Sigmund Freud

 


 

Sigmund Freud

 

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Sigmund Freud (1856 – 1936)

 

Con l’opera di Freud si realizza il passaggio dalla PSICOLOGIA SPERIMENTALE  alla PSICOANALISI.

Nasce 1856, in una cittadina della Moravia; l’ambiente era decisamente ostile alla comunità ebraica. Le uniche possibilità professionali per un giovane ebreo erano o la carriera o giuridica (cui Freud pensa in un primo tempo) o quella medica. Quest’ultima scelta venne favorita dall’interesse per le teorie di Darwin e dalla passione della Naturphilosophie di Goethe.

Dopo la laurea diventa allievo di Ernst Brucke; realizza uno studio sulla fisiologia delle cellule nervose; è costrett, successivamente, per mancanza di autonomia economica,  a lasciare l’Istituto.
Nel 1881 lavora all’ospedale di Vienna; è assistente di Meynert; decide di dedicarsi alla neurologia e compie ricerche sul midollo spinale.

E’ il periodo in cui si dedica a ricerche sulle proprietà terapeutiche della cocaina (richiamate anche ne L’interpretazione dei sogni), insieme al medico Karl Koller. Questo ingenuo entusiasmo per la sostanza, di cui non conosceva ancora le proprietà stupefacenti, gli sarà più volte rinfacciato dall’ambiente medico ufficiale, ostile alle sue successive ricerche.

Nel 1886 sposa Martha Bernays. Successivamente inizia lac ollaborazione con Josef Breuer. Con lui Freud sostiene il passaggio dalla elettroterapia alla ipnosi.
L’ipnosi consentiva di

  • eliminare i sintomi patologici con la suggestione;
  • indagare la causa degli stessi sintomi.

La collaborazione con Breuer è decisiva per la formazione di Freud: è possibile affermare, inafatti, che l’origine della psicoanalisi coincide proprio con l’abbandono della tecnica dell’ipnosi.

Gli studi sull’isteria di Freud vengono osteggiati; le conclusioni dei suoi lavori contrastavano infatti con il radicale fisiologismo della psicologia dell’epoca e con il giuramento di Helmotz . Lo stesso Freud, la cui formazione era (e nonostante tutto rimarrà) positivista, nutriva molti dubbi in merito ai risultati delle proprie ricerche; egli tendeva del resto a giustificarli con criteri di carattere quantitativo (testimoniato dal carteggio con Fliess).
Si può anzi affermare che una prima svolta nelle considerazioni di Freud avviene quando in lui si precisa la volontà di arrivare a diagnosi differenziali tra sintomi psichici e sintomi somatici; questi dovevano essere infatti spiegati differentemente.

Tali dubbi vennero a Freud considerando le implicazioni del metodo catartico, praticato da Breuer su un’unica paziente, Anna O. Si trattava di una donna affetta da molteplici disturbi di carattere isterico (paralisi, confusione mentale). Ricordi in ipnosi della assistenza al padre malato, emozioni intense la cui espressione era stata impedita. La conclusione di Breuer era che i ricordi costituissero dei traumi non sufficientemente abreagiti, cioè alla tensione non era seguita una adeguata scarica. Una volta rievocata la scena traumatica (rivissuta allucinatoriamente) il sintomo spariva. Il primo sintomo ad essere guarito in questo modo fu l’idrofobia isterica (vide il cane della non amata istitutrice bere dell’acqua); l’idrofobia era dunque una espressione deviata di questa antica emozione. Rievocata la scena, Anna O. chiese di bere e l’idrofobia sparì.
La terapia che Breur ricavò da questo caso consisteva nell’isolare ogni sintomo nevrotico, nel rievocarne la causa attraverso l’ipnosi e scaricarne la tensione accumulata (abreazione). Nel 1892 e poi nel 1895 venne pubblicato Studi sull’isteria, scritti da Breuer e da Freud insieme.
Breuer affermava che l’eccitazione nervosa provoca una perturbazione dell’equilibrio dinamico del sistema nervosa tale da necessitare una scarica adeguata (abreazione), poiché sussisterebbe  la tendenza a mantenere costante il livello dell’eccitamento [principio di costanza]. Alla base dei sintomi ci sarebbe un “ingorgo” di affetti determinato dal conflitto fra la forza dell’emozione e la forza delle rappresentazioni che ne impediscono l’espressione; residuo di esperienze emotive. Il fenomeno per cui l’eccitazione nata da una rappresentazione emotiva intensa si convertiva in sintomo somatico, sparendo dalla coscienza, era stato chiamato da Freud conversione, e Breuer ipotizzava che si producesse in base  un processo analogo a un corto circuito.
L’importanza di queste esperienze stava nel fatto che le reminiscenze non erano presenti alla coscienza: ciò comportava una distinzione fra COSCIENZA e PSICHISMO  e quindi esigeva una spiegazione riguardo l’oblio delle scene traumatiche.

Rispetto alla soluzione di questo problema, possiamo notare le prime differenze fra Breuer e Freud:

  • secondo B. l’amnesia della scena traumatica dipendeva dal fatto che era stata vissuta in uno stato di coscienza particolare, ipnoide, simile a quello dell’ipnosi (l’amnesia e il ricordo avvenivano dunque in stati simili);
  • per Freud il meccanismo teorizzato da B. non era caratteristico della malattia, ma identico anche nello stato di salute; anche nella vita quotidiana, infatti, poteva variare l’intensità psichica. In questa dinamica venivano invece allontanati stati o impulsi inconciliabili con l’io; la conversione isterica era quindi un meccanismo di difesa da tali rappresentazioni, che venivano deviati nell’espressione somatica eliminando la contraddizione rispetto ai valori coscienti. Il processo patogeno veniva quindi centrato sulla nozione di CONFLITTO e raffigurato come un TENTATIVO DI FUGA (Freud proporrà di chiamare la nevrosi PSICONEVROSI DA DIFESA); in una situazione normale la coscienza sconfigge la pulsione a cui viene sottratta la carica energetica; nella nevrosi l’io si ritira davanti alla pulsione, negandogli accesso alla coscienza e alla scarica diretta. Solamente che l’impulso, mantenendo tutta la sua carica energetica, impoverisce l’io costringendolo ad allontanarlo (contenuto rimosso); tali tendenze rimosse, devono trovare però espressioni sostitutive, che sono i sintomi nevrotici.

Mentre dunque per Breuer la nevrosi dipendeva da un non sapere, per Freud dipendeva invece da un non voler sapere.

Freud teorizza allora un nuovo tipo di terapia: non si propone di ricercare in modo selettivo gli episodi che riportano alla scena traumatica primaria, ma esplicitare i ricordi e i legami con la situazione patogena attraverso la catena delle associazione.  Lo scopo di Freud era il seguente: evitare che il paziente esercitasse una funzione critica nei confronti delle rappresentazioni che si presentassero spontaneamente alla mente.
Si realizza così l’abbandono dell’ipnosi, il che favoriva un ampliamento dei pazienti (non tutti infatti erano sensibili all’ipnosi), ma permetteva di recepire meglio la forza di resistenza opposta al riaffiorare del ricordo e di esplorare lo stratificarsi attorno al nucleo patogeno dei contenuti rimossi (ciò che con l’ipnosi non poteva avvenire, in quanto il nucleo in quel caso rimaneva riparato). Inoltre l’ipnosi non si era rivelato una sistema capace di realizzare cura definitiva (a molti pazienti erano riapparsi i sintomi); questo perché creava una decisa dipendenza dal terapeuta.
Il compito del terapeuta era quello di trasformare i conflitti inconsci alla base della patologia in conflitti coscienti tramite il superamento delle resistenze, e non nel provocare semplicisticamente l’abreazione.

Differenza tra l’isteria provocata dalla rimozione energetica con conversione organica, dalle nevrosi compulsive e dalle fobie, dove si verifica una trasposizione di affetto dalla rappresentazione patogena, ad un’altra legata a una prima da un falso nesso che la rende incomprensibile (risultato ottenuto applicando l’associazione spontanea). E’ un tentativo di proteggersi dai propri desideri.

Freud è venuto così ad elaborare quelli che considererà i due fondamenti della psicoanalisi: il fenomeno della resistenza (rimozione) e il fenomeno del rapporto affettivo con il terapeuta (traslazione).

Sull’analisi dei conflitti scatenanti i processi della nevrosi, Freud giunse alla conclusione che si trattava di  conflitti fra gli impulsi sessuali del soggetto e le resistenze contro la sessualità. Fu questo un risultato del suo lavoro empirico, in quanto le associazioni dei pazienti rimandavano sempre a questa tematica.

Queste conclusioni di Freud determinarono la rottura del rapporto con Breuer, che le riteneva inaccettabili; egli negò sempre l’esistenza di tale aspetto in Anna O., così come non volle riconoscere il legame affettivo nutrito per lui dalla paziente (che diventerà invece il fulcro della terapia psicoanalitica).

In oltre Freud arrivò alla conclusione che all’origine di un sintomo non si trova mai un unico fatto traumatico, che è invece il sintomo sovradeterminato da molteplici situazioni traumatiche, spesso assai simili, la cui evocazione si dispone in successione cronologica che, invariabilmente, porta ad episodi di carattere sessuale situati nell’infanzia.

 

Interpretazione dei sogni

 

Freud è ormai convinto che episodi collegati alla sessualità risalenti all’infanzia fossero alla base di ogni nevrosi. In particolare, egli ritiene che tali esperienze siano costituiti da episodi di  seduzione infantile (perpetrati per la maggior parte dei casi dal padre o da un fratello maggiore).  Se questo incidente primario:

  • Fosse stato vissuto con disgusto: ne sarebbe derivata una FUTURA ISTERIA
  • Se vissuto con piacere colpevolizzato: la patologia sarebbe stata una NEVROSI COMPULSIVA

Freud intende scoprire i meccanismi di difesa (odio, sogno, allucinazioni), che causano la dimenticanza del trauma.
Nel 1895 egli raggiunge la convinzione che i contenuti dei sogni rappresentano L’APPAGAMENTO DI UN DESIDERIO. Necessità di ricercare la logica del sogno.
Freud porta avanti le sue ricerche attraverso un processo di autonanalisi: nell’approfondire il contenuto dei suoi stessi sogni egli scopre un desiderio di liberarsi da una colpa a lui sconosciuta, colpa avvertita verso il padre: si accorge che il trauma infantile non è più rappresentato da un episodio di seduzione, ma dall’emergere di un groviglio di sentimenti del bambino verso i genitori; in  particolare, egli nota l’esistenza di un confuso rapporto di odio e di amore verso il padre e verso la madre.
Freud giunge così alla teorizzazione del conflitto edipico che:

  • Riguarda tutti e non solo i casi patologici; il materiale represso continua a sussistere anche nell’uomo normale e esso rimane capace di prestazioni psichiche.
  • Comporta la postulazione di una sessualità infantile.

Freud può allora affermare che il SOGNO è un appagamento allucinatorio di un desiderio represso.
In esso bisogna distinguere fra un contenuto latente (il signficato autentico del songo, che non viene esplicitato dall’episodio vissuto nell’esperienza onirica) e un contenuto manifesto (la sinossi del sogno stesso): il sogno non è solo un sintomo, ma è costituito come un sintomo, poiché in esso si presentano egualmente la rimozione del desiderio inappagato e la sua trasformazione e manifestazione attraverso sintomi esterni apparentemente ad esso non riconducibili.
La comprensione di questo processo è molto importante, in quanto consente a Freud di rivelare la struttura dell’apparato psichico; egli infatti può affermare l’esistenza di forze psichiche di cui una plasma il desiderio onirico (contenuto latente), mentre l’altra censura, dissimulando il desiderio (contenuto manifesto).

  • Sistema conscio
  • Sistema preconscio
  • Sistema inconscio

Freud ipotizza l’esistenza di due processi che si attuano nell’apparato psichico e che corrispondono grosso modo alla attività dei sistemi inconscio e preconscio:

  • Il processo primario, che ricerca il soddisfacimento attraverso il libero deflusso dell’eccitamento secondo un discorso rigidamente regolato dalle percezioni di piacere e di dolore (impulsi di desiderio provenienti dalla vita infantile);
  • Il processo secondario che ostacola il deflusso dell’eccitamento, sottraendosi alla regolazione del principio piacere \ dolore, sostituendo all’identità di percezione una identità di pensiero (trasformazione dello stato affettivo di piacere legato al ricordo infantile in dolore).

L’Interpretazione dei sogni vendette in 5 anni circa 600 copie! In realtà Fredu sperava sempre – come si nota dall’ultimo capitolo del libro – che i futuri sviluppi della fisiologia potessero confermare le proprie teorie.

 

Psicopatologia della vita quotidiana

In quest’opera ripropone in sostanza la stessa concezione della dinamica psichica: i bisogni materiali determinano lo sviluppo di tutto l’apparato mentale; la vita psichica nasce  dal contrasto tra realtà e appagamento dei desideri, e quando tale conflitto diventa troppo doloroso interviene la rimozione, che modifica la strutture dell’io e ne occulta parte dei desideri.
Ogni sintomo scaturisce dal conflitto fra realtà e desideri; i sintomi mirano a un soddisfacimento sessuale (o meglio il sostituto del soddisfacimento negato); oppure a una difesa dello stesso.

