di fasi che il gas compie nel motore. Si suddividono quindi in:
- motori a quattro tempi : le 4 fasi sopraddette avvengono in tempi separati fra loro.
- motori a due tempi : le 4 fasi avvengono 2 alla volta (aspirazione-compressione , scoppio ed espansione-scarico)
Da ora in poi, trascureremo il motore a due tempi ed affronteremo la descrizione di quello a 4 tempi.
ANIMAZIONI SU INTERNET DI UN MOTORE A 4 TEMPI
Il motore a 4 tempi…
Aiutoooo! Quanti nomi! Pistone, cilindro, valvola, 4 tempi, 2 tempi… che caosss! Non ci capisco più nienteeee!!! Che si fa? Si butta tutto via e si va a dormire?? No di certo! Vediamo invece di fare una cosa più intelligente: ad esempio guardare delle animazioni sul funzionamento del motore ai link che vi suggerisco.
Potete trovare un’ottima animazione del funzionamento di un motore a 4 tempi al sito http://www.youtube.com/watch?v=0TfZdnHKSYk
Le diverse 4 fasi del motore sono ben visualizzate al sito: http://www.science.unitn.it/~fisica1/fisica1/appunti/termo/cap_4/cap_4_3_1.htm
Infine, vi è un’animazione 3D molto interessante che illustra la costruzione ed il funzionamento di un motore a 4 tempi:
http://www.digispace.it/schedaevento.asp?id_evento=1648
(i primi 3 minuti circa descrivono come è costruito un motore; gli altri 2 minuti circa descrivono il funzionamento dei pistoni. )
Leggete i miei appunti fino a qui, poi guardatevi le tre animazioni, infine rileggete tutto quanto: vedrete che il tutto sarà molto più chiaro.
SCHEMA TERMICO-CINEMATICO DI UN MOTORE A 4 TEMPI
Adesso vediamo in che modo si trasforma il gas durante le 4 fasi a causa del movimento del pistone. Vi conviene leggere le due pagine “IL motore dell’automobile” che vi ho dato in classe perché le 4 fasi sono ben disegnate e descritte.
Seguiamo i movimenti del pistone nel cilindro e disegniamo il diagramma P-V del gas. Il grafico è mostrato in Figura 3.
Figura 3: ciclo “di otto” di un pistone. In A, C e D il pistone è alla massima compressione: in B ed in E è alla massima espansione. V0 è il volume minimo raggiunto dal gas (massima compressione: camera di scoppio), Vf è il massimo volume del gas. L’intervallo Vf-V0 è la cilindrata e rappresenta il volume percorso dal pistone durante il suo movimento. |
Aspirazione: il pistone ha raggiunto la massima compressione (A) e si appresta a tornare in avanti. Il volume di A, V0, ha il nome di camera di scoppio (il perché lo vedremo tra breve). La valvola di aspirazione si apre ed il gas inizia ad entrare alla pressione di 1 atmosfera, con una temperatura uguale a quella esterna. Il pistone avanza e risucchia il gas, che si espande isobaricamente fino a giungere in B. Il volume di B, Vf, è il massimo raggiunto dal pistone. La differenza di volume fra inizio corsa e fine corsa (cioè Vf-V0) è chiamata cilindrata.
Compressione: la valvola di aspirazione si chiude ed il pistone inizia a tornare indietro, comprimendo il gas da B a C. La compressione è veloce e perciò è adiabatica.
Scoppio e Espansione: si accende la candela! O meglio, essa scocca la scintilla che incendia la benzina, che scoppia. Il calore prodotto innalza la temperatura del gas e di conseguenza la sua pressione. Lo scoppio è rapidissimo ed il gas non fa in tempo ad espandersi significativamente: dunque la trasformazione è isocora (da C a D). Il gas ora è bello caldo e si espande, spingendo il pistone (da D a E). L’espansione avviene molto rapidamente e perciò è schematizzabile come adiabatica.
Scarico: il gas in E ha raggiunto la massima espansione ed è esausto (cioè è stato tutto bruciato). Esso è perciò inutile e deve essere espulso. Dunque, si apre la valvola di scarico e quasi istantaneamente il gas esce: la pressione perciò si abbassa fino alla pressione esterna in modo isocoro (da E a B). A questo punto il pistone torna indietro e finisce di espellere il gas residuo alla pressione di 1 atmosfera (da B a A).
