Norme tecniche e qualità
Norme tecniche e qualità
Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.
Le norme tecniche nel corso dei secoli
Non si deve ritenere che le norme tecniche siano un’invenzione recente. Al contrario! Le norme tecniche si sono rivelate indispensabili per la convivenza tra gli uomini sin dai tempi remoti. Le stesse comunità primitive, per potersi intendere nello scambio di idee e merci, stabilirono al proprio interno un linguaggio comune, un comune sistema di numerazione e delle comuni scale di valori per pesi e misure. E’ tuttavia con i Romani che la normativa tecnica arriva ad esercitare la sua opera “unificatrice” su diversi territori e culture, accompagnandosi all’organizzazione politica e militare. Per citare solo alcuni esempi di norme: i mattoni di argilla cotta, di dimensioni prestabilite; le strade, tutte della stessa larghezza; le fistulae calibrate per la misura dell’acqua distribuita dagli acquedotti; il sistema di pesi e misure; i chiodi, riconducibili ad alcune “taglie” prefissate; il calendario. Alla fine del 1700 assistiamo ad un movimento di unificazione di grande importanza scientifica e commerciale: la definizione del metro e del sistema metrico decimale, che faciliterà enormemente i rapporti economici tra i vari Paesi. Sempre nel 1700, le continue guerre “danno una mano” al processo di unificazione. In Francia alcuni generali d’artiglieria “illuminati” introducono l’unificazione dei calibri delle bocche da fuoco per facilitare l’approvvigionamento delle piazzeforti, e inoltre stabiliscono il principio dell’intercambiabilità delle parti meccaniche dei fucili. La stessa idea balena oltre oceano ad un americano, che inizia a fabbricare in serie i fucili in modo che i pezzi siano perfettamente intercambiabili. In precedenza i pezzi di ricambio avevano bisogno di essere “aggiustati su misura” da operai specializzati, i quali si occupavano proprio di “ritoccare” i diversi pezzi in modo che potessero adattarsi al congegno per il quale erano stati creati. Attorno alla metà del 1800, vengono unificate le unità di misura elettriche e magnetiche che sono quindi accettate in tutti i Paesi tecnicamente progrediti. Contemporaneamente vengono unificati il cono Morse e l’attacco Edison per le lampadine elettriche. Successive unificazioni di portata internazionale sono quelle dei fusi orari e dello scartamento dei binari, uguale per quasi tutte le reti ferroviarie del mondo.
Il significato delle norme tecniche, oggi
Dal principio del secolo ad oggi, il concetto di normazione, inizialmente riferito alla mera unificazione dimensionale, ha subito una sensibile evoluzione, abbracciando significati via via più ampi. Oggi la attività di normazione comprende anche la definizione delle prestazioni dei prodotti e dei processi, intervenendo così in tutte le fasi di vita del prodotto, dalla progettazione alla fruizione. Non solo: oggi la normazione si occupa anche di definire dei livelli di sicurezza del prodotto, così da tutelare le persone che vengono in contatto con esso. Qualità e Sicurezza sono dunque due valori molto importanti, che guidano l’attività di normazione, così come in passato la intercambiabilità dei pezzi e delle parti. Volendo rifarci ai testi ufficiali (“Europa 1993: libera circolazione delle merci”) la normazione oggi persegue i seguenti obiettivi:
migliorare l’economicità del sistema produttivo attraverso la definizione e l’unificazione dei prodotti e dei processi, delle prestazioni e delle modalità di controllo, prova e collaudo;
facilitare la comunicazione tecnica per mezzo dell’unificazione dei simboli, dei codici e delle interfacce;
promuovere la sicurezza dell’uomo e dell’ambiente attraverso la definizione dei requisiti di prodotti, processi e comportamenti;
salvaguardare in generale gli interessi dei consumatori e della collettività.
Crescita industriale ed attività normativa di supporto
Alla metà del 1800 con l’avvio dello sviluppo industriale e la conseguente interdipendenza dei vari settori produttivi, si avverte in modo evidente la necessità di disciplinare tecnicamente la produzione. In effetti le norme tecniche nascono fin dalle comunità primitive come un’esigenza sociale, ma è sotto la spinta dell’industria moderna che la normazione diviene quella grande realtà tecnica, organizzativa e strategica che oggi interessa tutto il mondo. L’unificazione nell’industria nasce come “reazione” contro la varietà, la complessità e le esigenze più disparate della produzione industriale, quando questa assume proporzioni tali da richiedere la conclusione di accordi collettivi per assicurare l’intercambiabilità dei pezzi meccanici, migliorare le condizioni di lavoro e l’economia produttiva, semplificare i contatti e gli scambi commerciali, favorire il collocamento dei prodotti sui mercati. Uno degli esempi più celebri di unificazione nel settore industriale è quello della filettatura delle viti e dei dadi. Agli inizi l’opera di unificazione è limitata all’ambito di una singola impresa industriale o di una data amministrazione. La “portata” di queste norme, che potremmo definire “aziendali” è dunque limitata ai confini dell’azienda che le ha adottate, e quindi non agevola di certo la intercambiabilità dei pezzi che provengono da fabbriche diverse. Prova ad immaginare che per la tua classe valgano norme del tutto diverse rispetto a quelle delle altre classi: per esempio, ipotizziamo che da voi le ore di lezione scattino a partire dalle 8:45 (con la seconda ora alle 9:45, la terza alle 10:45 e così via…) mentre per la classe a fianco, nonostante sia della vostra stessa sezione, il cambio dell’ora si verifichi… al 20° minuto (ad esempio, 8:20, 9:20, 10:20 e così via…). In questa situazione, sarebbe semplice organizzare le lezioni? Credo proprio di no: come farebbero gli insegnanti che avete in comune a svolgere la prima ora con voi e la seconda con i ragazzi della classe a fianco? In base al vostro orario “ di norma”, la prima ora terminerebbe alle 9:45… ma a quel punto l’insegnante avrebbe già accumulato un ritardo di 25 minuti rispetto all’inizio della seconda ora (in base alle norme in vigore nella classe a fianco). Qualunque siano le norme in vigore nella tua scuola, tutti gli allievi, a qualsiasi classe appartengano, sono abituati a considerare il cambio dell’ora nel momento in cui suona la campanella… e la campanella suona per tutti allo stesso momento! Si tratta infatti di una norma riconosciuta da tutti! A proposito dell’importanza che le norme siano applicate da tutti, si può citare un episodio clamoroso successo negli Stati Uniti, a Baltimora, agli inizi del 1900. A Baltimora scoppia un incendio, di proporzioni enormi. Per fronteggiare il dilagare delle fiamme, accorrono in aiuto i vigili del fuoco da tutte le città vicine: Washington, New York, Filadelfia. Un viaggio comunque non da poco, specie con i mezzi di trasporto di allora. Purtroppo i rinforzi, una volta giunti sul posto, si accorgono che gli attacchi delle loro manichette non si adattano agli idranti di Baltimora. Non riescono quindi a prestare il proprio aiuto e, come conseguenza, l’incendio non viene domato, distruggendo interamente il centro storico della città. Con il senno di poi, sembra facile dire: se le dimensioni degli idranti e delle manichette fossero state unificate… la tragedia avrebbe certo assunto proporzioni meno disastrose. Evidentemente l’esperienza insegna, dal momento che, qualche anno dopo, nel 1927, in un’occasione analoga, la città di Fall River viene salvata dalla distruzione, grazie al fatto che le attrezzature antiincendio pervenute da venti città vicine erano tutte intercambiabili, essendo state unificate.
La nascita degli Enti di normazione
I primi a reagire sistematicamente contro la complessità produttiva, che impedisce la collaborazione industriale e pregiudica l’omogeneità delle forniture civili e militari sono i tecnici inglesi, i quali, all’inizio del 1900, fondano un Comitato da cui, trent’anni dopo, nascerà l’Ente di Normazione britannico. E’ proprio con la costituzione degli Enti di normazione che prende forma la normazione come oggi si intende, una grande organizzazione che promuove e ufficializza il raggiungimento di accordi collettivi, volti al miglioramento tecnico ed economico della produzione e delle condizioni di vita e di lavoro. Nello stesso periodo che vede la nascita dell’Ente britannico di normazione, sono istituiti Enti di normazione in quasi tutti i Paesi industrializzati: Germania, Stati Uniti, Francia, Svizzera, Olanda, Belgio, Svezia, Norvegia, Danimarca, Spagna… Anche l’Italia è tra i primi Paesi a dotarsi di organismi incaricati ufficialmente della attività di normazione.
Il ruolo delle norme tecniche per la crescita delle economie dei Paesi in via di sviluppo
Oggi la normazione rappresenta una grande realtà tecnica, organizzativa e strategica. Sotto quest’ultimo profilo, basta accennare all’enorme importanza che le norme tecniche rivestono per i Paesi in via di sviluppo (PVS). Si può immaginare che le economie di questi Paesi (tipicamente, dell’Africa e dell’Asia) abbiano un enorme bisogno di crescere e aprirsi al commercio mondiale. Le norme tecniche internazionali possono svolgere a questo proposito un ruolo di estrema importanza, supportando il trasferimento di tecnologie dai paesi avanzati a quelli in via di sviluppo, e fungendo da “garanzia” dei prodotti dei PVS a fini commerciali. Le norme tecniche, infatti, esprimono le indicazioni dei maggiori esperti di un dato settore, sulla base delle conoscenza scientifiche e tecnologiche del momento in cui sono state elaborate: si dice che le norme esprimono “lo stato dell’arte”. In questo senso le norme tecniche sono un vero e proprio patrimonio di conoscenze, e sono in grado di suggerire alle nascenti industrie dei Paesi in via di sviluppo metodi di prova, requisiti di progettazione e costruzione, valori e livelli di prestazione, praticamente in relazione a qualsiasi prodotto, processo o servizio. Una sorta di “manuale del progresso” che i Paesi sviluppati mettono a disposizione dei PVS. Dal punto di vista poi commerciale, per un’industria di un PVS può essere alquanto difficile “piazzare” i propri prodotti sul mercato mondiale. Di certo, l’industria nascente potrà “giocare” sui prezzi più bassi, conseguenza del minor costo del lavoro; ma se a questo fattore si accompagna anche la possibilità di dimostrare la conformità dei propri prodotti a delle norme internazionali, a questo punto le possibilità di fare affari aumentano notevolmente! Inoltre, uniformarsi alla normativa tecnica internazionale consente alle industrie dei paesi in via di sviluppo di parlare quel famoso “linguaggio comune” con le industrie di tutto il mondo, a tutto vantaggio della intercambiabilità dei pezzi e della possibilità di diventare fornitori di qualche grossa azienda multinazionale.
Il ruolo degli enti di normazione
Per capire qual è il ruolo svolto dagli enti di normazione, è necessario fare una visita alla sede di uno di essi.: a Londra, alla sede del BSI (British Standards Institution) oppure a Parigi, presso l’AFNOR (Association Française de Normalization); a Berlino, per visitare gli uffici del DIN (Deutsches Institut für Normung), o nella più calda Madrid, dove si trova l’AENOR (Asociación Española de Normalización y Certificación). In Italia, Milano è la “capitale” della normazione: infatti i due enti italiani di normazione ufficialmente riconosciuti (UNI e CEI, quest’ultimo operante esclusivamente nel settore elettrotecnico) hanno la sede principale nel capoluogo lombardo. Qualunque sia l’ente che desideri visitare, presso ciascuna sede vi sono molte sale riunioni… vuote! Esse sono lasciate a disposizione delle Commissioni Tecniche e dei vari gruppi di lavoro di cui esse si compongono. Le Commissioni Tecniche non sono altro che gruppi di persone, con uno stesso interesse per uno specifico settore, le quali si riuniscono in base ad un preciso calendario e programma di lavoro per discutere ed elaborare le famose “norme tecniche”. Queste persone non sono dipendenti dell’Ente di Normazione: si tratta di rappresentanti di industrie, di docenti universitari, di rappresentanti delle Associazioni dei Consumatori o della Pubblica Amministrazione, o ancora del mondo della ricerca. E’ molto importante che ciascuna Commissione Tecnica sia composta da persone con una preparazione e una “estrazione” eterogenea, così nel dibattito saranno rappresentati e messi a confronto i diversi interessi e le diverse posizioni sui problemi allo studio. Solo dal confronto e dalla mediazione tra punti di vista diversi può nascere una posizione capace di soddisfare tutti, rappresentando lo “stato dell’arte”: in altre parole, la “norma”. Il delicato compito di coordinare i lavori delle Commissioni tecniche e di mediare durante le discussioni tra le diverse posizioni spetta ad una persona che deve agire al di sopra delle parti: il Presidente. Ogni Commissione è poi seguita da un Segretario tecnico, il quale lavora alle dipendenze dell’Ente di Normazione, e che partecipa alle riunioni svolgendo un’attività di coordinamento (preparazione delle convocazioni delle riunioni, circolazione dei documenti, verbalizzazione delle riunioni). L’Ente di Normazione è innanzitutto un “luogo di incontro” dove persone esterne all’ente stesso si confrontano per arrivare alla definizione di una norma. E poi, molto importante, l’Ente di Normazione è il “luogo di ufficializzazione” del processo normativo: attraverso il suo organo centrale tecnico e le sue particolari procedure l’Ente assicura la ufficialità delle norme tecniche da esso emanate. (Se ritieni di avere qualche idea per una norma valida ed utile, contatta l’UNI e vedi se la tua proposta può essere presa in considerazione dalla Commissione Tecnica competente per quell’argomento. In caso affermativo, proposta verrebbe discussa ed eventualmente approvata secondo l’iter ufficiale).
L’organizzazione della normazione in Italia
In Italia la attività di normazione è affidata a due organismi:
l’UNI – Ente Nazionale Italiano di Unificazione, ed il CEI – Comitato Elettrotecnico Italiano.
L’UNI opera in tutti i settori (dalla meccanica all’ambiente, dall’edilizia ai servizi, dall’alimentare alla sicurezza), ad eccezione del settore elettrico, di competenza del CEI.
Il 26 Gennaio 1921, il Consiglio Direttivo dell’Associazione Nazionale fra gli Industriali Meccanici ed Affini costituisce il “Comitato Generale per l’Unificazione dell’Industria Meccanica” (UNIM). Successivamente, con Regio Decreto del 18 luglio 1930, n.1107, viene approvato giuridicamente lo Statuto dell’Ente Nazionale per l’unificazione nell’industria (UNI).
