Psicologia apprendimento e motivazione intelligenza
Psicologia apprendimento e motivazione intelligenza
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INTELLIGENZA FISSA O INCREMENTALE
Esistono 2 teorie in merito ai tipi di intelligenza possibile: il fatto di affidarsi ad una o all’altra spinge gli studenti a dare importanza e perseguire obiettivi diversi.
- Teoria dell’Entità (o intelligenza fissa): appartengono a qst teoria coloro ke hanno la convinzione ke l’intelligenza sia qlcs di concreto ed immutabile (ma ke ognuno possiede in maniera diversa), preoccupandosi della loro intelligenza e cercando di dimostrarla in ogni occasione.
Qst xke la teoria dell’entità ritiene l’intelligenza come una cosa concreta e immutabile.
Qst concezione spingerà gli studenti a mostrarsi capaci, favorendo così la scelta di obiettivi di prestazione (à qst xke hanno un bisogno continuo di conferme). Tali persone hanno dunque come scopo quello di apparire intelligenti. - Teoria Incrementale (o intelligenza flessibile e variabile): coloro che si concentrano nello sviluppo della loro intelligenza, poiché credono ke essa sia migliorabile con l’impegno.
Tale teoria ritiene quindi l’intelligenza come una cosa dinamica, ke può essere sviluppata.
Gli studenti ke si aggrappano a tale teoria avranno perlopiù obiettivi di padronanza, poiché l’interesse principale è quello di diventare capaci (à hanno quindi il desiderio di apprendere). Il loro scopo principale è quindi l’apprendimento di cose nuove e diventare più intelligenti.
La teoria dell’intelligenza venne poi studiata tramite ricerche, x vedere se studenti con differenti teorie dell’intelligenza avrebbero scelto obiettivi diversi; il compito consisteva nel dire quale fosse il grado di accordo con le seguenti affermazione (à fatto su bimbi di 5° elementare/medie):
- Hai una certa quantità d’intelligenza e nn puoi far nulla x cambiarla
- La tua intelligenza è qualcosa di te ke nn puoi cambiare molto
- Puoi imparare cose nuove ma nn puoi cambiare la tua intelligenza
Successivamente, agli studenti fu poi consegnata una lista di lavori; se si domandava quale fosse il compito cui si intendeva lavorare, le persone con obiettivi di prestazione sceglievano il 1° o il 2° (à il 1° era descritto come abbastanza facile, in cui si commettono pochi errori; il 2° lavoro era più difficile ma consentiva cmq agli studenti di andar bene. Gli alunni sceglievano quindi uno dei 2 x via dell’impossibilità di commettere errori).
La 3° prova invece prevedeva un obiettivo di padronanza: il compito veniva infatti descritto come nuovo e difficile, ma ke consentiva di imparare cose nuove e utili (anke se così facendo gli studenti potevano apparire anke incapaci).
La ricerca stabilì ke esisteva una significativa ed evidente relazione tra le teorie dell’intelligenza degli studenti e delle loro scelte degli obiettivi: gli studenti ke possedevano una teoria entitaria erano orientati verso obiettivi di prestazione, a differenza di studenti con la teoria incrementale, ke avevano obiettivi di padronanza (entitààprestazione; dinamicaàpadronanza). Inoltre, da ricerche successive, emerse ke anke gli studenti dei college si comportavano allo stesso modo.
Inoltre, è importante notare ke esistono situazioni in cui è necessario ammettere la propria incapacità x poter apprendere e migliorare. Un es fu dato da un esperimento in cui si disse a ragazzi incrementali e a ragazzi entitari ke andavano male in inglese se avessero desiderato sostenere un corso di recupero o meno x ampliare le loro conoscenze. Gli entitari, anke in tal caso, nn vollero cogliere l’occasione (anke se il loro obiettivo principale è quello di andare bene) xke nn volevano ammettere la loro ignoranza o rischiare di mostrarsi inadeguati durante il corso.
La preoccupazione degli entitari di mostrarsi capaci può dunque ostacolarli nel cercare occasioni di apprendimento, anke quelle ke potrebbero essere determinanti x migliorare in futuro.
LE TEORIE DELL’INTELLIGENZA CAUSANO DIRETTAMENTE LA SCELTA DEGLI OBIETTIVI?
In un esperimento ci si domandò come cambiare le teorie dell’intelligenza degli studenti. Furono dunque presentati, a tal scopo, 2 brani ke descrivevano grandi personaggi (Einstein ecc) à il 1° presentava una descrizione entitaria dei personaggi (possedevano un’intelligenza innata ed immutabile), il 2° incrementale (possedevano un’intelligenza nella norma ma acquisita). A metà degli studenti fu dato il primo, agli altri il secondo.
