Anoressia e bulimia nervosa sintomi e ricerca
Anoressia e bulimia nervosa sintomi e ricerca
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DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE
I disturbi dell’alimentazione possono essere definiti come persistenti disturbi del comportamento alimentare o di comportamenti finalizzati al controllo del peso, che danneggiano la salute fisica o il funzionamento psicologico e che non sono secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica conosciuta.
Questi disturbi possono essere così classificati:
-
Anoressia nervosa;
-
Bulimia nervosa;
- Disturbi dell’alimentazione atipici (o disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati).
Mi soffermerò in particolare sui primi due disturbi (anoressia nervosa e bulimia nervosa) e inoltre, includerò nella mia tesina anche i disturbi legati all’obesità.
L’anoressia e la bulimia sono delle vere e proprie malattie e sono anche molto complesse perché riguardano sia la psiche che il corpo; sono caratterizzate entrambe da un errato approccio e rapporto con il proprio corpo e con il cibo.
Anoressia nervosa
E’ una patologia caratterizzata da perdita dell’appetito e progressivo rifiuto del cibo e, talvolta, anche dell’acqua. E’ un disturbo dell’alimentazione con un’intensa paura di diventare grassi o di eccedere nel peso corporeo. A livello di immagine del proprio corpo si registra una vera e propria alterazione dell’autopercezione non adeguata alla realtà (il soggetto di solito si sente sovrappeso quando in realtà è severamente sotto la norma), la preoccupazione per il proprio peso diventa eccessiva e la riduzione dell’assunzione del cibo può essere totale.
Per quanto concerne i criteri diagnostici principali, può essere fatta una classificazione:
- Mantenimento attivo di basso peso;
- Paura di ingrassare;
- Preoccupazione estrema per il peso e le forme del corpo;
- Amenorrea (mancanza di almeno tre cicli mestruali consecutivi). Nella maggior parte dei casi, si tratta di amenorrea secondaria (perdita di mestruazioni dopo un periodo più o meno lungo di cicli regolari); in una minoranza, quando l’anoressia è insorta prima dello sviluppo puberale, si tratta di amenorrea primaria. Si diagnostica l’anoressia nervosa anche se le mestruazioni sono regolari ma indotte dall’uso di estroprogestinici. Negli uomini, invece, è presente una perdita dell’interesse sessuale e impotenza.
La caratteristica più tipica dell’anoressia nervosa è la severa perdita di peso ed il raggiungimento di peso corporeo molto basso, che può determinare dei gravi rischi per la salute. La perdita di peso è principalmente dovuto alla dieta ferrea e fortemente ipocalorica. Spesso, inoltre, viene associata un’attività fisica strenua ed eccessiva portata avanti per molte ore al giorno. Alcuni per dimagrire, si auto-inducono il vomito o usano altre forme non salutari di controllo del peso, come ad esempio l’uso inappropriato di lassativi o di diuretici.
Attualmente si riconoscono due sottotipi di anoressia nervosa:
- Anoressia nervosa con restrizioni;
- Anoressia nervosa con abbuffate/condotte di eliminazione.
Numerosi studi hanno documentato che esistono importanti differenze psicologiche e comportamentali fra le persone anoressiche che limitano continuamente la propria alimentazione senza mai perdere il controllo, e quelle che periodicamente ricorrono ad abbuffate o a comportamenti di eliminazione (ad esempio: vomito autoindotto, uso improprio di lassativi, diuretici o enteroclismi). Le anoressiche con abbuffate/condotte di eliminazione spesso sono malate da molto tempo; pesano di più all’inizio della malattia, hanno frequenti storie personali e familiari di obesità e sono più impulsive, non soltanto nell’alimentazione, ma anche in altri ambiti: abuso di alcol o di sostanze stupefacenti, cleptomania, comportamenti autolesionisti e tentativi di suicidio. Le anoressiche con restrizioni hanno invece una personalità ossessiva e sono più isolate socialmente.
Chi colpisce: Fino a trent’anni fa, l’anoressia nervosa, è stata considerata una malattia rara. Oggi, invece, sembra colpire lo 0,28% delle adolescenti e delle giovani donne adulte dei paesi occidentali.
Il 90-95% delle persone colpite appartiene al sesso femminile; i maschi costituiscono tuttora una minoranza. L’età dell’esordio del disturbo è compresa fra i 12 e i 25 anni, con un picco di maggiore frequenza a 14 e 18 anni.
E’ una patologia che colpisce soprattutto la popolazione occidentale, mentre è rara nei paesi in via di sviluppo, dove non esiste una forte pressione sociale verso la magrezza. Mentre negli anni sessanta l’anoressia nervosa colpiva prevalentemente le classi agiate, attualmente è distribuita in modo omogeneo nelle varie classi sociali. Inoltre, sembra essere molto frequente in alcune categorie occupazionali (professioni che rientrano nel mondo della moda e della danza).
Le cause: Non sono ancora del tutto note e gli studiosi dell’argomento non sono sempre d’accordo. Sembra però che molti fattori possano contribuire alla loro insorgenza. Tali fattori sono:
- Fattori predisponesti : sono legati ad alcune caratteristiche individuali quali il perfezionismo, la bassa autostima, la regolazione delle emozioni, l’ascetismo e le paure legate alla maturità psicobiologica.
- Fattori scatenanti : legati ad esperienze quali, ad esempio, separazioni e perdite, modificazioni dell’equilibrio familiare, nuove richieste dall’ambiente in cui si vive (scuola, vita affettiva, etc.), malattie fisiche ed inizio della pubertà;
- Fattori di mantenimento : una volta iniziata la dieta ferrea, alcuni fattori tendono a favorire la cronicizzazione del disturbo; fra questi, sono particolarmente importanti i vantaggi che l’individuo ottiene in conseguenza della perdita del peso e del controllo alimentare. In questi fattori sono inclusi i rinforzi positivi e negativi.
Complicazioni mediche: sono per la maggior parte secondarie all’uso di comportamenti non salutari di controllo del peso e al basso peso.
I sintomi fisici possono essere così classificati:
- Eccessiva sensibilità al freddo;
- Sintomi gastrointestinali (stipsi, pienezza dopo aver mangiato, digestione lunga e difficile);
- Capogiri e sincope;
- Sonno disturbato e risvegli precoci mattutini.
Riguardo ai segni fisici, invece, è possibile fare un’altra classificazione:
- Emaciazione, blocco della crescita e mancato sviluppo delle mammelle (se l’insorgenza del disturbo avviene in età puberale);
- Pelle secca, peluria fine sulla schiena, avambracci e lati della faccia;
- Mani e piedi freddi, ipotermia;
- Bradicardia; ipotensione ortostatica; aritmie cardiache;
- Edema (che complica la valutazione del peso);
- Debolezza dei muscoli prossimali (difficoltà dall’alzarsi da una posizione di accovacciamento).
Inoltre, sono state individuate delle anomalie di tipo: endocrine, cardiovascolari (anomalie all’elettrocardiogramma), gastrointestinali; ematologiche (anemia normocitica normocromica moderata) e metaboliche (ipercolesterolemia, disidratazione).
Terapia: esistono vari tipi di terapia. Esse sono:
- Terapia cognitivo comportamentale (CBT) : gli interventi sono finalizzati, non solo ad affrontare i pensieri disfunzionali che mantengono la dieta estrema o la riduzione cronica del peso, ma anche le assunzioni fondamentali associate ai conflitti interpersonali, i sentimenti di inefficacia, le lotte per l’autostima e le paure associate allo sviluppo psicosociale. Sono integrate nel trattamento anche le problematiche interpersonali e componenti della terapia familiare.
- Terapia psicodinamica : parte dal presupposto che i disturbi dell’alimentazione sono specifici e necessitano di profonde modificazioni della gestione dei sintomi.
- Terapia familiare : è un trattamento adeguato per le pazienti giovani e/o che vivono a casa dei familiari. Comunque, se l’anoressia nervosa dura da lungo tempo e il peso corporeo è molto basso, raramente la terapia familiare è efficace, a meno che non sia affiancata da altri interventi terapeutici finalizzati alla gestione dei sintomi.
- Farmacoterapia : ha un’efficacia molto limitata. Difatti, occasionalmente le pazienti possono ottenere dei benefici dai farmaci. Comunque è stato riscontrato che l’uso di fluoxetina, dopo la normalizzazione del peso, riduca il tasso di ricaduta.
- Ospedalizzazione : si pone due obiettivi: il primo è quello di stabilizzare le condizioni medico-psichiatriche per gestire le complicanze acute del disturbo. Come secondo obiettivo, si pone di iniziare o continuare un percorso di cura finalizzato all’interruzione dei fattori di sviluppo e di mantenimento del disturbo, che in molto casi può sfociare con la guarigione della paziente. Il ricovero in strutture ospedaliere di riabilitazione intensiva ha una lunga durata (circa 90 giorni) perché è necessario far raggiungere al paziente almeno il 90% del peso corporeo atteso. Tale trattamento ha un alto tasso di successo. Con queste modalità di trattamento è possibile ottenere la normalizzazione del peso e di molti sintomi psicologici associati all’anoressia.
Esistono, inoltre, alcune pazienti croniche o resistenti che hanno partecipato a varie forme di trattamento nel corso degli anni, ma che la terapia non ha avuto successo. In questo caso, se la paziente è d’accordo, può essere inserita in un programma di “management medico” continuativo. Gli obiettivi della gestione del management medico sono solo mirati al mantenimento di una stabilità medica e psicologica.