L’UNI è un’associazione di diritto privato senza scopo di lucro riconosciuta sia a livello nazionale (DPR n. 1522 del 1955) sia a livello europeo (Direttiva CE 83/189). Il cuore del lavoro dell’UNI consiste nella predisposizione delle norme tecniche. I lavori di normazione – ripartiti in diverse commissioni, a seconda del settore – sono coordinati dai segretari tecnici dell’UNI, e coinvolgono migliaia di esperti provenienti da quattro categorie chiave: il mondo industriale, la sfera degli utilizzatori, le autorità pubbliche deputate al controllo ed il mondo della ricerca. L’esigenza di garantire un’equa rappresentanza delle suddette categorie è palesata all’articolo 30 dello Statuto UNI, che tratta delle Commissioni Tecniche, gli organismi incaricati di elaborare i progetti di norma tecnica nei rispettivi settori di competenza. “La costituzione di ciascuna Commissione Tecnica va fatta in modo che vi sia un’equa rappresentanza di elementi tecnici, così come delle categorie produttive come di quelle consumatrici. Di ogni Commissione Tecnica farà parte un esperto rappresentante di ciascuna amministrazione dello Stato interessata”. Le Commissioni tecniche attive all’interno dell’UNI sono 58, a cui si devono aggiungere quelle operanti all’interno dei 14 Enti Federati. Questi ultimi assicurano l’attività normativa nel loro specifico settore di competenza; la ratifica ufficiale dei progetti di norma e la pubblicazione delle norme spetta comunque all’UNI. Attualmente il parco norme UNI è costituito da circa 12.000 norme per un totale di oltre 100.000 pagine stampate. Per dare un’idea del ritmo dei lavori nel corso del 1998 sono state elaborate quasi 1.000 norme, per un totale di circa 18.000 pagine. Queste norme sono in parte di genesi nazionale, in parte sono adozioni di norme ISO e CEN: in effetti la tendenza degli ultimi anni è quella di un progressivo trasferimento della attività normativa dall’ambito nazionale a quello sovranazionale. A questo proposito, pensa che solo alcuni anni fa le norme ISO e CEN recepite come norme nazionali si aggiravano sul 30-35% del totale delle norme pubblicate, mentre attualmente superano il 90%!
Per il Sistema Qualità che si è creato in Italia in questi ultimi anni si può schematizzare l'aspetto normativo nel quadro seguente:
Si possono evidenziare diversi livelli:
IL LIVELLO DI RIFERIMENTO, che promulga norme tecniche essenziali per la certificazione, e che garantisce, mediante l'accreditamento, le attività di prova e certificazione. Appartengono a questo livello i MINISTERI coinvolti in questa attività, il CNR, gli organismi di normazione UNI e CEI, gli organismi di accreditamento SINAL e SINCERT, gli ISTITUTI METROLOGICI.
IL LIVELLO OPERATIVO PER LA QUALITA', che comprende i laboratori di taratura e/o di prova e gli organismi che certificano prodotti, sistemi di qualità e personale.
IL LIVELLO PRODUTTIVO che comprende tutte le attività di produzione, sia di beni (le industrie) sia di servizi (il settore terziario), che applicano un sistema di qualità conforme alle norme UNI EN ISO 9000.
Gli Organismi
I principali organismi che formano tale sistema di qualità sono:
Per l'attività di normazione
UNI - Ente Nazionale Italiano di Unificazione - Rappresenta l'Italia nell'ISO e nel CEN. L'attività dell'UNI si sviluppa attraverso Commissioni Tecniche interne e Enti Federati. Nel settore della Qualità e della certificazione l'UNI é impegnato nei comitati tecnici ISO e CEN nello studio revisione e adeguamento delle norme della serie EN 45000 e ISO 9000 e 14000.
CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano - Fondato nel 1909 per studiare e pubblicare norme nel settore elettrotecnico ed elettronico. L'attività del CEI si sviluppa attraverso Comitati Tecnici e Sottocomitati. Le sue modalità operative sono analoghe a quelle dell'UNI.
Per l'attività di accreditamento
SINAL - Sistema Nazionale per l'Accreditamento dei Laboratori - Associazione creata dall'UNI e dal CEI con il patrocinio del Ministero dell'Industria. Sono suoi soci ministeri, associazioni industriali ed altri organismi pubblici come il CNR e l'ENEA. Il SINAL ha iniziato la sua attività di accreditamento dei laboratori di prova nel 1988. Il suo obiettivo consiste nel creare una rete di laboratori, pubblici e privati, che operino all'interno ed all'esterno delle imprese e la cui capacità di operare prove di conformità a norma sia stata verificata in base alle norme europee EN 45000. Il SINAL è membro dell'EA (European Accreditation), di conseguenza i suoi accreditamenti sono riconosciuti da tutti gli altri Paesi promotori degli accordi di mutuo riconoscimento.
SINCERT - Sistema Nazionale per l'Accreditamento degli Organismi di Certificazione - Creato nel 1991 dall'UNI e dal CEI con la partecipazione del Ministero dell'Industria, del CNR e dell'ENEA. A livello europeo il SINCERT è membro dell'EA, l'associazione che riunisce tutti gli organi che accreditano organismi di certificazione, ed i suoi accreditamenti sono riconosciuti in tutti i Paesi promotori dell'accordo di mutuo riconoscimento.
SNT - Sistema Nazionale di Taratura - istituito nel 1991, in applicazione della Legge 273, con il compito di diffondere le unità di misura nei diversi settori industriali ed assicurare la riferibilità ai campioni nazionali dei risultati delle misurazioni. Il sistema è composto dagli Istituti Primari di Metrologia, che sono:
l'Istituto di Metrologia "Gustavo Colonnetti";
l'Istituto Nazionale Elettrotecnico "Galileo Ferraris";
l'ENEA (Organismo Nazionale per l'Energia Alternativa);
Centri di Taratura con questi convenzionati.
L'accreditamento i questi Centri di Taratura, in conformità a quanto previsto dalle norme della serie EN 45000, é operato del SIT, Servizio di Taratura in Italia. Il SIT, struttura di coordinamento fra i tre Istituti metrologici primari, é stato costituito nel 1975 ed é membro EA, con riconoscimento europeo dei propri certificati sin dal 1981.
L’organizzazione della normazione a livello europeo ed internazionale
La attività di normazione si articola in ambito nazionale, regionale (ad esempio, Europeo) ed internazionale. Ad ogni livello viene riproposta la tradizionale ripartizione di competenze tra un ente specializzato nel campo elettrico ed uno responsabile dell’attività in tutti gli altri settori. Gli enti normatori (organismi ufficialmente riconosciuti, in genere associazioni) sono tenuti a coinvolgere nella stesura delle norme tutte le parti interessate. Partendo dunque dal livello più elevato – ossia quello internazionale – avremo l’ISO (International Organization for Standardization) affiancato per il settore elettrico dall’IEC (International Electrotecnic Committee). A livello europeo (livello regionale), il CEN (Comitato Europeo di Normazione) opera in parallelo al CENELEC (Comitato Europeo di Normazione per il settore elettrico).
La partecipazione dell’Italia ai lavori di normazione a livello europeo ed internazionale
L’UNI – al pari di ogni altro ente nazionale di un Paese europeo –fa parte del CEN; il CEI – come tutti gli altri colleghi europei che si occupano del settore elettrotecnico – fa parte del CENELEC. Considerando poi il livello più ampio, quello mondiale, scopriamo che esso è costituito da tutti gli enti di normazione del mondo, che ovviamente aderiscono all’ISO oppure all’IEC a seconda del settore di competenza. Abbiamo dunque visto che l’UNI rappresenta la normazione italiana in sede CEN e ISO, così come il CEI rappresenta la normazione italiana in sede CENELEC e IEC. Ma in concreto, che cosa significa? Vuol dire che l’UNI e il CEI partecipano alla attività “politica” e “tecnica”, rispettivamente, di CEN e ISO e CENELEC e IEC. Per attività “politica” si intende l’attività di “governo” di CEN, CENELEC, ISO e IEC; come in genere avviene per le Società, questi organismi europei ed internazionali definiscono ed attuano le proprie linee strategiche mediante organi di governo, quali Assemblea Generale e Consiglio di Amministrazione. All’Assemblea e al Consiglio di Amministrazione partecipano appunto i rappresentanti dei diversi enti nazionali, che quindi concordano le decisioni a livello europeo o internazionale. Per quanto riguarda la partecipazione all’attività tecnica, dobbiamo fare un passo indietro e riprendere il discorso a proposito delle Commissioni Tecniche e dei lavori di normazione in ambito nazionale. Così come le Commissioni tecniche che fanno capo all’UNI e al CEI radunano esperti di varia estrazione, in ambito nazionale, allo stesso modo le Commissioni tecniche (o, per dirla in inglese, i “Technical Committees”) di CEN e CENELEC radunano esperti di tutti i Paesi europei e i Technical Committees di ISO e IEC radunano esperti di tutti i Paesi del mondo. UNI e CEI, ciascuno per la propria area di competenza, coordinano la partecipazione degli esperti italiani ai lavori di normazione europei ed internazionali. Gli stessi Segretari tecnici UNI e CEI partecipano personalmente ai lavori dei Technical Committees CEN, ISO e CENELEC, IEC: le riunioni si svolgono un po’ in tutto il mondo, e hanno luogo presso le sedi dei diversi Enti di normazione. I Segretari Tecnici viaggiano moltissimo; rispetto al passato, oggi hanno un po’ ridotto il numero di viaggi perché grazie ad Internet possono comunicare con i colleghi di tutto il mondo senza bisogno di incontrarsi.
Regole tecniche e norme tecniche
“Regole” e “norme” sono termini che usiamo ogni giorno, in molti contesti diversi…le “regole del gioco”, le norme del Codice della Strada, “ di regola”, ”di norma” … e così via… Spesso siamo portati ad usare i due termini indifferentemente, come sinonimi; altre volte tendiamo ad attribuire sfumature diverse di significato. Quando parliamo di “Regole tecniche” e di “Norme Tecniche” si fa riferimento a due realtà ben precise e ben diverse tra loro.
Le “Norme Tecniche” sono i documenti elaborati dagli enti di normazione, ed hanno carattere puramente volontario.
Per “norma tecnica” si intende un “documento, prodotto mediante consenso e approvato da un organismo riconosciuto, che fornisce, per usi comuni e ripetuti, regole, linee guida o caratteristiche, relative a determinate attività o ai loro risultati, al fine di ottenere il miglior ordine in un determinato contesto”.
Le Regole Tecniche, invece, sono atti che contengono un insieme di requisiti tecnici, sono emanati dalla Pubblica Autorità e la loro applicazione è obbligatoria.
Dunque, norme tecniche e regole tecniche si assomigliano quanto a “contenuti” (entrambe specificano infatti dei requisiti tecnici) ma si differenziano circa l’organismo che provvede ad emanarle (le norme sono emanate da un ente di normazione ufficialmente riconosciuto, le regole da una qualsivoglia autorità pubblica) e si distinguono anche per la diversa natura: volontaria (le norme) e obbligatoria (le regole). Il termine generico “specifica tecnica” comprende sia le norme che le regole tecniche, e sta a significare ogni documento che prescrive dei requisiti tecnici che prodotti, processi o servizi devono soddisfare.
Il “rinvio alle norme”
Distinguere tra norme e regole tecniche non è poi così difficile. è abbastanza agevole ricordare che le regole sono obbligatorie, mentre le norme sono volontarie. Ma…
Esiste un particolare caso in cui le norme tecniche diventano obbligatorie, contraddicendo (in apparenza) il principio appreso poco fa. Quando una norma tecnica è richiamata, cioè, è citata in una legge o decreto della Pubblica Amministrazione, la norma acquista valore cogente, cioè diventa Regola Tecnica. Beh, è piuttosto logico: immaginiamo che la Regola sia come un ordine perentorio, e la norma sia come un consiglio. Se io ti do l’ordine di seguire i miei consigli… alla fine i miei consigli diventano per te obbligatori! E quando una legge o un decreto dice che bisogna seguire una determinata norma, succede la stessa cosa, cioè la norma diviene obbligatoria. Questo particolare meccanismo prende il nome di “rinvio alle norme”. In altre parole, l’autorità pubblica che prescrive l’impiego obbligatorio del contenuto di una norma non specifica tutti i contenuti tecnici nel testo del provvedimento, ma per certi argomenti o problemi “rinvia” a quanto indicato nella/e norme tal dei tali che provvede ovviamente a citare.
Il “Nuovo Approccio”
Con il “rinvio alle norme”, abbiamo visto come Regole e Norme Tecniche “lavorino in squadra” a tutto vantaggio delle parti sociali e del mercato. Anche il legislatore europeo si è trovato nella necessità di fare ricorso alle norme tecniche. Il meccanismo concepito dal legislatore europeo, in base al quale viene istituita una “alleanza “ tra Regole tecniche europee e Norme tecniche europee, prende il nome di “strategia del Nuovo Approccio”, ed è illustrato in un’apposita Risoluzione del Maggio 1985. Il “Nuovo Approccio” funziona in modo diverso rispetto al meccanismo del “rinvio alle norme”. Nel caso del Nuovo Approccio, le “Regole Tecniche” (cioè le direttive europee) si limitano a stabilire principi generali di sicurezza, e richiamano le “Norme Tecniche” (cioè le norme elaborate dagli enti europei di normazione CEN, CENELEC ed ETSI) per la definizione dei dettagli tecnici. Tuttavia – ecco la differenza! – le norme tecniche europee richiamate dalle direttive NON sono di impiego obbligatorio, ma restano volontarie. Cerchiamo di capire come nel 1985 si è arrivati alla definizione della strategia del “Nuovo Approccio”. Nei primi anni di attività, il legislatore Europeo si era convinto che per garantire la libera circolazione delle merci nel Mercato Unico fosse necessario elaborare tante leggi europee (direttive) quanti sono i prodotti oggetto di scambio, in modo da stabilire una disciplina comune europea che specificasse tutti i requisiti tecnici dei prodotti. Peccando forse di ottimismo e di entusiasmo, il legislatore europeo si era cacciato in un’impresa a dir poco ciclopica: preparare direttive specifiche per ogni prodotto, mediando tra le posizioni dei diversi Paesi membri, naturalmente decisi a difendere le proprie particolari legislazioni nazionali. E trovi logico che il massimo organo legislativo d’Europa passi le proprie sedute a discutere di dimensioni minime, composizioni chimiche, proprietà organolettiche e fisiche? E poi, una volta approvata dopo anni di lavoro una determinata direttiva, trovi “confortante” scoprire che le specifiche tecniche in essa contenute sono nel frattempo… passate di moda (o, più propriamente, divenute “obsolete”)? Imparando dai propri errori, la Comunità Europea nel 1985 attua un “cambiamento di rotta” e adotta la strategia del “Nuovo Approccio”. L’idea di fondo è molto semplice ed efficace: il legislatore europeo deve occuparsi di adottare una legislazione comune tramite direttiva soltanto ove necessario, cioè in relazione a prodotti o famiglie di prodotti pericolosi o associati a particolari rischi. Dunque, cade l’idea di tante direttive quanti sono i prodotti, e ci si concentra solo sui casi veramente importanti e a rischio, per i quali è indispensabile stabilire un livello comune di sicurezza valido per tutti i Paesi membri. Qualche esempio di famiglie di prodotti per i quali è necessaria una disciplina europea? I prodotti da costruzione (tutti noi vogliamo esser certi che gli edifici in cui abitiamo o soggiorniamo siano solidi e sicuri); i giocattoli (i bambini, si sa, sono imprevedibili, ed è necessario che i giochi siano “a prova di bambino”: cioè non devono rompersi in piccoli pezzi, non devono presentare spigoli appuntiti, non devono essere ricoperti da sostanze tossiche…); i dispositivi medici (siringhe, bisturi, protesi… la salute è una cosa seria!…). Al momento sono circa una ventina le famiglie di prodotti per i quali è stata approvata una disciplina comune europea in base al Nuovo Approccio…
Dunque per i prodotti “pericolosi” viene elaborata una disciplina comune europea, a cui tutti gli Stati membri debbono rifarsi. E che cosa succede per tutti gli altri prodotti che non presentano rischi particolari? In relazione a questi ultimi, anziché predisporre una legislazione comune europea, si riconosce il principio del “mutuo riconoscimento” delle diverse legislazioni nazionali. In altre parole, ogni Paese mantiene le proprie leggi, rispettando allo stesso tempo quelle altrui. Dunque, un prodotto legalmente fabbricato in base alla legislazione vigente in uno dei Paesi comunitari può circolare liberamente all’interno del Mercato Unico; nessun funzionario doganale potrà bloccare il prodotto alla frontiera, adducendo come motivazione il mancato rispetto della legislazione del Paese di importazione. Per quanto le leggi dei diversi Stati presentino delle differenza, la Comunità Europea “taglia corto” sul problema e afferma che sotto il profilo della sicurezza dei prodotti le legislazioni nazionali si equivalgono. (Molte volte le diversità nelle leggi dei Paesi membri nascono dall’intento di proteggere la produzione nazionale a scapito dei beni di importazione, e non tanto da nobili motivi di tutela della salute o della sicurezza.)