Dopo il brano fu domandato agli studenti se preferivano lavorare su un compito facile oppure su uno difficile in cui era xo possibile imparare cose nuove. Gli alunni ke lessero il brano ke presentava la teoria dell’entità erano più propensi a svolgere compiti semplici x apparire più intelligenti; chi lesse il brano sulla teoria incrementale scelse quello più difficile, in modo da poter diventare più intelligente. Ciò dimostra ke:
- Chi ritiene l’intelligenza come una cosa fissa, si preoccupa del suo livello d’intelligenza e viene attratto da compiti ke assicurano giudizi positivi.
- Chi ha una visione dell’intelligenza come di una cosa variabile apprezza invece i compiti ke, seppur difficili, consentono loro di imparare cose nuove, sviluppando le loro capacità col tempo, senza preoccuparsi tuttavia di apparire intelligenti nel breve periodo.
Vanno fatte alcune osservazioni in merito:
- Le teorie dell’intelligenza degli studenti possono produrre un effetto diretto sui loro obiettivi ed interessi, poiché inducono gli studenti a concentrarsi su obiettivi di prestazione oppure su obiettivi di padronanza
- È possibile influenzare le teorie degli studenti, xke sebbene dalla ricerca emerse ke gli alunni già possedevano inizialmente una loro teoria dell’intelligenza in merito, il brano letto ebbe un grosso impatto su di loro.
Ciò significa ke le teorie delle persone sull’intelligenza sono modificabili, anke se nn è possibile stabilire x quanto tempo possa durare l’influenza.
COME INFLUENZARE LE TEORIE DELL’INTELLIGENZA
Si proposero nuovamente 2 articoli, il cui protagonista era un bimbo prodigio di nome Adam: in uno veniva nuovamente sottolineata l’intelligenza come una cosa fissa ed immutabile, presente sin dalla nascita (nato così, nn divenuto tale col tempo); nell’altra invece, si descriveva l’intelligenza come una cosa incrementabile, grazie all’impegno e adeguate stimolazioni dell’ambiente (nn dipendente dal DNA) à tale
Un altro esperimento invece, riprendendo il precedente, consentiva ai ragazzi di migliorare le prestazioni in inglese. Tale test aveva lo scopo di vedere se gli studenti con una teoria entitaria indotta (à nota ke quindi prima nn erano entitari) avrebbero rinunciato al corso proprio come gli studenti ke avevano una teoria entitaria naturale.
- FASE 1: A metà degli studenti “entitari indotti” venne dato un brano ke presentava la teoria incrementale, l’altro la teoria entitaria. Al termine furono presentate domande sui brani e, successivamente, fu dato il via alla fase 2
- FASE 2: consisteva in un test di abilità nn verbale: alcuni ricevettero un feedback negativo (esercizi insufficienti) altri positivo (esercizi ben fatti).
- FASE 3: Prima di affrontare i problemi successivi, agli studenti era stata proposta un’esercitazione ke era molto probabilmente in grado di aumentare le prestazioni del singolo individuo
- RISULTATI: la maggior parte degli studenti ke aveva lavorato bene scelse di fare l’esercitazione (75% incrementali indotti e 60% entitari indotti volevano fare l’esercitazione);
tuttavia, quelli ke avevano lavorato ottenendo un risultato insufficiente ebbero atteggiamenti discordanti :gli incrementali indotti vollero fare l’esercitazione (75%), mentre gli entitari rinunciarono (solo il 13% la fece).
Quindi, chi concepisce l’intelligenza come un’entità, qnd lavora bene e nn teme di mostrarsi incapace, desidera adottare misure di recupero.
Tuttavia, qnd gli studenti hanno una visione fissa dell’intelligenza e vanno male, sebbene necessitino di aiuto e di corsi di recupero li evitano, ritenendosi incapaci o temendo di apparire tali.
Quindi, riassumendo, se ho visione entitaria dell’intelligenza:
- se lavoro bene à accetto aiuti
- se lavoro male à evito aiuti
Coi precedenti esperimenti si è mostrato inoltre ke è possibile influenzare le teorie dell’intelligenza (influenzando poi, conseguentemente, i loro obiettivi ed interessi); se indotti a credere:
- Intelligenza come cosa fissa, allora sono preoccupati di apparire intelligenti e sacrificare le occasioni di possibile apprendimento, x la paura di mostrare l’eventuale incapacità o carenze. Nota poi ke chi ha tale visione dell’intelligenza, si sente spesso a disagio, xke nel caso in cui vada bene deve sempre mostrarsi all’altezza delle aspettative; in alternativa, se il ragazzo va male, si sente a disagio xke ritiene ke nn potrà mai migliorare la sua condizione.
- Intelligenza come qualità modificabile, allora scelgono compiti di apprendimento, ke vengono valutati come sfide, traendo poi vantaggio dalle varie occasioni di miglioramento ke vengono loro proposte.
