Calvizie comune alopecia androgenetica

 

 

 

Calvizie comune alopecia androgenetica

 

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Calvizie comune alopecia androgenetica

 

GENERALITA' SULL'ALOPECIA ANDROGENETICA

La "Calvizie Comune" fra ereditarietà e difetto enzimatico
(prospettive terapeutiche)

La patogenesi dell'alopecia androgenetica è ancora in gran parte sconosciuta ma è ormai accettato che sia dovuta ad un messaggio genetico che per realizzarsi ha bisogno di ormoni steroidi maschili. Il genotipo (calvo) diventa cioè fenotipo (e la calvizie si manifesta clinicamente) solo in presenza di androgeni. Numerosi studi, da Hamilton in poi, hanno confermato che in assenza di androgeni la calvizie non si manifesta, per questo motivo è detta "androgenetica".
I livelli ormonali necessari a provocare la calvizie sono quelli normali del maschio adulto sano. Nei maschi calvi non è esiste alcuna alterazione degli androgeni ed i valori ormonali sono identici a quelli dei soggetti non calvi. Solo nelle donne calve si può talvolta riscontrare un eccesso, per il sesso, di ormoni maschili. Maschi, precocemente castrati, non vanno incontro a calvizie (Hamilton).
Le ricerche sulla ereditarietà  della calvizie sono rese difficili dal fatto che il gene responsabile sembra avere una penetranza estremamente variabile. Se in un albero genealogico è infatti facile definire calvo chi ha una vera calvizie a corona, assai più difficile risulta inquadrare chi presenta solo un lieve diradamento. Comunque, anche la sola esperienza di ogni giorno, ci fa vedere che molti alberi genealogici presentano una successione di individui calvi, e che il figlio di un calvo ha molte probabilità di diventare calvo:  ciò prova che la calvizie è ereditaria .
Per quanto le modalità di trasmissione del "carattere calvizie" non siano ancora ben definite e non sia ancora chiaro se tale carattere sia l'espressione di una sola coppia di geni o di un mosaico, possiamo provvisoriamente ancora accettare un modello secondo il quale un singolo paio di geni autosomici  (CC) controlla il carattere  calvizie nel seguente modo:

 

genotipo                                  fenotipo M                               fenotipo F
CC                                           calvo                                       calva
Cc                                            calvo                                       non calva
cc                                            non calvo                                 non calva

 

Gli uomini (M) omozigoti o eterozigoti per il gene autosomico C perderanno pertanto i capelli; le donne (F) invece perderanno i capelli solo se omozigoti CC. Il gene C si comporta quindi come dominante nel maschio e come recessivo nella donna. Possiamo pertanto ipotizzare che il gene C manifesti il suo effetto solo in presenza degli ormoni androgeni; gli eunuchi ben raramente diventeranno calvi, mentre donne portatrici di tumori ormonosecernenti possono sviluppare un androgenismo e diventare calve anche in pochi mesi.
Nel mondo animale sono ben conosciuti molti modelli genetici analoghi: un esempio è quello delle corna della pecora che crescono solo in presenza di ormoni maschili.

Dal punto di vista pratico ad un giovane che lamenta una caduta di capelli e teme per una futura calvizie (ma che non presenta ancora una obbiettiva ipotrichia) chiederemo notizie sullo stato dei capelli del padre e degli zii e del nonno materno. Ci impegneremo in una vera terapia solo nel caso che risulti all'anamnesi una ereditarietà per calvizie. Un tricogramma ed un esame microscopico dei capelli caduti ci daranno ulteriori informazioni prognostiche. Se non risulterà esserci una ereditarietà per calvizie e se gli esami che abbiamo ricordato risulteranno normali, il nostro giovane paziente dovrà accontentarsi di un sano placebo.

Mentre la differenziazione dei peli in terminali o vellus, la sintesi di cheratina e la moltiplicazione delle cellule della matrice del capello sono tonicamente sotto il controllo e l'interazione di due fattori di crescita, uno stimolante (HrGF) ed uno inibente (TGF beta), il ciclo anagen-catagen-telogen è controllato dagli steroidi sessuali e dal metabolismo del glucosio, gli ormoni steroidi, androgeni ed estrogeni permettono cioè che il genotipo diventi fenotipo.

