Numismatica e archeologia
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Numismatica e archeologia
Numismatica
Che cosa è una moneta
La definizione di moneta non è semplice né univoca. In genere si considera moneta un pezzo di metallo di tipo, peso e modello stabiliti, emesso da una autorità riconosciuta e competente. Secondo Aristotele però (Etica Nicomachea 5, 5) la moneta "porta il nome di nòmisma in quanto non prodotto di natura ma della legge (nòmos)". L'elemento primario che genera la moneta sarebbe perciò, secondo il filosofo, la convenzione giuridica: non è importante l'aspetto materiale di ciò che identifichiamo come moneta, quanto la riconoscibilità del valore monetario di certi oggetti da parte di una o più comunità in un certo periodo.
La moneta identificabile con la prima definizione proposta, cioè il dischetto di metallo coniato, immediatamente riconoscibile e di peso garantito, nasce in Asia Minore nel VII secolo a.C. e si diffonde rapidamente verso Occidente. La tradizione antica indica chiaramente che la moneta coniata sarebbe frutto di un processo evolutivo a partire dall'uso del metallo in lingotti e di particolari oggetti. Il re di Argo Fidone, secondo le fonti, avrebbe introdotto la moneta d'argento nel Peloponneso nel secondo quarto del VII secolo a.C. dopo aver dedicato ad Hera gli spiedi di ferro (spedo=òbelos da cui 'obolo') utilizzati fino a quel momento per gli scambi; la nuova moneta sarebbe stata chiamata 'dracma', in quanto corrispondente ad una manciata (drax) di sei spiedi. La testimonianza, anche se storicamente non sostenibile (nella zona l'introduzione della moneta risale al 580 a.C. circa), è corretta nella sostanza: determinati beni erano usati come unità di misura del valore negli scambi. Potevano avere valore monetario, oltre a vari oggetti metallici, gli schiavi e il bestiame: il termine pecunia secondo Varrone deriva da pecus (bestiame) e, sempre a Roma, alcuni lingotti usati come moneta (aes signatum) recavano nel III secolo a.C. l'immagine di un bovino.
L'introduzione della moneta coniata non sostituì immediatamente il baratto o l'utilizzo del metallo o di altri tipi di merci nella transazioni commerciali. Mesopotamia e Egitto non conobbero per millenni la moneta coniata; altre società iniziarono a coniare moneta solo per gli scambi con l'esterno, per introdurla in modo generalizzato solo in un secondo momento.
Numismatica e archeologia
La massa di monete circolanti nell'antichità era enorme. Data la natura primitiva dei sistemi bancari, le monete venivano trasportate, tesaurizzate e anche perdute in grande quantità. Il ritrovamento di monete in un contesto archeologico è perciò riconducibile a due fenomeni: la perdita accidentale oppure l'occultamento volontario al fine di un successivo recupero in seguito mai avvenuto ('tesoretti monetali').
Le informazioni che la moneta trasmette sono molteplici, per cui fra gli oggetti archeologici e da collezione i reperti numismatici hanno avuto da sempre un ruolo preminente e privilegiato; forniscono infatti dati sulla cronologia, sulla storia politica ed economica, ma anche, dall'analisi delle immagini caratteristiche dei vari tipi, sulla storia dell'arte e dell'architettura, sul ritratto. Va però sempre considerato che le monete nell'antichità circolavano molto a lungo e una utilizzazione meccanica del dato cronologico fornito dalle monete (ritenute spesso dagli archeologi il reperto datante per eccellenza), sia ai fini della datazione di uno strato archeologico sia della ricostruzione storica può essere fuorviante se non si considerano i modi di circolazione e di uso della moneta nei vari periodi. Le monete, a differenza di altri reperti, si consumano, ma non si rompono; tendevano perciò a rimanere in circolazione, con la differenza che quelle di buon valore metallico venivano tesaurizzate, per cui venivano tolte dalla circolazione più facilmente delle altre. Sono attestati anche ritiri forzati della moneta circolante da parte dell'autorità emittente, al fine della rifusione, ma in genere, esclusi casi particolari, le monete uscivano dalla circolazione solo quando venivano perse o quando, soprattutto in età medievale, venivano portate alla zecca per essere cambiate con moneta nuova.
