Psicologia dell educazione il bullismo
Psicologia dell educazione il bullismo
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“BULLISMO”
PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE
Appunti lezioni del professor Stefano Rossi
Famiglia normativa vs. famiglia affettiva
- FAMIGLIA NORMATIVA = mettere dentro i figli i valori e le norme genitoriali tramite la
conflittualità, la punizione e la paura (metodo coercitivo). Questo modello di famiglia può generare nevrosi poiché agisce sul SENSO DI COLPA e superio.
=> famiglia tradizionale in cui gli adolescenti cercavano il più possibile di differenziarsi dai genitori per poi riconciliarsi con i loro valori e diventare adulti.
- FAMIGLIA AFFETTIVA = (nuovo modello di famiglia moderna) tirare fuori felicità, farsi obbedire per amore, assenza di conflitto, personalità narcisistica per l’incapacità di dire no.
Azione sul narcisismo dell’ideale dell’Io ipertrofico che genera VERGOGNA.
=> famiglia attuale in cui gli adolescenti non sono frenati in nulla e non cercano di scappare dai genitori non crescono: crisi del modello edipico. Fragile narcisismo di fondo.
NB: La vergogna non è riparabile e porta all’inazione e alla noia mentre il senso di colpa genera una spinta alla riparazione e al cambiamento. Adolescenti più depressi che arrabbiati!
Gli adolescenti a scuola
Dimissione del ruolo di studente. Scuola vissuta come ruolo di incontro e socializzazione e non di istruzione. Genitori alleati dei figli (figura del genitore sindacalista).
Piccola fallimento a scuola basta a far crollare la persona a causa dell’ipertrofico ideale dell’Io che interiorizza, nella famiglia affettiva, le aspettative dei genitori ed è FRAGILISSIMO!!
- La scuola parla ancora un linguaggio troppo normativa per farsi capire dai ragazzi… anche se si sta affettivizzando, lo dimostrano gli sportelli d’ascolto, i piani di accoglienza e tutti i progetti in tale senso. Ma è ancora poco…
Disturbi della condotta
Aumento dei disturbi della condotta, aggressività, bullismo, comportamenti devianti e inibizione sociale. Bullismo come una delle maggiori sfide educative e sociali del XXI secolo!
Valenza clinica negativa:
1) Alta cronicità
2) Comorbidità con altri disturbi clinici: d’ansia, d’umore e dell’apprendimento, dipendenze
3) Comportamenti devianti in età adulta
4) Ridotta capacità di individuare precocemente questi disturbi per intervenire efficacemente
Approccio allo studio del comportamento aggressivo
- Religioso: peccato, violazione di regole morali
- Legale: definizione di criteri per valutarlo come reato
- Sociale: difficoltà di adattamento dell’individuo al contesto d’appartenenza
- Psicoeducativo: carente apprendimento di abilità sociali e comunicative per interagire
=> Sistematica violazione delle norme sociali o comunque criteri condivisi
Per il DSM ci sono tre tipologie di violazione:
I. Norme codificate di rilevanza oggettiva rispetto a chi compie l’atto (es: omicidio, furto)
II. Infrazioni che conducono alla diagnosi solo in caso di gravità, sistematicità, danno a terzi
(es: mentire: è molto diverso mentire una volta tanto rispetto alla bugia sistematica)
III. Comportamenti accettabili o meno a seconda del soggetto
(es: allontanarsi di casa senza avvertire i genitori diverso a seconda dell’età)
Definizione dell’aggressività
Questioni aperte rispetto all’aggressività: Intenzionalità e origine del comportamento aggressivo.
L’approccio medico (DSM e ICD) sposta l’attenzione dalla stato mentale di chi compie l’atto agli indici comportamentali dello stesso.
DEFINIZIONE = L’aggressività è un comportamento intenzionale diretto ad arrecare danno a persone, animali, cose…
Questa definizione crea molti problemi:
A. “Comportamento”: si riferisce a quanto detto o fatto, difficile considerare pensieri, fantasie che possono aumentare lo scatenarsi di atti devianti.
