Giochi comportamentali e conversazionali

 


 

Giochi comportamentali e conversazionali

 

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Giochi comportamentali e conversazionali

 

Nel 1953 Wittgenstein fu il primo a definire “l’intero processo dell’uso delle parole” come Gioco Linguistico. Fu definito Gioco perché parlare un linguaggio è un’attività, un modo di vivere. L’idea rivoluzionaria è stata quella di preoccuparsi dell’uso del linguaggio e non solo del linguaggio in sé. Le regole di un gioco specificano cosa è appropriato, data la situazione, domandare o rispondere; i giochi dialogici sono visti come una sorta di grammatica che specifica le mosse adeguate ad un certo contesto.

Definizione di gioco conversazionale: spiegare la cooperazione conversazionale in termini delle inferenze mentali eseguite dai partecipanti.  

3.1 Giochi Comportamentali

Nella conversazione esistono due aspetti distinti: la competenza comunicativa e una serie di schemi stereotipati di interazione, che possono essere condivisi da più o meno persone.
Fondamentale è capire che l’espressione letterale è solo il punto di partenza per comprendere un enunciato. La semantica può essere evidente ma gli effetti che il parlante vuole innescare nell’ascoltatore devono essere dedotti. I giochi comportamentali sono la struttura che coordina le azioni interpersonali e che gli attori utilizzano per selezionare il significato effettivo di un enunciato tra i molti possibili.

3.1.1  Struttura del gioco comportamentale

Affinché ci sia gioco comportamentale ci deve essere una parziale condivisione del piano d’azione tra gli attori. Questa condivisione di conoscenza può essere sia tacita che esplicita, cioè rispettivamente non consapevole o consapevole. Bisogna tener presente che nella memoria dei giocatori il piano del gioco deve essere rappresentato, ma non è indispensabile esserne consapevoli.
Per essere giocato un gioco deve rispettare alcune condizione di validità: tempo, luogo e altre legate agli stati mentali dei partecipanti (es: modo, sequenza, effetto…). Queste condizioni ricordano le condizioni di buona riuscita degli atti performativi di Austin.
La giocabilità di un gioco dipende dalla relazione tra i partecipanti. Esistono tre tipi di relazioni che corrispondono a giochi comportamentali: relazione tra sconosciuti, appartenenti alla stessa cultura; appartenenti allo stesso gruppo; relazione di coppia, appartenenti a due sole persone (giochi idiosincratici, di grande intimità).
La relazione tra persone è l’insieme dei giochi comportamentali giocabili.
Ogni agente vede il mondo in modo soggettivo, dato che tutto è basata sulla nozione di conoscenza condivisa, che è soggettiva. Quindi G(A,B) è il gioco visto dalla prospettiva di A, mentre G(B,A) è il gioco visto dalla prospettiva di B.
[ESEMPI di giochi a pagina 120, 121 e 122: informazione stradale (stessa cultura, consapevole); soluzione di enigma (gioco di coppia, consapevole); distacco difficile (gioco di coppia, non consapevole)].

3.1.2 Tipi di Gioco

Per ora utilizziamo il criterio estensionale per classificare i tipi di gioco.
I tipi di gioco principali sono tre:

  • Giochi culturali: comuni ad una intera cultura;
  • Giochi di gruppo: condivisi da un gruppo di persone;
  • Giochi di coppia: condivisi da solo due persone.

 

GIOCHI CULTURALI
La cultura a cui noi ci riferiamo può essere più o meno allargata; ma le persone che la condividono, nel momento in cui viene attivato un gioco, sanno cosa ciascuno si aspetta che l’altro faccia.
Più il gioco è diffuso più si avvicina ad una regola sociale di condotta.
I giochi variano di Paese in Paese, chi più chi meno: lo scusarsi in Occidente è segno di cortesia mentre in Giappone è visto come un modo di evitare di assumersi le proprie responsabilità.
I giochi culturali non possono essere universali perché esistono differenze di tipo linguistico, paralinguistico, extralinguistico che non possono essere superabili [ESEMPI vari: pagina 123 e 124; ESEMPIO invito a cena, modifiche dai primi del ‘900 ad oggi, pagina 124, 125]. Sicuramente esistono schemi comportamentali comuni a tutti gli uomini ma per essere così devono essere innati, determinati geneticamente fin dalla nascita; proprio perché innati non possono essere definiti giochi perché un gioco si impara, è contrattabile  e rifiutabile. Quindi non esistono giochi universali.

