Neuropsicologia del linguaggio

 


 

Neuropsicologia del linguaggio

 

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Neuropsicologia del linguaggio

Cap. 1 – Che cosa è il linguaggio

Premessa
Nell’ambito della comunicazione le lingue rappresentano uno strumento di enorme potenza e versatilità. Lesioni di specifiche aree cerebrali inducono quasi invariabilmente disturbi del comportamento linguistico. Non stupisce dunque che lo studio delle lingue, in passato appannaggio della filosofia, della linguistica e dell’antropologia, abbia enormemente beneficiato del contributo delle neuroscienze in generale e di quelle cognitive in particolare.

Neuropsicologia e linguaggio
L’oggetto della neuropsicologia è lo studio della relazione tra fenomenologia e basi nervose delle funzioni cognitive, vale a dire dei comportamenti più articolati degli organismi complessi, in primo luogo primati, umanu e non umani. La neuropsicologia affronta l’antico e fondamentale problema scientifico e filosofico del rapporto tra cervello e mente. Lo studio di pazienti con lesioni celebrali focali ha classicamente utilizzato il metodo delle associazioni e delle dissociazioni sintomatologiche. L’associazione di sintomi, molto comune in neuropsicologia, si verifica quando lo stesso paziente presenta alterazioni riguardanti compiti e funzioni cognitive differenti risultando – es. incapace di comprendere parole sia presentate oralmente che per iscritto. L’associazione di sintomi può suggerire sia il danno di aree funzionalmente diverse, ciascuna alla base di un sintomo, sia, qualora i sintomi non si presentino mai separatamente, il loro legame con un unico sistema funzionale. L’associazione di un certo numero di sintomi costituisce la sindrome. L’espressione dissociazione semplice fa riferimento ad una condizione nella quale un determinato paziente è capace di eseguire un compito A (es. riconoscimento di facce note) ma si trova in grave difficoltà quando gli si chiede di eseguire il compito B (es. riconoscimento dei luoghi). Le doppie dissociazioni riguardano 2 gruppi di pazienti (A e B), che si cimentano in 2 tipi di compiti x e y (es. nel caso delle lingue storico-naturali, comprensione di parole presentate per iscritto oppure oralmente. Di solito si parla di doppia dissociazione quando il gruppo A presenta difficolta nel compito x ma non in quello y e il gruppo b presenta il comportamento opposto. E’ interessante notare che sono state riportate doppie dissociazioni anche in un singolo paziente. E’ stato es. descritto il caso di un paziente che presentava maggiori difficoltà nel produrre nomi rispetto a verbi e a parole di classe chiusa in compiti orali e maggiori difficoltà nel produrre verbi (e parole di classe chiusa) riapetto a nomi in compiti scritti. Lo studio clinico di casi singoli ha accompagnato e in un certo senso caratterizzato la neuropsicologia fin dalle origini al punto che ci si riferisce ad alcuni casi paradigmatici citandone le iniziali o addirittura il nome vero o fittizio. Il metodo degli studi di gruppo in neuropsicologia, nato tra gli anni ’60 e gli anni ’80 dall’esigenza di generalizzare i dati ottenuti dallo studio di casi singoli, è stato successivamente criticato perché la valutazione media maschererebbe comportamenti che solo lo studio di casi singoli metterebbe in adeguata evidenza.