TEORIE IMPLICITE DELL’INTELLIGENZA E SIGNIFICATO DEGLI OBIETTIVI DI PRESTAZIONE
X chi possiede una teoria dell’intelligenza incrementale, un insuccesso significa semplicemente ke le strategie utilizzate e le capacità sono, x il momento inadeguate.
X chi possiede invece una teoria dell’entità, un insuccesso può mettere in dubbio l’intelligenza posseduta in quantità fisse e rappresenta quindi qlcs da evitare assolutamente.
Questa visione si traduce poi in determinate scelte degli obiettivi (di padronanza se interessati ai contenuti e all’apprendimento; di prestazione se interessati solo al voto), ke variavano a seconda del tipo di intelligenza ke si possiede: pochissimi entitari infatti scelgono compiti più impegnativi, a differenza della maggioranza degli incrementali. Qst, xke chi concepisce l’intelligenza come un’entità può ritenere gli obiettivi di padronanza molto interessanti ma, nel concreto, qnd deve scegliere tra il tipo di compito da svolgere, il vero desiderio è quello di confermare il livello di intelligenza posseduta (à qst anke xke, x loro, lo svolgimento di un compito nn solo determinava le loro capacità specifiche in quel dato esercizio, ma anke le loro capacità generali e le loro capacità future. Hanno dunque una visione dell’intelligenza totalmente fissa e immutabile anke nel tempo).
Quindi, è ovvio ke uno studente fisso teme di sbagliare, poiché egli ritiene ke la sua misura dell’intelligenza del momento sia equivalente a quella ke possederà in futuro.
Altro fatto sorprendente fu la flessibilità degli incrementali: questi sono infatti capaci di perseguire sia gli obiettivi di prestazione, ke gli obiettivi di padronanza, in base a quanto richiesto dalla situazione (se un compito offriva solo la possibilità di mostrarsi intelligenti, e nn di imparare cose nuove, essi si cimentavano in questa sfida; lo stesso valeva x l’obiettivo di padronanza, ke vedevano come una sfida à cambia dunque il loro atteggiamento davanti alle cose: se richiesto un buon voto si concentrano sulla prestazione; se richiesta padronanza si concentrano invece sulla comprensione dei contenuti).
In ogni caso, sia obiettivi di padronanza ke di prestazione sono essenziali x il successo: dunque, la capacità di sceglierli in modo appropriato e perseguirli con elasticità potrebbe rappresentare un grande vantaggio.
Gli obiettivi di prestazione infine, possono significare qlcs di differente x gli entitari e x gli incrementali:
- X gli incrementali un compito ke suggerisce un obiettivo di prestazione verifica semplicemente una specifica capacità in uno specifico momento
- X gli entitari, la medesima prova attesta la loro intelligenza complessiva (ke si avrà da quel momento in avanti). Tale differenza può portare gli entitari a concentrarsi sulla paura di sbagliare, ma può anke permettere agli incrementali di adottare flessibilmente e coordinare entrambi i tipi di obiettivi.
TEORIE DELL’INTELLIGENZA: PREDITTRICI E CREATRICI DI DIFFERENZE NEL RENDIMENTO
In 2 ricerche si seguirono gli studenti durante il passaggio dalle elementari alla scuola media inferiore: durante le elementari, gli studenti ke sono orientati alla padronanza risultano uguali x prestazione e x capacità finché nn incontrano un insuccesso. Sono infatti più svantaggiati rispetto agli alunni incentrati sulle prestazioni poiché nelle elementari, si ha un ambiente di lavoro ke tende ad essere attentamente calibrato e gli insegnanti cercano di limitare al minimo l’insuccesso (ài più vulnerabili dunque nn incontreranno ostacoli poiché nn ostacolati nel rendimento).
Nel passaggio xo la situazione cambia: aumenta infatti l’impegno richiesto sia in quantità ke in qualità e le valutazioni divengono più rigorose. Quindi, dovremmo aspettarci ke gli studenti vulnerabili comincino a mostrare più difficoltà rispetto ai compagni orientati alla padronanza.
- Teoria dell’Entità: fa sorgere preoccupazioni su quanto si sia capaci e rende le sfide intellettuali e gli insuccessi minacciosi: il passaggio potrebbe rappresentare dunque una minaccia (dovrebbero mostrarsi impotenti nel nuovo ambiente, a causa della loro mancanza di fiducia verso se stessi in caso di insuccesso, e avere dunque prestazioni minori e ansia maggiore)
- Teoria Incrementale: Gli studenti sono indirizzati verso le occasioni x imparare; interpretano gli ostacoli come sfide ke consentono loro di apprendere cose nuove e hanno così la possibilità di far loro compiti sia nuovi ke difficili (nella transazione quindi si sarebbero concentrati sulle strategie e sull’impegno, mantenendo o migliorando le loro posizioni scolastiche)
X verificare queste ipotesi, si visionò quindi l’inserimento: prima ke fossero sottoposti a verifiche o interrogazioni, si valutò la teoria dell’intelligenza ke possedevano e la fiducia nelle loro capacità tramite questionari (dovevano scegliere le affermazioni con cui erano d’accordoà nn ho/ho fiducia in me stesso..). In seguito, si confrontarono i voti ottenuti alle elementari con quelli presi alle medie: le ipotesi vennero confermate.
