Le scarpe
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Le scarpe
Le Scarpe
“Compagne di vita!
La storia:
Le calzature nella preistoria:
E' impossibile stabilire con precisione quando i nostri antichi progenitori abbiano cominciato ad indossare un qualche tipo di calzatura atto a proteggere il piede durante la marcia su terreni accidentati e a tenerlo caldo e/o asciutto in periodi di cattivo tempo.
Ciò perché queste scarpe primitive, presumibilmente consistenti in pelli non conciate assicurate al piede da laccioli dello stesso materiale o in suole di fibre vegetali intrecciate fermate al piede con lo stesso sistema, non hanno resistito alle ingiurie del tempo ed, essendo costituite da materiali organici, si sono decomposte senza lasciare traccia nei giacimenti archeologici.
Limitando la nostra trattazione ad un periodo brevissimo della storia dell'evoluzione dell'uomo, il pleistocene superiore che si fa convenzionalmente iniziare circa 110.000 anni fa, non sappiamo se l'uomo di Neanderthal vissuto in tali epoche, abbia protetto i piedi con calzature del tipo sopra descritto anche se si sa di certo che apparteneva ad una stirpe di cacciatori di animali anche di grossa taglia e che possedeva raschiatoi di selce nel suo corredo di utensili.
Si può quindi presumere che possa aver usato le pelli degli animali cacciati per proteggere il corpo dall'inclemenza del tempo.
Qualche supposizione più fondata su questo argomento possiamo tentarla prendendo in considerazione i più antichi esemplari conosciuti di "Homo sapiens sapiens" , tipo cui appartengono tutte le razze tuttora viventi nella zona temperata ove è comparso da circa 30.000 anni.
Si tratta dell'uomo di Cro-Magnon i cui resti sono stati rinvenuti in questa ed altre località della Dordogna associati ad utensili molto evoluti.
Aveva una capacità intellettuale superiore a quella dell'uomo di Neanderthal, viveva su di un territorio che si estendeva dalla Europa occidentale all'Iran praticava attività di caccia e raccolta ed ha lasciato manufatti di pietra, ma anche di corno ed osso, di animali quali la renna il cavallo ed il mammut.
Tra questi attrezzi molti sono i punteruoli in pietra o osso che servivano a forare le pelli, gli aghi d'osso per cucirle, le lame in pietra atte alla scuoiatura ed i raschiatoi usati per rimuovere dalle pelli i residui di carne e grasso.
Tutto ciò fa pensare che con le pelli, non si sa se e come conciate, egli confezionasse anche protezioni per il piede.
Risalgono a circa 15.000 anni le prime raffigurazioni di calzature indossate da figure umane in dipinti rupestri spagnoli.
Facendo riferimento a periodi a noi più vicini, (dagli 8.000 ai 4.000 anni fa) i nostri antenati cominciarono a fare vita più sedentaria, impararono ad addomesticare gli animali, a coltivare la terra e ciò può aver incentivato l'uso di pelli a scopo calzaturiero.
Nel sito archeologico dell'Oregon (U.S.A.) denominato Fort Rock Cave sono stati rinvenuti sandali confezionati con corteccia di Sagebrush (pianta del genere Artemisia) risalenti ad un periodo che si estende dal 9.000 al 7.000 a.C.
In quello denominato Arnold Research Cave in Missouri (U.S.A.) sono stati trovati 16 esemplari di sandali e mocassini fatti con fibre vegetali intrecciate e 2 con pelle riconducibili ad un periodo di tempo che va dal 6.000 a.C. al 1.000.
In Israele, nei pressi di Gerico, in un sito a nome "Caverna del guerriero",sono stati rinvenuti i resti di un individuo di sesso maschile inumato all'incirca 4.000 anni a.C. (periodo calcolitico); del corredo funebre faceva anche parte un paio di sandali in cuoio con la suola "forma a piede"dalla punta arrotondata e leggermente rialzata; la tomaia è costituita da una specie di contrafforte munito nella parte superiore di fessure nelle quali passavano delle strisce di cuoio che servivano ad
assicurarlo alla caviglia e che partivano dai lati rialzati della punta.
Nei pressi della cittadina spagnola di Albunõl situata in provincia di Granada, l'archeologo Manuel de Góngora esplorò nel 1.857 la grotta chiamata cueva de los Murciélagos che conservava all'interno una tomba risalente al 4° millennio a.C.
I 69 scheletri che conteneva indossavano copri capi, abiti e sandali di sparto.
Un'altra prova della supposizione che gli uomini preistorici, a partire quantomeno dal quaternario, producessero già rudimentali, ma efficienti calzature, ci è stata data dal rinvenimento sul ghiacciaio del Similàun, in Alto Adige, dei resti mummificati di un uomo che le analisi al C-14 hanno fatto risalire al 3.300 a.C.; al momento del ritrovamento egli indossava oltre ad un abbigliamento atto a proteggerlo dal freddo delle alte quote, i resti di una sorta di gambali con suola in pelle non conciata d'orso e tomaia costituita da strisce in pelle non conciata di capra con finiture in pelle di cervo rinforzate da cordicelle d'erba ritorta; i gambali erano imbottiti di fieno onde isolare meglio il piede dal freddo; tomaia e suola erano tenute assieme da strisce di pelle non conciata.
Dal punto di vista costruttivo si tratta di un tipo di calzatura chiusa abbastanza anomalo per il periodo in esame in quanto assemblato da suola e tomaia separate e di diverso materiale, mentre quasi tutti i reperti riferibili a quest'epoca, in ogni parte del mondo, consistono in scarpe fatte con un unico pezzo di pelle adattato intorno al piede e assicurato ad esso per mezzo di un laccio di pelle.
Le calzature degli egizi: Le notizie che conosciamo sulle calzature usate dagli abitanti dell'antico Egitto le abbiamo apprese soprattutto dallo studio dei numerosi reperti archeologici che ci sono pervenuti, statue, bassorilievi, pitture tombali, papiri e pergamene.
Tutto questo si è conservato in buono stato a causa del clima molto secco e/o della protezione offerta dalla sabbia ai materiali in essa sepolti per cui sono stati preservati anche reperti organici come tessili, cuoi, pelli e legno che in altre parti del mondo sono stati distrutti da processi putrefattivi.
Sappiamo che gli Egizi conciavano le pelli trattandole con oli vegetali e grassi animali; esse venivano pulite con raschiatoi dai residui di grasso e carne dopo di che erano tese su telai ed immerse in un bagno di materie grasse per un certo periodo; dopo essere state ritirate dal bagno, mentre erano quasi asciutte, venivano battute con mazzuoli di legno per far penetrare la concia nelle fibre della pelle che assumeva un aspetto scamosciato.
Essi, però, conoscevano anche la concia con prodotti tannici sembra estratti dai baccelli dell' acacia arabica.
I popolani andavano per lo più scalzi, mentre gli uomini di rango elevato portavano le calzature, quasi sempre fuori di casa anche come segno di distinzione sociale, prova ne è il fatto che esisteva la carica onorifica di "portatore di sandali" al seguito del Faraone o di nobili, al cospetto dei quali bisognava presentarsi scalzi; in ogni caso il clima egiziano rendeva necessario l'uso di scarpe aperte come i sandali e i popolani, probabilmente per il loro costo elevato, tendevano a risparmiarne il più possibile l'uso e quando dovevano andare lontano li portavano in mano o appesi a un bastone e li calzavano all'arrivo.
Era abbastanza raro che li portassero le donne.
Alcune statuette d'argilla, risalenti al periodo predinastico (ca 3.500 a.C.), raffigurano uomini indossanti solo l'astuccio penico ed i sandali e fin da questo periodo si usava posare il piede sulla sabbia o la terra bagnata onde ricavarne una specie di stampo dal quale trarre le misure per le suole di quelli.
Nella paletta di Narmer (ca 3.000 a.C.), tavoletta in scisto per i cosmetici del trucco rinvenuta a Ieracompoli (attuale Kom al Ahmer) e conservata al museo egizio del Cairo, nella quale è raffigurato il Faraone Narmer unificatore dell'alto e basso Egitto, è scolpita anche la figura di un portatore di sandali reale; in questa tavoletta é raffigurata una delle più antiche immagini di calzature egizie mentre geroglifici con il significato di sandali iniziano ad apparire verso il 2.000 a.C.
Nella tomba del visir Rekh-mi-Re, vissuto al tempo della diciottesima dinastia (circa 1.450 a.C.), è effigiato un calzolaio con i suoi attrezzi intento a fare un paio di sandali.
I sandali egizi potevano avere la suola di legno (vedi fig.1), di cuoio (vedi fig.2), di papiro, di giunco (vedi fig.3) o di foglie di palma intrecciate, talvolta rivestite di tela (vedi fig.4), che veniva assicurata al piede con il sistema dell' "infradito" nel quale una striscia di pelle, fissata alla suola, passava tra l'alluce e le altre dita circondando il collo del piede; in epoche posteriori al 1.300 a.C. cominciarono ad essere portati modelli con la punta rialzata (vedi figg.4 - 5)
Il materiale più usato per confezionarli era il papiro, sotto forma di fibre intrecciate, abbondante e quindi poco costoso e la loro modelleria non è cambiata molto nel corso della millenaria era egizia.