Tre saggi sulla teoria della sessualità (1905)
L’esigenza da parte di Freud di esaminare in modo articolato in che cosa consista la vita sessuale deriva direttamente dalla sua riflessione sul sintomo. I sintomi in realtà non producono alcuna reale soddisfazione; ravvivano però una situazione in cui il rapporto con la vita sessuale è stato cancellato; inoltre l’evento all’origine del sintomo allude alla vita infantile, tale da dover essere considerato come soddisfacimento di appetiti crudeli, mostruosi o addirittura innaturali.
Nei saggi del 1905 viene formulata per la prima volta la teoria della libido, concepita coma la manifestazione della pulsione sessuale che però, nel corso del sui sviluppo, incontra diverse vicissitudini.
La teoria freudiana sulla sessualità infantile incontrò la derisione generale, poiché Freud basava le proprie convinzioni esclusivamente sui ricordi prodotti in analisi dagli adulti; anni dopo, però, si arrivò a una conferma sperimentale fondata sull’osservazione diretta bambini. Lo scandalo principale che suscito l’opera fu che abbatteva il confine tra normalità e perversione (al contrario dalle opere di sessuologia dell’epoca) e tra la sessualità dell’adulto e quella innocente del bambino. Le deviazioni della pulsione sessuale, infatti, sono presenti anche nella vita sessuale normale tanto che, se non si mettono le forme morbose in relazione con la normalità, non è possibile comprendere il carattere di fissazione che esse in alcuni casi assumono.

Freud sostituisce all’idea tradizionale di una sessualità che appare con caratteri determinati in un periodo specifico della vita umana (successivo alla pubertà), il concetto di pulsione sessuale, tendente alla ricerca del soddisfacimento sin dal momento della nascita e destinata a passare per stadi intermedi, prima di servire alla riproduzione. Una sessualità quindi degenitalizzata, considerata funzione corporale di tutto l’uomo. La nevrosi sorgerebbe  nel momento in cui avviene un’offesa al soggetto durante lo sviluppo sessuale.
Libìdo: espressione dinamica dell’impulso sessuale nella vita psichica, composta da impulsi parziali; la causa di questi impulsi parziali è qualsiasi eccitazione proveniente dal corpo, e in particolare da alcune precise zone erogene. Lo scopo è l’acquietamento della eccitazione.
Il concetto di «libido» tende a configurarsi come il tratto originario e maggiormente distintivo della natura umana, la cui pulsione originaria sarebbe dunque egoistica ed aggressiva. Come si vedrà più avanti, Freud ne ricava un atteggiamento di sostanziale pessimismo antropologico, che si richiama alla lezione di Hobbes. I suoi riferimenti filosofici espliciti sono però Schopenhauer (Freud ammette la derivazione del concetto di «libido» da quello di «volontà») e Nietzsche (quest’ultimo confermato proprio in anni recenti).

Nel bambino la pulsione sessuale è composita e si appoggia prima sulla funzione alimentare (decisiva per la conservazione della vita); è essenzialmente autoerotica, ma può spostarsi verso oggetti esterni, di cui ha importanza non il sesso, ma il legame con l’istinto di conservazione. Attraverso un lungo processo la funzione sessuale si rende indipendente dalle altre funzioni e viene respinta la scelta autoerotica, sino al raggiungimento della sessualità adulta.

Bambino = essere perverso polimorfo .

  • Fase orale: zona conforme all’interesse primario del poppante; si scinde poi dal bisogno di cibo (quando spuntano i denti) e quindi l’istinto del succhiare non si serve più di un oggetto esterno, bensì di un punto del proprio corpo;
  • Fase sadico anale: si forma la muscolatura con atteggiamenti aggressivi, zona erotica l’ano col piacere dell’espulsione. Fase essenzialmente autoerotica;

Fase genitale: coincide con la raccolta degli impulsi parziali nella zona genitale; e preceduta da una fase fallica (da Freud teorizzata successivamente) che è identica alla fase definitiva, propria della sessualità adulta (concentrazione sulla zona genitale); l’attività intellettuale che sia il bambino sia la bambina iniziano ad investire nell’indagine sessuale parte dal presupposto della presenza del pene. E’ a questo punto che i destini del bambino e della bambina si separano: il bambino entra nella fase edipica, le sue fantasie riguardano l’attività del pene con la madre, sua prima seduttrice nelle cure del corpo e che ora egli cerca di sedurre. Tenta dunque di sostituire presso la madre il padre; questi dapprima, grazie alla sua autorità, era il modello, successivamente diventa il rivale che gli sbarra la strada e che vorrebbe eliminare. Tale periodo deve convivere con il timore della castrazione, grande trauma della vita del bambino che coincide con la visione della mancanza del pene nella donna. Il timore della castrazione pone fine al conflitto edipico e porta all’inizio del periodo di latenza.  La bambina invece, dopo un vano tentativo di eguagliare il bambino, sperimenta la propria mancanza fallica (invidia del pene) con conseguenze durature per lo sviluppo del suo carattere. Freud, sicuramente condizionato dal clima moralistico dell’epoca, esagera questi effetti: fa anticipare nella bambina il periodo di latenza, giustamente fa notare la nascita del conflitto edipico in seguito a tale scoperta, ma poi parla di un allontanamento della donna dalla vita sessuale a causa delle convinzioni morali e religiose dominanti.
Centrale in questa fase è il complesso edipico, l’amore in parte cosciente e in parte inconscio per il genitore di sesso opposto che raggiunge la massima intensità attorno ai cinque anni. L’insorgere delle nevrosi è sempre legato al superamento parziale o non superamento di questo complesso).

Dopo la fase fallica si realizza un periodo di latenza quindi, durante la pubertà, si giunge alla ultima fase. Tutta l’esperienza infantile subisce una rimozione estremamente energica e, nel modo in cui le leggi dell’inconscio lo permettono, tutti gli impulsi affettivi contrastanti e le reazioni allora attivate restano nell’inconscio, pronte a disturbare lo sviluppo ulteriore.

La maturazione sessuale ravviva le antiche fissazioni lipidiche: l’individuo deve svincolarsi dai genitori (superamento del complesso edipico) e solo dopo la cessazione di questo compito diventa un adulto.  Se ciò non avviene, la vita sessuale sarà inibita, non unitaria:

  • se lo sviluppo non avviene nel soggetto permangono fissazioni della libido su caratteristiche pre genitali;
  • se avviene in maniera incompleta il soggetto sarà caratterizzato da una organizzazione genitale labile, con regressione a forme pregenitali in caso di difficoltà di appagamento;

Se questi eventi sono accompagnati da rimozione si ha la nevrosi, se rimangono coscienti si ha la perversione (ovvero, come detto sopra, l’appagamento della soddisfazione sessuale in forme pre genitali, trasferite sul altri oggetti o surrogati).

Momento culminante della vita sessuale infantile è dunque il superamento del conflitto edipico, ineliminabile “finché la comunità umana conoscerà solo la forma della famiglia”. Al conflitto edipico il nevrotico resta attaccato, mentre  nell’uomo sano gli investimenti oggettuali infantili rivivono nei sogni perversi, incestuosi, omicidi.
Non esiste dunque una causa specifica della nevrosi: i nevrotici non sanno reagire a circostanze che gli altri dominano più felicemente (capacità di sublimare tendenze sessuali non soddisfacibili).

 

 

Il movimento psicoanalitico

 

Nel 1902 Freud viene nominato professore straordinario all’Università di Vienna; contemporaneamente si realizza la rottura con l’amico W.Fliess; Freud avvertiva l’esigenza di rompere affettivamente e professionalmente con una personalità le cui teorie egli aveva largamente sopravvalutate.
In ogni caso in quegli anni si formò una prima cerchia di discepoli del maestro che portò alla nascita (l’anno rimane tuttora incerto) della Società psicologica del mercoledì; successivamente, nel 1908, si formò la Società psicoanalitica di Vienna. Tra i nomi che vi aderirono sono da ricordare quelli di Franz Adler e di Otto Rank, che più avanti daranno origine a correnti alternative della psicoanalisi. A Freud pesava il fatto che la psicoanalisi si diffondesse quasi esclusivamente nel mondo intellettuale ebraico e accolse quindi con profondo entusiasmo l’adesione alla Società di Burgholzli (direttore della famosa clinica psichiatrica di Zurigo) e del suo assistente Carl Gustav Jung (entusiasmo pari al dolore che gli causò la successiva rottura). Jung aveva autonomamente sperimentato il metodo degli “esperimenti associativi”, che provava il carattere tendenzioso del meccanismo della memoria e svelava l’esistenza di materiale rimosso sotto forma di quello che veniva chiamato “complesso affettivo”.

Il 26 aprile 1908 si tenne il  primo congresso internazionale di psicoanalisi.

Con il successo, Freud inizia a preoccuparsi per la superficialità con cui la psicoanalisi veniva praticata (speculare dell’acritica accoglienza precedente). L’autonomia di analisti impreparati causava pericolose deviazioni; era necessario compire un’analisi didattica prima di iniziare la pratica, per superare la resistenza dei conflitti che si vivono personalmente.

Le date delle defezioni di alcuni collaboratori di Freud e la nascita di concezioni alternative coincisero con i congressi vari che venivano organizzati, in teoria, con l’opposta intenzione di affermare la compattezza e l’unità della disciplina. Innanzitutto la rivalità tra viennesi e zurighesi, che si intensificò quando, nel 1910, Jung – dietro pressione dello stesso Freud – venne nominato presidente della Associazione psicoanalitica internazionale.
Il primo a distaccarsene fu Franz Adler, nel 1911, che impoverì le premesse della psicoanalisi fino a prenderne sostanzialmente le distanze. Adler pone come elemento determinante del comportamento umano non le componenti libidiche inconsce, quanto l’autoaffermazione dell’individuo quale “volontà di potenza” e “protesta virile” (esplicito è il richiamo al concetto di “superuomo” in Nietzsche). Questa forza serve a sconfiggere l’originario complesso di inferiorità derivato dalla condizione infantile, dalle deformità o dal sesso femminile. Totalmente negata era invece il carattere fondamentale dell’esperienza sessuale infantile e la condizione perennemente conflittuale dell’apparato psichico, che invece, a parere di Adler, l’Io dominava in una crescita adeguata in modo efficace.

Fu però la defezione di Jung, avvenuta durante il congresso di Monaco nel 1913, a colpire in modo particolarmente negativo Freud. La separazione da Jung deriva da una scoperta che egli fece all’interno delle sue ricerche psicoanalitiche: l’analogia esistente fra la rielaborazione delle fantasie sessuali dei nevrotici relative ai desideri incestuosi e determinate simbologie etiche e religiose. Jung decise di non spiegare queste ultime con le prime (ovvero di non sessualizzare la religione), precisando la loro relazione con il conflitto edipico, ma affermo il contrario: il conflitto edipico andava inteso quale simbolo di esigenze etiche e religiose. In merito alla libido, Jung affermava trattarsi di una “tensione generale” non sessuale, in cui la madre, il padre, i complessi erano figurazioni miticamente investite di significati eternamente dati e trascendenti. Si poteva dunque evitare l’analisi della vita sessuale infantile e di quella attuale – che Jung trovava imbarazzante – per dedicarsi allo studio della archeologia e mitologia comparate.
Jung riconosce, nelle situazioni di isteria, la presenza di fantasie inconsce che sostituiscono o si sovrappongono completamente all’attività della coscienza; nota però come in queste fantasie ricorrano frequentemente motivi mitici che sarebbe riduttivo riferire esclusivamente all’esperienza personale del soggetto. Nell’inconscio non sarebbero dunque solo presenti le rimozioni di episodi appartenenti al vissuto dell’individuo, ma anche immagini di carattere umano universale che sono visibili non solo nei sogni, ma anche nel simbolismo dei materiali mitologici  e dei sistemi religiosi e filosofici: questi contenuti (chiamati da Jung ARCHETIPI) costituiscono l’inconscio collettivo: ne deriva che, a parere dello psicoanalista svizzero, la psiche umana si colloca in una dimensione che va al di là di una singola vita, e che fa riferimento all’intero sviluppo della cultura umana.

A quel punto Ernst Jones, rimasto legato a Freud, prese la decisione di costituire un comitato ristretto con l’impegno di consultarsi reciprocamente prima di dissentire pubblicamente su alcuno dei principi fondamentali della psicoanalisi. Ciò non impedì che successivamente anche altri tra i migliori allievi (e alcuni proprio componenti del comitato ristretto) lo abbandonarono (Sachs, Ranc, Ferenczi).

Freud interpretò queste defezioni in senso psicoanalitico: il fatto che venisse abbandonato dai suoi più appassionati e fedeli discepoli nel momento di maggior fragilità (vd. Vicende biografiche) non è del tutto casuale, ma è anzi da ricondurre alle tensioni di gelosia fra allievi mista alla venerazione e al non del tutto risolto rapporto di dipendenza che li legava al maestro.