GIOCHI DI GRUPPO
Il gioco è condiviso da una cerchia più o meno ristretta di persone che spesso hanno condiviso la strutturazione del gioco stesso.
[ESEMPI: aiuto al Padrino, pag. 125; i RAL, pag. 125; il Mutatis Mutandis, pag. 126].
I giochi di gruppo possono essere insegnati esplicitamente, anche se di solito vengono appresi per imitazione, spesso senza una vera consapevolezza dell’atto.
[ESEMPIO: come riconoscere un omosessuale, pagina 126]
GIOCHI DI COPPIA
Questi giochi sono costituiti da due persone e sono validi solo per loro; in genere due persone che si trovano nella stessa situazione più di una volta (bastano 3 o 4) possono costruire uno schema di gioco.

 

3.1.3 Giocare un gioco

Il gioco verrà giocato solo se vengono rispettate due condizioni : il gioco sia giocabile e gli attori devono essere interessati a giocare. In caso di agente unico, se il piano d’azione è eseguibile l’intenzione non dà problemi (se il quadro è molto semplice) ma basta complicarlo un poco per vedere che non sempre è così facile. Questo perché l’intenzione è in competizione con altre attività del sistema perché bisogna mantenere una gerarchia di priorità.
[ESEMPIO: il lettore vuole un the, pagina 127].
Le condizioni di validità sono tre (due fisse e una variabile):

  • Tempo: i giochi comportamentali non sono attivabili in qualunque momento. Il tempo è una condizione molto rigida se si è in ambito lavorativo perché “l’orario” lega l’agente ad un tempo prestabilito di disponibilità. In molti altri casi le condizioni temporali sono molto meno rigide. [ESEMPIO: cena in famiglia, pagina 128]

Esistono infine giochi senza condizioni temporali, ad esempio chiedere una informazione stradale non prevede alcun vincolo temporale.

  • Luogo: i giochi comportamentali prevedono un luogo di attivazione in cui sia possibile effettuare le varie mosse del gioco. Austin notava, parlando degli atti performativi, che esistono della circostanze inappropriate che danno una soluzione infelice all’enunciato. [ESEMPIO 10 pagina 128]. Un gioco che non corrisponde ad un atto performativo avrà vincoli meno rigidi, anche se il luogo preferenziale avrà vincoli meno rigidi. [ESEMPIO: setting psicoterapeutico; docente che fa lezione. Pagina 129]. Spesso sono i giochi in ambito professionale ad avere vincoli molto rigidi di tempo e luogo. Ci sono eccezioni anche in quest’ambito, alcune professioni esulano da ogni vincolo perché i membri sono tenuti ad operare in qualunque momento e in qualunque luogo; ad esempio i medici o i carabinieri.
  • Altre condizioni: alcuni giochi comportamentali prevedono condizioni particolari legate al gioco stesso. Ad esempio per noleggiare un’auto una condizione vincolante è di avere la partente.

Dato che qualunque interazione può essere definito un gioco comportamentale, non esistono limitazioni alle condizioni di validità necessarie.

 

      • Mosse di un gioco

Garantite le condizioni di validità il gioco deve essere proposto e accettato da tutti i partecipanti e una volta aperto continuerà fino alla sua naturale conclusione.