I problemi principali che si pongono all'archeologo e allo studioso di numismatica sono vari. In primo luogo le monete sono spesso di difficile lettura: possono essere infatti consunte dall'uso e non di rado ridotte a dischi del tutto lisci. Essendo state oggetto privilegiato del collezionismo dal Rinascimento in poi, sono sempre state falsificate, per cui in casi dubbi è meglio riferirsi sempre a monete di provenienza accertata e non a oggetti di collezione. Esistono poi i falsi antichi: si tratta di nuclei di bronzo con rivestimento in argento recanti tipi del tutto falsi o autentici, ma spesso riferibili a contesti diversi (ad esempio il diritto di un periodo e il rovescio di un altro). Anche stabilire luogo e data di emissione non è facile: se si escludono le monete imperiali romane che recano la titolatura dell'imperatore, che permette di risalire a uno anno o un gruppo di anni molto ristretto, e, almeno nel periodo tardo imperiale, anche l'indicazione della zecca, tutte le altre monetazioni antiche non presentano alcuna indicazione della data e del luogo di emissione. Dal punto di vista metodologico la datazione di una moneta può basarsi sullo studio intrinseco dell'oggetto: lo stile, il tipo e la leggenda, gli aspetti tecnici, l'analisi della composizione metallica, l'unità di misura ponderale utilizzata consentono in genere di collocare la moneta in un determinato periodo; è però determinante il confronto con ritrovamenti particolarmente attendibili quali i tesoretti monetali.
I tesoretti monetali
Un tesoretto o ripostiglio monetale è un gruppo di monete che fu deliberatamente nascosto o sepolto tutto insieme, in genere all'interno di in contenitore (un vaso o un sacchetto di tessuto o pelle), e che non fu mai recuperato. Le monete all'interno di un ripostiglio hanno spesso origini e datazione molto diverse, coprendo talvolta un arco cronologico fino a due o tre secoli. Per stabilire la data del seppellimento, le monete vanno disposte in ordine cronologico; quando siano presenti monete di identificazione impossibile o incerta, si suppone che le meno consunte siano le più recenti e le più antiche quelle che presentano maggiori segni di uso. Le emissioni più tarde presenti indicheranno che l'occultamento è avvenuto in quella data o in un periodo successivo, ma comunque non prima (terminus ante quem non). Il confronto fra ripostigli della stessa area distribuiti su un determinato periodo di tempo permette di datare la comparsa di particolari tipi di monete che siano presenti solo nei ritrovamenti posteriori ad una certa data. I ripostigli possono inoltre essere utilizzati per stabilire la cronologia relativa di una sequenza di emissioni e per studiare la circolazione monetaria nel senso più ampio.
La destinazione originaria di un ripostiglio è difficili da accertare: sono stati rinvenuti ad esempio un contenitore con pile ordinate di monete destinate alla paga di soldati (tesoro di Lay, epoca di Alessandro Severo) o un cassetto di bottegaio rimasto sepolto nel crollo di una taberna a Minturno (191a.C.) , ma per lo più i ripostigli non restituiscono dati sul motivo dell'accumulo. Più chiare possono essere in genere le ragioni dell'occultamento e del mancato recupero: è ad esempio evidente che la paura delle guerre e delle violenze armate è all'origine del seppellimento di molti tesoretti e che tale paura non era ingiustificata, se il proprietario (pensiamo ad esempio ad un soldato reclutato e costretto ad abbandonare la casa e gli averi) in tanti casi non poté mai tornare. Nell'età tardorepubblicana, guerre e rivoluzioni produssero in Italia ondate di ripostigli sepolti in date vicine, che talvolta possono essere messi in relazione con un preciso avvenimento.
