Pianoforte corso base
Pianoforte corso base
Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.
Pianoforte corso base
CORSO DI MUSICA
PIANOFORTE
LIVELLO: 1
Riconoscere le note sullo strumento:
Se siete al primissimo approccio con la tastiera è importante distinguere da subito le note: di primo acchitto una tastiera sembra una sequenza di tasti tutti uguali, ma non è così: ad esempio i tasti verso la destra producono suoni sempre più bassi, mentre a destra si trovano gli acuti.
Inoltre si nota da subito che i tasti neri hanno una cadenza ben definita: ce ne sono due ed altri tre.
Fissate il vostro strumento in una qualunque posizione centrale e focalizzate i tasti evidenziati:
vediamo cosa emerge:
- DO – RE – MI – FA – SOL – LA – SI:
Rappresenta la nomenclatura italiana delle sette note. L’ottava nota ( dopo il “ SI ” ) ha una frequenza doppia rispetto alla prima ( il “ DO “ ), pertanto la sequenza si ripropone identica nell’ottava successiva.
- A – B – C – D – E – F – G:
Rappresenta la nomenclatura americana ed internazionale occidentale di riportare la medesima scala, con la sola differenza che parte dal “ LA “ italiano.
- tasti neri: # e b
Per l’influsso della musica araba in passato venne rivisitata la suddivisione dell’ottava: alle sette note utilizzate vennero aggiunte altre cinque note intermedie, avvicinando così gli strumenti occidentali alle potenzialità melodiche degli altri strumenti, ottenendo effetti differenti, maggiori quantità di combinazione e rivoluzionando per sempre la musica occidentale.
Negli strumenti a corda ogni tacca è un semitono, mentre nelle tastiere, anche per economia di spazi, la divisione di note e semitoni è più marcata con l’uso di due tasti di colori differenti.
NOTA: lo stesso tasto nero è il diesis (# ) della nota precedente, o il bemolle ( b ) della nota successiva. Pertanto si può ad esempio indicare il tasto nero a cavallo tra il DO ed il RE sia come DO # che come Re b.
Molto presto daremo un significato a questi simboli, per il momento, trattandosi di una introduzione generale, è sufficiente visualizzare con determinazione queste nomenclature sulla tastiera.
Il pentagramma:
In greco, πεντα-γραμμη significa “cinque segni lineari”, ma non furono i greci ad inventare il pentagramma: la necessità di cercare un modo di graficizzare le melodie composte inizia con la necessità di renderle comuni, o di spartire i ruoli (da cui partitura) nei cori o nella polifonia.
Per gran parte dell’esistenza del genere umano, si imparava per tradizione orale, diremmo oggi a orecchio. Tra i pochi documenti a noi pervenuti il prototipo del moderno pentagramma è rappresentato dalle notazioni del IX secolo, per i canti gregoriani su tetragrammi con segni quadrati:
La successiva evoluzione come detto si ebbe anche grazie alle influenze della musica araba, in cui la corda veniva maggiormente suddivisa, sfruttando anche note intermedie rispetto agli europei.
Ne scaturì la scala dodecafonica, ovvero 12 suddivisioni dell’intervallo tra una nota ad una frequenza, e la stessa di frequenza doppia. Per scrivere questa musica serviva un nuovo sistema:
Il pentagramma, costituito da 5 righe e 4 spazi, consentiva di sfruttare meglio lo spazio e contenere meglio le esigenze dei nuovi stili musicali. È il metodo valido ancora oggi per trascrivere qualunque composizione, da Chopin a Marilyn Manson.
La chiave di violino:
Per riportare le note sul pentagramma è necessario decidere una chiave. Ogni chiave determina un rigo o uno spazio su cui si trova una nota, per cui determina univocamente anche dove si trovano le altre. La chiave con cui si parte per iniziare a scrivere sul pentagramma è la chiave di violino, detta anche di SOL, cui presto affiancheremo l’altra chiave essenziale, la chiave di basso, in FA.
Il simbolo si disegna partendo dal secondo rigo dal basso, il quale diventa il rigo del SOL.
Le altre note si riportano come in figura utilizzando progressivamente ogni spazio ed ogni rigo.
Quando le note eccedono il pentagramma si può cambiare chiave, o riportare delle righe aggiuntive che determinano altri distacchi conteggiati sempre col medesimo metodo.