APERTURA
Esistono genericamente due modi per aprire un gioco:

  • Con una Mossa Diretta: detto bidding, può essere un atto espressivo (atto comunicativo che menzioni il gioco stesso, in una qualunque delle parti che lo costituiscono) oppure l’esecuzione di un atto comportamentale che equivale alla prima mossa del gioco.
  • Una Mossa che utilizzi un atto linguistico Indiretto: seguendo le regole della cortesia si può proporre un gioco in modo indiretto in modo che, nel caso non si raggiunga un accordo, i partecipanti possano salvarsi la faccia.

Il gioco una volta aperto non rimane attivo indefinitivamente; nei giochi molto lunghi non ogni mossa viene ricondotta ad esso quindi i partecipanti devono periodicamente riconfermarne l’appartenenza. Le mosse di riconferma sono meno sottolineate di quelle di apertura. Esistono delle eccezioni come ad [ESEMPIO] l’udienza in tribunale [pagina 132]. Nei giochi meno formali dell’esempio precedente la chiusura è contrattabile, i partecipanti devono essere concordi che gli obiettivi sono stati raggiunti e che le mosse sono state eseguite correttamente. [eccezione, ESEMPIO dei giochi competitivi, pagina 132].

MOSSA
Un gioco specifica le mosse che lo costituiscono in modo da vincolare il meno possibile gli attori e dandogli la possibilità di eseguire il gioco il più liberamente possibile. Per verificare che una mossa sia valida vi sarà una concordazione tra i partecipanti affinché la mossa sia valida rispetto alla finalità del gioco. [ESEMPIO: far felice il partner, pagina 132 e 133]. Alcuni giochi particolarmente istituzionali prevedono mosse molto dettagliate e precise, non lasciate al caso [ESEMPIO: udienza dai Papa, pagina 133].

 

      • Rottura di un gioco

Quando si inizia un gioco non è poi obbligatorio terminarlo, però se si decide di non farlo ad una sanzione sociale proporzionata all’importanza sociale del gioco abbandonato (legge del contrappasso dantesca :-) .
La rottura di un gioco non è non volerci giocare ma iniziare il gioco e ritirarsi quando è il proprio turno di effettuare una mossa.
Talvolta è la legge a garantire che un contratto venga rispettato [ESEMPIO: acquisto rateizzato, pagina 133]; questo accade quando vi è libera scelta di iniziare un gioco perché in caso contrario non ci si può aspettare che un gioco venga rispettato da un attore che è stato costretto a farne parte.
Esistono dei contratti estremamente rigidi, la cui pena per rottura è netta e inevitabile [ESEMPIO: infrazione all’etichetta di corte cinese, pagina 133]. Nella società contemporanee l’etichetta e le pene sono molto più flessibili e aperte, lasciando liberi gli attori di creare la proprie mosse purché coerenti col gioco [ESEMPIO: aumento cause legali, pagina 134].
Sono le caratteristiche personali che portano gli attori a preferire un gioco ad un altro, queste preferenze non sono però un dettame etico, cioè, non ci sono giochi migliori di altri a livello di bene dell’umanità [ESEMPIO: conseguenze della liberazione sessuale degli anni ’60, pagina 134].

Il gruppo non perdona quando chi rompe il gioco è il garante del gioco stesso, un medico che uccide fa più scalpore di un assassino, oppure un giudice che non rispetta la legge è peggio di chiunque altro essere umano. Non rispettare un gioco, in generale, è segno di non cooperazione e rende le interazioni future molto più difficoltose, conseguenze spesso sono negativamente durature.

Non essere considerati affidabili è l’essenza della penalizzazione sociale e la pena è sempre significativa [ESEMPIO: perdita dell’onore per un samurai, pagina 135 ].

Esiste poi la rottura involontaria di un gioco, cioè l’attore non è capace ad eseguirlo; in questo caso la rottura è definita fallimento. Esistono due tipi di fallimento: di conoscenza e di esecuzione.
Il fallimento di conoscenza avviene quando l’attore non sa cosa ci si aspetta da lui e fa una mossa sbagliata o fuori luogo. Spesso l’attore non si accorge del suo comportamento inadeguato e i partner potrebbero da questa consapevolezza per evitare l’imbarazzo che ne seguirebbe [ESEMPIO: aneddoto a Buckingam Palace, pagina 135].