B. “Intenzionalità”: difficile stabilire l’intenzionalità di un’azione, per ogni atto molte spiegazioni.
C. “Concetto di danno”: Diversi tipi fisico e psicologico: che valore dare all’uno e all’altro? concetto soggettivo o oggettivo?
ALLORA bisogno di flessibilità nell’approccio al problema e di individuare in classe una serie di comportamenti comunque considerati inaccettabili a prescindere dal danno!
Definizione di bullismo
DEFINIZIONE = Il bullismo è un atto di aggressione, consapevole e volontario, perpetrato in maniera PERSISTENTE e organizzato da uno o più soggetti nei confronti di uno o più soggetti più deboli.
Caratteristiche della definizione:
- Differenze di potere costante tra la vittima e il bullo.
- Atto sistematico, organizzato per aumentare l’efficacia del comportamento riducendo i rischi di denuncia da parte degli adulti e delle vittime (tipica modalità del bullo proattivo)
- Atto ripetitivo e duraturo: due mesi almeno per poter parlare di bullismo.
- Bullo spesso appoggiato da complici (bulli seguaci) che sono di solito potenziali vittime.
- La vittima teme o non è in grado di difendersi, ha molta paura e infelicità.
- Gli spettatori non intervengono in difesa della vittima.
- Il bullismo è un fenomeno sommerso.
- La vittima viene deumanizzata per indebolirne l’autostima e per eliminare in senso di colpa nell’aggressore (vedi i meccanismi del disimpegno morale di Bandura).
- A volte la vittima manda messaggi che, se non capiti, la fanno chiudere ancora più in se stessa.
Classificazione del comportamento aggressivo
Categorizzazione per TIPOLOGIA di comportamento:
Attivo (soggetto che agisce) vs. Passivo (soggetto che non interviene in aiuto della vittima)
Diretto (contatto diretto con la vittima) vs. Indiretto (assenza di contatto ma solo progettazione)
Autodiretto vs. Eterodiretto (comportamento rivolto contro sé o gli altri)
Altra categorizzazione per SCOPO:
- Aggressività strumentale = per ottenere vantaggio
- Aggressività di tipo irritante = senza alcun vantaggio apparente
- Aggressività emozionale = frutto di stati d’animo alterati tipo rabbia o paura
- Aggressività difensiva = rispondere ad un attacco altrui, a volte solo percepito ma non reale
- Aggressività antisociale = devianza rispetto alle norme sociali ma conforme alle regole del gruppo, azione messa in atto per integrarsi nel gruppo dei pari
Disturbi da comportamento dirompente (dal DSM IV)
Incidenza fino a 18 anni => circa il 10%
Due particolarità: 1) Alta frequenza tra i 6 e gli 11 anni che decresce con l’adolescenza
2) Alta frequenza maschile (ciò è in dubbio nelle ultime ricerche)
Percentuali: Disturbo della condotta: 6 – 16%
Disturbo oppositivo/provocatorio: 2 – 16%
Classificazione:
DISTURBI DI CONDOTTA
Comportamento ripetitivo e persistente a violare diritti altrui e norme/regole sociali appropriate all’età
Caratterizzati da:
1) Aggressioni
2) Distruzione di proprietà
3) Frode furto
4) Gravi violazioni di regole
Due tipi di DC:
- Esordio precoce sotto i 10 anni: più grave poiché rischio di evoluzione in disturbo di personalità antisociale
- Esordio in adolescenza: meno grave con prognosi più favorevole
DISTUBO OPPOSITIVO/PROVOCATORIO
Modalità di comportamento negativistico, ostile provocatorio
Sintomi:
- Attacchi di collera
- Litigiosità e comportamento irritante
- Rifiuto delle regole adulte
- Tendenza ad accusare gli altri del proprio comportamento inadeguato
- Suscettibilità e rancore
- Atteggiamento dispettoso e vendicativo
Meno grave del DC (a sinistra): no danno agli altri o violazione dei diritti altrui
Tende però ad evolversi in disturbo della condotta se non trattato
Studi sull’aggressività in psicologia
- Esperimento di Milgram ’74: studia l’effetto dell’autorità sull’azione di comportamenti aggressivi. Il 62,5% dei soggetti avrebbe ucciso uno sconosciuto a comando!!