Ai sacerdoti era imposto d'indossare solo sandali fatti con le fibre di questa pianta.
Al British Museum di Londra è esposto un paio di sandali (vedi fig.6) rinvenuti a Beni Hasan nella tomba di Sebekhetepi probabilmente funzionario del locale governatore e vissuto nel periodo del medio regno (ca 2.125 - 1.795 a.C.).
Hanno le suole in legno di cedro di un modello molto attuale, la così detta "forma piede", con le strisce di pelle a infradito colorate con gesso bianco.
Poiché facevano parte del corredo funerario del defunto, essendo addirittura posati sul coperchio del sarcofago interno a livello dei piedi delle mummia considerate la struttura leggera non adatta all'uso quotidiano e la mancanza d'usura, si ritiene che, in questo particolare caso, essi dovessero servire al proprietario solo per l'uso nel regno dei morti.
Nello stesso museo é un paio di sandali da bambino rinvenuti a Tebe, risalenti al periodo del nuovo regno (ca 1.550 - 1.069 a.C.) (vedi fig.7) caratterizzati dall'avere le suole cucite con cordino di fibre di papiro.
La disposizione delle cinghiette in pelle che assicurano le suole al piede riproduce il simbolo dell'"Ankh", rappresentazione della vita; l'anello in cima al simbolo è la cinghia che contorna la caviglia, la traversa è costituita da quelle laterali fissate alla suola, la parte verticale è la striscia che parte dal collo del piede e giunge allo interstizio tra l'alluce e il dito seguente. (vedi fig.8)
Le pianelle raffigurate in una statua maschile dell'8° dinastia (ca 1.350 a.C.) (vedi fig.9) facente parte delle collezioni del British Museum di Londra, hanno suole appuntite, in cuoio o in legno e le cinghie passanti attorno al dorso del piede sembrano essere imbottite.
I sandali dei maggiorenti potevano essere finemente decorati con pietre dure e perline ed avere persino le suole e le cinghie d'oro; nella tomba del faraone Tutankhamon ( morto nel 1.349 a.C.), sono state rinvenute due sue statue a grandezza naturale indossanti sandali d'oro mentre in un cofanetto sono stati trovati sandali di papiro e giunco.
Sulle suole dei sandali del faraone talvolta venivano incise o dipinte le immagini dei suoi nemici in modo che egli potesse calpestarle continuamente.
Ai Musées Royaux d'Art et d'Histoire di Bruxelles è esposta una suola di sandalo, risalente all'epoca tolemaica ( 332-30 a.C.), in foglia di palma e giunco intrecciati cuciti ai bordi con un cordoncino vegetale. (vedi fig. 9 bis)
Al Kunsthistorisches Museum di Vienna è esposto un paio di solette in giunco intrecciato che venivano poste ai piedi della mummia come componenti del corredo funerario (vedi fig. 9 tris).
Venivano anche usate delle specie di pantofole con la punta rialzata confezionate con foglie di palma intrecciate (vedi fig.5); proviene dall'antica città di Antinoopolis in Egitto (odierna Shaykh Abadah) e risale al 3° - 4° sec.d.C. la pianella in cuoio nero con decorazioni in porpora conservata al British Museum di Londra (vedi fig. 10)
Le calzature egizie erano prive di tacchi, facevano eccezione quelle indossate dai macellai che li avevano onde evitare che chi le indossava si sporcasse i piedi con il sangue delle bestie uccise.
Poiché molti modelli di sandali avevano la suola rigida, in legno o metallo prezioso, abbiamo notizia da papiri che trattano di medicina che gli Egiziani soffrivano spesso di mal di piedi.
le calzature dei greci: già nel neolitico il territorio greco era abitato e dall'inizio del secondo millennio a.C. fu invaso da popolazioni di ceppo indoeuropeo come gli Ioni, gli Etoli ed i Dori che diedero inizio alla civiltà micenea, fondarono città quali Micene, Atene Sparta, Argo, Delo e Tirinto e la diffusero in tutto l'Egeo e sulle coste dell'Asia minore.
Queste popolazioni furono in contatto con i popoli mesopotamici, con i Fenici e popolarono con colonie, oltre l'Asia minore, il Bosforo, il mar Nero, la Sicilia e l'Italia meridionale (Magna Grecia) e furono influenzate da queste raffinate civiltà anche per quanto riguarda la foggia delle calzature.
Quello che sappiamo su di esse, sulla concia delle pelli e cuoi destinati a confezionarle e sul mestiere di calzolaio ci giunge da testimonianze letterarie e da reperti archeologici quali statue e vasi con figure dipinte, ma in nessun scavo greco si è trovata traccia di impianti di conceria.
Un vaso rodio (Pelike1), conservato presso l'Ashmolean Museum di Oxford, ci mostra una scena di calzoleria: un calzolaio taglia con un trincetto un pezzo di cuoio secondo la forma del piede di un ragazzo che sta in piedi sul deschetto.
Le pelli venivano conciate con allume e quelle trattate con esso erano molto apprezzate e quindi costose, con materie grasse quali il grasso di maiale o la morchia d'olio che le rendevano assai morbide, con estratti tannici derivati da vegetali ricchi di questa sostanza come foglie di more, corteccia di alcune conifere, scorze di melograno, ghiande, radici e bacche di vite selvatica, frutti dell'acacia egiziana e corteccia di quercia.
Alcuni di questi prodotti conciavano solamente, altri contemporaneamente coloravano e/o rassodavano e/o sbiancavano.
Le pelli lavorate in Grecia generalmente provenivano dalle regioni bagnate dal Mar Nero, dalla Cirenaica ed in seguito anche dalla Sicilia e dall'Asia Minore dove, come è risaputo, erano stanziate numerose colonie greche.
Molto spesso la concia era fatta dai calzolai stessi, ma esistevano anche concerie per così dire industriali ed il mestiere del conciatore, a causa delle esalazioni poco gradevoli che emanavano dagli impianti, godeva di poca reputazione e ciò vale anche presso tutte le altre civiltà antiche.
Omero ci informa nell'Iliade (Nel canto IV viene descritta una donna che calza dei sandali) e nell'Odissea dell'esistenza e dell'uso di molti oggetti in cuoio e pelle: scudi, elmi. otri, cinghie e pelli indossate come vestiario, ma in queste epoche più antiche i Greci, militari compresi, andavano soprattutto scalzi e solo in periodi posteriori cominciarono ad usare le calzature pur continuando a restare scalzi tra le pareti domestiche.
Fonti letterarie ci fanno sapere che i Cretesi portavano stivaletti di cuoio bianco o di camoscio alti fin sopra la caviglia che i guerrieri di Orcomeno usavano stivaletti di cuoio rosso e che quelli di Micene calzavano sandali corredati da gambali in cuoio scuro.
Nel VII mimiambo2 di Eronda, poeta greco del III sec. a.C., è un dialogo tra il calzolaio Cerdone, la procacciatrice di affari Metrò e due clienti che ci fa conoscere la grande varietà e raffinatezza delle calzature femminili in uso in età ellenistica.
Infatti vi sono citate scarpe di Sicione o d'Ambracia gialle o verdi, scarpe senza tacco, pianelle, pantofole, scarpe ioniche, scarpe alte, scarpe da notte, scarpe aperte, scarpe rosse, scarpe argive, scarpe da giovinetto e scarpe da passeggio.
Le prime calzature ad essere usate furono le Upodémata costituite da una suola di cuoio, di legno o di sparto assicurata al piede da corregge di pelle che si evolsero nei Sandalia (vedi fig.15); un modello di Sandalia erano i Krepidoi (vedi fig. 16) portati da ambo i sessi in viaggio, con il cattivo tempo e per fare lunghi tragitti in condizioni difficili; quelli femminili erano di pelle più morbida, potevano essere colorati, per lo più in giallo ed avere alte suole di sughero per guadagnare qualche centimetro in statura; solo un uomo libero poteva portare una Krepis con la linguetta intagliata.
Le Embádes erano stivaletti usati sia dagli uomini che dalle donne e avevano la tomaia completamente chiusa; quelle di Sicione erano generalmente di colore bianco mentre quelle laconiche erano rosse e quelle femminili potevano essere decorate da ricami in fili d'oro.
Il sandalo raffigurato nella fig.17 è parte di una statua (ca. 350 a.C.) del British Museum di Londra raffigurante, forse, il satrapo di Caria Mausolo e prove- niente dal suo mausoleo di Alicarnasso.
I modelli di sandali delle figg.18 - 19 sono tratti da bottiglie di terracotta in forma di piede esposte al British Museum e provenienti da Samo (ca 575 - 550 a.C.)
La Krepis raffigurata alla fig. 20 è un modello effigiato su una statua del VI sec. a.C. del museo archeologico di Siracusa ed ha uno stile sorprendentemente attuale.
Le calzature femminili potevano essere decorate da applicazioni in metallo e colorate anche con la porpora.
Le Ninfides erano calzature bianche decorate indossate dalle spose.
Esisteva anche una sorta di scarpe più pesanti adatte ad uso militare o a chi dovesse percorrere terreni accidentati chiamate Koila upodémata (vedi fig. 21) con suola anche chiodata e parti di tomaia che ricoprivano il tallone e i lati del piede e che erano tenute allacciate da corregge incrociate sul dorso dello stesso.
