Campo magnetico terrestre
Campo magnetico terrestre
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Il campo magnetico terrestre
L’esistenza di un campo magnetico che permea il nostro pianeta è nota sin dall’antichità. I cinesi furono i primi ad utilizzare uno strumento che ricorda una versione primitiva di una bussola già 2000 anni prima di Cristo.
In natura esistono due modi di generare un campo magnetico: disporre di un materiale che genera spontaneamente un campo magnetico (esistono in natura materiali che si comportano in tal modo, come la magnetite, la comune calamite), oppure disporre di un filo elettrico in cui si faccia scorrere una corrente elettrica.
Il movimento di cariche elettriche in generale è sempre legato alla generazione di un campo magnetico.
Infatti l'ago di una bussola posta in prossimità del filo percorso da corrente devia dalla posizione d'equilibrio.
Disponendo di una calamita e di limatura di ferro si possono visualizzare le linee di forza del campo magnetico e che le linee stesse si addensano nei pressi delle estremità, che vengono denominati poli, Nord e Sud. Le linee di forza magnetica possono essere osservate dall'orientamento di un ago magnetico: l'ago magnetico si orienta sempre lungo la linea di forza del campo magnetico, detta anche direzione del campo nel punto considerato.
Secondo la convenzione, le linee di forza escono dal polo Nord ed entrano dal polo Sud della calamita, rispettivamente. Si identifica come polo Nord quell'estremità della calamita che, se lasciata libera di ruotare, si rivolge verso il Nord geografico.
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Il campo magnetico H (A/m) prodotto da una corrente I (A) passante per un filo rettilineo alla distanza r del filo è:
Le linee di forza formano cerchi concentrici centrati sul filo rettilineo.
Se la linea di corrente viene piegata a formare una spira, il campo magnetico prodotto è paragonabile a quello che sarebbe prodotto da un magnete con momento di dipolo dato da m = (n) i p r2
in cui r rappresenta il raggio della spira ed n il numero di avvolgimenti della spira; l’unità di misura per m è l’Ampere x metro2.
IL DIPOLO MAGNETICO
L’elemento fondamentale nello studio del magnetismo è il dipolo, sistema costituito da due “cariche o masse magnetiche” uguali e di segno opposto. Nella pratica una qualsiasi barretta magnetizzata può considerarsi un dipolo.
Come è noto infatti, spezzando una barretta magnetizzata non si ottengono le due cariche magnetiche separate ma due nuovi dipoli. La barretta magnetizzata si comporta quindi “come se fosse” costituita da due masse magnetiche uguali e di segno opposto, ma l’origine fisica del magnetismo non è compatibile con questa schematizzazione.
Il campo di dipolo approssima, al primo ordine, il campo magnetico terrestre. La descrizione del campo magnetico prodotto da un dipolo è facilitato, se ricorriamo al potenziale magnetico. Il dipolo magnetico è definito dal suo momento magnetico della coppia di forze agente sull'aghetto, in funzione dell'angolo fra la linea di forza del magnete e l'orientazione dell'aghetto. Tale momento è pari a:
con B l'intensità dell'induzione magnetica, p è un fattore di proporzionalità.
Si definisce allora come momento magnetico il vettore parallelo all'aghetto e di modulo p. In termini generali il momento esercitato sull'aghetto è pari al prodotto vettoriale:
Il momento magnetico viene espresso in. La magnetizzazione misura il momento magnetico nel volume unitario (densità del momento magnetico).
IL POTENZIALE MAGNETICO DEL DIPOLO
In condizioni particolari, il campo magnetico in un generico punto P può essere derivato da un potenziale scalare. Nel punto in questione non vi devono essere correnti elettriche o cariche in moto (che genererebbero essi stessi un campo magnetico) e non vi deve risiedere materia magnetizzata.
Queste condizioni sono soddisfatte nei problemi tipici della prospezione magnetica. In tal caso vale:
in cui U è il potenziale magnetico.
Il potenziale magnetico di un momento magnetico è:
Il campo magnetico dipolare può essere ricavato dal potenziale magnetico U tramite la seguente formula, in cui B è definito vettore induzione magnetica:
definendo , la costante nota come permeabilità magnetica nel vuoto.
In coordinate sferiche:
Allineiamo il momento magnetico con l'asse z e poniamo l'origine delle coordinate nel baricentro della calamita, allora segue:
Il campo totale sarà allora
IL CAMPO MAGNETICO TERRESTRE (CMT)
Il CMT può essere rappresentato mediante lo sviluppo in armoniche sferiche, dal quale si evince che il termine più significativo è il campo dipolare (rappresenta circa il 90% dell'ampiezza totale). Una buona approssimazione del CMT totale è pertanto data da un campo dipolare.
