James Clerk Maxwell vita opere biografia
James Clerk Maxwell vita opere biografia
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Gli studi di Maxwell nel contesto storico-culturale
Durante tutto il XIX secolo si fece particolarmente evidente, in special modo in paesi come la Germania e l’Inghilterra (paesi trainanti nella produzione industriale), il condizionamento sociale cui era sottoposto il mondo scientifico. Se nei decenni precedenti, infatti, una scienza tipicamente speculativa aveva raggiunto, con lo studio della meccanica, una pressoché definitiva conoscenza dei fenomeni macroscopici, nell’Ottocento le discussioni teoriche si rivolsero con sempre maggiore insistenza ai campi dell’ottica, della termodinamica e dell’elettricità, che richiedevano di essere spiegati allo scopo di poterli utilizzare in ambito tecnico-industriale.
Nel pieno dell’età vittoriana, mirabilmente ritratta e demistificata da autori quali Dickens e Thackeray, si andava diffondendo uno spirito di ottimismo, fondato sulla convinzione che il progresso scientifico e tecnologico potesse portare alla felicità. La ricerca scientifica venne perciò incoraggiata, e le grandi scoperte non si fecero attendere.
Le conoscenze scientifiche pre-maxwelliane
James C. Maxwell si inserì in questo contesto quale studioso sia teorico che sperimentale, un conciliatore della scienza intesa come ricerca delle leggi universali della natura con la scienza più pragmatica tanto cara agli Inglesi.
Da quando Coulomb aveva posto su basi quantitative lo studio dei fenomeni elettrici e magnetici (1784-89), si erano compiuti grandi passi avanti: basti pensare alla pila di Volta (1800), all’esperienza di Örsted (1820, che aveva mostrato con chiarezza la relazione tra elettricità e magnetismo), e all’imponente opera sperimentale di Faraday.
Quest’ultimo, infatti, aveva descritto fenomeni fondamentali quali l’induzione elettrica e magnetica, le proprietà dei dielettrici e quelle delle sostanze diamagnetiche e paramagnetiche, per quanto seguendo metodi intuitivi, senza il necessario apparato matematico.
Natura e meriti dello studio di Maxwell
La fama di cui oggi gode James C. Maxwell deriva in gran parte dall’essere considerato colui che effettuò la sistemazione teorica dell’elettromagnetismo.
L’intervento significativo di questo scienziato avvenne infatti col tentativo di ricondurre i risultati ottenuti dai suoi predecessori a una teoria più generale, in grado di spiegare i singoli fenomeni in maniera coerente. Sfruttando le analogie con altre branche della fisica, come ad esempio l’idrodinamica, Maxwell fece proprie dell’elettromagnetismo le espressioni matematiche prima applicate ad altri tipi di fenomeni.
L’apparato così costruito, che in sostanza corrisponde ad una teoria dei campi, è in grado di spiegare in modo unificato un gran numero di fenomeni elettromagnetici statici e dinamici.
L’ulteriore risultato ottenuto sulle basi di questi studi fu la deduzione della natura elettromagentica della luce, identità che si è rivelata utile, in un procedimento inverso, per dimostrare come tutte le onde elettromagnetiche presentino caratteristiche precedentemente riscontrate nella luce: fenomeni di rifrazione, riflessione, interferenza, finalmente verificati sperimentalmente negli anni 1888-90.
Si può quindi dire che l’opera di Maxwell abbia anzitutto avuto il merito di sciogliere un nodo cruciale, dando la possibilità alla scienza di superare un ingombrante ostacolo ed addentrarsi con più consapevolezza nello studio di vari fenomeni di natura apparentemente diversa. Senza le equazioni introdotte da Maxwell, una conoscenza compiuta dell’elettromagnetismo non sarebbe stata possibile, e non ne sarebbero seguite le scoperte e le applicazioni di cui ancora oggi godiamo.
SCHEDA: la vita e le opere di James Maxwell.