I sandali raffigurati nella Fig.22 appartengono ad una statua romana del 2° secolo d.C. copia di una statua greca proveniente dal tempio d'Apollo a Cirene e conservata al British Museum di Londra.
Gli Endromides erano stivaletti maschili che arrivavano fino a mezza gamba tenuti aderenti alla gamba da corregge di cuoio mentre gli Akatioi erano scarpe dalla punta rialzata, probabilmente di derivazione ittita.
I Kothornoi, di derivazione orientale, avevano una spessa suola di cuoio ed una tomaia in pelle morbida alta al polpaccio ed allacciata sul davanti della gamba con corregge rosse e furono introdotti da Eschilo nelle rappresentazioni del teatro tragico; i Kothornoi teatrali avevano una suola molto alta, ispessita da strati di sughero e l'altezza, fino ad un decimo della statura, variava a seconda dell'importanza del personaggio che li indossava in modo che dei ed eroi apparissero più alti dei comuni mortali; gli attori comici indossavano invece le Embádes.
I cavalieri usavano stivali con lo sperone.
Senofonte ci informa che i calzolai univano suole e tomaie con tendini animali e che seguivano una procedura standardizzata nell'assemblaggio delle calzature.
Esisteva una norma di galateo per la quale chi avesse dovuto partecipare ad un banchetto doveva raggiungere il luogo ove era stato invitato con le calzature ai piedi per non insudiciarli troppo, ma, giunto nell'androne della casa, se le sarebbe tolte per permettere ad uno schiavo di lavargli i piedi prima di salire sul letto della sala da pranzo.
Molte teorie sono state elaborate per cercare di spiegare le origini degli Etruschi, la più seguita li fa originari delle coste della Lidia nell'attuale Turchia, ma anch'essa è tutta da verificare e da dove abbia avuto origine questo popolo resta pur sempre un mistero.
Essi popolarono ampie zone dell'Italia, dalla pianura padana alla Toscana e il Lazio fino alla Campania, dove vennero in contatto con i Greci, per finire di essere assimilati dai Romani.
Le notizie che conosciamo sulle loro calzature ci giungono dalle pitture che decorano le tombe nelle necropoli prevalentemente toscane e laziali o da statue bronzee, fittili e in pietra della medesima provenienza.
Diversi personaggi raffigurati in questi ipogei portano scarpe con le punte rialzate simili a quelle ittite e ciò può avvalorare la teoria sulle origini orientali degli Etruschi.
Nella fig.23 è rappresentato un modello di tali calzature tratto da un cippo proveniente da Chiusi e conservato al British Museum di Londra (490 - 470 a.C.) e della stessa origine è il modello effigiato nella fig.24 che potrebbe rappresentare un predecessore delle calzature romane chiamate Perones anche se quelle avevano sul dorso del piede un'apertura allacciabile con stringhe di cuoio. (vedi cap.6°)
La fig. 25 ci mostra un paio di sandali facenti parte di una statua rinvenuta nella tomba di Iside a Vulci (ca 570 -560 a.C.) che portano ancora traccia dei pigmenti rossi con i quali erano colorati.
Venivano usati anche sandali come quelli indossati dai danzatori della tomba del triclinio o a quelli portati dal suonatore di flauto della tomba dei leopardi entrambe a Tarquinia.
Le calzature dei romani: Roma sorse come insediamento di pastori e contadini sulle pendici del Palatino intorno al 750 a.C.
I suoi abitanti furono, fin dalle origini, in contatto con i popoli vicini più evoluti quali gli Etruschi e i Greci della Magna Grecia e ne subirono l'influsso mutuando da essi anche i fondamenti della tecnica e dell'artigianato per cui i primi Romani che si dedicarono alla concia delle pelli e alla fabbricazione di calzature impararono da quelli i processi produttivi.
Plutarco ricorda che già nel periodo regio gli addetti alle lavorazioni di cuoio e pelli erano organizzati in una corporazione che, come altre, fu regolamentata dai leggendari re Numa Pompilio e Servio Tullio; queste corporazioni, precorritrici delle "arti" medioevali, agirono durante tutto il periodo repubblicano e ricevettero nuove regole da Giulio Cesare (100 a.C. - 44 a.C.) tanto che, nel foro di Ostia, esiste un mosaico che illustra le attività dei "Coriarii" ossia degli artigiani che si occupavano delle lavorazioni di cuoio e pelli.
La tecnica conciaria romana è sufficientemente conosciuta , non solo per mezzo di testimonianze letterarie ed epigrafiche ma anche a causa di ritrovamenti archeologici che hanno permesso, ad esempio, di riportare alla luce una conceria coperta dalle ceneri e dai lapilli del Vesuvio durante l'eruzione che seppellì Pompei nel 79 d.C. o di rinvenire in torbiere nordiche e in siti molto asciutti del medio oriente frammenti di pellame che è stato possibile analizzare.
I Romani conciavano le pelli con l'allume, con materie grasse e con prodotti vegetali contenenti tannino come il sommacco (Rhus coriaria), le noci di galla, la corteccia di quercia, quella di pino e le scorze di melograno importate dall'Africa.
Le pelli potevano anche essere conservate per lunghi periodi con il metodo della salatura appreso dai Galli e dai Germani.
Le prime calzature usate dai Romani furono le Soleae; si trattava di primitivi calzari costituiti da suole di cuoio allacciate alla gamba con corregge di pelle che, in seguito, finirono per essere indossate solo in casa come i Socci che erano pedule di feltro colorate usate anche dagli attori comici.
Con l'evoluzione della socialità, le scarpe finirono per diventare, anche per i Romani, un elemento caratterizzante dello status di chi le indossava.
Ecco perché, per uscire, i cittadini di rango elevato usavano i Calcei (vedi fig. 26) in abbinamento con la toga o l'abbigliamento militare; consistevano in suole senza tacco di uno spessore di circa 5 mm. corredate da tomaie in pelle morbidache ricoprivano tutto il piede; dai lati di ogni suola partivano due larghe strisce che si incrociavano e venivano annodate sul dorso del piede mentre altre strisce più sottili potevano partire dal tallone, si avvolgevano sulla caviglia per circa 15 cm. e vi venivano annodate lasciandone pendere le estremità a volte decorate da fibbie d'avorio a mezzaluna.
I Calcei portati dai senatori (Calcei senatorii) erano di colore nero, quelli delle più alte cariche civili erano rossi ed esistevano anche i Calcei ripandi (o Calcei uncinati) dalla punta rialzata probabilmente di derivazione etrusca.
Nella stele funeraria del calzolaio Caio Giulio Elio risalente al 1° sec. a.C. esposta a Roma nel polo museale della centrale Montemartini (Musei capitolini) sono scolpiti un esemplare di calceo ed uno di caliga. (vedi fig. 37 tris)
Nello stesso museo si può ammirare il gigantesco piede di una statua della "Fortuma huiusce diei" alta 8 metri scolpita nel 101 a.C. da Skopas, scultore greco attivo a Roma, calzata con un sandalo "infradito", probabilmente un modello di Krepis e ciò ci fa supporre che anche le matrone romane indossassero calzature di quella foggia. (vedi fig. 37 quater)
In occasione di cerimonie i patrizi indossavano i Mullei (vedi fig.27); si trattava di Calcei di colore rosso dalla suola molto spessa in modo da innalzare la statura di chi li calzava come testimoniano Plinio e Svetonio.
La fig.28 tratta da una statua di Settimio Severo (146 d.C. - 211 d.C.) proveniente da Alessandria ed esposta al British Museum di Londra mostra un paio di Mullei caratterizzati dalla mancanza delle strisce di pelle che, dai lati della suola, si incrociavano sul dorso del piede per poi avvolgersi intorno alla caviglia ed esservi annodate.
Sia i Calcei che i Mullei erano scarpe costose, complicate, difficili da indossare e scomode, per cui, nella vita di tutti i giorni, si portavano sandali (vedi fig.29) con le suole fissate ai piedi con svariati sistemi basati su cinghie di pelle.
I sandali femminili di appartenenti alle classi agiate potevano essere decorati da ricami, perle e pietre preziose e, addirittura avere le suole d'oro o d'argento.
Un tipo di sandali d'origine greca erano le Crepidae (vedi fig.30) atte anche alla marcia su terreni difficili , quelle femminili erano dette Crepidulae.
Potrebbero essere un modello di Crepidae le calzature della fig.31 che fanno parte di una statua dell'imperatore Adriano (76 d.C. - 138 d.C.) proveniente dal tempio d'Apollo a Cirene ed esposta al British Museum di Londra.
Lo stesso vale per il modello illustrato nella fig. 31 bis, finemente decorato con motivi a foglie d'acanto, tratto dalla riproduzione di una statua in bronzo dell'imperatore Settimio Severo (146 d.C. - 211 d.C.) esposta ai Musées Royaux d'Art et d'Histoire di Bruxelles dove si trova anche un calamaio portatile romano in bronzo trovato a Willemeau (Belgio) che riproduce fedelmente un Pero (vedi fig. 33).
Le donne portavano anche calzari (vedi fig.32) simili a scarpe basse attuali, ma senza tacco.
