Obesità infantile
Obesità infantile
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Che cosa è l'obesità infantile
L'obesità infantile è un problema di notevole rilevanza sociale. Il fenomeno, denunciato a gran voce dai più autorevoli nutrizionisti (in Italia colpisce un bambino su quattro) è il risultato di un bilancio energetico positivo protratto nel tempo; in pratica si introducono più calorie di quante se ne consumano.
La definizione di sovrappeso/obesità nel bambino è più complessa rispetto all’adulto, il cui peso ideale è calcolato in base al BMI (Body Mass Index o Indice di Massa Corporea = peso in Kg diviso l'altezza in metri, al quadrato).
In attesa di trovare dei parametri di riferimento più adeguati, il BMI è stato proposto anche per i più piccoli. Pertanto si definisce obeso un bambino il cui peso supera del 20% quello ideale; in soprappeso se supera del 10-20%, oppure quando il suo BMI è maggiore del previsto.
La crescita ponderale del bambino si calcola facendo riferimento alle tabelle dei percentili, grafici che riuniscono i valori percentuali di peso e altezza dei bambini, distinti per sesso ed età. La crescita è nella norma se si pone intorno al 50° percentile. Più si supera il valore medio più aumenta il rischio obesità.
Ci sono mamme che passano ore in palestra, praticano jogging, bilanciano le calorie della propria dieta in maniera eccessiva, ricorrono in casi estremi alla chirurgia plastica per eliminare accumuli di grasso e cellulite, ma paradossalmente non si accorgono dei chili di troppo dei loro figli: è sufficiente questa valutazione per decidere di affrontare il problema.
- COME SI CALCOLA
Una valutazione attendibile viene effettuata calcolando l’Indice di Massa Corporea (IMC o BM1 degli americani Body Mass Index), che esprime il rapporto tra il peso espresso in chili e l’altezza in metri al quadrato, secondo la
formula: BMl = peso/(altezza)2
Utilizzando tale formula, un soggetto, indipendentemente dal sesso, viene definito normopeso quando il suo BMI è compreso tra 18,5 e 24,9, mentre si parla di soprappeso od obesità di vario grado quando il BMI è superiore a 25.
Kg/m2 |
CLASSIFICAZIONE DEL PESO |
< 18,5 |
Sottopeso |
18,5 – 24,9 |
Normopeso |
25 – 29,9 |
Sovrappeso |
30 – 34,9 |
Obesità di 1° grado |
35 – 39,9 |
Obesità di 2° grado |
> 40 |
Obesità di 3° grado |
Accanto al BMI assume molta importanza la valutazione del grado di adiposità viscerale. Quando infatti il grasso si deposita nelle parti più alte del corpo, collo spalle, organi viscerali addominali, come capita più spesso agli uomini od alle donne dopo la menopausa, sono più frequenti le malattie cardiovascolari, diabete, gotta ed ipertensione. Una misura precisa di tale grasso addominale è possibile solo con strumenti specialistici, ma se ne può avere un’idea abbastanza precisa misurando con un metro a nastro la circonferenza della vita a livello del punto intermedio tra l’ultima costa e la cresta iliaca: i valori da non superare sono 102 cm nell’uomo e 88 cm nella donna.
Principali fattori di rischio
L’obesità infantile ha una genesi multifattoriale, essendo il risultato di diverse cause più o meno evidenti che interagiscono tra loro; in primo luogo una eccessiva/cattiva alimentazione, legata o meno ad una ridotta attività fisica e a fattori di tipo genetico/familiare; rari i casi di obesità legati ad alterazioni ormonali quali ipotiroidismo o disfunzioni surrenali.
ALIMENTAZIONE - Spesso ci preoccupiamo quando il bambino mangia poco, raramente quando mangia troppo. Se è vero che una dieta insufficiente può portare a deficit di vario tipo (proteine, calcio, ferro, vitamine ed altri nutrienti essenziali alla crescita), di contro, un introito calorico eccessivo determina, dapprima un sovrappeso del bambino e poi, nella maggioranza dei casi, una manifesta obesità.