Adesso, altro gas è pronto per essere immesso di nuovo! Si chiude la valvola di scarico, si apre quella di aspirazione… ed l ciclo ri-inizia!
Il ciclo B→C→D→E è composto perciò da due adiabatiche e da due isocore. Esso ha il nome di “ciclo di Otto” dal nome dell'ingegnere tedesco Nikolaus August Otto, il quale circa dieci anni dopo l'invenzione del motore (avvenuta nel 1850 da parte di due italiani, Eugenio Barsanti e Felice Matteucci: dunque il motore a scoppio è stata un’invenzione italiana!!) riprodusse fedelmente in varie copie il modello dei due predecessori (adottando anche gli stessi accorgimenti estetici, ritenendo probabilmente che potessero essere utili al funzionamento della macchina).
LAVORO UTILE E CALORE
Adesso che sappiamo come funziona un motore… interessiamoci di sapere cosa produce! Abbiamo già detto che esso genera Lavoro che poi mette in rotazione l’albero motore. Analizziamo perciò il cuore di un motore: il Lavoro che esso produce.
Un motore produce Lavoro nella sua fase di espansione dopo lo scoppio (D→E); però parte di questo Lavoro viene consumato durante il ciclo del pistone. Infatti, il pistone “sciupa” dell’energia per comprimere il gas nella fase B→C: in altre parole, il motore produce Lavoro durante l’espansione D→E e perde Lavoro nella compressione B→C (ci sarebbero anche i Lavori prodotti dall’aspirazione A→B e persi nello scarico B→A ma essi molto piccoli e comunque sono fra loro uguali ed opposti e possono essere trascurati).
Il Lavoro che veramente ci interessa è quello che arriva effettivamente alle ruote (Lavoro utile), cioè il Lavoro guadagnato meno quello perso (Lutile = LD→E – LB→C , esprimendo i Lavori in valore assoluto e mettendo il “-“ per il Lavoro perso). Graficamente, il Lavoro utile è l’area del ciclo BCDE.
Poiché fornisco energia al motore sotto forma di calore e ricevo energia sotto forma di Lavoro, una delle prime questioni che si sono poste i Fisici è stata: qual è la relazione fra calore fornito e Lavoro? In altre parole, come posso calcolare il Lavoro che ottengo sapendo il calore che fornisco e viceversa?
Come vedremo, questa relazione è alla base di tutte le seguenti proprietà di un motore, perciò studiatela bene.
La risposta è presto ottenuta se si usa il I Principio della Termodinamica:
ΔU = -L + Q (1)
Adesso calcoleremo Lutile, Qutile e ΔU: li metteremo insieme nell’eq. (1) e vedremo che, magia magia!, appare la relazione fra Lavoro e calore che cercavamo.
Iniziamo con il Lavoro. Esso è uguale a quello guadagnato meno quello perso e perciò:
L = Lguadagnato – Lspeso = Lutile (2a)
Per il calore vale la stessa cosa del Lavoro:
Q = Qass - Qced = Qutile (2b)
Infine, per il potenziale, posso subito scrivere che ΔU = 0 (2c)
Infatti, in un ciclo l’energia finale deve essere ugualle a quella finale e perciò: Uf=Ui → ΔU=0.
A questo punto, nell’equazione (1) sostituisco l’eq. (2a), (2b), 2c) ed ottengo la relazione cercata:
0=-Lutile + Qutile → Lutile= Qutile = Qass – Qced (3)
Dunque: il Lavoro utile di un motore è esattamente uguale al calore utile, cioè al calore assorbito (Qass) meno quello disperso (Qced).
La fase in cui il motore acquista calore (Qass) è lo scoppio C→D. Da notare che tanto più alto è D rispetto a C tanto maggiore è la differenza di temperatura fra C e D e dunque tanto maggiore è il calore assorbito.
La fase in cui il motore cede calore (Qced) è l’inizio dello scarico E→B. Nota che tanto più E è vicino a B tanto minore è la differenza di temperatura fra E e B e tanto minore è il calore ceduto.
EFFICIENZA
Adesso è necessario porsi alcune domande di ordine squisitamente pratico. Abbiamo appena visto che parte dell’energia ottenuta dal motore va persa. Poiché la benzina costa e non ne abbiamo scorte infinite, le prime questioni da porsi su una qualsiasi macchina termica sono sicuramente: di tutta l’energia spesa per alimentare il motore (cioè, di tutta l’energia prodotta dalla benzina), quanta parte viene effettivamente utilizzata e quanta viene persa? Da cosa dipendono le perdite? E’ possibile renderle più piccole possibili per poter migliorare i consumi? In altre parole, come si fa a progettare un motore che consumi il meno possibile?