Linguaggi e lingue storico-naturali
Qualunque trasmissione di informazione che tenga conto della sorgente e della destinazione e potenzialmente comunicativa. Il linguaggio, inteso come abilità tipicamente umana, è tra i codici comunicativi più sofisticati e potenti che si conoscano. La facoltà di usare il complesso e strutturato codice “linguaggio” consente di modulare lungo una gamma di sfumature praticamente illimitata l’espressione di idee, concetti, intenzioni. Le più tipiche attuazioni sociali e storiche delle capacità linguistiche sono le diverse lingue (storico-naturali) che rappresentano complesse miscele di natura e cultura. Le lingue storico-naturali sono caratterizzate: a) dall’uso del canale vocale per la produzione e di quello uditivo per la comprensione e b) dalla cd doppia articolazione, espressione con la quale si fa riferimento al fatto che praticamente tutte le lingue storico-naturali sono costituite da un numero limitato di unità non significanti (i fonemi, che nella maggior parte delle lingue sono inferiori a 40) a partire dalle quali vengono formati numeri praticamente illimitati di unità significanti. Altra importante propietà delle lingue storico-naturali è la creatività (o apertura), vale a dire la capacità di un nativo di una data lingua di produrre enunciati mai uditi o addirittura mai formulati prima. Questa proprietà è tipica del linguaggio umano e non di quello animale. La scienza descrittiva delle lingue storico-naturali è la linguistica, ulteriormente suddivisa in vari ambiti. La fonologia e la fonetica studiano le propietà distintive e acustiche dei suoni caratteristici di una data lingua (fonemi). L’individuazione dei fonemi di una determinata lingua ha reso possibile l’invenzione della scrittura alfabetica nella quale un segno viene univocamente associato a un suono. Con il termine si indica il suono minimo che distingue 2 parole per il resto uguali. Es. belle e pelle differiscono solo per il suono diverso all’inizio di ogni parola: ne deriva che b e p sono 2 fonemi distinti. Nessuno ha ancora potuto identificare e delimitare chiaramente da un punto di vista fisico un dato fonema consonantico nel contesto dei suoni delle parole perché a livello articolatorio esso viene sempre pronunciato diversamente. Le diverse modalità di produzione di un fonema vengono chiamate allofoni. Un tratto distintivo è la più piccola differenza tra due fonemi, quindi ogni fonema viene considerato come formato da un insieme concomitante di alcuni tratti distintivi. I linguisti ritengono che i tratti distintivi siano delle entità astratte, che servono però a descrivere una serie di movimenti muscolari necessari per raggiungere una particolare conformazione del tratto vocale, cioè del sistema che produce i suoni del linguaggio. I fonemi consonantici della lingua italiana possono essere classificati in: sonori (vibrazione corde vocali); occlusivi (ostruzione passaggio aria in alcuni punti delle corde vocali); costruttivi (quando l’aria deve passare attraverso un’apertura molto stretta); affricati (occlusione + costrizione); nasali (aria fluisce attraverso le fosse nasali); liquidi (restringimento tratto vocale). I fonemi vocalici vengono distinti in base alla posizione assunta dalla lingua nella cavità orale durante la loro produzione: i – vocale anteriore alta; e – vocale anteriore media; a – vocale centrale bassa; o – vocale posteriore media; u – vocale posteriore alta. La morfologia è quella parte della linguistica che studia la concordanza delle parole (es. aggettivo e sostantivo) e la formazione interna delle parole. Il morfema è la più piccola unità linguistica dotata di significato. L’unione di più morfemi forma parole morfologicamente complesse. In italiano esistono parole composte da un solo morfema come io, parole bimorfemiche, composte da due morfemi come tazza (tazz-a) e parole plurimorfiche, composte da tre o più morfemi come invincibile (in-vinc-ibil-e). La semantica è quella branca della linguistica che si occupa del significato delle parole. Poiché il processo di comprensione di una parola può basarsi su una analisi uditiva (nell’ascolto) o visiva (nella lettura), è stata ipotizzata l’esistenza di due componenti lessicali in ingresso: a) ortografica – rappresentazione delle parole necessaria al riconoscimento della seguenza di lettere durante il processo di lettura; b) fonologica – che contiene la rappresentazione fonologica delle parole necessarie per la comprensione orale. Con il termine semantica frasale si fa riferimento allo studio del significato delle proposizioni, delle presunzioni e delle inferenze linguistiche. Lo studio della sintassi (dal greco messa insieme) riguarda le modalità con cui le parole vengono collegate per comunicare mediante frasi i significati desiderati. La pragmatica ha come oggetto di studio la conoscenza delle regole di adattamento ottimale dell’uso di una lingua al contesto, anche extralinguistico, entro il quale la comunicazione ha luogo. L’appropiato mantenimento dei turni di conversazione, es., presuppone una serie di conoscenze sulla situazione che è ovviamente diversa se si tratta di una conversazione tra amici o di un collocquio di lavoro. La competenza pragmatica consente il corretto sviluppo delle informazioni inferenziali arrivate da una certa frase.

Cap. 2 – Il farsi delle lingue

Filogenesi del linguaggio
Nessun altro organismo ha mai sviluppato un codice di complessità paragonabile a quello delle lingue umane. La capacità di modulare una vastissima gamma di suoni, di combinarli in unità significanti (le parole) a loro volta combinate secondo precise regole in frasi e in discorsi è da considerarsi un vero e proprio salto evolutivo, che secondo molti ha consentito all’Homo sapiens di mettere in atto comportamenti mai osservati in altre specie. La comparsa del linguaggio articolato in forme somiglianti a quelle attuali si fa risalire a 30-50 mila anni or sono. Il linguaggio articolato deriva da un processo di selezione naturale e potrebbe aver consentito la grande amplificazione delle capacità mentali dell’Homoi sapiens. Rilevante per l’argomento della comparsa del linguaggio è la nozione secondo cui negli ultimi 50 mila anni non si sia verificata nessuna mutazione di rilievo. Mutamento importante è avvenuto 200 mila anni fa con l’abbassamento della posizione della laringe nel tratto vocale. Tale cambiamento ha lo svantaggio di non consentire di bere e respirare contemporaneamente, come possono fare scimpanze e bambini piccoli, ma il grande vantaggio di consentire l’articolazione dei suoni e la modulazione da parte del tratto sovralaringeo di una gamma di suoni molto vasta. Questo processo è alla base della capacità di produrre fonemi e di conseguenza i complessi suoni del linguaggio. In accordo con l’assunto fondamentale dell’embriologia secondo il quale lo sviluppo del singolo individuo (ontogenesi) riepiloga quello della specie (filogenesi), la capacità del bambino di produrre i fonemi più complessi sembra legata al cambiamento di posizione della laringe che ha luogo tra gli 11 e i 18 mesi dopo la nascita.

