Droga effetti sul cervello
Droga effetti sul cervello
Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
Droghe effetti sul cervello
LA DROGA E I SUOI EFFETTI SUL CERVELLO
Nelle droghe l’uomo ha sempre cercato l’evasione dalla quotidianità, la fuga dai disagi e dal male, la sensazione di potenza, l’ampliamento dei confini della coscienza e della percezione, le chiavi per raggiungere l’estasi mistica ed aprire le porte della vera esperienza del sacro. Al di là delle ragioni culturali relative alla storia e alle diverse civiltà, l’attrazione dell’uomo verso l’uso delle droghe dipende tuttavia da basi biologiche precise. Le droghe, infatti, sono in grado di attivare i processi del cervello che sono alla base delle diverse condizioni psicologiche che gli uomini giudicano desiderabili e positive.
Ogni droga, però, agisce su sistemi cerebrali specifici, produce effetti, complicazioni mediche ed è associata a valori socio-culturali caratteristici. Su tale specificità si fonda la classificazione delle droghe: gli oppioidi, gli stimolanti come la cocaina e le amfetamine, l’ecstasy per la nuova classe di sostanze empatogene (che producono emozioni), i derivati della canapa indiana, gli allucinogeni come l’LSD e la mescalina.
Ogni funzione mentale dipende dal nostro cervello, dalla memoria alla percezione, ai vari aspetti delle emozioni. Il nostro cervello si prende carico di una serie di funzioni che sono importanti per regolare l’adattamento del nostro organismo con l’ambiente, interno o esterno che sia, quindi è il cervello che pensa alla omeostàsi, cioè a questo equilibrio fra i vari stati dell’organismo ed è il nostro comportamento che può contribuire anche a questa omeostàsi.
Le funzioni del cervello sono realizzate dall’azione coordinata di circa 100 miliardi di neuroni, cellule specializzate nella trasmissione e nella elaborazione di informazioni.
I neuroni sono dotati di fibre specializzate per la trasmissione di segnali di tipo elettrico; lungo i dendriti viaggiano gli stimoli provenienti da altri neuroni verso il corpo cellulare, mentre gli assoni trasportano gli impulsi in uscita dalla cellula.
Il neurone funziona come un vero e proprio micro calcolatore impegnato continuamente ad elaborare i segnali eccitatori o inibitori in entrata per bloccare o rilanciare il segnale nervoso verso le altre cellule. Elemento fondamentale di questo processo è la sinapsi, una piccolissima separazione fra due neuroni contigui dove il segnale elettrico viene tradotto in informazione chimica. Si stima che ognuno dei 100 miliardi di neuroni sia contattato mediamente da cinquanta a centomila sinapsi, quindi un numero straordinariamente elevato che spiega le eccezionali prestazioni di cui è dotato il cervello.
Il segnale elettrico che giunge alla terminazione nervosa provoca nella sinapsi la liberazione di particolari sostanze contenute nelle vescicole: i neurotrasmettitori. I neurotrasmettitori si legano ai recettori, strutture molecolari presenti sulla membrana dei neuroni in contatto sinaptico determinando il blocco o la rigenerazione dell’impulso nervoso. Esaurita questa azione il neurotrasmettitore viene distrutto da enzimi specifici o ricatturato dal neurone che lo aveva rilasciato. La sinapsi è così pronta per un nuovo processo di trasmissione.
Nel sistema nervoso esistono molti tipi di neurotrasmettitori, per ogni mediatore chimico è presente un relativo recettore in grado di riconoscerne in modo specifico la struttura tridimensionale come fa una serratura con una chiave.
Nel nostro cervello ci sono miliardi di neuroni; questi neuroni hanno dei recettori per diversi neurotrasmettitori. Ogni neurotrasmettitore svolge una sua funzione che può essere alla base di un diverso stato mentale, di un diverso evento psicologico.