Bulimia nervosa
E’ disturbo dell’alimentazione in cui il paziente sembra colpito da fame insaziabile e ingerisce alimenti in grande quantità e in modo non bilanciato. In molti casi, dopo il pasto si provoca il vomito o ingerisce lassativi, allo scopo di ingerire nuovamente cibo; in altri casi, la bulimia può alternarsi con periodi di anoressia, in cui il soggetto rifiuta il cibo.
Esiste tutto un cerimoniale nella “abbuffate”; spesso sono pianificate in gran segreto, e consumate molto rapidamente; la scelta per il cibo è quasi sempre per alimenti altamente calorici e dolci; in ultimo, il vomito viene prepotentemente cercato come liberatorio dallo stato di tensione.
La bulimia nervosa viene suddivisa in due sottotipi:
- Bulimia nervosa con condotte di eliminazione;
- Bulimia nervosa senza condotte di eliminazione.
Nel primo caso, la persona pratica regolarmente il vomito autoindotto o usa lassativi o diuretici o enteroclismi; nel secondo caso, invece, i comportamenti di compenso sono il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo. Le persone che seguono condotte di eliminazione hanno, rispetto a quello che non lo fanno:
- Un peso corporeo più basso;
- Un’alterazione più marcata dell’immagine corporea;
- Una maggiore ansia nei confronti dell’alimentazione;
- Una più elevata frequenza di comportamenti autolesionisti e progetti di suicidio;
- Un’età più precoce di insorgenza del disturbo;
- Un elevata incidenza di abusi fisici e sessuali subiti;
- Maggiori problemi di disidratazione e di squilibrio elettrolitico (in particolare l’ipopotassiemia).
Per quanto concerne i criteri diagnostici principali, può essere fatta una classificazione:
- Abbuffate ricorrenti (assunzioni di grandi quantità di cibo con perdita di controllo ricorrente);
- Comportamenti di controllo del peso estremi (ad esempio: dieta ferrea, vomito autoindotto, abuso di lassativi o diuretici, esercizio fisico eccessivo);
- Valutazione di sé basata in modo predominante od esclusivo su alimentazione, peso, forme corporee e sul loro controllo.
I soggetti che soffrono di bulimia, a differenza di quelli che soffrono di anoressia, non conoscono il controllo ma la sconfitta.
L’introduzione del cibo, anche in questo caso, non è in relazione al fabbisogno calorico dell’organismo, ma è legata ad uno squilibrio della relazione con il mondo esterno e con se stessi.
Se però nell’anoressia l’emozione dominante è quella della vittoria, nella bulimia si cede senza potersi difendere a saziare una fame che non è del corpo ma dell’anima, e quando la sensazione di pienezza giunge, si è invasi da sensi di colpa devastanti che conducono al vomito indotto.
I mezzi di compenso, in particolare il vomito, portano però l’individuo ad avere altre abbuffate o per il meccanismo della deprivazione della dieta o perché con il vomito l’individuo pensa di aver trovato un mezzo semplice per eliminare calorie assunte in eccesso. Diventa così un circolo vizioso (abbuffata – vomito – abbuffata – vomito)
Chi soffre di questo disturbo ha spesso problemi di ansia e si tiene lontano da situazioni sociali, soprattutto se riguardano il consumo di cibo (matrimoni, feste, etc.); spesso è irritabile e va incontro a frequenti scoppi di rabbia; a volte adotta comportamenti autolesionisti per allentare la tensione o abusa di sostanze.
Il disturbo inizia in genere dopo eventi stressanti minaccianti l’autostima (ad esempio: fallimenti scolastici, problemi sentimentali, difficoltà interpersonali, commenti negativi sull’aspetto fisico) e poiché le persone a rischio di sviluppare la bulimia nervosa sono particolarmente sensibili alla pressione culturale sulla magrezza è verosimili ipotizzare che cerchino di far fronte a queste difficoltà concentrandosi sul corpo e perseguendo la magrezza.
Inoltre, c’è da dire che le persone affette da bulimia nervosa, non adottano un regime dietetico ordinario, ma seguono una dieta ferrea perché essa, oltre ad essere fortemente ipocalorica, è particolarmente rigida. Il fare la dieta in modo ferreo è probabilmente legato al perfezionismo ed al pensiero “tutto o nulla”.
La dieta ferrea è la maggior responsabile della comparsa delle abbuffate attraverso tre meccanismi:
- Pensiero “tutto o nulla” e perfezionismo. Seguire diete ferree in modo perfezionistico porta prima o poi inevitabilmente a compiere piccole trasgressioni; quando queste si verificano, il soggetto pensa subito di aver perso il controllo e si abbuffa.
- Alterazione della fame e della sazietà. Numerosi studi hanno evidenziato che la dieta ferrea porta ad un aumento della fame e dell’appetito nei confronti dei carboidrati in particolare, probabilmente a causa delle modificazione di alcuni neurotrasmettitori cerebrali, fra cui la serotonina, e questo effetto è più pronunciato nelle donne che negli uomini.
- Emozioni negative. Le abbuffate, soprattutto nei primi momenti, possono determinare del piacere, perché allentano la tensione del dover seguire in modo ferreo la dieta. Questa sensazione piacevole iniziale può essere utilizzata da chi soffre di bulimia nervosa per “bloccare” altre emozioni negative. Tale comportamento da, però, origine ad un circolo vizioso poiché le abbuffate, passati i primi momenti piacevoli, determinano la comparsa di emozioni negative (senso di colpa, disgusto, paura di ingrassare) che, a loro volta, possono innescare nuove abbuffate.
Chi colpisce: il disturbo colpisce l’1% delle giovani donne. Come per l’anoressia nervosa, l’età d’esordio del disturbo è compresa fra i 12 e i 25 anni, però nella bulimia nervosa il picco di maggiore frequenza è a 17-18 anni. Gli individui colpiti nel 90% dei casi, sono di sesso femminile. Gli uomini sono colpiti raramente.
La bulimia nervosa, inoltre, sembra essere molto rara nei paesi in via di sviluppo.
Infine, le persone colpite sono generalmente di peso normale, alcune lievemente sottopeso, altre leggermente sovrappeso.
Le cause: le cause della bulimia nervosa, vanno ricercate in eventi quali: obesità nell’infanzia, obesità dei genitori, alcolismo dei genitori, ed altri fattori sociali che sensibilizzano l’individuo nei confronti del suo peso e forme corporee ed incoraggiano la dieta e la ricerca della magrezza.
Altri fattori di rischio, infine, includono peculiari tratti di personalità (ad esempio: bassa autostima o perfezionismo).
Disturbi organici: Il quadro clinico dei soggetti bulimici rivela lesioni a diversi organi: erosione dei denti, dovuta ai ripetuti episodi di vomito; lesioni della mucosa esofagea; aumento del volume delle ghiandole paratiroidi; infiammazione del tubo digerente; alterazione del bilancio idrico e dei sali, soprattutto del potassio, derivante dall’uso prolungato dei lassativi, da cui possono derivare estrema debolezza, paralisi e anomalie della contrazione cardiaca. Altri disturbi possono derivare dagli effetti collaterali dei farmaci assunti frequentemente dai bulimici, quali i lassativi, sostanze emetiche che inducono il vomito e, nel caso dei bulimici-anoressici, gli anoressizzanti per ridurre l’appetito e i diuretici.
Terapia: La terapia più efficace della bulimia nervosa, sembra essere la terapia cognitivo comportamentale (CBT). Il trattamento è diviso in tre fasi, finalizzate ad erodere i principali fattori comportamentali e cognitivi di mantenimento del disturbo (dieta ferrea, abbuffate, vomito autoindotto e preoccupazione estrema per il peso e l’aspetto fisico). Gli studi più recenti hanno evidenziato che la CBT determina una riduzione media del numero di abbuffate alla fine del trattamento variabile dal 73% al 93% dei casi, e una riduzione dei mezzi di compenso dal 77% al 94%.
La diminuzione della frequenza nelle abbuffate è accompagnata da una significativa riduzione dei livelli di restrizione alimentare, con un aumento della quantità di cibo assunto fra gli episodi bulimici ed una diminuzione significativa della preoccupazione per il peso e le forme del corpo. La terapia, infine, procura un notevole miglioramento della depressione, un aumento dell’autostima e della funzionalità sociale e una diminuzione dei disturbi di personalità spesso associati alla bulimia nervosa.
L’esperienza clinica, comunque, suggerisce, che si possono provare le seguenti opzioni:
- Terapia cognitivo comportamentale focalizzata sui fattori interpersonali e sul deficit del concetto di sé;
- Terapia farmacologica con antidepressivi;
- Terapia interpersonale.
Obesità
Patologia caratterizzata dall'accumulo di eccessive quantità di tessuto adiposo a livello sottocutaneo, e da un peso corporeo molto al di sopra dei valori normali. Lo sviluppo dell’obesità a partire da uno stato iniziale di sovrappeso può avvenire più o meno gradualmente, a seconda dell’individuo colpito. Il sovrappeso può manifestarsi nell’infanzia e successivamente regredire, oppure perdurare anche nella vita adulta. L’obesità può anche comparire in età avanzata.
La presenza di grasso corporeo si riscontra in tutti i mammiferi, in alcuni dei quali spessi pannicoli adiposi permettono la sopravvivenza in climi particolarmente rigidi o durante il periodo del letargo. In condizioni normali, nella specie umana il grasso corporeo costituisce il 25% del peso corporeo delle donne e il 15% di quello degli uomini; quando esso supera tali valori, porta progressivamente a una condizione di sovrappeso e, infine, di obesità vera e propria. Per dare una valutazione pratica del grado di sovrappeso o di obesità di un individuo, si utilizza il cosiddetto indice di massa corporea (IMC, o indice di Quetelet), che corrisponde al rapporto tra il peso (espresso in chilogrammi) e il quadrato dell’altezza (espressa in metri quadrati). Utilizzando tale parametro, si parla di sovrappeso se esso è compreso tra 25 e 30, e di obesità se supera il valore 30.