J.C. Maxwell nasce ad Edimburgo il 13 giugno 1831.
La sua infanzia è segnata dalla prematura morte della madre, quando lui ha solo nove anni. La scomparsa della madre, che si occupava anche della sua educazione, non apre soltanto una ferita affettiva, ma comporta per il giovane ragazzo la necessità di frequentare la scuola: James fa così il suo ingresso alla Edinburgh Academy. A casa della zia può usufruire di un’ampia biblioteca, e così si dedica alla lettura di Swift e Dryden, e successivamente di Hobbes. Queste influenze letterarie faranno di lui anche un poeta, anche se la storia gli riserverà un posto d’onore per le opere scientifiche.
All’età di 14 anni, Maxwell pubblica per la Royal Edinburgh Society “On the description of Oval Curves”, un primo esempio delle sviluppate doti matematiche che lo renderanno celebre.
A 16 anni avviene l’ingresso in ambito universitario, e per tre anni la sua attenzione si concentra su fenomeni quali la polarizzazione della luce, il galvanismo, la compressione dei solidi. Il completamento degli studi avviene a Cambridge, dal 1850 al 1854, e Maxwell inizia la sua carriera accademica.
Professore di Filosofia Naturale dal 1855 ad Aberdeen (città dove sposa Katherine Dewar nel 1858), diviene poi docente di Astronomia al King’s College di Londra dal 1860 al 1865.
Durante la permanenza presso tale college, Maxwell si occupa della determinazione del rapporto tra le unità elettrostatiche ed elettromagnetiche, per confrontare tale quantità con la velocità della luce: secondo la sua teoria, infatti, i due valori devono coincidere.
Nello stesso periodo ha modo di conoscere Faraday, e inoltre dedicarsi allo studio della teoria cinetica dei gas. Sfortunatamente è in questi anni che si presentano le prime gravi malattie, di natura infettiva.
Lasciato il King’s College, Maxwell si dedica alla stesura di una grande opera, il “Trattato di elettricità e magnetismo (Great work on Electricity and Magnetism)”, che vede la prima pubblicazione nel 1873.
Fino al 1871 Maxwell si trova in ritiro, e tra le altre cose affronta un lungo viaggio in Italia, dimostrando grande passione per l’arte e la lingua italiana.
Ritornato in patria, accetta la cattedra di Fisica Sperimentale presso l’Università di Cambridge, e la direzione del Cavendish Laboratory, dove può dedicarsi ad una intensa attività di ricerca. La sua ultima opera è, però, di tipo biografico: “An account of the Electrical Researches of the Honorable Henry Cavendish between 1771 and 1781”.
Il 2 ottobre 1879, a soli 48 anni, Maxwell, già debilitato e piegato dalla malattia, viene informato di avere soltanto un mese di vita. Muore poco dopo, presumibilmente di cancro, la stessa malattia che aveva ucciso la madre.
Le equazioni di Maxwell.
Abbiamo detto come il lavoro di Maxwell abbia unificato i fenomeni dell’elettricità e del magnetismo, in una teoria per la prima volta completa che ha dato il via libera allo sviluppo della fisica moderna, la quale ha messo in discussione i principi e le leggi di quella classica.
Maxwell diede un forma matematica coerente e completa dei dati sperimentali allora noti. Le sue quattro equazioni differenziali, fanno riferimento a tutti i seguenti concetti:
- Legge di Coulomb e idea di campo elettrico;
- I fili percorsi da corrente producono forze in altri fili percorsi da corrente;
- Non esiste la carica magnetica libera (non ci sono monopòli magnetici);
- Le variazioni di campi magnetici producono campi elettrici;
- La carica elettrica si conserva, cioè non si crea e non si distrugge.