Note, toni e semitoni, simboli: # b ëù
Nel pentagramma sembrerebbero però mancare i tasti neri, o i semitoni: per indicare che si intende usare un “tasto nero” si usano i simboli diesis # e bemolle b premessi alla nota:
In tale esempio stiamo indicando la stessa nota: è il terzo tasto nero, a cavallo tra il LA ed il SI.
Quel tasto può essere indicato sia come LA# che come Sib.
Nel pentagramma, per praticità, un’alterazione indicata in tal modo anche se viene omessa persiste coinvolgendo anche le note successive, che sono da leggersi alterate..
Utilizzando il bequadro ëù , si avverte che l’alterazione è cessata, ovvero che la nota, nel nostro esempio il LA, ritorna naturale (tasto bianco).
Alterazioni in chiave:
A volte alcuni brani hanno spesso dei passaggi obbligati e ricorrenti in note diesis, pertanto è possibile trovare tali segni anche in chiave, ovvero a seguito del simbolo della chiave.
In tal caso, ogni nota che si trova sullo stesso rigo o sullo stesso spazio dove giace il simbolo dell’alterazione è alterata, salvo temporanei cambi, sempre avvertiti dal bequadro.
L’alterazione vale per tutte le note, anche di ottave differenti ( osserva il RE# ), mentre per riportare una nota al naturale serve il bequadro, sempre premesso alla nota (osserva SOLb – SOL).
NOTA: nelle tastiere sono rappresentati dai tasti neri, mentre negli strumenti a corda ogni tacca è un semitono. Entrambi gli strumenti sono progettati per radunare le note in funzione della struttura della mano.
Notare come tra il MI ed il FA della tastiera manchi il tasto nero, esattamente come tra il SI ed il DO. Chi suona chitarra conosce bene che il passaggio tra queste note è di una tacca sola.
CORSO DI MUSICA
PIANOFORTE
LIVELLO: 2
Gli accordi:
Per accordo si intende l’unione di più note diverse che stanno bene tra loro, suonate insieme.
Il modo migliore per cominciare è dagli accordi in maggiore. Producono un suono allegro, gioviale.
Per imparare quasi tutti gli accordi basta focalizzare i primi due: l’accordo di DO e di RE maggiore:
DO maggiore ( DO MI SOL ) RE maggiore (RE FA# LA)
In entrambi i casi la prima nota dell’accordo identifica la tonalità ricercata: l’accordo in DO inizia dal DO e l’accordo in RE inizia dal RE. (1) Ma se spostiamo la forma ad esempio dell’accordo in DO maggiore usando il FA ed il SOL come prima nota, abbiamo gli accordi in FA e SOL maggiore:
FA maggiore (FA LA DO) SOL maggiore (SOL SI RE)
Per gli accordi in MI e LA si usa la forma del RE, con prima nota quella che intona l’accordo:
MI maggiore (MI SOL# SI) LA maggiore (LA DO# MI)
Infine, una forma un po’ anomala del SI.
SI maggiore (SI RE# FA#)
In tutti i casi le distanze, a partire dalla prima nota tonale sono +4 e +3 semitoni.
Anticipazioni sugli altri accordi:
Non sempre è utile far partire l’accordo dalla nota iniziale: un accordo rivolto è un accordo che sfrutta le stesse note senza però iniziare dalla tonale. Ad esempio l’accordo in SOL rivolto:
Posso ripescare il RE finale all’inizio: SOL maggiore (rivolto)
Mentre per ottenere l’accordo in minore, più triste e melanconico, vedendo l’accordo in maggiore basta spostare il dito centrale di un semitono indietro: ad esempio se si vuole il RE minore:
Sposto il centrale di un semitono: RE minore (RE FA LA)
Tratteremo questi ed altri accordi in modo più approfondito tra molto poco. Per adesso è sufficiente sperimentare i suoni degli accordi, ma soprattutto fare pratica di cambi di accordi.
Knocking on heaven’s door - Bob Dylan
È il momento di iniziare a suonare un po’ il nostro strumento. La semplicità vedremo è disarmante.
Chiunque conosce questo brano: è stato reinterpretato da Eric Clapton fino ai Guns’n’Roses.
Una canzone popolare o folk spesso usa un giro di accordi che tende a rimanere fisso.