Per rispondere a queste domande è necessario introdurre un concetto molto importante, non solo per i motori a scoppio ma per le macchine in generale: quello di efficienza o rendimento (h, che si pronuncia eta).
Per rendimento o efficienza termodinamica si intende il rapporto tra il lavoro utile e l'energia fornita al motore:
In formule:
In parole più generali: l’efficienza è il rapporto fra il Lavoro utile del pistone ed il calore ottenuto durante lo scoppio. Il rendimento è espresso come valore compreso tra zero e uno o sotto forma di percentuale.
ESEMPIO DI EFFICIENZA
Prima di andare ad impelagarci in conti e calcoli vari, cerchiamo di capire cosa è in pratica l’efficienza.
Supponiamo di avere un motore che per ogni 100J di calore fornito riesce a produrre 75J di Lavoro utile. il motore è in grado di trasformare una percentuale di calore in Lavoro utile uguale a 75J/100J = 0,75 = 75%. Il restante 25% è perduto sotto forma di calore che viene disperso nell’ambiente circostante.
Consideriamo un secondo motore che, usando 2.000J di calore, riesce a produrre 1.200J di Lavoro utile. La percentuale di Lavoro utile rispetto alla quantità di calore che fornisco è 1.200J/2.000J = 0,6 = 60%. Anche in questo caso l’energia che non è Lavoro, cioè 800J, è stata trasformata in calore espulso nell’ambiente circostante.
Cosa posso dire confrontando i due motori? Sicuramente, per quanto riguarda i consumi, il primo è migliore del secondo perché riesce ad utilizzare il 75% dell’energia che gli fornisco mentre il secondo solo il 60%. Vediamo meglio questo concetto: facciamo in modo che i due motori producano lo stesso lavoro – ad esempio 5.000 J – e calcoliamo chi dei due consuma di meno.
Invertiamo l’equazione (4):
Lutile=5.000J per entrambi i motori. Il primo motore, con h=0,75, deve assorbire 6.667J circa; il secondo motore, con h=60%, per fare lo stesso identico Lavoro deve assorbire ben 8333J, 1666J più del primo.
In conclusione: a parità di lavoro, un motore con un valore di efficienza più alto consuma meno energia.
ALCUNI ESEMPI PRATICI DI EFFICIENZA
Il concetto di efficienza non vale solo per i motori a scoppio ma è generale per ogni macchina. Prendiamo ad esempio una centrale termoelettrica, cioè una centrale che trasforma in energia elettrica il calore ottenuto bruciando il petrolio. Esse sono comunissime: in Italia il 73% circa dell’energia elettrica è prodotto da tali centrali. La loro efficienza, ahinoi, non è altissima: il 45% circa. Il che vuol dire che per ogni 100J di calore prodotto bruciando petrolio solo 45J si trasformano in energia elettrica che è trasmessa attraverso i cavi elettrici (e che arriva nelle nostre case accendendo le lampadine, i televisori, attivando la lavastoviglie, ecc.)
Un motore elettrico, cioè un motore che trasforma l’energia elettrica in movimento (ad esempio, i macchinari industriali) ha un’efficienza del 90%-95%. Ciò significa che per ogni 100J di energia elettrica prelevata un motore elettrico è in grado di produrre 90-95J di Lavoro utile. Il resto, come sempre, va disperso come calore (ed infatti, ogni motore che va ad elettricità dopo un po’ si riscalda. Non ci credete? Mettete una manina sulla bocca di espulsione dell’aria del vostro PC).
L’impianto di termovalorizzazione (aka inceneritore) di Case Passerini, che è proprio accanto a noi, converte parte del calore impiegato per incenerire i rifiuti in energia elettrica. Il rendimento (così come riportato dalla relazione finale del Consorzio di Ambito “Area Metropolitana Fiorentina”) è stimato del 18%. Dunque, per ogni 1.000J di calore spesi per bruciare i rifiuti, 180J sono recuperati come energia elettrica.