I popolani ed i contadini indossavano altri tipi di calzature; i più usati erano i Perones (vedi fig.33), scarpe dalla suola senza tacco con una tomaia in pelle alta alla caviglia allacciata sul dorso del piede con fibbie o stringhe e che potevano essere indossate sul piede nudo o interponendo una specie di calza in feltro.
I militari, fino al grado di centurione, i contadini e chiunque dovesse percorrere lunghi tratti su terreni accidentati portavano le Caligae (vedi fig.34); erano scarpe dalla pesante suola senza tacco chiodata con bullette (clavi caligares) tanto che nelle sue satire Giovenale commiserava chi avesse posto il piede sotto la suola di un soldato; ai militari veniva corrisposta un 'indennità detta "clavarium" onde potessero sostenere la spesa necessaria alla sostituzione dei chiodi delle caligae.
La tomaia era simile a quella dei Perones, ma senza apertura affibbiabile, come quella di uno stivaletto moderno. Sul bordo superiore, per aiutarsi a calzarle, erano praticate, davanti e dietro, due fessure a mezzaluna e, poiché era fatta di cuoio molto spesso e quindi rigido, la punta era aperta onde evitare di ferire le dita con lo sfregamento.
Per assicurare meglio queste scarpe al piede e per irrobustirle ulteriormente, la tomaia era attraversata da una serie di corregge ed era dotata di rinforzi, alleggeriti da fessure, nel tallone.
I lati della suola erano collegati da una striscia di pelle che passava sopra il dorso del piede; altre due strisce più strette univano la tomaia con la suola verso la punta ed erano tenute distanziate da una striscia trasversale posta all'altezza dell' apertura sulla punta stessa.
Da questo modello di calzatura prese il soprannome l'imperatore Caligola (Gaio Cesare Germanico 12d.C. - 41d.C.) che lo ebbe dai legionari comandati dal padre sul Reno.
Le Carbatinae ( vedi figg.35 -37) in cuoio grezzo e con la tomaia ricavata da un unico pezzo di pelle erano anch'esse adatte alla marcia su terreni difficili e quindi soprattutto usate dai militari.
Le Gallicae erano una variante delle Carbatinae proveniente dalla Gallia.
Le Ocreae (vedi fig.36) erano degli stivaletti alti al polpaccio allacciati sul davanti da stringhe incrociate.
Proviene dagli scavi di Qasr Ybrim in Egitto lo stivaletto militare databile 1° sec. a.C. - 1° sec d.C. (vedi fig.37) esposto al British Museum di Londra ove è definito come una Caliga; è stato confezionato con un unico pezzo di cuoio alla quale è stata aggiunta la suola ed era tenuto allacciato al piede a mezzo di stringhe di pelle passanti attraverso le fessure di cui sono munite le cinghiette collegate alla tomaia.
Probabilmente apparteneva ad un soldato membro della guarnigione romana che stazionava in quella località.
A Colonia, in Germania, è stato rinvenuto uno stivaletto di modello analogo che differisce da quello sopra citato per non avere nella tomaia le fessure che permettevano una certa aerazione del piede, ciò per evidenti motivi climatici! (vedi fig. 37 bis)
Gli schiavi ed i proletari usavano zoccoli di legno detti Sculponeae e i campagnoli gli Udones costituiti da suole rettangolari munite di lunghe cinghie di cuoio che le assicuravano ai polpacci protetti da pezze di lana e/o pelli d'ovino, in sostanza gli antenati delle Ciocie!
Apuleio, nelle sue Metamorfosi (VII, 27), afferma che i sacerdoti della dea siriana Atargatis indossavano calzature di colore giallo.
Nell'editto di Diocleziano del 301 d.C. (Edictum de pretiis venalium rerum), calmiere che elencava meticolosamente anche i prezzi massimi di vendita di tutti i generi di consumo, sono menzionati almeno 20 tipi di calzature come: Calcei patricii, Calcei senatorii, Caligae equestres, Caligae muliebres, Campagi, Urinae.
I Campagi erano calzature militari mentre le Urinae erano sandali femminili in pelle bovina.
All'epoca del tardo impero (V - VI sec.) le matrone romane portavano zoccoli dorati o stivaletti di cuoio che scricchiolavano ad ogni passo, ce lo dice San Gerolamo che stigmatizza questa moda troppo frivola.
Nel libro XIV, legge 2 "de abitu quo uti oportet intra orbem" del codice teodosiano (435 -438 d.C.) emanato da Teodosio II il giovane, imperatore d'oriente (401 d.C. - 450 d.C.) si legge che gli augusti Arcadio e Onorio proibiscono a Roma l'uso delle Zanche che, a quel tempo, dovevano essere una sorta di stivaletti o scarpe.
Le scarpe romane potevano essere lucidate con la cera d'api ed avere vari colori; per il nero si usavano sali ferrosi e/o estratti tannici, il giallo si otteneva dallo zafferano, l'azzurro era ricavato dal guado (Isatis tinctoria), le scarpe di lusso erano colorate di rosso con la porpora o con l'Oricello (Roccella tinctoria) che era meno costoso.
Le tomaie erano cucite con filo di lino ed erano unite alle suole con strisce di cuoio, tendini o budello ritorto.
I Romani usavano togliersi le scarpe durante i banchetti ed anche prima di entrare nelle terme e ci è pervenuto un mosaico che era situato all'ingresso di una di esse che raffigura la scritta augurale "Benelava" ed un paio di pianelle a infradito per ricordare agli utenti di togliersi le calzature e di recuperarle all'uscita.
Nell'"Ars amandi" di Ovidio (43 a.C. - 18 d.C.) leggiamo che le aristocratiche romane attribuivano un valore di grande sensualità alle calzature strette e fascianti.
- Con la caduta dell'impero romano (476 d.C.), l'Europa piombò in un periodo di oscurantismo.
Fu ripetutamente invasa dai barbari che si spostarono nei suoi territori, debolmente o per nulla presidiati , alla ricerca di terre e di saccheggio, ma che, venendo a contatto di una civiltà superiore, a poco a poco ne assimilarono gli elementi.
Anche le conoscenze tecniche relative alla concia delle pelli e alla fabbricazione di calzature, dopo aver subito un calo, dovuto al marasma in cui era caduta la compagine statale romana, tornarono ad evolversi, avvalendosi anche degli apporti mutuati dai popoli invasori.
Ciò che conosciamo su di esse ci è pervenuto sia da riferimenti letterari sia dall'esame di reperti rinvenuti soprattutto in tombe.
Dal sec. VI al sec. X
- I LONGOBARDI Erano una popolazione di stirpe germanica stanziata originariamente in Pannonia che nel 568 d.C. scese in Italia sotto la guida del re Alboino ed occupò Lombardia, Emilia, Toscana, Umbria e Campania costituendovi ducati i cui capi eleggevano un re residente a Pavia, capitale del regno.
Sotto Agilulfo ( 591 - 616) dall'arianesimo si convertirono al cattolicesimo ed il re Rotari emanò nel 643 un editto contenente norme consuetudinarie del diritto longobardo adattate al diritto latino.
Il loro regno finì con Desiderio (756 - 774) sconfitto da Carlo Magno re dei Franchi (742 - 814).
Lo storico longobardo Paolo Diacono ci informa che usavano calzature aperte fin quasi all'alluce fissate al piede da lacci incrociati dette Hosis sulle quali, per cavalcare, infilavano delle uose in lana dette Tubrugos.
I FRANCHI Erano un popolo germanico originario delle rive del medio e basso Reno da dove poi passarono nei territori dell'impero romano in Germania Belgio e Francia.
In Francia, sotto Clodoveo (466 - 511), primo re della dinastia merovingia, prese forma la compagine statale e la popolazione si convertì al cristianesimo, ma fu solo sotto il fondatore della dinastia carolingia Pipino di Héristal (640 - 714) che i Franchi diedero inizio a quella che diventerà la nazione francese.
In tombe di epoca merovingia furono rinvenute fibbie in metallo ad aghetto usate per chiudere sia le calzature che le uose.
Eginardo, cronista Franco, narra che Carlo magno (742 - 814) calzava, nelle solennità, scarpe tempestate di gemme.
Un modello di calzatura franca fu rinvenuto nelle tomba di Bernardo, figlio di Pipino, re d'Italia, morto nell'818 quando il sepolcro fu aperto nel 1.618; sono calzari alti al polpaccio con tomaia in cuoio rosso ornata da strisce di pelle e suola in legno e con apertura dal dorso alle dita del piede, tenutevi aderenti con legacci.
Le illustrazioni della bibbia di Carlo II il calvo (823 - 877) mostrano scarpe simili a pantofole allacciate fino alla caviglia e proprio in questo periodo, vengono di moda le calzature à la Poulaine, dette anche Pigaces (vedi figg.43-44), con una punta che, all'inizio, era al massimo lunga come la metà del piede, ma che, in seguito divenne talmente lunga da rendere difficoltoso il camminare ed era imbottita con muschio, peli animali o lana; talvolta terminava bizzarramente a coda di pesce, di serpente o a pungiglione di scorpione.
Le Poulaines dapprima erano portate solo dai nobili come scarpa da guerra e quando la lunghezza delle punte crebbe, nel sec. XIV furono emanate leggi che ne fissavano le misure per nobili, borghesi e popolani anche se erano indossate sopratutto dai primi mentre i comuni cittadini portavano scarpe dalla punta arroton- data.