Non dobbiamo dimenticare che un’iperalimentazione nei primi due anni di vita oltre a causare un aumento di volume delle cellule adipose (ipertrofia), determina anche un aumento del loro numero (iperplasia); da adulti, pertanto, si avrà una maggiore predisposizione all'obesità ed una difficoltà a scendere di peso o a mantenerlo nei limiti, perché sarà possibile ridurre le dimensioni delle cellule, ma non sarà possibile eliminarle. Intervenire durante l'età evolutiva è, quindi, di fondamentale importanza, perché ci dà la garanzia di risultati migliori e duraturi.
I genitori dovrebbero essere i primi ad accorgersi dell’eccessivo aumento ponderale del bambino e mettere al corrente il pediatra, la persona più indicata in questi casi. Spesso però il forte appetito, che a volte si traduce in una vera e propria voracità, viene interpretato come un segnale di benessere e si tende ad incentivarlo più che a limitarlo, con l’illusione che gli evidenti chili di troppo possano scomparire con lo sviluppo. Il bambino cicciottello, poi, ispira più simpatia di uno magro, che anzi, tende a preoccupare il genitore.
Oltre a mangiare troppo, però, il bambino mangia in maniera sregolata, spesso e male. Le tentazioni sono davvero tante, il frigorifero di casa è sempre stracolmo di merendine e snack, i distributori automatici delle scuole invitano a spuntini fuori pasto, costituiti da prodotti industriali ricchi di calorie e grassi nascosti. Le bevande gassate, infine, eccessivamente zuccherine, risultano essere un piacere insostituibile, da preferire all’acqua, specie d’estate, dopo una sudata, o in occasione delle “feste” con gli amichetti.
SEDENTARIETÀ - Oltre all’alimentazione scorretta e squilibrata, non dobbiamo sottovalutare, come fattore di rischio, la ridotta attività fisica o la sedentarietà, frutto di uno stile di vita sbagliato, ma sempre di più frequente riscontro.
I piccoli, infatti, sono spesso accompagnati in macchina dai genitori, anche se la scuola o la palestra distano pochi metri da casa, prendono l’ascensore anche per un solo piano, passano ore ed ore davanti al computer e alla televisione (con gli esempi negativi che accentuano le cattive abitudini alimentari), escono sempre meno e così via.
L’esercizio fisico è di fondamentale importanza per il bambino che cresce, in quanto, oltre a farlo dimagrire, lo rende più attivo, contribuendo a ridistribuire le proporzioni tra massa magra (tessuto muscolare) e massa grassa (tessuto adiposo). E’ sufficiente praticare un’attività aerobica leggera, senza affaticare troppo l’organismo, come una pedalata in bici o una camminata, che sottopongono i muscoli ad uno sforzo moderato ma costante e attingono carburante soprattutto dal serbatoio dei grassi; così dimagrire diventa più facile.
FAMILIARITÀ - I fattori familiari non sono meno determinanti dei precedenti. L’obesità, sotto certi aspetti, può considerarsi un problema di natura ereditaria e, sotto altri, una conseguenza di fattori ambientali.
Un’indagine multiscopo realizzata dall’ISTAT nel 2000 dimostra che circa il 25% dei bambini ed adolescenti in sovrappeso ha un genitore obeso o in sovrappeso, mentre la percentuale dei bambini sale a circa il 34% quando sono obesi o in sovrappeso entrambi i genitori.
L'esempio della famiglia è fondamentale: non si può parlare di educazione alimentare se i genitori non iniziano per primi a seguire una dieta equilibrata; allo stesso modo non è pensabile che il piccolo sia l'unica persona della famiglia a mangiare un contorno di insalata quando tutti gli altri preferiscono le patate al forno.
Per quanto riguarda la natura ereditaria dell’obesità sono state evidenziate alterazioni di alcuni geni aventi un ruolo nella produzione delle cellule adipose, ma gli studi sono tutt’ora in corso.
(Cinzia Confalone – Redazione Ministerosalute.it – settembre 2002)
Le conseguenze dell’obesità
Tra le conseguenze precoci le più frequenti sono rappresentate da problemi di tipo respiratorio (affaticabilità, apnea notturna), di tipo articolare, dovute al carico meccanico (varismo/valgismo degli arti inferiori, ossia gambe ad arco o ad “X”, dolori articolari, mobilità ridotta, piedi piatti), disturbi dell'apparato digerente, disturbi di carattere psicologico: i bambini grassottelli possono sentirsi a disagio e vergognarsi, fino ad arrivare ad un vero rifiuto del proprio aspetto fisico; spesso sono bambini derisi, vittime di scherzi da parte dei coetanei e a rischio di perdere l’autostima e sviluppare un senso di insicurezza, che li può portare all'isolamento: escono meno di casa, stanno più tempo davanti alla televisione, instaurando un circolo vizioso che li porta ad una iperalimentazione reattiva.
