Sociologia del lavoro domande e risposte

 

 

 

Sociologia del lavoro domande e risposte

 

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Sociologia del lavoro domande e risposte

 

STRATEGIE DI COLLABORATORI ED INTERINALI:  Il mercato del lavoro è costituito da sogg che sul lavoro costruiscono la propria vita (identità professionale, personale, sociale) e dal lavoro traggono i mezzi di sussistenza. Ogni mutamento dei piani regolativi e delle caratteristiche dell’occupazione influisce sulle condizioni di vita di tali soggetti, sulle loro aspettative e le loro strategie. Negli ultimi decenni sono comparsi lavori instabili che non offrono garanzie inerenti la continuità del lavoro. Tra di esse si ricordano i collaboratori e gli interinali (introdotti dal pacchetto TREU del 97). Essi costruiscono strategie (garanzie informali) per assicurarsi continuità lavorativa in quanto il mercato del lavoro non la offre e il welfare state spesso non fornisce idonee protezione e sostegni.

-Gli interinali trovano aiuto presso le agenzie di lavoro che spesso sono in grado di fornire un flusso quasi continuo di missioni. Essi adottano precisi comportamenti per garantirsi la continuità:

*accettando tutte le commesse offerte

*svolgendo bene ogni missione affidata; ciò amplifica le possibilità di accesso a nuove missioni in base al processo cumulativo di fiducia

*costruendo competenze specifiche altamente richieste nel mercato del lavoro locale

-I collaboratori investono nelle risorse personali per:

*costruire reti di relazioni e contatti al fine di essere aggiornati e poter avere informazioni inerenti nuovi lavori disponibili

*costruire rapporti fiduciari che fungano da garanti di serietà ed affidabilità

Ciò è raggiungibile mediante idonei comportamenti:

  • rispetto dei tempi di consegna anche se stringenti
  • flessibilità e disponibilità negli orari e nell’accettare incarichi urgenti
  • risultati di qualità

Vi è poi la famiglia: Vivere in famiglia permette ad interinali e collaboratori di essere esonerati da più compiti e responsabilità, risparmiare tempo, ricevere protezione economica e poter continuare ad accettare commesse e commissioni senza rinunciare a proprie aspirazioni e tenori di vita.

TASSI  Per analizzare evoluzione e struttura del mercato del lavoro sono stati costruiti indici che permettono di mettere in luce variazioni e differenze dei valori che misurano le condizioni di occupato, disoccupato e inattivo:

TASSO DI ATTIVITA: dato dal rapporto tra forze di lavoro e popolazione tot (tasso lordo) o in età attiva (tasso netto) Esso misura il grado di partecipazione al lavoro di una popolazione. Possono essere costruiti specifici tassi di attività per genere, età e livello d’istruzione. Per i maschi adulti tale tasso resta costante e sfiora il 100% mentre per le fasce deboli (donne, anziani e giovani) tale tasso varia nel tempo e nello spazio

TASSO DI DISOCCUPAZIONE:dato dal rapporto tra sogg in cerca di lavoro e forze di lavoro. Misura quanti soggetti trovano lavoro ogni cento che lo cercano. Possono esse costruiti tassi di disoccupazione per fasce di età, genere e livello d’istruzione. Tale tasso sarà costruito usando una delle fasce o combinandone 2.

TASSO DI OCCUPAZIONE: dato dal rapporto tra soggetti occupati e popolazione tot (tasso lordo) o in età da lavoro (tasso netto). Tale tasso sta acquistando importanza nella misura in cui ne perde il tasso di disoccupazione più idoneo a misurare la situazione del passato quando si doveva calcolare la disoccupazione per lo più di maschi adulti.

I tassi lodabili di attività e disoccupazione possono essere lordi o netti a seconda che la popolazione posta al denominatore sia comprensiva o meno della quota di popolazione attiva. L’uso dei tassi lordi non genera gravi problemi se la quota di popolazione non in età attiva sul tot della popolazione resta costante o quasi. Tale assunto vale però per confronti non di lungo periodo e tra popolazione con composizione demografica simile.

OCCUPATO, DISOCCUPATO, INATTIVO  Il mercato del lavoro è popolato da occupati e disoccupati, gli inattivi sono gli esclusi da tale mercato. Occupato, disoccupato e inattivo sono etichette attribuite ai soggetti in base al loro comportamento e permettono una classificazione comprensiva di 2 operazioni logiche ed una pratica.

OCCUPATO è colui che svolge un attività lavorativa che non è mera attività fisica. Vi sono 3 criteri elaborati da Sen che se rispettati implicano lo stato di occupato. Il lavoro deve:

dare reddito, avere riconoscimento sociale e personale, produrre beni e servizi utili,

La comparsa di attività esterne fuori mercato rompe l’unità di riconoscimento del concetto di occupato; problema risolto combinando 2 dei 3 criteri di Sen: reddito e riconoscimento.

L’occupazione è così ricondotta a quella di mercato cioè quella che contribuisce a produrre reddito nazionale. Le norme internazionali riconoscono come occupato:

sogg che svolge un attività in vista di redditi/profitti per la propria famiglia; sogg con impiego salariato e/o con legame formale col proprio lavoro.

Si tratta di criteri idonei nel passato quando il lavoro stabile full time era la regola, oggi la situazione è mutata.