Ontogenesi del linguaggio
A differenza di tutte le altre specie, l’uomo sembra possedere una sorta di istinto all’uso del linguaggio articolato. E’ stato sostenuto che l’acquisizione del linguaggio sia un processo automatico legato al possesso da parte degli esseri umani delle informazioni genetiche sottostanti alle regole fonologiche e morfosintattiche di tutte le lingue. Neonati di madri di cultura ispanofona, o anglofona, es., sono in grado di percepire fondamentali contrasti fonemici di entrambe le lingue. Per contro gli stessi individui esaminati a 11 mesi di età, sono in grado di percepire contrasti fonemici della lingua nella quale sono stati immersi. Questi dati suggeriscono che il ruolo dei processi di apprendimento sia comunque fondamentale per la corretta maturazione dei processi linguistici. Si ipotizza che, proprio per favorire questi processi, gli adulti si rivolgono ai bambini piccoli utilizzando espressioni semplificate a livello acustico, lessicale e sintattico.

Lo sviluppo della percezione e del riconoscimento dei suoni del linguaggio
La voce umana, specie quella materna, viene percepita, riconosciuta e memorizzata dal feto già all’interno dell’utero. Il feto reagisce ai suoni linguistici noti in maniera diversa rispetto a come reagisce a suoni linguistici nuovi. E’ stato dimostrato che i neonati sono capaci di discriminare contrasti fonemici di moltissime lingue, addirittura forse di tutte le lingue naturali. Questa capacità è mantenuta per i primi 6 mesi di vita e decresce fino ad un anno, epoca nella quale sembra sparire. L’esposizione precoce, tra i 9 e i 10 mesi, ad una lingua straniera, mantiene la capacità di riconoscere le caratteristiche distintive dei fonemi di questa lingua. La capacità di discriminare e categorizzare i suoni complessi di una lingua dipende dalla conservazione della capacità di attivare particolari strutture del cervello che vengono stimolate con l’esposizione ai suoni di una lingua durante l’infanzia. Una mancata esposizione a certi suoni complessi, non presenti nella propria lingua madre, determina quindi un decadimento di alcune strutture nervose atte a discriminare tali suoni. Ciò significa che entro il primo anno di vita gli esseri umani sono potenzialmente pronti a discriminare e ad apprendere tutte le lingue umane, e che con la crescita perdono gradualmente la possibilità di acquisire con facilità e in modo informale altre lingue. Poter effettuare discriminazioni linguistiche assai precocemente non implica che il sistema sia completamente maturo alla nascita. L’abilità di riconoscere (e produrre) suoni complessi matura nel corso della vita. Solo nel secondo semestre di vita, es., i bambini diventano capaci di discriminare consonanti tipo la f e la v. Inoltre, alla nascita i bambini possono riconoscere la lingua parlata dalla madre: è stato dimostrato che neonati francesi preferifano ascoltare suoni della loro lingua piuttosto che di quella russa. L’uomo possiede un apparato uditivo preprogrammato geneticamente alla discriminazione di caratteristiche distintive dei suoni del linguaggio, ma l’esperienza è decisiva per lo sviluppo e la messa in atto delle potenzialità linguistiche.

Lo sviluppo della produzione vocale nel bambino
Nella fase delle prime vocalizzazioni, intorno ai 3 mesi di vita, i bambini producono suoni nei quali gli adulti tendono a riconoscere associazioni consonante-vocale. La consonante prodotta più frequentemente corrisponde alla g mentre le vocali sono la a e la u. Intorno al 4/5 mese il bambino accresce il repertorio di suoni consonati e vocalici che è in grado di riprodurre. Si assiste alla combinazione aritmica di sillabe prodotta spontaneamente e ripetuta con caratteristiche ludiche e non finalistiche che caratterizza le fasi rudimentali della lallazione (dal tedesco lallen, balbettare). Dai 6 ai 9 mesi il bambino può produrre un repertorio di suoni che comprende tutta la gamma posseduta dall’uomo ed è dunque teoricamente in grado di usare tutte le lingue del mondo. Da 9 mesi a 1 anno la gamma di suoni si restringe limitandosi alle intonazioni del proprio ambiente sociolinguistico. La capacità di comprendere suoni linguistici precede sempre la capacità di produrli. Le prime parole pronunciate da un bambino, tra i 9 e i 18 mesi, sono sovente costituite da due sillabe uguali ripetute, mama, papa, tata. La produzione globale di un bambino di 20 mesi è comprensibile ai genitori solo per il 25% del totale, a 4 anni è vicina al 100%. Le bambine acquisiscono prima dei maschi la capacità di produrre in maniera corretta i suoni di una lingua, questo perché il cervello delle bambine matura più precocemente.