Per quanto riguarda le conseguenze tardive, occorre sottolineare che l’obesità infantile rappresenta un fattore predittivo di obesità nell’età adulta. Oltre ad avere una maggiore predisposizione al sovrappeso/obesità, la persona che è stata cicciottella da piccola, risulta maggiormente esposta a determinate patologie, soprattutto di natura cardiocircolatoria (ipertensione arteriosa, coronaropatie), muscoloscheletrica (insorgenza precoce di artrosi dovuta all’aumento delle sollecitazioni statico-dinamiche sulle articolazioni della colonna e degli arti inferiori, più soggette al carico), conseguenze di tipo metabolico (diabete mellito, ipercolesterolemia ecc), disturbi alimentari, fino allo sviluppo di tumori del tratto gastroenterico.
Da non sottovalutare le conseguenze di tipo psicologico, che possono trascinarsi ed amplificarsi negli anni. Il disturbo può arrivare a stravolgere la vita del soggetto e i suoi rapporti sociali: si comincia col rifiutare gli inviti degli amici fino a chiudersi in se stessi, vittime del proprio problema, che sembra senza via di uscita.
(Cinzia Confalone – Redazione Ministerosalute.it – settembre 2002)
Le soluzioni da adottare
PRIMA REGOLA: PREVENIRE
A tale proposito il Ministero della Salute ha predisposto un documento sulle “Strategie di educazione alimentare e nutrizione”, diretto ai pediatri e agli insegnanti, ma di estrema utilità anche per i genitori.
Se il piccolo tende ad aumentare di peso, occorre intervenire subito, senza aspettare che ingrassi troppo.
Non esistono regole rigide, né ricette infallibili, basta adottare semplici accorgimenti comportamentali; soprattutto, una volta sensibilizzati al problema, i genitori non devono mai abbassare la guardia.
Ecco alcuni consigli di natura pratica.
- Abituare il bambino a tre pasti regolari: una colazione non abbondante ma sostanziosa, un pranzo e una cena, intervallati da uno spuntino a metà mattina e una merenda il pomeriggio. Questo gli eviterà i “buchi” tra un pasto e l’altro e lo abituerà a non mangiare fuori orario.
- Non premiare il bambino con troppi spuntini, specialmente se ricchi di zuccheri o comunque ipercalorici come merendine, gelati, bevande gassate, succhi di frutta.
- Non insistere quando il bambino è sazio o non ha molta fame; il piccolo potrebbe mangiare solo per far piacere alla mamma o per non essere sgridato; c’è il rischio di ingenerare in lui un rapporto distorto con il cibo.
- Limitare l’introito proteico, alternando il consumo di carne, uova e formaggi, alimenti che non vanno mai somministrati insieme; preferire le proteine del pesce.
- Abituare il bambino ai giochi all’aperto e all’attività fisica; è importante, per un corretto sviluppo; in movimento brucerà molte calorie.
Rispettare i ritmi sonno/veglia onde evitare l’instaurarsi di abitudini scorrette (sindrome dell’alimentazione notturna).
SE IL BAMBINO È GIÀ GRASSOTTELLO
Quando i chili di troppo sono già evidenti occorre adottare ulteriori misure. Per correre ai ripari il Ministero della Salute ha elaborato delle “Linee guida per la diagnosi e il trattamento dell’obesità infantile” dirette agli esperti del settore. Il pediatra e il dietologo sono infatti le figure più indicate a predisporre un intervento mirato, ma sono i genitori ad avere il ruolo più importante. La consapevolezza del danno che l’obesità può arrecare alla salute del proprio figlio deve, infatti, far riflettere i genitori e portarli ad sradicare comportamenti alimentari e abitudini scorrette consolidate nel tempo. Può essere un compito arduo, ma non impossibile. Occorre puntare sul coinvolgimento e non sui divieti, cercando di non colpevolizzare il piccolo se qualche volta cede alle tentazioni e non fare del peso un’ossessione.