DISOCCUPATO condizione riconosciuta in presenza di 4 dimensioni che oggi sempre meno spesso compaiono in contemporanea: attività (ricerca di lavoro); attitudine (disponibilità a lavorare in base alla struttura delle opportunità offerte); condizione economica (assenza di reddito; necessità di reddito. Ve ne è poi una quinta: condizione amministrativa.

I confini tra i 3 stati sono labili e oggi sempre più persone più volte l’anno li attraversa. Si creano così figure sociali che stanno a cavallo/si incuneano tra i 3 stati. Lo strumento che nei paesi avanzati permette meglio di raccogliere informazioni sui 3 stati è l’indagine sulle forze di lavoro (schema monovalente gerarchico ove i 3 stati sono posti in scala e si escludono a vicenda). Esso combina: autoccolazione del sogg in uno dei 3 stati e suo effettivo comportamento. Si avranno:

OCCUPATI: dichiarati , in condizione professionale, nn in condizione professionale casalinghe studenti e pensionati che hanno lavorato almeno 1h la settimana precedente l’indagine

DISOCCUPATI: in senso stretto, in cerca di prima occupazione, casalinghe pensionati studenti che dichiarano di cercar lavoro

INATTIVI: sogg nn occupati ove non si riscontrano specifiche azioni di ricerca

CANALI DI RICERCA

Vi sono 5 dimensioni della ricerca: intensità, estensione, durata, grado di flessibilità e natura dei metodi scelti. Esistono diversi canali di ricerca e la scelta tra di essi dipenderà da: genere, età, livello istruzione, struttura delle opportunità offerte, contesto socioeconomico, disponibilità economica e tempistica ecc.

Polaniy effettua una distinzione tra metodi: comunitari, anonimi di mercato, istituzionali-pubblici.

METODI FORMALI: collocamento, concorsi pubblici, comunicazioni telefoniche e postali (curriculum, richieste di assunzione)

2 USI DEI GIORNALI: inserimento / risposta annunci

METODI INFORMALI: visite dirette a datori di lavoro, segnalazioni di amici, parenti, conoscenti (RETI SOCIALI)

Vi è poi internet coi suoi siti: di organizzazioni per l’intermediazione, nicchia per professioni e settori altamente specializzati, dei servizi pubblici per l’impiego (Francia e Germania) e di reclutamento delle multinazionali (Usa e Gran Bretagna)

Il canale più efficace sono le reti sociali e la possibilità di subentrare in un’attività indip. familiare. Gli economisti riconoscono il primato delle reti sociali per 2 motivi:

  • maggiore efficienza in rapidità e diffusione delle informazioni inerenti posti di lavoro vacanti e sogg in cerca di lavoro. (legami deboli di Grannovetter predominanti in quasi tutti i paesi Europei)
  • possibilità di garanzia mediante le reti sociali (per lo più famigliari ed amicali) di avere garanzia su serietà ed affidabilità del soggetto; generatori di reputazione. Ciò riduce i costi di reclutamento dell’impresa, evita i lunghi tempi di prova (gavetta), annulla le possibilità che il rapporto non vada a buon fine (legami forti predominanti in Italia, Grecia ed Asia)

La possibilità del sogg di trovare lavoro (e un buon posto di lavoro) sta nella sua capacità di smuovere il suo capitale sociale a prescindere che si tratti di legami forti o deboli. In Italia il mercato del lavoro è frammentato per cui le informazioni sono sempre utili perché costituiscono un bene raro inoltre le reti sociali tendono a favorire l’ingresso nel mercato del lavoro e ad influenzare il successivo percorso lavorativo.

LEGAMI  Grannovetter sottolinea il primato dei legami forti perché essi implicano solo una rapida e diffusa circolazione di informazioni inerenti a posti di lavoro vacanti e sogg in cerca di lavoro senza investire in relazioni di fiducia e reciprocità. Ciò che si scambia è l’informazione è non l’affidabilità del sogg. Essi sono tanto più efficaci quanto più diffusi e vasti. Si creano relazioni occasionali che gettano un ponte tra ambienti diversi. I legami forti invece implicano una circolazione delle informazioni limitata entro la ristretta cerchia di appartenenza del soggetto. La forza dei legami deboli sta:

  1. nello status dei sogg coinvolti nella relazione;
  2. nelle sufficienti e generiche informazioni per far incontrare domanda e offerta di lavoro.

Critiche riferite al punto 1 e 2:

  • funzionale solo se il sogg ha origini modeste e intrattiene relazioni con sogg di status più elevato perché permette la mobilita sociale; per i sogg di status elevato è più conveniente intrattenere relazioni con chi appartiene alla propria cerchia sociale
  • generiche informazioni oggi sempre più spesso non sono sufficienti perché la domanda richiede garanzie di affidabilità e fiducia che solo i legami forti sono in grado di garantire pienamente

I legami deboli predominano nei paesi europei tranne Italia e Grecia ove (come nei paesi asiatici) il predominio dei successi nelle ricerche di lavoro lo si ritrova nei legami forti.