- Gli entitari: mostrarono un notevole peggioramento delle loro prestazioni scolastiche: chi aveva voti carenti alle elementari continuò nello stesso modo durante le medie; chi invece mostrava un alto rendimento in precedenza possedeva ora un basso profitto (sebbene si ritenesse ancora intelligenteà il xke di qst verrà spiegato più avanti). Quindi, ritenersi intelligenti, nn era sufficiente a impedire l’impotenza scolastica.
L’abbassamento di rendimento (degli alunni con alte prestazioni alle elementari) è probabilmente imputabile alla mancanza d’impegno (à x gli obiettivi richiesti alle elementari era magari sufficiente da parte loro una piccole dose di impegno, rispetto ai compagni incrementali. Forse, proprio a causa di qst, si trovavano poi demoralizzati nelle medie, in cui le richieste aumentavano e x loro nn era più possibile svolgere i compiti con la medesima semplicità di prima. Quindi, anziché accettare la sfida come gli incrementali, gli entitari si autosabotavano le prestazioni, limitando il loro impegno onde evitare il rischio di essere criticati x la loro scarsa intelligenza) - Gli incrementali: mostravano un netto miglioramento nelle prestazioni scolastiche: chi aveva buone prestazioni alle elementari continuo anke alle medie; chi invece andava medio/male alle elementari aveva ora alti profitti. Il dato più rilevante fu ke molti incrementali ke mostravano i miglioramenti scolastici più consistenti erano quelli con una bassa considerazione della propria intelligenza, ma ke tuttavia pensavano ke l’intelligenza fosse una capacità ke poteva essere sviluppata (e in tal senso si impegnavano notevolmente).
Quindi, gli studenti con una teoria incrementale dell’intelligenza nn devono sentirsi particolarmente capaci x accettare e intraprendere compiti impegnativi di apprendimento con entusiasmo: si è scoperto, tramite queste ricerche, ke il livello di fiducia degli studenti nn è così importante quanto la loro teoria dell’intelligenza nell’aiutarli ad affrontare e superare tale passaggio.
Fu inoltre domandato a incrementali ed entitari la spiegazione che avrebbero fornito se avessero ricevuto brutti voti:
- Incrementali: affermavano ke le loro strategie andavano riesaminate ed i loro sforzi intensificati (àqst tipo di studenti desidera la sfida e ritengono ke la padronanza sia un processo ke si acquisisce in molto tempo e con un impegno prolungato; qst atteggiamento, permette loro di stare sereni durante lo svolgimento di compiti e di impegnarsi progressivamente se aumentano le richieste)
- Entitari: dubitavano della loro intelligenza. Inoltre, a livello scolastico, tendono ad essere ansiosi e più preoccupati in generale (à qst xke valorizzano le prestazioni immediate, piuttosto ke quelle ke si acquisiscono nel corso del tempo: in tal modo xo nn possono abituarsi alle nuove sfide e nemmeno rafforzare i loro giudizi sulla propria intelligenza).
Si può quindi affermare ke la teoria dell’intelligenza ke una persona possiede anticipi i reali risultati.
Anke qnd andarono in 2° media, sebbene vi fossero stati lievi miglioramenti da parte di alcuni entitari, il rendimento scolastico, nell’insieme, apparve immutato: chi era preoccupato di apparire intelligente, rimase svantaggiato proprio x qst motivo.
RIFLESSIONI SULLE TEORIE DELL’INTELLIGENZA E SUL SUCCESSO NELLE MEDIE
Entitari e incrementali differiscono inoltre nel modo in cui si sentono più bravi:
- Gli entitari: avevano qst sensazione qnd riuscivano a superare gli altri, anke se magari nn avevano imparato nulla di nuovo
- Gli incrementali: si sentivano particolarmente abili qnd facevano dei progressi (anke se qualche loro compagno andava meglio di loro)
Prima inoltre si è affermato ke le scarse prestazioni degli entitari sono dovute probabilmente all’impegno insufficiente: può darsi infatti ke alcuni entitari fossero abituati ad essere brillanti e a lavorare bene con un piccolo sforzo à è proprio a causa di qst ke vennero sorpresi dalle pesanti richieste delle medie.