Possono essere utili a riguardo alcuni semplici consigli:
- Innanzitutto svuotare cucina e frigorifero dai cibi tentatori (patatine, merendine, cioccolata, succhi di frutta) e sostituirli con gli alimenti giusti (acqua, tè, frutta, fette biscottate, yogurt).
- Fare del pasto un momento di pausa per stare insieme e parlare (quando si guarda la televisione non ci si accorge di quanto e di cosa si mangia).
- Evitare che il bambino mangi troppo in fretta; così facendo, non si sazia mai e dopo una merendina ne chiede subito un’altra.
- Preferire i cibi fatti in casa ai prodotti confezionati; si calcolano meglio i condimenti e si scelgono le materie prime da utilizzare.
- Eliminare i piatti più elaborati sostituendoli con altri cucinati in modo semplice, senza troppi condimenti; abituare il piccolo ad assumere quotidianamente una quantità discreta di verdure cotte o crude, più ricche di fibre, che riempiono lo stomaco e rallentano l’assimilazione delle sostanze introdotte.
- Moderare le quantità.
- Non associare il cibo all’idea di qualcosa di “speciale”, né usarlo come premio.
- Ridurre il tempo dedicato alla televisione/computer a favore di attività più dinamiche.
- Spronare il bambino a camminare e a fare le scale, piuttosto che prendere l’ascensore.
- Favorire una regolare attività sportiva cercando di assecondare le preferenze del bambino e la sua sensibilità (dalla passeggiata in bici alla partita di calcio, dal nuoto in piscina alla ginnastica in palestra).
- Sottoporre regolarmente il bambino a visite pediatriche di controllo.
(Cinzia Confalone – Redazione Ministerosalute.it – settembre 2002)
“Diamo i numeri”:
le statistiche sull’eccesso di peso infantile in Italia
In Italia sono molti i bambini e gli adolescenti che lamentano un cattivo rapporto con la bilancia….
Il riscontro statistico non lascia dubbi: sovrappeso e obesità in età evolutiva non sono certo un fenomeno raro, considerando che nel nostro Paese nel 1999-2000 la percentuale di bambini ed adolescenti (per un campione di età compresa tra i 6 ed i 17 anni) in sovrappeso raggiunge circa il 20%, mentre è pari al 4% la quota degli obesi. Il problema interessa soprattutto la fascia di età 6-13 anni, e “predilige” i maschi rispetto alle coetanee del “gentil sesso”.
Sono questi i primi interessanti risultati dell’indagine Multiscopo del 2000, condotta dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat), che riportano lo “stato dell’arte” del sovrappeso e dell’obesità infantile ed adolescenziale in Italia. Nell’indagine si è tenuto conto della classificazione dell’obesità infantile secondo gli standard internazionali proposti dall’International Obesity Task Force).
Come si può vedere nella fig.2, nel nostro Paese il “primato” di Regione con più alta presenza di bambini e adolescenti con eccesso di peso spetta alla Campania, col 36%, mentre sono più “in linea” i piccoli abitanti della Valle d’Aosta (14,3%). Osservando i dati, si nota come il problema dell’obesità infantile peggiori scendendo dal nord al sud del Paese.
Per ciò che concerne i principali fattori di rischio dell’eccesso di peso dei ragazzi con età compresa tra i 6 e i 17 anni, nell’analisi sono stati presi in considerazione la familiarità (sia nella sua componente genetica che in quella ambientale), la sedentarietà come stile di vita ed infine lo status socio–economico, ed in particolare il livello di istruzione della madre ed il giudizio sulle risorse economiche della famiglia.
Per quanto riguarda il primo fattore, è emerso che avere uno o più genitori con eccesso di peso comporta un maggior rischio per bambini e adolescenti di avere lo stesso problema. Più precisamente, dall’indagine Istat risulta che in presenza di entrambi i genitori in sovrappeso o obesi, la percentuale di ragazzi nella fascia di età esaminata che presentano lo stesso disturbo è di circa il 34%, mentre la quota scende al 18% se nessuno dei due genitori lamenta un eccesso di peso. La percentuale è di circa il 25% se a pesare troppo è solo la mamma (25,4%) o solo il papà (24,8%).