Le ultime ricerche

 

Allo scoppio della guerra Freud (che era personalità incline a posizioni conservatrici, sia in campo politico sia nell’intendere la moralità della vita familiare) dimostra un forte patriottismo filo asburgico, approvando la dichiarazione di guerra; successivamente, di fronte al massacro ed alla distruzione, accentua la sua visione pessimistica dell’uomo (vd. Corrispondenza con Einstein –altro documento-). Freud si dice convinto che ciò che è avvenuto corrisponde, purtroppo, a quanto avrebbe potuto prevedere la psicoanalisi.
Il problema della nevrosi di guerra venne dibattuto al Congresso Internazionale di Psicoanalisi nel 1918; negli ambienti scientifici tali nevrosi erano considerate come una confutazione della psicoanalisi, in quanto dimostravano che i traumi all’origine della nevrosi avevano cause più recenti ed erano legate a fattori contingenti. In realtà l’analisi sembrava confermare, a suo parere, il rapporto esplicito fra nevrosi e conflitti psichici inconsci; sino a portarlo a dichiarare l’inconciliabilità tra psicoanalisi ed esercito (istituzione che tende a peggiorare l’effetto dei traumi precedenti), il che gli provocò un ulteriore ostracismo.
Nel 1920 Freud pubblica un saggio dal titolo Al di là del principio del piacere, che parte dall’osservazione riguardo la passione dei bambini per la ripetizione dei giochi, dei racconti, indipendentemente dal fatto che siano piacevoli.  Freud ritiene allora che, oltre al principio di piacere – dolore se ne manifesta un altro detto coazione a ripetere.  Tale tendenza alla ripetizione è essa stessa di natura pulsionale, ed è un elemento della vita pulsionale di carattere essenzialmente conservatrice. Si riferisce ai gradini più bassi della scala animale, e il suo scopo è un ritorno all’inorganico, la tendenza alla disintegrazione. Nasce così il concetto di pulsione di morte. Freud dunque ora presuppone l’esistenza di due principi: l’Eros e la pulsione di morte. L’esistenza di questa forza, che tende alla distruzione dell’individuo così nella psiche dell’uomo come in ogni cellula, e che svolge la sua opera in silenzio, può divenire manifesta solo quando si volge all’esterno: il comportamento aggressivo, o l’impulso sadico,  sarebbero cioè una manifestazione secondaria di una primaria tendenza all’autodistruzione, di cui il masochismo è l’espressione erotizzata (“non riesco a capire come abbiamo potuto ignorare l’universalità dell’aggressione e della distruzione estranee ai fini erotici, e non dar loro il dovuto significato nella nostra interpretazione della vita”).

1922 L’Io e l’es – Questo testo costituisce il punto di partenza di quasi tutte le ricerche psicoanalitiche successive. In quest’opera appare la definitiva tripartizione della psiche pensata da Freud, che meglio interpreta la sua idea antropologica e i conflitti intrapsichici a fondamento della vita di ogni soggetto, non solo nelle manifestazioni nevrotiche. 
Centrale rimane anche in questo caso la nozione di libido, che esprime il principio del piacere, la tendenza cioè di ogni essere umano a ricercare l’appagamento del desiderio erotico; il rapporto dell’uomo col mondo è dunque un rapporto di appropriazione, in cui l’essere cerca soddisfazione alla propria natura pulsionale.
Al principio del piacere si contrappone il principio di realtà, che ha il compito di limitare il completo esaudire dei desideri libidici; esso rappresenta il mondo esterno e gli altri soggetti, che si oppongono a una nostra totale soddisfazione. Il principio di realtà pone il soggetto di fronte al fatto che non può realizzare totalmente la propria volontà e che molti dei suoi desideri non possono essere esauditi.
Sulla base di questo conflitto fra principio del piacere e principio di realtà Freud individua tre aspetti della personalità, che stabiliscono fra loro relazioni, anche di natura conflittuale: l’Es, il Super-io e l’Io.
L’es si identifica con la natura pulsionale dell’individuo; è quella parte della personalità caratterizzata dalla libido, completamente dominata da bisogni egoistici di cui cerca piena soddisfazione; è anche, però –sulla base delle ultime ricerche freudiane, a fondamento della pulsione di morte.
Il Super-io rappresenta la funzione censoria o la coscienza morale, che spinge il soggetto ad arginare la propria energia libidica In origine la funzione di Super-io è assolta dai genitori, che limitano i desideri del bambino e lo pongono a confronto con la realtà esterna; successivamente tale funzione di controllo viene interiorizzata dall’individuo adulto, che reprime così i suoi impulsi.
L’Io è la parte della nostra personalità di cui siamo coscienti; non è autonomo e non ha volontà propria, in quanto subisce il perenne conflitto fra Es e Super-io. L’Io ricerca un proprio equilibrio, che raggiunge sempre in maniera approssimativa.

Con Freud, ovviamente,  viene a essere totalmente demolito uno dei concetti cardine della filosofia occidentale, il cogito di Cartesio, la certezza della propria soggettività.  Freud dimostra che la percezione che abbiamo del nostro io è solo una parte secondaria della nostra personalità e che le decisioni determinanti del nostro comportamento sono in realtà prese al di fuori della nostra volontà cosciente.
La nevrosi è il frutto del continuo conflitto fra es e super-io e si realizza quando l’io non riesce a trovare un equilibrio in questo conflitto; infatti le forze che si contrastano impediscono alla libido di esprimersi in modo soddisfacente.
L’Io allontana da sé la causa della nevrosi e la rimuove. La rimozione non consiste nell’annullamento della causa, ma nel suo essere relegata nell’inconscio.
Ovviamente, il contenuto rimosso cerca di emergere dall’inconscio e disturba l’apparente tranquillità dell’io. Il sintomo è la manifestazione della nevrosi, il modo in cui il contenuto rimosso si rende visibile, rendendo chiara l’insoddisfazione del soggetto.

La psicoanalisi
La pratica psicoanalitica si propone di risolvere la nevrosi, portando alla coscienza il contenuto rimosso. La terapia psicoanalitica si realizza attraverso un dialogo fra il terapeuta e il paziente; lo scopo è quello di far rivivere al paziente il conflitto causa della nevrosi.
Il paziente però oppone resistenze alla volontà dello psicoanalista di portare alla coscienza la rimozione; infatti l’inconscio, per i consueti motivi di vergogna, tende a non rivelare il suo desiderio libidico.
Lo psicoanalista cerca allora di instaurare il transfert, un’azione di tipo affettivo. Lo scopo è quello di far sì che il soggetto sia portato a compiacere il desiderio della persona oggetto del suo affetto e, quindi, a rivelare il contenuto della rimozione.

 


“Nell’organismo non agiscono altre forze al di fuori di quelle chimico-fisiche. In tutti i casi che non possono essere spiegati in tal modo, o si deve trovare il modo o il tipo della loro azione servendosi del metodo fisico-matematico, oppure si devono introdurre nuove forze di dignità pari alle forze fisico-chimiche che reggono la materia, e riconducibili alla forza di attrazione e repulsione.”

S’intende per «perversione» qualsiasi comportamento sessuale non finalizzato alla volontà riproduttiva.

IL bambino è perverso in quanto la sua sessualità non è ovviamente finalizzata alla riproduzione; è polimorfo poiché, nel corso dello sviluppo sessuale, il piacere erotico si concentra su zone del corpo di volta in volta differenti.

 

Fonte: http://www.liceomeda.it/new/documenti/materialedidattico/filosofia/freud_e_%20la_%20psicoanalisi.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Sigmund Freud

Arte e Psicoanalisi

 

Freud fu molto sensibile all’opera d’arte; scrisse: “me ne andai con il cuore in tumulto” dopo aver visitato la pinacoteca di Dresda (1883). Il Louvre gli  sembrò  “un mondo come di sogno”, quando lo visitò nel 1885.


La sua linea di approccio all’arte fu quella della  patografia, ossia lo studio della personalità dell’autore attraverso le sue opere.  Fu ostile nei confronti dell’espressionismo, del futurismo, del surrealismo, i cui esponenti non potevano pretendere il titolo di artisti; scrisse che sarebbe stato interessante indagare analiticamente le origini di una pittura del genere. Senza rendersene conto, però, tali origini Freud le aveva già additate nel suo libro “Il motto di spirito”. Il motto di spirito nasce da una  improvvisa immersione nell’inconscio di ciò che era cosciente o preconscio (una idea balenante nella mente dell’artista, riceve energia dalla fonte profonda dell’inconscio e riemerge con tutti i crismi e le elaborazioni, tipici dei meccanismi coscienti e preconsci.  Freud  respingeva i prodotti nei quali a suo avviso prevalevano le spinte confusionarie e caotiche dell’inconscio - ripeteva che quelle non erano opere d’arte -.

 

Attenzione ad un corretto uso della psicoanalisi nell’arte

 

E’ importante sottolineare che lo studioso psicoanaliticamente orientato, che si dispone ad analizzare un singolo quadro di un dato autore, senza conoscere la personalità di questi se non dall’esterno, rischia di fare qualcosa di analogo a ciò che farebbe un analista dilettante se pretendesse di interpretare i sogni o le fantasie di una persona appena conosciuta.
Meno superficiale e più legittimo è, invece, un lavoro di patografia psicoanalitica fondato su tutta l’opera di un autore e su copiosi ragguagli sulla sua personalità.
Non si può, inoltre, non tener conto del rapporto dell’artista con la struttura sociale: secondo Gombrich (critico d’arte e saggista), senza i fattori sociali  (gli atteggiamenti,    lo stile,    le tendenze …), le necessità private del creatore non potrebbero trasformarsi in arte  e nessuno serio analista dovrebbe mai trascurare la forza centripeta delle tradizioni e delle tendenze. Se oggi qualcuno dipingesse quadri secondo lo stile di Watteau o di Boucher, creerebbe curiosità, ma non certo emozioni. Per cui il problema dell’attività artistica dovrebbe essere affrontato integrando i dati dalla psicoanalisi con  altri dati forniti da diverse discipline quali, la critica, la storia, la sociologia.
Alla domande 

  • quale potrebbe essere influenza che un’analisi personale sul lettino può esercitare se il paziente è un’artista? Freud, in una lettera alla Signorina Thoman, figlia del direttore dell’Accademia di musica di Budapest, evidenzia che “non è escluso che un’analisi sfoci nell’impossibilità di continuare un’attività artistica. Ma questo non è colpa dell’analisi, in quanto sarebbe successo comunque (c’è solo il vantaggio di scoprirlo in tempo). Quando, invece, l’impulso artistico è più forte delle resistenze interne, l’analisi potrà solo accrescere e non diminuire le possibilità di riuscita”.
  • Dove si trovano le matrici dei processi subliminativi e creativi?  Alcuni autori sostengono che le matrici dei processi subliminativi e creativi si trovino nell’inconscio o nel preconscio; ogni essere umano sente una forza interiore che lo spinge verso le più varie trasformazioni di valori soggettivi e oggettivi che sono dentro di lui.

 

Freud e Leonardo

Il 17 ottobre 1909, di ritorno dagli Stati Uniti dove aveva tenuto con discreto successo alcune conferenze sulla Psicoanalisi, Freud scriveva a Jung, allora suo amico e confidente, oltre che discepolo: "il mistero del carattere di Leonardo da Vinci mi è divenuto improvvisamente trasparente…".. Più tardi lamentava le difficoltà incontrate a causa della scarsità di notizie riguardanti la vita privata e soprattutto l'infanzia del grande genio. Sigmund Freud interpretò il sorriso della Gioconda come simboleggiante l'attrazione erotica di Leonardo nei confronti della sua cara madre. Il fascino conturbante del famoso sorriso di  Lisa affonderebbe, inoltre, le sue radici nell'androginia del soggetto Altri lo hanno descritto come innocente e invitante al tempo stesso.
Freud si sforza di ricostruire l’immagine di Leonardo così com’è stata descritta dai contemporanei, dotandola di una sua verità psicologica. “…Grande e proporzionato nella persona, di compiuta bellezza nel volto e d’eccezionale forza fisica, affascinante nei modi, sommamente eloquente, sereno ed affabile con tutti: amava la bellezza nelle cose che lo circondavano, indossava volentieri abiti sfarzosi ed apprezzava ogni raffinatezza nel vivere… in un’epoca in cui ciascun individuo cercava di conquistare il più ampio spazio alla propria attività, il che non poteva effettuarsi senza sviluppare un’energica aggressività contro gli altri, egli spiccava per la sua tranquilla placidità, per la cura ad evitare qualsiasi ostilità e contrasto. Era mite e benevolo con tutti, rifiutava a quanto pare di mangiar carne, perché non riteneva giusto toglier la vita agli animali e trovava un singolar piacere nel dare la libertà agli uccelli che comperava al mercato…” tuttavia questo Leonardo mite, affabile e ben vestito non esita a sezionare cadaveri, atto ritenuto a quel tempo sacrilego, per comprendere meglio il funzionamento del corpo umano. Soprattutto questa è forse la contraddizione più evidente del suo carattere, Leonardo è imprevedibile e capriccioso, soprattutto nell’attività pittorica, che pure ufficialmente gli dava da vivere. Meticoloso e mai soddisfatto della propria opera, causò la rovina della “Battaglia di Anghiari” e l’incerto destino del “Cenacolo”, finendo per prendere in mano il pennello sempre più di mala voglia, addentrandosi invece nello studio delle piante, dei veleni, nella costruzione di costose quanto inutili macchine per volare… accusato d’aver rapporti col suo maestro, il Verrocchio, per quanto assolto, mantiene quest’ombra nella sua storia personale, coi rapporti decisamente molto affettuosi coi suoi magnifici allievi-modelli, scelti tutti per la loro prestanza fisica, indipendentemente da qualsiasi abilità professionale.
Effettivamente in un’epoca di sensualità sfrenata, Leonardo stupisce per il suo casto rifiuto della sessualità stessa, per la serena asessualità delle sue figure: bimbi paffuti, giovani bellissimi, mamme estasiate nella serena contemplazione dei propri figlioletti... sant’Anna e la Vergine, fuse in un curioso abbraccio, che nei disegni preparatori fa addirittura l’effetto di un mostruoso tronco dotato di due teste, sono l’unica coppia rappresentata; mai un bacio e men che meno due innamorati.
Secondo Freud non possiamo parlare né di vera e propria omosessualità, né di nevrosi, ma di un caso particolarmente forte di sublimazione della propria libido, costretta fin dalla prima infanzia a dirottarsi verso la creazione artistica e la ricerca scientifica. All’interno di questa via, Freud riesce a distinguere due momenti particolarmente significativi: il primo è il periodo passato alla corte di Ludovico il Moro, in cui gli fu dato d’esprimere pienamente tutte le proprie capacità scientifiche ed artistiche, nonostante si fosse ufficialmente presentato a corte come suonatore di liuto, il secondo naturalmente è legato alla sconfitta ed al tramonto del suo grande mecenate, dopo il 1499.
Inutile dire che nel primo periodo Leonardo è sereno, attivo e gaudente, sia pure nel suo modo riservato e casto che lo fa preferire la compagnia dei bambini e degli umili a quella dei grandi.     