 

Se la distinzione tra fallimento e rottura non è chiara l’attore ha davanti una scelta:

  • Può far notare la mossa sbagliata rischiando che essa sia stata fatta volontariamente e quindi aver ricevuto doppia offesa;
  • Si può lasciar correre e far passare una rottura per un fallimento involontario.

[ESMPIO: “Cavalleria Rusticana” di Verga, pagina 135].

      • La relazione fra giocatori

 

Come abbiamo già detto, la relazione dipende da quali giochi sono giocabili tra gli individui. Non è detto che se un gioco è giocabile deve essere giocato per forza, bisogna volerlo giocare. [ESEMPIO: Sam Bara e gli italiani in Giappone, pagina 136].
Per evitare o almeno minimizzare i possibili rifiuti, e quindi imbarazzo reciproco, ogni attore cercherà di anticipare le possibili reazioni dell’altro. E quindi si pone le domande 14 e 15 a pagina 137.
A partire dai giochi che sono stati giocati, la relazione diventa generatrice di vincoli e di possibilità.

Bateson (1972) fu il primo a notare che la comunicazione avviene a due livelli: uno in cui vi è informazione specifica e l’altro in cui vi è il messaggio relazionale (la parte non verbale: atteggiamento, tono di voce, gestualità, ecc..) [ESEMPIO: numero 16 a pagina 137] oppure [ESEMPIO: numero 17 a pagina 138].

La relazione tra giocatori è l’elemento primario che si prende in considerazione prima di accettare una proposta di gioco o meno; quindi a volte è necessario rivedere la relazione tra giocatori per poter realizzare un gioco [ESEMPIO: rapporto psicoterapeuta/paziente, pagina 138] oppure un giocatore può giocare un gioco apposta per modificare la relazione con gli altri partecipanti [ESEMPIO: iscrizione ad un club esclusivo, pagina 138].
La relazione può essere anche il motivo per un giocatore non accetta di partecipare ad un determinato gioco cui normalmente giocherebbe [ESEMPIO: numero 16, pagina 138] oppure [ESEMPIO: “la donna e il burattino” di Louys, pagina 138].

    • Interazioni libere

 

Esistono tre tipi di interazioni umane:

  • Situazioni non cooperative: gli agenti sono nella stessa situazione ma non cooperano e non comunicano [ESEMPIO: esilio nell’antica Grecia, pagina 139]. Il linguaggio può non essere l’elemento determinante nell’interazione [ESEMPIO: rapporto Antropologo e Tribù amazzoni, pagina 139]. Questi due casi sono al limite, nella vita comune esistono giochi comuni ma non vi è nessuna intenzione di attivarli.  
  • Interazioni libere: gli agenti cooperano e comunicano senza avere schemi di comportamento prefissati e stereotipati quindi gli attori sono liberi di inventarsi come procedere nell’interazione [ESEMPIO: differenze culturali tra Oriente e Occidente in “Shogun”, pagina 139].
  • Giochi comportamentali: gli agenti cooperano e comunicano affidandosi reciprocamente a schemi prefissati.

3.2.1 Costituzione di un gioco

In generale i giochi possono essere trasmessi culturalmente, come quelli di cortesia, o possono essere insegnati esplicitamente. Ci sono occasioni in cui i giochi vengono direttamente inventati dagli attori. Questo perché, essi si trovano in una situazione che non vogliono o non possono ricondurre ad uno stereotipo e quindi pianificano le azioni da compiere; se questa pianificazione ha successo può essere usata come base per un nuovo gioco.
La costruzione mentale del gioco deve essere molto precisa ed esplicita affinché si possa discuterne le ragioni, le caratteristiche e i benefici attesi, in poche parole valutare un livello superiore il gioco stesso.
Nei giochi di coppia nulla lega gli attori tranne i propri limiti creativi e il soddisfacente profitto che i partecipanti traggono dal gioco; esso non è un profitto economico ma psicologico.