1. Le persone credono che l’autorità sappia qualcosa che loro non sacco (causa più alta)
2. Obbedire è più facile che pensare - Esperimento di Zimbardo: studia l’effetto depersonalizzante che la divisa ha sugli individui umani. Il famoso esperimento dei carcerati e dei secondini fatto con degli studenti americani.
Teoria del disimpegno morale di Bandura (1996-2006)
Bandura studia e ipotizza dei meccanismi psicologici tramite cui le persone agiscono senza morale non sentendo minimamente il senso di colpa per la propria azione.
Bandura ipotizza otto meccanismi di disimpegno morale:
1) GIUSTIFICAZIONE MORALE
Un principio superiore (religioso, economico, politico…) scavalca ogni altro tipo di valore morale permettendo al soggetto di fare qualunque cosa.
2) CONFRONTO VANTAGGIOSO
Paragonare la propria azione moralmente sbagliata con un comportamento peggiore per minimizzare la portata del proprio atto (c’è sempre qualcosa di peggio).
3) ETICHETTAMENTO EUFEMISTICO [mass media]
Usare etichette verbali rassicuranti che minimizzino il comportamento inaccettabile.
4) DISLOCAMENTO DELLA RESPONSABILITÀ [gruppale]
Far convergere la colpa su un’altra persona o entità (vedi processo di Norimberga).
5) DIFFUSIONE DELLA RESPONSABILITÀ [gruppale]
Diffusione della responsabilità e della colpa su tutto il gruppo per alleggerire il carico personale.
6) DISTORSIONE DELLE CONSEGUENZE
Non riconoscere il danno che si è fatto, banalizzare l’azione.
7) ATTRIBUZIONE DELLA COLPA ALLA VITTIMA
Dare la colpa ad un comportamento della vittima. Pericolo che corre anche l’adulto (soprattutto nel caso delle vittime provocatrici che dopo aver subito dai più forti si sfogano sui più deboli!)
8) DEUMANIZZAZIONE DELLA VITTIMA
Viene appiccicata alla vittima un’etichetta diversa da quella umana. Si crea distacco dalla vittima considerata meno che umana… (tipico il caso degli Ebrei considerati animali)
Tutte le indagini confermano una acuta presenza del bullismo in tutte le scuole a tutti i livelli.
Rischi peculiari: NEGARE e PATOLOGIZZARE (sbagliate entrambe le cose)
Classificazione del comportamento disturbante a scuola [Olweus e Earls]
Allievo irritabile: Difficoltà a tollerare divieti e limiti imposti dall’adulto e nel seguire consegne NON volontà oppositiva ma limitata autoregolazione. Spesso difficoltà di attenzione, iperattività, verbalizzazione aggressiva (spesso autodiretta).
Allievo indisciplinato: Comportamento oppositivo e di rifiuto delle regole scolastiche. Spesso
comportamento provocatorio con aggressione verbale eterodiretta.
Tipologia frequente e “conosciuta” da tempo.
Allievo minaccioso: Aggressività eterodiretta con “salto di qualità”; iniziano problemi comportamentali e le azioni sono più marcate.
a) espressioni più frequenti di collera
b) aggressività verbale eterodiretta preoccupante
c) danneggiamento, per lo più di oggetti
Allievo bullo: Minacce, danneggiamento, comportamento lesivo verso gli altri.
Allievo violento: Episodi in cui la vittima riporta lesioni particolarmente gravi:
- violenze fisiche
- violenze a sfondo sessuale
- utilizzo di armi o altri oggetti pericolosi
- minacce gravi (ad es. di morte)
Tipologie di bullismo
- Bullismo FISICO => spinte, pugni, calci (corpo danneggiato da un altro corpo)
tipicamente maschile.
- Bullismo VERBALE => umiliazioni, minacce, sarcasmo agito da entrambi i sessi
- Bullismo NON VERBALE diretto => gesti volgari e offensivi
- Bullismo INDIRETTO e MANIPOLATORIO => isolamento della vittima
tipicamente femminile.
Differenze tra i sessi a causa della crescita che dota di competenze differenti i due sessi.