 

La caduta del Moro rappresenta invece per molti aspetti anche la fine di Leonardo: invano cercò un nuovo appoggio in Italia.    Per Freud invece la radice di tutto va ricercata nella sua infanzia di bambino illegittimo, dapprima solo con la madre, Caterina, una modesta montanara di Vinci, che neppure per un attimo aveva potuto aspirare alle nozze con Ser Piero, notaio e proprietario terriero. Quest’ultimo tuttavia aveva riconosciuto il bambino come figlio e più tardi, vista la sterilità della sposa legittima, Donna Albiera, lo prese addirittura in casa. Secondo Freud dunque l’attaccamento alla madre, certamente colorato di valenze erotiche, fu dopo la separazione precocemente volto ad oggetti esterni e si trasformò in attaccamento al lavoro e curiosità scientifica. Quasi certamente i rapporti col padre non erano dei migliori: la sua morte è annotata alquanto distrattamente in un diario che aveva dato invece spazio a molti avvenimenti per così dire minori.                                   

Non appena divenne indipendente si circondò d’allievi, per cui nutriva un affetto decisamente materno. Per la madre Caterina pagò, nel 1493, funerali particolarmente fastosi, il che contrasta col freddo riserbo con cui annotò la morte del padre. Si  racconta che il pittore conservò sempre nel proprio bagaglio due camicie e tre paia di calze in tela ruvida che la poveretta gli aveva fatto con le proprie mani e che egli, abituato alle raffinatezze delle corti, non riuscì mai ad indossare! È probabile che il Moro rappresentasse un efficace sostituto della figura paterna, tanto che negli anni milanesi ci fu una vitalità ed un’attività lavorativa quasi regolare, che non fu più conservata in seguito. L’incontro con Lisa Ghirlandini, sposa di Francesco Bartolomeo Giocondo, che doveva essere immortalata come il più celebre sorriso della storia dell’arte, avvenne quando ormai l’artista aveva cinquant’anni e pareva aver lasciato con Milano ogni speranza di realizzarsi attivamente.
Vani son stati i tentativi dei posteri di costruire su quest’incontro una vera storia d’amore, certo Lisa gli ricordava qualcuno, forse la madre e Leonardo rimase così tenacemente avvinto a quel ritratto da non riuscir più a separarsene, nonostante le numerose offerte d’acquisto ricevute.
Una cosa che Freud non sa o non nota è che lo sfondo del capolavoro è uno dei più tipici paesaggi italiani: la riva scoscesa e brumosa d’un fiume che è ancora quasi un torrente. Si tratta della riva dell’Adda, tante volte esplorata ed oggetto di studi nel “periodo milanese”, o quelle del meno noto affluente dell’Arno che nasce proprio fra le montagne di Vinci? E se la donna è la madre l’idea è di “sistemarla” mentalmente nell’unico posto dove è stato felice o di dar corpo e colore ad un ricordo d’infanzia?
Quel sorriso comunque non lascia più Leonardo, tanto da diventare appunto distintivo “leonardesco” e donare un nuovo impulso alla pittura, fino allora negletta e trascurata, animando della stessa espressione sant’Anna, la Madonna, Leda, San Giovanni e Bacco… i quali tra l’altro sembrano la stessa persona, con abiti diversi.

 


Jean Antoine Watteau (1684 – 1721) pittore francese.

Viene usato per indicare in un individuo la coesistenza di aspetti esteriori, sembianze o comportamenti propri di entrambi i sessi.

 

Fonte: http://www.ipsssmontagna.it/DOCU-degiorgio/psicologia%20e%20pubblicit%C3%A0/arte%20e%20psicoanalisil.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Sigmund Freud
Nato in Moravia, Freud nel 1860 si stabilì con la famiglia a Vienna, dove visse fino all’annessione dell’Austria da parte della Germania.
Freud  contesta il positivismo del suo tempo: sostiene che la scienza non può spiegare le nevrosi come processi organici, fisiologici, chimici.  E’ attivamente impegnato a ricercare spiegazioni psicologiche, e non più fisiologiche, dei disturbi mentali. Negli Studi sull'isteria, i sintomi isterici venivano presentati come manifestazioni di energia psichica non scaricata, in relazione a un trauma psichico completamente dimenticato (o, in termini psicoanalitici, "rimosso"). Da qui Freud arriva a fondare la psicoanalisi.
Poco dopo la pubblicazione degli studi sull’isteria, abbandonò l’ipnosi e la sostituì con il metodo delle libere associazioni. Attraverso questo metodo, Freud scoprì l’esistenza di alcuni meccanismi psichici: in particolare, la rimozione e la resistenza, definita come l’opposizione inconscia alla presa di coscienza di esperienze rimosse al fine di evitare l’angoscia che ne risulterebbe. Così, usando le libere associazioni per guidare l’interpretazione dei sogni e dei lapsus, Freud elaborò una teoria del funzionamento dei processi inconsci. A partire dall’analisi dei sogni, Freud sviluppò la teoria della sessualità infantile e nel 1897 elaborò la nozione di complesso di Edipo. A questo periodo risale anche la teoria del transfert. La crescente notorietà del movimento psicoanalitico rese possibile la costituzione nel 1910 di un'organizzazione mondiale, chiamata Associazione psicoanalitica internazionale. Mentre il movimento si ingrandiva, grazie anche all'adesione di nuovi membri di altri paesi europei e degli Stati Uniti, Freud dovette affrontare il dissenso interno al gruppo originario, in particolare le critiche di Adler e Jung, che fondarono altre scuole in aperto contrasto con la teoria freudiana sull'origine sessuale della nevrosi.
La pubblicazione di Al di là del principio di piacere (1920) segnò una svolta nel pensiero freudiano. Freud introdusse la nozione di "pulsione di vita", che chiamò Eros, e la pulsione di morte, che definì Distruzione (o, nella letteratura psicoanalitica successiva, Thanatos), riconducendo l’origine dei conflitti psichici alla tensione originaria tra queste due forze. Anche l’analisi della struttura del soggetto subisce radicali trasformazioni: se nei suoi primi studi Freud aveva delineato un modello descrittivo incentrato sull’opposizione tra i livelli della coscienza e dell’inconscio, posti in comunicazione grazie all’attività del preconscio, a partire da questo momento l'Es, l'Io e il Super-Io vengono a costituire le tre istanze fondamentali che, occupando territori collocati tanto a livello conscio quanto a livello inconscio, si spartiscono lo spazio psichico del soggetto. Dopo l'invasione nazista dell'Austria nel 1938 (, si rifugiò con la famiglia a Londra, dove morì nel 1939.
LA TEORIA FREUDIANA.

  • La prima innovazione introdotta da Freud fu il riconoscimento di processi psichici inconsci, che seguono leggi profondamente differenti da quelle, razionali, che operano sui processi coscienti. A partire dal riconoscimento dell’esistenza di processi psichici inconsci, Freud poté comprendere e spiegare fenomeni come il sogno, gli istinti e le pulsioni sessuali, nonché i meccanismi di difesa che la psiche dell’individuo mette in atto per compensare traumi, complessi e impulsi disturbanti.
  • Le nevrosi non sono di carattere organico ma psicologico: esse non possono essere curate con rimedi scientifici, ma attraverso l’analisi del soggetto. Il soggetto ha una sfera cosciente che è quello che appare, e nel profondo di se stesso una sfera chiamata inconscio,di cui non è consapevole, che lo costituisce veramente come tale. L’inconscio è costituto da quelli che lui chiama ES,  IO Super IO.
  • La parte più profonda dell’inconscio è l’ ES. E’ il lato ignoto e misterioso della personalità e comprende contenuti inconsci innati ed ereditari, oltre a desideri, pensieri e sentimenti rimossi, perché inaccettabili per la coscienza. Dall’inconscio provengono tutti i motivi più profondi dei comportamenti umani. Questi sono identificabili solo attraverso i sogni e i sintomi psicopatologici. I contenuti dell’inconscio, costituiti dalle pulsioni, sono regolati dal processo primario e dal principio del piacere. Essi sono formati, in particolare, da desideri dell’infanzia, rimasti immutati, il cui accesso alla coscienza è impedito dalla rimozione. Alcuni contenuti dell’inconscio possono accedere alla coscienza dopo essere stati modificati dai meccanismi di difesa.
  • L’Es è il fondamento originario dell’apparato psichico:  infatti l’Io e il Super-Io sono generati dall’Es e per tutta la vita attingono da esso l’energia psichica necessaria all’esercizio delle loro funzioni. L'Es è il grande contenitore dell’energia vitale, che Freud chiamò libido. Nell’Es agiscono le pulsioni, il cui unico scopo è l’appagamento.

 

  • Secondo Freud, la psiche agisce come una struttura costantemente incalzata dalla tensione prodotta da forze interne ed esterne. L’unica motivazione dell’Es è la riduzione della tensione, cioè la gratificazione e il piacere da essa fornito. Per questo motivo Freud descrisse l’Es come il campo d'azione del principio di piacere. Nell’Es non prevale la logica, possono coesistervi impulsi opposti senza eliminarsi l'un l'altro.
  • Nel tentativo di raggiungere un’immediata gratificazione, senza tener conto della realtà, l’Es entra in conflitto con l’Io e il Super-Io. Per questo motivo contiene i desideri rimossi e i meccanismi di difesa dell’Io. La censura, infatti, impedisce l’accesso alla coscienza dei desideri inaccettabili che, una volta rimossi, permangono vivi nell’Es.

 

  • L’Io è il lato costituente la personalità e si trova sopra l’ES. Il suo compito è quello dei rapporti con la realtà ed è influenzato dai fattori sociali. Comincia a strutturarsi dal momento della nascita, separandosi dall’Es, per garantire il necessario adattamento dell’individuo all’ambiente e funge da intermediario tra il mondo interno e quello esterno. Nei riguardi dell’Es svolge una funzione difensiva, poiché quest’ultimo tende in modo cieco alla soddisfazione dei bisogni istintivi, rischiando così di essere distrutto. L’Io ha il compito di collegare i diversi processi psichici, poiché deve difendere la sua esistenza dai pericoli dell’ambiente e dalle eccessive pretese dell’Es, di conseguenza possiede tratti sia consci sia inconsci. L’importante compito dell’Io consiste nel trovare i metodi più idonei a conciliare le richieste dell’Es con quelle della realtà. A tal fine tenta di raggiungere il controllo sugli istinti seguendo il principio di realtà invece del principio di piacere. Se lo ritiene opportuno, l’Io può rimandare la soddisfazione dei desideri istintivi a occasioni e circostanze più favorevoli oppure può reprimerli, perché pericolosi o poco adeguati alla situazione reale. Quindi o segue la via della sublimazione, incanalando le pulsioni verso altri scopi più nobili, o la via della repressione, respingendo le pulsioni nell’inconscio. L’Io non è necessariamente in conflitto con l’Es; in origine la sua funzione è di favorire l’appagamento istintivo, ma un conflitto può insorgere per quanto riguarda il modo di raggiungere lo scopo. L’Io, infatti, tende a dilazionare la gratificazione nella ricerca di un oggetto reale nel mondo, mentre l’Es reclama l’immediata soddisfazione dei suoi desideri, senza tenere nessun conto della realtà esterna, di cui del resto non è consapevole.
  • Sopra l’Io si trova il  Super-Io  : Esso sarebbe una trasformazione dell’Io dovuta all’assimilazione delle norme morali e sociali. Il Super-Io si sviluppa gradualmente nel bambino attraverso l'adozione inconscia dei valori e delle norme morali dei genitori, in una prima fase dello sviluppo, e successivamente dell'ambiente sociale. Svolge un ruolo importante nel determinare lo sviluppo dell’autocontrollo del bambino. Il Super-Io rispecchia le leggi e tutte le limitazioni morali. La sua funzione è l’autocritica, la coscienza morale, la costruzione di ideali. Non corrisponde alla coscienza morale, nel senso tradizionale, perché agisce in modo essenzialmente inconscio. Il Super-Io reprime le pulsioni e si contrappone all’Io e all’Es, attenendosi a principi assoluti. Aspira alla perfezione e presenta tratti di severità e rigidità che non appartenevano propriamente ai genitori. Giudica rigorosamente non solo le azioni, ma anche i pensieri dell’Io, suscitando in quest’ultimo profondi sensi di colpa.