Conviene ancora brevemente e semplicemente ricordare quelli che sono i meccanismi di regolazione della vita ciclica del capello, rimandando al capitolo "FISIOPATOLOGIA ENDOCRINO-METABOLICA DEL CAPELLO E DEL PELO":

Esistono tre vie di controllo della crescita del pelo, una steroidea, l'altra metabolica e la terza autocrino-paracrina.

CONTROLLO STEROIDEO: qualsiasi sia l'ormone androgeno iniziale (la "famiglia" è molto numerosa a seconda della provenienza, ovarica, testicolare, corticosurrenalica etc.) il risultato finale, sia nel maschio che nella femmina, è la formazione di testosterone che, dal sangue, passa poi all'interno della cellula germinativa del capello (tricocheratinocita).  Un enzima, 5 alfa reduttasi, lo trasforma in diidrotestosterone (DHT), ormone realmente attivo che, all'interno del citoplasma della cellula, si lega ad un recettore citosolico, viene in qualche modo attivato e penetra con esso nel nucleo; a questo livello il messaggio ormonale, se trova il recettore specifico sul DNA (acido desossiribonucleico, cioè il codice genetico della cellula), viene decodificato e, tramite la formazione di un mRNA (acido ribonucleico messaggero), trascritto secondo il messaggio del DNA stesso, determina inibizione delle sintesi proteiche delle cellule germinative dei capelli in alcune aree del cuoio capelluto. Altre sedi, margini laterali e posteriori  del cuoio capelluto, non diventano quasi mai calve appunto perché non sensibili a questo ormone. La trasformazione del pelo lanuginoso in pelo terminale all'epoca della pubertà è attribuibile ad un aumento degli androgeni circolanti ed allo specifico metabolismo del diidrotestosterone  a livello dei follicoli piliferi. Il DHT può ancora essere 3 alfa ridotto a 3-alfa androstandiolo che, a sua volta captato da uno specifico recettore e penetrato nel nucleo provoca dopo trascrizione nucleare l'attivazione secretoria della ghiandola sebacea (seborrea). In molti giovani, queste trasformazioni fisiologiche potranno portare ad acne, irsutismo, seborrea, defluvio androgenetico etc.
L'attività 5 alfa reduttasica del cuoio capelluto affetto da calvizie è più elevata per cui si potrà avere accumulo di diidrotestosterone anche in assenza di incremento ormonale  nel sangue (dove si ritrova anche il suo metabolita 3 alfa ridotto, 3-alfa androstandiolo, precedentemente menzionato).

 

CONTROLLO METABOLICO: interessa le sintesi proteiche indispensabili per la produzione dell'energia necessaria alla "costruzione" del capello e alla riproduzione delle cellule germinative. Questo meccanismo funziona utilizzando uno zucchero, il glucosio, la cui demolizione, attraverso i meccanismi di glicolisi, shunt dei pentosofosfati e ciclo di Krebs, porta alla formazione di varie molecole di ATP (adenosintrifosfato), cioè di energia. Per utilizzare il glucosio occorre l'intervento di una proteina-chinasi che può essere attivata direttamente (da un fattore di crescita che provvisoriamente abbiamo denominato hair growth factor, HGF, forse dall'ormone somatotropo e forse anche dal minoxidil che mimerebbe l'effetto dell'HGF) o indirettamente attraverso uno specifico recettore che, posto sulla membrana esterna della cellula germinativa, ricevuto lo stimolo (estrone, tiroxina, istamina, catecolamine beta 1 adrenergiche...), in presenza di prostaglandine (PGE2), attiva un enzima, l'adenilciclasi, che trasforma l'ATP in AMPc (adenosinmonofosfato-ciclico) responsabile appunto dell'attivazione stessa (la reazione necessita dello ione magnesio). La proteina-chinasi attiva, attraverso un  meccanismo a cascata di vari sistemi enzimatici (la reazione necessita dello ione calcio), avvia infine la glicolisi. L'enzima adenilciclasi è attivato dall'estrone e può venire inibito dal diidrotestosterone e dalle catecolamine alfa adrenergiche (che aumentano ad esempio nello stress con conseguente caduta dei capelli).

 

 

CONTROLLO AUTOCRINO-PARACRINO
La moltiplicazione delle cellule della matrice del capello è attivata da  un ormone ad azione locale, un fattore di crescita (Hair Grow Factor), che esse stesse producono e di un ormone inibitorio prodotto dalla papilla dermica ed individuabile nel Trasforming Grow Factor beta.
L'interazione fra HrGF e TGF beta modula la durata dell'anagen, determina la dimensione del pelo e la sua profondità nel derma.