La rilevanza delle “Norme Europee Armonizzate”
Le norme tecniche elaborate da CEN, CENELEC in relazione ad una particolare direttiva europea del tipo “Nuovo Approccio” hanno la caratteristica di restare volontarie. Tali norme europee prendono il nome di “Norme armonizzate”.
Perché addirittura elaborarle, con il rischio che magari nessuno le segua…?”
Le norme armonizzate, pur restando volontarie, danno un grande vantaggio a chi vi si uniforma: conferiscono infatti la “presunzione di conformità” ai requisiti generali di sicurezza indicati dalle direttive.
Insomma: un fabbricante di giocattoli deve produrre giochi sicuri, ai sensi della direttiva apposita; per produrre giochi sicuri, ha due strade:
o fa a modo suo, e poi deve dimostrare che davvero il giocattolo è conforme alle prescrizioni della direttiva;
o segue per filo e per segno le norme armonizzate che il CEN o il CENELEC hanno preparato su incarico della Commissione UE, per “tradurre” in specifiche tecniche concrete i generici requisiti di sicurezza della direttiva.
In questo secondo caso, dimostrando di aver seguito le norme armonizzate, il fabbricante ha automaticamente dimostrato di aver soddisfatto i requisiti della direttiva. Semplice, no?
Le norme tecniche armonizzate sono davvero molto utili, perché offrono indicazioni tecniche precise che aiutano il fabbricante a produrre in conformità ai generici principi delle direttive. E poi, naturalmente, mettono il fabbricante al riparo da eventuali contestazioni: un prodotto fabbricato in base alle norme europee armonizzate è un prodotto sicuro.
Un po’ di chiarezza sul concetto di certificazione
Conversazioni che, in qualche modo, comprendono il termine “certificazione”.
Ecco alcune delle frasi:
“Hai ritirato il certificato medico?”
“Mi serve un certificato della scuola di inglese che attesti che sono iscritto al terzo anno…”
“Ti è già arrivato il certificato elettorale?”
“Hai comprato un nuovo televisore e non ti hanno rilasciato un certificato di garanzia??!!”
“Sto frequentando un corso di computer davvero ben organizzato… sai, è certificato dalla Regione!”
“A proposito del ventilatore che abbiamo regalato alla zia.. dopo tre giorni non ne ha più voluto sapere di funzionare, e solo allora ho scoperto che non aveva nessun certificato…”
…
Anche nella nostra esperienza il termine “certificato” e/o “certificazione” è utilizzato nei contesti e nelle situazioni più disparate. In effetti, “certificato” e “certificazione” sono vocaboli di uso talmente comune, che è difficilissimo ricondurli ad un preciso ed unico significato.
Ecco invece un nucleo di espressioni che si rifanno allo stesso concetto di certificazione, quello che ovviamente interessa questo argomento:
“In casa di mia nonna hanno già tentato di rubare due volte: dobbiamo deciderci a mettere una porta blindata…” “Allora ti consiglio la porta che ho fatto montare anche io, sai, è certificata UNI 9569”
“Le piastrelle che ho fatto mettere nel mio nuovo bagno sono davvero belle… in più, sono certificate UNI!”
“Attenzione, con i tubi del gas non si può davvero scherzare… controlla sempre che siano in buono stato di manutenzione e che siano certificati in base alla normativa UNI-CIG”
“Hai visto? L’azienda di famiglia di Roberta ha ottenuto la certificazione ISO 9001” “E non è tutto… Roberta mi ha rivelato che adesso puntano alla certificazione del sistema di gestione ambientale!"
La verifica della conformità alle norme
Che cosa hanno in comune la certificazione delle porte blindate, delle piastrelle,...? Semplice! In tutti i casi illustrati, la certificazione presuppone l’esistenza di una norma tecnica, in relazione alla quale viene verificata la conformità dell’oggetto in causa (appunto, la porta blindata, le piastrelle, l’organizzazione aziendale…).
Volendo dare una definizione ufficiale, la certificazione attesta che un prodotto, un processo o un servizio è conforme ad una specifica norma o documento normativo (ad esempio, una regola tecnica).
Senza norme non ci sarebbe neppure possibilità di certificazione? Proprio così! La certificazione non è altro che l’attestazione della conformità di un dato oggetto ad una data norma tecnica (UNI, oppure ISO, oppure DIN, AFNOR…).
La norma tecnica è il termine di paragone, il punto di riferimento oggettivo in relazione al quale viene valutato un certo oggetto; se le caratteristiche (dimensioni, prestazioni, requisiti di sicurezza,...) del prodotto sono conformi a quanto indicato nella norma, allora il prodotto può essere certificato, cioè, dichiarato conforme alla norma presa come riferimento.
La certificazione può essere obbligatoria oppure volontaria.
La certificazione è obbligatoria nei casi e nei modi previsti dalla legge: ad esempio, la Comunità Europea impone la marcatura CE per prodotti particolarmente pericolosi o associati a gravi rischi, indicati dalle direttive “Nuovo Approccio” .
Si parla invece di certificazione volontaria in tutti gli altri casi, ossia, quando la conformità a norme tecniche è una scelta del produttore.
La certificazione di conformità ad una determinata norma tecnica – oltre ad essere una garanzia interna all’azienda – può indubbiamente costituire un fattore strategico di competitività, rappresentando agli occhi del consumatore un simbolo di qualità.
Il ruolo della terza parte indipendente
La certificazione presuppone l’esistenza di una norma tecnica di riferimento, in relazione alla quale viene appunto valutata la conformità di un determinato oggetto.
Resta ora da vedere chi possa effettuare questa valutazione di conformità.
Sarebbe sin troppo facile “autocertificare” la conformità dei propri prodotti alle norme.
Nel mondo della produzione dei beni e/o servizi la parola “autocertificazione” non esiste proprio, anzi, è un vero paradosso! Nel mondo delle norme tecniche il termine corretto è “dichiarazione di conformità”, cioè l’atto con cui il fabbricante dichiara, sotto la sua personale responsabilità, che un prodotto, processo o servizio è conforme ad una specifica norma.
Si potrebbe eventualmente incaricare un esperto tecnico di nostra fiducia in modo da affidare a lui la verifica della conformità del nostro "prodotto" rispetto alla norma. Scartata dunque la prima soluzione (la verifica di “prima parte”, ossia, del fabbricante stesso) e scartata anche la seconda possibilità (la verifica di “seconda parte”, cioè, di un esperto incaricato da noi acquirenti), non ci resta che lasciare la certificazione a degli organismi detti appunto “di certificazione”, che agiscono sempre quale terza parte indipendente.
Il concetto di “terza parte indipendente” è fondamentale, se davvero si vuole cogliere il significato e la portata della attività di certificazione. La certificazione implica sempre e necessariamente l’intervento di una terza parte: se questa condizione non è rispettata, allora non si può nemmeno parlare di certificazione. Si parlerà, semmai, di una semplice dichiarazione del fabbricante, oppure dei risultati di una verifica di seconda parte.
Riassumendo: si può parlare di certificazione solo se esiste una norma tecnica in rapporto alla quale un organismo terzo – indipendente dal fabbricante e dall’acquirente – valuta la conformità di un dato oggetto.
I diversi tipi di certificazione
Esistono tre fondamentali tipi di certificazione, a seconda dell’oggetto preso in considerazione:
La certificazione di prodotto: attesta la conformità a specifiche tecniche di prodotto.
La certificazione del sistema aziendale: è possibile attestare la conformità del sistema qualità dell’azienda alle norme della serie UNI EN ISO 9000. Inoltre è possibile attestare la conformità del sistema di gestione ambientale alle norme della serie UNI EN ISO 14000.
La certificazione del personale: attesta che una persona ha i requisiti per operare con competenza in un determinato settore tecnico o organizzativo.
La certificazione può avere diversi oggetti (prodotti, sistemi aziendali, persone) ma le sue caratteristiche essenziali restano le stesse:
La valutazione della conformità ad una norma di riferimento;
L’intervento di una terza parte indipendente che effettua la valutazione della conformità.
L’attività di certificazione in Italia
Nel nostro Paese, anche a seguito della politica di decentralizzazione, si sono affermati numerosi organismi di certificazione, che agiscono, appunto, come terza parte indipendente operando valutazioni di conformità relativamente a prodotti, sistemi qualità, personale e più di recente anche sistemi di gestione ambientale.
Da dove nascono questi organismi di certificazione? Talvolta si tratta di “filiali” di organismi internazionali; in altri casi, si tratta di organismi competenti in uno specifico campo, costituiti per volontà delle associazioni del settore.
In effetti non esiste in Italia un quadro legislativo di riferimento, che so, un provvedimento che disciplini l’attività di certificazione… ci sono stati in passato diversi tentativi, tradottisi in altrettanti disegni di legge, ma mai si è giunti alla definitiva approvazione di una disciplina di legge per il settore.
L’importanza dell’accreditamento
Da quanto precede non si deve trarre l’affrettata conclusione che il quadro della certificazione in Italia sia… una giungla senza regole: al contrario! Precisi riferimenti – validi a livello europeo - guidano il sistema, in modo da assicurare la serietà, l’affidabilità e la competenza degli operatori (gli organismi di certificazione) e quindi garantire gli utenti finali (il mercato, i consumatori).
Apposite norme tecniche europee – della famiglia EN 45000 – prevedono infatti i requisiti di professionalità e competenza che un organismo di certificazione deve soddisfare. Tali norme sono state adottate – su invito delle stesse istituzioni comunitarie – da CEN e CENELEC, e poi sono state recepite dai vari enti di normazione nazionali, tra cui l’UNI.
Attenzione: l’accreditamento non è obbligatorio, dal momento che non vi è nessuna legge che obblighi in tal senso gli organismi di certificazione; ciononostante, in un numero sempre crescente di casi la legge stessa riconosce una “corsia preferenziale” agli organismi che possono dimostrare di operare in conformità con le norme della serie EN 45000.
In Italia, la funzione di accreditare gli organismi di certificazione è affidata al SINCERT (Sistema Nazionale per l’Accreditamento degli Organismi di Certificazione). Il SINCERT non è però l’unico organismo di accreditamento del nostro Paese: ve ne sono altri due, che si occupano rispettivamente dei laboratori di prova (SINAL) e dei laboratori di taratura (SIT).
Riassumendo, gli organismi di accreditamento operanti in Italia sono tre, con ben precise e diverse aree di competenza:
il SINAL (Sistema Nazionale per l’Accreditamento dei Laboratori), per l’accreditamento dei laboratori di prova;
il SINCERT (Sistema Nazionale per l’Accreditamento degli Organismi di Certificazione), per l’accreditamento degli organismi di certificazione dei prodotti, sistemi qualità aziendale e personale;
il SIT (Sistema Italiano di Taratura), per l’accreditamento dei laboratori di taratura.
Soprattutto in un Paese come l’Italia, dove il numero degli enti di certificazione (e anche dei laboratori) è assai elevato, l’accreditamento è uno strumento essenziale per garantire la fiducia nei confronti di tali enti.
L’accreditamento opera a tutela del consumatore e del mercato, dando valore alla certificazione: quest’ultima non avrebbe infatti più alcun senso, se potesse venir effettuata da qualsiasi operatore, privo della necessaria preparazione e competenza!
Si “sperimenta” i benefici dell’accreditamento ogni volta si ha a che fare con un prodotto certificato da un organismo serio ed affidabile.
Se cerchi un prodotto certificato UNI, assicurati che il certificato sia stato rilasciato da un organismo di certificazione accreditato dal SINCERT: solo in questo modo potrai avere la sicurezza che la valutazione di conformità della porta rispetto alla norma UNI 9569 è stata fatta da chi davvero se ne intende.
Organismi di certificazione: chi fa cosa
Vi sono numerosi organismi di certificazione in Italia, e abbiamo anche capito l’importanza di rivolgerci agli organismi che sono stati accreditati dal SINCERT.
Ancor prima, avevamo visto che esistono diversi tipi di certificazione (di prodotto, di sistema qualità, di sistema di gestione ambientale, del personale).
Gli organismi di certificazione esistenti possono essere specializzati in un particolare tipo di certificazione (ad esempio, l’AICQ-SICEV, che si occupa esclusivamente di certificazione del personale, e precisamente dei valutatori dei Sistemi Qualità Aziendali) oppure possono operare diversi tipi di certificazione (ad esempio, il RINA, che si occupa di certificazione di prodotti, sistemi qualità e sistemi di gestione ambientale).
Inoltre, gli organismi di certificazione operano in relazione a determinati settori merceologici (informatica, edilizia, chimica, meccanica...)
Perché un “marchio”
Per dare evidenza immediata alla certificazione, e per “comunicare” al pubblico in modo semplice ed inequivocabile l’esistenza di una certificazione, sono nati i cosiddetti “marchi di qualità”.
Possiamo definire un marchio come un “segno distintivo applicato su un prodotto o sulla sua confezione, in seguito al rilascio di un certificato di conformità”.
Proprio come esistono casi di certificazione obbligatoria e casi di certificazione volontaria, allo stesso modo, esistono marchi obbligatori e marchi volontari.
Non è difficile capire che i marchi obbligatori attestano la conformità a regole tecniche di impiego obbligatorio; i marchi volontari attestano la conformità a norme tecniche di impiego volontario, testimoniando presso il pubblico il buon livello qualitativo del prodotto.
Marchi obbligatori e marchi volontari possono coesistere sullo stesso prodotto: in effetti svolgono una funzione del tutto diversa, in un certo senso, complementare. Il marchio obbligatorio documenta che il prodotto possiede i requisiti essenziali prescritti dalla legislazione, cioè i requisiti che ne garantiscono l’affidabilità in fatto di sicurezza, ma non permette di evidenziare, sul piano commerciale, le qualità del prodotto stesso. Questo compito è affidato ai marchi volontari di conformità alle norme tecniche, i quali forniscono al consumatore una “garanzia supplementare” sulla qualità dei prodotti, al di là del possesso delle caratteristiche essenziali “sancito” dal marchio obbligatorio.
Il marchio nasce per comunicare al consumatore che un prodotto è di qualità… ma che cosa significa “di qualità”?
Su questo argomento potremmo intrattenerci, per pagine e pagine, ore e ore… in realtà il concetto è tanto importante quanto semplice, e ritengo sia sufficiente darne la definizione e giocarci un po’ sopra…
Provare a rispondere al seguente quesito: quando un prodotto (un motorino, una bibita, un videogioco…) è di qualità?
Si è tentati di rispondere con frasi del tipo “Quello che costa di più”, “Quello che va più veloce”, “Quello di marca”, “Quello tecnologicamente più avanzato”… :si è fuoristrada!
