Frattali
Frattali
Il termine "frattale" fu coniato da Benoit Mandelbrot nel 1975. Deriva dal latino fractus, participio del verbo frangere, che significa "rompere, frangere". Infatti le immagini frattali sono considerate dalla matematica oggetti di dimensione frazionaria. I matematici avevano iniziato a descrivere i frattali da più di un secolo, ma le loro idee erano state ampiamente ignorate fino a quando Mandelbrot non ha inquadrato l'argomento in una disciplina coerente e ricca di frutti:
"La geometria frattale gioca due ruoli. E' la geometria del caos deterministico e può anche descrivere la geometria delle montagne, delle nuvole e delle galassie".
Gli oggetti frattali sono figure geometriche, esattamente come il cerchio o il triangolo, che possiedono alcune proprietà diverse. Una sostanziale differenza tra un oggetto geometrico euclideo ed un frattale è il modo in cui si costruisce. Quello euclideo con una curva piana, quello frattale, invece, non si basa su di un'equazione, ma su un algoritmo. Ciò significa che si è in presenza di un metodo, non necessariamente numerico, che deve essere utilizzato per disegnare la curva. Inoltre, l'algoritmo non è mai applicato una volta sola: la procedura è iterata un numero di volte infinito: ad ogni iterazione, la curva si avvicina sempre più al risultato finale e dopo un certo numero di iterazioni l'occhio umano non è più in grado di distinguere le modifiche pertanto, quando si disegna concretamente un frattale, ci si può fermare dopo un congruo numero di iterazioni. Una curva si dice frattale se ha la proprietà dell' autosimilitudine: ingrandendo un qualsiasi tratto di curva si visualizza un insieme di particolari altrettanto ricco e complesso del precedente; questo procedimento di "zoom" può proseguire all'infinito. In generale si considera frattale un insieme che goda di tutte o molte delle seguenti proprietà:
- Autosomiglianza, ovvero l’unione di copie di se stesso a scale differenti. Come già detto, si trova la stessa figura (e la stessa formula matematica) procedendo verso scale di grandezza differenti, più piccole o più grandi;
- Struttura fine, per cui si rivelano dettagli ad ogni ingrandimento;
- Irregolarità, per la quale i punti del luogo non soddisfano semplici condizioni geometriche o analitiche;
I frattali compaiono spesso nello studio dei sistemi dinamici e nella teoria del caos e sono spesso descritti in modo ricorsivo da equazioni molto semplici, scritte con l'ausilio dei numeri complessi il caso occupa un ruolo rilevante e tuttora l’unico strumento capace di fornire una soluzione al problema è la statistica. Il caso può generare irregolarità ed è capace di generare un’irregolarità talmente intensa come quella delle coste, anzi in molte situazioni è difficile impedire al caso di andare al di là delle nostre aspettative. Esistono diverse famiglie di frattali, suddivise in base al grado dei termini dell'equazione generatrice contenuti nell’algoritmo:
Esistono 2 metodi per creare un frattale:
Creazione per sostituzione.
Si inizia da una figura, detta di base, e si sostituisce con un'altra figura, detta il generatore.
Si ripete il procedimento un numero infinito di volte (solo in teoria, in pratica con il computer il procedimento si ripete solo un numero limitato di volte)
Si ottiene un frattale.
Metodo L-system
Permette la costruzione di un frattale attraverso una lista ordinata di operazioni dichiarata secondo un apposito alfabeto.
Oltre alla figura di base, che prende il nome di axiom (assioma), si definiscono un angolo, una riduzione di scala ed almeno una regola per la sostituzione.
Tale sostituzione viene poi applicata alla costruzione iniziale secondo la regola assegnata.
Si ripete il procedimento più volte... ed ecco il frattale.
La sezione aurea è un numero irrazionale, di solito indicato con la lettera greca phi, pari a 1,61803... Si tratta di un numero irrazionale legato a numerose costruzioni geometriche. La sua particolarità è dovuta al fatto che compare negli ambiti più inaspettati: in botanica, in architettura,
in biologia. In ogni caso è sempre sinonimo di armonia e di bellezza.
La sezione aurea è anche legata al pentagono regolare in quanto la diagonale ed il lato del poligono hanno come rapporto proprio phi. In effetti, più in generale, in un triangolo isoscele con gli angoli alla base pari a 72° il lato e la base hanno come rapporto phi. Si dice allora che il triangolo è aureo. Ogni pentagono contiene un pentagramma, ovvero la stella a cinque punte che si ottiene collegando tutti i vertici del pentagono tramite diagonali.
La forma del pentagramma è riscontrabile molto spesso in natura, come ad esempio in alcune piante grasse.
Vediamo come costruire un merletto di Koch legato alla sezione aurea. Chiameremo il frattale Merletto aureo. L'idea è semplice. Sostituiamo il segmento iniziale con quattro segmenti di uguale ampiezza in modo tale che il triangolo isoscele che si venga a formare sia aureo. Si tratta infatti di un triangolo isoscele con gli angoli alla base pari a 72°. Tralascio volutamente i particolari tecnici della costruzione che in ogni caso è analoga a quella del Merletto di Koch. La particolarità del frattale finale sta nel fatto che tutti i triangoli isosceli che si vengono a formare sono tutti aurei. Nel Merletto di Koch classico invece tutti i triangoli che si venivano a formare erano equilateri.