Il miglior dipolo geocentrico nel 2005 è definito dalle coordinate del poli Nord (78.8°N, 289.2°W) e Sud (78.8°S, 109.2°E) geomagnetici. I poli geomagnetici sono definiti dall'intersezione dell'asse dipolare con la superficie terrestre mentre i poli magnetici, i due punti sulla superficie terrestre, dove il campo magnetico è verticale. Se il campo fosse perfettamente dipolare, allora i poli magnetici e geomagnetici coincidessero. Il dipolo si discosta di 300 km dal baricentro terrestre, ed ha un'inclinazione di 12° rispetto all'asse terrestre. Il momento di dipolo ha intensità pari a 7.9 1022 Am2. L’intensità massima e minima dipolare del cmt è di 61500 nT (poli) e 30450 nT (equatore geomagnetico). La componente dipolare del campo ha la sua origine nell'interno della terra.
Elementi geomagnetici: in geofisica si definiscono gli elementi magnetici per descrivere il campo magnetico nel punto d'osservazione.
F= intensità del campo
I= inclinazione sul piano orizzontale
D= declinazione (azimut rispetto al Nord geografico)
H= F cosI = componente orizzontale
Z= F sinI = componente verticale
X= H cosD = componente Nord-Sud
Y= H sinD = componente Est-Ovest
Il campo viene rappresentato con le carte isomagnetiche, nelle quali viene costruita una carta geografica delle variazioni di un elemento magnetico. In particolare si distinguono:
carta isogonica (declinazione)
carta isoclinica (inclinazione)
carta isodinamica (intensità)
carta isoporica (variazioni secolari)
Il campo magnetico esterno, generato da correnti ionosferiche, contribuisce ad una piccola parte del cmt. L’ampiezza del campo esterno può però ampiamente variare, a seconda se è un giorno magneticamente calmo o attivo. Per giorni magneticamente tranquilli, il campo esterno ha ampiezza di circa 30 nT, mentre può essere di qualche migliaio di nT durante le tempeste magnetiche.
IL CAMPO DI RIFERIMENTO E LE ANOMALIE MAGNETICHE
Analogamente a quanto fatto per le prospezioni gravimetriche, anche nelle prospezioni magnetiche vi è l’esigenza di calcolare le anomalie magnetiche rispetto ad un campo di riferimento. Il campo di riferimento è dominato dai contributi profondi ed a grande scala. Il campo residuo (o anomalo) invece permette di evidenziare i contributi dovuti a disomogeneità di magnetizzazione nella crosta.
Lo IAGA (International Association of Geomagnetism and Aeronomy) ha deciso nel 1968 di stabilire il IGRF (International Geomagnetic Reference Field) per tutto l’intervallo 1945-1990. Il IGRF consiste di 10 modelli del cmt nello sviluppo in armoniche sferiche di ordine n<= 10, uno per ogni quinquennio a partire dal 1945, e di altrettanti modelli della variazione secolare.
Essendo l’IGRF un modello globale, può rivelare una definizione del campo troppo grossolana, soprattutto in quelle aree dove l’IGRFè stato costruito utilizzando un numero ridotto di osservazioni geomagnetiche. Per l’Italia Molina e DeSantis (1987, PEPI, 48: 379-385), hanno definito l’ITGRF, che è una correzione del IGRF fatta utilizzando le osservazioni degli osservatori geomagnetici Italiani.
Per quanto riguarda rilievi magnetici di piccola estensione, può essere conveniente stimare il campo regionale con metodi statistici. Come visto anche in gravimetria, il campo regionale viene definito da una superficie polinomiale del primo e secondo ordine, ottenuto applicando il metodo dei minimi quadri.
VARIAZIONI TEMPORALI DEL CMT
Le variazioni temporali del campo geomagnetico variano su scala temporale di qualche millisecondo a milioni di anni. Le variazioni veloci vengono generate da correnti elettriche nelle ionosfera e magnetosfera. Le variazioni veloci comprendono le tempeste magnetiche e le variazioni diurne. Le variazioni lente con periodicità maggiori dell'anno vengono denominate variazioni secolari, ed hanno la loro origine nell'interno della terra.
- Variazioni secolari
Il campo totale di CMT misurato in un punto mostra variazioni dell’inclinazione e della declinazione. Le misure storiche coprono un intervallo di tempo che si estende fino a circa 400 anni fa.
Esempio: osservazioni dal 1600 al 1960 all’osservatorio geomagnetico di Londra.
Le variazioni temporali secolari variano da luogo a luogo (vedi carte delle variazioni).
Si è dedotto che anche il momento magnetico ha subito una diminuzione nell'ultimo secolo:
nel 1830 valeva: 8.55 1022 Am2, mentre
nel 1980 valeva: 7.9 1022 Am2.
La parte maggiore della variazione secolare viene attribuita ad una deriva verso ovest del campo non-dipolare. Tale deriva è approssimativamente pari a 0.2°/anno.
Fonte: ftp://ftp.ingv.it/pub/stefano.urbini/corso%20geofisica/DISPENSA_03.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Campo magnetico terrestre
Il campo magnetico terrestre (cmt)
Il cmt completo trova una rappresentazione nello sviluppo in armoniche sferiche. Il termine più significativo è il campo dipolare, che rappresenta circa il 80% dell'ampiezza totale. In buona approssimazione il campo allora è dipolare.