Quindi, sebbene desiderassero lavorare bene, gli entitari volevano anke ke il loro impegno fosse minimo (desideravano il massimo rendimento col minimo sforzo): lavorare molto li faceva infatti sentire sciocchi, e ritenevano ke fosse il livello di competenza a pregiudicare tutto: l’impegno nn serviva a nulla (à x gli entitari l’impegno nn è desiderabile e tanto meno efficace, a differenza degli incrementali ke lo ritengono come un’opportunità gradita e necessaria al successo).
In caso di insuccesso, inoltre, gli incrementali desidererebbero più tempo x poter approfondire la materie, a differenza degli incrementali ke sono invece più propensi all’imbroglio o alla rinuncia (à segni di una bassa persistenza: siccome ritengono ke l’impegno nn sia necessario x il successo, evitavano direttamente la fatica; le loro propensioni denotano inoltre un’indifferenza x il senso di padronanza).
Grazie a tali ricerche si è scoperto ke gli incrementali hanno un modo migliore di fronteggiare le sfide scolastiche nel mondo reale: si comportano meglio da un punto di vista emotivo ed intellettivo (rispetto agli entitari) in quanto meno inclini a dubitare delle loro capacità di fronte alle difficoltà e più preparati a reagire con un elevato e prolungato impegno.
TEORIE DELL’INTELLIGENZA DURANTE GLI ANNI DEL COLLEGE
Studiate da Robins e Palsà anke qui emerse ke le teorie dell’intelligenza anticipavano davvero gli obiettivi preferiti dagli studenti nel college e comportamenti:
- Gli entitari: attribuivano importanza alla prestazione, biasimavano i loro insuccessi attribuendoli ad una scarsa capacità, si vergognavano della loro prestazione scolastica nel caso fosse negativa e tendono a desistere nelle situazioni impegnative. Hanno livelli di autostima più basso all’inizio del college (ma la cosa può aumentare negli anni) causato dall’obiettivo di prestazione, dalla considerazione negativa del lavoro scolastico e dalle reazioni di impotenza a causa di eventuali fallimenti
- Gli incrementali: danno importanza alla padronanza e si sentono più determinati e motivati rispetto agli entitari. Perseverano inoltre nelle situazioni impegnative e hanno un livello di autostima piuttosto alto
Inoltre, stimando quanto si modificassero le teorie degli studenti sull’intelligenza durante il periodo del college, emerse ke queste erano abbastanza stabili à sebbene le teorie implicite possano essere influenzate qnd le manipoliamo direttamente nei ns esperimenti, esse tendono a presentarsi come differenze individuali piuttosto stabili.
LIMITARE IL DIVARIO NEL RENDIMENTO INSEGNANDO UNA TEORIA INCREMENTALE
Aronson ipotizzò l’esistenza di timori legati agli stereotipi: qnd i membri di un gruppo, su cui pendono pregiudizi, vedono la minaccia di vedersi confermare lo stereotipo negativo ke esiste su di loro, tale preoccupazione può compromettere realmente la prestazione in compiti cognitivi (es stereotipo ke nei college i bianchi hanno più capacità dei neriàpuò davvero realizzarsi tale condizione x il timore ke lo stereotipo si realizzi veramente).
Gli effetti degli stereotipi possono tuttavia essere limitati qnd la capacità in questione viene presentata come flessibile oppure qnd gli studenti possono essere indotti a credere in una teoria dell’intelligenza incrementale.
Il passaggio al college, come quello alla scuola media, può costituire un momento di forte impegno: a maggior ragione, nell’esperimento di Aronson, l’atmosfera può farsi ancora più tesa qnd la maggior parte del college è prevalentemente bianco à incontrare l’elite culturale può spingerli ad attribuire al loro gruppo una minore quantità fissa d’intelligenza, cosa ke poi si tradurrà in un ritiro reale dell’impegno, finalizzato all’evitare di sembrare incapaci.
Nell’esperimento si volle quindi vedere se l’insegnamento/induzione di una teoria incrementale a queste persone, potesse scongiurare il rischio di una visione di questo genere. Venne quindi mostrato agli studenti un filmato ed un articolo sulla possibilità di incrementare l’intelligenza.
Paragonando i voti ricevuti alla fine dell’anno tra studenti ke hanno assistito alla proiezione del film con alunni ke nn avevano assistito alla proiezione, emerse ke chi nn aveva ricevuto il messaggio incrementale, nn ebbe miglioramenti nel divario: la minoranza/maggioranza etnica risultavano praticamente identiche.
Invece, x i ragazzi ke avevano ricevuto il messaggio incrementale, il divario si era ridotto in maniera apprezzabile; quindi, gli studenti ke avevano appreso la teoria incrementale sull’intelligenza mostrarono un marcato miglioramento e affermarono di sentirsi più contenti e di avere un atteggiamento più positivo verso la scuola.