Costruendo il merletto aureo sui lati del pentagramma del pentagono, otteniamo il seguente frattale, a forma di stella. Caratteristica particolare di questo frattale è quella di contenere infinite copie del pentagono aureo tutte perfettamente incastrate fra di loro.Nella seguente figura le copie del pentagono frattale sono messe in evidenza con colori diversi. In questo modo è possibile osservare che sono presenti i vari passi della costruzione del pentagono frattale. Le parti in grigio corrispondono al passo 0, quelle in rosa al passo 1, quelle in giallo al passo 2 e così di seguito. Si tratta di un vero e proprio riassunto della costruzione del pentagono frattale.
La natura produce molti esempi di forme molto simili ai frattali. Ad esempio in un albero (soprattutto nell'abete) ogni ramo è approssimativamente simile all'intero albero e ogni rametto è a sua volta simile al proprio ramo, e così via; è anche possibile notare fenomeni di auto-similarità nella forma di una costa: con immagini riprese da satellite man mano sempre più grandi si può notare che la struttura generale di golfi più o meno dentellati mostra molte componenti che, se non identiche all'originale, gli assomigliano comunque molto. Secondo Mandelbrot, le relazioni fra frattali e natura sono più profonde di quanto si creda.
« Si ritiene che in qualche modo i frattali abbiano delle corrispondenze con la struttura della mente umana, è per questo che la gente li trova così familiari. Questa familiarità è ancora un mistero e più si approfondisce l'argomento più il mistero aumenta »
Durante una passeggiata in campagna o in un bosco si è immersi nella natura fra montagne, alberi, erbe, fiori di tutti i tipi e di tutte le dimensioni. A parte l'indiscutibile bellezza dell'ambiente, un occhio più esperto può cogliere nella forma di tutti questi oggetti delle curiose proprietà geometriche.
Le forme che si incontrano però non possono essere studiate applicando gli assiomi della geometria euclidea che si insegnano usualmente nelle scuole. Infatti non si tratta (tranne pochissime eccezioni) di enti geometrici nel senso euclideo del termine, ovvero di poligoni o poliedri più o meno regolari.
Tutto cio' che si incontra in natura è molto più complesso, frammentato, frastagliato.
Consideriamo ad esempio una comune felce. La cosa che si nota immediatamente è che una parte della felce è simile a tutta la felce stessa, ovvero è una copia in piccolo della foglia completa. Ed allo stesso modo si può procedere innumerevoli volte fino a ridursi a parti sempre più piccole.
questa proprietà prende il nome di autosimilarità (o autosomiglianza) : una parte dell'oggetto è simile al tutto.
In geometria gli oggetti che sono autosimili vengono definiti frattali e possono essere costruiti seguendo precise regole di tipo matematico.
La felce è un frattale. Si tratta quindi di un oggetto geometrico e come tale si può ottenere usando delle tecniche matematiche.
Le spirali
Le spirali sono alla base del mondo vivente. Il nucleo cellulare è costituito da una lunga catena a spirale, il DNA, riportante l'intero codice genetico. Anche la forma di certi organismi può essere a spirale come quella dell'ammonite, vissuto 300.000.000 di anni fa. Le spirali sono anche alla base dei frattali. Ci sono tre tipi comuni di spirali piane, la più importante delle quali per quanto riguarda i frattali è la spirale logaritmica. Archimede ne scrisse un trattato, "Sulle Spirali". anche nella natura inanimata scopriamo spirali come ad esempio la galassia a spirale.
Analogamente, molte strutture del corpo umano riproducono un'organizzazione di tipo frattale. E' interessante notare come tale struttura abbia una giustificazione funzionale: anche in questo caso la natura si organizza in tal modo per ottimizzare il sistema. Per esempio, il sistema vascolare e il sistema respiratorio sono organizzati secondo un modello descrivibile dalla geometria frattale. E la ramificazione del sistema respiratorio secondo il modello frattale permette una più ampia esposizione del sangue all'ossigeno e quindi una maggiore disponibilità di questo per i polmoni. I vasi sanguigni del cuore presentano ramificazioni di tipo frattale. I vasi principali si ramificano in una serie di vasi più piccoli che, a loro volta, si ramificano in vasi di calibro ancora più ridotti.
Un’osservazione dell’intestino tenue a ingrandimenti diversi fa pensare appunto all’autosomiglianza.
I neuroni sono un esempio di struttura frattale. Il corpo cellulare si ramifica in dendriti che si ramificano a loro volta e questa struttura può essere correlata al caos nel sistema nervoso:
I frattali non sono solo oggetti matematici, privi di ogni attrattiva per chiunque non sia interessato alla materia, ma, grazie alla loro varietà e al loro piacevole aspetto grafico, possonodiventare addirittura oggetto di "arte".
Non è difficile realizzare arte frattale, se attrezzati con il software adeguato: Tierazon, un programma scaricabile dalla sezione Download, consente infatti di creare immagini "artistiche" partendo dai frattali. L'aspetto interessante di questo programma sta nel fatto che gli effetti che vengono applicati ai frattali non sono altro che funzioni matematiche che si "sovrappongono" alla creazione del frattale e fungono quasi da filtri grafici.
I frattali, l’abbiamo detto, nascono da funzioni matematiche, ma possono essere belli come opere d'arte…Ho letto peraltro che le costruzioni di Gaudì e i disegni di Escher ricordano la geometria frattale piuttosto che quella euclidea tradizionale.
Abbiamo sinora visto solo l'aspetto visivo dei frattali. Essendo funzioni matematiche, è altrettanto possibile associarvi una rappresentazione sonora. L'effetto è meno diretto e sicuramente non è altrettanto gradevole.