 

  • L’Io, quindi, si trova schiacciato tra Es e Super Io: quando prevale l’Es o prevale il Super Io, si origina il conflitto psichico. Tale conflitto psichico viene aggirato dall’Io o con la rimozione oppure con altri meccanismi di difesa, quali la sublimazione, oppure la proiezione, oppure l’aggiramento dell’ostacolo. Caratteristica importante dell’Io sottoposto al conflitto è l’angoscia.  Qualora ci si senta incapaci e inermi di affrontare il conflitto, si cade nella nevrosi.
  • La rimozione è  un fondamentale meccanismo di difesa, attraverso il quale il soggetto non lascia affiorare alla coscienza impulsi, sentimenti, fantasie e ricordi inaccettabili all'Io e al Super-Io. I contenuti rimossi continuano tuttavia a esercitare effetti disturbanti per il soggetto: possono esprimersi tramite sintomi (nel caso dell'isteria), nei sogni e, in forme più sfumate, nei lapsus verbali e negli "atti mancati". Il legame tra la forma con cui il contenuto rimosso si esprime e la natura del contenuto stesso è spesso molto difficile da cogliere, in quanto il contenuto, nel passaggio dall'inconscio alla coscienza, subisce una serie di trasformazioni finalizzate alla "deformazione" necessaria a oltrepassare il controllo normativo messo in atto dal Super-Io.

 

  • Talvolta il contenuto rimosso può essere inconsapevolmente riferito a un oggetto diverso da quello verso cui era originariamente rivolto il sentimento spiacevole; in questi casi si parla di "spostamento" o “proiezione. Ad esempio, sentimenti di ostilità nei confronti della figura paterna possono essere diretti a simboli di autorità di altra natura, verso i quali è possibile provare ostilità senza incorrere in reazioni d’angoscia. Secondo la teoria psicoanalitica, questo meccanismo di difesa sarebbe alla base delle fobie. In generale, la rimozione è un meccanismo che richiede un continuo dispendio di energie, proprio per la necessità di impedire il "ritorno del rimosso", cioè la tendenza del materiale rimosso a riaffiorare alla coscienza.
  • A volte, semplicemente la via scelta è quella di ignorare l’ostacolo, di aggirarlo, di evitarlo o di eluderlo, o addirittura negalo, ma esso sempre si ripresenta.

 

  • La sublimazione degli impulsi dell’Es da parte dell’Io in una direzione consentita dal Super Io sarebbe l’unica strada per risolvere il conflitto psichico, ma non tutti vi riescono.

 

  • L'angoscia, o ansia, costituisce per Freud il principale meccanismo di difesa messo in atto dall'Io nei confronti di pericoli derivanti dal mondo esterno e dall'emergere delle pulsioni: tali pericoli sarebbero costituiti dalla paura dell'abbandono, dalla perdita dell'oggetto d'amore, dal rischio della perdita, dal timore della punizione e dei rimproveri del Super-Io.
  • Per risolvere il conflitto psichico, bisogna entrare nell’inconscio per far emergere a livello cosciente la radice delle tensioni, facendo diventare l’Es sempre più Io, trasformando l’inconscio in conscio. In un primo momento Freud ritiene necessaria l’ipnosi, poi il metodo delle libere associazioni. Attraverso l'induzione di uno stato ipnotico, diventava possibile recuperare il ricordo del trauma e scaricare, attraverso la catarsi, le emozioni a esso associate e causa dei sintomi. Le libere associazioni consistono nel dire, senza alcuna censura, qualsiasi pensiero passa per la testa, in questo modo i processi inconsci, che sono all’origine della nevrosi, possono trapelare. Quindi ritenne importante lo studio dei sogni. Freud, infatti, sostenne che i sogni svolgono una funzione protettiva del sonno, in quanto esprimono in forma simbolica, e quindi più accettabile, gli impulsi disturbanti, collegati alle esperienze della veglia. In questo modo, gli impulsi inaccettabili (contenuto latente) vengono tradotti in rappresentazioni più accettabili (contenuto manifesto) anche se non sempre chiare per il soggetto. Grazie al trattamento psicoanalitico e all'interpretazione del sogno è possibile fare emergere il contenuto latente e porre così le basi per una successiva rielaborazione degli impulsi inaccettabili.

 

  • I conflitti inconsci coinvolgono degli impulsi, o pulsioni, derivanti dalla vita infantile e legati a tendenze sessuali (libidiche) e aggressive di natura essenzialmente corporea. Solo l'elaborazione di questi impulsi inaccettabili dal punto di vista cosciente, permette al soggetto di accettarli, eventualmente con l'aiuto dell'analisi. Secondo la teoria di Freud, la sessualità adulta rappresenta il punto di arrivo di un processo complesso che ha origine durante l'infanzia e che coinvolge un certo numero di funzioni corporee e di aree deputate alla soddisfazione degli istinti che da esse scaturiscono (orale, anale, genitale). A queste fasi del processo corrispondono diverse modalità di relazione che il bambino instaura con i genitori. Di cruciale importanza, secondo la teoria, è l'insorgenza del cosiddetto complesso di Edipo, all'età di 5-6 anni, quando il bambino sviluppa un attaccamento di natura sessuale verso il genitore del sesso opposto e sentimenti di ostilità verso il genitore dello stesso sesso. Il complesso di Edipo si svilupperebbe dai tre ai cinque anni di età, durante lo stadio fallico dello sviluppo psicosessuale. La sua mancata risoluzione costituirebbe il conflitto nucleare della nevrosi. Secondo Freud, il bambino proverebbe desiderio sessuale per la propria madre e non vorrebbe condividerla col padre; contemporaneamente il bambino avrebbe paura che il padre, per punizione, lo possa castrare. Questa situazione provoca nel bambino una profonda angoscia, che lo spinge a rimuovere (vedi rimozione) sia il desiderio per la madre sia l’avversione per il padre. Il principale risultato del complesso di Edipo è che il bambino maschio si identifica con il padre, sviluppando il Super-Io e i modi di agire adatti al proprio sesso. Le bambine, secondo Freud, entrano in un conflitto molto simile, ma non simmetrico a quello dei maschi, come invece riteneva Carl Gustav Jung (vedi Complesso di Elettra) in cui l’oggetto del desiderio è, naturalmente, il padre. La bambina prova quella che Freud chiama “invidia del pene”. Anche per la bambina, come per il maschio, vale lo stesso divieto all’espressione del desiderio per il genitore. Tuttavia la bambina si sente meno minacciata dalla madre in quanto non deve aver paura della castrazione, che crede sia già avvenuta. Secondo Freud, poiché la bambina prova una minore angoscia opera una rimozione minore, con la conseguenza che l’identificazione con la madre è più debole, come pure lo sviluppo del Super-Io. A causa dell'immaturità dei processi di pensiero del bambino, questo processo – che di per sé rappresenta il primo passo verso un mondo relazionale adulto – è destinato alla frustrazione e al fallimento. Le modalità con cui il bambino riesce a superare il complesso edipico sono estremamente importanti ai fini dello sviluppo successivo e, in particolare, della possibilità di sperimentare relazioni interpersonali soddisfacenti. I conflitti che si determinano durante le varie fasi di sviluppo non sono meno importanti, in quanto, in essi, svolgono un ruolo fondamentale le attitudini dei genitori, non solo nella loro oggettività, ma anche per come esse vengono percepite e distorte dalla fantasia del bambino.
  • La terapia psicoanalitica quindi si basa sull’azione dell’analista che fa entrare il soggetto nel profondo del suo inconscio per portare i suoi contenuti allo stato cosciente, scoprendo la causa della malattia e quindi, sciogliendo i nodi, liberare dalla sofferenza. In ogni trattamento analitico si stabilisce, senza l’intervento del medico, un’intensa relazione sentimentale del paziente con la persona dell’analista. E’ questo il transfert, fondamentale per la buona riuscita della terapia.

 

  • Freud riteneva in campo religioso che Dio non fosse altro che la “nostalgia del Padre”, il desiderio di una guida che l’inconscio elaborava per sublimare maggiormente le norme morali e dar loro un valore ultimo. In ultima analisi, una proiezione del soggetto. In realtà tutta la vita umana si gioca tra un istinto di vita (Eros) ed un istinto di morte (Thanatos). L’istinto di vita si esprime nell’amore, nella creatività, nella costruttività. L’istinto di morte nell’odio e nella distruzione ed è rappresentato da una vittoria del Super Io che rende l’uomo angosciato ed infelice.  

 

Fonte:. http://www.parrocchiapoggiosannita.it/documenti/utili/FILOSOFIA/Freud.doc
Autore: non indicato nel documento di origine del testo

 

Psicoanalisi Disciplina che ha avuto origine dall’opera di Sigmund Freud. Il termine indica sia un metodo di studio della psiche umana (intesa come luogo di processi inconsci), sia una prassi terapeutica, sia un insieme di teorie in cui sono organizzati gli elementi raccolti nella ricerca e nella pratica psicoanalitiche.
Sigmund Freud: Ideatore della psicoanalisi, Sigmund Freud elaborò fondamentali teorie sull'inconscio, sulla psicopatologia e sulla sessualità. Pubblicati a partire dagli ultimi anni dell'Ottocento, i suoi scritti destarono inizialmente reazioni di ostilità e scetticismo; solo in seguito furono accolti e studiati dall'ambiente scientifico. Tra le opere più famose di Freud si ricordano L'interpretazione dei sogni (1900), Psicopatologia della vita quotidiana (1901), Totem e tabù (1913), L'Io e l'Es (1923).

 

GLI STUDI DI FREUD
L'inconscio
Il fondatore della psicoanalisi, paragonò la psiche a un iceberg. La parte che emerge dall'acqua rappresenta il conscio, mentre la parte immersa nell'acqua rappresenta l'inconscio. Diversamente dall'Io e dal Super-Io, che sono costituiti da una parte conscia e una inconscia, l'Es è completamente inconscio.
La prima innovazione introdotta da Freud fu il riconoscimento di processi psichici inconsci, che seguono leggi profondamente differenti da quelle, razionali, che operano sui processi coscienti. A partire dal riconoscimento dell’esistenza di processi psichici inconsci, Freud poté comprendere e spiegare fenomeni come il sogno, gli istinti e le pulsioni sessuali, nonché i meccanismi di difesa che la psiche dell’individuo mette in atto per compensare traumi, complessi e impulsi disturbanti. Freud, infatti, sostenne che i sogni svolgono una funzione protettiva del sonno, in quanto esprimono in forma simbolica, e quindi più accettabile, gli impulsi disturbanti, collegati alle esperienze della veglia. In questo modo, gli impulsi inaccettabili (contenuto latente) vengono tradotti in rappresentazioni più accettabili (contenuto manifesto) anche se non sempre chiare per il soggetto. Grazie al trattamento psicoanalitico e all'interpretazione del sogno è possibile fare emergere il contenuto latente e porre così le basi per una successiva rielaborazione degli impulsi inaccettabili.

 

Istinti e pulsioni

Punto basilare della teoria di Freud è che i conflitti inconsci coinvolgono degli impulsi, o pulsioni, derivanti dalla vita infantile e legati a tendenze sessuali (libidiche) e aggressive di natura essenzialmente corporea. Solo l'elaborazione di questi impulsi inaccettabili dal punto di vista cosciente, permette al soggetto di accettarli, eventualmente con l'aiuto dell'analisi.
Secondo la teoria di Freud, la sessualità adulta rappresenta il punto di arrivo di un processo complesso che ha origine durante l'infanzia e che coinvolge un certo numero di funzioni corporee e di aree deputate alla soddisfazione degli istinti che da esse scaturiscono (orale, anale, genitale). A queste fasi del processo corrispondono diverse modalità di relazione che il bambino instaura con i genitori. Di cruciale importanza, secondo la teoria, è l'insorgenza del cosiddetto complesso di Edipo, all'età di 5-6 anni, quando il bambino sviluppa un attaccamento di natura sessuale verso il genitore del sesso opposto e sentimenti di ostilità verso il genitore dello stesso sesso. A causa dell'immaturità dei processi di pensiero del bambino, questo processo – che di per sé rappresenta il primo passo verso un mondo relazionale adulto – è destinato alla frustrazione e al fallimento. Le modalità con cui il bambino riesce a superare il complesso edipico sono estremamente importanti ai fini dello sviluppo successivo e, in particolare, della possibilità di sperimentare relazioni interpersonali soddisfacenti.
I conflitti che si determinano durante le varie fasi di sviluppo non sono meno importanti, in quanto, in essi, svolgono un ruolo fondamentale le attitudini dei genitori, non solo nella loro oggettività, ma anche per come esse vengono percepite e distorte dalla fantasia del bambino.