Si dice che questa moda sia stata introdotta dal conte Fulco D'Angiò che aveva la necessità di nascondere un piede deforme, ma, in realtà, come abbiamo visto nei capitoli precedenti, esisteva già fin dai tempi dei Sumeri e degli Egizi e, forse furono i crociati ad importarla in Europa.
La moda attecchì anche tra gli ecclesiastici tanto che S. Pier Damiani (1.007 - 1.072) ne condannò l'uso.
Il termine francese Poulaine significa "(punte di) scarpe alla polacca" e ciò si spiega con il fatto che l'uso di tali calzature si era esteso anche alla Polonia tanto che in Inghilterra, a partire dal 1.367, esse furono anche chiamate Crakows.
GLI ANGLOSASSONI Gli Iuti, gli Angli ed i Sassoni erano tribù germaniche che, dai loro stanziamenti nello Schleswig e sulla costa frisona, verso la metà del 400 d.C. invasero e colonizzarono L'Inghilterra fondando reami che furono gradualmente esautorati dai Normanni.
L'esame di reperti archeologici ha dimostrato che queste popolazioni non facevano distinzione tra scarpe maschili e femminili, tutt'al più quelle femminili potevano essere ornate da una striscia ricamata dall'apertura alla punta.
Le calzature erano confezionate cucendo assieme suola e tomaia sul rovescio delle pelli o unendole con corregge (metodo di assemblaggio detto "A tomaia risvoltata, in inglese "Turnshoe Technique") e normalmente erano alte alla caviglia, con la punta arrotondata, senza tacco ed allacciate con cordoncino o stringhe. Non venivano usati chiodi e, verso la metà del IX sec., ne comparvero anche di dotate di una linguetta triangolare chiuse da una fibbia a barretta.
Erano usati anche modelli di pantofole basse, sandali del tipo tardo romano, calzature di pelli non conciate ed altre fatte con un unico pezzo di pelle.
Il sistema di costruzione sopra citato fu importato in Inghilterra dai Sassoni verso il 5° sec. e, a poco a poco, soppiantò quello usato dai Romani che consisteva, tra l'altro, nel cucire le tomaie con spago e di fissarle alla suola con strisce di pelle mentre i Sassoni usavano corregge di pelle non conciata.
Molti vocaboli in inglese arcaico fanno riferimento alle calzature di quest'epoca, ma non è chiaro a quale particolare tipo.
La parola "Scoh" potrebbe indicare la scarpa in generale o uno stivaletto alla caviglia o una pantofola; "Swiftlere"e Staeppescoh" sono scarpe a pantofola di pelle non conciata alte alla caviglia; " Hemming, Rifeling, Socc " (quest'ultimo di derivazione chiaramente romana, vedi cap. 6°) indicano scarpe fatte con un unico pezzo di pelle; "Crinc e Calc" sono sandali a strisce.
I NORMANNI (VICHINGHI) Erano popolazioni d'origine germanica viventi nell'area scandinava che dall'VIII al XI secolo si espansero notevolmente in Europa, spostandosi soprattutto per mare, essendo abilissimi navigatori.
Stabilitisi in Francia, dove nel 911 Rollone fondò il ducato di Normandia, si convertirono al cristianesimo.
Nel 1.066 Guglielmo il conquistatore occupò l'Inghilterra mentre in Italia meridionale alcuni cadetti di nobili famiglie si impossessarono di vasti territori, tolti ai Bizantini, che furono unificati da Roberto il Guiscardo (1.015 - 1.085) che tolse la Sicilia agli Arabi e da Ruggero II re di Sicilia dal 1.130.
Si può ragionevolmente affermare che usassero calzature simili a quelle degli Anglosassoni e, verso il 1.150, dopo la conquista dell'Inghilterra, adottarono, per un breve periodo, tacchi arrotondati e punte aguzze mentre cominciava ad essere usato il metodo di giunzione di tomaia e suola a mezzo del guàrdolo probabilmente importato in Europa del nord dai Crociati.
Nelle raffigurazioni dell'arazzo di Bayeux che descrive lo sbarco in Inghilterra, calzavano scarpe chiuse allacciate munite di speroni che, in inverno, erano foderate di pelliccia.
Il cronista inglese Orderico Vitale (1.075 - 1.143) che nella sua opera Historia ecclesiastica ci ha lasciato una ricca documentazione sui Normanni cita le "Pigaciae" e le "Pigatiae"
VENEZIA Nella "vita di Orseolo, doge di Venezia" (928 - 987) si legge che il doge indossava delle Zanghe, che, a quel tempo, dovevano consistere in una sorta di stivali atti a riparare piede e gamba.
CALZATURE ECCLESIASTICHE I sacerdoti cattolici indossavano, in questo periodo, sandali chiusi con tomaia in cuoio che proteggeva il tallone e la punta delle dita legati al piede con corregge.
In un suo editto Carlo magno impose agli ecclesiastici di indossare solo semplici sandali durante la celebrazione della messa.
XII
Continuò la moda delle Poulaines che ebbero punte sempre più lunghe, talune dal tallone alla punta misuravano più di 90 cm., per cui, onde evitare d'inciampare, le punte venivano assicurate alle gambe con legacci o catenelle.
REGNO NORMANNO DI SICILIA A Vienna sono conservati dei sandali appartenuti alla regina Costanza moglie dell'imperatore di Germania Enrico IV (1.050 - 1.106) che hanno ricamata sulla tomaia una sirena.
Nella stessa città, al Kunsthistorisches Museum, è esposto un paio di calzari usati per le incoronazioni dei principi del Sacro Romano Impero; la tomaia è costruita in pelle e tessuto nei colori crema e rosso ed è decorata da riporti i pietre dure e canotiglia (.Nei sarcofagi reali della cattedrale di Palermo sono stati rinvenuti alcuni esemplari di calzature; in quello di Enrico VI (1.165 - 1.197) erano scarpe con tomaia in seta decorata da oro e perle e con suola in sughero rivestita di seta; in quello di Federico II ( 1.194 - 1.250) stivaletti con tomaia in seta recante il ricamo di una cerva e suola in sughero rivestita di seta.
VENEZIA I Veneziani praticavano la concia vegetale con estratti dal sommacco e dal rovere, quella con allume di rocca e quella con materie grasse.
I calzolai erano riuniti nella corporazione dei "Caleghéri e Zavateri" (calzolai e ciabattini) che comprendeva anche alcune categorie speciali di calzolai come quella dei "Solarii" che facevano esclusivamente suole per scarpe e calze solate (vedi sotto Valdesi) o quella dei " Patitari" che facevano zoccoli detti Patitos; la corporazione imponeva ai suoi membri il rispetto di una serie di norme a tutela dei diritti dei clienti.
I Patitos avevano tomaia in pelle di montone e suola alta ed erano usati in tutt'Italia, sia in campagna che in città, per non rovinare e sporcare le calze solate (vedi sotto Valdesi) con il fango delle strade non lastricate.
Le donne veneziane indossavano in questo periodo zoccoli detti Socchi e Zanghe; ambedue i modelli potevano avere la suola in legno o in sughero, ma quelli con suola in sughero, in virtù delle norme a tutela della clientela sopra citate, dovevano avere la tomaia in cordovano cioè in pelle di capra molto morbida conciata al tannino, mentre quelli con suola in legno potevano avere la tomaia in pelle di montone
I VALDESI Erano seguaci di un movimento religioso sorto in Francia nel 1.175 che prese nome da Pietro Valdo mercante di Lione, il quale, in un certo momento della sua vita, decise di donare ai poveri tutte le sue ricchezze e di vivere secondo le regole del Vangelo; dapprima furono tollerati dalla Chiesa cattolica ma quando decisero di far svolgere attività pastorale anche dalle donne, furono tacciati d'eresia e perseguitati, specie dopo il 1.532 quando aderirono alla riforma protestante.
Nel sec.XII passarono in Svizzera dalle zone di confine tra Piemonte e Francia in cui erano stanziati e tornarono in Piemonte nel 1.689 quando il duca di Savoia glielo permise e ne tollerò le pratiche religiose.
I loro uomini incominciarono nel XII secolo ad indossare le Calze solate, chiamate in francese Haut de chausses, una sorta di calzamaglia di tessuto munita di una protezione alla pianta del piede sotto forma di suola in cuoio che rendeva superfluo l'uso delle scarpe.
CALZATURE ECCLESIASTICHE In questo periodo il Papa calzava pantofole dette Sandalia; ce ne sono pervenuti due esemplari, uno con tomaia in seta blu, l'altro in seta rossa e dorata.
Con i paramenti liturgici si calzavano Udones e Caligae con tomaie in lana, lino o seta di colore bianco.
Ai Musées Royaux d'Art et D'Histoire di Bruxelles è esposto un paio di sandali liturgici di manifattura italiana, provenienti dall'abbazia di Stavelot (Belgio). Hanno la tomaia in cuoio rosso decorata da ricami in filo d'oro ed applicazioni in pelle dorata.
XIII
Continuò in tutta Europa l'uso delle Calze solate e delle Poulaines :
FIRENZE In quella città la maggior parte delle attività di commercio, artigianato, manifattura, ma anche l' esercizio di professioni quali quelle di medico notaio etc., erano organizzate in corporazioni che avevano il nome di "Arti"; ne esistevano 21, divise in Arti maggiori, mediane e minori.