EFFICIENZA E CALORE
Adesso che abbiamo un’idea di cosa sia il rendimento di una macchina, vediamo come poterlo esprimere al meglio. Il modo migliore per avere un’idea pratica di cosa sia l’efficienza è quella di descriverla sotto forma di calore. Poiché Lutile = Qass – Qced, l’eq. (4) diventa
Dall’equazione (5) risulta che l’efficienza aumenta se diminuisce il rapporto Qced/Qass, cioè h aumenta tanto più è piccolo il calore disperso rispetto a quello assorbito. Il che è ovvio: il calore disperso è energia perduta! più energia butto via attraverso il calore che esce dal motore, meno Lavoro utile esegue la mia macchina. Nel caso in cui non disperdessi alcun calore (Qced=0) allora avrei h=1: tutta l’energia spesa sarebbe energia utile e non avrei alcuna perdita! (Tra parentesi, h=1 è il valore massimo dell’efficienza perché se avessi h>1 vuol dire che ottengo più Lavoro di quanta energia fornisco alla macchina: cioè la macchina creerebbe Lavoro dal nulla! Ma per il Principio di conservazione dell’energia questo è impossibile).
“Uffaaa!!! Un’altra formulaccia! Che b..le!!” direte voi, piccoli alunni. E’ vero: ma la formula (5) ci permette di capire subito da cosa dipende il rendimento di un motore senza nemmeno conoscere come è fatto! Infatti l’eq. (5) dimostra una cosa importantissima: l’efficienza dipende solo dal rapporto Qced/Qass, indipendentemente da come tale calore venga ceduto o assorbito. Dunque, per alzare il rendimento ed abbassare i consumi è necessario impedire tutto ciò che disperde il calore, indipendentemente dal perché e dal come tale calore viene ceduto.
I meccanismi di produzione del calore sono due: attriti e raffreddamento del motore. Sono questi che devono essere ridotti il più possibile.
L’attrito avviene di continuo a causa della frizione (strisciamento) delle parti meccaniche. Per limitare l’attrito viene aggiunto olio come lubrificante (è questo il motivo per cui si aggiunge olio al motore). Da un punto di vista teorico non c’è un limite a quanto attrito posso eliminare: si può supporre che un motore ben tenuto, ben oliato e con parti meccaniche ben fatte si muova con pochissimo attrito, praticamente nullo.
Altro discorso per la dispersione di calore. Si potrebbe pensare di rendere Qced @ 0 coibentando (cioè rivestendo di materiale isolante) tutto il motore. Ma così facendo esso non potrebbe nemmeno funzionare! Infatti, guardate di nuovo la figura 3 mostrata più sopra: il Lavoro utile è dato dall’area compresa fra l’adiabatica D→E e l’adiabatica B→C. Affinché l’area sia più grande possibile, l’adiabatica B→C deve essere più bassa di D→E. E come si fa ad abbassare B→C? Semplice: quando il pistone ha raggiunto il punto E si espelle il gas caldo e il punto E si abbassa fino a C. Se non ci fosse espulsione di gas caldo i punti C ed E sarebbero esattamente congruenti e la compressione B→C sarebbe uguale ed opposta all’espansione D→E, senza alcuna produzione di lavoro utile.
Dunque: non è possibile avere Lavoro utile senza espellere gas caldo, cioè senza dispersione di calore. Ciò significa che il rendimento di un motore è sempre necessariamente minore di 1.
EFFICIENZA E CARATTERISTICHE DI UN MOTORE
Come si può diminuire Qced rispetto a Qass se il motore non può essere coibentato? C’è una sola strada: bisogna aumentare l’area del grafico P-V. E per fare questo o si aumenta la cilindrata dell’auto, cioè il volume di espansione, o si diminuisce il volume della camera di scoppio. Nel primo caso l’area si espande verso destra, nel secondo caso verso sinistra (guarda il grafico di figura 3 riportato qua sotto in figura 4).
Però non è possibile aumentare di tanto la cilindrata o ridurre troppo la camera di scoppio. Infatti:
se la cilindrata è troppo grande allora nel cilindro entra una grande quantità d’aria e benzina
se la camera di scoppio è troppo piccola, la miscela aria+benzina viene compressa molto.