Inoltre, se in famiglia c’è almeno un adulto obeso, senza tener conto del grado di parentela, i bambini tra i 6 e i 13 anni con problemi di peso sono ben il 42,1%.
Per quanto riguarda gli stili di vita, una delle maggiori cause di obesità e sovrappeso infantile è la sedentarietà, tanto che si tende sempre più a dare maggiore importanza al basso dispendio energetico conseguente ad una vita sedentaria, senza nessuna attività fisico-sportiva, rispetto all’assunzione di cibi molto calorici: sembra dunque sia peggio stare tutto il giorno in poltrona davanti alla televisione che mangiare tavolette di cioccolato!
Considerando lo status socio-economico, ed in particolare il titolo di studio della madre, dai dati emerge che il rischio di obesità infantile è superiore nel caso in cui la madre ha la licenza elementare o nessun titolo di studio (25,9% di bambini e adolescenti con eccesso di peso) rispetto a quello in cui il titolo di studio della genitrice è una laurea o un diploma di scuola media superiore (22,5%). La percentuale di ragazzi obesi o in sovrappeso si attesta al 25,1% nel caso in cui la madre sia in possesso di una licenza di scuola media inferiore.
Infine, sempre in tema di status socio-economico, se si osserva la fig.6 si evince come la percentuale dei ragazzi tra i 6 e i 17 anni di età con eccesso di peso sia del 26,6% nel caso in cui il giudizio sulle risorse economiche della famiglia è negativo, mentre scende al 23,1% se le disponibilità economiche familiari vengono considerate ottime o comunque adeguate.
(Cristina Giordani – Redazione Ministerosalute.it/settembre 2002)
Obesità: un’epidemia in Europa e nel mondo
L’Organizzazione Mondiale della Sanità lancia l’allarme: nell’ European Health report 2002, il rapporto sulla salute in Europa nell'anno 2002, pubblicato dall’ Ufficio Regionale Europeo dell’OMS, l’obesità è definita come una vera e propria epidemia estesa a tutta la Regione Europea. “In molti Paesi europei - si legge - più della metà della popolazione adulta si trova al di sopra della soglia di “sovrappeso” e circa il 20-30% degli individui adulti rientra nella categoria degli obesi (“clinically obese”). L’obesità infantile è in continuo aumento e, in molti Paesi europei, un bambino su cinque è affetto da obesità o sovrappeso. Un preoccupante dato di fatto è rappresentato dalla persistenza dell’obesità infantile nell’età adulta, con conseguente aumento dei rischi per la salute. Un altro aspetto del problema è quello delle ripercussioni psicologiche: infatti, l’obesità infantile comporta spesso una diminuzione dell’auto-stima e persino sindromi depressive”.
Nella recente Conferenza sull’obesità, una sfida per l’Unione Europea, tenuta a Copenhagen l’ 11 e il 12 settembre 2002, il tema è stato analizzato nella sua gravità, andando anche oltre i confini dell’Europa.
Questi i punti fondamentali emersi dal dibattito:
- Nel mondo, circa 300 milioni di individui sono obesi;
- Tale numero è destinato ad aumentare, con gravi conseguenze per la salute;
- Il problema è più serio nell’America del Nord ed in Europa, ma è diffuso in aree dove, in passato, non era presente se non in minima entità (Asia, india, Cina, Giappone ed anche alcune regioni dell’Africa e del Sud America, comprendendo così anche alcuni Paesi in via di Sviluppo);
- L’incidenza dell’obesità è raddoppiata in molti Paesi, negli ultimi anni;
- Nell’ultima decade, l’incidenza in Europa è aumentata del 10-50%;
- Secondo uno studio della “International Obesity Task Force”, circa il 4% di tutti i bambini d’Europa e affetto da obesità e tale percentuale è in marcato aumento;
- Si stima che il 2-8% dei costi globali per la sanità sia legato all’obesità;
- La dimensione del problema negli USA è doppia rispetto all’Europa, ma il tasso di aumento nei Paesi Europei è più elevato;
- Gli elementi chiave per la prevenzione ed il trattamento dell’obesità sono identificati nell’alimentazione corretta, nel ruolo delle famiglie e nell’attività fisica;
- Campagne informative di larga portata sono ritenute necessarie per aumentare la consapevolezza del problema in tutti i settori della società, compreso quello del personale sanitario (spesso il personale sanitario non è sufficientemente preparato ad affrontare il problema ed i pazienti sono riluttanti a chiedere assistenza).