NB: Il bullismo è un fenomeno sommerso. Per Sullivan solo il 25% degli episodi viene a galla: effetto iceberg. Silenzio della vittima per: paura, orgoglio, pressione del gruppo, sfiducia in sé, nessuna reazione da parte degli adulti che la vittima crede consapevoli del torto subito.
Bullismo come fenomeno di gruppo
Per quali ragioni è un fenomeno di gruppo? Perché tale coalizione?
1. INSIEME è più difficile per i professori intervenire, indagare, provvedere contro i bulli, inoltre si ha maggior potere intimidatorio sulla vittima.
2. Bullismo come MODELLO POSITIVO, vincente per i compagni poiché il bullo è forte, non ha paura, sfida l’autorità… ottiene vantaggi maggiori degli svantaggi (soprattutto nell’infanzia)
3. In gruppo diminuiscono le INIBIZIONI sociali, alcuni comportamenti diventano più accessibili.
4. In gruppo si diluisce la RESPONSABILITÀ individuale.
5. La DEUMANIZZAZIONE porta a pensare che in fondo la vittima “si meriti” la prepotenza.
=> Oltre il bullo e la vittima nel fenomeno del bullismo interviene sempre anche lo spettatore silenzioso che fa parte di quella parte della classe che vede la prepotenza ma non agisce.
Il modello dell’educazione tra pari in particolare “l’Operatore amico”– un tipo di intervento preventivo – agisce proprio su questa larga maggioranza di studenti.
Variabilità con l’età
Il bullismo decresce con l’età ma aumenta in gravità perché:
- Fuoriuscita dei “peggiori” dal circuito scolastico
- Maggiore autoprotezione delle vittime (reti amicali più estese)
- Maturazione competenze morali, empatiche, affettive…
Ma anche minore tendenza dei più grandi a denunciare per vergogna e orgoglio.
Tipologia
BULLO SICURO (PROATTIVO)
- Buon livello di autostima
- Nessuna difficoltà sul piano cognitivo (talvolta spiccate capacità di pianificazione)
- Ridotti livelli emozionali: buon autocontrollo emotivo
- Zero empatia con la vittima quindi no senso di colpa
- Attribuisce valore positivo alla violenza per affermarsi
- Buona capacità di leadership: spesso popolare e affermato
- Sceglie la vittima con cura in modo da essere immune dalle denuncie
- Agisce un’aggressività indiretta: manda altri ad agire per lui, si limita a progettare
BULLO ANSIOSO (REATTIVO)
- Alti livelli di attivazione emozionale: irascibile, impulsivo, poco capace di controllarsi, rabbia imprevedibile ed estemporanea. Risponde allo sguardo “minaccioso” della vittima
- Spesso difficoltà cognitive: disturbi dell’apprendimento in alta percentuale
- Comorbidità con disturbi d’umore e uso di sostanze
- Agisce distorsioni attributive e cattive interpretazioni dei gesti altrui
- Destinato all’isolamento sociale progressivo
- Sceglie le vittime a caso e a volte può per questo incontrare vittime più forti di lui
VITTIMA PASSIVA
- Elevati livelli di ansia, timidezza, inibizione sociale
- Bassa autostima e poche (se non nulle) relazioni amicali coi compagni
- Non provoca in alcun modo: è il bersaglio perfetto per la sua debolezza
- Incarna totalmente ciò che il bullo vuole distruggere di sé in fantasia (bambino dipendente dagli adulti, timido nelle relazione e senza alcun successo sociale: un emarginato)
VITTIMA PROVOCATRICE
- Difficoltà ad auto controllare il proprio comportamento
- Deficit di attenzione, impulsività ed iperattività
- Comportamento disturbante (per i pari e per gli adulti): irritante, sollecita ritorsioni punitive
=> Attenzione però a non legittimare MAI l’atto aggressivo!!