Figura 4: Se voglio aumentare il Lavoro utile di un motore, posso o aumentare la cilindrata (sposto il volume finale da Vf a Vf’: E→E’ e B→B’) o diminuisco il volume della camera di scoppio: V0→V0’ (A→A’, C→C’, D→D’). Il Lavoro utile guadagnato è indicato dalle parti azzurre del grafico. |
In entrambi i casi, durante la fase di compressione B→C la temperatura della miscela aria+benzina salirebbe a valori così alti che la benzina si incendierebbe spontaneamente senza aspettare lo scocco della scintilla. Quest’effetto, chiamato detonazione, ha come conseguenza quello di generare un’esplosione all’interno della camera di scoppio che può danneggiare il motore. La detonazione nel motore avviene quando la miscela aria-benzina non esplode a causa della scintilla della candela ma perche la temperatura della camera è troppo alta. L'esplosione per detonazione produce un improvviso aumento di pressione nella camera di scoppio. Su motori di tipo "normali", non da competizione, se avviene la detonazione i danni sono minimi; essa può essere avvertita udendo un caratteristico rumore chiamato “battere in testa”. La detonazione su motori da competizione causa di solito la rottura del motore, cioè la distruzione del pistone (che di solito viene letteralmente bucato dell'esplosione), e i rimanenti pezzi che girano liberi per il motore (che ancora gira) distruggono il resto.
Per ovviare a questo fatto è necessario introdurre dei composti antidetonanti nella benzina in modo che essa sia in grado di sopportare alte temperature senza detonare. La vecchia benzina super usava il piombo; le benzine attuali, chiamate verdi, non hanno il piombo ma altri composti meno nocivi per l’ambiente.
Fonte: http://www.liceoagnoletti.it/attivita/attivita_professori/fisicafacile/Documenti/Soldi_MOTORE%20A%20SCOPPIO.doc
autore non indicato nel documento di origine del testo
IL MOTORE A SCOPPIO
Il motore a scoppio è costituito da un cilindro entro il quale scorre a tenuta un pistone, munito di biella e manovella, che trasforma il moto rettilineo alternato del pistone nel moto rotatorio dell’albero motore.
Nella parte superiore del cilindro è posta la testata, nella quale si trovano la camera di scoppio ed i condotti di aspirazione e di scarico per le relative valvole; nella camera di scoppio è disposta la candela che serve per l’accensione del combustibile mediante scintilla elettrica fatta scoccare tra gli elettrodi di cui è provvista; la posizione più alta che può raggiungere il pistone durante la sua corsa è detta punto morto superiore, mentre quella più è detta punto morto inferiore; il volume della camera cilindrica tra il punto morto inferiore e quello superiore costituisce la cilindrata che è uguale alla differenza tra il volume della camera cilindrica ed il volume della camera di scoppio.
In questi motori il combustibile impiegato è una miscela di vapori di benzina e di aria, preparata in un apposito dispositivo detto carburatore.
Il ciclo di lavoro di un motore a scoppio comprende la serie delle trasformazioni che subisce il fluido operante dall’istante in cui viene immesso nel cilindro a quello in cui viene espulso; a seconda che il ciclo si svolga in quattro o due corse del pistone, i motori si dicono a quattro tempi o a due tempi.
Nel ciclo teorico di lavoro in quattro tempi, detto ciclo di Beau de Rochas o ciclo otto, avvengono sei trasformazioni.
- Espansione isobara (aspirazione): man mano che il pistone si abbassa fino al punto morto inferiore, la miscela affluisce nel cilindro attraverso la valvola di aspirazione: il fluido occupa un volume via via crescente, mentre la pressione rimane pressoché costante ed uguale a quella atmosferica.
- Compressione adiabatica: le valvole sono chiuse ed il pistone, via via che sale, comprime la miscela nella camera di combustione.
- Esplosione a volume costante (scoppio): poco prima che il pistone termini la sua corsa verso il punto morto superiore si fa scoccare la scintilla fra gli elettrodi della candela: si produce così lo scoppio con rapido aumento della pressione mentre il volume rimane costante.
- Espansione adiabatica: i gas prodotti dalla combustione si espandono rapidamente spingendo il pistone in basso
- Espulsione a volume costante (scarico): poco prima che il pistone abbia raggiunto il punto morto inferiore si apre la valvola di scarico ed i gas, trovandosi ancora a pressione abbastanza elevata, vengono espulsi; la pressione scende rapidamente al valore di quella atmosferica mentre il volume rimane costante.