Si può evidenziare una differente distribuzione del grasso corporeo:
- Androide : fascio-tronculare (o all’addome);
- Ginoide : bacino, anche, glutei, cosce;
Queste sono fisiologiche, mentre vi sono distribuzioni dell’adipe patologiche:
- A “manicotto” : alle anche, cosce, braccia, doloroso alla pressione (malattia di Dercum)
- Alle anche, glutei, arti inferiori con dimagrimento fascio-toracico (malattia di Barraquet-Simon).
Chi colpisce: notevole è la diffusione nei paesi industrializzati: 40-50% della popolazione degli USA, di varie decine di punti percentuali in Europa.
E’ stato, inoltre, notato che vi è un aumento dell’obesità nella fascia della popolazione più anziana.
Le cause: si tratta di un fenomeno dove le cause genetiche ed ambientali si intrecciano e si avvitano con modalità complesse, che coinvolgono aspetti sociali, fattori familiari, abitudini di vita, motivazioni psicologiche, stress situazionali, etc.
Sul piano psicologico, va evidenziata la confusione fra bisogni diversi, dove stanchezza, malessere ed altre esigenze vengono sedate con il cibo, come se l’alimentazione potesse soddisfare ogni bisogno. Il cibo, infatti, è associato a sensazioni di sicurezza, soddisfazione, amore e piacere.
Oppure le reazioni individuali agli stress, per cui mangiare può compensare un’affettività repressa, sostituire un’aggressività che non può essere espressa, consolare le piccole delusioni, fino a placare l’angoscia o la depressione.
Inoltre, possono anche essere presenti disturbi a livello dell’apparato digerente, che alterano la capacità di assorbimento delle sostanze nutritive. Alcuni ricercatori hanno dimostrato che gli individui di peso normale compensano eventuali eccessi alimentari in modo fisiologico, alimentandosi in minore quantità, mentre gli obesi non sembrano in grado di attuare questo controllo. In alcuni di questi, la massa corporea può raggiungere un valore superiore alla norma perché, anche se i meccanismi che controllano il metabolismo energetico sono efficienti, vengono ”regolati” su un valore di equilibrio troppo alto. In tal caso, la causa della patologia può risiedere in un’alterazione dei centri di controllo nervosi. Si è anche verificato che l’obesità può insorgere dopo alcuni eventi scatenanti, quali la gravidanza, un’attività fisica forzatamente ridotta e disturbi psicologici.
Un particolare gene, chiamato “Ob”, codifica per un ormone, la leptina, che agisce a livello del tessuto adiposo e regola l’assunzione di cibo in dipendenza del consumo energetico. La mutazione di questo gene determina la sintesi di un ormone inefficace. Poiché il gene Ob è un gene recessivo, affinché si sviluppi l’obesità devono risultare mutati entrambi gli alleli portati dall’individuo; la presenza di anche un solo gene sano permette, dunque, un normale controllo del peso. L’obesità può svilupparsi anche quando risultano mutati non i geni, ma i recettori cellulari della leptina presenti nel cervello; in tal caso, infatti, anche se l’ormone viene prodotto normalmente, non può agire perché i recettori mutati non riescono a riconoscerlo e a legarlo correttamente e, dunque, non consentono a livello cerebrale la trasmissione del segnale di controllo per l’assunzione del cibo.
Complicanze mediche: I soggetti obesi vanno incontro a possibili complicazioni del loro stato di salute generale, perché il sovrappeso ha effetti negativi soprattutto sull’apparato scheletrico e sull’apparato circolatorio.
Rappresenta un fattore di rischio per:
- Le malattie cardiovascolari : ipertensione, insufficienza cardiaca, ischemia miocardica;
- Le malattie respiratorie : sindrome di Pickwick;
- Le malattie dismetaboliche : diabete melitto, ipercolesterolemie, ipertriglicedidemie;
- Le malattie osteo-articolari : in particolare l’artrosi;
- Le complicanze chirurgiche : aumento del rischio anestesiologico.
Terapia: Il tradizionale trattamento del paziente obeso consiste in un regime alimentare ipocalorico (in cui l’introito giornaliero di calorie è inferiore a quello ritenuto normale per una persona della stessa età e che svolge una normale attività fisica) che viene stabilito da un medico specialista (dietologo) e, nei casi più gravi, può essere seguito in appositi centri di cura. Talvolta vengono prescritte diete proteiche liquide, simili a quelle utilizzate per alcuni pazienti ricoverati in ospedale, che, tuttavia, sconvolgono il naturale equilibrio idrosalino dell'organismo e compromettono la funzionalità cardiaca. Altri approcci terapeutici possono affidarsi a farmaci anoressizzanti, i cui principi attivi, derivati dalle anfetamine, agiscono inibendo la sensazione di fame. Vi sono dubbi, comunque, sull’efficacia dei risultati ottenuti con questa terapia; inoltre, sembra che la prolungata assunzione di essi provochi dipendenza. Per questi motivi, l’uso di anoressizzanti è oggi sempre più raro.
Terapia chirurgica: Esistono due tipi di intervento chirurgico che permettono di affrontare l’obesità grave e resistente ai regimi alimentari: il by-pass ileale e il by-pass gastrico. Nel primo intervento viene asportato un tratto di intestino allo scopo di ridurre l'assorbimento delle sostanze nutritive; questo intervento è comunque attualmente assai poco praticato, poiché può innescare gravi effetti collaterali, come danni al fegato e diarrea cronica, e ha provocato persino decessi. Nella procedura del by-pass gastrico, una considerevole proporzione dello stomaco viene chiusa con graffe chirurgiche; in tal modo, viene notevolmente ridotta la quantità di cibo che il soggetto riesce ad assumere.
Fonte:http://www.atuttascuola.it/allegati/pedagogia/Tesina_scienze_biomediche.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Anoressia e bulimia nervosa sintomi e ricerca
ANORESSIA NERVOSA
L’anoressia è un disturbo del comportamento alimentare che può mettere a repentaglio la vita di chi ne è colpito. Questa patologia si manifesta con il rifiuto di mantenere il proprio peso, con una diminuzione di oltre il 15 % sul peso normale.
Questo disturbo è inoltre caratterizzato dalla paura di aumentare di peso, da un’immagine distorta del proprio corpo e, nelle donne, dall’amenorrea che si manifesta con la mancanza di almeno tre cicli mestruali consecutivi. A volte le persone che ne soffrono si lasciano morire di fame e assumono dosi massicce di lassativi a seconda della perdita di peso di cui soffrono. Questi atteggiamenti possono essere molto dannosi per il corpo. Le persone che manifestano problematiche crescenti relative al cibo o al peso, anche se di minore importanza, possono trarre beneficio da una migliore conoscenza delle proprie capacità cognitive e di relazione con il prossimo.
Anoressia significa letteralmente perdita dell’appetito, tuttavia questo non è il corretto sintomo di questa patologia. Infatti chi soffre di anoressia pur essendo affamato controlla il proprio appetito.
Queste tendenze vengono spesso espresse con il desiderio di cucinare per gli altri e di nascondere il cibo che non mangeranno in posti nascosti.
CHE COSA FA SVILUPPARE L’ANORERSSIA?
Come la maggior parte dei disturbi del comportamento alimentare tende a manifestarsi in età immediatamente pre o post pubertà, ma si può manifestare in occasione di qualsiasi evento che coincida con un cambiamento di vita. L’anoressia nervosa affligge prevalentemente le ragazze adolescenti anche se si può manifestare in donne adulte e uomini. Uno dei motivi per i quali le adolescenti ne vengono colpite é la loro tendenza a seguire delle diete estreme per mantenere una “linea” ideale. Questo approccio ossessivo per le diete riflette l’eccessiva importanza che la società contemporanea attribuisce all’ideale di essere magri, tendenza che viene evidenziata dalle campagne pubblicitarie e dai media. Altre categorie a rischio di disturbi dell’alimentazione sono gli atleti, gli attori e le modelle, per i quali mantenere la linea è diventato un requisito professionale.
QUANTE PERSONE SOFFRONO DI ANORESSIA?
Stime prudenziali riferite agli Stati Uniti riportano che circa lo 0,5 / 1 % della popolazione femminile soffre di anoressia.
Poiché più del 90 % di coloro che ne sono affetti sono ragazze adolescenti o giovani, si può dire che questo disturbo colpisce principalmente le donne. Tuttavia si deve tenere presente che la malattia è stata diagnosticata anche in ragazzi di meno di 7 anni e in donne di 50/60/70 e perfino 80 anni.
COME SI MANIFESTA LA PERDITA DI PESO?
Le persone affette da anoressia di norma perdono peso diminuendo la quantità di cibo consumata. In molti casi la nutrizione viene ridotta a meno di 1.000 calorie al giorno. La maggior parte evita di ingrassare o assumere cibi ipercalorici ed elimina in parte o del tutto il consumo di carne. La dieta degli anoressici si basa quasi completamente su vegetali a basso contenuto calorico come lattuga, carote, yogurt.
QUALI SONO I SINTOMI PIÙ COMUNI DELL’ANORESSIA?
I sintomi distintivi dell’anoressia nervosa sono il rifiuto e ossessione per il cibo e il proprio peso. In realtà tutti i disturbi alimentari condividono questi aspetti di alimentazione squilibrata o incontrollabile. Uno degli aspetti più pericolosi di questo disturbo è che le persone affette continuano a considerarsi grasse anche quando sono ridotte a pelle e ossa.