L'altezza e la durata di una nota è scelta con lo stesso criterio con cui viene scelto il colore nella rappresentazione grafica di un punto. Ascoltando la melodia, ci si accorge di alcune regolarità e della ricorrenza di alcuni temi: è proprio questo che evidenzia l'autosimilarità che è così chiara nelle immagini. Esattamente come nella rappresentazione convenzionale, abbiamo a che fare con un "ordine nel disordine", un caos deterministico
Fonte: http://www.liceograssi.it/pagina%20studenti/Relazione%20definitiva.doc
Frattali
I FRATTALI
di
Luisa Di Piazza
Nel 1623 Galileo Galilei nel Saggiatore enunciava così la sua visione scientifica del mondo: “La filosofia è scritta in questo grandissimo libro ...dell’universo, ma non si può intendere se prima non s’impara ad intendere la lingua, e conoscere i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola,...”
Da sempre, infatti, le figure geometriche della geometria tradizionale, cioè quella euclidea, sono state considerate elementi essenziali del mondo, vere e proprie strutture fondanti della realtà quotidiana.
Ma, una riflessione un po’ più attenta sulle forme che ci circondano, mostra che figure quali il quadrato, il triangolo, la sfera, sovente sono inadeguate a descrivere la natura: qual è la forma di una catena montuosa, o di una nuvola o di una sinuosa linea costiera ?
Benché, in vero, fosse convincimento comune che pure queste forme ricadessero sotto il dominio della geometria, le scienze fino alla fine del diciannovesimo secolo, hanno preferito evolversi, occupandosi quasi esclusivamente delle caratteristiche dei fenomeni naturali rispondenti a canoni di armonia e di regolarità ed hanno tralasciato, considerandole non scientifiche, tutte le strutture “informi”.
Ma ecco che, tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, in matematica, in modo spontaneo, cominciano a nascere dei “mostri” che violano quei canoni di armonia e di regolarità. Questi mostri sono in realtà i primi frattali: l’insieme di Cantor (1877) (vedi fig. 1), la curva a “fiocco di neve” di Van Koch (1904) (vedi fig. 2 e fig. 3). Ciò che li distingue dalle “forme” geometriche precedentemente note, è l’algoritmo usato per “costruirli”: una procedura ricorsiva che viene ripetuta all’infinito.
Bisogna però arrivare alla seconda metà del 1900, con Benoit Mandelbrot, perchè i frattali facciano il loro ingresso ufficiale nella comunità scientifica. Mandelbrot conia il termine “frattale” nel 1975, traendolo dal latino <<fractus>>, participio passato del verbo frangere, rompere. Ed è solo nel 1983 che il concetto di frattale acquisisce vasta notorietà presso i matematici e gli scienziati con la pubblicazione del libro “La geometria frattale della natura”.
Ma cosa sono questi frattali? Mandelbrot osserva che in natura sono presenti molte strutture che anche se a prima vista sembrano “irregolari”, presentano una regolarità geometrica soggiacente, chiamata invarianza rispetto al cambiamento di scala o autosomiglianza. Si considerino, ad esempio, le coste della Bretagna: se le si osserva o dal vero o sulla cartina, ad una prima occhiata si è colpiti dalla loro irregolarità e dal disordine del profilo, se le si pensa come figure geometriche. Esiste però un ordine che è loro soggiacente, nel senso che, se le coste sono molto irregolari, i vari gradi di irregolarità sono supergiù uguali. E’ sorprendente, infatti, che se si osserva una loro penisola o una baia, riportate sulla carta alla scala 1:100.000 e successivamente le si riesamina ad una scala 1:10.000, si distinguono sul loro contorno innumerevoli sottopenisole o sottobaie, che anche se sono molto diverse nelle loro caratteristiche specifiche, presentano “grossolanamente”, o meglio “statisticamente”, il medesimo aspetto globale, nel senso che sono omotetiche, e cioè simili, alla penisola o alla baia di partenza. E se si passa ad una scala 1:1.000 appariranno altre penisole o baie di queste sottopenisole o sotto baie e così via. In questi oggetti irregolari che chiamiamo frattali ogni piccola parte dell’oggetto è un’immagine ridotta dell’oggetto intero.
Come descrivere matematicamente questa autosomiglianza? Per rispondere alla domanda Mandelbrot introduce una generalizzazione del concetto di dimensione: la dimensione frattale. La denominazione esprime il fatto che, per gli “oggetti regolari” della geometria euclidea, essa coincide con la dimensione usuale, ma, a differenza di questa, la dimensione frattale può assumere valori non interi. E’ noto dalla geometria elementare che un punto ha dimensione 0, una linea piana ha dimensione 1, una superficie “ordinaria” piana ha dimensione 2. Nella geometria frattale vi sono linee di dimensione 1.3 o superfici di dimensione 2.8 e così via. In questo modo la differenza fra gli oggetti regolari e quelli frattali è ricondotta alla differenza della loro dimensione. E la dimensione frattale consente in un certo qual modo di confrontare i vari gradi di irregolarità delle figure frattali. Ad esempio un oggetto frattale di dimensione 1.6 deve essere più affilato di una superficie, ma notevolmente più corposo di una linea ordinaria.
La geometria, si sa, è il terreno in cui la matematica gioca la sua capacità di rappresentare la realtà. Ed i frattali sono un particolare linguaggio della geometria, diverso da quello della geometria euclidea, essenzialmente per il modo in cui vengono espressi e si pensano composti i vari oggetti. Nella geometria euclidea vi sono degli elementi di base, quali la retta, il cerchio, il piano, per mezzo dei quali si esprimono tutte le altre forme. I frattali non si compongono mediante “forme frattali basilari”, bensì mediante algoritmi, cioè a dire mediante procedure matematiche di calcolo, che, implementate al computer, producono le varie figure geometriche. Se si considera l’infinita varietà di algoritmi che si ha a disposizione, la geometria frattale consente di descrivere la forma di una nuvola così come, usando gli elementi della geometria euclidea, si può rappresentare con un disegno la facciata di un edificio.