Una volta la sequenza è SOL – RE – LA minore, una volta SOL – RE – DO. Useremo un po’ di rivolti, ma è facile. Il ritmo per ora va bene a sentimento. Ecco gli accordi per tutta la canzone:
SOL maggiore (riv) RE maggiore DO maggiore
Knock’ – knock’ Knocking on the heaven’s door …
SOL maggiore (riv) RE maggiore LA minore (riv)
Knock’ – knock’ Knocking on the heaven’s door …
NOTA: come vedremo tra poco, le battute sono quattro, perciò l’ultimo accordo si ripete due volte!
Sintassi del pentagramma:
In parallelo all’esercizio pratico è utile procedere con un po’ di “teoria”, al fine unicamente di saper almeno distinguere alcuni segni fondamentali che potremmo incontrare sui pentagrammi:
Ritmo: (dal greco ρεω = scorrere)
Un pentagramma è da leggersi come un sequencer: compiamo questa operazione anche leggendo un testo scritto: l’occhio va avanti scorrendo come un cursore riconoscendo lettera per lettera le parole.
Musica e poesia devono la loro potenza alla regolarità: certe rime avvengono ad una certa cadenza fissa, per questo le parole riescono a divertire o far riflettere l’ascoltatore.
Come nelle poesie ci sono le strofe, a determinare la metrica, andando a capo ogni tot sillabe:
E l'altro, cui pareva tardar troppo,
gridava: «Leno, sì non furo accorte
le gambe tue a le giostre dal Toppo!».
E poi che forse li fallia la lena,
di sé e d'un cespuglio fece un groppo.
Così in musica ci sono le battute, evidenziate sul pentagramma da un segno netto trasversale:
Un brano è suddiviso e costituito da più battute. Una battuta è divisa in quarti (molti gruppi prima di iniziare il brano contano:”one-two-three-four.”), ed ogni ritmo è visto come una frazione di battuta. Ora in poesia lo sappiamo, la quantità di sillabe è libera, ad esempio il sopraccitato Dante era in endecasillabo, 11 sillabe a strofa. In musica sarebbe un 11/4, undici sillabe a battuta.
I ritmi di base per iniziare sono i seguenti:
La velocità con cui si legge non sempre è la stessa: immaginando una recita di un brano lungo, un racconto: alcuni passi vanno letti velocemente, altri soppesando maggiormente le parole, usando diverse voci. In ogni tratto della lettura manteniamo costante la velocità del cursore.
In musica facciamo lo stesso: il pentagramma si legge sempre procedendo con una certa velocità, ma l’andamento è indicato all’inizio tramite parole italiane quali:
Adagio: si usano toni sommessi e si suona lentamente, in modo etereo, a volte grave.
Presto: si suona veloce, caricando di dinamicità il brano, dando enfasi e virtuosismo
Allegro: è un andamento sostenuto, adatto alle danze, a portare
Maestoso: è un modo di suonare in modo austero e pesante, drammatico.
Giga, Allemanda.. : sono andamenti importati da altri paesi, stili molto particolari.
La durata delle note
Una battuta quindi può contenere fino a quattro suddivisioni interne. Anche la durata di una nota inserita in una battuta è ragionata con suddivisioni di ordine pari:
Durata delle pause
Quando si vuole indicare un certo distacco tra le note si usa un simbolo che vale come una nota ma non ha un suono, bensì rappresenta una pausa. Si riportano tutte all’altezza del 3° rigo:
La somma totale di note e pause deve restituire il valore di 4 / 4 ; con tale sistema è possibile riportare con precisione le sequenze di note ed i distacchi che distinguono un brano da un altro.
Altri segni
Nel pentagramma si incontrano dei segni che servono a dare espressione al brano, come gli accenti, il punto o il punto coronato. Soffermiamoci sui più importanti e ricorrenti:
Le chiavi:
Vengono poste all’inizio del rigo per determinare il nome delle note: il rigo cui si riferiscono assume quella determinata nota.
Per questo corso utilizzeremo prevalentemente la chiave di violino e quella di basso, è quindi il caso di imparare a disegnare il simboli: con la matita 4F su carta bianca, poi su carta pentagrammata.
NOTA: mentre alcuni brani di musica moderna possono essere ritrovati “ad orecchio”, i brani di musica classica, anche i più semplici, hanno strutture meno intuibili e raffinatezze nascoste, pertanto richiedono necessariamente l’uso del pentagramma e dei segni quivi descritti.