Il messaggio dei tipi monetali
Uno dei caratteri che identificano la moneta è il tipo, un insieme di immagini e simboli che può comparire su dritto e rovescio o su una sola faccia, come in alcune monete etrusche. Il tipo varia per forma e significato, ma è comunque uno strumento di comunicazione. Nella monetazione più antica punzoni di numero e forma diversa indicavano il valore della moneta e il sistema ponderale di riferimento; la comparsa di tipi a rilievo portò allo sviluppo di immagini che rendevano riconoscibile la comunità emittente: le città greche scelsero di farsi rappresentare da emblemi legati ai nomi (la foca per Focea, la rosa per Rodi) oppure dai prodotti su cui si basava la loro economia (la spiga per Metaponto, l'uva per Naxos). Divinità ed eroi locali ebbero grande diffusione (Atena o la civetta ad Atene; Taras sul delfino a Taranto); il dritto e il rovescio vennero spesso organizzati in modo complementare con due elementi dello stesso mito.
A Roma si sviluppò moltissimo l'aspetto di commemorazione di fatti pubblici o privati attraverso i miti della comunità e l'uso di personificazioni, sia di realtà materiali, sia di concetti astratti. In età imperiale il ritratto dell'imperatore sul dritto venne completata dalle personificazioni poste sul rovescio che contribuivano a costruire l'immagine del sovrano nell'opinione pubblica e a diffondere le sue gesta. La monetazione tardoimperiale semplificò il proprio codice di comunicazione: sul rovescio delle monete trovarono posto poche divinità in rapporto personale con l'imperatore di turno: nelle monete di Costantino inizialmente erano presenti Marte o Ercole, dopo il 310 il Sol Invictus e infine dal 315 il chrismòn cristiano. Successivamente, delle antiche personificazioni sopravvisse solo la Vittoria, mentre pochi concetti come virtus, spes e renovatio furono relegati alle sole leggende.
Aristotele e la storia della moneta
L'antichità non conobbe né l'economia, né le scienze finanziarie come campi autonomi del sapere. Fra i pensatori più sensibili a questi argomenti fu Aristotele, che ha lasciato importanti informazioni sulla moneta in varie sue opere e in particolare nell'Etica Nicomachea e nella Politica.
"Ogni oggetto di proprietà ha due usi: […] l'uno è proprio, l'altro non è proprio dell'oggetto: ad es. la scarpa può utilizzarsi come calzatura e come mezzo di scambio. […] In realtà di tutto si può fare scambio: esso trae la sua origine da un fatto naturale, che cioè gli uomini hanno di alcune cose più del necessario, di altre meno […]. Nella prima forma di società, cioè la famiglia, è evidente che lo scambio non ha alcune funzione: esso sorge quando la comunità è già più numerosa. […] Quando l'aiuto cominciò a venire da terre più lontane, mediante l'importazione di ciò di cui avevano bisogno e l'esportazione di ciò che avevano in abbondanza, si introdusse di necessità l'uso della moneta. […] Per effettuare il baratto si misero d'accordo di dare e prendere tra loro qualcosa che, essendo di per sé utile, fosse facile a usarsi nei bisogni della vita, come il ferro, l'argento e i metalli in genere, definito dapprima alla buona mediante grandezza e peso, mentre più tardi ci impressero anche uno stampo per evitare di misurarlo, e lo stampo fu impresso come segno della quantità.
[…] Taluni ritengono tuttavia la moneta un non senso, una semplice convenzione legale, senza alcun fondamento in natura, perché, cambiato l'accordo tra quelli che se ne servono, non ha più valore alcuno […]: certo, strana sarebbe quella ricchezza che, pur se posseduta in abbondanza, lascia morir di fame…"
(Politica 1, 9, 1257 a-b;)
Fonte: http://digilander.libero.it/etruscologia/doc/numismatica.doc
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