Se invece si risponde con frasi del tipo “Quello che mi piace”, oppure “Quello che mi soddisfa”, o ancora “Quello che fa al caso mio”… allora si può dire che in modo intuitivo si è sulla strada giusta… per arrivare alla definizione ufficiale data dalla norma: “La qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto o servizio che gli conferiscono l’attitudine a soddisfare bisogni espressi o impliciti”.
Detta in altre parole, sempre piuttosto ufficiali, “la qualità è rappresentata dall’insieme delle caratteristiche di un prodotto o servizio che gli conferiscono l’attitudine a soddisfare alcune
attese del cliente”. Tra queste attese, non dimentichiamolo, la principale, quella che magari si dà per scontata, è che il prodotto risponda ai requisiti di legge. Tra le altre attese, rientra tutto quello che il consumatore può desiderare.
Si sta parlando del consumatore, del grande (e spesso inconsapevole) arbitro del mercato: siamo noi, in quanto consumatori, con i nostri bisogni e le nostre aspettative, a determinare se un prodotto è in grado di soddisfare tali bisogni e aspettative, cioè, se è di qualità.
I principali marchi di qualità volontari
Concentriamoci ora sui marchi di qualità volontari, quelli, appunto, apposti a seguito di una certificazione volontaria, frutto di una libera scelta del fabbricante.
Quest’ultima scelta può essere dettata da motivazioni strettamente interne all’azienda (applicando la norma si ha il vantaggio di seguire un valido punto di riferimento) oppure esterne (il vantaggio di mercato e di immagine che si ottiene dalla possibilità di qualificare la propria produzione/organizzazione con la certificazione di conformità ad una determinata norma).
Nella maggior parte dei casi, le motivazioni interne si accompagnano a quelle esterne, e il fabbricante ricorre alla certificazione volontaria come strumento di efficienza interna e anche come strumento di mercato.
Immaginando di voler imparare una lingua straniera, molto probabilmente si sceglierà un corso che si conclude con un esame e con il relativo rilascio di un diploma o certificato. Perché? Da un lato (motivazioni interne) doversi applicare per superare un esame è un ottimo sistema per autoincentivarsi allo studio e raggiungere una preparazione soddisfacente. Inoltre (motivazione esterna) si potrà sempre citare e mostrare il certificato nei futuri colloqui di lavoro o in tutte le altre sedi in cui la conoscenza di una lingua straniera sarà un elemento da giocare a favore.
Il marchio volontario svolge l’importante funzione di “comunicare” al pubblico che quel particolare prodotto soddisfa dei requisiti stabiliti da una norma tecnica, e dunque offre garanzie “di qualità”.
Il marchio nasce per comunicare al consumatore, e dunque adempie alla sua funzione solo se… dall’altra parte il consumatore è in grado di ricevere e comprendere tale comunicazione. In altre parole, se il consumatore è distratto o ignorante (nel senso che non riconosce il significato di un marchio), quest’ultimo ha “fallito” la propria missione, per lo meno in rapporto a quel determinato consumatore.
A questo proposito, la presenza o meno di un marchio su un prodotto è certamente un indice di qualità. Ora, se non si conosce il significato dei marchi, non si è in grado di valutare la qualità del prodotto che sta di fronte, e si rischia di effettuare la scelta in base al prezzo o alla notorietà del prodotto indotta dalla pubblicità. Peccato… si è perso un’occasione per effettuare una scelta consapevole...
Ma quanti e quali sono i marchi di qualità di tipo volontario?
Sono così numerosi che è impossibile presentarli tutti, anche perché la “rassegna” rischierebbe di risultare incompleta e diventare presto obsoleta.
Perché un marchio obbligatorio
I marchi obbligatori attestano la conformità a regole tecniche di impiego obbligatorio (ad esempio, direttive europee o altri provvedimenti vincolanti per legge).
Marchi obbligatori e marchi volontari svolgono una funzione del tutto diversa, e, in un certo senso, complementare. Il marchio obbligatorio documenta che il prodotto possiede i requisiti essenziali prescritti dalla legislazione; il marchio volontario permette di evidenziare, sul piano commerciale, le qualità del prodotto stesso, attestando la conformità ad una norma tecnica volontaria.
Dunque, banalmente, il marchio obbligatorio “quando ci vuole, ci vuole”. E si, perché, nei casi previsti dalla legge, determinati prodotti possono essere immessi sul mercato e circolare liberamente solo se soddisfano i requisiti di legge e se recano il marchio che simboleggia ciò.
Il significato della Marcatura CE
La strategia del Nuovo Approccio, che abbiamo ripassato velocemente, ha un “simbolo”: la marcatura CE.
La marcatura CE è una sigla che deve essere apposta in modo visibile e indelebile su un prodotto per attestare che esso possiede i requisiti essenziali fissati da una o più direttive applicabili al prodotto stesso.
La marcatura CE va apposta su tutti i prodotti oggetto di Direttive Nuovo Approccio, che, come abbiamo visto, sono tipicamente prodotti pericolosi o associati a particolari rischi.
La marcatura CE, in quanto marchio obbligatorio, può tranquillamente coesistere con un altro marchio di tipo volontario: può capitare dunque di osservare sullo stesso elettrodomestico il simbolo della marcatura CE accompagnato, per esempio, dal marchio di qualità volontario IMQ. Il motivo è semplice: la marcatura CE garantisce che un prodotto è sicuro, ma non garantisce che il suo livello qualitativo sia buono. Ciò è garantito da un marchio che ne assicura la conformità ad una norma tecnica.
C’è tuttavia un aspetto che va sottolineato, e sul quale è opportuno fare ben attenzione: la procedura per arrivare alla marcatura CE.
Esistono otto diversi percorsi, più precisamente “moduli”, per arrivare a dimostrare la conformità del prodotto rispetto ai requisiti essenziali e così poter apporre la marcatura CE: con molta semplicità (e poca fantasia…) questi otto moduli sono denominati ciascuno con una lettera dell’alfabeto: A, B, C, D, E, F, G, H.
I differenti moduli sono stati studiati per soddisfare diverse esigenze di verifica di conformità: prevedono infatti diversi livelli di controllo, a seconda della pericolosità del prodotto e dei rischi ad esso associati.
Non è necessario adesso scendere eccessivamente nel dettaglio (in fin dei conti, di queste cose si deve preoccupare il fabbricante!): ciò che conta è capire che alcuni di questi percorsi presuppongono l’intervento di una terza parte indipendente che appunto certifichi la conformità del prodotto rispetto ai requisiti essenziali. In questi casi si parla di “certificazione di conformità” (modulo B, D, E, F,G).
In altri moduli, più semplici, non è affatto richiesto l’intervento di un organismo terzo: è sufficiente che il produttore stesso, sotto la propria responsabilità, dichiari la conformità del proprio prodotto rispetto alle prescrizioni della direttiva. In questi casi si parla di “dichiarazione di conformità” (modulo A e C). Se le cose stanno così – ti verrà spontaneo pensare – allora è molto più semplice fare tutto da soli ed evitare l’intervento di
terzi… insomma… perché complicarsi la vita?
In effetti il fabbricante non è libero al 100% di scegliere il modulo che più gli conviene, ai fini della verifica della conformità: ogni direttiva del tipo “Nuovo Approccio” indica specificamente quali fra gli otto moduli debbono essere utilizzati dal produttore. In genere, comunque, le direttive indicano più di un modulo, lasciando per quanto possibile al produttore una certa libertà di scelta.
Le famiglie di prodotti coperte dalla Marcatura CE
Ecco qui di seguito le famiglie di prodotti che rientrano nel campo di applicazione delle direttive “Nuovo Approccio”, e debbono perciò recare la marcatura CE.
La materia è in evoluzione, e tra qualche mese probabilmente potrebbero esserci nuovi prodotti da aggiungere all’elenco. Per essere sempre aggiornati, è bene tenere d’occhio il sito Internet di Q&C, nella sezione dedicata alla marcatura CE, da cui il presente elenco è tratto.
Ogni titolo elencato qui di seguito identifica una precisa Direttiva del tipo Nuovo Approccio, e la famiglia di prodotti oggetto della direttiva in questione.
Un prodotto può essere contemporaneamente oggetto di due o più direttive del tipo “Nuovo Approccio”: ad esempio un macchinario (tipo tagliaerba) alimentato elettricamente: ricadrà nel campo di applicazione della direttiva macchine, della direttiva materiale elettrico di bassa tensione, e probabilmente anche nel campo di applicazione della direttiva sugli apparecchi che possono creare perturbazioni elettromagnetiche.
In questo particolare caso, non sarà necessario apporre tre volte la marcatura CE! Un solo simbolo andrà benone, e starà a significare che il prodotto soddisfa i requisiti di tutte e tre le direttive che lo riguardano.
Materiale elettrico di bassa tensione
Recipienti semplici a pressione
Giocattoli
Prodotti da costruzione
Apparecchi che possono creare perturbazioni elettromagnetiche
Macchine, macchine mobili, apparecchi di sollevamento
Dispositivi di protezione individuale
Strumenti per pesare a funzionamento non automatico
Dispositivi medici impiantabili attivi
Apparecchi a gas
Apparecchiature terminali di telecomunicazione e apparecchiature delle stazioni terrestri di comunicazione via satellite
Nuove caldaie ad acqua calda alimentate con combustibili liquidi o gassosi
Esplosivi per uso civile
Dispositivi medici
Imbarcazioni da diporto
Apparecchi e sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva
Imballaggi e rifiuti d'imballaggio
Ascensori
Ascensori idraulici ed oleoelettrici
Apparecchi di refrigerazione per uso domestico
Attrezzature a pressione
Dispositivi medico diagnostici in vitro
Sviluppo sostenibile e responsabilizzazione delle aziende
Nei decenni passati, con il boom dello sviluppo industriale, le aziende hanno puntato a massimizzare la produzione e i profitti senza curarsi eccessivamente dell’impatto ambientale della propria attività. A partire dagli anni ’80, invece, grazie anche alla pressione esercitata dalle istituzioni comunitarie, si è assistito ad una presa di coscienza da parte della collettività prima e del comparto produttivo poi circa l’urgenza di un sistema di crescita economica che sia compatibile con la salute della popolazione e la salvaguardia dell’ambiente in cui viviamo.
Nel 1992, il nuovo trattato sull'Unione Europea siglato a Maastricht ha introdotto come obiettivo prioritario la promozione di una crescita sostenibile e rispettosa dell'ambiente. Il concetto di "sviluppo sostenibile" è diventato dunque la chiave di volta della politica comunitaria per l'ambiente, cui istituzioni, mondo produttivo e parti sociali devono fare costante riferimento.
Cosa significa “sviluppo sostenibile”? Sviluppo sostenibile si definisce come uno sviluppo che soddisfa le esigenze attuali senza compromettere per le generazioni future la possibilità di soddisfare le proprie esigenze.
Tale strategia affida proprio alle aziende un ruolo determinante per la tutela dell’ambiente. Da “nemiche” o quantomeno “avversarie” dell’ambiente, le aziende sono oggi responsabilizzate a lavorare nel rispetto dell’ambiente, facendo del proprio impegno ecologico un fattore di competitività e quindi un vantaggio sul mercato.
Se in passato la tutela dell'ambiente nella Comunità era basata principalmente su un’impostazione legislativa (vincoli e imposizioni dall'alto verso il basso), oggi la nuova strategia presuppone la responsabilizzazione e il coinvolgimento attivo e partecipe delle aziende e degli altri attori sociali (dal basso verso l’alto).
Detto in altri termini, per far fronte alla "minaccia ambientale" implicita nella attività industriale, si é in passato fatto ricorso a strumenti di natura prescrittiva, divieti ed obblighi, imposti dalle autorità pubbliche e vissuti dall'impresa come un vincolo esterno.
Si é così creata la tendenza a considerare lo sviluppo industriale e le preoccupazioni ambientali come fattori tra loro incompatibili ed ostili.
E' proprio questa mentalità che è stata sovvertita, arrivando a concepire l'industria manifatturiera non tanto come parte del problema ambientale, quanto come parte della soluzione. Se fino ad oggi si é individuato nell'industria la principale "responsabile" del degrado ambientale, oggi si chiede all'industria di esercitare la propria "responsabilità" in un altro modo, trasformandola in consapevolezza, sensibilità, apertura all'autocritica e alla costante ricerca di nuove soluzioni tecniche per migliorare l'impatto ambientale della propria attività.
La gestione dell'attività produttiva conformemente alle problematiche ambientali diventa in questo contesto un’esigenza interna della stessa azienda, e cessa di essere un’imposizione esterna. Le imprese che non sono pronte a cogliere questa sfida-opportunità rischiano di perdere quote preziose sui mercati in cui i consumatori sono sempre più sensibili all'ambiente.
E' in questo contesto che si inseriscono i “sistemi di gestione ambientale”.
I sistemi di gestione ambientale
Considerando la notevole attenzione che oggi la collettività e il comparto produttivo dedica alla tutela dell’ambiente, i sistemi di gestione ambientale sono diventati un importante punto di riferimento.
Si può definire il “sistema di gestione ambientale” come la parte del sistema di gestione complessivo di un’azienda comprendente la struttura organizzativa, la responsabilità, le prassi, le procedure, i processi e le risorse per definire ed attuare la politica ambientale.
Per capire il significato pratico di questa definizione, si provi a pensare alla classe di una scuola come ad un’azienda. Pensiamo che la classe si sia prefissa quale “politica ambientale” l’obiettivo della riduzione dell’impatto ambientale dei rifiuti.
Per rispettare tale principio, la classe si organizza con procedure per la raccolta differenziata dei rifiuti (un cesto per le lattine, un cesto per la carta, un cesto per le bottiglie di vetro…) e procedure per la rilevazione periodica dei quantitativi di rifiuti raccolti.
Viene definito un responsabile, incaricato di controllare il rispetto delle procedure, e viene creato un team, che si occupa dello smaltimento dei rifiuti.
Periodicamente viene elaborato un rapporto da parte del responsabile, che informa tutta la classe in merito ai risultati raggiunti e alle nuove sfide. Una sintesi del rapporto viene addirittura affissa in bacheca in modo che sia letta da tutti gli allievi dell’Istituto.
Ecco, in modo semplificato, cosa significa sistema di gestione ambientale. Significa avere a cuore l’ambiente e tradurre i propri principi “verdi” in una politica ambientale. Significa identificare programmi ed azioni concrete per attuare gli obiettivi di cui sopra, Significa definire precise figure e ruoli cui demandare un compito di coordinamento e di sorveglianza. Significa sensibilizzare e coinvolgere l’intera struttura aziendale. Significa infine dichiarare pubblicamente gli obiettivi raggiunti e le nuove prospettive, in vista di un miglioramento continuo.
Insomma: un sistema di gestione ambientale è un po’ come un sistema qualità… verde, cioè, finalizzato alla tutela dell’ambiente e all’attuazione della politica ambientale. Per il resto, si tratta sempre di organizzare persone, strumenti, risorse,… in modo che esse possano perseguire con efficacia ed efficienza gli obiettivi prefissi.
Il Regolamento EMAS e le norme della serie ISO 14000
Esistono due principali “modelli” di riferimento per attuare un sistema di gestione ambientale: si tratta dello schema EMAS (European Eco_Management and Audit Scheme - Sistema di Eco_gestione ed audit della Comunità Europea) e delle norme della serie ISO 14000.
Il primo modello viene definito in un Regolamento della Commissione CE (si tratta del Regolamento 1836/93) e prende il nome di Regolamento EMAS oppure anche Eco-audit.