Le unghie e i capelli diventano fragili, la pelle diventa secca e gialla. La depressione spesso accomuna gli anoressici. Spesso si manifesta una sensazione di freddo (ipotermia) poiché si verifica un abbassamento della temperatura corporea. A volte si sviluppa una peluria lunga e fine, il corpo infatti tenta di limitare la dispersione di calore.
A volte gli anoressici sviluppano particolari atteggiamenti nel prepararsi il cibo come tagliarlo in pezzettini, rifiutano di mangiare in presenza di altri, cucinano per gli altri complessi piatti che non mangiano. Il cibo ed il peso diventano un’ossessione, infatti le persone affette da questa patologia non fanno altro che pensare al loro prossimo pasto.
In linea di massima le persone che pensano di essere affette da anoressia devono rivolgersi ad un medico al fine di escludere la presenza di altre malattie.
QUALI SONO LE CAUSE DELL’ANORESSIA?
Le cause di questa malattia non sono ancora chiare, infatti possono essere molteplici. Nel tentativo di risalire alle origini dei disturbi dell’alimentazione gli scienziati hanno preso in considerazione la personalità, il bagaglio genetico, l’ambiente e le caratteristiche biochimiche dei pazienti. Alcuni tratti della personalità che accomunano gli anoressici sono una scarsa stima di sé stessi, asocialità, e una tendenza al perfezionismo. Questi soggetti si rivelano spesso buoni studenti ed ottimi atleti.
I disturbi dell’alimentazione si ripetono spesso fra gli appartenenti alla stessa famiglia, in particolare fra i parenti di sesso femminile. Una ragazza ha una possibilità da 10 a 20 volte superiore di sviluppare l’anoressia se per esempio ha un fratello o una sorella affetti da questa patologia. Queste scoperte farebbero pensare che fattori genetici siano alla base della predisposizione ai disturbi del comportamento alimentare o l’apprendimento dai famigliari del mito della magrezza. Modi comportamentali e l’ambiente possono rivelarsi concause.
I disturbi dell’alimentazione sono diffusi soprattutto nei Paesi occidentali ed in quelli industrializzati, dove la magrezza è diventata un modello di fascino. Certamente gli stress possono aumentare il rischio dei disturbi del comportamento alimentare, ma possono essere causa anche di altri disturbi della personalità.
Ricerche effettuate sulle caratteristiche biochimiche dei pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare hanno rilevato che i neurotrasmettitori “serotinina” e “noradrenalina” sono presenti in numero minore in coloro che soffrono di anoressia, caratteristica che li avvicina a coloro che soffrono di depressione. Queste caratteristiche sono confermate da studi che hanno dimostrato che alcuni antidepressivi possono essere utilizzati con successo nella cura di questi disturbi. Persone affette da anoressia tendono spesso ad avere un tasso di “cortisolo” (un ormone prodotto dal cervello in situazioni di stress) e “vasopressina” (un ormone prodotto dal cervello in quantità anormali in pazienti affetti da “disturbo ossessivo-compulsivo”) più alto del normale
Altri scompensi psichici possono accompagnare l’anoressia come il “disturbo ossessivo-compulsivo”, la tendenza all’autolesionismo o i “disturbi bipolari”.
In genere i farmaci antidepressivi possono essere efficaci nella cura delle persone affette da anoressia, ma la terapia più efficace si è rivelata il riuscire a fare raggiungere un peso entro il 10 % di quello normale. Anche una psicoterapia individuale e familiare può aiutare.
QUALI SONO GLI EFFETTI COLLATERALI SULLA SALUTE?
L’inedia sofferta dagli anoressici può causare danni a organi vitali quali cuore e cervello.
Il ritmo respiratorio, il battito cardiaco e la pressione sanguigna diminuiscono ed a volte chi soffre di questa patologia è affetto da aritmie o problemi cardiaci. Un’alimentazione povera causa la decalcificazione delle ossa che diventano fragili e soggette a rotture. Nei casi più gravi gli anoressici possono lasciarsi morire per denutrizione. I disturbi dell’alimentazione presentano il più alto tasso di mortalità tra i disturbi della personalità, annoverando un tasso di mortalità del 6 %.
SONO DISPONIBILI DELLE CURE?
Per fortuna la maggior parte degli effetti collaterali che hanno colpito gli anoressici si sono rivelati reversibili alla loro guarigione. E’ fondamentale che il disturbo sia diagnosticato e curato tempestivamente; questi disturbi vengono curati con maggior successo quando diagnosticati sul nascere.
Alcuni pazienti possono essere curati a domicilio, altri devono ricorrere al ricovero per bloccare la pericolosa perdita di peso. La maggior parte dei pazienti riguadagnerà peso al ritmo di 150/200 grammi alla settimana.
Per aiutare le persone affette da anoressia a guarire si fa ricorso a diversi metodi. La psicoterapia, necessaria per affrontare alcuni disturbi latenti dell’anoressia. A volte si ricorre ad una terapia cognitivo-comportamentale per correggere alcune convinzioni e comportamenti errati. La terapia di gruppo o familiare viene anche utilizzata al fine poter rendere partecipi anche gli altri familiari delle proprie problematiche. Solo uno psichiatra è in grado di prescrivere i farmaci appropriati per la cura. Infine sarà necessario rivolgersi ad un dietologo che prescriva la dieta appropriata.
Fonte: http://www.nami.org/Content/ContentGroups/Multicultural_Support1/AnoressiaNervosa.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
BULIMIA NERVOSA
CHE COS’ E’ LA BULIMIA NERVOSA?
La bulimia nervosa è un grave disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da una tendenza autolesionista per mezzo di una alimentazione smodata unita ad una ricorrente ossessione di tenere sotto controllo il proprio peso. Si può manifestare in concomitanza con altre patologie psichiatriche come “disturbo bipolare”, autolesionismo, “disturbo ossessivo”, “disturbi dissociativi dell’identità”. L’alimentazione smodata si può definire come la tendenza ad assumere grandi quantità di cibo in breve tempo. Si tende spesso a prediligere i dolci, cibi ipercalorici e con una consistenza che ne faciliti l’ingestione in breve tempo. Lo “sconveniente comportamento compensativo” a controllarsi continuamente il peso si accompagna a volte a pratiche “liberatorie” (vomito procurato, abuso di lassativi, diuretici, clisteri) o pratiche “non liberatorie” (come eccessive pratiche ginniche). Per coloro che praticano un’alimentazione smodata a volte qualsiasi quantità di cibo, anche mezza mela o in insalata, viene percepita come smodata e vomitata.
Le persone affette da bulimia nervosa spesso mancano di autocontrollo quando mangiano in modo smodato. Quasi sempre assumono i pasti in segreto trangugiando e con poca masticazione. Al termine dell’abbuffata si manifestano spesso dolori di ventre. Al termine del pasto i bulimici provano un senso di colpa e si liberano dall’eccesso di calorie.
Si può ipotizzare la presenza della bulimia quando una persona assume almeno due pasti smodati alla settimana per almeno tre mesi. Le maggiori problematiche che caratterizzano i disturbi del comportamento alimentare sono l’importanza assegnata al cibo ed al proprio peso con priorità su tutti gli altri problemi personali.
QUALI SONO I SOGGETTI ALLA BULIMIA?
La Bulimia nervosa si manifesta in genere nell’adolescenza. Come per l’anoressia nervosa colpisce principalmente il sesso femminile. Solo dal 10 al 15 % della popolazione affetta è di sesso maschile. Si stima che il 2 / 3 % delle giovani (stime USA n.d.t.) sia affetta da bulimia contro lo 0,5 / 1 % affette da anoressia. Ricerche hanno stabilito che circa il 50 % delle persone sofferenti di anoressia tendono poi ad essere affette da bulimia.
Si ritiene che più di sette milioni di donne e un milione di uomini (stime USA n.d.t.) soffrono di queste patologie solamente negli Stati Uniti. Da qui nasce la necessità di un’opera di prevenzione soprattutto nelle scuole, prevenzione particolarmente rivolta alla popolazione femminile.
COME CONTROLLANO IL LORO PESO I BULIMICI?
I bulimici sono ossessionati dalla linea e dal loro peso. Fanno continui tentativi di tenere sotto controllo il peso per mezzo di diete. Ricorrono al vomito, a medicinali per stimolare le funzioni intestinali e alla diuresi, a esercizi ginnici spinti all’eccesso. Le fluttuazioni di peso sono una caratteristica a causa dell’alternarsi di pasti smodati e pasti ridotti. A differenza di chi soffre di anoressia i bulimici mantengono un peso entro limiti di normalità. Nondimeno molte persone sovrapeso che si sono sottoposte ad una dieta iniziano a vomitare per mantenere il peso raggiunto.
QUALI SONO I SINTOMI PIÙ COMUNI DELLA BULIMIA?
Una costante ossessione di tenere sotto controllo il peso ed il cibo sono i sintomi primari della bulimia. L’erosione dello smalto dei denti (dovuto all’acido del vomito) e l’abrasione del dorso delle mani ( causato dalla ripetuta introduzione delle dita nella gola) sono indicatori comuni della tendenza a procurarsi il vomito.
Una modesta percentuale di bulimici mostrano un gonfiore delle ghiandole paratiroidi vicino alle guance. I bulimici possono anche soffrire di irregolarità nei cicli mestruali e di una diminuzione dell’attività sessuale. Vengono spesso rilevate delle forme di depressione così come mal di gola e dolori addominali.
Nonostante questi sintomi rivelatori, risulta difficile accorgersi dell’insorgere della bulimia.