Tappe maturative e acquisizione della prima lingua
Nel primo anno di vita il bambino presenta una progressiva maturazione dell’abilità di comunicare con i genitori e gli adulti in genere. A 1 mese stabilisce il contatto visivo con altri individui e sembra in grado di riconoscere il volto, la voce e l’odore della propria madre. A 3 mesi sorride ai genitori e altre persone che con lui sono in stretto contatto: il sorriso dipende anche dall’intonazione di chi gli parla che è già in grado di riconoscere. A 4 mesi orienta occhi e testa in direzione dei suoni. A 6 mesi seleziona i suoni, scartando quelli che non gli interessano e prestando attenzione agli altri. Prima di produrre la prima parola è in grado di indicare gli oggetti desiderati. La prima parola, in media, è prodotta a 11 mesi. Tra i 10 e i 20 mesi il bambino raggiunge le 50 parole. Il numero di parole che i bambini comprendono è sempre superiore a quelle che sono in grado di riprodurre. All’età di 6 anni i bambini possiedono un vocabolario ricettivo di circa 10.000 parole. Intorno ai 24-36 mesi il bambino è in grado di produrre frasi superiori a due parole. All’età di 4 anni il bambino possiede una conoscenza di base del linguaggio con ampio lessico e buona conoscenza delle regole anche se non riesce ancora a comprendere le eccezioni della grammatica (es. dice aprito invece di aperto). A 6 anni il linguaggio del bambino è simile a quello dell’adulto, egli è capace di raccontare storie e partecipa attivamente alla conversazione. Una modalità frequentemente utilizzata per valutare lo sviluppo grammaticale nei bambini consiste nella misurazione del numero delle parole per enunciato: tale parametro viene definito lunghezza media dell’enunciato (LME).

Meccanismi alla base dell’apprendimento del linguaggio articolato:
contagio, comportamento ecolalico, accomodazione vocale e sensibilità al ritmo del linguaggio

Il fenomeno del contagio
Un comportamento stupefacente osservato in alcuni neonati mezz’ora dopo la nascita è la capacità di imitare complessi comportamenti mimici facciali degli adulti: es. se si mostra la lingua, il neonato è in grado di imitarci. Subito dopo la nascita i neonati sono in grado di imitare (inconsapevolmente) una complessa espressione facciale mentre non sono ancora in grado di produrre la stessa espressione volontariamente. Considerata la precocità del fenomeno si ritiene che la capacità di imitare comportamenti facciali tanto complessi sia sostanzialmente innata. Bambini di 5 mesi sono in grado di imitare la produzione di vocali, come la a e la i, che ascoltano e vedono inconsci, perché solo verso l’anno di età i bambini sono capaci di produrre volontariamente delle vocali.
Il comportamento ecolalico
Il comportamento ecolalico consiste nella ripetizione di parole o frasi, senza che queste siano necessariamente comprese. E’ un comportamento verbale che si osserva comunemente nei bambini durante lo sviluppo. La riduzione delle ecolalie è dovuta alla maturazione del lobo frontale, sede delle funzioni cognitive più complesse, come la consapevolezza e il giudizio. Grazie alla maturazione di queste strutture l’uomo diventa in grado di inibire conmportamenti inappropriati alle circostanze (es. ridere ad un funerale) o non più necessari. Proprio la lesione dei lobi frontali può scatenare, dunque, comportamenti socialmente inappropriati.

L’accomodazione vocale
Il fenomeno dell’accomodazione vocale consiste nella tendenza a rendere la propria espressione verbale sempre più simile alle caratteristiche vocali dell’interlocutore. Già a 3-4 anni molti bambini producono un linguaggio comprensibile agli adulti, anche se non hanno acquisito la capacità di articolare correttamente tutti i suoni del linguaggio. La produzione di alcuni suoni continua a perfezionarsi fino agli 8 anni. I bambini perfezionano la produzione di suoni del linguaggio sul modello degli adulti per attirare inconsciamente la loro attenzione.

Sensibilità al ritmo del linguaggio
Una delle caratteristiche più tipiche del sofisticato codice comunicativo che è il linguaggio articolato sembra risiedere nella sensibilità al ritmo, vale a dire il dispiegarsi del linguaggio nel tempo più che nello spazio. La sensibilità al ritmo del linguaggio è innata e precede la parola. Una differenza fondamentale tra attività linguistiche e non linguistiche riguarda la sensibilità a sequenze ritmiche altamente specifiche e presenti anche nelle lingue naturali che non utilizzano il canale uditivo verbale. Sarebbe proprio questa innata sensitività, stabilmente trasmessa per via genetica, a far cogliere al bambino gli elementi chiave per l’apprendimento linguistico nella voce come nelle mani di un altro parlante.

In sintesi l’uomo ha una predisposizione genetica al linguaggio che non condivide con nessun altro essere vivente. Tuttavia questa naturale predisposizione è necessaria ma non sufficiente alla piena espressione del linguaggio. Basti pensare ai casi dei cd selvaggi. Valga per tutti quello di Victor, il ragazzo che, vissuto in un bosco francese in completa assenza di esposizione al linguaggio fino all’età di 12-13 anni, non imparò mai a parlare in maniera adeguata. Una piena maturazione e sviluppo del linguaggio sono strettamente legati agli stimoli di cui questi processi necessitano e che dipendono fortemente dalla ricchezza e completezza della società linguistica nella quale l’individuo è immerso.