Il Regolamento EMAS istituisce un sistema comunitario di gestione e audit ambientale delle imprese che svolgono attività industriale, articolato in tre momenti principali:
l'introduzione e l'attuazione costante di politiche, programmi e sistemi di gestione orientati alla protezione dell'ambiente;
il controllo sistematico e obiettivo di tali sistemi e la loro valutazione periodica;
l'informazione del pubblico sui risultati raggiunti in termini di efficienza ambientale.
Il sistema di Eco-audit si presenta come una "proposta" - o meglio una sfida - per le imprese, avendo natura volontaria e non obbligatoria.
Può essere di esempio pensare alla seguente proporzione:
le norme della serie ISO 9000 : sistemi qualità = le norme della serie ISO 14000 : sistemi di gestione ambientale.
In altre parole, le norme della serie ISO 14000 sono un possibile riferimento per attuare un sistema di gestione ambientale, così come (lo abbiamo visto nella sessione precedente) le norme della serie ISO 9000 sono un possibile riferimento per attuare un sistema qualità aziendale.
Le norme della serie ISO 14000 (al pari di tutte le altre norme, applicabili su base volontaria) forniscono un approccio completo utilizzabile da parte delle imprese e delle altre organizzazioni interessate per gestire l’impatto delle rispettive attività sull’ambiente.
Attualmente sono state pubblicate solo cinque norme della famiglia ISO 14000, e i lavori tuttora fervono in ambito ISO per arrivare alla emanazione di altre norme di riferimento.
L’UNI ha già recepito e tradotto le seguenti norme:
UNI EN ISO 14001 “Sistemi di gestione ambientale” – Requisiti e guida per l’uso;
UNI EN ISO 14004 “Sistemi di gestione ambientale – Linee guida generali sui principi, sistemi e tecniche di supporto”.
Si può notare osservando i titoli delle norme che soltanto la prima (UNI EN ISO 14001) costituisce una norma di riferimento per un’eventuale certificazione di sistema di gestione ambientale. Le altre si limitano a fornire linee guida e/o definire principi e procedure.
La norma ISO 14001 è stata riconosciuta dalla Comunità Europea come rispondente ad alcune parti del Regolamento 1836/93 “EMAS”. Ecco dunque come i due modelli di riferimento abbiano un importante anello di congiunzione: chi sarà certificato secondo la ISO 14001 sarà giudicato automaticamente in linea con quelle parti dell’EMAS per le quali è stata riconosciuta la corrispondenza tra i due schemi.
L’informazione al pubblico come elemento centrale della politica ambientale di un’azienda
Nonostante ambedue gli schemi considerati (EMAS e UNI EN ISO 14001) tendano a responsabilizzare l’impresa nei riguardi di un miglioramento continuo della loro prestazione ambientale, la differenza chiave tra il Regolamento EMAS e la norma UNI EN ISO 14001 sta nei rispettivi obiettivi finali, laddove:
EMAS porta a produrre una Dichiarazione ambientale destinata alla comunicazione tra impresa e pubblico, il cui contenuto informativo viene convalidato, per gli aspetti di attendibilità, da un terzo indipendente;
La certificazione ISO 14001 porta ad ottenere, da un terzo indipendente, una attestazione di conformità alla norma stessa del sistema di gestione ambientale di un’impresa.
La dichiarazione ambientale, che descrive la situazione ambientale di un sito produttivo, viene messo a disposizione del pubblico, il quale dispone di un effettivo e credibile strumento di controllo dell'attività aziendale. La dichiarazione, per quanto rilasciata dalla stessa impresa, viene controllata ed "avallata" dal verificatore, a sua volta accreditato secondo le prescrizioni del Regolamento. Lungi dall'essere una mera autocertificazione, la dichiarazione ambientale diviene uno strumento attendibile di comunicazione con il pubblico, nonché una "dichiarazione di intenti" valida come impegno non solo verso l'interno, ma anche verso l'esterno.
Trattando invece di certificazione alla norma ISO 14001, vale quanto già affermato trattando di certificazioni in generale. Tale attività viene svolta da una terza parte indipendente (organismo di certificazione). L’impresa richiede la verifica da parte di un organismo accreditato per la certificazione UNI EN ISO 14001; l’accreditamento dei certificatori è svolto dal SINCERT, sulla base della conformità alla norma UNI 45012. Dopo la positiva ispezione da parte dell’ente di certificazione, l’impresa viene certificata ed inserita in un elenco pubblico, gestito dal SINCERT. L’impresa acquisisce dall’ente che l’ha certificata un certificato di conformità alla norma UNI EN ISO 14001 che può utilizzare per i propri scopi di informazione e comunicazione al pubblico.
Cenni sul marchio ecologico dei prodotti (Eco-label)
Trattando di tutela dell’ambiente è opportuno fare la conoscenza con il marchio europeo di qualità ecologica: Eco-label.
Eco-label (eco-etichetta) è uno strumento escogitato dalle istituzioni comunitarie (con Regolamento 880/92) per premiare le aziende e i prodotti più rispettosi dell’ambiente. Allo stesso tempo, come ogni marchio, Eco-label assolve ad una importante funzione di informazione dei consumatori.
L’Eco-label viene assegnata solo ai prodotti che superino una complessa e rigorosa analisi del proprio ciclo di vita, dimostrando di ridurre al minimo l’impatto ambientale. Una volta apposto su un prodotto, l’Eco-label permette al pubblico di distinguere quei prodotti – e dunque, quelle imprese – che soddisfano certi requisiti ambientali.
Anche in questo caso il consumatore è chiamato in causa come arbitro, in grado di favorire le produzioni in linea con l’ambiente. Con Eco-label, non solo il consumatore viene doverosamente informato, ma viene anche messo in condizione di orientare – con le proprie scelte – le future strategie produttive delle imprese, sempre più incentivate ad investire nella ricerca di prodotti o processi che garantiscano il minor impatto ambientale possibile.
Anche il sistema Eco-label è puramente volontario, e dunque le aziende possono scegliere di aderire o meno ad esso. Per questa scelta giocano due fattori, uno strettamente di marketing, legato al vantaggio competitivo che il marchio può apportare; l’altro, più spiccatamente tecnico, riguardante la disponibilità e la capacità tecnico-economica di innovare il proprio portafoglio prodotti nella direzione indicata dal marchio.
Al momento vi è un preciso elenco di prodotti per i quali è possibile fare richiesta per il marchio Eco-label: lavatrici, lavastoviglie, detersivi per lavatrici e lavastoviglie, vernici, frigoriferi, carta per fotocopie e persino… carta igienica!
L’elenco di prodotti per i quali è possibile chiedere il marchio è lungi dall’essere completo, e appositi gruppi tecnici a livello di Unione europea stanno lavorando per la identificazione di altri prodotti, definendone le caratteristiche “verdi”.
In Italia, un’azienda che fosse interessata all’ottenimento dell’Eco-label deve rivolgersi al Comitato per l’Eco-label, istituito presso il Ministero dell’Ambiente.
Pubblicizzare correttamente la certificazione ISO 9000 e ISO 14000
E' più che comprensibile che le aziende e le altre organizzazioni che hanno investito tempo, energia e danaro per ottenere un certificato di conformità ISO 9000 oppure ISO 14000 intendano pubblicizzarlo, segnalando il traguardo raggiunto nei propri messaggi pubblicitari, nel materiale promozionale - filmati compresi - e in qualsiasi altro mezzo di comunicazione.
Spesso però – per scarsa conoscenza delle “regole del gioco” se non addirittura del significato stesso della certificazione conseguita – alcune aziende cadono nella trappola di
affermazioni fuorvianti, ingannevoli o false.
L’ISO e i suoi membri nazionali sono ovviamente impegnati in una campagna di sensibilizzazione ed educazione delle aziende affinché utilizzino in modo corretto il veicolo pubblicitario per fare affermazioni inerenti le certificazioni di sistema conseguite.
I principali “fraintendimenti” dei messaggi pubblicitari
ISO 9000 e ISO 14000 non sono marchi di prodotto!
ISO 9000 non è un marchio di qualità del prodotto: pertanto, nessun etichettatura, né altro messaggio/materiale pubblicitario deve dare l'impressione che un prodotto (compreso hardware, software, manifatture e servizi) sia "certificato ISO 9000". ISO 14001 non è un marchio per contraddistinguere un prodotto "verde" o "amico dell'ambiente".
Nessun etichettatura, nè altro messaggio/materiale pubblicitario deve dare l'impressione che un prodotto sia "certificato ISO 14001". La certificazione si riferisce all’organizzazione del sistema aziendale e non ai risultati/prodotti.
L’ISO è un ente di normazione, non di certificazione!
L'ISO non rilascia certificati di conformità alle ISO 9000 nè alle ISO 14000. Inoltre l'ISO non svolge alcuna attività di approvazione nei confronti dei certificati ISO 9000 o ISO 14000; questi ultimi sono rilasciati da organismi di certificazione in modo del tutto indipendente dall'ISO.
Il ruolo principale dell'ISO è infatti sviluppare norme internazionali: l'ISO pertanto non si occupa di valutare o verificare la conformità dei sistemi qualità aziendali in base alle norme ISO 9000, nè si occupa di valutare o verificare la conformità dei sistemi di gestione ambientale rispetto alla norma ISO 14001. La valutazione di conformità è una faccenda lasciata ad appositi organismi, che effettuano attività di certificazione e/o di prova.
Non esiste la “certificazione ISO” e tantomeno si può utilizzare il logo ISO!
Non esiste la "certificazione ISO", né in relazione alle ISO 9000, né alle ISO 14000, né a qualsiasi altra norma elaborata dall'ISO. L'utilizzo improprio di questa espressione nella maggior parte dei casi sta a significare "certificazione ISO 9000", oppure, "certificazione ISO 14000", attività effettuate in modo indipendente dall'ISO. Il logo ISO è un marchio registrato e l'ISO non ne autorizza l'uso in congiunzione con la certificazione ISO 9000 o ISO 14000.
Un’azienda certificata può semmai legittimamente utilizzare il logo dell’organismo che l’ha certificata (con il permesso di quest’ultimo); il certificato può inoltre riportare il logo dell’ente di accreditamento, che ha appunto accreditato l’organismo di certificazione: è una specie di “catena di garanzie” a vantaggio della chiarezza sul mercato: l’azienda garantisce la propria qualità esibendo il certificato; la attendibilità del certificato è testimoniata dal logo dell’organismo che l’ha rilasciato e, risalendo ancora a monte, dal logo dell’ente che ha accreditato l’organismo.
Qualità E NORME
Le principali nuove norme ISO 9000 sono:
ISO 9000 "Quality management systems - Fundamentals and vocabulary" (UNI EN ISO 9000:2000); descrive i concetti e i fondamenti dei sistemi di gestione per la qualità e la terminologia;
ISO 9001 "Quality management systems - Requirements" (UNI EN ISO 9001:2000) per scopi contrattuali di certificazione; specifica i requisiti dei sistemi di gestione per la qualità, che un'azienda/organizzazione deve soddisfare per dimostrare la sua capacità di fornire prodotti che soddisfino i requisiti del cliente e di ambiti regolamentati;
ISO 9004 "Quality management systems - Guidelines for performance improvements" (UNI EN ISO 9004:2000); fornisce una guida sui sistemi di gestione per la qualità, inclusi i processi per il miglioramento continuo, ai fini della soddisfazione dei clienti e delle altre parti interessate;
ISO 19011 "Guidelines on quality and environmental auditing" (UNI EN ISO 19011:2002); fornisce una guida sulla gestione e conduzione delle verifiche ispettive dei sistemi di gestione ambientale e per la gestione della qualità, compresi i requisiti per la qualificazione dei valutatori o auditors.
Le caratteristiche delle nuove ISO 9000 sono:
compatibilità con le ISO 14000 (ambiente);
ISO 9001 e ISO 9004 strutturate in modo simile e basate entrambe sulla gestione dei processi;
facilità di adattamento dei requisiti delle norme alle attività reali dell'azienda;
impostazione dei sistemi di gestione sul miglioramento continuo e prevenzione delle non conformità;
sistema ISO 9001 orientato al cliente e all'efficacia;
guida ISO 9004 orientata al cliente, alle altre parti interessate, all'efficacia e all'efficienza e al miglioramento continuo delle prestazioni;
semplificazione nell'utilizzazione e facilità nell'autovalutazione;
universalità per tutti i settori e dimensioni delle organizzazioni.
Si è passati dalla assicurazione della qualità a gestione per la qualità.
La gestione per la qualità comprende le attività di assicurazione della qualità e altre attività coordinate per guidare e tenere sotto controllo un'organizzazione al fine di soddisfare esigenze o aspettative espresse, solitamente implicite e/o cogenti.
Implica definire:
la politica e gli obiettivi per la qualità;
la pianificazione della qualità;
il controllo della qualità;
l'assicurazione della qualità,
il miglioramento della qualità.
Per soddisfare esigenze e aspettative del cliente occorre:
conoscerle comunicando con il cliente e/o eseguendo studi e ricerche di mercato;
comunicarle al personale dell'organizzazione attraverso un sistema di comunicazione interno;
trasformarle in precise specifiche;
identificare e tenere sotto controllo i processi necessari per lo sviluppo, l'aggiornamento e la conservazione della documentazione di sistema, di prodotto e di processo;
pianificare ed eseguire le relative attività di produzione, prove, controlli e collaudi, movimentazione, immagazzinamento, conservazione, trasporto e consegna dei prodotti e servizi;
pianificare azioni correttive e preventive finalizzate ad un miglioramento dei processi e dei relativi output;
eseguire adeguate prove, analisi e misurazioni, incluse quelle relative alla conformità ai requisiti del cliente, alla sua soddisfazione sui prodotti e servizi forniti, alla qualificazione dei fornitori;
tenere conto dei relativi risultati in fase di riesame e di individuazione di opportunità di miglioramento del sistema di gestione per la qualità e dei suoi elementi di gestione, compreso l'addestramento del personale.
La ISO 9001 è orientata al cliente e all'efficacia, mentre la ISO 9004 è orientata al cliente, alle altre parti interessate e all'efficacia ed efficienza.
Entrambe sono basate sui seguenti principi:
Principio 1 – Organizzazione orientata al cliente
Le organizzazioni dipendono dai propri clienti e dovrebbero pertanto capire le loro esigenze presenti e future, ottemperare ai loro requisiti e mirare a superare le loro stesse aspettative.
Benefici principali:
Aumento del reddito e delle quote di mercato, attraverso una risposta flessibile e rapida alle opportunità offerte dal mercato.
Miglior efficacia, nell’uso delle risorse di un’organizzazione, nel perseguire la soddisfazione dei clienti.
Maggior fidelizzazione dei clienti, che porta continuità di affari e stimola il passa parola.
L’applicazione del principio "Organizzazione orientata al cliente" porta normalmente a:
Individuare e comprendere le esigenze ed aspettative del cliente.
Assicurarsi che gli obiettivi ed i traguardi dell’organizzazione siano coerenti con le esigenze e le aspettative dei clienti.
Segnalare queste esigenze ed aspettative a tutta l’organizzazione.
Misurare la soddisfazione del cliente ed agire di conseguenza.
Gestire con sistematicità i rapporti con il cliente.
Assicurare un approccio bilanciato tra i clienti e le altre parti interessate (quali: proprietari, personale, fornitori, finanziatori, comunità locali e la società in generale
Principio 2 – Leadership
I capi stabiliscono unità di intenti e di indirizzo dell’organizzazione. Essi dovrebbero creare e mantenere un ambiente interno che coinvolga pienamente il personale nel perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione.