Il mangiare smodato e il purgarsi o il vomitare viene spesso fatto in segreto e può essere facilmente tenuto nascosto da una persona con un peso nella norma che si vergogna del proprio comportamento ma che si sente costretta a continuare per tenere sotto controllo il proprio peso. Questa preoccupazione e questo comportamento consentono alla persona di spostare la propria attenzione da sensazioni di dolore e ridurre la tensione e l’ansia perpetuando la necessità di questi comportamenti.
VI SONO GRAVI COMPLICAZIONI PER LA SALUTE?
Le persone affette da bulimia, anche quelle che mantengono un peso normale, possono causare gravi danni al proprio fisico per il frequente ricorrere al vomito ed ai lassativi. Scompensi “elettrolitici” e disidratazione si possono manifestare e causare problemi cardiaci e, a volte, portare alla morte. In rari casi il vomitare può provocare lesioni allo stomaco ed il ricorrere ai lassativi può procurare disfunzioni cardiache a seguito di perdita di minerali vitali come il potassio.
CONOSCIAMO LE CAUSE DELLA BULIMIA?
Di certo la presenza nella nostra cultura di una mania per la magrezza ha la sua influenza.
Esiste qualche indizio che l’obesità infantile e quella dei genitori predispongano gli individui a sviluppare la bulimia. A volte la preoccupazione dei genitori per un figlio eccessivamente grassottello può costituire una causa. Alcuni bulimici percepiscono una sorta di euforia quando vomitano. A volte i bulimici non riescono a controllare l’assunzione di alcool e droghe. I disturbi del comportamento alimentare come l’anoressia e la bulimia tendono ad essere ereditari e le ragazze risultano essere più soggette. A seguito di studi recenti i ricercatori hanno accertato in alcuni bulimici la diminuzione di alcuni neurotrasmettitori (serotonina e noradrenalina). Molto probabilmente la combinazione di fattori ambientali con quelli biologici portano allo sviluppo di questo disturbo. All’inizio degli anni settanta la maggior parte delle persone affette da questi disturbi era convinta di essere l’antesignana di questi problemi. Come per l’anoressia nervosa, i comportamenti associati alla bulimia consentono un temporaneo sollievo dalle tensioni e permettono ai malati di allontanare la loro attenzione da altre problematiche percepite come irrisolvibili, concentrandosi invece sui problemi del peso e del cibo.
SONO DISPONIBILI CURE PER LA BULIMIA?
La maggior parte delle persone che soffrono di bulimia possono essere curate ambulatoriamente dal momento che non corrono il rischio di lasciarsi morire di fame come gli anoressici. Tuttavia, se la bulimia sfugge al controllo, il partecipare a una psicoterapia di gruppo per la cura degli scompensi alimentari può aiutare i bulimici a modificare le loro abitudini alimentari. Le terapie di gruppo sembrano aver dato i migliori risultati per le adolescenti e le donne di giovane età per la comprensione reciproca che si stabilisce tra i membri del gruppo. Nelle terapie di gruppo viene offerta la possibilità di dialogare con altre persone con gli stessi problemi. Le terapie di gruppo hanno dato migliori risultati anche con gli studenti. D’altro canto gruppi di auto-aiuto possono essere frequentati per quanto tempo si vuole, offrono orari flessibili, e generalmente sono gratuiti. A volte le persone affette da disturbi del comportamento alimentare sono incapaci di avvicinare gruppi di auto-aiuto o frequentare delle terapie di gruppo senza l’incoraggiamento di uno psicoterapista.
Una psicoterapia “cognitivo-comportamentale” è risultata di aiuto a molti bulimici. Si apprende a concentrarsi sull’autocontrollo delle abitudini “liberatorie” e alimentari così come a cambiare l’errato approccio al disturbo. La terapia “cognitivo-comportamentale” viene spesso associata ad una consulenza del dietologo e ad antidepressivi come la fluoxetina (Prozac).
Un piano terapeutico dovrà essere preparato a seconda delle necessità della singola persona e certamente un piano di cure che coinvolga la consulenza di vari specialisti darà i migliori risultati. E’ importante sviluppare un approccio alla malattia che coinvolga il supporto dei famigliari del malato e della comunità (gruppi di auto-aiuto o altro genere di supporti messi a disposizione dalla società).
Fonte: http://www.nami.org/Content/ContentGroups/Multicultural_Support1/BulimiaNervosa.doc
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DATI STATISTICI ANORESSIA E BULIMIA
Fonte: Osservatorio ABA
Definizione
L’anoressia, la bulimia e i disordini alimentari sono malattie gravi, di origine psicologica. Anche l’obesità sta perdendo la connotazione di patologa strettamente organica, e mostra un’eziologia psicogena.
L’esperienza clinica dell’ABA, iniziata 15 anni fa, con pazienti affetti da anoressia, bulimia e obesità, dimostra che queste patologie funzionano come un trattamento spontaneo a una questione relazionale alla base del rapporto del soggetto con gli altri; questa risposta spontanea esordisce e si produce in concomitanza con eventi che lo confrontano e gli creano il disagio.
La letteratura clinica riporta con grande frequenza una genesi dovuta ad un vissuto traumatico. Lutti e perdite affettive, maltrattamento e abuso sessuale intra-familiare in età precoce. All’origine di questi disagi sono riscontrabili inoltre rapporti conflittuali con i genitori o tra di loro.
La scelta di non alimentarsi fino al rischio di morte (Anoressia), mangiare quantità seriali di cibo per eliminarlo con il vomito auto-indotto più volte al giorno, anche con uso e abuso di lassativi e diuretici (Bulimia), l’assunzione di cibo senza limite fino a raddoppiare o triplicare il proprio peso (Obesità): sono patologie della dipendenza.
Queste gravi patologie sono riconducibili ad una richiesta d’aiuto non verbalizzata. Non è quindi l’appetito a dover essere curato, il soggetto e la sua storia.
Dati Epidemiologici
(Estratto) Ricerca ABA condotta dalla Prof.ssa Anna Maria Speranza, docente associato dell’Università La Sapienza - Roma, Responsabile Ricerca Scientifica ABA
ANORESSIA E BULIMIA
Intera Popolazione - Italia (Rewiew di Di Pietro e Sorge – 2000) - 7 studi
Anoressia 0.5 - 1.0 %
Bulimia 1.0 - 3.0 %
Subclinici 5 - 15 %
Sesso F = 95.9% - M = 4 .1%
Età media del campione: 26,3 anni
Range 10 - 61 anni
Età media di insorgenza: 17,2 anni
Stato civile
Nubili/celibi 81.2 %
Coniugati 14.0 %
Separati 4.0 %
Professione
Studente 48.7 %
Impiegato 26.3 %
Non occupati/saltuaria 13.1 %
Professionista/dirigente 3.7 %
Altro 8.2 %
Status socio-economico della famiglia
Alto 35.5 %
Medio 52.0 %
Basso 12.5 %
Terapie precedenti 69.1 %
Terapia individuale 48.3 %
Terapia farmacologica 18.8 %
Ricoveri 14.3 %
Sintomi presenti nella storia clinica
Nessun sintomo 35.0 %
Depressione 35.6 %
Tentativi di suicidio 8.6 %
Autolesionismo 4.6 %
Alcolismo 3.4 %
Tossicodipendenza 2.0 %
Abuso di farmaci 3.7 %
Uso sostanze stupefacenti 0.6 %
Sintomi ossessivi 5.4 %
Attacchi di panico 9.5 %
Depers/derealizzazione 2.3 %
Altro (fenom. psicotici, dist. psicosom., cleptomania, ecc.) 10.9 %
Eventi presenti nella storia clinica
Lutto 23.0 %
Perdita affettiva 9.0 %
Mancanza genitore 9.8 %
Abuso sessuale 6.2 %
Maltrattamento 10.6 %
Malattie gravi/ospedal. 9.0 %
Altro (aborti, IVG, ecc.) 14.5 %
FONTI (dati 1997-2001): Rewiew di Di Pietro e Sorge 2000 - Centro Ricerche ABA - Anna Maria Speranza Univ. La Sapienza Roma.
OBESITÀ
Maggiori oneri a carico del SSN causati dall’obesità 2 - 8 %
Danni alla persona e patologie correlate
Anoressia
Amenorrea e conseguente infertilità
Depressione
Pulsioni autolesive e suicidarie
Osteoporosi
Gastriti croniche,ulcere, esofagite cronica,coliti
Perdita di capelli
Gravi danni a gengive e denti
Calcolosi renale
Nel soggetto adolescente, qualora la patologia si instauri prima del menarca, anche dopo la guarigione può persistere l’amenorrea.
Bulimia
Depressione
Pulsioni autolesive e suicidarie
Gastriti croniche,ulcere, esofagite cronica,coliti
Perdita di capelli
Gravi danni a gengive e denti
Uso ed abuso di lassativi,diuretici,alcol e droghe (cocaina ed ecstasy)
Obesità
Diabete
Patologie cardiovascolari
Patologie osteo-articolari
Dislipidemia
Disturbi respiratori importanti
Fonte: http://www.bulimianoressia.it/pdf/datistatistici.doc
Sito web: http://www.bulimianoressia.it/
Autore: Osservatorio ABA
I DISTURBI ALIMENTARI PSICOGENI: DIAGNOSI, TRATTAMENTO
E RELAZIONE EDUCATIVA.
(Saverio Fontani)
I Disturbi Alimentari Psicogeni (DAP) hanno conosciuto una diffusione esponenziale negli ultimi decenni, tanto da indurre i clinici all’introduzione di entità diagnostiche autonome come l’Anoressia e la Bulimia.
Esse rappresentano verosimilmente aspetti diversi dello spettro dei DAP, poiché molte pazienti anoressiche presentano episodi bulimici.