Cap. 5 – Nascita dell’afasiologia
La perdita della capacità di esprimersi verbalmente a seguito di una malattia del cervello si deduce già da un papiro egizio del 1700 a.C.  Gli autori antichi si sono limitati a descrivere i sintomi, piuttosto che farsi domande specifiche sull’organizzazione del linguaggio nel cervello. Per raggiungere questo tipo di consapevolezza conoscitiva bisogna attendere le prime scoperte di Pierre Paul Broca esposte nella celebre memoria dle 1861 nella quale un paziente di nome Leborgne era stato soggetto a numerosi casi di epilessia, pur avendo appreso perfettamente il mestiere di calzolaio. All’età di 30 anni aveva perso la capacità di parlare e fu ricoverato in un ospizio. La comprensione verbale era buona ma interrogandolo rispondeva sempre con il monosillabo “Tan”. Dopo 10 anni dalla perdita del linguaggio, Tan, perse l’uso del braccio fino a quando paralizzato completamente fu costretto a letto. Successivamente morì. Broca poche ore dopo l’autopsia ebbe modo di presentare la sua prima importante scoperta nel corso della quale mostrò il cervello con la lesione dle lobo frontale. Broca affermò di aver per la prima volta localizzato nel cervello una facoltà della mente umana: egli suggerì che la facoltà del linguaggio articolato fosse indipendente dalla comprensione verbale e che fosse localizzata nella terza circonvoluzione del lobo frontale. Il fatto che la facoltà del linguaggio, ciò che distingue l’essere umano, dagli altri animali, non fosse rappresentata bilateralmente nei 2 emisferi cerebrali non solo era un dato inatteso, ma fu inizialmente accettato con molta difficoltà anche dallo stesso Broca. Dopo aver raccolto nuovi dati a ulteriore conferma dei primi risultati ottenuti, nel 1865 Broca presentò la sua seconda importante scoperta, proponendo quella che doveva diventare una pietra miliare nello studio delle funzioni del cervello, e cioè il fatto che “Nous parlons avec l’hemisphère gauche”. Numerosissimi studi su individui destrimani confermarono questo dato. I soggetti destrimani presentano una lateralizzazione del linguaggio nell’emisfero sinistro in una % superiore al 95%. La specie umana presenta inoltre un’altra e più evidente asimmetria, cioè la preferenza manuale destra per compiere movimenti fini e precisi, mentre utilizza la mano sinistra con funzioni di sostegno per l’attività svolta dalla mano destra. Broca affermò per primo che la preferenza manuale destra e il linguaggio erano entrambi controllati dall’emisfero cerebrale sinistro, perché nella specie umana esso maturava più velocemente dell’emisfero destro. L’acquisizione del linguaggio e dell’uso dominante della mano dx, 2 tipici apprendimenti culturali secondo Broca, venivano quindi controllati dall’emisfero che durante l’infanzia maturava per primo. Nel 1874 Carl Wernicke pubblicò Il complesso sintomatico afasico, importantissimo perché egli non si limitò a descrivere semplicemente nuovi casi di afasia, ma cerco con le conoscenze del suo tempo, di spiegare come il cervello organizzava il movimento volontario e il linguaggio, una forma particolare di movimento. Wernicke propose che la corteccia cerebrale fosse organizzata in un mosaico di aree collegate anatomicamente fra di loro e dedicate a specifiche funzioni (linguaggio, memoria). Quando 2 strutture del cervello venivano attivate congiuntamente esse tendevano a rimanere regolarmente associate. L’uso continuo di un circuito nervoso coinvolto in una data funzione, come l’ascolto di una parola, diminuiva l’energia necessaria per eccitare lo stesso circuito. Quanto più frequente era la ripetizione di un compito tanto più stabili diventavano le associazioni tra il mosaico di aree corticali del cervello coinvolte nel compito. W. Propose inoltre di dividere l’intera superficie del cervello in 2 grandi settori di differente significato funzionale: il cervello frontale e il cervello temporo occipitale. Egli attribui al cervello frontale le funzioni motorie e le funzioni sensoriali e al cervello temporo occipitale. Tale suddivisione è valida tuttora. Per W. il linguaggio era un particolare tipo di movimento volontario organizzato in diversi centri collegati fra loro mediante specifiche vie di comunicazione. Per lui i numerosi tipi di afasia dipendevano dal luogo di interruzione di questi collegamenti.