DISOCCUPAZIONE E POVERTA’: I sociologi hanno studiato in che misura gli schemi di protezione evitano che chi è senza lavoro soffra anche di povertà oltre che di malessere psicologico. La Povertà pare discostarsi però dalla disoccupazione e trovare altre cause come: età avanzata, cattive condizioni di salute ecc. Negli anni 80 in Italia la fascia di sogg in cerca di lavoro caduti nella povertà è irrisoria infatti i ¾ di essi sono in cerca di primo impiego per cui per lo più giovani che vivono ancora nella famiglia di origine e dalla quale ricevono sostegno economico. In Italia infatti vige una disoccupazione da inserimento e i meno colpiti sono i maschi adulti con responsabilità familiari ovvero i capifamiglia, solo 1 su 5 è disoccupato e per lo più si trova in meridione. La relazione povertà – disoccupazione pare essere evidente ove il tasso di occupazione è basso e quello di disoccupazione alto: il nostro meridione con una disoccupazione di massa che coinvolge anche i capifamiglia, una radicata economia sommersa e scarsa capacità di creare posti di lavoro. E’ proprio al Sud che abbiamo la maggioranza dei disoccupati sotto la soglia della povertà solo che quest’ultima non è strettamente legata alla loro condizione di non occupati bensì alle condizioni economiche ove essi sono inseriti. Infatti lo scarto nel sud tra rischio di povertà dei disoccupati e rischio di povertà degli occupati è decisamente lieve.

DONNE + ISTRUITE + ATTIVE  La scolarità femminile cresce più di quella maschile e tali donne più istruite sono più attive delle meno istruite. Ciò è motivato da 2 spiegazioni opposte ma non incompatibili.

-teoria del capitale umano: gli economisti hanno affermato che le donne più istruite sono predisposte a trovare lavoro e in perdita di esso a cercarne un altro. Ciò perché + elevata è l’istruzione + alto è l’investimento in denaro, impegno e tempo e ovviamente si desidera vederlo fruttare (desiderio anche delle famiglie di origine delle donne in questione)

-scuola con funzione emancipatoria della donna: i sociologi hanno sottolineato che nella scuola le donne trovano nuovi valori e modelli di riferimento che le emancipano. Esse rifiutano la sudditanza verso i genitori prima e verso il marito poi e la condizione di casalinga. Ricercano autonomia mediante il lavoro retribuito in virtù del processo educativo (l’emancipazione meglio spiega la partecipazione della donna al lavoro)

Le maggiori differenze inerenti l’attività delle donne non la si riscontra all’ingresso nel mercato del lavoro, ma quando compaiono le responsabilità familiari. L’istruzione amplifica il capitale umano e le prospettive di reddito e autonomia. Le donne più istruite hanno più facile accesso delle meno istruite a posizioni qualificate e gratificanti inoltre presentano un attaccamento e una partecipazione al lavoro simile a quella degli uomini adulti e propendono al full time (che fornisce un reddito superiore a quello delle part time) e permette loro di fruire di sostegni esterni ai gravosi carichi familiari. Si ricorda che le differenze inerenti la partecipazione al lavoro tra meno istruite e più istruite tendono ad attenuarsi per l’effetto imitativo delle seconde sulle prime.

MODELLI DI PARTECIPAZIONE AL LAVORO DELLE DONNE: Per studiare la partecipazione femminile al lavoro per fasce di età lo strumento usato è Le curve dei tassi di attività per età:

  • negli anni 60 in Europa centro settentrionale le curve assumono un andamento bimodale ad M. Si tratta di una partecipazione abbastanza discontinua. Le donne entrano nel mercato del lavoro intorno ai 25 anni, escono da esso in corrispondenza alle responsabilità familiari e vi rientrano in età adulta (35-40)
  • in Europa meridionale la curva assume la forma ad L rovesciata. Si tratta di una partecipazione solo in giovane età. Le donne entrano nel mercato del lavoro intorno ai 24 anni e vi escono in corrispondenza delle responsabilità familiari

Poi si delinea il modello a campana con tetto lungo (simile a quello maschile) che si diffonde negli anni 80, ma che investe l’Europa meridionale solo negli anni 90. La partecipazione delle donne è continua ovvero entrano nel mercato del lavoro intorno ai 25 anni e vi restano fino all’età della pensione che avviene intorno ai 55 anni ovvero un po’ prima rispetto agli uomini. Oggi il modello a campana è il predominante ed investe in modo più pronunciato i paesi dell’Europa settentrionale rispetto a quelli meridionali perché in essi si sono affermati: part time, buoni servizi sociali e alla persona, idonee protezioni e sostegni, buon trattamento della maternità, forte aumento del terziario ecc.

SEGREGAZIONE: la segregazione è la concentrazione di donne in certi settori-occupazioni e per contro la loro esclusione da altri. La segregazione è il contrappasso che la crescita dell’occupazione femminile deve subire finchè la dinamica dell’occupazione sia tale da indebolire la concorrenza maschile e la cultura femminista sia largamente diffusa.

ORGIZZONTALE: riguarda il grado di concentrazione in dati settori o professioni e non implica una valutazione sulla loro desiderabilità. Vi sono attività percepite o creare per donne ovvero tipicamente femminile ove esse hanno più facile accesso e per contro aree per tradizioni maschili ove esse sono escluse. Si pensa che riducendo tale segregazione si avranno sempre vantaggi per le donne in realtà facilitare il loro accesso in settori maschili altamente gravosi può non essere un gran successo.