La controversia tra l’appartenenza allo stesso gruppo di disturbi è tuttora oggetto di controversie. Come notava Bruch (1974) esistono infatti differenze notevoli tra la personalità ossessiva e rigida dell’anoressica ed il comportamento impulsivo e disordinato del soggetto bulimico.
Per la comprensione dello spettro dei DAP è necessario considerare l’elevato valore simbolico che ha l’introduzione del cibo nell’organismo.
Oltre alla evidente gratificazione biologica, infatti, l’alimentazione ha un elevato valore comunicativo nelle fasi precoci dello sviluppo infantile, tanto da divenire una cartina di tornasole della relazione madre-bambino.
Eventuali inadeguatezze della relazione tendono a riflettersi nelle modalità di assunzione eccessiva o di rifiuto del cibo, che si ripresentano in forma esasperata come disturbo psicopatologico nell’età adolescenziale.
Considerando la diffusione delle patologie DAP nella popolazione scolastica e la loro frequente associazione con i Disturbi Depressivi e con le Difficoltà di Apprendimento, ci sembra utile informare gli insegnanti sulle principali caratteristiche di tali sindromi, allo scopo di:
- Riconoscere i soggetti a rischio di sviluppo di comportamenti dello spettro DAP;
- Instaurare un rapporto di fiducia con tali allievi e con le rispettive famiglie;
- Proteggere attivamente i soggetti da aggressioni, canzonature o episodi di bullismo da parte dei pari. E’ necessario considerare che frasi come “Oggi ti vedo ingrassata…Sei ingrassata/dimagrita?..Ecco la cicciona!… Ma quanto pesi?”, anche se rivolte in tono neutro o scherzoso, possono avere effetti devastanti per una ragazza anoressica o bulimica.
Presentiamo di seguito una breve rassegna sui principali criteri utilizzati per l’attribuzione della diagnosi di anoressia e bulimia, cui seguiranno cenni sul trattamento e sulla peculiare relazione educativa che dovrebbe essere instaurata con gli allievi che presentano Disturbi dell’Alimentazione.
1 ANORESSIA: CRITERI DIAGNOSTICI (DSM IV°, 1994)
A) Rifiuto di mantenere il peso oltre il peso minimo normale per l’età e la statura (Sotto l’85% del peso minimo previsto).
- Intenso timore di ingrassare, anche quando si è evidentemente sottopeso.
- Alterazione della percezione del proprio peso. Il soggetto è convinto di essere grasso se è evidentemente sottopeso o emaciato. Nessuna argomentazione logica è in grado di convincerlo.
- Nelle femmine, assenza di 3 cicli mestruali consecutivi.
Età di insorgenza: Dalla prima alla tarda adolescenza (12-18 ANNI)
Distribuzione tra i sessi: 95% nelle femmine.
Complicazioni: Frequenti ospedalizzazioni per alimentazione forzata.
Rischio di morte per inedia tra il 5% e il 18%. Elevato rischio suicidario.
Sono frequentemente associate Tossicodipendenze e Disturbi Depressivi.
1. 1 FATTORI DI PREDISPOSIZIONE
L’anoressia era assimilata sino agli anni ‘60 alla nevrosi isterica. In seguito, grazie ai fondamentali contributi di H. Bruch e di M. Selvini Palazzoli, è stata considerata come un’entità nosografica autonoma e per questo motivo è stata inserita nel DSM, il principale repertorio nosografico internazionale.
Attualmente l’etiologia della anoressia viene ricondotta ad un’interazione tra fattori predisponenti e fattori scatenanti.
In altre parole, eventi traumatici possono favorire lo sviluppo di comportamenti DAP in soggetti che presentano predisposizioni personologiche o derivanti dal clima familiare (Gordon, 2002).
L’anoressia può essere considerata come il sintomo di una ribellione inconscia verso l’immagine del proprio corpo, oppure come l’espressione di un’intensa aggressività verso la madre nel periodo adolescenziale.
La madre, in questa prospettiva, può divenire il bersaglio più o meno inconsapevole del sintomo anoressico: la ragazza può ritenerla responsabile dei propri fallimenti affettivi, sociali, scolastici, estetici, e può cercare di punirla attraverso il rifiuto del cibo.
Una simile prospettiva illustra efficacemente il valore comunicativo del sintomo anoressico. Il sintomo anoressico non rappresenterebbe solo una modalità per attirare l’attenzione sul proprio disagio, ma anche un tentativo, più o meno consapevole, di coalizzare i genitori associandoli nella preoccupazione per la salute del figlio (Selvini Palazzoli, et al., 2001; 2003).
Analogamente, il sintomo anoressico può essere associato a conflitti familiari che esasperano le reazioni del soggetto predisposto allo sviluppo dei comportamenti DAP (separazione, divorzio, perdita di uno dei genitori).
1. 2 FATTORI SCATENANTI
Il sintomo anoressico esordisce quando i suddetti fattori predisponenti interagiscono con eventi scatenanti quali:
- Lutti familiari, perdite improvvise di un genitore, divorzio, separazione.
- Marcate alterazioni del clima familiare, con presenza di elevata aggressività espressa tra i membri, litigi, rancori.
- Nuove istanze ambientali: Ingresso nella scuola secondaria, inizio di una relazione coinvolgente, esposizione a modelli culturali esaltanti la magrezza proposti dai media.
- Minacce alla propria autostima, come insuccessi scolastici e ambienti altamente competitivi. Anche la fine di una relazione sentimentale estremamente coinvolgente rappresenta una grave minaccia alla precaria autostima della ragazza.
In questa prospettiva può essere compresa anche l’elevata correlazione tra i Disturbi dell’Alimentazione, i Disturbi Depressivi e Difficoltà di Apprendimento, che spesso rappresentano un circolo chiuso del quale l’adolescente non riesce ad intravedere la possibilità di uscita.
Gli agiti suicidari, tentati o riusciti, e le condotte tossicomaniche rappresentano un tentativo estremo dell’adolescente per la risoluzione di una situazione percepita come intollerabile e immutabile (Selvini Palazzoli et al., 2001).
L’anoressica reagisce all’evento scatenante con l’errata convinzione di potere acquisire sicurezza e controllo sulla realtà SOLO con la perdita progressiva di peso, che in alcuni casi può riuscire fatale.
L’obiettivo degli interventi terapeutici è proprio il superamento di tale errata convinzione.
1. 4 TRATTAMENTO DELL’ANORESSIA
Mentre nei casi più gravi l’ospedalizzazione si rende indispensabile, nelle forme iniziali e in quelle successive all’ospedalizzazione si rende necessario un trattamento di ordine farmacologico e psicoterapeutico.
Le anoressiche traggono beneficio da una psicoterapia individuale (indirizzo analitico o cognitivo –comportamentale) volta all’analisi dei vissuti e della relazione con la madre.
Anche la psicoterapia familiare rappresenta un cardine del trattamento, dato che è possibile intervenire sul clima familiare che ha indotto il sintomo (es. famiglie rigide, competitive, perfezioniste, autoritarie).
In molti casi è sufficiente il riferimento al valore comunicativo del sintomo anoressico per favorire la consapevolezza del funzionamento del sistema familiare, rendendo evidente la necessità di sostituzione di regole non adattive con norme più funzionali, negoziate – non imposte- tra i componenti del nucleo familiare (Selvini Palazzoli et al., 2001).
2 BULIMIA: CRITERI DIAGNOSTICI (DSM-IV°, 1994)
A) Ricorrenti episodi di abbuffate (consumo di grandi quantità di cibo in poco tempo).
- Sensazione di perdita di controllo durante l’episodio (… E’ più forte di me… Non me ne sono accorto…Volevo fare solo uno spuntino, ma…).
- Vomito auto-indotto, uso lassativi, diuretici, diete, digiuno.
- Persistente preoccupazione per il proprio peso. Massiccio senso di colpa dopo ogni abbuffata (… Non valgo niente, non so neppure fare una dieta…Ma perché ci sono ricaduto?).
Età di insorgenza: Adolescenza e prima età adulta.
Decorso: Cronico, con periodi di intermittenza. Periodi di abbuffate e digiuni alternati a periodi di alimentazione regolare.
Distribuzione tra i sessi: 5-8 % Femmine, 1-2 % maschi.
Complicazioni: Frequente l’associazione con disturbi dello spettro depressivo, con farmaco dipendenze e tossicodipendenze (alcool, sedativi, anfetamine, cocaina). Erosione dentale, disidratazione, aritmie cardiache.
Come si evince dai criteri diagnostici presentati, la bulimia è un’alterazione del comportamento alimentare caratterizzata da accessi ricorrenti di iperalimentazione non controllabile del soggetto, cui fanno seguito massicci sensi di colpa e periodi di digiuno:
Deve essere ricordato che ben il 50 % delle anoressiche presenta episodi di bulimia, e tale dato depone a favore di un continuum tra le due modalità nei DAP.
Anoressia e bulimia, in altri termini, non sarebbero entità psicopatologiche indipendenti, ma rappresenterebbero i due poli estremi del continuum dei Disturbi dell’Alimentazione.
Gli improvvisi impulsi all’iperalimentazione sono incontrollabili. Il soggetto è consapevole del proprio atteggiamento patologico verso il cibo, e per questo tende a mantenerlo segreto; le abbuffate avvengono frequentemente nelle ore notturne, quando il soggetto è solo.
All’accesso, che ha spesso termine solo con l’esaurimento del cibo, seguono idee depressive e autosvalutative che si attenuano con l’uso del vomito autoindotto, che può essere considerato come un tentativo di recupero del controllo.
L’autostima del soggetto bulimico è bassa, e gli episodi depressivi conseguenti agli accessi alimentari possono talora esitare nel suicidio, tentato o reale.