I giochi si formano lentamente affinché sia stabili e molto resistenti al cambiamento. È molto più semplice sostituire un gioco piuttosto che modificarlo. Solo gli attori possono intervenire sul gioco, nessun esterno avrebbe gli stessi risultati [ESEMPIO: difficoltà dei terapeuti familiari nei confronti dei giochi di coppia, pagina 141].

      • L’evoluzione del gioco

 

Per capire come si sviluppa un gioco bisogna vedere il rapporto tra il bambino e la madre, la sua prima interazione con un altro essere umano. Qui bisogna cercare la struttura di base emotiva e cognitiva che rispecchierà l’interazione affettiva e sociale del soggetto da adulto.
Bruner (1983) ha introdotto la nozione di format, prime interazioni tra madre e bambino. I format sono i precursori dei giochi comportamentali. Secondo Bruner i format sono strutture stereotipe di comportamento, idealizzati e strettamente definiti.
Essi sono:

    • Costitutivi (le parole del gioco sono potenzialmente puri performativi);
    • Autosufficienti (non hanno alcun significato funzionale al di fuori del gioco);
    • Totalmente convenzionali e non naturali (i suoi elementi sono inventati, artificiali e tenuti insieme da regole poco manipolabili);
    • Con una struttura profonda immodificata;
    • Con una serie di regole di realizzazione che governano la superficie del gioco.

[ESEMPIO: il gioco del cucù è un format. Il gioco venne fatto a Jonathan la prima volta a 5 mesi]
I format sono composti da 2 strutture:

    • Profonda : costituita dai momenti topici  [Nel cucù : scomparsa e ricomparsa]
    • Di Superficie : le regole di realizzazione che governano lo svolgersi effettivo del gioco [Nel cucù : tempi di scomparsa, variazioni delle azioni tra comparsa e scomparsa, diversi enunciati usati, ecc..]

Nella struttura profonda non c’è alcuna sorpresa, anzi, deve essere riconosciuta come tale; c’è sorpresa nella variazioni della struttura di superficie.
Ci sono alcuni punti che sono nei format così come saranno nelle interazioni tra adulti:

    • Il bambino deve cogliere e rispettare l’alternanza dei turni, deve intervenire al momento giusto facendo la cosa giusta;
    • I ruoli sono intercambiabili [ Nel cucù : inizialmente il bambino fa solo l’osservatore ma già a 8 mesi manovra lui la marionetta];
    • Dà la possibilità di focalizzare l’attenzione su una sequenza ordinata di oggetti, questo dà al bambino lo schema base della conversazione.

È importante che il format venga giocato con i genitori perché essi hanno un’interazione calda, cioè la relazione al cui interno il bambino si impegna in questo tipo di compiti deve essere stabile e fiduciosa.

[ESEMPIO: Sam Bara e il format dell’ascensore, pagina 143]

La strutture, come i format, necessitano di legame affettivo molto forte per essere consolidati. Se il legame affettivo è così importante devono esserci degli equivalenti emotivi ai format cognitivi.
Ainsworth, Blehar e altri (1978) hanno strutturato una situazione detta strange situation tra la figura da attaccamento e il bambino.
[TEST prototipico a pagina 144]
Utilizzando questo tipo di test sono stati individuati quattro stili di comportamento, detti pattern di comportamento:

    • Pattern A : evitante.
    • Pattern B : sicuro.
    • Pattern C : resistente ambivalente.
    • Pattern D : disorganizzato disorientato.

[DETTAGLI dei pattern a pagina 144 e 145]

In genere i pattern si cominciano ad indagare a circa 12 mesi fino a 18 circa.