VERTICALE: riguarda la posizione di uomini e donne nei livelli gerarchici di una data professione-occupazione e implica un giudizio su eventuali squilibri. Se la segreg.orizzonatale viene meno per la maggiore istruzione delle donne che accedono a professioni tradizionalmente maschili la segr. verticale sussiste. Ciò perché le donne sono le ultime venute, valutate da supervisori uomini, hanno difficoltà ad integrarsi nei clan interni delle aziende tipicamente maschili e ad accedere a posizioni di potere per tradizione occupati da maschi. Esse accedono a tali professioni ma la loro carriera è bloccata (soffitto di cristallo) perché è legata a cooptazione e alla costruzione di reti sociali -…..in ambienti maschili.

FLESSIBILITA’:

FLESSIBILITA’ NUMERICA/ESTERNA: riguarda il grado di libertà con cui un’impresa adatta volume e caratteristiche professionali dell’occupazione all’andamento della produzione e dei mutamenti tecnologici. E’ caratterizzata da vincoli normativi, contrattuali e convenzionali che regalano licenziamenti e assunzioni. I vantaggi sono connessi a:

  • possibilità di usare rapporti di lavoro diversi da quelli a tempo indeterminato. Si tratta dell’esternalizzazione fisica mediante l’assunzione di lavoratori temporanei e part time che presentano un elevato tour over spontaneo. L’impresa si avvarrà di essi nei picchi produttivi (risparmio sugli straordinari del nucleo fisso) e in caso necessiti temporaneamente di competenze specifiche.
  • possibilità di esternalizzare fasi del ciclo produttivo in subappalto-fornitura ad altre imprese o lavoratori indip. (contratto d’opera). Ciò snellisce il processo produttivo. Ciò che si acquista è il risultato della prestazione.

Le 2 esternalizzazioni creano una fascia marginale-periferica di lavoratori (a scopo difensivo) di regola affiancata ad un nucleo fisso alla quale ci si rivolge in caso di necessità.

FLESSIBILITA’ FUNZIONALE/ORGANIZZATIVA:  riguarda la possibilità dell’impresa di spostare un lavoratore da un posto all’altro e di mutare i contenuti delle prestazioni. Gli obbiettivi sono perseguiti mediate strategia interna aziendale legata a: polivalenza professionale, frequenti mutamenti delle condizioni di lavoro, condizioni in positivo, assenza vincoli, E’ necessaria la garanzia della lealtà dei lavoratori: responsabilità, motivazione, impegno, coinvolgimento, affidabilità. Ciò è ottenuto offrendo loro un lavoro stabile (reddito certo) che da fine diviene strumento per aversi: polivalenza, gerarchia, lavoro di gruppo. salari poco differenziati legati a risultati collettivi. Si persegue non il successo personale ma quello dell’azienda che investe in un nucleo fisso di lavoratori in grado di soddisfare le richieste in base ai mutamenti di mercato

OPERAIO DEI SERVIZI: E’ una figura variegata. Il lavoratore manuale nel terziario svolge mansioni dequalificate e servizi per l’intera comunità. Concerne: produzione-offerta cibi, cura, assistenza, custodia, manutenzione ecc. Si avranno: facchini, estetiste, elettricisti, colf, badanti, commesse ecc. La mobilità ascendente (carriera) è nulla e vi è un elevato tour over dei lavoratori perché facilmente sostituibili. Essi presentano analogie e differenze col classico operaio industriale ovvero:

=: prestazioni a contenuto semplice, non sono richieste: capacità tecnico-sceintifiche, far di conto, leggere, scrivere. Status sociale/professionale tra i più bassi

¹: non è loro richiesto di sostenere orari di lavoro e condizioni lavorative gravose o disagiate

I soggetti più coinvolti sono:

giovani: vivono tali mansioni in un ottica per lo più temporanea, in attesa del posto stabile e del buon posto di lavoro. La loro identità personale non è coinvolta.

Donne in età avanzata: poco istruite, legate a stereotipi di genere,dedite alla famiglia, poco attaccate al lavoro. Vivono tali mansioni come integrazione del reddito che permette loro la doppia presenza. Lavoro retribuito secondario

Immigrati: vivono tali mansioni in ottica temporanea in virtù del progetto dominante che li caratterizza ovvero: a tempo e scopo definiti

MODELLI TERZIARIZZAZIONE: I processi di terziarizzazione sono diversi nei vari paesi Europei anche se tutti sono stati investiti dal medesimo mutamento tecnologico e dallo sviluppo socio economico. Paci combina 2 alternative (sogg produttori di servizi pubblici e privati; self service econmy e servizi finali privati) per delineare 3 modelli di terziarizzazione:

  • forte carico fiscale, servizi pubblici largamente diffusi: Per es in Svezia ove il carico fiscale è alto è ampia la diffusione del settore pubblico (supera 1/3 dell’occupazione). I servizi sociali sono buoni e liberano le donne dai gravosi compiti familiari. Alta è la partecipazione delle donne al lavoro anche grazie al part time e una buona protezione. Bassa l’occupazione nei servizi finali privati.
  • carico fiscale medio alto, più trasferimenti monetari alle famiglie che servizi sociali. Principali paesi europei soprattutto Francia e Germania, Anche l’Italia si avvicina molto. il welfare atate predilige trasferimenti monetari alle famiglie (invece di offrire servizi sociali), la partecipazione femminile al lavoro è bassa, vi sono poche nuclei unipersonali, forte è l’autoproduzione dei servizi in seno alla famiglia. Bassa occupazione nei servizi intermedi e nei servizi finali privati (in Italia al nord sono diffusi però servizi finali privati)
  • basso carico fiscale e servizi finali affidati ai settori privati: Giappone e Usa. In Usa la disoccupazione è bassa, alti sono i differenziali retributivi e basso il carico fiscale ciò implica: scarsi servizi sociali e disuguaglianza di accesso ad essi. La partecipazione femminile al lavoro è alta e anche le famiglie unipersonali, alta sarà la domanda dei servizi finali privati. Elevata occupazione nei servizi intermedi e nelle occupazioni professionali private.