- Espulsione a pressione costante (scarico dei gas residui): il pistone, risalendo sino al punto morto superiore, espelle i gas residui; il volume diminuisce mentre la pressione si mantiene costante. Quest’ultima trasformazione chiude il ciclo.
LE SEI FASI DESCRITTE VENGONO DIVISE IN QUATTRO TEMPI:
- Primo tempo: ASPIRAZIONE;
- Secondo tempo: COMPRESSIONE e INIZIO COMBUSTIONE;
- Terzo tempo: FINE COMBUSTIONE, ESPANSIONE e INIZIO SCARICO;
- Quarto tempo: SCARICO dei GAS RESIDUI.
Il ciclo che abbiamo appena descritto è puramente teorico in quanto le trasformazioni non avvengono mai a pressione costante e a volume costante.
Ecco i componenti del motore a scoppio:
EOLO, L’AUTO AD ARIA COMPRESSA
Secondo il progettista, un ingegnere francese, sarà venduta dal giugno del 2002 a 18/20 milioni di lire. Eolo ha un motore di 567 cc a iniezione d’aria con 25 CV. Sotto il telaio ci sono delle bombole ad aria compressa che alimentano il motore e vengono riempite in quattro ore grazie ad un compressore elettrico che si attacca ad una normale presa di corrente da 220 V. Con un pieno la macchina dovrebbe percorrere 200 Km in città o viaggiare per dieci ore ininterrottamente.
L’AUTO AD IDROGENO
DALLO SCARICO SOLO VAPORE ACQUEO
Ecco il cuore dell’auto del futuro: una serie di piastre metalliche (celle a combustibile) al cui interno passano idrogeno e ossigeno. Dalla reazione di questi due elementi fuoriesce vapore acqueo e viene prodotta corrente per far funzionare il motore elettrico. In alcuni prototipi l’idrogeno viene immagazzinato sotto pressione ma è a rischio di esplosione. Altri usano il metanolo o la benzina: non li bruciano, ma ne estraggono l’idrogeno contenuto per inviarlo alle celle a combustibile.
RAFFREDDAMENTO
Per abbassare la temperatura delle celle a combustibile c’è il raffreddamento ad acqua, come sulle auto normali.
SILENZIOSA E PULITA
Il motore elettrico fa poco rumore e soprattutto non emette gas di scarico. Viene alimentato con la corrente prodotta dalle celle ma combustibile.
PRODUCE L’IDROGENO A BORDO
Questo voluminoso dispositivo estrae l’idrogeno dai liquidi in cui è contenuto: ad esempio il metanolo e la benzina.
EMISSIONI
Per i prototipi che usano metanolo e benzina c’è anche una piccola emissione di anidride carbonica, in dosi molto inferiori rispetto ai motori attuali. L’idrogeno sotto pressione, invece, elimina anche questo gas.
SERBATOIO O NO?
I prototipi di Opel Zafira e di Mercedes classe A hanno un serbatoio per la benzina o il metanolo, da cui viene estratto l’idrogeno. Altri (come Ford Focus e Fiat Seicento) hanno più sofisticati contenitori per l’idrogeno che può essere compresso o liquefatto.
MOTORE A DUE TEMPI
Il motore a due tempi è composto:
- IMPULSO BOBINA
- PIPETTA
- CAMERA DI SCOPPIO
- SPINOTTO
- LUCE DI SCARICO
- PISTONE
- VALVOLA LAMELLARE
- BIELLA
- MANOVELLA
- BASAMENTO
Presenta, rispetto al motore a 4 tempi, alcune differenze.
Le luci di ammissione e di scarico vengono aperte e chiuse non da valvole ma dal pistone stesso:
le fasi di aspirazione e di compressione si verificano durante la corsa discendente del pistone, quelle di combustione, espansione e scarico durante la corsa ascendente.
Non esiste coppa dell’olio, ma la lubrificazione viene effettuata da olio aggiunto al carburante.
Leggeri, poco ingombranti e di funzionamento molto semplice, questi motori trovano largo impiego nei motoveicoli di piccole cilindrate, nei ciclomotori, nelle piccole imbarcazioni e nelle piccole macchine agricole.
Nel motore a due tempi le operazioni di aspirazione e di compressione avvengono in una stessa fase:
Ed è la stessa cosa per le operazioni di espansione e di scarico:
Fonte: http://ipertestiscuola.altervista.org/educazione/motorescoppio.zip
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Motore a scoppio fasi e funzionamento
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