(1) Se si suona l’accordo con la mano destra, usate il pollice per la prima nota; se state usando la sinistra, il mignolo. Non è male se con l’altro dito estremo si cerca di raggiungere l’ottava nota Es: RE (pollice) – RE (mignolo).
CORSO DI MUSICA
PIANOFORTE
LIVELLO: 3
Gli accordi in minore:
Riprendiamo le forme degli accordi in maggiore della precedente dispensa. In un primo tempo e come regola pratica utile precedentemente anticipata, per ottenere l’accordo in minore, più triste e melanconico, vedendo l’accordo in maggiore basta spostare il dito centrale di un semitono indietro: ad esempio se si vuole il DO minore, ma è valido anche per FA e SOL:
sposto il centrale di un semitono: DO minore (DO RE# SOL)
Per l’altra forma, quella del RE minore, valida per il MI e il LA
sposto il centrale di un semitono: RE minore (RE FA LA)
Infine la posizione del Si minore:
sposto il centrale di un semitono: SI minore (SI RE FA#)
Per onore di cronaca riportiamo anche gli altri, sebbene sia utile assorbire la regola in primis.
Mi ninore (MI SOL SI) FA minore (FA SOL# DO) SOL minore (SOL LA# RE) LA minore (LA DO MI)
Chi suona chitarra sa bene che, dato un accordo in maggiore usando il barrè, per renderlo minore si retrocede di una tacca. Come vedremo tra breve, tutto in realtà dipende dalle scale, ma l’approccio a tale realtà mediante gli accordi è forse il modo più semplice.
Gli accordi rivolti:
Non sempre è utile far partire l’accordo dalla nota iniziale: un accordo rivolto è un accordo che sfrutta le stesse note senza però iniziare dalla tonale. Ad esempio l’accordo in SOL rivolto:
Posso ripescare il RE finale all’inizio: SOL maggiore (rivolto)
Si tratta quindi di osservare l’intera tastiera ed evidenziare mentalmente i tasti che concorrono a formare lo stesso accordo. Partendo dalle forme ad esempio degli accordi in maggiore si può rivoltare l’accordo facendolo partire non necessariamente dalla tonica, ovvero dalla nota che denomina l’accordo:
Rivolti del DO Rivolti del RE
Nello schema sono riportati i rivolti “a scendere”, ma ovviamente si deve far pratica anche individuando i rivolti “a salire” verso note più alte.
Per esercizio, di ogni accordo studiato, maggiore e minore, trovare i rivolti ascendenti e discendenti.
Uso dei rivolti:
Quando si esegue un brano di musica popolare la semplicità dei cambi di accordi può portare a posizioni più comode della mano per l’esecuzione: se si sfruttano i rivolti si muovono due dita di poche tacche e si ottiene l’accordo successivo. Altre volte per rintracciare la melodia si è praticamente costretti ad utilizzare i rivolti (Es. il RE iniziale di Vasco Rossi – anima fragile)
Pentagramma - la chiave di basso:
Il piano si suona con due mani: la destra di solito si occupa della melodia e utilizza i toni più acuti, mentre la sinistra si occupa dei bassi, l’accompagnamento necessario a dare corpo alla musica.
A volte tale apporto è di una nota (Es. Beethoven – moonlight sonata) a volte sono giri di basso, altre volte sono veri accordi suonati con ritmo marcato, a volte è una melodia assolutamente a parte ma assolutamente complementare (Es. Bach – toccata e fuga in RE minore).
In generale, per distinguere le partiture tra mano destra e mano sinistra, si riportano due pentagrammi legati tra loro all’inizio da un segno di parentesi graffa. Il primo riceve la chiave di violino, in SOL, la seconda riceve una chiave in FA, sul quarto rigo, detta chiave di basso:
Si disegna con un pallino sul quarto rigo da cui parte un abbellimento grafico pseudo-semicircolare ed ulteriori due punti sullo spazio del MI e del SOL Per effetto di tale clavatura, ogni nota in tale pentagramma assume una posizione più bassa di due posizioni rispetto alla chiave di violino.
Knocking on heaven’s door su pentagramma:
Sfruttate I pentagrammi vuoti sottostanti e riportate almeno due strofe a piacere del brano studiato:
- inserire le chiavi di violino sopra e di basso sotto
- individuate il tempo ed eventuali alterazioni in chiave
- partite con gli accordi in chiave di basso, ricordando che servono 4 battute sopra e 4 sotto
con le pause e le note, in chiave di violino descrivete un arrangiamento elementare della melodia principale.