La ricerca sulle droghe da parte degli uomini dipende, in ultima analisi, dal fatto che queste sostanze agiscono sui recettori su cui agiscono i neurotrasmettitori e spesso le droghe alterano l’azione dei neurotrasmettitori alterando i nostri stati psicologici.
OPPIOIDI
Con il termine oppioidi si indicano i derivati dell’oppio, il succo condensato del papavero sonnifero. La morfina e l’eroina sono gli oppioidi più noti. Nel 1805 veniva isolato il principio attivo dell’oppio: la morfina. Cento volte più potente dell’oppio la morfina si diffondeva velocemente in tutti i ceti sociali. Nel 1898 veniva lanciato sul mercato un farmaco per la tosse (codeina) e uno per la disintossicazione dei morfinomani: l’eroina.
Una pronunciata affinità chimica permette agli oppioidi di agire sui recettori per le endorfine, una classe importante di neurotrasmettitori che regolano le funzioni dei sistemi cerebrali delle emozioni, del piacere e i meccanismi delle strutture encefaliche deputate al controllo del dolore e della respirazione.
Come per le endorfine, l’azione degli oppiodi è inibente, deprime cioè l’attività dei centri e delle vie nervose con cui interagisce. Gli oppioidi diminuiscono la percezione del dolore, ma soprattutto diminuiscono la risposta affettiva allo stimolo doloroso, io sento il dolore ma ne soffro di meno, lo vivo quasi con distacco. Inoltre producono l’opposto, danno euforia, uno stato di benessere. Sin dalle prime esposizioni agli oppioidi il cervello pone in atto reazioni adattative tese a mantenere in equilibrio le funzioni cellulari. Diminuisce il numero di recettori presenti sulla membrana cellulare, mentre aumenta la capacità di certi enzimi di eliminare le molecole di oppioidi. Tali adattamenti sono alla base della tolleranza per cui chi assume oppioidi sarà costretto ad aumentare progressivamente le dosi per ottenere lo stesso effetto.
La sintesi naturale di endorfine da parte del cervello viene soppressa in quanto le funzioni svolte da questi neurotrasmettitori sono assunte dagli oppioidi introdotti nell’organismo.
L’uso cronico degli oppioidi finisce per privare il cervello delle sostanze che esso stesso produce per far fronte al dolore e all’ansia.
Altri sistemi neuronali e fisiologici vengono attivati per produrre una risposta compensatoria capace di contrastare l’azione deprimente degli oppioidi sul sistema nervoso.
Queste reazioni costituiscono la base biologica della dipendenza: la necessità di assumere sempre più droga per mantenere il nuovo equilibrio funzionale che si manifesta drammaticamente nella sindrome di astinenza quando esplode l’attività nei sistemi neuronali compensatori liberati dal freno della droga.
La conseguenza più grave e pericolosa dell’uso degli oppioidi è l’overdose, la sindrome dell’iperdosaggio. L’overdose può bloccare le funzioni dei centri respiratori e cardiovascolari del tronco cerebrale e portare alla morte per insufficienza respiratoria o all’edema cerebrale.
L’uso degli oppioidi altera anche le attività del sistema ormonale, soprattutto i meccanismi che regolano le funzioni sessuali. La pericolosità degli oppiodi aumenta enormemente nelle dosi spacciate in strada: le complicazioni mediche indotte dall’uso degli oppioidi infatti dipendono, in taluni casi, dalla tossicità e dalla contaminazione delle sostanze da taglio.
COCAINA
La cocaina deriva dalla pianta della coca. Ha una potente funzione simpatico-mimetica, cioè riproduce le funzioni del sistema nervoso simpatico: aumenta la contrattilità del cuore, la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa. È un potente stimolante del sistema nervoso centrale: abolisce il sonno, la fame, la sete, dà un senso di euforia e un certo senso di forza e di energia.