Il miglior dipolo geocentrico nel 1980 è definito dalle coordinate del poli Nord (78.8°N, 289.2°W) e Sud (78.8°S, 109.2°E) geomagnetici. I poli geomagnetici sono definiti dall'intersezione dell'asse dipolare con la superficie terrestre. I poli geomagnetici si distinguono dai poli magnetici, che sono i due punti sulla superficie terrestre, dove il campo magnetico è verticale. Se il campo fosse perfettamente dipolare, allora i poli magnetici e geomagnetici coincidessero. Il dipolo si discosta di 300 km dal baricentro terrestre, ed ha un'inclinazione di 12° rispetto all'asse terrestre. Il momento di dipolo ha intensità pari a 7.9 1022 Am2. L’intensità massima e minima dipolare del cmt è di 61500 nT (poli) e 30450 nT (equatore geomagnetico). La componente dipolare del campo ha la sua origine nell'interno della terra.
Elementi geomagnetici: in geofisica si definiscono gli elementi magnetici per descrivere il campo magnetico nel punto d'osservazione.
F= intensità del campo
I= inclinazione sul piano orizzontale
D= declinazione (azimuth rispetto al Nord geografico)
H= F cosI = componente orizzontale
Z= F sinI = componente verticale
X= H cosD = componente Nord-Sud
Y= H sinD = componente Est-Ovest
Il campo viene rappresentato con le carte isomagnetiche, nelle quali viene costruita una carta geografica delle variazioni di un elemento magnetico. In particolare si distinguono:
carta isogonica (declinazione)
carta isoclinica (inclinazione)
carta isodinamica (intensità)
carta isoporica (variazioni secolari)
Il campo magnetico esterno, generato da correnti ionosferiche, contribuisce ad una piccola parte del cmt. L’ampiezza del campo esterno può però ampiamente variare, a seconda se è un giorno magneticamente calmo o attivo. Per giorni magneticamente tranquilli, il campo esterno ha ampiezza di circa 30 nT, mentre può essere di qualche migliaio di nT durante le tempeste magnetiche.
Il campo di riferimento e le anomalie magnetiche
Analogamente a quanto fatto per le prospezioni gravimetriche, anche nelle prospezioni magnetiche vi è l’esigenza di calcolare le anomalie magnetiche rispetto ad un campo di riferimento. Il campo di riferimento è dominato dai contributi profondi ed a grande scala. Il campo residuo (o anomalo) invece permette di evidenziare i contributi dovuti a disomogeneità di magnetizzazione nella crosta.
Lo IAGA (International Association of Geomagnetism and Aeronomy) ha deciso nel 1968 di stabilire il IGRF (International Geomagnetic Reference Field) per tutto l’intervallo 1945-1990. Il IGRF consiste di 10 modelli del cmt nello sviluppo in armoniche sferiche di ordine n<= 10, uno per ogni quinquennio a partire dal 1945, e di altrettanti modelli della variazione secolare.
Essendo l’IGRF un modello globale, può rivelare una definizione del campo troppo grossolana, soprattutto in quelle aree dove l’IGRFè stato costruito utilizzando un numero ridotto di osservazioni geomagnetiche. Per l’Italia Molina e DeSantis (1987, PEPI, 48: 379-385), hanno definito l’ITGRF, che è una correzione del IGRF fatta utilizzando le osservazioni degli osservatori geomagnetici Italiani.
Per quanto riguarda rilievi magnetici di piccola estensione, può essere conveniente stimare il campo regionale con metodi statistici. Come visto anche in gravimetria, il campo regionale viene definito da una superficie polinomiale del primo e secondo ordine, ottenuto applicando il metodo dei minimi quadri.
Variazioni temporali del cmt.
Le variazioni temporali del campo geomagnetico variano su scala temporale di qualche millisecondo a milioni di anni. Le variazioni veloci vengono generate da correnti elettriche nelle ionosfera e magnetosfera. Le variazioni veloci comprendono le tempeste magnetiche e le variazioni diurne. Le variazioni lente con periodicità maggiori dell'anno vengono denominate variazioni secolari, ed hanno la loro origine nell'interno della terra.
- Variazioni secolari
Il campo totale di cmt misurato in un punto mostra variazioni dell’inclinazione e della declinazione. Le misure storiche coprono un ointervallo di tempo che si estende fino a circa 400 anni fa.
Esempio: osservazioni dal 1600 al 1960 all’osservatorio geomagnetico di Londra.
Le variazioni temporali secolari variano da luogo a luogo (vedi carte delle variazioni).
Si è dedotto che anche il momento magnetico ha subito una diminuzione nell'ultimo secolo:
nel 1830 valeva: 8.55 1022 Am2, mentre
nel 1980 valeva: 7.9 1022 Am2.
La parte maggiore della variazione secolare viene attribuita ad una deriva verso ovest del campo non-dipolare. Tale deriva è approssimativamente pari a 0.2°/anno.
fonte: www.dst.univ.trieste.it/DST/geodynamic/ft/fister04_magnet.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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