CORSO DI MUSICA
PIANOFORTE
LIVELLO: 4
Le scale:
Molti brani associano all’accompagnamento una parte di assolo, usando quindi delle scale.
L’assolo è un momento di liberazione espressiva per un artista, perciò diventa necessario introdurre almeno le tre scale fondamentali: maggiore, minore, pentatonica necessarie a lanciarsi in sicurezza.
La scala maggiore:
Iniziamo dalla scala maggiore di DO, che è la più semplice poiché prende tutti i tasti bianchi.
Sono sottolineati i passaggi in cui va slittato il pollice sia a salire che a scendere:
DO – RE – MI – FA – SOL – LA – SI – DO – SI – LA – SOL – FA – MI – RE – DO
Sembrerebbe che ogni nota della scala sia distante un tono dalla precedente, ma provate a contare i semitoni: i passaggi MI-FA e SI-DO distano un semitono: non c’è il tasto nero!
Per ottenere le varie scale maggiori relative agli altri accordi, partendo sempre col pollice dalla tonica, si procede aumentando di un tono o di un semitono sempre secondo tale schema.
+1 (tono) +1 (tono) + ½ (tono) + 1 (tono) + 1 (tono) + 1 (tono) + ½ (semitono)
Ad esempio, per ottenere la scala in Re maggiore, partendo dal RE:
NOTA: Chi intravede l’accordo in RE? Gli accordi sono una porzione opportunamente armonica di una scala;
diventa quindi chiaro che durante l’esecuzione di un accordo è lecito sicuramente utilizzare le note della sua scala.
La scala minore:
Come visto negli accordi, di per se “minore” indica una flessione che la rende triste, melanconica.
A cambiare, lo abbiamo visto negli accordi, è il cambio di un semitono. La sequenza esatta è:
+1 (tono) + ½ (tono) +1 (tono) + 1 (tono) + ½ (semitono) + 1 (tono) + 1 (tono)
Iniziamo dalla scala minore di LA, che anche prende tutti i tasti bianchi.
Evidenziamo la transizioni tra maggiore e minore:
NOTA BENE: non è un caso che DO e LA minore sfruttino le medesime note: in armonia si dicono scale di tonalità enarmonica, note anche come “quinte”. Se si parte dal DO si ha l’impressione di suonare una scala maggiore, partendo dal LA invece si evidenzia la caratteristica”triste” del minore. (Es. Pink Floyd – is there anybody out there?)
Come esercizio, provare sul pianoforte le scale maggiori e minori delle 7 note.
(non è male cercare anche le scale in diesis, ed a questo punto, anche gli accordi in diesis!)
La scala pentatonica:
Nasce come un misto tra le due scale. Si può suonare su accordi maggiori o minori, ha uno spirito libero e irriverente. Vediamo quale principio sfrutta:
+1 ½ (un tono e mezzo) + 1 (tono) + 1 (tono) + 1 ½ (un tono e mezzo) + 1 (tono)
Il nome pentatonica significa “cinque note”, ma su questo schema a seconda della melodia che fa da base si possono inserire tratti di scala maggiore o di minore, creando i cosiddetti cromatismi. Tratteremo questa scala a lungo tra poco nel blues, nel jazz, nel rock, quasi ovunque.
Per ora illustriamo la pentatonica intonata in MI, che sta bene quasi su tutto:
NOTA BENE: stiamo usando le stesse distanze che intercorrono tra i tasti neri: di per se, la pentatonica in MI bemolle si suona solo sui tasti neri, se si escludono i cromatismi.
SEGUONO DEI RIGHI DI PENTAGRAMMA: RIPORTARE SU QUESTI
IN AMBO LE CHIAVI LE SCALE MAGGIORE E MINORE IN: DO, RE, MI
Fonti:
http://www.webalice.it/greendog/cs/misc/pianoforte01.doc
http://www.webalice.it/greendog/cs/misc/pianoforte02.doc
http://www.webalice.it/greendog/cs/misc/pianoforte03.doc
http://www.webalice.it/greendog/cs/misc/pianoforte04.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Parola chiave google : Pianoforte corso base tipo file : doc
Pianoforte corso base
Visita la nostra pagina principale
Pianoforte corso base
Termini d' uso e privacy