RUOLO SERVIZI SUL TASSO DI OCCUPAZIONE: Maggiore è la terziarizzazione dell’occupazione più alta sarà l’occupazione di un paese. Infatti ove è alta la % di sogg in età da lavoro impiegati nei servizi elevato è il tasso di occupazione (rapporto tra occupati e popolazione in età da lavoro cioè tasso netto). I servizi permettono di aumentare l’occupazione soprattutto quelli sociali e alla persona e in modo particolare per le fasce deboli specialmente le donne. Maggiormente esse sono occupate minore sarà il loro tempo per autoprodurre servizi in seno alla famiglia. Ciò implica l’aumento della domanda di servizi esterni per sopperire i gravosi carichi familiari di cura, assistenza e lavori domestici. In tal modo si creano nuovi post di lavoro. I servizi infatti permettono la creazione di posti di lavoro nelle economie mature.

Col Consiglio di Lisbona del 2000 (Maastricht del lavoro) è stato delineato l’obbiettivo di raggiungere il 70%dell’occupazione in ogni paese europeo. Ciò significa non solo dare lavoro a chi lo sta cercando, ma anche coinvolgere nel mercato del lavoro anche coloro che non lo stanno cercando: gli inattivi, per lo più donne. Nei paesi ove l’obbiettivo è già stato raggiunto infatti ¾ delle donne sono occupate. Nel momento in cui le donne sono occupate si crea un circolo virtuoso che crea nuovi posti di lavoro. L’Italia è in ritardo, il tasso d’occupazione più alto lo hanno: Olanda, Danimarca.

BASSO TASSO OCCUPAZIONE ITALIA, DIFFERENZE TERRITORIALI,SERVIZI SOTTODIMENSIONATI: Maggiore è la terziarizzazione dell’occupazione più alta sarà l’occupazione di un paese. Infatti ove è alta la % di sogg in età da lavoro impiegati nei servizi elevato è il tasso di occupazione (rapporto tra occupati e popolazione in età da lavoro cioè tasso netto). I servizi permettono di aumentare l’occupazione soprattutto quelli sociali e alla persona e in modo particolare per le fasce deboli specialmente le donne. Maggiormente esse sono occupate minore sarà il loro tempo per autoprodurre servizi in seno alla famiglia. Ciò implica l’aumento della domanda di servizi esterni per sopperire i gravosi carichi familiari di cura, assistenza e lavori domestici. In tal modo si creano nuovi post di lavoro. I servizi infatti permettono la creazione di posti di lavoro nelle economie mature.

L’Italia è in deficit rispetto agli altri paesi perché presenta un tasso di occupazione basso e un sottodimensionamento dei servizi. Il nostro paese è unico per le sue caratteristiche infatti presenta 2 economie poco comunicanti e 2 processi di terziarizzazione:

CENTRO NORD: sovra-industrializzato, servizi privati finali diffusi e sottodimensionati quelli alla persona e sociali, buona capacità di creare posti di lavoro, discriminazione femminile e giovanile inferiore rispetto al Sud, tasso occupazione poco al di sotto rispetto alla media Europea

MERIDIONE: vuoto del settore industriale, bassa occupazione nel terziario e servizi diffusi per intervento pubblico, scarsa capacità di creare occupazione, radicata economica sommersa, disoccupazione di massa che investe anche i capifamiglia, tasso di occupazione basso e di disoccupazione alto, arretratezza economica e tecnologica.

La situazione italiana è legata al nostro Sud. Vi sono maggiori differenze circa il tasso di occupazione tra nord e sud Italia che non tra l’Italia e i paesi dell’Europa.

MODELLO FAMILISTA E ASSISTENZAILE, SUSSIDI: In Europa chi e senza lavoro solitamente riceve sussidi a sostegno del reddito. Vi sono 2 tipi di sussidio:

-assicurativo: forma di risarcimento per il danno subito dalla perdita di lavoro legato (per ammontare e durata) ai contributi versati dal lavoratore a prescindere dalla sua condizione economica. La sua proporzione è legata all’ultimo salario e di regola diminuisce al prolungarsi della disoccupazione. Tale sussidio è presente ovunque in Europa e vi sono paesi più generosi (nordici) e meno generosi (meridionali)

-assitenziale: finanziato dal sistema fiscale a chi si trova in uno stato di bisogno, modesto nell’entità rispetto al sussidio precedente, a tempo indefinito ovvero in base alla durata dello stato di bisogno, non è legato al passato lavorativo del soggetto ma alla sua condizione economica. Tale sussidio è garantito in tutti i paesi dell’Europa che presentano un modello assistenziale, negli altri tra i quali l’Italia vige il modello familista. Il nostro welfare state è poco generoso con il 1° sussidio (assicurativo) del quale non possono fruire la maggior pate dei nostri sogg in cerca di lavoro in quanto per lo più giovani privi di esperienze di lavoro per cui sono sogg non han versato contributi (disoccupazione da inserimento). L’Italia non prevede il 2°sussidio (assistenziale) enunciato e la funzione di sostegno viene svolta dalla famiglia ove vi è di regola almeno un reddito, quello dei capifamiglia meno soggetti alla disoccupazione, solo 1 su 5 è disoccupato. Il welfare state con scarse capacità di creare lavoro distribuisce l’occupazione in modo che ogni nucleo famigliare abbia almeno un reddito sicuro ciò evita conflitti e tensioni sociali.