Nel 1860 fu usato come farmaco per curare la depressione, l’asma, l’obesità, per disintossicare gli alcolisti e i morfinomani.
La cocaina agisce sulle vie e sui centri nervosi del cervello che usano la dopamina come neurotrasmettitore, impedendo il riassorbimento di questa da parte delle terminazioni nervose. La dopamina è al centro dei sistemi di rinforzo del nostro cervello, produce cioè delle gratificazioni che sono associate ad una serie di funzioni cerebrali; mangiare, bere, la sessualità, l’azione di alcune droghe dipendono in ultima analisi dal fatto che viene liberata della dopamina. La dopamina inoltre è al centro di una serie di alterazioni del sistema nervoso e del comportamento, ad esempio è implicata nella schizofrenia, nelle sindromi maniacali e per alcuni versi anche nella depressione.
Il blocco del riassorbimento della dopamina operato dalla cocaina determina un aumento della disponibilità del mediatore chimico a livello sinaptico e un incremento della trasmissione dopaminergica e ciò si traduce negli effetti psicostimolanti e gratificanti prodotti da tale sostanza.
L’attivazione ripetuta della trasmissione e il blocco del riassorbimento dei neuroni dopaminergici che si riscontrano nell’uso cronico di cocaina, determinano però nel cervello un forte deficit di dopamina e conseguentemente la grave depressione psicofisica e l’anedonia (l’incapacità di provare piacere, che si osserva nei cocainomani in astinenza). I sintomi della sindrome di astinenza sembrano tuttavia dovuti anche all’azione compensatoria di altri sistemi neuronali impegnati ad inibire le funzioni cerebrali per ottenere gli effetti stimolanti della cocaina. Per questa ragione l’attività del cervello dei cocainomani in astinenza risulta gravemente ridotta.
L’azione della cocaina produce fenomeni di sensibilizzazione o tolleranza inversa per cui, al contrario degli oppioidi, alcuni degli effetti aumentano col progredire dell’intossicazione cronica. È il caso dei disturbi psichiatrici che vanno dalla semplice ipervigilanza allo sviluppo di forme maniacali, sino all’insorgenza di idee deliranti e di psicosi paranoiche e ad alterazioni del comportamento motorio che partono dall’iperattività alla comparsa di tic e movimenti stereotipati. L’uso di cocaina può causare infine aritmie cardiache, infarto del cuore e del cervello, convulsioni, tremori.
AMFETAMINE
Le amfetamine sono sostanze di sintesi dagli effetti stimolanti quasi identici a quelli della cocaina.
La seconda guerra mondiale portava ad una eccezionale escalation sociale dell’uso delle amfetamine, alla scoperta delle loro capacità di indurre dipendenza e delle complicazioni psichiatriche legate al loro abuso. Soprattutto negli eserciti tedeschi, giapponesi ed americani tali sostanze venivano largamente distribuite ai soldati per aumentarne l’efficienza e sostenerne il morale.
I sistemi neuronali e quindi i centri e le vie cerebrali interessati dall’azione di tali sostanze sono gli stessi su cui agisce la cocaina. Le amfetamine sono in grado di penetrare nei neuroni dopaminergici ed indurre il rilascio del neurotrasmettitore potenziando cosí la trasmissione mediata dalla dopamina.
Le amfetamine inoltre imitano la struttura chimica e quindi le funzioni della noradrenalina, neurotrasmettitore fondamentale nella risposta allo stress e capace di incrementare l’attività cerebrale e del sistema nervoso simpatico.
Anche le amfetamine producono il fenomeno della tolleranza inversa e le complicazioni legate all’uso sono sostanzialmente le stesse di quelle che insorgono con l’uso di cocaina.