Continuando con la metafora del linguaggio, si può dire che la geometria euclidea è paragonabile ad una lingua indoeuropea (quale ad esempio l’italiano), basata su un alfabeto finito (21 lettere nell’alfabeto italiano). Affiancando fra loro le varie lettere, si formano le parole. E’ questo quello che avviene nella geometria euclidea: vi sono pochi elementi fondamentali (punto, retta, cerchio, e così via) e a partire da essi si costruiscono oggetti più complessi. La “lingua frattale”, invece, è simile ad una lingua asiatica, quale ad esempio il cinese, nella quale gli elementi fondamentali sono gli ideogrammi, ognuno dei quali ha di per sé un significato compiuto. Il numero degli ideogrammi è così elevato che si può considerare infinito. La geometria frattale è “costruita”, grossolanamente parlando, più o meno allo stesso modo: i suoi elementi fondamentali sono gli algoritmi che sono infiniti, ciascuno dei quali è unico e completo. Gli algoritmi sono pertanto le “unità semantiche” della “lingua frattale”.
Oltre all’invarianza per cambiamento di scala, o autosomiglianza, un’altra componente essenziale della geometria frattale è la ricorsività: gli oggetti frattali sono generati da procedimenti ciclici, cioè da una catena infinita, in cui “output” di un passo diventa l’ “input” del passo successivo.
E’ l’iterazione che crea l’insieme di Cantor e la curva a “fiocco di neve” di Van Koch . E anche se nell’astrazione matematica la ricorsività continua “per sempre”, nella riproduzione “reale” di un frattale l’iterazione ad un certo punto si arresta. Nella rappresentazione su un foglio della curva di Koch (vedi fig.2), ci si ferma nell’iterazione lì dove le linee divengon troppo piccole per essere tracciate.
Uno fra i più noti ed affascinanti frattali è il cosìddetto insieme di Mandelbrot. Questo insieme è una forma geometrica generata dall’applicazione iterata della legge (o funzione) z ® z2 + c, dove z è una variabile complessa e c è una costante pure complessa. Tale algoritmo significa semplicemente che il numero complesso z viene sostituito dal numero complesso z2 + c, poi si prende quest’ultimo come nuovo z e si ripete la stessa sostituzione, e così via. A partire da un valore iniziale z0, si costruisce in tal modo la successione di numeri complessi z0 , z1 = z02+ c, z2 = z12+ c, z3 = z22+ c, ........ Se man mano che si generano questi numeri, li si rappresenta come punti su un foglio di carta (o, meglio, sullo schermo di un computer), si vede che, per certe scelte di c, il punto “fugge” velocemente dallo schermo (insieme di fuga), mentre, per altre, continua indefinitamente a spostarsi entro una regione limitata (insieme prigioniero). Ora, ad ogni scelta di c corrisponde a sua volta un punto sullo schermo e la collezione di tutti questi valori di c è l’insieme di Mandelbrot (vedi fig. 4).
La sua struttura è di una complessità così straordinaria che non è possibile descrivere a parole la sua bellezza, e, in molti casi, alcune delle sue parti sono state usate a scopi artistici. Una caratteristica di questo insieme è che ogni sua parte può essere ingrandita e reingrandita senza limiti, e tutti i diversi livelli di risoluzione presentano ricchezze e delizie sempre nuove.
L’insieme di Mandelbrot, così come quello di Cantor e la curva di Koch, sono frattali deterministici, nel senso che sono generati da algoritmi ben determinati sin dall’inizio. Un’altra famiglia di frattali, molto interessante per le applicazioni, è quella dei frattali aleatori. Per avere un’idea di come si generano questi altri frattali, si consideri un triangolo giacente su un piano. Se si uniscono i punti medi di ciascuno dei suoi lati mediante un segmento, il triangolo viene così diviso in quattro triangoli uguali. Si pensi poi di spostare, in modo del tutto casuale, o verso l’alto o verso il basso, i punti medi. In tal modo, anche la forma dei quattro triangoli viene alterata. Si ripeta lo stesso procedimento su ciascuno dei quattro triangoli generati e così via indefinitamente. Man mano che il numero di iterazioni aumenta, comincia a delinersi una superficie molto interessante, la cui forma ovviamente dipende in modo determinante dall’aleatorietà con cui sono stati spostati i punti medi (metodo dello spostamento dei punti medi).
Questo modello ed altri simili, hanno molte applicazioni per la costruzione di superfici e vengono sovente utilizzati sia per studiare l’erosione del suolo o per analizzare i cambiamenti prodotti da fenomeni tellurici nelle zone di faglia, sia anche per generare immagini molto realistiche di catene montuose, nubi e paesaggi artificiali.
Per concludere: il mondo fantastico dei frattali è un’ulteriore conferma che lì dove il pensiero umano è libero di spaziare in modo creativo, arte e scienza, arte e matematica trovano un terreno comune sul quale dialogare, arricchendosi reciprocamente.
Bibliografia
H. Jurgens, H.O. Peitgen e D. Saupe, Il linguaggio dei frattali, Le Scienze n. 266, ottobre 1990.
B. Madelbrot, Gli oggetti frattali. Forma, caso e dimensione, Einaudi Paperbacks Scienza, 1987.
H.O. Peitgen e P. H. Richter, La bellezza dei frattali. Immagini di sistemi dinamici, Bollati Boringhieri, 1986.