Cap. 6 – La neurolinguistica clinica

La classificazione sindromica dell’afasia
La logica della classificazione sindromica deriva dall’associazione di sintomi linguistici. Una delle classificazioni più sistematiche fu proposta nel 1885 da Ludwig Lichteim che ipotizzò un centro di immagini uditive delle parole, e di un centro di immagini motorie dove risiedevano le memorie motorie dei movimenti coordinati per la produzione delle parole. Dalla periferia uditiva le impressioni acustiche giungevano alla corteccia uditiva, ma per la comprensione dei suoni doveva stabilirsi un ulteriore connessione fra il centro uditivo e il centro dei concetti. Secondo questo autore la produzione del linguaggio volontario iniziava quando il centro dei concetti inviava informazioni al centro delle immagini motorie, da dove gli impulsi nervosi venivano poi inviati agli organi del linguaggio. Tale schematizzazione permetteva di fare ipotesi sui tipi di afasia che potevano colpire il paziente:
afasia di Broca: dovuta ad una lesione nell’area di Broca; afasia di Wernicke: dovuta ad una lesione nell’area di Wernicke; afasia di conduzione: dovuta ad una lesione delle fibre di connessione tra l’area di Wernicke e l’area di Broca; l’afasia transcorticale motoria: dovuta a una lesione delle strutture interposte tra il centro dei concetti e l’area di Broca; afasia transcorticale sensoriale: dovuta a una lesione delle strutture interposte tra il centro dei concetti e l’area di Wernicke. Ulteriore classificazione in base ad alterazioni quantitative tra 8 tipi di afasie, dove l’eloquio è ridotto nelle prime 4 e fluente nelle seconde 4: Afasia globale: è la forma clinica più grave. Eloquio moltostentato o assente, coinvolge la maggior parte delle aree del linguaggio dell’emisfero sinistro.
Afasia di Broca: espressione verbale molto stentata. La comprensione verbale è buona ma le regole grammaticali sono saltate. La lesione coinvolge l’emisfero sinistro. Afasia transcorticale motoria: eloquio spontaneo ridotto – la lesione interompe le connessioni tra l’area di Broca e le altre strutture frontali: è un tipo poco frequente.
Afasia transcorticale mista: forma clinica rara e grave. Il paziente non presenta eloquio spontaneo, non comprende ma è in grado di ripetere. E’ generalmente prodotta da gravi avvelenamenti da ossido di carbonio.
Afasia di Wernicke: eloquio spontaneo e fluente ma con numerose alterazioni semantico-verbali. La lesione è situata nell’area di Wernicke, nel lobo temporale sx. Afasia di conduzione: eloquio fluente con ripetizione compromessa. Afasia transcorticale sensoriale: eloquio fluente con deficit fonemici e semantici e gravi deficit di denominazione. Compromessa la comprensione uditiva. Afasia anomica: eloquio spontaneo e fluente e grammaticalmente corretto. Comprensione e ripetizione conservate. Incapacità di reperire parole. Emisfero sx.

Forme speciali di afasia

Afasia e cervello poliglotta
Per bilingui si intendono le persone che nella loro vita utilizzano due o più lingue, oppure due o più dialetti.
In ambito neurolinguistico non non vengono fatte distinzioni tra lingue e dialetti, poiché questa distinzione è politica piuttosto che scientifica. Plurilinguismo e bilinguismo in neurolinguistica sono sinonimi. Attualmente più della metà della popolazione mondiale è bilingue. Una caratteristica comune nella maggioranza dei soggetti bilingui è il differente livello di conoscenza che essi utilizzano. Un individuo bilingue non è due monolingui in una persona: è molto raro infatti che un individuo bilingue abbia una conoscenza perfetta di tutte le lingue che usa.
Di rilievo per la neurolinguistica è conoscere se le diverse lingue che un soggetto bilingue utilizza sono rappresentate nelle stesse strutture cerebrali o sono invece rappresentate in strutture cerebrali differenti.
I disturbi del linguaggio caratteristici dei poliglotti sono stati definiti “reazioni afasiche nei poliglotti”. Un sintomo tipico nelle reazioni afasiche è lo switching ovvero il passaggio (o commutazione) più o meno frequente da una lingua all’altra. Un altro disturbo tipico è il mixing, ovvero il mescolamento di due o più lingue all’interno della stessa frase. Comportamenti di commutazione e mescolamento delle lingue sono normalmente presenti anche nei soggetti bilingui normali; questi episodi sono considerati patologici quando il paziente afasico li produce con un interlocutore che non è in grado di comprendere una o più delle lingue utilizzate. Gli afasici bilingui possono presentare disturbi anche nella traduzione e presentare incapacità a tradurre o fenomeni di traduzione spontanea cioè la tendenza compulsiva a tradurre le espressioni prodotte in una o più lingue.

L’esame standardizzato dell’afasia nei bilingui
Nei bilingui diventati afasici la necessità di valutare i deficit linguistici con criteri obiettivi è ancora più importante, perché se si vuole stabilire il grado di compromissione di una lingua rispetto all’altra è necessario valutare entrambe le lingue in maniera comparabile. Michel Paradis ideò il BAT (Bilingual Aphasia Test). Ci sono due livelli di valutazione del BAT: un livello immediato, nel quale vengono valutate le risposte che vengono inserite in un programma computerizzato che analizza automaticamente i risultati; un secondo livello più complesso nel quae viene eseguita un analisi neurolinguistica di tutte le prove a cui è stato sottoposto il paziente, così da ottenere dati quantitativi sulle prestazioni linguistiche del paziente nelle varie lingue.