Le equazioni differenziali contengono degli elementi innovativi, e prevedono l’esistenza di onde elettromagnetiche. La teoria inoltre si distacca dal meccanicismo, e si presenta come “fisica del continuo”, dopo ben due secoli in cui le teorie del discontinuo avevano dominato il mondo scientifico. Dal concetto di azione a distanza si è passati alla teoria dei campi, e questo ha consentito lo sviluppo in epoca moderna della meccanica quantistica e della relatività.
Dunque le equazioni di Maxwell affrontano i fenomeni elettromagnetici mediante una teoria dell’azione per contatto: se si conoscono le condizioni del campo elettrico e magnetico ad un certo istante e in un certo luogo, sarà possibile prevedere cosa accade in un punto appena vicino e in un istante successivo. Abbiamo così delle forze elettromagnetiche che si propagano nello spazio ad una velocità finita, che coincide con la velocità della luce (dunque si può dedurre che anche la luce sia un’onda elettromagnetica).
Analizziamo ora le equazioni nella loro espressione matematica :
FS () = Si Qi
Questa prima equazione corrisponde al teorema di Gauss per il vettore induzione elettrica: il flusso del vettore che attraversa una superficie chiusa S è dato dalla somma algebrica delle cariche elettriche contenute entro tale superficie.
FS () = 0
Questa legge afferma che il flusso del vettore induzione magnetica attraverso una qualsiasi superficie chiusa S è sempre nullo. Questo si comprende facilmente ricordando che, a differenza del campo elettrico, il campo magnetico non possiede cariche isolate: come vediamo in figura nella pagina successiva, ogni magnete è sempre costituito dall’accoppiamento di due poli, le linee di campo saranno chiuse e di conseguenza qualunque superficie chiusa ne vedrà tante in ingresso e tante in uscita, il che equivale a dire che il flusso attraverso tale superficie è nullo.
Una variazione del flusso del vettore induzione magnetica .
Sono qui contenute le leggi di Lenz e di Faraday-Neumann.
La circuitazione del campo magnetico è uguale alla somma della corrente concatenata e della variazione di flusso del campo induzione elettrica. In questa equazione è anche compresa la legge di Ohm.
Verifica della teoria di Maxwell.
Esperimento di Hertz e principali caratteristiche delle onde.
Maxwell non ebbe modo di verificare sperimentalmente la propria teoria. Fu Hertz, qualche anno più tardi, a svolgere un esperimento cruciale.
Applicando una d.d.p. capace di produrre una scarica tra due elettrodi, verificò su un secondo circuito, dalle caratteristiche simili al primo, l’innescarsi di una scarica: era dunque riuscito a produrre onde elettromagnetiche. Osserviamo l’esperienza nel dettaglio.
Nel primo circuito, interrompendo o inserendo una corrente nella bobina A con un interruttore a vibrazione S, si producono rapide variazioni del campo magnetico nel nucleo di ferro. Tali variazioni del campo inducono elevati picchi di tensione nella bobina B (realizzata con un grande numero di spire) e possono produrre una scintilla nell’aria tra le due sferette dello spinterogeno. Hertz scoprì che poteva controllare la frequenza di oscillazione delle scintille variando la forma e le dimensioni delle placche metalliche collegate ai morsetti della bobina ad induzione. Inoltre osservò che, quando un filo conduttore (avvolto in modo che rimanga una piccola apertura tra gli estremi) viene avvicinato ad una bobina ad induzione, si produce una scintilla indotta. Pensò che la scintilla, saltando avanti e indietro tra i morsetti della bobina, generasse campi elettrici e magnetici variabili che si propagano nello spazio come onde elettromagnetiche con una frequenza che è uguale a quella con cui oscillano le scintille.
Le onde elettromagnetiche piane sinusoidali si possono descrivere con la seguente legge, similmente a quanto già incontrato per onde di tipo elastico:
E = E0 sin [2 (t/T – x/)]
B = B0 sin [2 (t/T – x/)]
In queste formule t è il tempo, x è la coordinata spaziale, T è il periodo e è la lunghezza d’onda. Ricordiamo che la lunghezza d’onda è la distanza tra due creste o due gole dell’onda, mentre il periodo è il tempo impiegato a percorrere tale lunghezza.