I calzolai facevano parte di una delle 5 Arti mediane mentre i conciatori appartenevano ad una delle 9 Arti minori.
Mentre molti commercianti ed artigiani del cuoio o della pelle esercitavano i loro mestieri in botteghe di legno situate sul Ponte Vecchio, i conciatori dovevano essere allocati in zone più periferiche dati i cattivi odori derivanti dai metodi di concia.
Infatti le pelli venivano lasciate a macerare per circa otto mesi con l'uso anche di orina di cavallo.
All'inizio del secolo uomini e donne calzavano gli Usatti, sorta di stivali in cuoio e la semplicità del loro vestire é ricordata con nostalgia da Dante Alighieri nel Paradiso (XV, 100-116))
Giudici e notai usavano le Calze solate mentre in inverno, oltre agli Usatti, si indossavano anche Calzari in cuoio che potevano avere anche la suola in legno; i poveri in estate andavano scalzi ed in inverno si avvalevano di zoccoli che venivano portati senza calze.
Le donne indossavano calzature con tacchi e suole molto alti tanto che i predicatori, sempre pronti a stigmatizzare le vanità della moda, le prendevano in giro per il loro deambulare come su trampoli anche se una certa giustificazione a quest'uso potrebbe essere data dallo stato delle strade della città piene di fango e con le acque di scarico dei caseggiati che scorrevano lungo la carreggiata.
REGNO DI NAPOLI E SICILIA Si usavano scarpe chiamate Calzari, Sandali, Pianelle e Patitelle con suole di cuoio, legno o sughero e tomaie in stoffa, velluto o pelle dorata detta "auripellium".
In un documento conservato nell'archivio di Palermo si legge che Carlo I d'Angiò (1.226 - 1.285) possedeva dei sandali aventi sulla tomaia una croce bianca ricamata.
Un'ordinanza emessa in questo periodo a Sciacca ci fa conoscere i prezzi delle scarpe; quelle usate "dalli gintilomini et persuni onorati" costavano tarì (1)1 e grani (2)10, mentre le scarpe di "montuni femmininu" costavano solo grani 15.
In taluni contratti che regolavano rapporti di garzonato i maestri si impegnavano non solo ad insegnare la loro arte agli apprendisti, ma anche a fornire loro vitto alloggio e "calciamenta" cioè le scarpe.
ROMA Nel "Libro dell'incoronazione di Bonifacio VIII"(1.235 - 1.303) è citato un prefetto dell'urbe che partecipava al corteo papale indossando una Zanga d'oro ed una rossa ed, in quest'epoca, tale nome si riferiva ad una calzatura foggiata a stivaletto.
VENEZIA Risale al 1.221 un capitolare della corporazione del Caleghéri nel quale si menzionano due tipi di scarpe: i Calcarios , gambali di cuoio o in tessuto, forse muniti anche di piede e gli Stivallos, stivali alti al polpaccio con suola in legno.
INGHILTERRA Nel 1984/85 a Newcastle upon Tyne, nel corso di scavi lungo la riva del fiume, furono rinvenuti numerosi frammenti di cuoio, tessuti e ceramica mescolati a inerti di discarica usati per bonificare le rive paludose del fiume nel XIII sec.
Il cuoio si è conservato molto bene in un ambiente acido e consiste in frammenti di tomaie e suole di quattro modelli di calzature montati con la "tecnica a tomaia risvoltata ( in inglese Turnshoe Technique) (vedi cap. 4° Le calzature degli Egizi) scarti di lavorazione di qualche calzolaio di quell'epoca; nella "Turnshoe Technique del XIII sec. tra tomaia suola si interponeva una striscia di pelle che serviva a rendere stagna la cucitura.
Le scarpe in oggetto erano alte alla caviglia, senza tacchi e le tomaie potevano essere costruite o con un unico pezzo di pelle o con due; nel primo caso le due estremità della tomaia erano congiunte con una cucitura "di testa" laterale fatta con stringa di cuoio, ( piccoli pezzi triangolari ne completavano la forma), nel secon- do con un pezzo di pelle si modellava la parte anteriore della tomaia e con l'altro quella posteriore che venivano unite con il sistema sopra citato, dei contrafforti venivano poi cuciti all'interno dei talloni.
NOTE (1) Tarì: moneta d'oro o d'argento d'origine araba adottata anche dai Normanni e dagli Aragonesi.
(2) Grano: moneta d'argento o rame in uso nel regno di Napoli e Sicilia
XIV
Continuò in Europa la moda delle Calze solate (vedi cap. 9.3 i Valdesi) e delle Poulainesche assunsero, in punta, la forma a becco.
ITALIA G.Musso, nella sua "Storia di Piacenza"del 1.388, scrive che i giovani di Piacenza indossavano, d'estate e d'inverno, "Caligae solatae" (Calze solate vedi cap.9.3 i Valdesi) con sotto scarpe con tomaia bianca , talvolta con punte sottili lunghe tre once oltre il piede imbottite di crine onde evitare che si piegassero mentre i meno giovani che, precedentemente portavano tali modelli di calzature senza punta, ora le portavano con piccole punte "piene di peli".
In generale le scarpe femminili dei ceti abbienti avevano la tomaia in pelle, in seta anche ricamata, in fili d'argento, in tessuto ed erano corredate da fibbie d'oro o d'argento.
Per limitare l'eccessivo lusso negli abiti e nelle scarpe furono emanate molte disposizioni tra le quali quella che imponeva ai sarti di prendere la misura delle vesti alle donne scalze onde evitare che esse si potessero far confezionare vesti tanto lunghe da poter essere portate con zeppe esageratamente alte.
Durante le giornate di pioggia si portavano i Patitos, detti anche Zoppelli, con tomaia decorata da rosette e suola bianca; gli uomini portavano Calzari, Borzacchini (scarpe alte), sandali e Ciocie con tomaia di colore bianco, il più alla moda, ma anche rossa o gialla in pelle bovina o di montone talvolta decorata con impressioni a caldo oppure in tessuto.
GENOVA Le popolane di quella città sfoggiavano un gran lusso e le cronache ci informano che anche le fornaie portavano scarpe con tomaia in seta decorata da nastri.
FRANCIA La lunghezza delle Poulaines divenne spropositata tanto che Filippo IV ( 1.268 -1.314) ne fissò i limiti distinguendo tre misure per la nobiltà, la borghesia e il popolo; editti analoghi furono emanati da CarloV ( 1.338 - 1.380) e da Carlo VI ( 1.368 - 1.422), ma senza alcun effetto.
Nel manoscritto miniato "Les très riches Heures du duc de Berry" sono raffigurati diversi modelli di questo tipo di calzatura. (Museo Condé di Chantilly -Francia)
INGHILTERRA Anche Edoardo III (1.312 - 1.377) emanò un editto per regolare la lunghezza e l'uso delle Poulaines che, come tutti gli altri, fu disatteso.
Divennero di uso comune, in quel paese, i "Pattens", sovra scarpe in legno o cuoio indossate per non rovinare le calzature con la pioggia e il fango.
Il modello costituito da un cerchio di ferro munito di supporti che reggevano la parte nella quale si infilavano le scarpe restò in uso fino al XIX sec.
SAVOIA Gli Zoppelli (vedi sopra) erano usati anche dagli uomini e Amedeo V di Savoia (1.252 - 1.323) ne possedeva alcuni con la suola d'argento.
XV
ITALIA Gli uomini calzavano, per la caccia, stivali alti alla coscia con aperture laterali chiuse da stringhe
DUCATO DI MILANO Le donne calzavano anche pianelle chiamate, nel milanese, Zibette; avevano la suola di cuoio o sughero e la tomaia in pelle, broccato o velluto e venivano indossate sopra i Patitos
FIRENZE Al tempo di Lorenzo il Magnifico (1.449 - 1.492) i giovani ricchi calzavano stivaletti con tomaia in velluto su calze di velluto bianco screziate in argento e le dame talvolta imitavano la foggia maschile usando sandali dal tacco alto.
L'arte dei cuoiai e caligai apparteneva alle così dette "arti minori"ed i calzolai tenevano bottega soprattutto in via dei calzaiuoli.
VENEZIA All'inizio del secolo prese campo a Venezia la moda di un modello di calzatura che si diffuse in tutta l'Europa e durò per più di duecento anni; consisteva in pianelle o pantofole montate su di un'altissima suola in legno o sughero talvolta decorata con pietre preziose, dipinta o rivestita in cuoio e /o tessuto.
Queste scarpe erano chiamate in dialetto veneto Zoppieggi o Sopei, in altre regioni d'Italia Calcagnini ed in Francia Chopines; alcuni, spregiativamente le chiamavano a zoccolo di mucca (vedi figg. 47 - 48).
Alcuni pensano che l'idea per tale modello sia giunta a Venezia dall'oriente derivata da alti zoccoli usati per proteggere i delicati piedi delle dame dal contatto con i pavimenti caldi e scivolosi dei bagni turchi, altri dalla Spagna, altri che quelle calzature fossero state create per camminare nelle calli invase dall'acqua alta fatto sta che inizialmente furono usate dalle cortigiane e poi da tutte le donne tanto da assorbire quasi tutta la produzione di sughero italiano e divennero uno status symbol, maggiore era l'altezza delle suole, maggiore dovevano essere la ricchezza e il prestigio di chi le indossava!