Segnali che lancia la vittima (sintomi)
Schernimento prolungato (sembra un gioco ma per la vittima grosso disagio)
Isolamento (con le alte vittime o con l’adulto)
Escluso dalle attività gruppali
Non interviene mai in classe (se lo fa perché sollecitato è molto impacciato)
Netto peggioramento scolastico
Infelice, depresso, spaventato
Ansia nell’andare a scuola (scuse per non andarci)
Disturbi psicosomatici e incubi frequenti
Oggetti e/o vestiti rovinati
Gestione insolita del denaro
Scoppi improvvisi di rabbia in casa
Poco concentrato sulla didattica
Parla malvolentieri di quello che gli succede: tende a negare, minimizza
Modelli causali: approccio bio-psico-sociale
BIO: - Predisposizione genetica
- Alterazione neurochimiche del SNC
- Deficit neuropsicologici
Integrazione degli appunti con la terza parte dell’articolo di Fedeli della dispensa
(vedi Il bullismo… ma non solo parte III)
Predisposizione genetica
Ricerche con soggetti precoci, pervasivi, stabili; comorbidi con disturbi da dipendenza, ADHD (Disturbo da deficit di attenzione e iperattività), disturbi d’umore; con storia familiare di comportamenti aggressivi o chiaramente devianti.
=> Studi su gemelli/figli adottati:
RISULTATI: Gottesman (‘94) Slutske (’97)
Gemelli monozigoti = 52% 53% correlazione con
Gemelli dizigoti = 23% 37% disturbi del comp.
Base genetica che diviene sintomatica se correlata con un determinato ambiente
Alterazioni neurochimiche
Sistema nervoso centrale (SNC) adibito a:
- STIMOLO: Rilevazione stimoli sensoriali potenzialmente pericolosi dall’ambiente
- SIGNIFICATO EMOTIVO: Attribuzione significato emotigeno allo stimolo
- REAZIONE COMPORTAMENTALE: Implementazione della risposta motoria
- Sistema limbico: centrale nell’espressione emotiva
AMIGDALA = riceve stimoli ambientali dalla corteccia primaria e dota queste informazioni di significato emozionale per poi inviarle ad altre strutture sottocorticali (tra cui l’ipotalamo) che mediano la risposta comportamentale.
Danno => riduzione del comportamento aggressivo
LOBI FRONTALI = funzione inibente e modulatrice del comportamento aggressivo determinato dalle strutture sottocorticali quali l’ipotalamo.
Danno => disinibizione quindi aumento del comportamento aggressivo
- Neurotrasmettitori
Diminuzione della serotonina (5-HT) Aggressività
Aumento della dopamina (DA) e della noradrenalina (NA) maggiore
NB: Alterazioni fisiche del SNC derivano da patologie o lesioni e quindi non riguardano la totalità dei ragazzi presenti a scuola, ma anzi una piccola minoranza!
Deficit neuropsicologici
Attenzione soprattutto su deficit verbali e delle funzioni esecutive
- Deficit verbali: QI verbali molto bassi alle scale Wechsler
Due ricerche correlazionali tra comportamento deviante e deficit verbali
- Ricerca longitudinale di MOFFITT in Nuova Zelanda (1990):
Somministrata batteria di test per le abilità cognitive generali e riscontro, negli allievi bulli, deficit generali particolarmente significativi per le abilità verbali. Forte comorbidità con DADH.
Deficit rilevati nell’infanzia tendono a rimanere stabili e sono predittivi di comp. aggressivi.
- Ricerca longitudinale di LAHEY (1995):
Basso QI verbale a 8-10 anni predittore significativo di disturbi della condotta a 21 anni.
- NB: Non tutte le ricerche confermano questi risultati.