Ad ogni catagen la matrice del capello degenera e la papilla dermica si deconnette dal bulbo. Una colonna sacciforme di cellule epiteliali circondate da quello che resta della guaina epiteliale esterna rimane dapprima a collegare il bulbo con la papilla, poi questo sacco si stacca dalla papilla e risale fino a livello dell'istmo, prende contatto con la zona protuberante ed in qualche modo attiva la produzione di HrGF delle cellule germinative del bulge. I cheratinociti staminali presenti nel bulge entrano in rapidissima moltiplicazione, migrano di nuovo verso il basso, ricolonizzano la matrice e riprendono contatto con la papilla dermica che ne controlla la molteplicazione e blocca lo sconfinamento nel derma mediante l'azione del TGF beta. Così inizia il nuovo anagen. La produzione di HrGF da parte delle cellule del bulge è verosimilmente attivata dall'estrone abbondantemente prodotto dal metabolismo del follicolo dalla fine dell'anagen. Nel caso del prevalere parziale del calone inibitorio sul fattore di crescita si avrà ad ogni ciclo pilare un capello sempre meno profondo, sempre più sottile, ad anagen sempre più breve e sempre più vellus.

Da queste poche conoscenze essenziali nascono le possibilità attuali di terapia topica "endocrina" della calvizie che brevemente riassumiamo:

possibilità di inibire la 5 alfa riduzione mediante l'applicazione topica di progesterone naturale o di suoi derivati 17 idrossilati.


Dai dati disponibili in letteratura si ricava che dopo applicazione percutanea circa il 10% del progesterone somministato supera lo strato cutaneo, si concentra nei tessuti epidermici, dermici e ghiandolari e viene per la massima parte inattivato impegnando la 5 a reduttasi in competizione con il testosterone.

possibilità di inibire la 5 alfa riduzione mediante l' applicazione topica di acido azelaico.
L'effetto sulla 5 alfa riduzione non è diretto (come nel caso del progesterone) ma è la conseguenza della inibizione della NADP reduttasi con blocco della produzione di NADPH. Questo blocco devia il destino metabolico del testosterone verso l'ossidazione ad androstenedione ed estrone.

possibilità di inibire la coniugazione del diidrotestosterone con il suo recettore citosolico mediante l'applicazione topica di ciproterone acetato. Il ciproterone si lega al recettore citosolico del diidrotestosterone con più affinità dell'androgeno diminuendone la disponibilità;  questo non pare sia di grande utilità nella terapia dell'acne perché, come ormai noto, la secrezione ghiandolare è controllata dall'androstandiolo (nella terapia dell'acne le applicazioni di ciproterone potrebbero essere utili per ridurre l'ipertrofia ghiandolare che è controllata dal diidrotestosterone, ma i dati in letteratura sono veramente scarsi); il diidrotestosterone è certamente uno dei fattori più importanti per la calvizie comune.

possibilità di inibire la coniugazione dell'androstandiolo e del diidrotestosterone con i loro recettori specifici mediante l' applicazione topica di spironolattone.
Questo progestinico lattonico esplica la sua attivita antiormonale legandosi ai recettori di diversi steroidi, fra questi certamente l'aldosterone, il diidrotestosterone e l'androstandiolo. La sua attività come antiandrogeno topico si sta dimostrando di notevole utilità nella cura dell'acne mentre i suoi effetti nella terapia del defluvio androgenetico e della calvizie comune sono più modesti.

possibilità di allungare la durata dell'anagen, di attivare l'adenilciclasi e la produzine dei fattori di crescita che presiedono alla moltiplicazione cellulare (HrGF) a livello della matrice del capello mediante applicazione topica di estrone solfato. Steroide biologicamente inattivo ma convertibile in estrone dal follicolo pilosebaceo che possiede anche una solfatasi nel suo patrimonio enzimatico.

Possibilità di "mimare" l'azione dell'HrGF allungando così la durata dell'anagen ed impedendo l'involuzione del capello in pelo vellus con l'impiego del minoxidil.