Figura 1. Un algoritmo per generare l’insieme di Cantor
Figura 2. Un algoritmo per generare la curva di Van Koch
Figura 3. Altre curve frattali generate con lo stesso algoritmo usato per la curva di Van Koch
Figura 4. Insieme di Mandelbrot e suoi successivi ingrandimenti
5 COMPONENTI ESSENZIALI
DELLA GEOMETRIA FRATTALE
Ricorsività: gli oggetti “frattali”sono generati da un pro-
cesso ciclico, una catena in cui l’ “output” di un passo
diventa l’ “input” del passo successivo.
Invarianza per cambiamento di scala: se si esamina-
no gli oggetti “frattali” a scale diverse, si incontra-
no sempre gli stessi elementi fondamentali.
Autosomiglianza: le varie forme di un oggetto “frattale”
esaminate a scale diverse sono simili tra loro (omotetia
interna).
Procedimento infinito
Dimensione frattale
Fig. 5
Particolari della frontiera dell’insieme insieme di Mandelbrot
Insieme di Julia
Fonte: http://www.architettura.unipa.it/dipiazza/a.a.%202007-08/Matematica%20II%20Pa/nuovo%20FRATTALI.DOC
Frattali
La rivoluzione Pietroneriana - ovvero la scoperta dei frattali cosmici -
di Roberto Vacca - Rev. 10 Gennaio 2006
pubblicato il 16 marzo 2006 da Nòva (suppl di Ilsole24ore del giovedi)
"Rivoluzione Copernicana" è diventato un cliché. Si usa per indicare un cambiamento radicale nel modo di pensare, spesso senza porre mente all'idea delle orbite planetarie col sole al centro. Dal 1987 si discute su un modo molto più innovativo di descrivere il cosmo intero. Il fisico Luciano Pietronero ha sostenuto che l'universo ha una struttura frattale - irregolare, disuniforme, che include immani regioni vuote. Pietronero è il direttore dell'Istituto dei Sistemi Complessi del CNR, che studia "strutture molto irregolari caratterizzate da dinamiche collettive fra le loro innumerevoli parti". Questa tesi ha generato ampi dibattiti recentemente discussi nel libro di Yurij Barishev e Pekka Teerikorpi "Discovery of the Cosmic Fractals", World Scientific, 2002 (In italiano: Boringhieri 2005).
La parola "frattale" fu coniata da Benoit Mandelbrot nel 1975, ma curve frattali erano state definite molto prima da Weierstrass, Peano e altri. Un frattale è una curva, una superficie o un solido le cui proprietà sono indipendenti dalla scala, che presenta, cioè, autosimilarità. Ogni porzione della curva, anche minima, se viene ingrandita è identica all'intera curva.
Un frattale si può costruire ad esempio sostituendo in ogni lato di un triangolo equilatero, il segmento intermedio lungo 1/3, con 2 segmenti uguali ad esso e formanti angoli di 60° con la posizione precedente del segmento stesso. Si ottiene così una stella di Davide. Si continua su ciascuno dei 12 lati .della stella a sostituire il terzo intermedio con 2 segmenti di ugual lunghezza e ancora all'infinito sui lati così prodotti. Si ottiene una curva di lunghezza infinita: è simile a un cristallo di neve e racchiude un'area finita. In nessun punto è possibile tracciare una tangente alla curva. Le figure alle pagine 12 e 13 mostrano questa struttura ideata da Niels Helge von Koch nel 1904, nei primi 4 passi del processo descritto. [Vedi, in: http://www.efg2.com/lab/fractalsandchaos/vonKochcurve.htm, il programma kochcurve.exe].
I frattali di Mandelbrot sono famosi: curve colorate che sembrano piante piene o tentacoli, ripetitivi, dettagliati, pieni di volute e di colori strani. Sono di aspetto gradevole, talora un po' inquietanti. Vengono riprodotti spesso a scopo ornamentale anche in edizioni pregiate. La figura a pagina seguente rappresenta una parte del famoso frattale di Julia: ingrandendo porzioni minime delle spirali si ottengono di nuovo indefinitamente immagini identiche a quelle di partenza. I colori si associano ad esempio al numero di iterazioni eseguite per ottenere ogni porzione dell'immagine. E' curioso che le loro strutture molto complesse vengono costruite partendo da formule matematiche di una semplicità estrema (vedi Approfondimento 1).
I frattali di questo tipo sono deterministici: la loro struttura è definita formalmente in modo matematico. Quindi l'autosimilarità si conserva fino a parti infinitesime di essi in maniera esatta. La loro forma richiama quella di strutture vegetali, animali, minerali. Queste strutture naturali, invece, appaiono come frattali stocastici, in cui l’autosimilarità a carattere statistico e non esatto come accade nei frattali deterministici.
[NOTA: immagini a colori del seguente e di altri frattali si scaricano da www.miorelli.net/frattali/immagini.html - R.V.]
Per comprendere la ricchezza degli oggetti frattali, è utile considerarne
la quantità di massa contenuta in un volume dato - in funzione della dimensione del volume. La massa dei solidi pieni cresce con il cubo della dimensione lineare: il cubo di lato L ha volume V = L3 (e ha massa proporzionale). La sfera di raggio R ha volume V = 4 p R3/3 (e ha massa proporzionale). Invece la massa dei frattali solidi che includono molti vuoti, cresce al crescere della dimensione lineare ed è proporzionale a una potenza D, minore di 3, detta "dimensione frattale". Ad esempio cresce solo con il quadrato. In questo caso, la dimensione frattale D è uguale a 2. La densità di materia in un cubo frattale di lato L con D = 2 è d = L2/L3 = 1/L. Quanto più grande è il cubo, tanto maggiore è L e tanto minore la densità di materia (rapporto massa/volume) che tende a zero. Nel caso della spugna di Menger [v. Approfondimento 2] l'esponente D (dimensione frattale) vale circa 2.7, dunque la densità decresce più lentamente che nel caso in cui D = 2.