Poiché l'altezza delle suole aumentava sempre di più sino a sfiorare i 60 cm., le donne appollaiate lassù erano costrette a farsi accompagnare da due persone che le aiutassero a salirvi e a camminare, visto anche lo stato dei selciati dell'epoca.
Dapprima la moda fu tollerata; i mariti forse pensavano che le mogli, con simili scarpe ai piedi, non avessero grosse possibilità di andare in giro in loro assenza la Chiesa ne favorì l'uso poiché con esse era impossibile danzare, la danza era considerata attività altamente peccaminosa, ma poi lo stato cercò di frenare la smania delle dame di gareggiare fra loro in altezza visto anche l'alto numero d'infortuni e aborti dovuti alle cadute e il troppo lusso di tomaie e tacchi.
Così, nel 1.430, un'ordinanza del maggior consiglio vietò l'uso di Sopei di altezza maggiore di ca 20 cm., ma, come era successo per quelle riguardanti le Poulaines ,nessuno la rispettò.
FRANCIA Carlo VIII (1.470 - 1.498), probabilmente a causa della deformità di un suo piede che gli impediva l'usodelle Poulaine, lanciò la moda delle scarpe À bec de cane ( A becco d'anatra) dalla punta quadra.
GERMANIA La moda delle scarpe A becco d'anatra si diffuse anche in Germania dove venivano chiamate Entenschnäbel; verso il 1.480 vi si iniziarono a costruire le scarpe con il " metodo del guàrdolo" che è quello usato ancor' oggi per scarpe di pregio; il guàrdolo, una striscia di cuoio di cm.60x3x2 è cucito da un lato alla tramezza (parte portante della scarpa come soletta interna che contribuisce a tenere in forma la tomaia) e dall'altro alla suola.
INGHILTERRA In questo paese, a partire dal 1.450, le Poulaines furono anche chiamate Pikes e Piegains, nomi che derivano dal termine "piggen" una sorta di secchio con un lungo manico.
In Inghilterra sono stati rinvenuti alcuni reperti di questo tipo di calzatura con la suola larga e appuntita, ristretta al fiosso e nuovamente più larga nel tallone. Taluni avevano la suola in due pezzi e ci sono storici del costume che pensano che si tratti di un metodo di costruzione mentre altri affermano che si tratta semplicemente di calzature riparate alle quali è stata sostituita una parte di suola.
Il re Edoardo IV (1.442 - 1.483) stabilì per legge che soltanto coloro che appartenessero almeno al livello sociale di Lord potessero indossare scarpe o stivali di lunghezza superiore al piede (cm. 30,48) fissando, per i trasgressori, una multa di 3 scellini e 4 centesimi.
XVI
ITALIA Le dame usavano in questo secolo anche pantofole con tomaia in pelle molto sottile, raso o velluto, magari dorata e ornata da pietre preziose, perle canotiglia(1), intagli e ricami; il lusso di queste scarpette era censurato invano dalle leggi suntuarie dei diversi stati della penisola.
Verso il 1.550 anche le scarpe maschili vennero ornate da intagli; quelle indossate dal ceto nobiliare o dalla borghesia ricca avevano le tomaie in seta, velluto o cordovano(2), quelle portate dal popolo avevano tomaie in vacchetta(3) o pelle di pecora.
Gli uomini usavano calzature dette Alla francese o All'alemanna strette al tallone e larghe in punta.
VENEZIA Continuò a furoreggiare la moda dei Zoppieggi o Sopei , ma le signore usavano anche le pantofole sopra descritte chiamate a Venezia Scarpini o pianelle con suola in legno intarsiate d'avorio e ricoperte di velluto.
Cesare Vecellio nel suo "Habiti", pubblicato nel 1590, descrive le sontuose vesti delle cortigiane veneziane che calzavano pianelle ornate di frange o di colore bianco.
FRANCIA Anche là continuò la moda delle Chopines chiamate anche Patins mentre, verso la metà del secolo, vi nacque la moda delle scarpe con il tacco dette Souliers à pont; fu lanciata da Caterina de' Medici (1.519 - 1.589) che, essendo piccola di statura, le indossò per la prima volta con l'abito di nozze in occasione del suo matrimonio con il futuro re di Francia EnricoII ; il tacco era in legno e la tomaia in pelle o broccato(4)
Le signore portavano anche pantofole basse, simili a quelle usate in Italia, dette Escarpins, mentre gli uomini indossavano scarpe dalla punta larga e arrotondata o stivaletti allacciati con ganci e bottoni e con la tomaia guarnita di intagli, fiocchi e nastri.
GERMANIA E AUSTRIA Nacque in queste regioni la moda delle scarpe A muso di bue (Ochsenmäuler) portate da uomini e donne; avevano una punta larga e arrotondata e tomaia in pelle.
Al Kunsthistorisches Museum di Vienna sono esposti due quadri del pittore austriaco Jakob Seisenegger ( 1.485 - 1.547) nei quali sono raffigurati l'arciduca Ferdinando del Tirolo e l'imperatore Carlo V che indossano calzature di questo tipo (vedi fig. 51 bis - 51 tris)
Verso il 1.550 comparvero le scarpe A piè d'orso (Bärenklauen) con la punta ancora più larga, sostituite poi da scarpe con la tomaia in panno o seta ricamate per gli uomini mentre le donne tornarono a portare scarpette molto sfilate, anche con puntale in argento.
INGHILTERRA Durante il regno di Elisabetta I (1.533 - 1.603) uomini e donne dell'aristocrazia usavano pantofole con il tacco e l'alto clero pantofole con tomaia in broccato o velluto.
Anche là dilagò la moda delle Chopines tanto che fu promulgata una legge che permetteva al marito di ripudiare la moglie se questa lo avesse ingannato sulla sua reale statura indossando delle Chopines per sembrare più alta.
CALZATURE MILITARI I cavalieri, sotto le scarpe dell'armatura, indossavano morbidi calzari in pelle mentre i fanti, appartenenti al ceto popolare, portavano una sorta di morbide pantofole dalla suola bassa adatte a spostamenti veloci sul campo di battaglia.
XVII
Mentre fino a quest'epoca le scarpe erano destre e sinistre, all'inizio del XVII secolo si incominciò a farne di intercambiabili.
I nobili e i ricchi iniziarono ad usare stivali, dapprima alti al ginocchio ed, in seguito, alla coscia e strombati.
ITALIA Le signore adottarono l'uso di scarpette a punta arrotondata con tomaia in pelle bianca o in seta, velluto e tessuto con frammessi fili d'oro o d'argento (broccato) decorate con ricami, rosette di passamaneria e fibbie.
Anche qui il nobile usò lo stivalone alto alla coscia con tacco alto e la tomaia ornata da intagli e pizzi e la punta, in un certo periodo del secolo, biforcuta, ma non si diffuse, come in Francia, la moda dei tacchi rossi Si usavano anche scarpe basse con tomaia in pelle o velluto ornate con rosette in tessuto del colore della calza e Borzacchini (dall'olandese broseken = scarpetta), vale a dire scarponcini; le scarpe di uso comune erano nere, quelle più eleganti bianche.
GENOVA Nel ritratto di Salvatore Castiglione (1.620 - ?) raffigurante il doge Gerolamo De Franchi che resse il do
gato per il biennio 1.652-1.654, si vede come egli indossasse Calze solate in velluto rosso guarnite di un fiocco dello stesso tessuto
VENEZIA Continuò l'uso degli Zoppieggi o Sopei , un modello dei quali, usato soltanto in Italia, venne chiamato Zoccolo ed era caratterizzato dall'avere, sotto la suola, due pilastri di circa 20 cm. che rendevano quasi impossibile la camminata tanto che le signore si aiutavano con due bastoni; esse usavano anche una scarpetta con la punta volta all'insù.
FRANCIA Continuò l'uso di scarpe con il tacco e nacque la moda dei tacchi rossi (talons rouges) usati dai nobili come segno distintivo del loro stato; du- rante il regno di Luigi XIV ( 1.638 - 1.715) i tacchi ebbero incise o dipinte scene romantiche o agresti.
Nel quadro di Claude Guy Halle (1.652 - 1.736) " L'udienza accordata da Luigi XIV al doge Francesco Maria Imperiale" conservato a Versailles presso il musée et domaine national de Versailles et de Trianon, si vede che il re ed i nobili del suo seguito indossano scarpe con i "talons rouges".
INGHILTERRA Come nel resto dell'Europa i maschi del ceto nobiliare indossavano stivali alti al ginocchio come quelli della fig.54 esposti al Victoria & Albert Museum di Londra; sono in pelle beige, molto morbida, con l'ampia strombatura al ginocchio decorata da finissimo pizzo, la linguetta di chiusura è a forma di farfalla e termina con una fibbia in metallo collegata agli speroni, i tacchi e la suola sono in cuoio nero.
Le dame dell'aristocrazia portavano anche ciabattine come quella della fig.56 che risalgono al 1.660 - 1.670; hanno la tomaia in seta con ricami in rilievo e la punta quadrata con i due lati piegati all'ingiù o scarpe come quella della fig.57 (1.660 ca )con tomaia in pelle di maiale di colore verde vescica ricamata a strisce bordeaux e decorata con un fiocco di seta dello stesso colore dei ricami.