 

Dunque la calvizie "androgenetica" è ereditaria, a carattere dominante con penetranza incompleta androgenodipendente!
Ma quello che si eredita è verosimilmente un difetto (o un "atteggiamento" ?) enzimatico a livello della matrice del pelo: un eccesso di attività di NADP reduttasi, un deficit di 17 beta steroido ossido-reduttasi, di 3 alfa idrossi steroido-deidrogenasi (3 alfa riduttasi) oppure di aromatasi possono provocare la calvizie maschile. Un deficit di 3 alfa steroido deidrogenasi o di aromatasi possono provocare la calvizie femminile.
Perché una zona del cuoio capelluto diventa calva e un'altra no, quel che cambia fra due zone corporee perché la medesima situazione ormonale androgena porti a caduta dei capelli o a crescita di peli, è il diverso atteggiamento enzimatico delle cellule del follicolo pilosebaceo che indirizza in modo diverso o addirittura contrario il metabolismo degli steroidi.
Un deficit enzimatico può venire parzialmente corretto somministrando gli steroidi a valle del blocco, ma anche così la via metabolica resa prevalente dalla carenza enzimatica rimane comunque preferenziale e non si corregge l'eccesso di produzione di diidrotestosterone ed androstandiolo se non inibendo anche la 5 alfa reduttasi e/o la NADP riduttasi.

 

Alterazioni microscopiche
Nel "defluvio androgenetico" le alterazioni cui vanno incontro i follicoli piliferi sono assai caratteristiche. All'inizio, in una primo stadio, si osserva una degenerazione basofila focale perivascolare nel terzo inferiore del tessuto connettivale della guaina dei follicoli in anagen apparentemente normali (nel 30% dei casi cellule giganti multinucleate circondano successivamente i frammenti dei capelli); successivamente, nel secondo stadio, i follicoli diventano progressivamente sempre più piccoli e di pari passo si accorcia la fase anagen, con conseguente aumento relativo di quella telogen (che rimane sempre costante a 90 giorni). Il tricogramma evidenzierà pertanto un aumento percentuale dei capelli telogen nelle aree che vanno incontro a calvizie rispetto alle altre, mentre l'esame microscopico dei capelli caduti con il lavaggio mostrerà un aumento percentuale dei "telogen prematuri" (che rappresentano capelli nei quali la fase anagen si è arrestata prematuramente). Microscopicamente sono sempre assenti anomalie strutturali del fusto a meno che non sussistano fattori di danno indipendenti dalla calvizie. Ancora successivamente, dopo 4-5 brevi cicli anagen (è necessario pertanto che trascorra qualche anno), in un terzo stadio, i follicoli da "terminali" si trasformeranno in follicoli di tipo lanuginoso e daranno origine a peli vellus o folletto (si è cioè arrivati all'alopecia androgenetica propriamente detta). Infine, al quarto stadio, si assiste alla ialinizzazione di gran parte dei follicoli, che vengono quindi perduti, e l'alopecia da androgenetica diventa in qualche modo simile ad una forma "cicatriziale".
Tutte le eventuali terapie devono essere tentate al primo o al secondo stadio, prima del raggiungimento dei due stadi finali. Se la terapia viene iniziata per tempo è infatti talvolta possibile assistere ad un "ingrossare" dei follicoli, seguendo un procedimento contrario a quello descritto. Nella fase finale di atrofia il follicolo non risponderà più a nessuno stimolo, quali siano i tentativi terapeutici adottati.

 

Aspetti clinici

alopecia androgenetica maschile
Quella "classica" e più comune comincia verso i 17-18 anni; la caduta è più o meno costante, di norma mai elevata quantitativamente, e presenta saltuariamente delle brevi poussées durante le quali ogni giorno cadono alcune centinaia di capelli. Il problema del defluvio androgenetico in telogen non deriva comunque dal numero di capelli che cadono ma dal fatto che molti di essi vengono progressivamente sostituiti da elementi più corti e sottili, capelli miniaturizzati, che sono il preludio ad una scomparsa definitiva del capello stesso (vedi alterazioni microscopiche).
Secondo la classificazione originale  Hamilton (1951) si distinguono 5 stadi:
stadio I: arretramento simmetrico fronto-temporale con eventuale e successivo arretramento della linea frontale; non rappresenta, come già riferito, un preludio obbligatorio  alla calvizie;
stadio II: accentuazione dello stadio 1 con leggero arretramento della linea frontale e diradamento del vertice;
stadio III: le due zone alopeciche, anteriore e posteriore, tendono a confluire e persiste solo una stretta striscia di capelli;
stadio IV: alopecia definitiva fronto-parietale e del vertice con permanenza di una alta "corona" di capelli nella zona temporo-occipitale;
stadio V: come il 4 ma con "corona" residua di ridotte dimensioni.

