Basi chimiche dell'ereditarietà 

 


 

Basi chimiche dell'ereditarietà 

 

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Riassunto biologia

 

Basi chimiche dell'ereditarietà 

 

 

Agli inizi del XX non si avevano dubbi riguardo all’esistenza dei geni, ma non si sapeva cosa trasportava i caratteri ereditari.

Nel 1928 lo scienziato Griffith provò che il principio responsabile della trasmissione dei caratteri fosse una molecola semplice. Fece degli esperimenti sui batteri della polmonite dei topi, pneumococco della polmonite (cocco = forma sferica, bacillo = forma non sferica). Questi batteri erano di due ceppi:

  • Lisci: quelli virulenti portatori della malattia
  • Rugosi: non virulenti e innocui

Egli isolò i due ceppi di batteri distrusse le cellule dei batteri lisci facendoli diventare molecole semplici, poi unì queste molecole con i batteri rugosi che assorbirono queste molecole e infetto i topi da laboratorio con questi batteri rugosi. Il risultato fu che questi batteri rugosi una volta assorbite le molecole di quelli lisci mutavano e diventarono virulenti uccidendo i topi.

Griffith capì che esiste una molecola responsabile della trasmissione dei geni.

Negli anni seguenti gli studiosi cercarono di capire quale era la molecola responsabile della trasmissione dei geni, 2 erano quelle ipotizzate:

 

  • Le proteine, le favorite essendo composte da aminoacidi, che essendo 20 c’è maggiore possibilità di combinazione tra essi.
  • L’acido deossiribonucleico (DNA che si chiama così perchè si trova solo nel nucleo della cellula e per differenziarla dal RNA), che è composto da una base azotata ( di 4 tipi divisi a loro volta in purine e pirimidine) da uno zucchero a 5 atomi di carbonio e da un gruppo fosfato.

Lo studioso Avery nel 1944 condusse degli esperimenti per capire quale delle 2 molecole fosse.

Prese lo stesso batterio della polmonite e uccise allo stesso modo le cellule e le fece diventare molecole semplici poi prima di mescolarle con i batteri rugosi aggiunse alle molecole un enzima che distrugge le proteine ipotizzando che senza di esse non si sarebbero potuti trasmettere i geni.

Ma il risultato fu lo stesso di Griffith, ovvero tutti i topi da laboratorio morirono per la polmonite.

Allora egli ripeté l’esperimento ma introdusse al posto dell’enzima che distrugge le proteine quello che distrugge il DNA. I batteri rugosi non assorbirono le caratteristiche virulente e i topi rimasero portatori sani. Avery poté concludere dicendo che nei batteri la molecola che trasmette i geni è il DNA. Ma poiché i batteri sono organismi complessi bisognava dimostrare che anche organismi più semplici trasmettono le loro caratteristiche attraverso il DNA.

Nel 1952 Hershey e Chase fecero un esperimento con dei virus che attaccano i batteri detti batteriofagi. Questi virus sono poco costosi, è facile allevarli in laboratorio e si riconoscono bene al microscopio per la loro particolare forma. I virus sono più semplici dei batteri, vengono definiti unità di replicazione biologica perché il virus inietta il DNA nell’ospitante e ne sfrutta i ribosomi per moltiplicarsi e alla fine fa scoppiare la cellula. I virus sono formati da una testa che serve per attaccarsi all’ospitante e da un capside formato da proteine che contiene il DNA. I due scienziati isolarono due campioni di fagi e marcarono i primi con l’isotopo radioattivo del fosforo (quindi era radioattivo il DNA) e gli altri con l’isotopo radioattivo dello zolfo (quindi le proteine erano radioattive). I virus infettarono i batteri e successivamente gli scienziati isolarono i batteri infetti dai corpi virali; esaminando i batteri infettari essi scoprirono che solo quelli infettati da virus col DNA radioattivo erano radioattivi mentre gli altri no. Loro dedussero che il DNA dei virus passava nei batteri mentre le proteine rimanevano nel corpo virale senza DNA.

Ora che si conosceva la funzione del dna bisognava conoscere la sua struttura tridimensionale. Il problema era che il DNA non si può vedere al microscopio quindi bisognava trovare un altro metodo: Watson e Crick pensarono che il metodo migliore fosse la diffrazione a raggi X, ma si formò un altro problema: per l’osservazione precisa tramite la diffrazione bisognerebbe cristallizzare la molecola che altrimenti risulterebbe posizionata nello spazio in modo caotico, questa cristallizzazione blocca gli atomi e fa in modo che risultino fissi. Cristallizzare il DNA era molto complicato perché la posizione degli atomi era molto complessa e non si doveva cambiare lo stato fisico degli atomi. La cristallizzazione fu effettuata da una scienziata di nome Rosalind Franklin una vera esperta in questo campo. La diffrazione avviene puntando un laser a raggi X contro un cristallo di DNA, quando i raggi impattano sugli atomi essi rifraggono i raggi in modo diverso e formano una figura (figura di diffrazione) che viene proiettata su una pellicola. Attraverso un operazione matematica, chiamata Trasformata di Fourier, si può capire la struttura della figura rifratta (nel caso dl DNA una specie di X).