Nell'Amleto di Shakespeare (ca 1.602) è citata una dama più vicina al cielo a causa dell'altezza delle sue Chopines: "By'r lady, your ladyship is nearer to heaven than when i saw you last, by the altitude of a chopine"
Un atto del parlamento inglese risalente al 1.670 recita: " Sia deliberato che ogni donna di qualsiasi età, rango, professione o condizione sociale, anche se donzella o vedova, che inganni e tradisca da sposata un suddito maschio di Sua Maestà, con profumi, belletti, cosmetici, lozioni, denti e capelli finti, busti guardinfanti, scarpe con il tacco alto e fianchi rialzati con cuscinetti, potrebbe incorrere nelle penalità di legge in vigore contro la stregoneria, la magia e simili reati ed il matrimonio, se fosse accertata la colpevolezza, potrebbe essere dichiarato nullo e non valido."
GLI EUROPEI NELLE AMERICHE: I BUCANIERI
Furono rudi avventurieri di molte nazioni europee, schiavi o servi vincolati da contratto fuggiaschi e marinai naufragati che, ad Hispaniola (Haiti), si dedicarono alla caccia dei bovini e suini importati dagli Spagnoli e tornati allo stato brado per ricavarne le pelli e la carne che conservavano affumicandola alla maniera dei nativi su graticci chiamati boucan.
Rivendevano questi prodotti alle navi di passaggio o ai filibustieri e, talvolta, non disdegnavano di dedicarsi alla pirateria.
Ricavavano le calzature dalla pelle non conciata di buoi e maiali appena scuoiati ponendo il piede sulla pelle della zampa con l'alluce in corrispondenza del ginocchio e legandovelo con un nervo dello stesso animale; la pelle veniva poi ripiegata intorno al piede fin sopra alla caviglia e vi veniva assicurata con un altro spezzone di nervo; l'essiccamento la faceva aderire al piede.
I BANDEIRANTES Furono avventurieri d'origine portoghese che, tra la fine del 500 e il 600, si addentravano all'interno del Brasile alla ricerca di oro e schiavi indios.
Per le marce nella savana e nella boscaglia equatoriale, onde avere piedi e gambe protetti dalle spine e dai morsi dei serpenti, usavano stivaletti di cuoio grezzo sormontati da alte ghette.
CALZATURE MILITARI Nella fig.55 è illustrata una scarpa, esposta nella torre di Londra, appartenuta ad un picchiere inglese e risalente al 1.632; è in pelle di colore nero ed è allacciata al piede a mezzo di due strisce dello stesso materiale munite di occhielli in metallo attraverso i quali passa una stringa in pelle
XVIII
ITALIA Le signore usavano scarpe estive e invernali con tomaia dalla punta aguzza in pelle, anche traforata, o dello stesso tessuto dell'abito decorata con fiori artificiali, con gemme incastonate e fibbie di metalli preziosi e tacco alto.
I gentiluomini calzavano scarpe basse accollate con tomaia in pelle nera a punta quadrata e con la linguetta che saliva fin sopra il collo del piede; il tacco era spesso e rosso, ma il rosso non era, come in Francia, usato solo dai nobili.
Si usavano anche stivali, considerati molto eleganti e stivaletti di pelle rossa da passeggio, come è ricordato dal Parini (1.729 - 1.799).
GENOVA Ritratti di dogi o di nobili reggenti alte cariche della repubblica ci fanno conoscere alcune fogge di calzature in uso al ceto nobile di quella città nel 700.
Le calzature dei dogi hanno la tomaia rossa, colore del potere, quelle dei nobili nera come si può vedere, ad esempio, nel ritratto di Domenico Parodi (1.672 - 1.742) raffigurante il doge Gerolamo De Mari che resse il dogato nel biennio 1.699 - 1.701 , in quello dello stesso autore nel quale è effigiato il doge Domenico Maria De Mari, che lo fu nel biennio1.707 - 1.709 in quello di Pellegro Parodi (1.705 - 1.785) che ci mostra il doge Cattaneo Della Volta che lo fu nel biennio 1.748 - 1.750 o in quello di G. Vaymer (1.665 - 1.738) nel quale è effigiato Gerolamo Serra, governatore della Corsica
FRANCIA Le dame calzavano scarpette dalla punta leggermente rialzata dette À la mahonnaise o pantofole dette Chaussons e ciabattine con tacco e punta aguzza
La regina Maria Antonietta ( 1.755 - 1.793) sembra ne possedesse cinquecento paia ed avesse una cameriera esclusivamente addetta alla loro cura.
Continuò l'uso di tacchi decorati e intagliati che avevano il nome di "venez y voir" e, all'epoca di Luigi XV (1.710 -1.774) di tacchi larghi alla base e rientranti detti tacchi Luigi.
RUSSIA I contadini usavano scarpe di corteccia di betulla corredate di gambali di stracci .
CALZATURE MILITARI In questo secolo cominciarono ad essere creati modelli di scarpa ad uso esclusivamente militare.
Ad esempio, durante la guerra di successione austriaca, le truppe della repubblica di Genova calzavano scarpe di vacchetta(1) nera con punta quadrata e fibbia in ferro che , durante una campagna, erano usate unitamente a ghette che arrivavano sopra il ginocchio.
XIX
ITALIA Verso il 1.835 cominciò a tornare di moda il tacco non troppo alto; per le tomaie, in pelle o tessuto, si adottarono colori come il bianco e il nero per la sera, e, gli stessi dell'abito, per il giorno.
Per il passeggio si usavano stivaletti con tomaia grigia in pelle di daino, chiamati alla francese Brodequins, che, dopo il 1.840 avranno le tomaie realizzate anche in velluto e seta e, per l'inverno, saranno foderate e/o orlate di pelliccia mentre, per l'estate, avranno la tomaia in crine.
Quasi tutti i modelli avevano un'apertura laterale chiusa da stringhe o bottoncini.
Dopo il 1.835 le scarpe maschili da abbinare ad abiti di gala ebbero le punte squadrate mentre le scarpe da giorno le avevano arrotondate.
Scarpe da pioggia in gomma vulcanizzata cominciarono ad essere usate dopo il 1.843.
Le crinoline nascosero le scarpe delle signore, ma, dopo il 1.860, si ricominciarono a vedere gli stivaletti.
Nell'ultimo ventennio del secolo venne di moda una scarpa con tomaia di pelle di capretto con punta aguzza e tacco rientrante .
FRANCIA Dopo la rivoluzione francese nacque la moda delle calzature senza tacco anche come reazione al fatto che i tacchi rossi erano stati appannaggio dell'aristocrazia; la scarpa con tacco tornerà di moda verso la metà del secolo.
La Francia, in questo periodo, cominciò a dettare le regole della moda e, in tutta Europa, i nobili e le classi agiate seguivano la moda di Parigi.
Le nuove aristocratiche dell'impero napoleonico calzavano pantofole con tomaia e suola sottilissime, talmente delicate che camminare, anche per pochi metri nelle strade dissestate dell'epoca significava danneggiarle irrimediabilmente.
Sembra che Giuseppina Beauharnais (1.763 - 1.814), prima moglie di Napoleone, ne possedesse più di cinquecento paia.
Tra il 1.820 e il 1.835 le aristocratiche portavano scarpe molto scollate a punta quadrata assicurate al piede da un passante incrociato alla caviglia; le tomaie erano in pelli d'importazione inglese molto fini, ma si facevano anche in seta e in gros(1) e il colore preferito era il bianco.
Continuò la moda delle pantofole chiamata dapprima "Pantofles à la poulaine" per avere la punta rialzata e la tomaia in colore rosso e, in seguito,"Nonchalantes" con tomaia finemente ricamata.
I signori usavano scarpe con tomaia dalla punta squadrata in cuoio per il giorno e in vernice per la sera.
Nelle campagne i contadini adoperavano generalmente gli zoccoli, salvo che nel meridione dove, nella buona stagione, andavano scalzi; le scarpe venivano usate solo alla domenica.
INGHILTERRA Anche qui le signore calzavano scarpe quasi senza tacco e con suola molto sottile come i polacchi della fig.65 (1.812- 1.820) visti al Victoria & Albert Museum di Londra; hanno la tomaia in tela jeans rigata decorata da una rosetta in seta e sono allacciati a mezzo stringhe.
I contadini usavano scarponi con la suola di legno, ma quasi tutti, specie quelli irlandesi, andavano scalzi nella bella stagione.
I marinai della marina mercantile indossavano per la libera uscita scarpe chiodate.
Nel periodo che va dal 1837 al 1851 gli uomini appartenenti alle classi privilegiate usavano stivali di vernice.
Alcuni miserabili di Londra esercitavano la disgustosa attività di raccoglitori di deiezioni canine che venivano cedute alle concerie per la concia delle pelli.
CALZATURE MILITARI Quelle della fanteria erano molto robuste, visti i molti chilometri da percorrere a piedi; le scarpe dei soldati napoleonici dovevano resistere a circa 350 Km. di marcia prima di essere risuolate.
I granatieri della guardia usavano, per la libera uscita, scarpe con fibbie d'argento.
fonte: http://docenti.lett.unisi.it/files/12/14/6/4/Le_Scarpe.docx
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