 

Modelli dell'apparato mentale

 

Nei primi studi, Freud ipotizzò che la mente fosse costituita da tre strutture identificabili come "conscio" (la mente cosciente), "preconscio" (contenuti mentali non immediatamente disponibili alla coscienza, ma che diventano tali grazie all'analisi) e "inconscio" (contenuti non accessibili alla coscienza se non in termini di derivati, come i lapsus, i sogni o gli "atti mancati").

Nel 1923, nell’opera L’Io e l’Es, formulò un nuovo modello, detto "strutturale" (1923) in quanto prevedeva la presenza di tre strutture mentali distinte: Es, Io e Super-Io. Sulla base di questo modello, l'inconscio non è più un "luogo" distinto, ma, in misura diversa, una caratteristica di tutte e tre le strutture.
Secondo la teoria di Sigmund Freud, il complesso di Edipo si svilupperebbe dai tre ai cinque anni di età, durante lo stadio fallico dello sviluppo psicosessuale. La sua mancata risoluzione costituirebbe il conflitto nucleare della nevrosi.
Freud si occupò principalmente dello sviluppo del complesso di Edipo nei maschi, in quanto riteneva che il conflitto fosse più intenso per i bambini, piuttosto che per le bambine. Secondo Freud, il bambino proverebbe desiderio sessuale per la propria madre e non vorrebbe condividerla col padre; contemporaneamente il bambino avrebbe paura che il padre, per punizione, lo possa castrare. Questa situazione provoca nel bambino una profonda angoscia, che lo spinge a rimuovere (vedi rimozione) sia il desiderio per la madre sia l’avversione per il padre. Il principale risultato del complesso di Edipo è che il bambino maschio si identifica con il padre, sviluppando il Super-Io e i modi di agire adatti al proprio sesso.
Le bambine, secondo Freud, entrano in un conflitto molto simile, ma non simmetrico a quello dei maschi, in cui l’oggetto del desiderio è, naturalmente, il padre. La bambina prova quella che Freud chiama “invidia del pene”. Anche per la bambina, come per il maschio, vale lo stesso divieto all’espressione del desiderio per il genitore. Tuttavia la bambina si sente meno minacciata dalla madre in quanto non deve aver paura della castrazione, che crede sia già avvenuta. Secondo Freud, poiché la bambina prova una minore angoscia opera una rimozione minore, con la conseguenza che l’identificazione con la madre è più debole, come pure lo sviluppo del Super-Io.I modelli psicoanalitici successivi a Freud hanno rivisto questo concetto, in parte spostando l'attenzione sulla relazione tra il bambino e la madre prima della costituzione del complesso di Edipo (teorie psicoanalitiche kleiniane e sviluppo del concetto di attaccamento), in parte sottolineando l'importanza, nello stabilirsi delle diverse forme di psicopatologia, di relazioni e di eventi evolutivi successivi al periodo edipico.

Interpretazione psicoanalitica del sogno:
All'inizio del XX secolo Sigmund Freud ipotizzò che i processi mentali del sogno fossero differenti da quelli della veglia e li chiamò "processi di pensiero primario": l’evento che appare alla coscienza durante il sonno, e che viene poi ricordato come sogno, è il prodotto dell’attività psichica inconscia che si svolge mentre la persona dorme. Questa attività, per la sua intensità, rischia di disturbare il sonno stesso. L’individuo che dorme, invece di svegliarsi, sogna.
L’esperienza cosciente compiuta durante il sogno può essere ricordata o meno al risveglio, in ogni caso Freud definisce tale esperienza “sogno manifesto”, mentre le parti che lo compongono vengono denominate “contenuto onirico manifesto”. I pensieri e i desideri inconsci che tentano di svegliare la persona che dorme, sono designati come “contenuto onirico latente”. Le operazioni psichiche inconsce che trasformano il contenuto onirico latente in sogno manifesto, costituiscono quello che Freud chiama “lavoro onirico”.
Il contenuto onirico latente comprende le impressioni sensoriali della notte, i pensieri e le idee collegate alle preoccupazioni della vita e gli impulsi dell’Es che sono stati rimossi (vedi rimozione). Quest’ultima parte del contenuto onirico latente è solitamente infantile, poiché ha origine dai desideri, caratteristici della prima infanzia, divenuti inconsci.
Il sogno manifesto rappresenta la fantasia, sotto forma di immagini, che il desiderio latente possa essere soddisfatto. Il contenuto manifesto di un sogno è la trasposizione deformata di questa fantasia di realizzazione di un desiderio, cosicché spesso il contenuto latente non è comprensibile.
Il lavoro onirico consiste appunto in questa trasformazione del contenuto latente, in cui interviene quella che Freud chiama censura onirica, cioè un’operazione di difesa dell’Io. I contenuti inconsci o rimossi riescono a comparire nel sogno, seppure in forma mascherata, perché durante il sonno la forza delle difese dell’Io è notevolmente indebolita.
Nel processo pulsionale Freud distingue tre aspetti: la fonte della pulsione che è uno stato di eccitazione fisica; la meta che è il fine dell’eccitazione o gratificazione; l’oggetto della pulsione che è il mezzo per raggiungere la meta. Il concetto di pulsione è al limite tra la sfera biologica e quella psichica: la pulsione produce uno stato di eccitazione che spinge l’organismo a compiere un’attività rivolta alla fine dell’eccitazione stessa.
Nella prima teoria delle pulsioni (fino al 1920), Freud distingue tra pulsioni sessuali e pulsioni dell’Io, che hanno come scopo l’autoconservazione dell’individuo. Il conflitto tra le due diverse cariche energetiche, quelle sessuali e quelle dell’Io, dà origine alla nevrosi, in seguito alla rimozione delle pulsioni sessuali. Con la pubblicazione di Al di là del principio di piacere Freud definisce la pulsione sessuale come pulsione di vita (Eros), includendovi anche le pulsioni dell’Io, e la oppone alla pulsione di morte, ossia la spinta alla riduzione di tutte le tensioni al fine di ricondurre l'essere vivente allo stato inorganico. Quando è rivolta all’esterno la pulsione di morte si esprime nell’aggressività e nella distruttività.

LIBIDO:
Secondo la teoria di Sigmund Freud, la libido è l’energia psichica che muove le pulsioni, considerata come base dei mutamenti della pulsione sessuale riguardo all’oggetto, alla meta e alla fonte dell’eccitazione sessuale.La libido può perdere il suo carattere sessuale solo dopo una rinuncia alla meta propriamente sessuale. In un primo momento Freud pone la libido in antitesi alle pulsioni di autoconservazione (o dell’Io), ma in seguito include anche queste ultime nella libido, che, a questo punto, diventa pulsione di vita e, come tale, si oppone alla pulsione di morte.
Freud distingue due tipi diversi di libido in relazione all’investimento, cioè al suo impiego, che può essere diretto verso un oggetto (libido oggettuale) o verso l’Io. L’investimento si realizza prima sull’Io, in quello che viene detto “narcisismo primario”, e in un secondo momento si dirige verso gli oggetti esterni. Questi due modi di investimento della libido sono in equilibrio fra loro, nel senso che se aumenta la libido dell’Io, diminuisce quella oggettuale.
Lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung confutò l'origine sessuale della libido, considerandola invece espressione di una più generale energia psichica, che rappresenta tutto ciò che ha il carattere di “tendenza verso”.

INCONSCIO:
I contenuti dell’inconscio, costituiti dalle pulsioni, sono regolati dal processo primario e dal principio del piacere. Essi sono formati, in particolare, da desideri dell’infanzia, rimasti immutati, il cui accesso alla coscienza è impedito dalla rimozione. Alcuni contenuti dell’inconscio possono accedere alla coscienza dopo essere stati modificati dai meccanismi di difesa.
Il termine inconscio è usato da Freud sia come aggettivo, per designare quei contenuti non presenti alla coscienza, sia come sostantivo per indicare la zona dell’apparato psichico che ospita i contenuti inconsci.
Meccanismi di difesa:
In psicoanalisi, processi messi in atto dall’Io quando avverte dei pericoli che minacciano la sua integrità. I meccanismi di difesa sono risposte automatiche e inconsce dell’Io a conflitti tra l’Es e il Super-Io, che si strutturano progressivamente nel corso dello sviluppo psichico. Essi sono usati per difendersi dall’ansia e realizzano un compromesso tra le richieste dell’inconscio e quelle del Super-io. I meccanismi di difesa possono funzionare o bloccando un impulso sessuale o aggressivo, con lo scopo di mitigare l’ansia e il senso di colpa provocati da questo impulso; oppure modificando la natura stessa dell’impulso, mitigando quindi il senso di colpa e l’ansia e permettendo una nuova gratificazione dell’impulso.
I meccanismi di difesa fanno parte integrante del comportamento normale. Tuttavia essi possono assumere un ruolo decisivo nella costituzione e nel mantenimento di molti disturbi psichici. La classificazione dei meccanismi di difesa è differente secondo le varie scuole, che concordano però nel distinguere i meccanismi che si instaurano molto precocemente (ad esempio, la proiezione, mediante la quale il soggetto blocca pensieri, sentimenti e desideri inaccettabili e li attribuisce ad un’altra persona), da quelli che appartengono a stadi di sviluppo successivi.

 

Fonte: http://studentiduca.altervista.org/appuntissocpsicoanalisi.doc

 

Autore: non indicato nel documento di origine del testo

 

L'EDIPO RE di SOFOCLE

  1. L’oracolo predice che Laio (re di Tebe) sarà ucciso dal figlio che sposerà poi la madre.
  2. Per sfuggire al proprio destino Laio, fa legare le caviglie del figlio e lo fa portare da un servo su una montagna dove dovrebbe morire.
  3. Il servo, spinto da pietà, affida il piccolo alle cure di un pastore che lo porta a Corinto e lo consegna al proprio re, Polibo.
  4. Polibo battezza il trovatello col nome di Edipo (piede gonfio).
  5. Edipo cresce e l’oracolo gli confida che dovrà uccidere suo padre e giacere con la madre.
  6. Per fuggire al suo destino, Edipo scappa da Corinto.
  7. Sulla via verso Tebe incontra un vecchio sgarbato e lo uccide.
  8. Giunto a Tebe trova la Sfinge che uccide e divora tutti coloro che non riescono a risolvere l’enigma: "Che cosa ha quattro piedi di mattina, due a mezzogiorno e tre la sera?".
  9. Edipo risponde correttamente all’enigma dalla Sfinge: "L’uomo, che cammina a quattro zampe da bambino, che si muove con due gambe da adulto e che si aiuta col bastone da vecchio".
  10. La Sfige si uccide.
  11. Come premio per aver liberato la città dal dominio della Sfinge, Giocasta (moglie del defunto sovrano Laio), sposa Edipo che diventa re di Tebe.
  12. Parecchi anni più tardi la pestilenza si abbatte sulla città di Tebe. L’oracolo annuncia che l’unica via di salvezza è trovare e castigare l’assassino di Laio.
  13. Edipo indaga.
  14. Da Teresia, cieco e indovino, Edipo apprende la sua vera identità: il vecchio ucciso sulla via di Tebe era Laio, suo padre.
  15. Inizia la lotta interiore di Edipo: evidenza contro illusione. Il sovrano tenta di evitare questa verità.
  16. Venuta a conoscenza della verità Giocasta si uccide.
  17. Edipo, sconvolto, si trafigge gli occhi.
  18. Edipo lascia il trono al cognato Creonte e si allontana da Tebe

L’INTERPRETAZIONE DI FREUD (parti prese dal sito www.filosofico.net

La più famosa -seppur contestatissima- interpretazione dell'Edipo Re sofocleo si deve a Freud, che dalla tragedia fece derivare il nome del complesso maschile infantileper cui il bambino viene portato ad odiare il padre e ad attaccarsi morbosamente alla madre. Ciascuno di noi, in sostanza, vorrebbe da bambino sbarazzarsi del padre per poter possedere la madre, dalla quale è sessualmente attratto. Sul versante femminile, si ha il complesso di Elettra, ovvero la bambina vorrebbe sbarazzarsi della madre per possedere sessualmente il padre.
Freud stesso spiegò  l'efficacia della tragedia in questo modo:
Il suo (di Edipo) destino ci commuove soltanto perché sarebbe potuto diventare anche il nostro, perché prima della nostra nascita l'oracolo ha decretato la medesima maledizione per noi e per lui. Forse a noi tutti era dato in sorte di rivolgere il nostro primo impulso sessuale alla madre, il primo odio e il primo desiderio di violenza e di ribellione contro il padre: i nostri sogni ce ne danno convinzione. (...) Davanti alla persona in cui si è adempiuto quel desiderio primordiale dell'infanzia indietreggiamo inorriditi, con tutta la forza della rimozione che questi desideri hanno subito da allora nel nostro intimo. Portando alla luce della sua analisi la colpa di Edipo, il poeta ci costringe a prendere conoscenza del nostro intimo, nel quale quegli impulsi, anche se repressi, sono pur sempre presenti.  (Sigmund Freud, da Interpretazione dei sogni, 1900)