(fonte: Direzione Generale dei rapporti internazionali e delle politiche comuitarie)
(e.r. Redazione Ministerosalute.it – settembre 2002)
Obiettivo del Ministero:
diffondere e sviluppare una "cultura della corretta alimentazione"
In Italia, nel periodo 1994-1999, oltre a registrare la crescita della popolazione in sovrappeso (16 milioni), i dati Istat 2000 rivelano che l’obesità è drasticamente aumentata del 25%, anche a causa di un’alimentazione ipercalorica, e non sempre bilanciata in rapporto alle effettive esigenze energetiche, e della scarsa attività fisica.
Il dato allarmante emerso dall’indagine riguarda in particolar modo i bambini: il 4% è obeso, il 20% in sovrappeso.
L’obesità è una patologia causata, laddove non sia attribuibile ad altri motivi, da comportamenti e abitudini di vita scorretti: contrastarla significa diffondere la consapevolezza dei danni alla salute causati da cattive abitudini alimentari. Infatti, l’obesità rappresenta un importante fattore di rischio poiché ad un eccesso di peso, con conseguente accumulo di grasso corporeo, si associano complicanze cardiovascolari e dell’apparato muscoloscheletrico, diabete, malattie del fegato e della colicisti, cancro e ipertensione.
Qualora si programmi una politica di prevenzione dell’obesità, occorre tenere presente che l’alimentazione, è un bisogno fisiologico cui segue una risposta anche di tipo sociale e i comportamenti alimentari sono condizionati in modo preponderante dal modello culturale in cui si inseriscono, di conseguenza bisogna modificare le abitudini non corrette attraverso interventi educativi di ampio respiro da parte delle istituzioni e campagne di comunicazione pubblica di promozione della salute che investano l’intera popolazione.
Il problema dell’obesità è tra le priorità del Ministero della salute che nel Piano sanitario nazionale 2002-2004, il Progetto-obiettivo 9 “Promuovere gli stili di vita salutari, la prevenzione e la comunicazione pubblica sulla salute”, si propone di sensibilizzare la popolazione affinché ciascuno adotti un corretto modello alimentare in modo tale da ridurre i fattori di rischio ed aumentare la capacità di controllare, mantenere e migliorare il proprio stato di salute. Infatti, secondo le attuali conoscenze scientifiche, l’obesità, un’alimentazione non corretta e errori dietetici sono un importante fattore di rischio per la salute dell’individuo e sono in stretta correlazione con numerose patologie: alcuni tipi di tumori, il diabete mellito di tipo 2, le malattie cardiovascolari ischemiche, l’artrosi, l’osteoporosi, la litiasi biliare, lo sviluppo di carie dentarie e le patologie da carenza di ferro e carenza di iodio. Inoltre, la prevenzione dell’obesità è indispensabile anche per gli elevati costi economici e sociali che gravano sul Servizio sanitario nazionale: l’eccesso di peso e le malattie conseguenti costano 22,8 miliardi di euro ogni anno, di cui ben 14,6 (il 64%) in ricoveri ospedalieri. Ecco le iniziative in corso:
- È stata istituita una Commissione ministeriale per la nutrizione allo scopo di implementare programmi di educazione alimentare.
- Per diffondere e sviluppare una “cultura della corretta alimentazione”, il Ministero della salute si avvia a realizzare una serie di campagne di comunicazione istituzionale indirizzate all’intera popolazione ma focalizzando l’attenzione soprattutto sui bambini.
- In accordo con il Ministero dell’istruzione, dell’università e ricerca sono previsti momenti formativi e informativi all’interno delle scuole medie anche attraverso la distribuzione di sei libretti contenenti le informazioni di base per una buona salute.