Grazie alla compensazione indotta dal vomito e all’alternarsi di periodi di digiuno-dieta, i soggetti bulimici non sono necessariamente obesi, ma di peso normale o di poco superiore alla media.
Tuttavia le preoccupazioni depressive ed i sensi di colpa associati alle abbuffate assumono spesso il carattere di una vera e propria sindrome, dato che condizionano enormemente la vita sociale e la percezione dello schema corporeo della ragazza o del ragazzo.
Sono ad esempio frequenti situazioni di evitamento e di ritiro sociale (Non voglio uscire perché sono grassa…Mi vergogno…Uscirò con le amiche quando sarò dimagrita…), che a loro volta aumentano il rischio di episodi bulimici.
Il ritiro sociale favorisce inoltre lo sviluppo di sintomi depressivi, e da sensi di colpa, con il rischio della genesi di un circuito chiuso analogo a quello osservabile nell’anoressia.
La situazione è inoltre aggravata dal confronto che la ragazza bulimica opera nei riguardi delle coetanee: la visione di ragazze magre, attraenti apparentemente felici e serene, può confermare la convinzione di essere la sola a vivere una simile situazione, con il conseguente aumento dell’evitamento delle situazioni di confronto sociale e di ritiro.
2. 1 FATTORI PREDISPONENTI E SCATENANTI
La depressione rappresenta il maggiore fattore predisponente rispetto all’anoressia, assieme alla distorsione dell’immagine corporea.
Come le anoressiche, anche le bulimiche sovrastimano le dimensioni del proprio corpo rispetto alle persone non DAP.
Gli altri fattori predisponenti corrispondono a quelli segnalati per l’anoressia, date le sovrapposizioni tra le due sindromi, e lo stesso vale per i fattori ambientali e familiari scatenanti il disturbo (traumi, lutti, separazione dei genitori, delusioni affettive, rottura di relazione coinvolgente).
2. 2 TRATTAMENTO DELLA BULIMIA
A differenza delle anoressiche, le persone bulimiche traggono giovamento dalla partecipazione a gruppi di self-help, dove condividono il problema e diminuiscono l’isolamento dato dalla convinzione errata di essere le sole a soffrire di simili disturbi.
I gruppi di autoaiuto permettono inoltre lo sviluppo di reti sociali di enorme utilità per il sostegno del soggetto.
Anche la psicoterapia individuale rappresenta un valido ausilio, in particolare se integrata dalla compilazione di un diario alimentare che permette al soggetto di comprendere le situazioni che maggiormente elicitano gli episodi di iperalimentazione (ad es. prima di un esame, di un’interrogazione, dopo una litigio in famiglia o con l’eventuale partner).
3 LA RELAZIONE EDUCATIVA CON l’ALLIEVO DAP
Come il trattamento psicoterapeutico, anche la relazione educativa con ragazze anoressiche o bulimiche può presentare risvolti di estrema complessità, stante la particolare vulnerabilità dei soggetti a critiche, la fragilità dell’autostima e la convinzione più o meno cosciente che è possibile influire sulla realtà solo controllando il peso (Bryant-Waugh, Lask, 2004).
L’insegnante, deve inoltre tenere presente che l’adolescente vive come immutabile la situazione (Maiolo, 2004), e non la considera affatto un periodo transitorio (Andrà sempre peggio… Sarà sempre così….).
Uno degli interventi di sostegno più efficaci adottabili dall’insegnante concerne proprio la possibilità di riattivazione della speranza di un cambiamento positivo nell’allievo.
Una volta identificato il soggetto a rischio, l’insegnante può cercare di conquistare la sua fiducia, attraverso approcci assolutamente non intrusivi, che potrebbero confermare la sua diversità.
Lo spunto può partire, ad esempio, dalle frequenti difficoltà di apprendimento della ragazza, collegate non tanto a deficit intellettivi, quanto all’assorbimento del sistema cognitivo nelle dinamiche di diminuzione del peso corporeo.
In occasione di prestazioni deficitarie, l’insegnante può ad esempio affrontare il tema del disagio partendo proprio dalle difficoltà di apprendimento scolastico: Per svolgere correttamente un compito come questo, è necessario anche essere sereni. C’è forse qualcosa che ti preoccupa? Vuoi parlarne con me?
Utili anche i riferimenti a precedenti esperienze dell’insegnante, reali o simulate, che possono orientare l’allievo DAP verso la possibilità di un cambiamento (Sai, mi ricordi una ragazza che avevo in classe, anni fa… Era molto intelligente, ma attraversava un brutto periodo…Poi ha risolto la situazione, non ha più avuto problemi di insuccesso scolastico…).
E’ però necessario evitare riferimenti al peso corporeo dell’esempio riportato, reale o presunto, e stornare le inevitabili domande dell’allieva (Ma è dimagrita? Era bella? Mangiava poco?), riferendosi invece alle esperienze di apprendimento scolastico o a temi ancora più neutri..
L’insegnante, in altri termini, non deve offrire appigli alla convinzione di potere influire sulla realtà controllando il peso, indicando modalità alternative di risoluzione della situazione (impegno più calibrato, maggiore vita sociale, partecipazione all’organizzazione di eventi sociali o di gite in classe). L’obiettivo di tali interventi è il decentramento dell’allievo dall’eccessivo investimento sul controllo del peso (Cuzzolaro, 2004).
Non si tratta ovviamente di fornire un supporto psicoterapeutico all’allievo, compito che viene demandato ad altri specialisti.
E’ invece necessario fornire un ambiente protettivo ed accogliente (Marinelli, 2005) che possa eventualmente raccordarsi con altre forme di trattamento eventualmente già implementate sul soggetto (psicoterapia individuale, trattamento psicoeducativo, psicofarmacologico, partecipazione a gruppi di auto-mutuo aiuto).
- DISCUSSIONE
Nella fase di discussione sono emersi temi concernenti la peculiarità della relazione educativa con i ragazzi DAP.
Alcuni insegnanti hanno ad esempio riferito le loro esperienze personali nell’interazione con questi soggetti, confermandone alcune caratteristiche personologiche: vulnerabilità alle domande critiche poste dai coetanei, estrema suscettibilità alle situazioni di insuccesso, comportamenti di ritiro sociale, tratti depressivi. Sono comparsi anche riferimenti all’atteggiamento assente di alcune allieve a rischio DAP.
Un’insegnante ha ricordato l’episodio di un’allieva con comportamenti DAP che aveva reagito con visibile alterazione ad una domanda rivolta in tono benevolo (Ti vedo bene… Sei ingrassata?)
E’ sempre necessaria una notevole esperienza nella relazione con l’allievo DAP: comportamenti neutri o benevoli da parte dell’insegnante o dei coetanei, come quello illustrato, possono essere interpretati dalla ragazza come feedback negativi sul proprio tentativo di controllo del peso.
Deve sempre essere ricordato che tale processo assume sempre una rilevanza centrale nei Disturbi Alimentari Psicogeni.
Tra gli specialisti (Gordon, 2002) si giunge addirittura a sconsigliare l’uso di programmi di prevenzione tesi ad illustrare le caratteristiche del disturbo, perché essi possono suggerire ai soggetti predisposti, proprio i comportamenti che vorrebbero eliminare (es. vomito autoindotto, uso di lassativi, nutrirsi di cappuccini, fumare).
Risultano più efficaci, in questa prospettiva, interventi di prevenzione basati sulla promozione della salute (Cuzzolaro, 2004):
- Migliorare la comunicazione scolastica e familiare;
- Facilitare l’accesso i servizi di consultazione e di cura,
- Sviluppare la capacità di resistenza alle situazioni difficili tramite l’insegnamento di abilità per il fronteggiamento dello stress (coping skills).
Ulteriori perplessità sono state espresse da un altro insegnante sui comportamenti di eccessivo investimento sul peso corporeo che ha avuto occasione di osservare nella gestione di una squadra femminile di pallavolo.
Anche in questo caso è possibile fare riferimento ai modelli di fitness e di magrezza esaltati dai media, che propongono standard atletici e scultorei associati alla capacità di fornire prestazioni straordinarie non solo nell’ambito dell’apprendimento scolastico, ma anche in quello agonistico. Soggetti predisposti ai comportamenti dello spettro DAP potrebbero trarre spunti per il controllo del peso corporeo partendo proprio da occasioni di un salutare coinvolgimento sportivo.
Anche in questo caso l’atteggiamento dell’insegnante dovrebbe essere quello di non attribuire eccessiva importanza alle prestazioni, evitando riferimenti al mantenimento del peso corporeo.
Un ultima considerazione avanzata da un’insegnante riguarda invece il problema della privacy nel coinvolgimento dei familiari e nell’eventuale esposizione dei vissuti dell’allievo.
Si ricorda ancora che tra i compiti dell’insegnante e compreso quello di favorire l’integrazione scolastica: le eventuali informazioni raccolte devono essere utilizzate solo per lo sviluppo di un ambiente accogliente e protettivo e possono fornire lo spunto per eventuali segnalazioni dei soggetti a rischio. Esse devono essere utilizzate solo in funzione di questo scopo, e non dovrebbero essere comunicate a terzi ovvero utilizzate per altri fini.
Dalle considerazioni illustrate emerge ancora una volta la complessità e la delicatezza della relazione educativa che si instaura con soggetti che presentano Disturbi dell’Alimentazione.
Per questo motivo i progetti di sensibilizzazione al disagio adolescenziale specificamente rivolti agli insegnanti delle scuole secondarie, non possono che essere considerati estremamente auspicabili.
La diffusione di conoscenze sulle principali psicopatologie adolescenziali, come ad esempio quelle veicolate dal presente progetto realizzato dall’IRRE, rappresenta già un avanzato modello di prevenzione del disagio e di promozione della salute nella popolazione scolastica.