Se l’atteggiamento materno è stabile allora ci sarà anche la stabilità del pattern, in caso contrario alternerà da un pattern all’altro. Questa stabilità del pattern dipende anche da qual è la figura di attaccamento, se è solo una (madre) o sono due (sia madre che padre), dipende da che tipo di atteggiamento hanno le diverse figure di attaccamento (madre comportamento J e padre comportamento J oppure madre comportamento J e padre comportamento K).
Se un bambino impara un solo pattern allora nella sua vita da adulto dovrà fare riferimento a quello mentre se ne apprende più di uno potrà usarli tutti nella sua vita futura, avendo più libertà. Il pattern di attaccamento è molto importante perché influenza il bambino a rapportarsi col mondo e con le altre persone che lo circondano.

 

3.3  Gioco Conversazionale

Il gioco conversazionale è un insieme di compiti che ogni partecipante ad una conversazione deve eseguire in una specifica sequenza. Ogni compito è specifico per una fase del processo di generazione/comprensione. Il gioco conversazionale determina come debba essere la sequenza delle fasi nei casi standard e nei casi non standard.
In ogni fase, il compito associativo avviene seguendo delle regole inferenziali, dette regole di base. Il gioco conversazionale si può rappresentare come un insieme di metaregole che specificano i compiti in ogni fase.
Occasionalmente il compito dettato dalle metaregole può essere specificato con un condizionale.    

se F1 allora F2

F2 deve essere derivata se in precedenza è stata derivata F1.

Il gioco conversazionale gestisce il dialogo, sequenza di atti linguistici molto strutturata che coinvolge almeno due agenti.
Nei dialoghi si possono distinguere due strutture:

  • Globale : determina il flusso della conversazione, organizza le fasi del dialogo in sequenze. È definita sequenza un blocco di scambi legati da una forte coerenza semantica e pragmatica. [ESEMPIO: conversazioni telefoniche, pagina 146 e 147]. Possiamo vedere il dialogo come un’alternanza di turni, ogni turno è una sequenza di atti linguistici eseguiti dallo stesso attore.
  • Locale : l’alternanza dei turni è la struttura locale del dialogo. Anche la relazione tra gli atti linguistici in uno stesso turno, devono essere coerentemente collegati tra loro, è gestita dalla struttura locale. [ESEMPIO: scena iniziale dell’Otello, pagina 147] La struttura locale gestisce anche le relazioni tra i turni consecutivi, in particolare la coppie adiacenti (saluto/saluto; offerta/accettazione-rifiuto; domanda/risposta). [ESEMPIO: numero 19, Romeo e Giulietta, pagina 147]. Le coppie adiacenti possono essere sia domanda/risposta che uno scambio di chiarificazioni. [ESEMPIO: numero 20, Otello, pagina 147]. Gli ultimi due esempi diventano assurdi se modifichi l’ordine dei turni.

Secondo Mininni (1995), noi abbiamo una mente discorsiva, il soggetto si radica nelle comunità con cui condivide le regole del parlare.

La struttura globale di un dialogo non deriva da regole linguistiche ma da giochi comportamentali. Il gioco comportamentale gestisce l’interazione globalmente considerata mentre il gioco conversazionale si occupa dello sviluppo locale armonico del dialogo.

Il gioco conversazionale ha gli stessi precursori infantili descritti nel 3.2.2.

 

Ci sono state anche implementazioni su calcolatore della pragmatica cognitiva, noi ne ricordiamo due tra i più importanti.

  • Leonardo Lesmo, il sistema artificiale riceve in input frasi in linguaggio naturale e le analizza sintatticamente, semanticamente e pragmaticamente. Questo sistema instaura un dialogo con l’agente umano e cerca di capire le sue intenzioni per aiutarlo  metterle in pratica nel modo più adeguato [ESEMPIO: consulente universitario, pagina 148].
  • Blanzieri, Bucciarelli (1996), realizzarono un modello computazionale, con una rete connessionista, con un effetto comunicativo come da definizione della pragmatica cognitiva.

 

Fonte: http://www.sognopsicologia.org/Registrazioni/Comunicazione/Capitolo_3.doc

Sito web da visitare: http://www.sognopsicologia.org

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