L’onda elettromagnetica trasporta energia, la cui intensità cresce al diminuire della lunghezza d’onda (e quindi all’aumentare della frequenza) ed è definita come l’energia che cade nell’unità di tempo sull’unità di superficie posta perpendicolarmente alla direzione di propagazione dell’onda.
In ogni onda il campo elettrico e quello magnetico sono sempre ortogonali tra loro, e a loro volta sono sempre entrambi perpendicolari alla direzione di propagazione. Il campo elettrico e l’induzione magnetica sono sempre in fase tra loro, e si dimostra che tra i valori massimi E0 e B0 sussiste la relazione:
Lo stesso Maxwell dedusse teoricamente dalle sue equazioni che tali onde dovevano propagarsi nel vuoto con velocità
c = = 2,9979 • 108 m/s
Lo spettro elettromagnetico.
Come abbiamo visto, la luce è un fenomeno di natura elettromagnetica; essa però è solo una componente dell’insieme continuo di radiazioni dalle onde radio fino ai raggi gamma, cioè rappresenta una piccola parte del cosiddetto spettro elettromagnetico. Le varie parti dello spettro costituiscono intervalli di lunghezza d’onda (e quindi di frequenze) che si raccordano tra loro con continuità: in pratica non è possibile fornire dei limiti superiori o inferiori per ciascuna banda, e nemmeno per lo spettro nel suo insieme. Distinguiamo varie bande poiché per ognuna di esse esiste un diverso sistema di rilevamento e produzione.
Osserviamo in un grafico riassuntivo tutte le bande dello spettro elettromagnetico.
Appaiono evidenti i significati di tutte le colonne riportate; in particolare nella quarta colonna viene indicata coi toni di grigio la trasparenza dell’atmosfera terrestre alle varie bande elettromagnetiche: un grigio chiaro indica che la l’atmosfera è completamente trasparente alle relative lunghezze d’onda, mentre il nero indica che quella banda non è rilevabile al suolo a causa della riflessione o dell’assorbimento dovuto all’atmosfera.
Analizziamo il fenomeno più nel dettaglio.
Ogni onda è portatrice di una determinata quantità di energia, in funzione della propria frequenza. Se tale quantità di energia corrisponde a quella necessaria per fare avvenire qualche mutamento chimico (transizioni elettroniche, rotazioni, vibrazioni) nelle molecole dell’atmosfera, la radiazione verrà assorbita e non potrà giungere al suolo.
Nel caso dell’atmosfera terrestre, sono principalmente tre i fenomeni da considerare:
- Assorbimento parziale della radiazione ultravioletta da parte dell’ozono.
Sappiamo che ad una altitudine compresa tra 15 e 40 Km si trova uno strato di ozono (ozonosfera). I raggi ultravioletti causano la scomposizione e la ricomposizione di questo gas, processi in cui viene in gran parte dissipata l’energia della radiazione. Se così non avvenisse, verrebbero a mancare sulla Terra le condizioni favorevoli alla vita, poiché i raggi UV, altamente energetici, sono estremamente nocivi.
- Assorbimento di raggi infrarossi da parte del vapore acqueo.
Le molecole d’acqua presenti in atmosfera ricevono dai raggi IR energia sufficiente a mettersi in rotazione. Anche in questo caso il processo è alla base dell’estinzione dell’onda a determinate frequenze.
- Riflessione dovuta alla ionosfera.
Nell’alta atmosfera, in una regione nota come ionosfera, si trovano strati altamente riflettenti detti di Heaviside, che impediscono il passaggio di gran parte delle radiazioni meno energetiche.
Informazioni astronomiche ottenibili alle varie frequenze.
L’impiego moderno delle onde elettromagnetiche è sconfinato.