MODELLI DI DISOCCUPAZIONE:

DA INSERIMENTO;Interessa Italia, Spagna, Portogallo, Grecia. Coinvolge i sogg in cerca di primo impiego ovvero i giovani. Essi sono inoltre interessati anche dalla disoccupazione di lungo periodo. Si tratta di una discriminazione inerente l’entrata nel mercato del lavoro ma una volta superata la fase di accesso le possibilità di perdere il lavoro e di non trovarne un altro diminuiscono. I maschi adulti sono i meno soggetti alla disoccupazione (capifamiglia)

INDUSTRIALE;Gran Bretagna. Coinvolge maschi adulti ex occupati con responsabilità familiari, la discriminazione giovanile non è alta; le donne sono più occupate degli uomini

EQUIDISTANTE;Svezia, Austria, Germania, Danimarca. La disoccupazione investe in modo abbastanza equidistante le varie fasce di forza lavoro. Bassa/nulla discriminazione femminile e giovanile

DISCRIMINANTE;Francia, Belgio, Olanda; coinvolge donne adulte ex occupate con responsabilità familiari

POSIZIONE DISOCCUPATO IN FAMIGLIA: Si entra nella condizione di disoccupazione passando da quella di occupato o inattivo. Si avranno rispettivamente disoccupazione in senso stretto o in cerca di primo impiego.

Nei paesi mediterranei soprattutto in Italia, Spagna, Grecia e Portogallo si ha una disoccupazione da inserimento che investe i giovani in cerca di primo impiego ovvero i figli che sono anche più soggetti alla disoccupazione di lungo periodo che presenta 2 dimensioni predominanti: giovane età, senza esperienze di lavoro. I capifamiglia ovvero i padri saranno meno occupati, elevata è anche la discriminazione delle donne: giovani perché in cerca di primo impiego e poi adulte perché con responsabilità familiari (madri e mogli). Ciò riguarda in parte l’Italia e in modo più pronunciato Francia, Belgio e Olanda ove si ha una disoccupazione discriminante. In Germania con la disoccupazione industriale sono i capifamiglia ovvero padri e coniugi ad essere investiti dalla disoccupazione. Ciò denota che ove i figli sono più disoccupati i padri lo sono meno e viceversa (distribuzione disoccupazione padri-figli). Si è inoltre notato che ove il capofamiglia è occupato è possibile che la donna non lo sia (distribuzione disoccupazione tra coniugi) ma se il marito è disoccupato vi sono alte probabilità che lo sia anche la moglie come se la disoccupazione andasse in coppia.

GIOVANI + DISCRIMINATI: L’Italia presenta na disoccupazione da inserimento, i sogg coinvolti saranno quelli in cerca di primo impiego ovvero i giovani. Inoltre essi sono investiti anche dalla disoccupazione di lungo periodo che presenta 2 dimensioni predominanti: giovane età, assenza esperienze lavorative. La domanda che più discrimina i nostri giovani è relativa a piccole imprese private a bassa innovazione. Ciò avviene perché i giovani:

  • sono privi di esperienze lavorative altamente richieste nel nostro mercato del lavoro ove ciò che conta è la memoria del passato e una buona socializzazione al lavoro
  • le imprese sono convinte di poter trovare produttività, serietà, affidabilità, maturità psicologica in maschi adulti con responsabilità familiari e forti necessità di reddito. Essi inoltre sono facilmente assoggettabili mentre un giovane con alle spalle genitori che lo proteggono economicamente può implicare che il rapporto di lavoro non vada a buon fine
  • le microimprese italiane sono arretrate dal punto di vista organizzativo e tecnologico presentano un innovazione adattiva e imitativa. I nostri giovani più istrutiti rispetto al passato invece sono propensi all’innovazione e al cambiamento…..ciò non è richiesto
  • se un soggetto è sovrascolarizzato per le mansioni poco qualificate tipiche italiane è possibile che avanzi pretese o scarsa produttività legata alla demotivazione
  • i giovani non hanno relazioni sociali formate mediante alle esperienze lavorative che possono garantire per loro
  • la disoccupazione giovanile fa meno scandalo e crea meno conflitti sociali e politici perché i giovani tanto sono coperti dalle famiglie.