Di fondo però i deficit verbali:
a) Ostacolano il processo di socializzazione
b) Impediscono lo sviluppo dell’autocontrollo
c) Determinano uno stile cognitivo orientato al presente (tutto e subito)
d) Influenzano le capacità del bambino di etichettare in modo corretto le espressioni emotive altrui
e) Favoriscono il passaggio all’azione
=> Necessità di potenziare le capacità verbali per:
- Risolvere i problemi parlando
- Ipotizzare conseguenze alle proprie azioni
- Dare nomi ai propri sentimenti
La parola (e conseguentemente il pensiero) inibisce l’azione caricandola di significato
- Deficit delle funzioni esecutive
- Azione impulsiva in base a stimoli immediati, non considerando possibili conseguenze negative
- Difficoltà a rinviare la gratificazione in vista di vantaggi futuri => comportamento aggressivo per eliminare tutti gli ostacoli che si frappongono alla gratificazione
- Scarsa capacità di apprendere dall’esperienza e conseguente difficoltà nel modificare il proprio comportamento per cui persistenza di comportamenti disfunzionali e puniti dall’ambiente
Fattori di rischio ambientali e familiari
Importante analizzare anche le variabili ambientali per:
(1) evitare l’eccessivo determinismo organicistico e
(2) individuare linee di intervento (vedi Il bullismo… ma non solo parte IV)
Le ricerche fino ad oggi condotte individuano tre grandi categorie di fattori di rischio:
1) Condizioni di svantaggio socio-economiche
2) Clima familiare
3) Interazione bambino-adulto
Tali fattori ambientali agiscono innegabilmente su basi genetiche e/o organiche con uno schema “ad imbuto” rispetto al disturbo della condotta (bullismo).
Fattori ambientali: PREDISPOSIZIONE GENETICA E/O
DISFUNZIONI NEUROPSICOLOGICHE
Clima familiare => Generiche difficoltà emotive e comportamentali
Interazioni adulto-bambino => Disturbi del comportamento dirompente
Svantaggio socio-economico => Disturbi della condotta (bullismo)
Elementi di rilievo: - Effetto cumulativo dei fattori nel tempo
- Impatto di tali fattori tanto maggiore quanto più precoce
- Fattori che si combinano in modo diverso e con esiti differenti
Condizioni socio-economiche svantaggiate
Maggior peso nell’infanzia e nella preadolescenza che nell’adolescenza vera e propria.
In che modo tale fattore ha peso sul bullismo?
- Basso reddito => stress elevato che i genitori manifestano coi figli
- Limitato accesso ai servizi sociosanitari
- Conseguenza di altri problemi genitoriali
Pratiche educative genitoriali
Attenzione a non condannare sempre e solo la famiglia!
- Incoerenza educativa tra i due genitori o nello stesso genitore
- Mancanza di reciprocità coi segnali comunicativi del figlio
- Scarsa empatia ed eccessiva freddezza emotiva
- Controllo coercitivo nei confronti del figlio
- Eccessivo ricorso a punizioni e scarso rinforzo ai comportamenti adeguati
L’esposizione alla violenza
Significativa correlazione tra il fatto di assistere ad episodi di violenza e la comparsa nel soggetto di disturbi emotivi e comportamentali. Maggiore manifestazione di comportamenti aggressivi tanto più l’ambiente viene percepito come minaccioso per sè.
=> Ciò che conta non è la reale pericolosità dell’ambiente di vita quanto la percezione del pericolo che soggetto stesso ha. Perché un soggetto percepisce l’ambiente minaccioso più di altri?
Approccio HIP: come si arriva a decidere di agire in maniera aggressiva?
a. Percezione = dell’ambiente e focus su alcuni stimoli ritenuti rilevanti
b. Elaborazione = attribuzione di un significato (positivo/negativo) all’evento percepito
c. Individuazione degli obiettivi = il soggetto sceglie ciò che si prefigge raggiungere
d. Generazione di possibili risposte = generazione di possibili comportamenti
e. Decisione = scelta di uno tra i comportamenti ipotizzati
Modello di Patterson
Base = comportamento aggressivo funzionale all’adattamento a particolari ambienti, utile per interrompere interazioni sgradite o per promuovere interazioni positive. Quindi il comportamento aggressivo è acquisito e mantenuto poiché rinforzato dall’ambiente.
1) Il ruolo del contesto familiare
Numerose ricerche evidenziano una particolare ESCALATION SIMMETRICA delle richieste degli adulti e dell’opposizione dei ragazzi.
I genitori dei bulli sembrano avere minor capacità dei gestione dei conflitti interpersonali: desistono 8 volte più facilmente ai figli rispetto agli altri genitori. (Gardner)
=> NO permissivismo, NO autoritarismo ma COERENZA!