Benefici principali:
Il personale comprenderà e sarà motivato nel perseguimento degli obiettivi e dei traguardi dell’organizzazione.
Le attività verranno valutate, rese coerenti e messe in atto in modo unificato.
Saranno ridotti i disguidi di comunicazione tra i diversi livelli dell’organizzazione.
L’applicazione del principio "Leadership" porta normalmente a:
Tener conto delle esigenze di tutte le parti interessate, inclusi clienti, proprietari, personale, fornitori, comunità locali e la società in generale.
Stabilire una chiara visione del futuro dell’organizzazione.
Fissare obiettivi e traguardi stimolanti.
Creare e sostenere valori comuni e modelli di regole etiche e di correttezza a tutti i livelli dell’organizzazione.
Creare fiducia e dissipare timori.
Fornire al personale le necessarie risorse, l’addestramento e la libertà per agire con responsabilità.
Stimolare, incoraggiare e riconoscere i contributi forniti dal personale.
Principio 3 - Coinvolgimento del personale
Le persone, a tutti i livelli, costituiscono l’essenza di un’organizzazione ed il loro pieno coinvolgimento permette di porre le loro capacità al servizio dell’organizzazione.
Benefici principali:
Motivazione, rispondenza e coinvolgimento del personale nell’ambito dell’organizzazione.
Innovazione e creatività nel raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione.
Responsabilizzazione del personale per le proprie prestazioni.
Desiderio del personale di partecipare e contribuire al miglioramento continuo.
L’applicazione del principio "Coinvolgimento del personale" porta normalmente il personale a:
Comprendere l’importanza del suo contributo e del suo ruolo nell’organizzazione.
Individuare i vincoli attinenti alle proprie prestazioni.
Accettare l’incarico e la responsabilità di risolvere i problemi.
Valutare le sue prestazioni a fronte dei suoi obiettivi e traguardi.
Ricercare attivamente occasioni per sviluppare le proprie competenze, conoscenze ed esperienze.
Condividere liberamente conoscenze ed esperienze.
Discutere apertamente di problemi e situazioni.
Principio 4 - Approccio per processi
Un risultato desiderato si ottiene con maggior efficienza quando le relative risorse ed attività sono gestite come un processo.
Benefici principali:
Minori costi e cicli più brevi, mediante un efficace uso delle risorse.
Risultati migliori, coerenti e prevedibili.
Occasioni per la messa a fuoco e la scelta delle priorità dei miglioramenti.
L’applicazione del principio "Approccio per processi" porta normalmente a:
Utilizzare metodi strutturati nella definizione delle attività necessarie ad ottenere i risultati desiderati.
Stabilire chiaramente le responsabilità per la gestione delle attività principali.
Analizzare e misurare le potenzialità delle attività principali.
Individuare le interfacce delle attività principali tra ed all’interno delle funzioni dell’organizzazione.
Mettere a fuoco i fattori (quali le risorse, i metodi, i materiali) in grado di migliorare le principali attività dell’organizzazione.
Valutare i rischi, le conseguenze e l’impatto delle attività sui clienti, sui fornitori e sulle altre parti interessate.
Principio 5 - Approccio sistemico alla gestione
Identificare, capire e gestire un sistema di processi interconnessi, mirati a determinati obiettivi, migliora l’efficacia e l’efficienza dell’organizzazione.
Benefici principali:
Integrazione ed allineamento dei processi per meglio favorire il raggiungimento dei risultati desiderati.
Capacità di mettere a fuoco i processi che più contano.
Dar fiducia alle parti interessate sulla solidità, efficacia ed efficienza dell’organizzazione
L’applicazione del principio "Approccio sistemico alla gestione" porta normalmente a:
Strutturare il sistema per raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione nel modo più efficace ed efficiente.
Comprendere le interdipendenze tra i processi del sistema.
Impostare approcci strutturati che armonizzino ed integrino tra loro i processi.
Comprendere meglio i ruoli e le responsabilità necessari per raggiungere gli obiettivi comuni, riducendo quindi le barriere tra le funzioni dell’organizzazione.
Capire le potenzialità organizzative ed individuare i vincoli sulle risorse prima di iniziare le attività.
Individuare obiettivi e definire come le attività specifiche dovrebbero inquadrarsi nel sistema.
Migliorare continuamente il sistema mediante misure e valutazioni.
Principio 6 - Miglioramento continuo
Il miglioramento continuo dovrebbe essere un obiettivo permanente dell’organizzazione.
Benefici principali:
Vantaggi prestazionali attraverso migliorate potenzialità organizzative.
Razionalizzazione delle attività di miglioramento a tutti i livelli, per perseguire gli obiettivi strategici dell’organizzazione.
Flessibilità nel rispondere con prontezza alle opportunità che si presentano.
L’applicazione del principio "Miglioramento continuo" porta normalmente a:
Adottare, per l’intera l’organizzazione, un approccio coerente nel miglioramento continuo.
Addestrare il personale sui metodi e strumenti per perseguire il miglioramento continuo.
Fare, del miglioramento continuo di prodotti, processi e sistemi, un obiettivo per tutto il personale dell’organizzazione.
Stabilire traguardi per il miglioramento continuo e misure per seguirne l’andamento.
Riconoscere e dare credito dei miglioramenti.
Principio 7 - Decisioni basate su dati di fatto
Le decisioni efficaci si basano sull’analisi di dati ed informazioni.
Benefici principali:
Decisioni razionali.
Maggior capacità nel dimostrare l’efficacia di precedenti decisioni, sulla base di situazioni di fatto.
Miglior capacità di esaminare, confrontare e modificare opinioni e decisioni.
L’applicazione del principio "Decisioni basate su dati di fatto" porta normalmente a:
Assicurarsi che i dati e le informazioni siano sufficientemente accurati ed affidabili.
Rendere accessibili dati ed informazioni a chi ne ha bisogno.
Analizzare i dati e le informazioni utilizzando metodi validi.
Assumere decisioni e prendere azioni basandosi su analisi di fatti reali, bilanciandole con l’esperienza e l’intuizione.
Principio 8 - Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori
Una organizzazione ed i suoi fornitori sono interdipendenti ed un rapporto di reciproco beneficio migliora, per entrambi, la capacità di creare valore.
Benefici principali:
Maggior capacità di creare valore, per entrambe le parti.
Flessibilità e prontezza nel dare risposte congiunte al mutare del mercato o delle esigenze e aspettative dei clienti.
Ottimizzazione di costi e risorse.
L’applicazione del principio "Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori" porta normalmente a:
Stabilire rapporti in grado di bilanciare i guadagni a breve con logiche di lungo termine.
Condividere esperienze e risorse con i principali partners.
Identificare e selezionare i fornitori principali.
Stabilire comunicazioni chiare ed aperte.
Scambiarsi informazioni e piani per il futuro.
Individuare attività congiunte per lo sviluppo ed il miglioramento.
Suggerire, incoraggiare e riconoscere i miglioramenti e gli obiettivi raggiunti.
CONCETTI RELATIVI ALLA QUALITA'
GLOSSARIO
Accreditamento
Procedimento con cui un organismo riconosciuto attesta formalmente la competenza di un organismo o persona a svolgere funzioni specifiche.
"Accreditare" significa verificare e garantire la competenza e la professionalità di un organismo di certificazione o di un laboratorio di prova/taratura, secondo parametri oggettivi.
Approccio globale
(vedi anche Nuovo Approccio)
Il Consiglio delle Comunità Europee ha approvato nel 1989 una risoluzione concernente un "approccio globale in materia di valutazione della conformità", per definire in un quadro preciso i sistemi di valutazione della conformità alle norme armonizzate. La risoluzione "Approccio Globale" scompone in otto moduli (A-H) la procedura di valutazione di conformità, distinguendo tra il momento della progettazione e quello della produzione, e precisando i criteri di utilizzazione dei differenti moduli.
approccio modulare
(vedi anche Approccio Globale e Moduli)
Ciascuna direttiva UE - in riferimento ai prodotti che rientrano nel proprio campo di applicazione - stabilisce quali moduli possano essere utilizzati per dimostrare la conformità del prodotto, lasciando al fabbricante il più ampio margine di scelta possibile, compatibilmente con il tipo di prodotto e i rischi che esso può comportare.
Action plan
Serie di attività programmate che indicano "cosa" deve essere attuato, entro " quando" tale attività deve essere completata e "chi" ne è il responsabile. In inglese si usa il termine "3 W ", ovvero " What ", " When ", " Who ".
Analisi approfondita
E' l'analisi di secondo livello che si applica ad aree particolari individuate come critiche dal check-up di primo livello. Viene condotta utilizzando strumenti di rilevazione ed elaborazione di dati (questionari, interviste, griglie di raccolta dati, 7 strumenti della QT, in particolare diagramma causa-effetto, diagramma a colonne, diagramma di Pareto e diagramma di dispersione-correlazione). Dalle risultanze emerge il quadro del fenomeno, a partire dal quale appaiono ragionevoli le scelte di progetto.
Autocertificazione
Sistema che impegna enti e aziende a rispettare gli standards qualitativi dei propri prodotti e servizi, attivando processi di produzione e controllo. L'autocertificazione impegna a lavorare concordando gli standards con i clienti.
Autodiagnosi
Metodo di lavoro che permette di definire i punti critici delle attività e dei processi di produzione. L'autodiagnosi consiste nell'analisi di inputs e outputs in rapporto alla soddisfazione delle esigenze dei clienti.
Benchmarking
(detta anche Best practice) Processo di analisi delle prestazioni della propria azienda e dei processi aziendali che le realizzano e di confronto con le prestazioni e le prassi di altre aziende ritenute eccellenti appartenenti sia al medesimo settore (Best in class) che ad altri. L'attività di benchmarking è rivolta quindi alla ricerca e all'applicazione delle migliori procedure organizzative ed operative (best practice) presenti in altre aziende, con l'obiettivo di raggiungere prestazioni superiori e di conseguenza risultati migliori.
Breakthrough
Il termine indica un cambiamento rapido, di rottura con la tradizione, per conseguire risultati di prodotto e di processo di livello più elevato rispetto al passato.
Brainstorming
Tecnica che favorisce la produzione di idee da parte di un gruppo, consentendo ad ogni elemento di esprimere tutto ciò che pensa, valorizzandone quindi la creatività. In ciascuna sessione di brainstorming, dopo l'esposizione dell'argomento da parte del capogruppo, vengono concessi 5-10 minuti in cui ogni partecipante annota ogni idea che gli viene in mente. In seguito, a turno, ciascun individuo espone la prima delle proprie idee fino ad esaurirle tutte attraverso numerose rotazioni. Elemento peculiare è il fatto che nessuna idea, mentre viene esposta, può essere considerata giusta o sbagliata, in quanto in questa fase non è consentito esprimere giudizi critici su quello che viene detto (dall’ingl. Storming = tempesta e brain = cervello).
Business Process Management (BPM)
Sistema di conduzione aziendale che vede l’azienda organizzata non più per funzioni, ma per processi. Tale approccio si giustifica con la necessità di unificare diverse attività in funzione di un obiettivo comune: la soddisfazione del cliente finale dell’azienda, in quanto solo ciò che è visibile e percepito da questi apporta valore aggiunto. La gestione per processi pone l’accento sull’efficienza del processo e la sua flessibilità (intesa come adattamento rapido e a basso costo ai mutamenti ambientali). Essa comporta inoltre un cambiamento organizzativo: la tradizionale cultura gerarchico-funzionale, basata sulla mansione, lascia spazio ad un’organizzazione per risultati, dove l’aggregazione per competenze prevale sull’appartenenza funzionale. Emerge quindi la necessità di una nuova figura organizzativa: il responsabile di processo ("process owner") cioè colui che opera trasversalmente rispetto alle funzioni tradizionali e presiede alle attività di miglioramento delle prestazioni del processo.
Causa-effetto (diagramma)
Rappresentazione grafica che consente di evidenziare il grado di importanza delle varie cause che determinano un problema. Una volta individuate le varie cause relative ad un determinato effetto, esse vengono analizzate successivamente come effetti di altre cause, sino ad ottenere uno schema di dettaglio sufficiente per inquadrare il problema affrontato.
Certificazione
Attestazione rilasciata da appositi istituti di vigilanza e controllo relativa al raggiungimento di standards di qualità definiti a livello internazionale.
Certificato di conformità
Documento emesso secondo le regole di un sistema di certificazione, il quale indica che, con sufficiente certezza, un determinato prodotto, processo o servizio è in conformità con una specifica norma o altro documento normativo.
Check-up
Analisi di primo livello che investe tutte le fasi del processo di erogazione del servizio. Viene condotto attraverso un brainstorming guidato che ha lo scopo di individuare i principali punti di forza e di debolezza dell'organizzazione. Dall'analisi dei punti di non-qualità in prospettiva sistemica (tenendo quindi conto delle interazioni) emergono le aree problematiche su cui applicare successivamente l'analisi approfondita. Il prodotto finale è la mappa di Q e nQ dell'istituto, concretamente la scheda dei punti di forza e di debolezza.
Cinque "perché"
Termine di origine giapponese che, al fine di arrivare alle vera radice e causa originaria di un problema, suggerisce di chiedersi ripetutamente il "perché" esiste un problema, al fine di evitare di fermarsi al primo elemento individuato e considerato quale causa prima. E' uno strumento di diagnosi utilizzato per la ricerca, in presenza di un'anomalia (successo o insuccesso sia di prodotto che di processo) delle cause "primarie", consolidando (o rimuovendo) le quali, si ha una maggiore probabilità di consolidare (o rimuovere) l'anomalia.
Cinque W e due H
Espressione inglese che ricorda a chi sta lavorando alla soluzione di un problema di trovare una risposta alle domande: Who, What, When, Where, Why, How, How much (Chi, Cosa, Quando, Dove, Perché, Come, Quanto costa).
Cliente
Qualsiasi soggetto che risulti coinvolto dai processi e dai prodotti aziendali, in quanto destinatario di questi ultimi. La norma UNI EN ISO 9000-I definisce cliente "colui che riceve un prodotto da un fornitore". Cliente esterno è il cliente finale, ovvero la persona che compra il prodotto o il servizio finale dell'azienda. Cliente interno, all'interno di un'azienda, è il soggetto o l'ente che sta a valle e che riceve il servizio, l'informazione o il semilavorato di chi sta a monte (suo fornitore).
Comunicazione
Processo di trasferimento di informazioni tra persone e gruppi. Rappresenta uno dei pilastri della Qualità Totale (Globale) perché permette il coinvolgimento di tutti i dipendenti nei processi aziendali di miglioramento. Un perfezionamento del processo di comunicazione consente all’azienda una migliore capacità di rispondere alle richieste dei clienti. Dal punto di vista tecnico, la comunicazione è un’attività in cui ci sono: un emittente che trasmette un messaggio, un destinatario che lo riceve, un messaggio di ritorno come risposta. La comunicazione avviene solo quando il destinatario, dopo aver ricevuto il messaggio, trasmette a sua volta una risposta (feedback). La comunicazione quindi è un processo a due vie: andata e ritorno del messaggio.
Conformità
Rispondenza di un prodotto, processo o servizio ai requisiti specificati.