La scoperta di Pietronero (possibile dopo la costruzione di grandi e completi cataloghi e mappe di galassie) è che anche le immani strutture cosmiche sono frattali - simili a quelle degli oggetti terrestri citati: tentacoli, ramificazioni vegetali, arteriose, nervose. Per capire la struttura del cosmo dovremmo costruirne mappe in 3D.. E' arduo perchè vediamo lo spazio solo dal punto di vista della Terra o di sonde che se ne discostano poco (meno di una unità astronomica (*)). [INSERIRE qui le figure a pag.7 e 8 o altre da selezionare nei siti ivi citati]
Gli angoli li misuriamo abbastanza bene. Misurare le distanze è molto più arduo (v. Approfondimenti 3). Quindi gli astrofisici non possono certo riuscire a vedere strutture frattali come quelle bellissime descritte sopra e illustrate nella figura. Possono, però, ricostruire mappe tridimensionali e da queste determinarne le caratteristiche statistiche.
Un principio cosmologico fondamentale afferma che "le galassie sono distribuite in modo uniforme e isotropo (si vedono in ugual quantità in qualunque direzione si guardi". Questo principio è un'estensione della visione copernicana: non è la Terra il centro dell'universo e ogni punto, occupato da una galassia o no, è equivalente a ogni altro. Dunque l'universo era visto come omogeneo e isotropo (cioè con proprietà identiche in ogni direzione).
Invece ora Pietronero ha determinato in base a considerazioni di fisica statistica, che la densità delle strutture costitutive di galassie e loro ammassi è autosimile: ha densità tanto minore quanto più grande è il volume considerato. In questo caso vale un principio cosmologico più debole: è, comunque, assicurata l'equivalenza statistica di tutti i punti occupati.. Dunque la struttura del cosmo ha andamento frattale e valgono i semplici calcoli della densità che abbiamo fatto sopra. La densità d della materia decresce al crescere della scala S secondo una legge "di potenza". [Questa è del tipo d = K S-b dove K e b sono costanti positive]. La legge è formalmente simile alla relazione trovata dall'economista V. Pareto per descrivere la distribuzione del reddito in un Paese (d è il numero di cittadini che ha reddito maggiore di S). Un singolo riccone ha entrate molto maggiori del numero 2 e, quindi, il reddito decresce in modo graduale, ma tende a zero (all'infinito) molto più lentamente di quanto avverrebbe se l'andamento fosse esponenziale. Delle distribuzioni di questo tipo non si può definire un valore caratteristico (di ogni campione si può definire la media, che dipende dalle dimensioni del campione e decresce all'aumentare di esse). Queste distribuzioni si chiamano "prive di scala". La stessa legge è seguita dal numero di connessioni (link) di ciascun sito Web nella rete costituita da Internet, come osservato da A.L. Barabasi.
Pietronero e l'astrofisico Francesco Sylos-Labini hanno rilevato questo andamento per distanze da noi che vanno da 0,1 fino a 100 milioni di parsec (Mpc) (v. Nota (*).).Se la materia fosse distribuita uniformemente nel cosmo, la densità sarebbe la stessa ovunque. Pietronero e Sylos-Labini sostengono invece che forse l'omogeneità del cosmo potrebbe verificarsi a distanze maggiori di 100 Mpc.
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(*) L'unità astronomica (UA) è la distanza Terra-Sole: 300 milioni di kilometri (cioè 300 Gm - Gigametri, miliardi di metri). Un parsec è la distanza a cui si trova una stella che vediamo con un angolo di parallasse di 1 secondo di grado quando la Terra compie mezzo giro intorno al sole e si sposta quindi di 2 unità astronomiche (300 milioni di kilometri). Un parsec è uguale a 3,08 anni luce, cioè alla distanza percorsa dalla luce in più di 3 anni -- è anche uguale a 206.265 UA].
Le mappe rilevate negli ultimi decenni delle galassie e dei loro ammassi consentono di valutare sempre meglio la densità della materia presente nel cosmo. La materia luminosa (fatta di stelle) che vediamo è solo una piccola percentuale (circa 1/10) della materia totale. I 9/10 sono materia oscura, che non vediamo, ma che si calcola sfruttando il teorema viriale e le lenti gravitazionali (vedi Approfondimento 4).
Non sappiamo da che cosa sia costituita la materia oscura. Sembra escluso che consista di neutroni e protoni. Taluno suppone che la materia oscura sia costituita da neutrini. Sono particelle prive di carica e aventi una massa (2,5 eV) circa 10 milioni di volte minore di protoni e neutroni - ma sono tanti che potrebbero costituire una massa totale molto maggiore di quella costituita da protoni e neutroni. Si è anche arguita l'esistenza di axioni (con massa minima di 10-5 eV) e di neutralini pesanti oltre il doppio di un neutrone. Queste particelle non sono mai state osservate - ma anche l'esistenza dei neutrini, prima che fossero osservati, fu calcolata da E. Fermi e considerata necessaria perchè non fosse violato il principio delle conservazione dell'energia nel processo di decadimento di un neutrone a un protone più un elettrone.
Le proprietà della materia oscura sono misteriose. Alcuni astrofisici hanno immaginato che una parte di essa possa produrre una forza di gravità negativa che causa la repulsione mutua delle masse ed è responsabile dell'accelerata espansione dell'universo. Qui stentiamo a capire (ma lo ammettono anche gli esperti!). Il vuoto cosmico avrebbe una massa gravitazionale negativa (opposta all'attrazione di gravità).