Si utilizzano le onde radio per le telecomunicazioni, le onde luminose per diversissimi scopi (basti pensare al laser, alle fibre ottiche, ecc…), gli infrarossi e i raggi X sono impiegati in medicina, le microonde sono entrate ormai in tutte le cucine, e l’elenco potrebbe continuare a lungo.
Lo studio delle onde elettromagnetiche è però stato particolarmente sviluppato nell’astrofisica; analizzando infatti le radiazioni provenienti dai corpi celesti è stato possibile determinarne la natura, la distanza, le caratteristiche fisiche, offrendo un quadro sempre più preciso ed entusiasmante del nostro Universo.
Non sono mancate, tuttavia, le difficoltà.
Come si è visto, l’atmosfera può dirsi sufficientemente trasparente solo rispetto alle bande ottica e radio. E’ dunque principalmente a tali lunghezze d’onda che si è concentrato lo studio delle radiazioni che ci arrivano dal cosmo, almeno fino a tempi recentissimi.
L’utilizzo del telescopio ottico risale infatti al secolo XVII, mentre la radioastronomia ha visto la luce solo nel 1930, con la costruzione delle prime parabole. E’ poi di questi ultimi decenni l’indagine della volta celeste anche in altre bande, come la banda IR, quella X o gamma, ovviamente mediante strumenti posti al di fuori dell’atmosfera.
Osservare gli oggetti celesti a diverse frequenze significa ricavare informazioni su aspetti estremamente differenti di tali corpi.
L’indagine di una galassia ai raggi UV, per esempio, è in grado di mostrare le stelle più calde ed energetiche, mentre sarà ben visibile nella banda X il densissimo nucleo (e in particolare l’eventuale buco nero che si trova al suo interno). Nell’infrarosso spiccano invece le aree dense di polveri interstellari, che assorbono la luce proveniente dalle stelle e la irradiano proprio in IR. La radioastronomia, infine, è stata indispensabile per scoprire che moltissimi oggetti celesti mostrano una forte emissione di onde radio, segnale in genere di processi di tipo relativistico.
Osserviamo per esempio cinque immagini della stessa galassia (la M81, nell’Orsa Maggiore) riprese nelle varie bande elettromagnetiche.
L’Italia dispone di svariate apparecchiature: esistono osservatori ottici professionali quali quelli di Loiano, Asiago ed il recentissimo Telescopio Nazionale Galileo, situato nelle isole Canarie. Il nostro paese si distingue inoltre per l’attività in campo radioastronomico, grazie ai radiotelescopi di Noto e Medicina.
Quest’ultimo, il radiotelescopio “Croce del Nord” a pochi km da noi, svolge un preziosissimo servizio di catalogazione delle radiosorgenti, ed è inoltre utilizzato per la ricerca nelle più svariate branche dell’astronomia.
Basta pensare che lo studio degli oggetti più lontani, quali quasars e galassie dal nucleo attivo, permette di “effettuare un viaggio nel tempo” ed osservare come era l’Universo miliardi di anni or sono, per capire l’immensa portata delle scoperte astronomiche ottenute mediante gli strumenti moderni.
E’ ormai definitivamente abbandonata la concezione kantiana dell’universo: non esistono spazio e tempo assoluti; il cosmo, un tempo immaginato come un eterno, immutabile ed infinito spazio euclideo, si è dimostrato essere luogo di evoluzioni a volte incredibilmente violente, un luogo dalla natura tanto complessa da richiedere teorie estremamente innovative (relatività generale, geometrie non euclidee), spesso molto lontane dalla concezione delle leggi fisiche che sviluppiamo nell’esperienza quotidiana.
L’astronomia non si ferma però ai traguardi raggiunti, ma si spinge ogni giorno più lontano, per trovare le risposte alle più antiche domande dell’uomo, stimolata sempre dall’idea che “Nulla è troppo meraviglioso per essere vero”.
fonte: http://ipertestiscuola.altervista.org/letteratura/temi/equazmaxwell.zip
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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