DISOCCUPAZIONE INTELLETTUALE: In Italia la disoccupazione viene definita come giovanile ed anche come intellettuale perché vi sono moti più diplomati e laureati rispetto al passato in stato di disoccupazione. Negli ultimi 50 anni la scolarità delle nuove generazioni è considerevolmente aumentata. La nostra disoccupazione è da inserimento ovvero investe i sogg in cerca di primo impiego cioè giovani senza esperienze lavorative più istruiti rispetto al passato. Ciò significa che la nostra disoccupazione è prima di tutto giovanile e da essa poi discende il carattere intellettuale. Si pensa che l’alta scolarità sia un ulteriore ostacolo alla possibilità di trovare lavoro. la domanda inoltre è mutata nel senso che si ha sorta di slittamento verso l’alto dei livelli di reclutamento per occupazione che restano sostanzialmente le stesse. Praticamente domanda e offerta sono mutate e anche abb.velocemente ma le aspettative dei soggetti no. Tali aspettative sono strettamente legate alla relazione titolo di studio- relativa posizione lavorativa; si tratta di una convenzione sociale legata alla dimensione culturale che è quella che muta più lentamente e difficilmente. Il fenomeno della disoccupazione intellettuale è transitorio, di passaggio in una società come la nostra, ove le aspettative non si sono ancora adeguate, la domanda concerne per lo attività a bassa qualifica rispetto all’istruzione dei sogg. Vi è un eccesso di forza lavoro istruita che non deriva dall’alta scolarità italiana anzi siamo in deficit rispetto al resto dell’Europa. Ciò è legato al fatto che anche se i giovani istruiti italiani sono demograficamente inferiori rispetto a quelli di più paesi Europei restano sempre troppi per la nostra domanda che non riesce a soddisfare le loro aspettative. Spesso infatti si verificano lunghe attese per il posto di lavoro idoneo al titolo di studio.

GIOVANI POCO PROPENSI AL LAVORO INDIPENDENTE: Il lavoratore indipendente è colui che svolge un lavoro per proprio conto e dovrebbe poter organizzare la propria attività senza vincoli ovvero in autonomia. La categoria del lavoro indipendente è eterogenea ma la popolazione che la svolge è abbastanza omogeneo: maschi adulti in età avanzata, per lo più capifamiglia con esperienze lavorative precedenti solitamente in piccole imprese. I giovani sono meno interessati da tale tipologia di lavoro per ovvi motivi:

  • privi di esperienze lavorative precedenti non hanno un capitale per avviare un attività indipendente ne per fronteggiare i rischi ad essa connessi
  • privi di precedenti esperienze nel mercato del lavoro non hanno adeguate reti sociali (clientela) per aver successo con  un attività indipendente inoltre non hanno ne una socializzazione al lavoro per sapere come funziona il mercato ne una reputazione di affidabilità e serietà

Infatti commercianti e imprenditori sono per lo più 50enni ed anche i professionisti si aggirano su quella età. In verità però ai tradizionali lavori indipendenti si affiancano nuove figure di lavoratori in proprio con elevata istruzione, 30enni. Sono i nuovi lavori indipendenti giuridicamente ma sempre meno dal punto di vista organizzativo

ECCESSO GIOVANI ISTRUITI=SPRECO FORZA LAVORO ISTRUITA: Negli ultimi 50 anni è fortemente aumentata la scolarità delle nuove generazioni. Nelgi anni 70 la teoria del capitale incentivò l’istruzione a favore dello sviluppo economico poi la scuola divenne un’area di parcheggio, una sorta di baby sitting che tratteneva i giovani per evitare il loro riversamento nel mercato del lavoro e il conseguente eccesso di forza lavoro con annessi conflitti sociali e politici. Giunti al rigonfiamento della popolazione studentesca essa si pone nel mercato del lavoro come sovra-scolarizzata rispetto alle opportunità offerte dalla domanda. Effettivamente avviene questo però non perché l’Italia ha un elevato tasso d’istruzione anzi siamo in deficit rispetto aglii altri paesi Europei. I nostri giovani istruiti sono demograficamente meno rispetto a quelli della maggior parte dei paesi Europei ma sono comunque troppi per il nostro paese caratterizzato da una domanda orientata ad attività a bassa qualifica ed un’economia poco dinamica legata all’innovazione imitativa ed adattiva…..ove scarsa è la capacità di crare posti di lavoro. Si genera così un effetto endemico: spreco di forza lavoro istruita.

LAVORO INDIPENDENTE DIFFUSO IN ITALIA. In Italia è nata l’idea (illusoria) di un crescente aumento dell’occupazione indipendente pura. Ciò è dovuto alla maggiore attenzione posta all’emergere di nuovi lavoratori indipendenti i professionisti delle imprese e dei servizi senza però accorgersi della scomparsa di più attività indip. tradizionali: piccoli esercenti, coltivatori diretti ecc. Accanto ai lavoratori indip tradizionali (imprenditori, professionisti, coadiuvanti, lavoratori in proprio) si affianca una nuova figura di lavoratore indip giuridicamente ma spesso non indip sul piano organizzativo. Più che di ripresa delle piccole imprese si deve parlare quindi di rinascita del lavoro in proprio che però semrpe più spesso assume caratteristiche simili al lavoro dipendente. L’Italia resta comunque il paese delle piccole imprese di proprietà privata. L’affermazione preponderante italiana del lavoro indip è legata a + fattori:

  • impossibilità di fare carriera (mobilità ascendente) con lavoro dipendente
  • eccesso offerta lavoro che si auto-soddisfa mettendosi in proprio in mancanza di alternative
  • welfare state poco generoso nei confronti dei disoccupati (e non solo)che si auto-sostengono il reddito avviando un attività in proprio
  • radicato spirito d’iniziativa e più che ottime capacità artigianali e relazionali
  • floridi e vivaci distretti industriali su base quasi comunitaria e predominio microimprese
  • successo spesso fondato sulle reti sociali più che sulle capacità come se conta più chi conosci che cosa conosci