In parecchi testi, Freud riprende questa tesi e cita il mito di Edipo (la lezione XXI del ciclo di lezioni di Introduzione alla psicoanalisi, la lettera a Wilhelm Fliess del 15 ottobre 1897...). Scrive ancora Freud:
[…] Il suo destino ci scuote soltanto perché avrebbe potuto diventare anche il nostro, perché prima della nostra nascita l'oracolo ha pronunciato ai nostri riguardi la stessa maledizione. Forse è stato destinato a noi tutti di provare il primo impulso sessuale per nostra madre, il primo odio e il primo desiderio di violenza e di ribellione per nostro padre; i nostri sogni ce ne convincono. Re Edipo, che ha ucciso suo padre Laio e che ha sposato sua madre Giocasta, è soltanto l'adempimento di un desiderio della nostra infanzia. Ma a noi, più felici di lui, è stato possibile, a meno che non siamo diventati psiconevrotici, di staccare i nostri impulsi sessuali dalla nostra madre, e dimenticare la nostra invidia per nostro padre. Davanti a quel personaggio che è stato costretto a realizzare quel primordiale desiderio infantile, proviamo un orrore profondo, nutrito da tutta la forza della rimozione che da allora in poi hanno subito i nostri desideri. Il poeta, portando alla luce la colpa di Edipo, ci costringe a conoscere il nostro proprio intimo, dove, anche se repressi, questi impulsi pur tuttavia esistono. Il canto, con il quale il coro ci lascia:
..."Vedete, questo è Edipo, i cittadini tutti decantavano e invidiavano la sua felicità; ha risolto l'alto enigma ed era il primo in potenza, guardate in quali orribili flutti di sventura è precipitato!"
è un'ammonizione che colpisce noi stessi e il nostro orgoglio, noi che a parer nostro siamo diventati cosi saggi e così potenti, dall'epoca dell'infanzia in poi. Come Edipo, viviamo inconsapevoli dei desideri che offendono la morale, di quei desideri che ci sono stati imposti dalla natura; quando ci vengono svelati, probabilmente noi tutti vorremmo distogliere lo sguardo dalle scene dell'infanzia
Freud: il successo della tragedia sta nel riconoscimento del lettore nell'Edipo, perché la tragedia stessa indica esplicitamente  che la leggenda è tratta da un primordiale materiale onirico.
Inoltre nella affannata ricerca di Edipo, Freud vede un paragone col processo di analisi della psiche da lui stesso affrontato: Edipo solleva il velo che gli nasconde la verità, la sua identità parricida e incestuosa, come lo psicoanalista attraverso il dialogo "scopre" al di là della dimensione conscia.

 


Sofocle nacque nel 495 o nel 496 a.C.

Un oracolo (dal verbo latino orare) è un essere o un ente considerato fonte di saggi consigli o di profezie, un'autorità infallibile, solitamente di natura spirituale. Lo stesso termine può riferirsi anche ad una predizione del futuro dispensata dagli dèi attraverso oggetti o forme di vita. Nell'antichità molti luoghi guadagnarono la reputazione di dispensare oracoli: divennero noti anch'essi come "oracoli", così come i pronunciamenti profetici stessi.

 

Fonte: http://www.ipsssmontagna.it/DOCU-degiorgio/psicologia%20e%20pubblicit%C3%A0/edipo%20re.doc
Autore: non indicato nel documento di origine del testo

 

Freud e la rivoluzione psicoanalitica.

Le scienze umane
Uno degli aspetti caratteristici della cultura novecentesca e contemporanea è lo sviluppo delle “scienze umane”, ossia di un sapere scientificamente organizzato che ha per oggetto non la natura ma l’uomo. Le radici di queste discipline, la psicologia, la sociologia, l’antropologia, affondano nel fertile terreno dell’’Illuminismo ma la loro nascita viene solitamente fatta risalire  all’ottocento e precisamente ascritta al Positivismo.. è infatti nell’orizzonte teorico del positivismo che l’idea di una applicazione del metodo scientifico all’uomo ed ai suoi comportamenti riesce finalmente ad imporsi nella elaborazione di una sociologia, di una psicologia come scienze a tutti gli effetti. Non potendo, per motivi di logistica temporale, dedicare la nostra attenzione alla storia di ognuna di queste discipline, ci limiteremo a tracciare un brevissimo quadro della Psicologia, come scienza, dalla quale verrà il contributo maggiore attraverso l’opera e l’esperienza di Sigmund Freud.
Con il termine psicologia si intende la disciplina che ha per oggetto l’anima o la coscienza. La psicologia si è costituita in ambito filosofico con Aristotele che raccolse nel suo De anima  le opinioni dei suoi predecessori riguardo a questo soggetto. Egli definì l’anima il principio degli esseri viventi. La psicologia scientifica si sviluppa nella seconda metà dell’ottocento in Germania. L’area degli studi si sposta successivamente in America. Divisa in una serie di scuole, definite da metodi ed indirizzi concettuali specifici, psicofisica, gestaltistica, comportamentistica, abissale funzionale, la Psicoanalisi (o psicologia del profondo o abissale), indissolubilmente legata al nome di Freud è stata quella che ha esercitato il maggior peso nella cultura novecentesca. Essa ha influito in misura considerevole non solo sulla psicologia in senso stretto, ma anche sulla letteratura, sull’arte, sulla sociologia, sull’antropologia culturale, sulle scienze dell’educazione e sulla stessa filosofia. La “rivoluzione psicoanalitica”, sorta come metodo di cura di certe malattie mentali, l’isteria in particolare, ha finito per influenzare irrimediabilmente tutta la cultura del Novecento.

 

Freud e la Psicoanalisi
Sigmund Freud nacque a Freiberg, in Moravia nel 1856 ed visse a Vienna in tempi difficili, a cavallo delle due guerre mondiali. Ebreo di nascita, ha dovuto fare i conti con il nazismo. I suoi libri furono dati alle fiamme nel grande rogo acceso per le strade di Berlino nel Maggio del 1934.
Laureatosi in medicina, e specializzatosi in psichiatria grazie ad alcune ricerche condotte
sui fenomeni isterici, prima in Francia poi a Vienna, pervenne alla scoperta dell’Inconscio ed alla fondazione della teoria psicanalitica. Lentamente e non senza contrasti, il successo della sua teoria produce la nascita, a Norimberga della Società internazionale di Psicoanalisi, di cui l’allievo Jung fu il primo presidente. Nel 1938 è costretto a rifugiarsi a Londra come esule, a causa della persecuzione nazista, e qui morirà l’anno successivo.
Nonostante la diffidenza della medicina ufficiale, di stampo positivista, nei confronti dei fenomeni nevrotici, in cui non venivano riscontrate lesioni organiche evidenti le sofferenze isteriche avevano attirato l’attenzione di studiosi quali il francese Jean Martin Charcot o il viennese Josef Breuer. Entrambi si erano rivolti all’ipnosi, il primo per rimuovere i sintomi, il secondo per richiamare alla mente momenti dolorosi dimenticati. Freud studiò il caso di una paziente di Breuer, Anna O, la quale era afflitta da gravi disturbi di paralisi motoria, turbe della vista, anoressia e idrofobia. Tramite l’ipnosi Breuer e Freud, riportarono alla luce l’episodio traumatico dimenticato, che nell’infanzia della paziente aveva innescato la catena dei sintomi e Freud, procedendo autonomamente da Breuer, arrivò alla conclusione che all’origine di alcuni fenomeni psiconevrotici, come quello di Anna, non vi erano disturbi di origine organica, ma un conflitto tra forze psichiche inconscie, operanti al di là della sfera della consapevolezza, che opportunamente rimosse, attraverso una scarica emotiva (abreazione) conducevano alla “catarsi” e quindi alla guarigione dai sintomi.
La “scoperta dell’Inconscio” segnava l’atto di nascita della psicologia del profondo, in seguito alla quale “il mondo non è stato più lo stesso”. Inconsio, lapsus, atti mancati, subcosciente, rimozione, catarsi, sublimazione, “io” ed “es”, e così via, come se masticassimo il pane. Chi di noi non usa quotidianamente o non incontra termini come questi, che fanno parte ormai del nostro standard di riferimento, anche relazionale? Parliamo di “Edipo non risolto”, di “pulsione di morte”, di “transfert”, di “associazioni libere”, di “complesso di inferiorità”  di “libido” come se Freud fosse nostro cugino. Questa è la prova più semplice ed evidente dell’influenza delle sue teorie sulla configurazione dell’orizzonte culturale moderno.

 

Le opere.
A parte studi minori precedenti, la produzione di Freud è legata alla nascita e allo sviluppo della psicoanalisi. Il saggio del 1899 sull’Interpretazione dei sogni è la sua opera più significativa. A cui fecero seguito: Psicopatologia della vita quotidiana 1901, Tre saggi sulla sessualità e Il motto di spirito del 1905, i “casi clinici” più famosi, quello del Piccolo Hans del 1908, dell’Uomo dei topi del 1909, del Presidente Schreber del 1910, una serie di saggi sulla Arte la Letteratura e il linguaggio. Totem e tabù del 1913 è l’opera con cui la sua fama si consolidò.
Negli anni della guerra mondiale e immediatamente successivi Freud si dedicò a una profonda revisione della teoria, di cui sono testimonianza i saggi Introduzione al narcisismo del 1914, Metapsicologia del 1915, Al di là del principio del piacere del 1920, Psicologia delle masse e analisi dell’Io del 1921, L’Io e l’Es del 1922, Inibizione, sintomo, angoscia del 1925, L’avvenire di un’illusione del 1927, Introduzione alla psicoanalisi (pubblicata in edizione definitiva nel 1932). Tra i suoi ultimi scritti Il disagio della civiltà (1930), Analisi terminabile e interminabile e Costruzione dell’analisi (1937), L’uomo Mosè e la religione monoteista (1938).

La scomposizione della psiche.
Diverse topiche (dal greco, topoi o luoghi) della psiche sono state elaborate da Freud, all’insegna del rifiuto della intellettualistica concezione dell’Io come unità semplice, rapportabile all’unico centro costituito dalla coscienza.


Prima topica: Conscio, Preconscio e Inconscio.
La prima topica è formulata nel libro VII del suo trattato più famoso, L’Interpretazione dei sogni. Prima di Freud la psiche veniva identificata con la coscienza. In realtà, secondo gli studi di Freud, questa è soltanto la punta dell’Iceberg. Il grosso della nostra psiche si trova “sotto” il livello della percezione conscia.  Tale livello è la realtà abissale primaria di cui il conscio è soltanto la apparenza visibile. Come se fosse una terra da esplorare, Freud divide questa “terra” in due zone.
La prima è il preconscio: l’insieme di ricordi ed esperienze che sono soltanto momentaneamente inconsapevoli, ma possono esser riportati agevolmente alla coscienza con uno sforzo di attenzione, ad esempio gli automatismi che si innescano quando guidiamo l’automobile (chiavetta, folle, frizione, prima e così via).
La seconda è l’inconscio: che comprende quegli elementi psichici stabilmente defilati dalla coscienza, mantenuti in tale posizione da una barriera specifica, che può essere superata soltanto con tecniche appropriate. Tale barriera è la cosiddetta “rimozione” ed in un primo tempo Freud pensò di superarla mediante l’ipnosi, alla maniera di Breuer. La scarsità di successi ottenuti in questo modo, lo portò a scartare questo sistema e tentare con quello delle”libere associazioni”.
Freud aveva constatato che, in molti casi, cercare di forzare le resistenze alla penetrazione nella “zona protetta”, in realtà non faceva che acuirle e che perciò fosse più efficace indurre il paziente in uno stato di abbandono, di relax (da qui l’idea del famoso setting dello psicoanalista dietro al divano), inducendolo a formare “catene associative” di parole suggerite dal medico.  Presupposto per il buon funzionamento di questo metodo doveva esser, secondo Freud, la totale fiducia tra paziente e analista. Freud osservò che tale fiducia, necessaria per la buona riuscita della terapia, in una altissima percentuale di casi generava un fenomeno da lui denominato Transfert, una sorta di traslazione e di trasferimento degli stati d’animo ambivalenti (di amore/odio) provati dal paziente nella sua infanzia nei confronti dei genitori. E questa fu anche la base di partenza per alcune successive osservazioni della dinamica della psiche. Il transfert, implicando una sorta di innamoramento da parte del paziente, nei confronti del suo medico del quale egli cerca l’approvazione, può fungere da condizione preliminare per il buon esito dell’analisi.