2) Il ruolo dei pari. I pari forniscono al bullo:
- un senso di appartenenza contrastando il naturale isolamento sociale
- un modello ulteriore di comportamenti aggressivi
- una serie di rinforzi sociali al proprio comportamento deviante
Interventi anti-bullismo
Difficoltà: - Emerge bassa percentuale
- Mancanza di fondi nella scuola italiana
- Vittima spesso ritenuta corresponsabile
- Coodinamento casa-scuola difficile da realizzare
Interventi multimodali. Vi sono tre vie principali:
1. Intervento sul bullo: cercando di dargli più abilità sociali
2. Intervento sul gruppo classe: cercando di creare sensibilità e aiuto tra compagni
3. Intervento sulla famiglia: cercando di far passare stili educativi migliori
Ovviamente tutti e tre gli interventi prevedono la presa in carico della vittima a livello individuale.
Fondamentale lo sviluppo di una politica scolastica antibullismo, che coinvolga l’intera scuola
Fasi di intervento di una politica preventiva:
FASE 1: Sviluppare consapevolezza del problema
FASE 2: Analizzare il problema a scuola (questionari, colloqui,analisi degli ambienti)
FASE 3: Elaborare una politica:
a) scegliere l’approccio di base tra il continuum punitivo-empatico
b) formare una definizione condivisa del fenomeno bullistico
c) ideare strategie di prevenzione
d) definire le modalità di denuncia degli episodi di bullismo
e) progettare modalità specifiche per contrastare il bullismo
f) definire responsabilità e risorse necessarie per attuare quanto progettato
FASE 4: Formare gli insegnanti; essenziale il loro coinvolgimento
FASE 5: Applicare le strategie progettate
FASE 6: Monitorare lo sviluppo del problema per vedere gli effetti dell’intervento
(per esempio mettere in atto la fase 2 una volta all’anno)
=> Sallivan (2000) sostiene che una politica efficace riduce del 15% ogni anno l’ingerenza del bullismo: dunque il risultato è buono. Positivo anche se il 1° anno il fenomeno sembra aumentare ma solo per l’aumentata sensibilità dei componenti della scuola verso il fenomeno.
Lavoro in classe a gruppi secondo il conflitto cognitivo previsto da Kohlberg nella sua teoria degli stadi di sviluppo morale (preconvenzionale – convenzionale – postconvenzionale) [10/13 anni]
DISPENSA:
- Bulli non si nasce di Stefano Gastaldi
Ricerca sulla diffusione del bullismo nella comunità montana della Valcuvia - Ragazze che picchiano di Secondo Giacobbi
Articolo in chiave psicodinamica del fenomeno del bullismo al femminile - Il bullismo… ma non solo di Daniele Fedeli
- Parte III: i modelli causali del bullismo, verso un’eziologia multidimensionale
Modelli causali riguardanti il settore “BIO” (genetica, neuropsicologia): predisposizione genetica, alterazioni neurochimiche e deficit neuropsicologici
- Parte IV: fattori di rischio e modelli psicoambientali
Modelli causali riguardanti lo psicoambientale: condizioni di svantaggio socio-economico, clima familiare, interazioni bambino-adulto; e teorie esplicative di tali modelli
- L’alunno prepotente di Carovita
- Capitolo 1: Aggressività ed aggressione: categorie di comprensione
- Capitolo 2: L’alunno prepotente o vittima: il bullismo
- Gli interventi antibullismo
- Capitolo 3: Interventi antibullismo: esperienze dall’estero a confronto
- Capitolo 4: L’approccio istituzionale: costruire una cultura di solidarietà
- Capitolo 5: L’approccio curricolare
- Capitolo 6: Un esperienza di alfabetizzazione emozionale
- Capitolo 7: Responsabilizzazione degli alunni e forme di supporto tra coetanei
SEMINARI:
- Abbandono scolastico
Tre compiti dello sviluppo adolescenziale (Pietropolli Charmet)
1) La rappresentazione di sé: separazione-individuazione
2) La mentalizzazione del corpo
3) Definizione dell’Ideale dell’Io e ingresso nella famiglia sociale
- Sostanze stupefacenti a scuola
Fonte: http://appunti.buzzionline.eu/downloads/educazione0506.doc
Autore: Marco
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