ECSTASY
L’MDMA (Metilene Diossi Meta Amfetamine), comunemente conosciuta come ecstasy, è un parente chimico delle amfetamine e rappresenta la più diffusa tra le droghe di sintesi, contraddistinte dalla facilità e dalla economicità di produzione e quindi dal basso prezzo allo spaccio, caratteristiche che stanno tributando a queste sostanze un preoccupante successo fra i giovani. L’ecstasy unisce al classico effetto delle amfetamine un effetto che potremmo definire simpatogeno: chi assume ecstasy sente maggiore simpatia per sé e per gli altri, si sente euforico, affabile, spensierato.
L’MDMA è stata brevettata nel 1912 come farmaco anoressizzante. Alla metà degli anni 70 un numero sempre maggiore di psichiatri statunitensi cominciava ad utilizzare l’MDMA nelle sedute analitiche. Essi trovavano che l’MDMA facilitava la comunicazione, l’empatia tra paziente e terapeuta, l’introspezione e la riduzione dell’ansia e vollero chiamarla ADAM (Adamo). Lentamente, però, l’MDMA veniva attratta nei meccanismi della cinica economia delle sostanze ad uso voluttuario e riformulata culturalmente come testimonia il nuovo battesimo ad esso imposto verso la metà degli anni 80: ecstasy (estasi), un nome certamente più adatto ad una sostanza utile all’evasione, al divertimento e alla soddisfazione dei sensi.
L’ecstasy agisce sulla trasmissione mediata dalla serotonina, un neurotrasmettitore implicato nel controllo della temperatura corporea, nella coordinazione delle attività intestinali e nella regolazione del sonno e del sogno. La serotonina possiede anche una importante funzione nella modulazione del tono dell’umore dato che il deficit e le alterazioni della trasmissione nervosa regolate da questo mediatore sembrano costituire la base biologica di alcune sindromi psichiatriche, come la depressione e la schizofrenia.
L’ecstasy induce la liberazione di serotonina da parte dei neuroni che usano questo mediatore chimico, potenziando in tal modo in essi i processi della neurotrasmissione.
L’attivazione della trasmissione serotoninergica prodotta dall’ecstasy tuttavia provoca la riduzione della sintesi della serotonina da parte dei neuroni.
Il deficit di serotonina che si instaura a seguito dell’assunzione di ecstasy, è considerato responsabile della depressione che a volte segue l’effetto stimolante dell’ecstasy. l’intossicazione acuta di ecstasy, talora mortale, si manifesta con gli stessi sintomi del colpo di calore ed è causata dall'iperattivazione dei neuroni serotoninergici preposti al controllo della temperatura.
Gli effetti stimolanti dell’ecstasy, con l’apparente aumento delle prestazioni psicofisiche, pregiudicano le capacità di stimare i rischi connessi a determinati comportamenti come la guida veloce. Inoltre, il grave affaticamento che interviene in chi usa ecstasy come droga da discoteca, facilita il sopravvenire del colpo di sonno durante il viaggio di ritorno a casa.
L’epidemia da abuso di ecstasy tra i giovani trova purtroppo puntuale riscontro nell’andamento crescente del dato di positività agli amfetaminici nelle vittime degli incidenti stradali del sabato sera.
CANAPA INDIANA
Dalla canapa indiana si ottengono l’hashish e la marijuana. La marijuana è una miscela di foglie, fiori, steli, mentre l’hashish è la resina estratta del polline.
Fumare marijuana produce una sensazione di euforia, ci si sente più intelligenti, più brillanti, più profondi. Tuttavia, in realtà, i processi cognitivi sono alterati: si impara meno bene, si ricorda meno bene. Delle dosi sufficientemente alte possono produrre dispercezioni e allucinazioni e inoltre ci sono delle alterazioni nei movimenti fini.
Importato dal Medio Oriente dalle truppe napoleoniche, l’uso della canapa si diffuse rapidamente all’inizio dell’800 nella società francese nei circoli dei fumatori di hashish, dove si ritrovavano alcuni dei maggiori artisti e intellettuali dell’epoca.