EFFETTI DELLE TEORIE DELL’INTELLIGENZA
Le 2 teorie sembrano creare modelli completamente differenti x gli studenti: una volta ke gli studenti adottano una teoria dell’intelligenza, essa influisce su ciò ke apprezzano, sul modo in cui si avvicinano ai compiti, su come interpretano i fatti e rispondono a ciò ke accade loro:
- Intelligenza come entità: solleva negli studenti la preoccupazione di nn essere abbastanza brillanti, crea ansia nei confronti delle sfide e porta a considerare gli insuccessi come una misura della loro intelligenza à in tal modo, può venirsi a creare un comportamento disorganizzato, difensivo e vulnerabile
- Intelligenza come dinamica: crea il desiderio di affrontare delle sfide con compiti adeguatamente difficili ke permettano di massimizzare l’apprendimento. Gli ostacoli diventano così parte integrante dell’apprendimento e della padronanza a lungo termine (à quindi nn vengono considerati dei fallimenti). Anzi rappresentano uno stimolo x l’impegno e x la ricerca di nuove strategie.
PARTE 2. TIPI DI LODE E DI CRITICA: L’ORIGINE DELLA VULNERABILITA’
Anke i bimbi, a partire da 3 anni e mezzo, possono mostrare chiari segni di risposte di impotenza, quali la nn persistenza, la riduzione di aspettative, le autovalutazioni sfavorevoli e le emozioni negative.
Qst atteggiamento potrebbe essere dato da un temperamento ke lo spinge in una direzione o in un'altra, essendo forse, x natura più propensi ad essere cauti o a scoraggiarsi facilmente.
Delle ricerche tuttavia dimostrano ke la risposta ke i bambini ricevono dagli adulti può determinare direttamente il tipo di stile adottato, indipendentemente dalle loro inclinazioni: i modelli possono infatti essere fortemente plasmabili dall’ambiente in cui vive il bambino.
Le differenti tipologie di critica e di lode da parte degli adulti possono creare infatti, in maniera diretta:
- una sicurezza orientata alla padronanza
- un senso di vulnerabilità e di impotenza
Questa cosa venne verificata mediante un esperimento: innanzitutto si determinarono con precisione le diverse tipologie di critica e di lode usate nel gioco dei ruoli e vennero scelti quelli usati più di frequente.
Dopodiché, ogni bimbo riceveva un solo tipo di critica o di lode e venne poi valutato come tale risposta influenzasse la sua capacità di fronteggiare in seguito le difficoltà (à ossia se i bimbi ke mostravano una risposta più orientata alla padronanza o più orientata alla prestazione a seconda del tipo di feedback ke ricevevano, anke se a fronte di critiche o lodi).
I bimbi vennero assegnati a caso nei gruppi e, in seguito, si osservò l’impatto del feedback (à se essi contribuivano alla vulnerabilità o alla persistenza).
Gli studi dimostrano ke nn è importante con quali inclinazioni i bimbi affrontano la situazione: la situazione stessa è efficace nel formare i loro stili di reazione e può renderli più vulnerabili o più orientati alla padronanza.
- Critica e Lode ai Tratti Stabili:
- La critica ke valutava i tratti del bambino e lo giudicava nel suo complesso (nn sei intelligente, sei un incapace) avrebbe potuto rendere i bambini più vulnerabili qnd avessero incontrato delle difficoltà: essi cominciavano infatti a misurare loro stessi sulla base della loro prestazione e, di fronte a prestazioni scarse, sarebbero pervenuti a conclusioni negative.
- La lode, se fatta ai tratti stabili dei bimbi o ai bimbi stessi, equivale a dar loro un giudizio su come sono e non su ciò ke hanno fatto (bravo: sei molto intelligente à diverso da bravo: ti sei impegnato e hai ottenuto buoni risultati)
- Critica e Lode all’Impegno:
- La critica focalizzata sull’impegno e sulle strategie (i tratti mutabili) fornisce invece una risposta orientata alla padronanza di fronte alle difficoltà future.
- La Lode all’impegno consente ai bimbi di attribuire le loro prestazioni al livello d’impegno impiegato e di perseverare in tal modo nelle difficoltà
CRITICA E CONSEGUENTI RISPOSTE DI IMPOTENZA/PADRONANZA
Venne fatto un esperimento in cui i bimbi vennero divisi in 3 gruppi, a seconda del feedback ke ricevevano:
- Se il feedback era dato alle strategie utilizzate (es devi fare quella cosa in un altro modo, xke come hai appena fatto nn è stato sufficiente), i bimbi si orientano alla padronanza e, qnd incontrano difficoltà, tendono a concentrarsi sulle strategie. Nella prova in cui nn veniva ultimato un compito (ma solo una piccola parte di una cosa molto lungaàes costruire una casa ma dimenticandosi di mettere le finestre) davano 5 punti su 6 al loro lavoro e nonostante l’incompletezza, dimostravano uno stato d’animo positivo. Infatti, affermarono ke il lavoro poteva essere completato nonostante l’imprevisto (si sentivano infatti, nonostante l’accaduto, intelligenti).