Afasia nel linguaggio dei segni
Pur non utilizzando il canale uditivo vocale le lingue dei segni, vale a dire i codici gestuali usati nella comunità di individui che a causa di sordità profonda non acquisiscono il linguaggio parlato, presentano fortissime analogie con il linguaggio parlato, presentano fortissime analogie con le lingue storico naturali.

Afasia crociata
Si riferisce alle afasie in pazienti destrimani con lesione nell’emisfero destro. E’ rara, quando avviene si deduce che il linguaggio è basato sull’emisfero dx.

Afasia nei mancini
La dominanza emisferica sx è più frequente per i destrimani mentre la dominanza emisferica dx è meno frequente per i mancini. Anche nei mancini l’afasia consegue principalmente a lesioni emisferiche sx. In ogni caso l’afasia nei mancini è meno grave che nei destrimani.

Afasia nella demenza
I deficit linguistici nella demenza sono distinti dalle sindromi afasiche conseguenti a lesioni emisferiche focali. Ci sono tipi qualitativamente diversi di demenza e i deficit linguistici possono variare molto in base alla demenza.
In pazienti con demenza da ripetute lesioni infartuali nelle aree del linguaggio si può osservare afasia sia improvvisa che lentamente ingravescente. Nell’afasia di Alzheimer la caratteristica principale è la difficoltà nel recupero delle parole e l’incapacità di comprendere il linguaggio scritto e orale assieme alla presenza di perseverazioni di ecolalia.

La pragmatica della comunicazione
La Pragmatica è una disciplina della linguistica che si occupa dell'uso della lingua come azione. Non si occupa della lingua intesa come sistema di segni, ma osserva come e per quali scopi la lingua viene utilizzata. Più in specifico si occupa di come il contesto influisca sull'interpretazione dei significati. In questo caso il termine contesto è sinonimo della parola situazione, in quanto potrebbe riferirsi a qualsiasi fattore extralinguistico, tra cui sociale, ambientale e psicologico. I fenomeni pragmatici si possono dividere essenzialmente in 2 gruppi: quelli che più strettamente sono legati al linguaggio e quelli che invece sono più legati al comportamento in generale. Al primo tipo appartengono la metafora (es. è una tigre); l’inferenza (deduzione); ironia (sei un genio); presupposizione. Al secondo tipo appartengono fenomeni come il cambiamento di codice linguistico, le espressioni di cortesia, il rispetto dei turni conversazionali; la comunicazione non verbale.

Disturbi della pragmatica in pazienti celebrolesi
La stragrande maggioranza degli studi afasiologici ha riguardato le alterazioni strettamente linguistiche (fonologiche, lessicali, sintattiche) dimostrando che l’afasia consegue a lesioni corticali e sottocorticali dell’emisfero sinistro. Lo studio di pazienti con lesioni focali all’emisfero dx ha permesso di comprendere meglio il ruolo della metà definita “minore” del cervello in riferimento all’organizzazione della comunicazione. E’ stato visto che le lesioni dell’emisfero dx possono compromettere in maniera rilevante alcune componenti non linguistiche della comunicazione verbale come l’intonazione della voce durante l’espressione verbale. Tra gli altri disturbi pragmatici conseguenti a lesioni dell’emisfero dx viene annoverata anche la difficoltà o incapacità di formulare e comprendere metafore o espressioni sarcastiche. Studi neuropsicologici suggeriscono inoltre che i cerebrolesi dx presentano disturbi della capacità di comprendere testi e discorsi.

 

I processi di lettura, scrittura e calcolo in età adulta
Un modello neuropsicologico molto accreditato per la spiegazione dei processi di lettura è del tipo a doppia via. In esso si assume l’esistenza di a) una via semantico-lessicale basata sulla relazione diretta tra sistema semantico, accesso ortografico e uscita fonologica; b) una via non lessicale che si basa su regole di conversione grafema-fonema. Sulla base di questo modello sono stati descritti tre principali modelli di alterazione dei processi di lettura: Dislessia profonda: caratterizzata da errori semantici (arbusto letto come albero) e dal fatto che i nomi vengono letti più facilmente dei verbi. Vengono commeddi poi errori visivi (si legge cane per pane).
Dislessia superficiale: la via non lessicale è conservata mentre quella lessicale-semantica è danneggiata.
Dislessia fonologica: rara, consegue a un deficit specifico della via non lessicale. Un disturbo paradigmatico della lettura è l’alessia pura che rappresenta una disconnessione delle vie visive-verbali; pazienti con questa sindrome sono incapaci di identificare anche singole lettere e non possono leggere ad alta voce.  La disgrafia è grave come la dislessia: il paziente può scrivere le singole lettere ma raramente le usa correttamente per formare le parole. L’alessia frontale è associata all’afasia di Broca: i pazienti non sono in grado di denominare singole lettere ma possono capire singole parole. La scrittura è un’abilità complessa perché richiede l’integrazione tra controllo motorio e sistema neurofunzionale del linguaggio. Si distinguono la disgrafia profonda: danno via lesssicale e difficolta di scrittura delle non parole; disgrafia superficiale: danno selettivo alla via lessicale; disgrafia fonologica: danno delle procedure non lessicali di scrittura. La disgrafia spaziale è caratterizzata da largo margine vuoto alla sx del foglio e mancato corretto allineamento orizzontale della scrittura. La disgrafia disprassica è caratterizzata dalla perdità di linearità e produzione automatica di elementi scritti La disgrafia da lesione del corpo calloso comporta l’incapacità di scrivere sotto dettatura con la mano non dominante.
Poiché le abilità matematiche si basano su un gran numero di abilità cognitive, non stupisce che disturbi del calcolo possano conseguire ad una grande varietà di lesioni cerebrali. Col termine acalculia ci si riferisce a disturbi del calcolo conseguenti a lesioni cerebrali. Il termine discalculia evolutiva indica il deficit della capacità di acquisire le abilità necessarie al calcolo. Tra le acalculie si distinguono: anaritmetia – difficoltà nelle fondamentali operazioni aritmetiche; alessia e agrafia per i numeri – i pazienti non possono leggere e scrivere i numeri presentati nell’emicampo sx ma possono scrivere spontaneamente e sotto dettatura.; acalculia spaziale: i pazienti nelle prove di calcolo complesso allineano le cifre in modo errato. L’acalculia frontale è la difficoltà a risolvere problemi numerici complessi. Si parla di acalculia afasica quando il disturbo di calcolo è correlato al deficit linguistico.