Diagramma di correlazione
Strumento di rappresentazione grafica sul piano cartesiano delle possibili relazioni tra due variabili, per verificare se esistono rapporti di causa-effetto. Il diagramma viene costruito riportando sull'asse orizzontale (ascissa) i valori di una variabile e sull'asse verticale (ordinata) quelli di un'altra. La disposizione dei punti sul piano può indicare eventuali rapporti di proporzionalità e quindi di causalità.
Diagramma di flusso
E' la rappresentazione tramite disegno o schema delle varie fasi di un processo. Attraverso l'uso di simboli (figure geometriche) collegati da linee continue (segmenti di collegamento tra i simboli) si rappresenta il processo in esame mettendone in rilievo lo sviluppo e l'articolazione logico-temporale.
Diagramma di Gantt
Diagramma usato per la rappresentazione a due dimensioni (attività-tempi) di un progetto, per evidenziare relazioni, date e scadenze delle diverse fasi e attività progettuali.
Diagramma di Pareto
Diagramma a colonne che permette di definire una scala di importanza tra eventi sulla base della loro frequenza. Dalla rappresentazione grafica appare evidente quali sono le cause maggiormente responsabili dell'effetto finale e quali sono quindi i fattori su cui intervenire prioritariamente.
Dichiarazione (della conformità) del fornitore
La dichiarazione di conformità è l'atto con cui il fabbricante dichiara, sotto la sua personale responsabilità, che un prodotto, processo o servizio è conforme ad una specifica norma o ad altro documento normativo.
Direttive UE
Le Direttive sono atti vincolanti adottati dalle istituzioni dell'Unione Europea. Le Direttive sono rivolte agli Stati Membri, e vincolano questi ultimi in merito ai risultati da ottenere, lasciando una certa libertà di manovra circa i mezzi con i quali raggiungere detti obiettivi. Le direttive debbono essere recepite nell'ordinamento nazionale con un atto di recepimento (una legge oppure un decreto), entro i termini fissati dalla direttiva stessa. Qualora uno Stato non adempia ai suoi obblighi entro i termini previsti, è possibile che la direttiva abbia un’efficacia diretta nell'ordinamento nazionale, a condizione che i suoi imperativi siano sufficientemente chiari e precisi.
Difetto
Ogni dato di non-conformità di un determinato elemento (prodotto-servizio) rispetto alle caratteristiche richieste. Il difetto può essere interno, se individuato nel corso del processo di produzione e di erogazione, o esterno, se rilevato dal cliente.
Eco-audit
Eco-audit è un sistema volontario di gestione e audit ambientale delle imprese che svolgono attività industriale, destinato a sensibilizzare le industrie verso un continuo miglioramento delle proprie prestazioni ambientali. Tale sistema è stato istituito dal Regolamento CE 1836/93, altresì chiamato EMAS (Sistema comunitario di ecogestione ed audit).
Eco-label
Eco-label (eco-etichetta) è uno strumento che "premia" le aziende e i prodotti più rispettosi dell'ambiente e allo stesso tempo informa i consumatori. Il Reg. 880/92 CE - istitutivo dell'Eco-label - prevede che esso venga assegnato solo ai prodotti che superano una complessa e rigorosa analisi del loro ciclo di vita, dimostrando di ridurre al minimo l'impatto ambientale. L'eco-label - una volta apposto su un prodotto - permette dunque al mercato di selezionare solo quei prodotti - e dunque quelle imprese - che soddisfano certi requisiti ambientali, disegnando nuove regole del gioco concorrenziale.
Efficacia
Misura del rapporto tra i risultati raggiunti e gli obiettivi prefissati.
Efficienza
Misura del rapporto tra le prestazioni effettive e lo standard fissato.
Empowerment
Creazione di una struttura organizzativa aziendale che, congiuntamente all'addestramento e alla formazione dei lavoratori, consente a questi ultimi di diventare consapevoli delle proprie capacità e di poterle sviluppare. Ciò è reso possibile dal fatto che al lavoratore viene consentito di operare in autocontrollo, con tutti i mezzi necessari per generare output che incontrino i bisogni dei clienti (interni ed esterni), allargare i suoi compiti (job enrichment), lavorare in gruppi autogestiti.
EN 45000
Trattasi di una serie di norme tecniche europee che prevedono i requisiti di professionalità e competenza che un organismo di certificazione o un laboratorio deve soddisfare. Tali norme sono state adottate - su invito degli organi comunitari - da CEN e CENELEC.
Enti di normazione
(vedi anche Normazione, Norme tecniche)
Organismo che svolge attività normativa, riconosciuto a livello nazionale, regionale o internazionale, la cui principale funzione, in applicazione del proprio statuto, è la preparazione, l'approvazione o il recepimento di norme accessibili al pubblico.
Gli enti di normazione offrono un vero e proprio servizio, organizzando ed ufficializzando le occasioni di incontro e dialogo tra tutte le categorie economiche e sociali.
In Italia questa essenziale funzione è affidata per legge all'UNI - Ente Nazionale Italiano di Unificazione - e al CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano - quest'ultimo competente solo per il settore elettrico ed elettrotecnico. L'UNI ed il CEI rappresentano l'Italia presso gli enti di
normazione a livello europeo (CEN e CENELEC) ed internazionale (ISO e IEC), assicurando la partecipazione agli organi politici e tecnici.
Esigenze del cliente
Insieme delle aspettative che un cliente ha nei confronti di un prodotto o di un servizio e che sono influenzate dalle precedenti esperienze, da bisogni personali e dalla comunicazione. Tali esigenze possono essere implicite (la cui soddisfazione è cioè data per scontata), espresse (cioè richieste esplicitamente) o latenti (ovvero inconsce).
Facilitatore
Manager di medio-alto livello che ha la funzione di coordinare l’attività di uno o più gruppi di progetto e di rimuovere eventuali ostacoli di carattere organizzativo fornendo loro il necessario supporto metodologico.
Feed back
Sistema continuo di monitoraggio e ritorno delle informazioni che, esteso a tutte le attività dell'azienda, ha lo scopo di indirizzare chi ne ha la responsabilità ad intraprendere eventuali azioni di miglioramento.
Formazione
Tutte le attività che comportano l’acquisizione dei metodi e delle capacità richieste per lo svolgimento del lavoro.
Governo dei processi
Attività volta a dominare la variabilità del processo (process control) che tende ad allontanarne i risultati dagli obiettivi prefissati e a ricercare continuamente opportunità di miglioramento delle performance in termini sia di efficacia che di efficienza (process improvement). Gruppo di lavoro
Insieme di persone che operano in modo organizzato dando vita ad un’entità dotata di vita autonoma (cioè indipendente e distinta da quella dei suoi singoli componenti) che lavora per il perseguimento di un obiettivo riconosciuto ed accettato da tutti.
Gruppo di progetto
Gruppo, solitamente interfunzionale, di professionisti, manager, specialisti aziendali, costituito temporaneamente per risolvere un problema specifico, con obiettivi predeterminati e nell’arco di tempo considerato necessario e concordato.
Gruppo di miglioramento
Gruppo formato ad hoc da persone provenienti da qualsiasi funzione aziendale, ma che per competenza e/o esperienza possono portare un contributo determinante, allo scopo di seguire un determinato progetto legato al miglioramento della qualità.
ISO 14000
Famiglia di norme internazionali sui sistemi di gestione ambientale; forniscono un approccio completo, di tipo sistematico, utilizzabile da parte delle imprese e delle altre organizzazioni interessate, per gestire l'impatto delle rispettive attività sull'ambiente.
Ispezione
L'ispezione è una attività che consiste in un esame di prodotti, progetti, servizi, processi o impianti, al fine di determinare la conformità ai requisiti specifici oppure, sulla base di giudizio professionale, a requisiti generali. Una ispezione può essere compiuta come terza parte indipendente oppure come seconda parte o come prima parte. I risultati di una ispezione consistono in rapporti o certificati di ispezione rilasciati a Enti che esercitano funzioni di supervisione o a clienti. I risultati di una ispezione possono essere utilizzati a supporto di attività di organismi di certificazione di prodotto e/o di sistema e/o di personale, sia in campo volontario sia in campo obbligatorio; l'attività ispettiva ai fini certificativi è in particolare richiamata nelle norme UNI CEI EN 45011 e UNI CEI EN 45012.
Kaizen (miglioramento continuo)
Termine giapponese che indica una logica di comportamento che prevede avanzamenti di qualità continui senza operare cambiamenti radicali. I miglioramenti avvengono per piccoli passi, grazie all'azione di tutti gli operatori che, responsabilmente, cooperano al miglioramento delle performances aziendali.
Lavoro di gruppo
Attività di cooperazione tra più individui, che possono anche appartenere a differenti aree dell’azienda, svolta al fine di giungere ad una più rapida e migliore definizione di un progetto o risoluzione di un problema, ad un più drastico e permanente miglioramento nei processi e nelle operazioni e ad una maggiore produttività rispetto a quanto ottenibile seguendo il tradizionale schema di lavoro gerarchico.
Leadership (guida)
Capacità di guidare e motivare le persone al raggiungimento di obiettivi. E' fondamentale l'esercizio della leadership per far funzionare un gruppo efficacemente.
Marcatura CE
(vedi anche moduli)
La marcatura CE è una sigla che deve essere apposta in modo visibile e indelebile su un prodotto per attestare che esso possiede i requisiti essenziali fissati da una o più direttive comunitarie. La marcatura CE è la sola che può attestare la conformità ai requisiti prescritti dalle direttive.
Marchio di conformità
Marchio depositato, applicato conformemente alle regole di un sistema di certificazione, indicante che, con sufficiente certezza, un determinato prodotto, processo o servizio è in conformità con una specifica norma o altro documento normativo.
Esistono marchi obbligatori e marchi volontari. I marchi obbligatori attestano la conformità a regole tecniche di impiego obbligatorio; i marchi volontari attestano la conformità a norme tecniche di impiego volontario, testimoniando presso il pubblico il buon livello del prodotto.
Miglioramento
E’ così definito l’insieme delle attività intraprese in modo continuativo, nell’ambito di un’organizzazione, per accrescere l’efficienza e l’efficacia delle attività e dei processi a vantaggio sia dell’organizzazione, sia dei clienti. Si contrappone al miglioramento per innovazioni in quanto si propone di risolvere problemi di tipo occasionale attraverso il coinvolgimento e la partecipazione di tutto il personale dell’azienda. (Miglioramento continuo = Kaizen).
Miglioramento della qualità
Azioni intraprese nell’ambito di un’organizzazione per accrescere l’efficienza e l’efficacia delle attività e dei processi a vantaggio sia dell’organizzazione, sia del cliente.
Moduli
Per arrivare alla marcatura CE esistono otto moduli, ossia procedure, contrassegnati ciascuno da una lettera dell'alfabeto (A-B-C-D-E-F-G-H). I differenti moduli sono stati studiati per soddisfare diverse esigenze di verifica di conformità: prevedono infatti diversi livelli di controllo, a seconda della pericolosità del prodotto e dei rischi ad esso associati.
Monitoraggio
Processo basato sulla logica del PDCA col quale si punta a prevenire ogni problema che potrebbe verificarsi e a garantire il conseguimento degli obiettivi prefissati. Tale scopo viene raggiunto attraverso la pianificazione delle attività (Plan), l'esecuzione delle stesse (Do), la verifica dei risultati prefissati (Check) e l'adozione di contromisure qualora tra essi sia stato rilevato uno scostamento (Act). Tale processo è noto anche come Ruota di Deming.
Motivazione
La motivazione del personale è uno dei fattori più importanti del miglioramento della qualità. Se un’azienda ha problemi di qualità spesso la causa va ricercata nella demotivazione dei suoi dipendenti. La motivazione è il risultato di un processo ben preciso che prevede: la determinazione delle esigenze emotive di ogni individuo;
la creazione in azienda di condizioni che, permettendo all’individuo di seguire la sua natura, gli consentano di esprimere le sue potenzialità e di soddisfare dette esigenze. In passato si è ritenuto che l’incentivo economico fosse il mezzo più potente per spingere le persone a fare un buon lavoro; in realtà se non c’è consenso, o meglio se non c’è percezione, in chi lavora, che quanto sta facendo risponde alle sue aspettative di essere umano, diventa impossibile perseguire la qualità.
Normazione
Attività svolta per stabilire, relativamente a problemi effettivi e potenziali, disposizioni per gli usi comuni e ripetitivi, miranti ad ottenere l'ordine migliore in un determinato contesto.
Fare normazione significa recepire le esigenze, vuoi dei produttori, vuoi degli utilizzatori di un determinato prodotto o servizio; significa ricercare e mettere in contatto gli esperti che rappresentano i diversi interessi in causa; significa costituire e gestire commissioni tecniche, sottocommissioni e gruppi di lavoro in cui si riuniscono gli esperti per studiare ed elaborare norme che rispondano alle specifiche esigenze. Attraverso il confronto e la discussione, secondo procedure codificate ed ufficiali, nascono le norme tecniche, documenti di natura puramente volontaria, elaborati con il consenso delle parti (produttori, consumatori, esponenti del mondo accademico e scientifico, Pubblica Amministrazione...).
Norme tecniche
Documento, prodotto mediante consenso e approvato da un organismo riconosciuto, che fornisce, per usi comuni e ripetuti, regole, linee guida o caratteristiche, relative a determinate attività o ai loro risultati, al fine di ottenere il miglior ordine in un determinato contesto.
Le norme tecniche sono specifiche che definiscono le caratteristiche e le prestazioni di prodotti, processi e servizi sotto diversi aspetti: terminologici, qualitativi, dimensionali, tecnologici e di sicurezza, rappresentando la migliore soluzione in base al livello tecnologico del momento e in base a considerazioni economiche. La norma definisce pertanto "lo stato dell'arte" di un determinato prodotto. Le norme tecniche sono elaborate dagli enti di normazione, secondo procedure riconosciute ed ufficiali, e si caratterizzano per la volontarietà.
Norme tecniche armonizzate
La norma armonizzata é una specifica tecnica adottata da un ente di normazione europeo (CEN, CENELEC, ETSI) sulla base di un mandato della Commissione CE, nel quadro di orientamenti e procedure prestabiliti. Tali norme sono solo volontarie, e rappresentano una delle possibili vie per ottenere la marcatura CE. Esse tuttavia costituiscono una corsia privilegiata, poiché garantiscono la conformità alle direttive. Si parla in questo caso di "presunzione di conformità" ai requisiti essenziali delle direttive.
Nuovo approccio
Risoluzione CE del 1985, che introduce una nuova ripartizione di compiti e responsabilità tra legislazione comunitaria e normazione europea: le istituzioni comunitarie si limitano ad armonizzare, per mezzo di direttive, i requisiti essenziali relativi a sicurezza e salute dei cittadini, protezione dei consumatori e tutela dell'ambiente. Agli istituti di normazione europei -CEN, CENELEC ed ETSI - spetta invece il compito di stabilire, mediante norme cosiddette "armonizzate", le specifiche tecniche di cui gli operatori hanno bisogno per progettare e fabbricare prodotti conformi ai requisiti essenziali stabiliti dalle direttive.
Obiettivo
Traguardo che un'organizzazione si propone di raggiungere attraverso lo svolgimento di un'attività e verso il quale si orientano i suoi sforzi.
Organismi notificati
Gli Stati membri sono invitati, nell'ambito di tutte le direttive emanate secondo il "nuovo approccio", a notificare alla Commissione e agli altri Stati membri gli organismi (laboratori, istituti di certificazione) che essi considerano competenti ad assumere le responsabilità di "organismi notificati". A questi ultimi, è affidato l'incarico di verificare la conformità dei prodotti oggetto di direttive Nuovo approccio rispetto ai requisiti fissati dalle stesse, nei casi e secondo le modalità previsti.