- Se il feedback veniva dato sull’idoneità del comportamento specifico, ossia un feedback sul risultato (es nn ti sei comportato nella giusta maniera con quel bambino), si rispetta innanzitutto il consiglio educativo x cui si dovrebbe cercare di indirizzare le critiche al comportamento e nn al bimbo nel suo insieme. Tuttavia produce risultati ne particolarmente positivi, ne negativi.
- Se il feedback viene dato al bambino nel suo complesso (feedback sulla persona), egli manifesta una reazione di forte impotenza rispetto agli altri 2 gruppi. Nel compito della casa, in cui ci si dimentica le finestre, danno 3 punti su 6 al loro lavoro, considerandolo scadente, dimostrando oltretutto uno stato d’animo negativo. Inoltre, se domandato loro cosa intendono fare x rimediare, essi rispondevano con esempi costruttivi (nessuno propose di rimediare completando l’opera)à quindi, se i bimbi esprimono risposte di impotenza, diventano assai meno inclini a comportarsi in modo costruttivo, poiché è come se avessero perso la fiducia nelle loro capacità di risolvere efficacemente i problemi (si sentivano, x loro stessa ammissione, poco intelligenti).
Nota ke x i 3 gruppi vennero adottate precauzioni onde i bimbi lasciassero l’esperimento delusi/rammaricati (nell’ultimo gruppo la critica venne fatta su giocattoli, nn sui bimbi in sè. Inoltre, al termine di ogni prova, si costruiva col bimbo un finale alternativo positivo).
Infine, si osservò ke:
- Un feedback sulla personaspinge i bimbi a pensare ke la cattiveria sia giudicabile dagli errori e ke essa sia una caratteristica stabile. Infatti, i bimbi ke ricevevano tale risposta, pensavano ke i tratti permanenti si possono dedurre dalla prestazione: interpretano dunque, la loro capacità, bontà e simpatia attraverso i loro errori.
Dunque, la critica ke ricadeva sul bimbo nella sua totalità, produceva un modello di impotenza globale, di auto biasimo, un sentimento negativo e la mancanza di soluzioni costruttive, unite a convinzioni generali (es sulla cattiveria permanente) ke accompagnano tale modello - Un feedback sulle strategie spinge i piccoli a nn considerare gli errori come equivalenti alla cattiveria e ke un cattivo comportamento nn sia necessariamente permanente. Produce anzi un modello orientato alla padronanza.
- Infine, un feedback sul risultato, produce livelli intermedi tra padronanza e prestazione à nn era infatti stato insegnato loro a dare un significato negativo agli errori, ma nemmeno uno positivo.
Concludendo, si può dire ke far sperimentare ai bambini certi tipi di feedback può indirizzarli direttamente verso risposte di impotenza o di padronanza. Dunque, le modalità di risposta ke i genitori impiegano, possono avere un effetto potente sulle capacità dei bambini di far fronte alle difficoltà (soprattutto x via del fatto ke vengono sperimentate quotidianamente).
LODI E CONSEGUENTI RISPOSTE DI IMPOTENZA/PADRONANZA
La lode esercita un effetto molto simile a quello della critica: se essa insegna ai bimbi ke dalla loro prestazione vanno dedotti i loro tratti (bravo sei intelligente), sebbene inizialmente possano sentirsi molto positivamente, a seguito di fallimenti vivono negativamente la cosa.
Questa ipotesi è in contrasto con molte opinioni: l’educazione dell’infanzia si basa sull’assunto ke offrire ai bimbi una gran quantità di lodi li farà sentire bravi x le loro capacità, alimenterà la loro autostima, li renderà desiderosi di perseguire le sfide e li rafforzerà di fronte alle difficoltà (esistono ricerche sul fatto ke dando delle lodi orientate ai tratti, si innalza il senso di autoefficacia e la propensione x le prestazioni, ma esse nn hanno tenuto conto di quel ke accade in caso di difficoltàà tuttavia va notato ke l’insuccesso può contribuire all’apprendimento e al miglioramento, poiché spesso, l’insuccesso, dipende dall’aver scelto compiti e situazioni nuove e difficili, o strategie nn abituali, tutti elementi ke riflettono atteggiamenti e motivazioni positive).
Veniamo ora all’esperimento. Anke in questo vi fu una suddivisione in 6 gruppi:
- I primi 3 gruppi ricevevano lodi ke si riferivano al bambino nel suo insieme o ai suoi tratti (sei bravo). Si riteneva ke le lodi orientate alla persona o ai tratti, potevano rendere i bambini vulnerabili verso futuri insuccessi o critiche (sebbene appena ricevuta possa rendere felici e fiduciosi).