Seconda topica: Io, Super-io ed Es.
La seconda topica, a differenza della prima, che divide la psiche in “zone”, come fossero dei presidi, distingue tre istanze l’Es, l’Io e il Super-io. In questo caso la psiche è considerata dal punto di vista dinamico e le zone si trasformano in altrettante esigenze.
Il pronome neutro della terza persona singolare, Es, rappresenta la forza caotica e pulsionale che costituisce la matrice della nostra personalità. La moralità, il bene, il male non hanno alcun significato per l’Es, puro principio istintuale che si muove soltanto per soddisfare il principio di piacere. Esso è fuori dal controllo dell’Io. Esso si colloca al di là delle forze spazio-temporali codificate da Kant e ignora le più elementari leggi della logica, come ad esempio il principio di non-contraddizione; in esso impulsi contraddittori coesistono senza per questo annullarsi.
Il Super-ioè la coscienza morale, ossia l’insieme di norme e proibizioni inculcate all’individuo dalla guida parentale, di cui esso è rappresentante, in-luogo-di. Ad esso afferiscono termini come l’ Io-devo kantiano, il non-si-può.
L’Io. È questa la “sezione organizzata” della personalità dell’individuo che deve equilibrare le esigenze di Es, di Super-io e del mondo esterno.
È uno dei temi di maggior rilevanza filosofica tra quelli trattati da Freud. In un campo di studi, che non ha, di per sé, altre ambizioni se non mediche, Freud, analizzando questo luogo psichico, ha dato spazio a quelle teorie filosofiche che, in ogni tempo, hanno sostenuto una concezione “debole” dell’io. Tutt’altro che padrone in casa propria, l’io si trova in perenne conflitto con forze soverchianti che deve equilibrare, l’Es, che dice “io voglio”, il super-io, che risponde “tu non puoi” e la realtà esterna, quello che Freud chiama “principio di realtà”, con la quale l’io si trova a fare i conti. È evidente che, spinta e strattonata da pulsioni uguali e contrarie che non riesce a reprimere né soddisfare, a volte la psiche si ribelli ed infligga al corpo punizioni quali mali di testa, crampi allo stomaco e quant’altre facezie le siano consentite. E fin qui niente di male. Il problema si pone, secondo Freud, quando il rapporto fra l’Io e i suoi aguzzini diventa troppo squilibrato a favore dell’uno oppure dell’altro. In tal caso può accadere che, in un soggetto con un super- io troppo debole per tenere a bada l’es, quest’ultimo prenda il sopravvento fino a manifestare nell’individuo comportamenti asociali, pericolosi e violenti, oppure, represso da un super-io troppo esigente manifesti le sue istanze inascoltate con sintomi nevrotici.
L’interpretazione dei sogni
Le due topiche, negli ultimi decenni della vita di Freud, vennero complicate dalla scoperta di altre due istanze radicali che gravano sul povero Io, ossia i due principi fondamentali di Éros (Amore) e di Thánatos (Morte). La teoria della pulsione di morte venne maturata nella serie di scritti della maturità in cui Freud si espresse in termini originali sulla civiltà e sulla religione.

 

L’Interpretazione dei sogni
Quando fu pubblicata, nel 1899, l’Interpretazione dei sogni segnò la nascita della psicoanalisi. Destò molto interesse, ma anche reazioni spesso di rifiuto. Occorsero anni perché le tesi freudiane acquisissero il credito della comunità scientifica internazionale. Questa opera è stata per la psicologia un contributo tanto rivoluzionario quanto per la biologia fu L’origine della specie diDarwin.
Il saggio, di cui soltanto l’ultima parte è teorica e specialistica, è scritto in uno stile brillante e denota il desiderio di Freud di divulgare, presso un vasto pubblico, le sue tesi, nell’introdurre le quali egli procede con cautela, quasi suggerendole, sulla scorta di moltissimo materiale clinico, presentato con l’arte di un vero narratore.
Nella prima parte del libro, Freud esamina la letteratura sui sogni e sulla loro interpretazione, dagli antichi alle conoscenze scientifiche della modernità. Via via passa poi a descrivere il proprio metodo di indagine e i numerosi esempi che lo hanno convinto circa l’esistenza di una dimensione inconscia della psiche. Egli ritiene che i sogni siano la via privilegiata verso l’inconscio e che rappresentino una forma di “appagamento” camuffato di un desiderio rimosso. Nel sogno Freud  distingue

  1. il contenuto manifesto, la scena che viene vissuta da chi sogna, e poi, in parte ricordata;
  2. il contenuto latente, vale a dire il significato inconscio.

Perché tanta cura da parte dell’individuo di mascherare il significato del sogno? Perché, risponde Freud, evidentemente si tratta di un desiderio inaccettabile da parte dell’Io, che cade sotto l’azione della censura.
Oggetto del lavoro di analisi è il passaggio dal primo al secondo piano attraverso l’interpretazione che sfrutta il  metodo delle libere associazioni. La tesi è che il contenuto manifesto del sogno sia “camuffato” secondo precisi schemi (secondo il principio del determinismo psichico) ripercorribili, per così dire, all’indietro da parte dell’analista. Chi sogna non ha alcuna consapevolezza di avere svolto, inconsciamente, queste operazioni di mascheramento e non conosce quindi il significato del sogno. Freud propone la tesi che il sogno, anche se mascherato in questo modo, consenta, tuttavia, l’espressione di pulsioni inconsce e il fatto che l’io non ne sia cosciente lo libera dalla necessità di farsene carico.
Nell’ultima parte del saggio, la più complessa, Freud propone una teoria della psiche in cui si distinguono le due sfere del conscio e dell’inconscio, i due principi antitetici “di realtà” e “del piacere” e si chiarisce il significato teorico della nozione di rimozione.

 

Psicopatologia della vita quotidiana e teoria della sessualità.
Qui Freud prende in esame quella serie di piccoli incidenti, i cosiddetti “atti mancati” (errori, dimenticanze, lapsus linguae) che, accanto ai sogni e ai sintomi nevrotici (afasia, apnee, cecità isterica, paralisi non dovuta a cause funzionali), sono l’ennesima riprova che nella nostra mente nulla avviene in modo fortuito e che ogni fatto è il prodotto di determinate cause. I sintomi, i sogni, gli atti mancati rappresentano un punto di incontro fra le pulsioni e la censura che il nostro io oppone ad esse. Freud stabilirà che alla base dei sintomi nevrotici vi sono sempre, in questo è categorico, impulsi di natura sessuale.
La teoria della sessualità di Freud ha scatenato forti resistenze da parte comunità scientifica, per il suo forte potere sconvolgente. Fino a Freud la sessualità era stata considerata come la pulsione genitale coinvolgente la sfera fisico-emotiva di un individuo adulto, espressa in una forte attrazione di due soggetti di sesso opposto e guidati dall’istinto ai fini della procreazione. Se fosse così semplice, osserva Freud rimarrebbero, cosa che è accaduta, senza spiegazione i fenomeni quali la sessualità infantile, le “perversioni” (che Freud non interpreta in senso dispregiativo, ma solo descrittivo, quali attività che, rinunciando al fine procreativo, perseguono il puro conseguimento del piacere) e la “sublimazione”, ossia il trasferimento di una carica originariamente sessuale sopra un’attività sostitutiva, come il lavoro, la scienza, l’arte. Questa, la base della sua teoria della libido, sulla scorta della quale egli demolì il mito dell’innocenza asessuata del bambino, individuando le varie fasi della sessualità infantile, ognuna caratterizzata da una specifica “zona erogena”. La fase orale, la fase anale e la fase genitale, si susseguono nel corso del normale sviluppo psicosessuale dell’individuo, dal piacere congiunto all’assunzione del latte materno, nei primi mesi di vita alll’organizzazione delle pulsioni sessuali sotto il primato della zone genitali.
La più nota delle dottrine freudiane, connessa alla scoperta della sessualità infantile, è il famoso “complesso di Edipo”, che prende il nome dal personaggio mitologico destinato ad uccidere il padre ed a sposare la madre. È un “complesso”, il termine è anch’esso di Freud, che si sviluppa tra i tre e i cinque anni e consiste in un attaccamento “libidico” verso il genitore di sesso opposto ed in uno ambivalente (di affettuosità e tendenza all’identificazione da un lato e di gelosia ed ostilità dall’altro) verso il genitore di uguale sesso.

 

I saggi sulla civiltà e sulla religione.
Cos’è la civiltà? Partendo dalla concezione hobbesiana della naturale malvagità dell’uomo e della inevitabilità della sofferenza, connaturata all’esistenza, che condivide con Schopenhauer, Freud sostiene la civiltà essere un male minore.  Essenziale alla soluzione dei molti problemi della vita, la civiltà richiede il sacrificio di istanze importanti della realtà psichica; essa implica un “costo”, in termini di libido e di felicità individuale, poiché l’uomo civile è costretto ad arginare un rilevante numero di desideri e di pulsioni ed a deviare l’energia libidica verso surrogati sociali e lavorativi. In Il disagio della civiltà, del 1930, il tema è proprio quello del rapporto tra le pulsioni dell’uomo e il progredire della civilizzazione. In questa opera Freud mette a fuoco, dal punto di vista della nozione di “civiltà”, il conflitto insanabile tra il principio di piacere e quello di realtà, tra le pulsioni dell’Es e quelle dell’Io. Applica quindi all’analisi della civiltà i temi contenuti in Al di là del principio del piacere (1920), e rileva la presenza nell’uomo, oltre che della pulsione biologica a conservare la vita (che mira a conservarsi e, contemporaneamente, a espandersi in unità sempre più larghe, famiglie e società) che aveva chaiamato Eros o pulsione di vita, anche di un’altra pulsione uguale e contraria, che mira dissolvere queste unità e a ricondurle allo stato primevo, inorganico. È questa la pulsione di morte o di Thánatos e delle pulsioni di morte che tendono a riportare il soggetto allo stato inorganico, agendo sia nella forma dell’autodistruzione sia in quella dell’aggressività verso l’esterno. L’incivilimento per Freud è dunque “un processo al servizio di Eros, che mira a raccogliere prima individui sporadici, poi le famiglie, poi stirpi, popoli, nazioni in una grande unità: il genere umano. Ma a questo programma della civiltà si oppone la altrettanto naturale pulsione aggressiva dell’uomo, l’ostilità di ciascuno contro tutti e di tutti contro ciascuno. Questa pulsione aggressiva è figlia e massima rappresentante della pulsione di morte che abbiamo trovato accanto a Eros e ne condivide il dominio sul mondo”. L’evoluzione della civiltà può definirsi la lotta per la vita della specie umana, insanabilmente divisa tra la dimensione naturale e quella culturale dell’uomo. La tesi è in definitiva affine a quella Nietzscheana del conflitto tra Apollineo e Dionisiaco. In Freud  però si pone l’interrogativo: che mezzi usa la civiltà per tenere a freno la spinta aggressiva che finirebbe per distruggere la specie? la risposta è semplice e ingegnosa. Ed il modello viene a Freud dallo studio dello sviluppo individuale. nell’individuo, cosa interviene a rendere innocuo il desiderio di aggressione? L’aggressività viene introiettata, interiorizzata e rimandata là da dove proviene. Dentro il profondo dell’io. Qui, assunta da una parte dell’io, diventa super-io che si contrappone al resto come un guardiano, la “coscienza”, la quale è pronta a scatenare contro l’io la stessa inesorabile aggressività che l’io avrebbe soddisfatto contro altri. Questa è l’origine del senso di colpa. Freud fa risalire tutto questo alla sua storica contrapposizione tra Io e Super-Io, identificando nel Super-Io la morale sociale che avvilisce l’Io. L’incivilimento secondo Freud ha come prezzo l’infelicità, che aumenta mano amano che aumenta il senso di colpa. Riferendosi al saggio Totem e tabù, in senso più filosofico che psicologico, il disagio della civiltà viene fatto risalire ad una forma di primordiale “peccato originale”, di cui tutti gli individui serbano traccia. Il peccato sarebbe quello di una paradigmatica “prima tribù di uomini”, in cui un solo capo governava con la forza il clan ed aveva, lui solo, diritto sulle donne. Il dispotismo di questo padre-capo avrebbe così tanto accresciuto l’odio degli altri membri, suoi figli, che essi lo uccisero, risentendone poi il senso di colpa ed il rimorso. Ancora adesso, secondo Freud, tutti noi inconsciamente serbiamo traccia di questo ancestrale parricidio, all’origine delle prescrizioni morali e del bisogno religioso.
L’opera, è nobile interprete delle oscure riflessioni sulla natura umana che, in seguito alla Grande Guerra e alla Depressione, tormentarono i circoli culturali. L’uomo decade da valoroso patriota e lavoratore a lupo parricida. I valori sono così ridotti a convenzioni, peraltro disagevoli. Freud fa del “Disagio della civiltà” il manifesto delle più tetre e disilluse analisi.
Cos’è la religione? La nevrosi ossessiva dell’umanità.  Essa scaturisce dal senso di impotenza infantile, dal bisogno di un padre. Ma essa scaturisce anche da un modello filogenetico, ossia dal ricordo interiorizzato, di cui parla nel IV capitolo di Totem e Tabù, della uccisione padre primordiale, da parte dei figli dell’orda, un evento devastante da cui originò sia la figura di Dio padre che il comandamento “non uccidere”.


S. Freud, Il disagio della civiltà, Boringhieri, 1987, p.257.

In base al principio: “la Ontogenesi ricapitola la Filogenesi”.

 

Fonte: http://keynes.scuole.bo.it/~miglioli/kant/Freud%20XXX%20sunto.doc

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