Organismi di certificazione
Organismo che effettua la certificazione di conformità. Un organismo di certificazione può effettuare attività di prova e di ispezione in proprio o sovraintendere alle attività svolte da altri organismi per suo conto.
Gli organismi di certificazione certificano la conformità di un certo "oggetto" (prodotto, servizio, personale, sistema qualità aziendale) rispetto ad una determinata norma tecnica. A seguito della procedura di valutazione della conformità, gli organismi rilasciano un certificato.
Organismo di ispezione
Organismo che effettua servizi di ispezione per conto dell'organismo di certificazione.
Organizzazione
Organismo costituito da altri organismi o persone che ha un proprio statuto e una sua amministrazione (UNI CEI EN 45020). In ambito aziendale si intende l'insieme dei criteri di divisione e di specializzazione del lavoro tra le persone che ne fanno parte, nonché le modalità di coordinamento per il raggiungimento degli obiettivi.
PDCA
Metodologia che guida il processo di mantenimento e miglioramento continuo applicabile a tutte le situazioni (in particolare al processo produttivo) che si realizza attraverso un'azione ciclica basata sulla reiterazione sequenziale delle 4 fasi della Ruota di Deming :
Plan = pianificare, preparare a fondo;
Do =fare ciò che si è deciso di fare nella 1° fase;
Check = verificare i risultati confrontandoli con ciò che si è pianificato;
Act = decidere di mantenere o correggere;
Ciascuna di queste 4 fasi a sua volta è costituita da un sottociclo di PDCA.
Nel problem solving il PDCA, supportato dall'utilizzo dei 7 Tools (sette strumenti) garantisce la risoluzione efficace dei problemi in quanto permette di affrontare questi ultimi in modo ordinato e sequenziale.
Policy deployment (diffusione delle politiche)
E' il complesso delle azioni di diffusione a tutti i livelli aziendali delle attività di miglioramento previste dalla politica aziendale stabilita dalla direzione e dai collaboratori.
Problem finding
Metodologia di analisi dal cui risultato prende poi il via quella del problem solving. La finalità di questa analisi è quella di decidere quale tra i problemi che si presentano dovrà essere affrontato per primo. Le tre fasi di questa analisi sono: identificazione di tutti i problemi che preoccupano coloro che contribuiscono all’attività di miglioramento;
raccolta di informazioni sui problemi, al fine di evitare di accantonare un problema in prima battuta solo perché ci sono poche informazioni al riguardo;
scelta del problema. In questo tipo di analisi ci si avvale dell’utilizzo dei sette strumenti.
Problem solving
Metodologia di analisi utilizzata per individuare, pianificare ed attuare le azioni necessarie alla risoluzione di un problema (dopo che quest’ultimo è stato identificato tramite le tecniche di problem finding).
Le fasi dell’analisi sono: definizione del problema allo scopo di individuare e definire esplicitamente le devianze (scostamenti dalle condizioni attese) di cui si devono ricercare e trovare le cause;
raccolta delle informazioni allo scopo di costruire un filtro attraverso cui verificare successivamente le ipotesi fatte sulle possibili cause delle devianze in questione;
identificazione delle cause più probabili al fine di limitare il campo di intervento a ciò che può dare il massimo effetto al minimo sforzo;
formulazione di ipotesi di cause possibili per individuare i possibili collegamenti logici tra le informazioni considerate più critiche e le devianze in questione;
sviluppo operativo dell’analisi cioè trasferimento del risultato dell’analisi alla realtà operativa e verifica dell’efficacia della soluzione;
controllo dei risultati al fine di valutare e confermare la validità della soluzione attuata.
In tale analisi ci si avvale dell’uso dei sette strumenti (7 tools) secondo la logica del PDCA.
Procedura
Documento che precisa condizioni e modalità con cui deve essere eseguita una data attività di tipo sia tecnico che gestionale.
Process management (gestione per processi)
Modello di gestione aziendale che persegue obiettivi di lungo termine, sostenendo il miglioramento delle prestazioni e dei processi attraverso la valorizzazione e il riconoscimento degli sforzi individuali.
Processo
Insieme di risorse o di attività tra loro interconnesse che trasformano delle entità in ingresso in entità in uscita. Le risorse possono comprendere personale, disponibilità finanziaria, mezzi, apparecchiature, tecnologie e metodologie (UNI EN ISO).
Processo di erogazione del servizio
Insieme strutturato di attività, distinte in fasi, necessarie per la fornitura di un servizio richiesto da un cliente. Il processo può essere rappresentato come sequenza lineare, per favorire la comprensione globale del fenomeno (es.: processo di erogazione del servizio scolastico), ma in realtà la sequenzialità temporale indica solo un aspetto del processo, che deve comunque essere letto sempre in prospettiva sistemica.
Prodotto
Risultato di attività o di processi.
Regole tecniche
Documento, emanato da una autorità, che contiene requisiti obbligatori.
Le regole tecniche sono specifiche tecniche di natura obbligatoria, essendo contenute in atti emanati dall'autorità pubblica (leggi, regolamenti, decreti, etc.).
Rinvio alle norme
Le norme tecniche vengono oggi spesso utilizzate quali punti di riferimento per il legislatore e per l'esecutivo. Si moltiplicano infatti i casi in cui una legge o un simile provvedimento rimandi alle norme tecniche per definire aspetti tecnici e di sicurezza di prodotti, processi o impianti. Laddove richiamate da testi di legge, le norme tecniche diventano obbligatorie. I normatori non si sostituiscono ai legislatori, semmai mettono la propria competenza e professionalità al servizio dell'ordinamento giuridico, che se ne serve nei casi ritenuti più opportuni.
Qualità
Grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i requisiti (UNI EN ISO 9000:2000). E’ l’obiettivo strategico a lungo termine di un’organizzazione volta al raggiungimento della Qualità Totale (Globale). E’ un fattore prioritario di tutta l’organizzazione nelle sue relazioni esterne con clienti, fornitori, azionisti, concorrenti e in quelle interne, fra i dipendenti, collaboratori, …. E’ un concetto che esprime l’insieme delle proprietà capaci di soddisfare le esigenze del cliente, di cui è dotata un’azienda e il risultato del suo lavoro. Esprime quindi un’idea di eccellenza nella competitività, redditività, nei costi, nei tempi, nell’immagine, nel prodotto, nel servizio, nei controlli, nell’ecologia.
Quattro "M"
Termine che indica le quattro categorie a cui possono essere ricondotti i numerosi parametri che possono influire sul processo produttivo:
Macchine, cioè le macchine e le attrezzature ( ingl. Machines).
Materiali, cioè i materiali sottoposti a lavorazione e quelli accessori (ingl. Materials).
Manodopera, cioè il personale, compreso il relativo grado di istruzione, addestramento ed eventuale qualifica (ingl. Man).
Metodi, cioè le procedure, prassi ed altri aspetti organizzativi e gestionali (ingl. Metods).
Risorse umane
Insieme di tutte le persone, dal top management agli operai, che operano in un’azienda. Nell’ambito del TQM le risorse umane sono considerate uno dei fattori più importanti per il miglioramento della qualità; per la prima volta infatti l’uomo è visto non come un costo, ma come una risorsa strategica. Proprio per tale motivo, l’obiettivo dell’azienda è quello di valorizzare le capacità delle risorse umane attraverso l’istruzione, la formazione e la motivazione, al fine di consentire la liberazione dell’energia creativa dei singoli individui che possono in tal modo arricchire l’organizzazione con le loro doti di imprenditorialità. Per conseguire questo obiettivo è necessario sviluppare un forte senso di appartenenza all’azienda e coltivare le motivazioni con il riconoscimento (non solo economico) degli sforzi.
Scelta pensata
Metodo che consente ad un gruppo di lavoro di scegliere i problemi più importanti da affrontare prioritariamente.
Servizio
Risultato di attività svolta all'interfaccia tra fornitore e cliente e di attività interne del fornitore per soddisfare le esigenze del cliente.
Soddisfazione del cliente (customer satisfaction)
Costituisce l’obiettivo prioritario del metodo della Qualità Totale (Globale). Si tratta di una strategia di organizzazione aziendale che si concretizza in un insieme di scelte finalizzate alla produzione di quella qualità che incontra pienamente le esigenze del cliente. Non si tratta quindi di una "qualità di prodotto", ma di una qualità dl modo di lavorare dell’azienda, della sua organizzazione, cioè di ciò che porta le persone a consolidare la loro prima scelta, ripetendola e riconfermandola nel tempo (fidelizzazione del cliente).
Standard
Valore di riferimento da utilizzare quale termine di paragone rispetto al quale confrontare i risultati ottenuti o basare la definizione degli obiettivi. Si tratta della definizione di direttive, procedure e parametri di misura, stabiliti dal management, che vanno a costruire per tutti gli operatori, obiettivi cui tendere nello svolgimento delle principali funzioni aziendali. Confrontati coi risultati consuntivi, consentono di esprimere giudizi di efficacia ed efficienza conseguiti nello svolgimento delle operazioni.
Stato dell'arte
Stadio dello sviluppo raggiunto in un determinato momento dalle capacità tecniche relative a prodotti, processi o servizi, basato su comprovanti risultati scientifici, tecnologici o sperimentati (UNI CEI EN 45020).
Struttura organizzativa
Assetto di base dato alla divisione e al coordinamento del lavoro. Definire la struttura organizzativa di un’azienda significa stabilire tra quali organi è suddiviso il lavoro, quali sono le funzioni di tali organi e quali sono le relazioni che li legano vicendevolmente. La struttura organizzativa viene di solito definita formalmente attraverso l’organigramma.
Sviluppo sostenibile
Sviluppo che soddisfa le esigenze attuali senza compromettere per le generazioni future la possibilità di soddisfare le proprie esigenze.
Team leader
Responsabile della conduzione delle attività di un gruppo di miglioramento. Stabilisce regole operative e di comportamento; fornisce indicazioni metodologiche ai partecipanti; procura le risorse; guida la discussione e le attività secondo principi di efficacia e di efficienza; rappresenta il gruppo nei rapporti con la direzione; stimola e incoraggia l'approfondimento del lavoro del gruppo.
Total Quality Management
Filosofia di direzione sviluppatasi in occidente sulla scia del CWQC (Company Wide Quality Control) giapponese, che intende guidare il sistema aziendale verso la soddisfazione totale del cliente e la massima razionalizzazione delle risorse interne attraverso il continuo miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’organizzazione e dei suoi processi. La sua applicazione richiede da un lato un cambiamento culturale interno che porti ad una modifica dei rapporti con i dipendenti, i fornitori ed i clienti, dall’altro l’adozione e la diffusione di nuove tecniche, come quelle di comunicazione, di problem solving, di pianificazione, di miglioramento ed altro. I principi del TQM sono i seguenti: soddisfazione del cliente;
responsabilità e capacità di guida del management;
partecipazione di tutta l’azienda;
pianificazione strategica per la qualità;
gestione delle risorse umane;
gestione dei processi e sistema qualità;
miglioramento continuo;
gestione dei dati e delle informazioni;
capacità di instaurare collaborazioni a lungo termine con i propri partners.
Trilogia di Juran
Approccio gestionale alla Qualità definito da J.M.Juran come composto da tre processi interconnessi:
pianificazione il cui scopo è di fornire i mezzi con i quali i settori operativi potranno generare prodotti che riescano a soddisfare le esigenze dei clienti;
controllo che rileva gli scostamenti dagli standard definiti nel processo precedente ed attiva le eventuali azioni correttive;
miglioramento che agisce sui processi e sui prodotti al fine di portare il livello di qualità su standard sempre più elevati.
Utente
Fruitore di un servizio erogato da un'azienda che opera in monopolio, alla quale quindi egli è obbligato a rivolgersi. In realtà nell'ambito della qualità si tende a non parlare più di utente, ma solo di cliente, inteso come soggetto portatore di aspettative ed in grado di giudicare il servizio offerto dall'azienda. Ecco una serie di domande che un'organizzazione potrebbe porsi per costruire un SGQ (Sistema Gestione qualità):
Identificare i processi necessari per il SGQ e la loro applicazione in tutta l'organizzazione:
quali sono i processi necessari per il vostro SGQ?
Chi sono i clienti di ciascun processo (clienti interni e/o esterni)?
Quali sono i requisiti di questi clienti?
Chi è il "responsabile" del processo?
Ci sono dei processi "esternalizzati" (in "outsourcing")?
Quali sono gli elementi in ingresso ed in uscita per ciascuno di questo processi?
Stabilire la sequenza e l'interazione di questi processi:
qual è il flusso globale dei processi?
Come può essere descritto? (Piani di processo o schemi di flusso?)
Quali sono le interfacce tra i processi?
Che documentazione è necessaria?
Determinare i criteri ed i metodi necessari per assicurare l'efficacia di attuazione e di controllo di questi processi:
quali sono le caratteristiche, intenzionali o meno, dei risultati del processo?
Quali sono i criteri adottati per monitorare, misurare e analizzare?
Come è possibile incorporarli nella pianificazione del SGQ e dei processi di realizzazione dei prodotti e/o servizi?
Quali sono i risvolti economici (costi, tempi, sprechi,…)?
Quali sono le modalità più appropriate per raccogliere i dati?
Assicurare la disponibilità di risorse ed informazioni necessarie per supportare l'attuazione ed il monitoraggio di questi processi:
quali sono le risorse necessarie per ciascun processo?
Quali sono i canali di comunicazione?
Come è possibile acquisire/fornire informazioni, interne o esterne, relative al processo?
Come è possibile ottenere informazioni di ritorno?
Quali registrazioni occorre tenere?
Misurare, monitorare e analizzare questi processi:
Come si possono monitorare le prestazioni dei processi (capacità dei processi, soddisfazione dei clienti)?
Quali misure sono necessarie?
Come è possibile analizzare al meglio le informazioni raccolte (tecniche statistiche)?
Cosa dovrebbero dire i risultati di queste analisi?
Adottare azioni necessarie per raggiungere i risultati pianificati ed il miglioramento continuo di questi processi:
come è possibile migliorare i processi?
Quali azioni correttive e/o preventive sono necessarie?
Sono state adottate queste azioni correttive e/o preventive?
Sono risultate efficaci?
Nello stabilire i processi vanno presi in esame elementi quali:
gli effetti sulla qualità;
il rischio di insoddisfazione dei clienti;
i requisiti cogenti;
il rischio economico;
l'efficacia e l'efficienza.
BIBLIOGRAFIA:
M. Pettinicchio: "I cambiamenti nelle norme ISO 9000 e loro effetti sulle imprese" da U&C n° 4 aprile 2001.
Direzione tecnica Ucimu-Sistemi per Produrre: "Le nuove norme ISO 9000" da Tecnologie Meccaniche Ottobre 2001.
Sito: www.aicq.it varie voci.
Sito: www.istruzione.it voce qualità.
Sito. www.uni.com: varie voci
Sito: www.frascati.enea.it
Progetto Norme nella Scuola
Le norme UNI (UNI EN ISO)
Fonte: http://xoomer.virgilio.it/treclassi/norme_tecniche_e_qualita.zip
Autore: Ugo APOSTOLO
Norme tecniche e qualità
Visita la nostra pagina principale
Norme tecniche e qualità
Termini d' uso e privacy