Cap. 7 – I disturbi del linguaggio nel bambino

Valutazione del linguaggio nel bambino
Per studiare lo sviluppo del linguaggio nei bambini si utilizzano in genere due esami: la scala Macarthur e il test del primo linguaggio. La scala Macarthur permette di studiare lo sviluppo della comprensione e della produzione delle parole. Viene data ai genitori una scheda con un elenco di parole, suddivise in diverse categorie grammaticali. I genitori devono segnare sulla scheda le parole che il bambino è in grado di comprendere e di produrre. Per i bambini dai 12 ai 36 mesi il test più utilizzato è il test del primo linguaggio che si basa sulla capacità dic omprendere e produrre parole e frasi.

Le afasie acquisite
Nei bambini i disturbi acquisiti del linguaggio più frequenti sono le afasie, le cui cause principali sono da ricercare in traumi cranici e tumori cerebrali. Dopo una lesione che ha colpito uno o più centri del linguaggio il bambino tende a perdere la capacità di esprimersi fluentemente, fino a situazioni di vero e proprio mutismo. In genere è abbastanza conservata la comprensione. Pur recuperando il linguaggio rimarranno per tutta la vita lievi deficit linguistici e cognitivi.

L’afasia-epilessia (sindrome da Landau-Kleffner)
L’epilessia colpisce prevalentemente l’infanzia. Un numero limitato di bambini mostrano con l’epilessia anche l’afasia. L’afasia non dipende dalla gravità dell’epilessia, ma è invece correlata con la presenza nell’elettroencefalogramma di anomalie epilettiformi continue.

Le afasie congenite dovute a paralisi cerebrali infantili
Per paralisi cerebrale, detta anche encefalopatia perinatale, si intende un deficit neurologico stabile e non progressivo, acquisito prima, durante o nei primi mesi dopo la nascita. Le cause di questi deficit possono essere molto diverse, es. il basso peso alla nascita, una meningite neonatale. Se la sede della lesione interessa l’emisfero sx le tappe iniziali dello sviluppo dle linguaggio appaiono compromesse. Un fattore aggravante dell’afasia congenita è la concomitante presenza di un’epilessia.

 

Disturbi specifici del linguaggio
Si tratta di disturbi dell’acquisizione del linguaggio che colpiscono bambini con intelligenza e udito normali, senza apparenti problemi neurologici. Più del 5% dei bambini in età scolare presenta un disturbo specifico del linguaggio; tale deficit è più frequente nei maschi che nelle femmine; la maggior parte di questi bambini presentano una preferenza manuale sinistra e la maggior parte di loro ha un altro familiare con lo stesso problema. Le cause dei disturbi specifici del linguaggio non sono ancora completamente note. Per essere sicuri che un bambino presenti una difficoltà specifica del linguaggio bisogna innanzitutto documentare che la sua intelligenza non verbale è normale. La valutazione avviene tramite le scale per il quoziente intellettivo. Una volta fatta questa verifica il bambino viene sottoposto ad una sistematica valutazione del linguaggio mediante l’utilizzo di una scala per lo sviluppo del linguaggio che valuti le capacità di comprensione del linguaggio nella norma, ma presentino dei deficit delle capacità espressive. I bambini con un disturbo specifico dell’articolazione dei suoni del linguaggio presentano uno sviluppo dell’articolazione dei suoni che è in ritardo rispetto ai bambini della loro età; questa è la forma di disturbo più frequente.

 

Fonte: http://www.scicom.altervista.org/psicologia/neuropsicologia_del_linguaggio.doc

 

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