Perché la notte è buia?
La visione del cosmo come una grande struttura frattale rappresenta, dunque, una rivoluzione più profonda di quella Copernicana. Gli scienziati si avvicinano a capire l'universo come se potessero vederlo da fuori in 3 dimensioni.
Questi progressi ci aiutano anche a rispondere a quesiti apparentemente elementari, come "Perchè la notte è buio?" La domanda non è banale: anche se il sole sta dall'altra parte della Terra, secondo la visione di un cosmo infinito e uniforme, in qualunque direzione guardiamo dovremmo incontrare altre stelle - anche se sono molto lontane, tutte insieme dovrebbero costituire una cortina luminosa splendente. Perché, allora non è sempre giorno?
Una prima risposta è che la luce delle stelle lontane è intercettata da polvere interstellare. In effetti questa è presente nel piano della nostra galassia, la Via Lattea, e impedisce di vedere altre galassie, invece numerosissime fuori da questo piano. Ora si calcola (vedi sopra e vedi Approfondimento 4) che la maggior parte della materia presente nel cosmo è oscura e anche questa copre le stelle lontane.
Altra spiegazione è che arriva a noi solo la luce che proviene da distanze inferiori a 15 miliardi di anni luce (5 Gpc). Infatti si ritiene che sia questa l'età del cosmo: le stelle più lontane non possono farci arrivare la loro luce perchè non esistevano.
Ora il concetto che il cosmo abbia struttura frattale indica che la densità decresce con la distanza e, quindi, non ci arriva luce da vaste zone vuote.
Velocità maggiori di quella della luce?
I misteri non sono certo tutti risolti. Le grandi distanze cosmiche si possono calcolare in funzione dello spostamento delle frequenze verso il rosso (redshift) dovuto all'effetto Doppler (V. Approfondimento 3). La legge di Hubble chiarisce che tale spostamento delle frequenze corrisponde a velocità di allontanamento tanto più forti quanto più distanti da noi sono le galassie considerate. (Ne sono state analizzate centinaia di migliaia e il numero cresce di continuo). La costante di Hubble è il fattore di proporzionalità fra velocità di allontanamento e distanza. Sul suo valore permangono dubbi: viene valutata fra 50 e 100 km/sec per ogni Mpc (Megaparsec) di distanza. La legge di Hubble comincia a funzionare a distanza di alcuni Mpc e indica, poi, velocità enormemente crescenti. A distanze estreme (di Gigaparsec) la misura del redshift sembra indicare velocità di alcune volte maggiori di quella della luce. Ma la teoria della relatività dice che è impossibile superare la velocità della luce. Queste osservazioni, allora, non vengono interpretate come prove di velocità così alte. L'aumento della lunghezza d'onda fu già presentato da Hubble inizialmente come un dato empirico corrispondente a una "velocità apparente". Si ha uno spostamento delle frequenze verso il rosso (red shift) anche per effetti gravitazionali, cioè per la perdita di energia dei fotoni che si stanno allontanando da un corpo di grande massa. Lo spettro solare è già percepito da noi spostato verso il rosso di 10-6, il che sembrerebbe corrispondere a una velocità di allontanamento dalla Terra di 30 m/sec, che non si verifica in realtà.
Altra spiegazione è stata trovata nella circostanza che è lo spazio intermedio a espandersi di continuo dando l'impressione di velocità in effetti non reali.
I misteri da investigare sono molti. Basti pensare, per esempio, che le vere cause dell'inerzia sono ancora un mistero. E l’astrofisico Edward Harrison ha scritto: "Alla domanda «Dove va l'energia in un universo che si espande e da dove viene in un universo che sta collassando?» rispondo: da nessuna parte perchè in questo caso l'energia non si conserva." L'idea che possa non valere il basilare principio di conservazione dell'energia (come ricordavo, Fermi, si basò su di esso per prevedere l'esistenza del neutrino) ci turba profondamente. La fisica che ci hanno insegnato sembra tremare. La situazione è simile a quella che incontriamo in elettrodinamica quantistica, quando dobbiamo accettare il concetto che un effetto si può verificare prima della causa che lo produce.
Gli astrofisici Yurij Barishev e Pekka Teerikorpi scrivono: "Dobbiamo ammettere che l'universo e le teorie che lo descrivono contengono cose che sorpassano i nostri poteri di immaginazione. ... I nostri occhi sono ottimizzati per vedere il massimo nello spettro della luce solare. Il nostro cervello è costruito per affrontare efficientemente i problemi nel nostro ambiente locale. Non ci stupiamo che i nostri tentativi di penetrare in regioni del mondo molto piccole e molto grandi siano così eccitanti e pieni di sfide"
Sentiamo i fisici spiegarci dettagli del Big Bang illustrando perfino cosa possa essere accaduto quando il nostro universo aveva dimensioni di 10-33 cm (un milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di centimetro). Gli scettici fra noi sono tentati di considerare questa affermazioni come extrapolazioni audaci oltre ogni limite.