Norwood ha, successivamente (1975), modificato gli stadi di Hamilton, proponendo una "scala" di 7 gradi, alcuni dei quali ulteriormente frazionati in modo da ottenere in tutto 12 possibilità:
stadio I: corrisponde al soggetto normale;
stadio II: corrisponde all'1 di Hamilton con solo arretramento fronto-temporale;
stadio IIa: come il 2 con associato arretramento della linea frontale;
stadio III: corrisponde sempre all'1 di Hamilton ma con arretramento fronto-temporale più accentuato;
stadio IIIa: come il 3 con associato arretramento della linea frontale;
stadio III vertex: al 3 o al 3a si associa diradamento della zona del vertice (corrisponde più o meno al 2 di Hamilton);
stadio IV: rimane una larga striscia di capelli superstiti fra le zone alopeciche anteriore e posteriore (cioè uno stadio 3 di Hamilton poco accentuato)
stadio IVa: notevole arretramento della linea di attaccatura anteriore che arriva grosso modo alla linea virtuale che congiunge la sommità delle due orecchie; la presenza di diradamento del vertice non è obbligatoria ma in ogni caso è assente la striscia di capelli superstiti;
stadio V: come il 4 più accentuato (corrisponde al 3 di Hamilton);
stadio Va: come il 4a più accentuato (corrisponde al 4 di Hamilton poco accentuato);
stadio VI: corrisponde al 4 di Hamilton;
stadio VII: corrisponde al 5 di Hamilton.

In pratica con questa scala, comunemente usata, si può cominciare a parlare di vera calvizie solo dallo stadio 3 vertex, perché gli stadi precedenti, presenti in molti uomini, non necessariamente progrediscono con il passare del tempo e preferiamo parlare di "alopecia fronto-parietale maschile fisiologica".
Nel maschio la calvizie ad evoluzione rapida (che può cioè portare a stadi VI-VII) inizia in genere, come già detto, verso i 17-18 anni e si concretizza verso i 19-20 (il ragazzo tende ad incolpare di questo il servizio militare!, il basco, il casco da motocicletta etc); nei casi tipici e gravi già a 22-23 anni si raggiungono gli stadi V - VII di Norwood.
Occorre distinguere tuttavia una forma di calvizie ad evoluzione lenta che inizia verso i 27-35 anni in soggetti che già presentano uno stadio II o IIa e progredisce lentamente per decenni senza superare in genere lo stadio III vertex (nel 10-15% dei casi si arriva al IV o al V, sempre secondo la scala di Norwood).

alopecia androgenetica femminile:
Nella donna l'alopecia androgenetica è meno frequente rispetto al maschio ma sembra che negli ultimi decenni vi sia stato un aumento netto di incidenza.
Clinicamente l'alopecia androgenetica femminile si manifesta spesso, secondo quanto descritto da Ludwig (1977), in tre stadi nei quali, progressivamente, l'area del vertice e in minor misura quella delle zone parietali, si diradano pur persistendo sempre una banda frontale di capelli, zona dove questi sono presumibilmente solo testosterone sensibili, (2-3 cm nello stadio I, 1 cm negli stadi II e III). Nello stadio I l'area diradata ha un asse maggiore antero-posteriore e negli stadi II e III si allarga via via anche in senso latero-laterale. Anche nello stadio III tuttavia, a differenza del maschio, l'area non è mai completamente calva e persistono capelli "normali" insieme ai miniaturizzati.

Nella donna l'alopecia androgenetica non inizia generalmente prima dei 30-40 anni di età e il diradamento prosegue lentamente fino alle età più avanzate.

Occorre anche tenere ben presente che, nella clinica, casi di calvizie maschile si presentano con aspetto "femminile" e che, anche se più raramente, può accadere il contrario; inoltre sono frequenti casi di alopecia androgenetica la cui evoluzione non può essere classificata né secondo Hamilton, né secondo Norwood né secondo Ludwig.

BIBLIOGRAFIA

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Fonte: estratto / citazione da http://www.sitri.it/marliani.doc

"TRICOLOGIA" -diagnostica e terapia- II edizione elettronica 1997

visitate il sito : http://www.sitri.it/

Autore del testo:

ANDREA MARLIANI

Proprietà letteraria ed artistica riservata all'Autore.

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