Il principio attivo della canapa indiana è il tetraidrocannabinolo che agisce su vari recettori sparsi nei vari siti cerebrali: dalla corteccia cerebrale all’ippocampo, all’ipotalamo, al cervelletto. Il cervelletto e i gangli delle base sono coinvolti in una serie di comportamenti motori, mentre l’ippocampo è al centro dei comportamenti spaziali, delle memorie spaziali e, più in generale, della memoria dell’apprendimento.
Le alterazioni delle funzioni dell’ippocampo spiega pertanto perché i forti consumatori di canapa indiana presentino punteggi inferiori nei test di apprendimento e di memorizzazione. L’uso della canapa, infine, sembra alterare le funzioni del sistema endocrino, mentre rimangono controversi i dati sulla sua azione immunodepressiva.
ALLUCINOGENI
Gli allucinogeni sono una classe piuttosto vasta ed eterogenea di sostanze psicotrope suddivisibili da un punto di vista chimico in due grandi gruppi rappresentati rispettivamente dall’LSD e dalla Mescalina. L’LSD è un derivato dall’acido lisergico che si estrae dalla Claviceps purpurea, fungo parassita della segale cornuta, mentre la mescalina è il principio psicoattivo del cactus peyote.
Gli allucinogeni sono anche definiti psicotomimetici in quanto il loro effetto imita certi stati psicotici con allucinazioni, spersonalizzazioni, visioni mistiche, disintegrazione degli schemi spazio-temporali, sensazione di separazione dal corpo e sinestesie , cioè una sovrapposizione delle modalità percettive.
I meccanismi d’azione degli allucinogeni non sono ancora completamente chiari, ma appare evidente il coinvolgimento del sistema neuronale della serotonina. Gli allucinogeni inibiscono la trasmissione serotoninergica realizzando artificialmente la condizione cerebrale regolata dalla serotonina, che determina normalmente le manifestazioni allucinatorie dei sogni.
Il blocco della trasmissione serotoninergica, inoltre, causa la disinibizione dell’attività del Locus Ceruleus, un centro profondo del cervello che ammassa ed integra le informazioni che provengono dai sensi. Le fibre noradrenalinergiche che partono dal locus ceruleus, eccitate dall’assunzione di allucinogeni, potrebbero indurre una iperattivazione della corteccia cerebrale e determinare un livello di vigilanza così potenziato da dare la tipica sensazione psichedelica di trascendenza e annullamento dell’io.
Le maggiori complicanze mediche connesse all’uso degli allucinogeni sono di carattere psichiatrico; tali sostanze facilitano, infatti, l’instaurarsi di comportamenti paranoici e di sindromi psicotiche latenti.
Le droghe agiscono sulle funzioni di molecole prodotte dal cervello, su meccanismi dai quali dipende il corretto andamento di ogni processo biologico che sono alla base di tutti i fenomeni psicologici. Ma l’azione su tali meccanismi inevitabilmente provoca la loro alterazione, il loro blocco, compromettendo così la possibilità di esprimere al meglio la nostra vera identità, di sperimentare e realizzare le straordinarie potenzialità legate alla salute del nostro corpo, al corretto funzionamento del nostro cervello.
Composto di anfi da una parte all’altra, intorno, attorno, e amina , o ammina che è composto organico che deriva dall’ammoniaca.
Farmaco che attenua la sensazione di appetito, mediante un’azione sul sistema nervoso centrale, stimolando il centro della sazietà o inibendo quello della fame.
Fonte: http://itisravenna.dyndns.org/didonline/doc/Meccanica/5ame/Educazione_Fisica/Lezione/REGGIANI_SANDRA/LA_DROGA_E_I_SUOI_EFFETTI_SUL_CERVELLO.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Parola chiave google : Droga effetti sul cervello tipo file : doc
Droga effetti sul cervello
Visita la nostra pagina principale
Droga effetti sul cervello
Termini d' uso e privacy