* * *
[Originale della fig.:da: http://pil.phys.uniroma1.it/%7Esylos/sci_act0.html]
Immagine delle galassie e dei loro ammassi visibili dalla Terra fino a una distanza di circa 300 Mpc corrispondenti a una velocità di allontanamento di 30.000 km/sec. Sono visibili le grandi strutture disuniformi e gli immensi spazi vuoti
Struttura delle galassie in un campione con dimensioni lineari di 300 Mpc rilevata dallo Sloan Digital Sky Survey ed elaborata da Francesco Sylos-Labini
[Originale della fig.:da: http://pil.phys.uniroma1.it/%7Esylos/SDSS-CFA2.jpg]
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Altre figure di distribuzioni di galassie si trovano su
http://qcd.th.u-psud.fr/page_perso/Sylos-Labini/curr.html
http://qcd.th.u-psud.fr/page_perso/Sylos-Labini/galaxies.html
Altre insieme a figure generiche di strutture frattali sul sito del gruppo di Luciano Pietronero:
http://pil.phys.uniroma1.it
http://pil.phys.uniroma1.it/debate.html
Queste indicazioni provengono da Francesco Sylos Labini contattabile per altro materiale attraverso me
R.V.
APPROFONDIMENTI
1
Mandelbrot ottenne figure autosimili tracciando nel piano complesso insiemi di punti che rappresentano sequenze di numeri complessi a partire da due numeri complessi zo e c , calcolando z1 = zo2 + c e continuando a calcolare in sequenza zi+1 = zi2 + c . Ricordiamo che un numero complesso è formato da una parte reale x e da una parte immaginaria y che è moltiplicata per i - che è l'unità immaginaria uguale alla radice quadrata di -1. Il quadrato di un generico numero complesso è
(x + iy) 2 = x2 - y2 + 2 i xy
dato che il quadrato di i è i2 = -1
2
LA SPUGNA DI MENGER
La spugna di Menger si ottiene da un cubo di lato L, che si può considerare composto da 27 cubetti di lato L/3. Nel cubo si praticano 3 fori ortogonali eliminando 7 dei cubetti di lato L/3. Ora il cubo ha 20 cubetti pieni e 7 vuoti: la sua densità è diminuita a 20/27 = 0,740740740 ...
La stessa operazione viene eseguita, poi, su ciascuno dei 20 cubetti rimasti e di nuovo ciclicamente sui cubetti elementari via via ottenuti. La densità diminuisce rapidamente: dopo 9 passi ha il valore 4,3 E-34
[NOTA PER REDAZIONE: Le dimensioni dei lati nell'assonometria devono essere le stesse - meglio ridisegnare la figura inserendo anche i fori a sezione quadrata nei 20 cubetti restanti]
3
COME MISURARE GRANDI DISTANZE NEL COSMO
Il primo strumento per misurare a che distanza da noi sono stelle o galassie è la parallasse. Si misura di quanto varia l'angolo con cui vediamo l'oggetto cosmico quando la Terra compie mezzo giro intorno al sole e si sposta, quindi, di 300 Gm. Questa variazione dell'angolo viene presa come angolo al vertice di un triangolo isoscele che ha base di 300 Gm. L'altezza del triangolo è la distanza cercata. Questo sistema non funziona più per stelle e galassie tanto lontane da esser viste sotto lo stesso angolo quando ci spostiamo di 300 Gm.
Per stelle o galassie più lontane, si individuano le stelle cefeidi facenti parte di un certo ammasso. La luminosità delle cefeidi varia ciclicamente con un periodo che è proporzionale alla loro dimensione. In base a osservazioni di cefeidi più vicine sappiamo calcolare come la luminosità vera dipenda dal periodo. Confrontando la luminosità apparente (indebolita alla distanza) con quella vera calcolata, possiamo, perciò, determinare la distanza della cefeide e dell'ammasso a cui appartiene.
Il terzo sistema per determinare la distanza di galassie e loro ammassi è basato sulla legge scoperta da Edwin Hubble nel 1929: l'universo si espande, cioè gli oggetti cosmici si allontanano gli uni dagli altri con velocità proporzionali alla loro distanza mutua. La velocità si determina misurando di quanto si sposta verso il rosso la lunghezza d'onda di radiazioni note come quella dello spettro dell'idrogeno. Il procedimento è lo stesso di quello usato dalla Polizia Stradale quando misura la velocità delle auto con il radar-tachimetro.
Sono state analizzate centinaia di migliaia di galassie e il numero cresce di continuo. La costante di Hubble. viene valutata fra 50 e 100 km/sec per ogni Mpc (Megaparsec) di distanza, ma su tale valore permangono dubbi e fioriscono le controversie. La legge di Hubble comincia a funzionare a distanza di circa 100 Mpc di distanza e indica velocità enormemente crescenti.
4
LA MATERIA OSCURA: NON SI VEDE, MA SI MISURA
Il teorema viriale ( da vis = forza) dice: "In un insieme di corpi pesanti soggetti ad attrazione gravitazionale mutua, l'energia potenziale è il doppio dell'energia cinetica." Facile dimostrarlo per una massa ferma M intorno a cui una massa m ruota a distanza R e velocità V = w R. La forza di gravità agente su m è G m M/R2 che è identica alla forza centrifuga:
m w2 R = Gm M/R2
da cui G m M/R = m w2 R2 = m V2, ma il primo termine dell'equazione è l'energia potenziale del sistema e l'ultimo è il doppio dell'energia cinetica. Se ne deduce M = V2 R/G
Il teorema vale anche se le masse sono molte. Se per un sistema lontano (una galassia) determiniamo una velocità V e un raggio R equivalenti, possiamo calcolare la massa M anche se non vediamo la materia che la costituisce.
La massa di grandi corpi celesti si valuta anche usandoli come lenti gravitazionali, dato che il loro campo di gravità deflette la luce di stelle più lontane. L'effetto fu osservato per la prima volta nel 1924. L'angolo di deflessione dovuto alla massa del sole è minimo (10-3 arcsec). Una galassia con massa pari a un miliardo di volte il sole, può causare una deflessione di 6 arcsec.
Fonte: http://www.homolaicus.com/scienza/index.htm
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