Nel caso specifico dei progetti comunicativi dove l’attenzione è rivolta all’obesità infantile, si tratta di intervenire su più livelli in quanto, non basta educare i ragazzi alla corretta alimentazione, ma è necessario contare sulla collaborazione della scuola a fornire indicazioni e strategie di comportamento e sulla disponibilità della famiglia a variare abitudini alimentari e stile di vita.
Per questo motivo, i messaggi delle campagne di informazione sono indirizzati verso due Target:
- Le mamme con bambini 0-14 anni, perché tendono a trasmettere ai figli il loro personale rapporto con il cibo e, in qualità di responsabile acquisti, a condizionare le scelte alimentari della famiglia (target primario)
- I bambini stessi e gli adolescenti, perché, influenzati dalla pubblicità e dominati dalle suggestioni del gruppo dei coetanei, tendono a seguire un’alimentazione disordinata (target secondario)
(Francesca Furiozzi – Redazione Ministerosalute.it - settembre/2002)
La "cultura della corretta alimentazione" inizia dalla mamma
La consapevolezza dei danni alla salute causati da cattive abitudini alimentari nell’infanzia deve iniziare dalla famiglia.
Le indagini epidemiologiche dimostrano che molti bambini già in età prescolare e scolare incorrono in errori nutrizionali qualitativi e quantitativi che certamente non dipendono dalla loro volontà.
I comportamenti alimentari del bambino sono, infatti, decisamente influenzati dal modello culturale che caratterizza il suo contesto socio-familiare, in modo particolare dallo stile di vita, dalle abitudini alimentari, dal personale rapporto con il cibo che ha la mamma e da come vive il suo ruolo di “nutrice”:
- Uno stile femminile colto e attivo, ad esempio, solitamente tipico di donne che hanno una vita extradomestica impegnativa e debbono investire e organizzare al meglio il loro tempo a casa, è spesso collegato ad un approccio attento e controllato nei confronti dell’alimentazione, frequentemente inserito in un progetto complessivo di benessere e forma fisica.
- Uno stile femminile conservatore è quello, invece, delle tradizionali “madri di famiglia”.
La preparazione dei pasti è vissuta come un preciso dovere ed un modo attraverso il quale esprimere l’amore e l’impegno nei confronti della famiglia.
L’approccio all’alimentazione di questo tipo di donna è semplice e diretto, lontano da preoccupazioni salutistiche: il cibo è nutrimento, nella scelta e preparazione è meglio seguire la tradizione ed è importante far trovare ai familiari un pasto completo, abbondante e di loro gradimento a pranzo e cena. - Differente dai precedenti lo stile “giovanile”: l’alimentazione è una sfera dominata dal piacere, predomina lo sperimentalismo per cibi nuovi e insoliti consumati spesso al di fuori dell’orario canonico dei pasti, in modo disordinato e affrettato. Le scelte risentono delle suggestioni della pubblicità e del gusto di esplorare condiviso, di solito, con il gruppo degli amici.
Le scelte di mamme così diverse si riflettono, naturalmente, in quello che decidono di mettere a tavola per sé e per i propri figli.
La figura della madre come “responsabile acquisti”, quella cioè che decide cosa deve mangiare la famiglia, è, dunque, molto importante.
È necessario, quindi, con un’ informazione adeguata e attraverso strumenti di comunicazione efficaci, accrescere nelle madri la consapevolezza dei rischi che errate abitudini alimentari comportano per la salute, anche futura, dei figli, aiutandole a scegliere percorsi più salutari: strumenti di prevenzione, questi, sufficienti ad evitare l’insorgere già dall’infanzia di patologie gravi come l’obesità.
(Elisabetta Ragnetti - Redazione Ministerosalute.it-settembre 2002)
La “cultura della corretta alimentazione” s’impara da bambini
I bambini mangiano troppo e male.
Quindici ragazzi su 100, in un’età critica come quella tra i 6 e i 14 anni, sono obesi. Purtroppo, non si tratta di semplice sovrappeso: in alcuni casi, ci troviamo di fronte a bambini francamente obesi. Non solo, il 30% dei bambini obesi già soffre di malattie che un tempo colpivano solo gli adulti come l’ipertensione e il colesterolo alto.