- Il 4° gruppo riceveva una lode più specifica ke si focalizzava sul risultato del bambino, ma nn sulle strategie utilizzate o sull’impegno.
- Il 5° e 6° gruppo ricevettero invece lodi sul proprio impegno o sulle strategie (complimenti: si vede ke ti sei proprio impegnato).
Sperimentando dei successi, i bimbi ebbero tutti buone impressioni di Sé stessi. Dopo aver ottenuto 4 successi, l’esperimento pose davanti ai bimbi una prima situazione di fallimento (es casa costruita senza le finestre à l’insegnante faceva notare la cosa oggettivamente, senza porre critiche) e un secondo insuccesso, in cui venne formulata una serie di domande finalizzate ad osservare come esso incideva sulla loro autostima e sulle loro emozioni. I risultati trovarono ke:
- I gruppi ke avevano ricevuto lodi alla persona in situazioni di successo, furono quelli maggiormente vulnerabili agli effetti dell’insuccesso. Essi mostravano infatti un marcato stile di impotenza: maggiore era la lode, maggiore sarebbe stata la vulnerabilità in caso di insuccesso. Se veniva richiesto di valutare la loro opera incompleta (casa senza finestre), questi davano alla casa una valutazione negativa (ritenevano ke questa fosse dovuto alla loro mancanza di intelligenza, cosa x loro immutabile e permanente à x tale motivo era inutile la perseveranza: preferivano rifuggire gli ostacoli anziché imbattersi nuovamente in essi). Nota ke la permanenza dell’intelligenza i piccoli nn solo la attribuivano a se stessi, ma anke agli altri (un bimbo cattivo rimarrà sempre cattivo).
Quindi la lode diretta alla persona fa si ke si venga considerati bravi e capaci in caso di successo, incapaci e inetti in caso di fallimento, xke riferito alla persona e dunque ad una cosa nn mutabile (se da una buona prestazione ottengono l’orgoglio più grande, x il fallimento devono vergognarsi) - Chi ricevette lodi all’impegno e alle strategie sembrò più orientato alla padronanza poiché era nella migliore posizione x affrontare con successo gli ostacolià se si domandava a questi di valutare il proprio lavoro incompleto (es casa), davano risultati più positivi rispetto ai bimbi lodati alla persona (ritenevano, a differenza degli altri, ke l’opera incompleta fosse dovuta all’uso di strategie inefficaci o di poco impegno, cose cui si poteva tuttavia rimediareàerano dunque portati a persistere anke laddove avevano avuto un esperienza insoddisfacente)
- Chi ebbe lodi sul risultato invece presentò uno stile con caratteristiche intermedie rispetto a quelle di impotenza e di padronanza.
SENSO CONTINGENTE DEL VALORE
Il feedback sulla persona instilla dunque un senso contingente del proprio valore: se le persone possiedono tal senso di sè, si sentono degne qnd hanno successo, indegne qnd falliscono. Secondo tale teoria, i genitori ke lodano i propri figli in base a questo criterio, insegnano loro ke possono essere amati solo comportandosi in una certa maniera oppure raggiungendo solo determinati standard: saranno degni solo in queste circostanze.
Sia la critica ke la lode alla persona possono realmente favorire qst atteggiamento, spingendo i bimbi ad essere orgogliosi e felici di Sé stessi solo qnd hanno successo ma divenendo totalmente infelici e colpevolizzandosi qnd sbagliano.
Dunque, il senso contingente del proprio valore ed il senso di impotenza procedono di pari passo: in alcuni esperimenti si è notato come i bimbi con un senso contingente del loro valore si dimostrarono molto più vulnerabili, in ogni caso di impotenza, rispetto ai bambini ke affermavano di essere meritevoli e degni in tutte le occasioni.
Inoltre, in un ulteriore ricerca, si è osservato il rapporto tra le teorie degli studenti sull’intelligenza, il loro raggiungimento degli obiettivi ed il loro senso contingente del proprio valore à da essa emerse un’elevata e significativa relazione fra i 3 aspetti. Da ciò, l’idea ke la teoria dell’entità, gli obiettivi di prestazione, la risposta di impotenza ed il senso contingente del proprio valore, in contrasto con quello nn contingente, possono procedere insieme e ke i medesimi tipi di lode e di critica possono favorire tutti questi aspetti.
Fonte: http://appunti.buzzionline.eu/downloads/apprendimentomotivazione0708intelligenza.doc
sito web: http://appunti.buzzionline.eu/
Autore: Tommy
Aggiunta sul tema dell'intelligenza al corso di psicologia dei processi di apprendimento e motivazione della professoressa Palladino.
Psicologia apprendimento e motivazione intelligenza
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