Per questo motivo non possiamo che auspicare il coinvolgimento esponenziale degli insegnanti nell’evoluzione di simili progetti.
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
DISTURBI ALIMENTARI
- Bryant-Waugh, R., Lask, B. Disturbi alimentari. Guida per genitori ed insegnanti. Trento, Erickson, 2004.
- Cuzzolaro, M., Anoressia e Bulimia. Il Mulino, Bologna, 2004.
- Gordon, R. A. Anoressia e Bulimia. Anatomia di un’epidemia sociale. Cortina, Milano, 2002.
- Marinelli, S. Il gruppo e l’anoressia. Cortina, Milano, 2005.
- Selvini Palazzoli, M., Cirillo, S., Sorrentino, A. Giochi psicotici nella famiglia. Cortina, Milano, 2003.
- Selvini Palazzoli, M., Cirillo, S., Sorrentino A., Ragazze anoressiche e bulimiche. La terapia familiare. Cortina, Milano, 2001.
Psicologia scolastica e ADOLESCENZA
- Boffo, V. Per una comunicazione empatica. La conversazione nella formazione familiare. ETS, Pisa, 2005.
- Maiolo, G. Adolescenze spinose. Come comunicare senza farsi (e fare) male. Trento, Erickson, 2004.
- Mariani, U. Educazione alla salute nella scuola. Trento, Erickson, 2002.
Lezione di Laboratorio 20 ottobre 2005
Fonte: http://www.irre.toscana.it/disagio/laboratori/3_fontani.doc
Autore: (Saverio Fontani)
Anoressia e bulimia nervosa sintomi e ricerca
ANORESSIA E BULIMIA
L’anoressia e la bulimia sono malattie che colpiscono soprattutto donne e single. L’anoressia colpisce il più delle volte se si è adolescenti ,con una difficoltà di riconoscersi nel proprio corpo .
La bulimia colpisce soprattutto femmine adulte che non conoscono il controllo ma la sconfitta.
Esistono disturbi dell'alimentazione transitori, che possono essere di diversa intensità e risolversi spontaneamente: possono manifestarsi come una diminuzione dell'appetito o come un aumento anormale dell'alimentazione.
In questi casi c'è un rapporto diretto tra cibo e qualche evento recente nella vita affettiva della persona.
Si può avere uno scarso appetito quando si ha subito una delusione amorosa. Si può avere un bisogno insaziabile di cibo nei momenti di tensione e di stress. Questi sono disturbi alimentari transitori, nei quali nel rapporto con il cibo si esprime una sofferenza.
Nella società contemporanea il corpo deve essere magro ed efficiente. L'immagine sociale del corpo spinge a credere che per avere successo bisogna essere costantemente in forma. Si determina così una preoccupazione costante riguardo alla propria immagine.
In alcuni casi, la persona assimila la magrezza come il valore più importante e questo causa una restrizione del regime alimentare o comunque una difficoltà nei rapporti con il cibo. Si tratta di problemi che possono essere transitori oppure possono consolidarsi in relazione agli incontri "buoni" o "cattivi" che si fanno. Ad esempio un partner che inciti alla magrezza può produrre l'effetto di consolidare l'adesione all'ideale del corpo magro.
Esistono disturbi dell'alimentazione che sono legati ad un progetto di dieta.
Nello sforzo di aderire a questo ideale uomini e donne si impegnano in progetti alimentari che servono per realizzare l'ideale, ben lontani dal perseguire la propria felicità. Il fallimento di questo progetto viene vissuto come fallimento della propria identità sociale. La depressione può essere allora l'effetto della constatazione della differenza tra il proprio corpo e l'ideale. Questo ideale è alla base della grande diffusione delle diete e delle attività sportive dedicate alla cura del corpo.
Le donne in particolare, sono più esposte alla sofferenza prodotta da questa tensione verso l'ideale sociale, in quanto il corpo magro è l'ideale della bellezza contemporanea.
Il corpo per essere desiderabile deve essere magro. Il confronto tra il proprio corpo con la sua fisionomia particolare, i suoi pregi e i suoi difetti e questo ideale sociale della bellezza è una delle cause di depressione nelle giovani donne.
Questi disturbi prendono il nome diAnoressia, quando il cibo viene evitato e Bulimia quando viene ingerito in maniera forzata.
Insieme vengono definiti disturbi psicogeni dell’ alimentazione.
Pensare l’ anoressia e la bulimia come malattie dell’ appetito,conduce inevitabilmente a cercare di curarle secondo questa prospettiva, in quanto malattie alimentari da curarsi con una terapia che riporti alla norma il rapporto con il cibo e con il corpo.
Una possibile cura di queste malattie è la psicoterapia, famigliare o individuale.
Nei Paesi Occidentali compresa l’ Italia, ogni 100 ragazzi in età di rischio (15-20 anni) 8-10 soffrono di qualche disturbo del comportamento alimentare: 1-2 nelle forme più serie, anoressia e bulimia.
I fattori culturali possono condizionare la modalità di presentazione del disturbo.Infatti, in alcune culture, la distorsione dell’ immagine corporea può non rappresentare l’ aspetto prevalente.
ANORESSIA
Il termine anoressia significa “perdita di appetito”.
L’ anoressia di solito inizia con una dieta per migliorare la propria immagine.
Comporta il rifiuto del cibo allo scopo di raggiungere un ideale magrezza impossibile: le persone anoressiche non si sentono mai magre abbastanza.
A volte arrivano a perdere 25% del peso corporeo originale.
Si può riscontrare anche la presenza di abbuffate e/o vomito auto-indotto oppure l’uso improprio per indicazione e quantità di lassativi e/o diuretici.
Il corpo, ridotto all’ osso, esprime una sofferenza interiore.
L’ anoressia colpisce duramente il corpo, lo attacca nelle sue funzioni vitali e può condurre a gravissime conseguenze fisiche, ad esempio: insufficienza renale, osteoporosi (decalcificazione delle ossa),alterazione corporale, perdita dei denti e dei capelli e a volte anche alla morte.
Le ragazze perdono le rotondità del seno, del sedere e delle cosce.
Perdono quelle caratteristiche fisiche che trasmettono morbidezza, accoglienza e sensualità alla persona.
Inoltre avviene l’ amenorrea, cioè assenza di ciclo mestruale da minimo 3 mesi.
Il cibo viene assunto in maniera saltuaria, preferibilmente in solitudine, dando la preferenza ad alimenti a basso contenuto calorico.
Più la fame cresce più cresce l’importanza di dominarla.
Le modelle,considerate come i corpi più belli del mondo, sono sotto peso e presentano un modello privo di sostanza fisica.
L’ anoressia è una difesa ben strutturata nei confronti di un dolore che non trova parole per esprimersi.
Spesso le ragazze e le bambine che soffrono di anoressia sono state correttamente accudite dal punto di vista pratico ma non hanno avuto lo spazio dove manifestare il loro dolore e il loro disagio che cresceva dentro fino a trasformarsi in un comportamento così drammaticamente autolesivo.
BULIMIA
La bulimia è un disturbo alimentare caratterizzato da un irrefrenabile bisogno di mangiare. Causa frequente di obesità, la bulimia si manifesta con ripetuti eccessi di fame che costringono il paziente a ingurgitare frettolosamente grandi quantità di cibo (la classica abbuffata), generalmente con l'impressione, durante tali episodi, di perdere il controllo della situazione, cioè di non riuscire a fermarsi e resistere al desiderio di mangiare. L'attacco di bulimia è normalmente seguito da sensi di colpa, frustrazione e agitazione. I meccanismi compensatori che seguono l'abbuffata sono costituiti generalmente da vomito auto provocato, ma possono esservi anche abuso di lassativi e di diuretici, digiuno forzato e attività fisica eccessiva. La malattia presenta molte analogie con l'anoressia, come ad esempio l'eccessiva preoccupazione del peso, la continua ricerca di approvazione per il proprio comportamento e aspetto fisico e l'idea ossessiva del cibo. L'alternanza di una notevole ingestione di cibo e dei meccanismi compensatori è la reazione per lo più a problemi emozionali, ovvero alla scarsa capacità di gestire le emozioni sgradevoli. La sofferenza per l'alternanza di abbuffate e di sensi di colpa e privazioni distraggono l'attenzione dai problemi reali, rendendoli più sopportabili.
Generalmente la bulimia inizia con un tentativo di mettersi a dieta; in seguito i meccanismi compensatori messi in atto sono percepiti come una soluzione per il controllo del peso e via via si consolidano nel tempo fino a uscire completamente dal controllo del paziente.
Le principali conseguenze sulla salute dei soggetti che soffrono di bulimia sono i traumi all'apparato gastroenterico, squilibri ormonali che portano, nelle donne, ad amenorrea (mancanza del ciclo mestruale), fino allo squilibrio elettrolitico,cioè una grave carenza di potassio e sodio a causa dei meccanismi compensatori, che può portare ad aritmie cardiache e anche alla morte.
Come l'anoressia, anche la bulimia è un disordine alimentare che trae origine dalla storia familiare del soggetto, dai suoi problemi psicologici e anche da una possibile tendenza alla depressione.
La malattia può essere curata con l’ aiuto di un psicoterapeuta, o con una cura farmacologica che generalmente è a base di antidepressivi, in quanto spesso la bulimia è associata a depressione. Ma per chi preferisce la medicina naturale, può rivolgersi ai trattamenti complementari di naturopatia, con discreto successo.
Una perdona bulemica può essere sottopeso, normopeso o soprappeso.
Fonte: http://depositocompiti.altervista.org/files/anoressia_e_bulimia.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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