I bambini e gli adolescenti, quindi, non vanno lasciati liberi di mangiare come e quanto vogliono perché possono incorrere in errori dannosi per la loro salute anche in futuro. Per questo motivo, è fondamentale, nel caso dell’obesità infantile, il ruolo che svolgono i genitori nell’educazione e nelle abitudini alimentari, ed è opportuno che il ragazzo stesso maturi una propria coscienza su ciò che fa bene o male alla sua salute e impari a distinguere comportamenti corretti in tema di alimentazione.
Sicuramente è difficile far amare frutta e verdura ai bambini, convincerli a dosare i dolci e i grassi, invogliarli ad apprezzare la varietà dei cibi ed abituarli a non eccedere nelle quantità, ma è uno sforzo necessario per insegnare loro a non compromettere la propria salute.
Scopo delle campagne di informazione del Ministero della salute nelle scuole rivolte ai ragazzi è proprio questo: senza ossessionare o punire e senza penalizzare la gola, bisogna aiutarli a capire che cosa è meglio mangiare ed indirizzarli verso un rapporto sano ed equilibrato con il cibo. Non solo, insegnare ai ragazzi a nutrirsi significa anche educarli a volersi bene a cominciare dal rispetto per il proprio corpo. Non è un percorso facile quello che il Ministero, insieme ad altre istituzioni, si accingono a compiere in quanto, la comunicazione istituzionale di promozione di comportamenti alimentari corretti si scontra con l’affollamento schiacciante di messaggi pubblicitari indirizzati ai giovani e alle loro famiglie promossi dalla comunicazione commerciale. In particolare, i consumi dei ragazzi fuori casa sono disordinati perché fortemente influenzati dalle suggestioni pubblicitarie e condizionati dalle mode del gruppo dei coetanei.
Tuttavia, si tratta di un intervento necessario soprattutto alla luce dei dati emersi dalla recenti ricerche sulla popolazione. Le indagini ISTAT sulle “Abitudini alimentari:tendenze evolutive nella popolazione e nei giovani” consentono di esaminare le tendenze del comportamento alimentare degli italiani, giovani in particolare, dal 1993 al 2000.
Legenda della tabella:
I giovanissimi, delineati dall’indagine, sono coloro che mostrano le tendenze evolutive meno “salutari” rispetto al resto della popolazione esaminata.
Dai dati raccolti, in generale, si evidenziano la diminuzione dei consumatori e la rarefazione delle frequenze di consumo per certi prodotti (carni avicole, vegetali e frutta). Alcune di queste tendenze vanno in senso contrario rispetto alle attuali indicazioni dietetiche che suggeriscono almeno 5 porzioni quotidiane di verdura e frutta e la scelta di “carni bianche” rispetto a quelle “rosse”.
Si registrano, invece, alcune polarizzazioni, cioè intensificazioni delle frequenze di consumo, su prodotti per i quali piuttosto se ne suggerisce un uso più contenuto (carne bovina e alcolici fuori pasto).
Aumenta il numero dei consumatori e diminuiscono le frequenze di consumo per i cereali, i latticini, i salumi e alcune bevande alcoliche tra cui il vino. In crescita troviamo la carne fresca di maiale, pesce, uova e il consumo di bevande gassate e dolci, oltre all’acqua minerale.
Tra i giovani, gli adolescenti di 14-17 anni mostrano tendenze negative riguardo al consumo di cereali, di frutta e di vegetali, mentre in aumento è la tendenza all’uso di bevande alcoliche. Altissima è la preferenza per i prodotti fuori pasto e i soft drinks.
Diffondere la cultura della corretta alimentazione non è, comunque, l’unico provvedimento utile per prevenire l’obesità infantile.
Parallelamente, occorre avvicinare i ragazzi all’attività fisica in quanto lo sport praticato regolarmente non solo permette di tonificare la massa muscolare ed esercita un effetto positivo sull’umore e sui livelli di autostima, ma aiuta anche a contrastare l’obesità e, più in generale, svolge un ruolo protettivo per la salute. Infatti, i bambini e gli adolescenti che non praticano alcuna attività fisica hanno una probabilità maggiore di sviluppare un eccesso ponderale.
(Francesca Furiozzi Redazione Ministerosalute.it – settembre/2002)
Fonte: http://www.docvadis.it/pediatria-barcellonapg/document/pediatria-barcellonapg/obesita/fr/metadata/files/0/file/obesitaoms.doc
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