ESPLOSIONE LAVORO TEMPORANEO: La forma di lavoro che più funge da cuscinetto per le piccole imprese è il lavoro temporaneo (contratti a termine e interinale). Esso si è affermato negli anni 70, poi negli anni 80 è retrocesso e si è riproposto negli anni 90 anche in Italia. Si può parlare di una vera e propria sostituzione del lavoro stabile con quello temporaneo solo per 2 anni ovvero durante la crisi del 92-93. In crisi infatti le poche imprese che assumono lo fanno con contratti a termine per tutelarsi. Il lavoro temporaneo comunque a continuato a sussistere e i motivi principali sono:

  • pacchetto Treu del 97 che introduce il lavoro interinale, riforma l’apprendistato poi esteso sino ai 29 anni, rende più agevole in ricorso al part time
  • legge 30/2003 che esclude più limiti nel ricorso al lavoro interinale
  • aumento della necessità di conoscenza nel rapporto di lavoro presuppone lunghi periodi di prova (gavetta) spesso effettuati con contratti a termine che accentuano il precariato giovanile e femminile perché lo istituzionalizzano con: contratti a 0 ore, apprendistato, formazione, interinale, a tempo determinato ecc.

DA DOVE E CHI EMIGRA I flussi migratori degli anni 60 sono dovuti alla crescita della domanda di lavoro dai paesi di arrivo ovvero quelli di vecchia industrializzazione. Oggi i flussi migratori paiono essere legati a condizioni economiche, politiche, demografiche…..una sorta di fuga verso la sopravvivenza. Tale idea è superficiale così come lo è attribuire il flussi migratori ad uno squilibrio tra vuoto e troppo pieno. A livello macro non si emigra dai paesi più poveri ma da quelli con uno sviluppo intermedio, svantaggiati ma non sfiniti dalla povertà. La teoria del sistema mondo sostiene che i maggiori flussi migratori sono dovuti ad un processo di sviluppo che distrugge i tradizionali mezzi di sussistenza e crea aspettative che non può soddisfare. A livello micro non sono i più poveri ad emigrare (maggioranza della popolazione stremata dalla povertà) bensì coloro che, secondo un processo selettivo, possiedono le risorse materiali, culturali, personali per affrontare rischi, fatiche e difficoltà di un viaggio. Si tratta per lo più di soggetti che si percepiscono in uno stato di deprivazione relativa e scelgono di emigrare con la prospettiva di una mobilità sociale ascendente e di un obbiettivo raggiungibile solo nel paese di arrico. Le scelte sono quindi individuali ma ma anche familiari di appartenenti al ceto medio che vedono nell’emigrazione di un loro componente la possibilità di far fronte al rischio di impoverimento relativo.

ECONOMIA SOMMERSA ATTIRA IMMIGRAZIONE: L’economia sommersa non è la causa ma l’effetto dell’immigrazione. Essa si è diffusa prima dell’arrivo degli immigrati (soprattutto in meridione) ed ha assunto il ruolo di attrattiva nei loro confronti in virtù delle opportunità di lavoro e dei guadagni offerti. Tale “attrattività” è legata all’immagine del paese di arrivo percepito come: ricco, aperto, con possibilità emancipatorie per tutti ove facile è trovare lavoro e poter guadagnare anche senza permesso di soggiorno. Si tratta di un’immagine alimentata da chi è partito prima ma anche da media e cinema.

Avere una florida economia sommersa incrementa l’arrivo degli immigrati che col lavoro in nero possono guadagnare di più senza pagare tasse e contributi; in tal modo il loro obbiettivo e potenzialmente raggiungibile in minor tempo inoltre sono esonerati dalla complessa burocrazia italiana che va dal ricordarsi innumerevole scadenze al rinnovo dei permessi di soggiorno che sono sempre + frequenti a causa della legge Bossi Fini di centro destra del 2003. Inoltre l’economia sommersa è perfettamente compatibile con l’ottica temporanea dell’attuale migrazione che è un progetto a scopo e tempo definito, Quindi l’economia sommersa non è nata a causa degli immigrati perché è precedente al loro primo arrivo però essi contribuiscono + che ampiamente a tenerla in vita.

LAVORO NERO VOLONTARIO O NO Il lavoro nero è svolto x lo + da giovani, donne e anziani. E’ però errato pensare alla coincidenza tra economia sommersa e fasce dell’offerta considerate deboli. Nn tutti i lavoratori in nero infatti sono deboli:

- alcuni hanno iniziato come subordinati in nero poi sono diventati indipendenti regolari

- x + giovani il lavoro irregolare è una fase di passaggio verso un lavoro stabile. Un periodo di prova.

- alcuni hanno già un’attività regolare e godono di protezioni e garanzie che essa comporta. Magari svolgono 2° lavoro in nero x motivazioni di realizzazione ecc.

I lavoratori che hanno solo un’attività irregolare xò nn sono tutti privi di tutela previdenziale e assistenziale come accade x immigrati e giovani. La pox di combinare il lavoro nero con benefici assistenziali erogati dallo Stato è frequente. Pensionati, cassaintegrati e disoccupati hanno x es interesse a nn regolarizzare la propria posizione lavorativa x conservare il sussidio percepito.

 

 

Fonte: http://www.scienzeturismo.it/wp-content/uploads/2009/05/domande-risposte-di-sociologia-del-lavoro.doc

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