Educabilità
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LEZIONE DI PEDAGOGIA DEL 22.10.03
L’educabilità
Quando parliamo di <uomo> parliamo delle sue azioni, delle sue relazioni e delle sue relazioni, ovvero della sua educabilità, la quale è un’immagine di sintesi: l’intero, infatti, non è una somma delle parti ma è questa immagine di sintesi che ne esprime e ne rappresenta l’unicità.
Vedremo dei quadri teorici ognuno dei quali è una sintesi che significa l’educabilità (non possono essere, infatti, intesi come della “fasi” perché, se così fosse, l’educazione equivarrebbe ul funzionamento di un meccanismo, e la riflessione su di essa al controllo dell’efficacia di tale meccanismo. Semmai, è pensabile una successione storica di tali quadri teorici, che non bisogna però interpretare in termini di contraddizione o di correzione ma di com-prensione.
1. L’educabilità come compimento del fine
Secondo Aristotele ci sarebbe un movimento naturale che porta verso un fine: ogni essere vivente, secondo i principi della potenza (=possibilità) e dell’atto (=realizzazione), ha in questo movimento, la direzione e il senso della propria esistenza: il divenire contiene in se stesso il fine e pertanto il movimento naturale di ogni essere umano è compimento e formazione della propria esistenza. Questo non deve però far pensare a una pura e semplice attualizzazione: il divenire è un’azione nella quale l’essere è coinvolto, e pertanto divenire significa essere implicati in un’attività. L’educazione, pertanto, dovrebbe completare questo ordine ontologico, ovvero questo percorso fra necessità e possibilità di realizzazione. Su questa concezione teleologica della formazione la teoria dell’educazione è andata poi alla ricerca dei contenuti specifici.
2. L’educabilità come ricerca della perfezione
Il quadro teorico precedente è stato disegnato da Aristotele: vediamone adesso uno disegnato da S.Agostino. Secondo Agostino l’uomo è immagine di Dio e della Trinità: benché infinitamente distante da Dio, l’uomo ha davanti a sé questa immagine di perfezione e a questa perfezione egli deve tendere. Il percorso di formazione è dunque – sempre secondo Agostino – un percorso di perfezione. L’essere in-divenire impone all’uomo di compiere un lavoro di ricerca interiore vòlto a chiarire la propria identità e a scoprire il significato autentico della propria esistenza.
3. L’educabilità come sviluppo spontaneo
Nei due quadri che abbiamo visto viene declinato soltanto l’educare e viene trascurato l’educere. Questa riflessione è propria di Rousseau, per il quale l’educazione non è un progressivo avvicinamento a una forma pensata aprioristicamente, egli dice infatti nell’Emilio:
<si conosce, o quanto meno si può immaginare, il punto d’origine dal quale ciascuno di noi prende le mosse per giungere a uno svileppo intellettuale nella norma; ma chi può vantarsi di conoscerel’altra estremità? Ciascuno si spinge più o meno avanti, a seconda delle abitudini, dei gusti, dei bisogni, del talento, dello zelo, e delle circostanze che gli si offrono per metterli in pratica…ma non sappiamo ciò che la nostra natura ci permette di essere>
Dunque, noi possiamo conoscere, della formazione, solo un estremo: l’infanzia, poiché l’uomo non è definibile universalmente e nessuno può stabilire fino a che punto possano svilupparsi le capacità umane. Ciascun uomo, dice Rousseau, deve formarsi vedendo con i propri occhi e sentendo con il proprio cuore, perfezionandosi, che è l’unica possibilità che distingue l’uomo dall’animale. Rousseau, come si vede, riconsegna la formazione a una dimensione umana e concependo l’abbattimento di un “termine” egli combatte il pregiudizio e pensa un processo naturale e spontaneo libero da fini prefissati. Egli conferisce importanza al presente (dice infatti che sacrificare il presente per il futuro è errato e contro natura; l’educazione deve attendere e non anticipare) e, soprattutto, è il primo a far intravedere dietro il concetto di educazione quello di sollecitazione, propiziazione affinché lo sviluppo naturale si compia.
4. L’educabilità come esperienza
Il libero sviluppo rousseauiano fa pensare a un’intera umanità libera e quindi a una nuova socialità.
Su questa interviene John Dewey.
Esiste una vita sociale che, come quella individuale, ha il fine di sviluppare la propria natura. Il discorso deweyano – diciamo per semplificare al massimo, almeno in questo momento introduttivo – è la coniugazione al plurale del postulato di Rousseau, in quanto chiama l’uomo a formarsi in un cintesto, quello di esperienza, che in educazione si traduce come ricostruzione del processo di socializzazione.
RIFIUTO DELL’EDUCABILITA’
FREUD: nel tentativo di definire l’essere umano come educabile la pedagogia esercita un’azione di controllo e di dominio della ragione dal quale sono rifiutati la natura e l’istinto.
MARCUSE (L’uomo a una dimensione): negando un “dover essere” al quale educare l’unica forma praticabile di formazione è quella della liberazione della creatività e dell’originalità dell’uomo libero da ogni costrizione e condizionamento (si ricordi lo slogan del ’68: “vogliamo la fantasia al potere”, “vogliamo tutto”).
Riflessioni conclusive
L’educabilità non è una struttura stabile ma si fa evento perché ha il carattere storico dell’accadere, e dunque l’educabilità trova espressione nell’evento educativo: educabilità e educazione dell’uomo si fanno evento anche perché l’evento è espressione dell’irripetibilità della realtà.
Fonte: http://www.scuolaelementare.net/download/LEZIONE%20DI%20PEDAGOGIA.doc
Sito web da visitare: http://www.scuolaelementare.net
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