I due scienziati costruirono un modello di DNA e osservarono molte cose: è formato da una doppia elica, formato da nucleotidi(ogni nucleotide è formato da un gruppo fosfato, zucchero a 5 atomi di carbonio e da una base azotata), le basi azotate si uniscono tra loro con dei legami idrogeno (sono legami deboli perché devono permettere la duplicazione), il DNA si avvolge verso destra.. Misurando questa doppia elica si accorsero che le basi purine si potevano unire con le pirimidine e in particolare la guanina con la citosina e la timina con l’adenina poiche tra A e T ci possono essere soltanto 2 legami idrogeno e tra C e G 3 (legge di complementarità delle basi). Inoltre scoprirono che la distanza tra ogni base azotata è di 0,34 nm (passo d’elica) e quella di 10 basi è di 3,4 nm, quindi appurarono che la struttura è regolare e simmetrica, inoltre dopo ogni 10 passi d’elica la scala si ritrova nello stesso punto. Un’altra scoperta fondamentale fu quella dell’antiparallelismo dei filamenti (un filamento è una singola parte dell’elica) cioè i due filamenti sono paralleli ma viaggiano al contrario per poter avere i legami sempre uguali, es:i gruppi fosfato si legano agli zuccheri sui carboni 3 e 5 sia sul filamento destro che su quello sinistro. Una caratteristica fondamentale del DNA è quella di poter fornire copie esatte di se stesso. Nel momento della duplicazione la molecola si apre lungo la linea mediana, le basi si separano all’altezza dei legami idrogeno e ogni filamenti funge da stampo poiché per la legge di complementarietà delle basi ogni base azotata può legarsi ad una sola altra base, se c’è A si dovrà unire con T, se c’è G solo con C etc. La duplicazione avviene durante la fase S del ciclo cellulare, ovvero al duplicazione dei cromosomi ed è un processo molto rapido. La duplicazione inizia sempre da una specifica sequenza di nucleotidi detta punto di origine della duplicazione che richiede un enzima, proteine (elicasi che gira in senso contrario al DNA, sinistroso, e lo svolge), e insieme alla DNA-Polimerasi che spezza i legami idrogeno aprendo così al doppia elica. A questo punto può iniziare la fase di sintesi, ovvero i nucleotidi che si trovano sparse nel nucleo, che vengono assorbite dall’uomo durante la digestione( senza queste basi in più non potrebbe avvenire la duplicazioni), si attaccano ai filamenti divisi, questa fase è caratterizzata da un gruppo di enzimi noti come DNA-Polimerasi, la regione dove avviene la sintesi è detta bolla di replicazione, i suoi estremi sono detti forcelle di replicazione. La primasi sistema i primer sul filamento vecchi che sono frammenti di poche basi azotate di RNA che servono a far capire alla DNA-Polimerasi dove deve agire. Questi primer vengono sistemati in un solo punto nel filamento guida mentre in quelle ritardato vengono posti in più punti per favorire l’uso dei frammenti di Okazaki. Dopo bisogna togliere i primer perché sono frammenti di RNA mentre bisogna creare due unità di DNA identiche, allora entra in gioco l’esonucleasi che toglie i primer e la DNA-Polimerasi ricostruisce il DNA. Infine la ligasi unisce i frammenti di Okazaki La duplicazione avviene in 2 direzioni e viene detta bidirezionale, la duplicazione avviene fino a quando tutte le bolle che si sono formate sul filamento si sono congiunte e si sono formati 2 eliche dette semiconservative poiché un filamento è nuovo e uno è vecchio. I nucleotidi usati per costruire il nuovo filamento sono composti da tre gruppi fosfato(tipo ATP) che una volta staccati liberano energia che viene sfruttata dalla DNA-Polimerasi per attaccare i nucleotidi al vecchio filamento. I filamenti sono antiparalleli e la DNA-Polimerasi può agire solo sul filamento in direzione 5’ 3’e non in quell’altro, il filamento dove può agire la DNA-Polimerasi è detto filamento guida, mentre l’altro è detto filamento ritardato. Il filamento ritardato e sintetizzato in modo discontinuo sotto forma di singoli frammenti chiamati frammenti di Okazaki. Per motivi ancora sconosciuti la sintesi dell’ultimo frammento di Okazaki non può avvenire per cui ogni duplicazione il cromosoma perde alcuni nucleotidi, ma si è scoperto che alla fine dei cromosomi esiste una sequenza di basi che si ripete molte volte che permette di non creare danni dalla perdita di questi nucleotidi, questa sequenza è detta telomero, per cui i cromosomi posso duplicarsi 20-30 volte prima di perdere il contenuto genetico.  Si è scoperto che esiste un enzima, detto telomerasi, che si trova in molte cellule (anche in quelle cancerose) che ricostruisce i telomeri e permette di mantenere integri i cromosomi. La DNA-Polimerasi serve per staccare i due filamenti, attaccare i nucleotidi nuovi e correggere gli errori se per qualche motivo viene aggiunta una base invece che un’altra, Proofreading, anche altri fattori possono influenzare la duplicazione es: i raggi ultravioletti che possono creare cancri alla pelle per via di errori nella duplicazione del DNA. Si è scoperto che le possibilità di combinazioni tra le basi raggiungono numeri astronomici per via della lunghezza del DNA e questo porta alla infinita varietà delle specie.

 

 

Parola chiave : basi chimiche dell'ereditarietà 

 

Fonte : http://www.riassuntiliceo.altervista.org/terzof/index.htm

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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