Guerra fredda
Guerra fredda
La guerra fredda
La II guerra mondiale è oggi considerata come un grande spartiacque storico al quale è riconducibile gran parte degli eventi della storia contemporanea.
La guerra non segnò solo la fine del nazismo e il trionfo delle democrazie ma portò all’epilogo la crisi delle grandi potenze d’Europa iniziata con la I guerra mondiale.
La Germania era stata sconfitta e si avviava a perdere la sua unità; anche la Francia e la stessa Inghilterra uscivano dalla guerra vittoriose ma gravemente provate, incapaci di mantenere l’impero coloniale (che in pochi anni sarebbe stato smantellato) e di conservare il ruolo di grandi potenze.
Solo Usa e Urss potevano aspirare al ruolo di Grandi.
In seguito al grande conflitto l’Inghilterra e i paesi del Commonwealt avevano avuto circa 550.0000 morti; gli Usa circa 290.000; l’Urss circa 20 milioni,
L’abisso che separa il sacrificio umano dell’Urss e Usa è clamoroso: è un elemento importante per comprendere i diversi comportamenti politici del dopoguerra, in quanto più di una volta durante i vertici i capi sovietici (soprattutto Stalin) ricorderanno il gran peso sostenuto nel conflitto.
Dalla guerra l’Urss era uscita:
- Con una notevole potenza militare
- Con ferite sul piano socio economico che avrebbero pesato a lungo
- Con la produttività indebolita
- Con la manodopera sfibrata dall’occupazione tedesca e dai ritmi di lavoro imposti in quella fase
- Con il patrimonio agricolo a pezzi a causa dei continui saccheggi tedeschi
- Con la siccità del 1946 e la successiva carestia che causò migliaia di morti nel ‘47
Dalla guerra gli Usa ne escono:
- Con un numero limitato di perdite e soltanto militari
- Con una condizione economica florida: la produzione raddoppiata rispetto al 1939, reddito nazionale cresciuto del 75%, scomparsa della disoccupazione, salari raddoppiati
- Con il controllo dei settori produttivi strategici (carbone, petrolio, energia elettrica, materie prime)
- Con eccedenza alimentare e di produzione tanto che si può dar vita ai piani UNRRA e ERP
- Con crediti enormi nei confronti di tanti Paesi europei (grazie ai questi crediti impongono il dollaro e emarginano la sterlina)
Di fronte ad una potenza militare come la Russia e ad un colosso economico come gli Usa (in possesso per di più della bomba atomica), c’è il vecchio Continente il cui disastro aumenta andando da ovest a est; dopo il salasso economico-militare tra il 1939 e il ’45 l’Europa fatica a ricostruire una propria identità politica autonoma.
Si impongono così due modelli di Stato completamente diversi:
modello americano: si presenta con i contenuti della Carta Atlantica, dell’autodeterminazione dei popoli; secondo un modello capitalistico che in Europa si afferma ancora prima che in Usa (quindi c’è affinità). La politica americana può contare su una forte omogeneità sociale ed economica. Il modello dell’affermazione della democrazia liberale in regime di pluralismo politico;
modello sovietico: era invece quello della trasformazione dei vecchi assetti politici in nome del modello collettivistico fondato sulla centralizzazione del potere e su un etica anti individualistica.
Questa contrapposizione globale tra Usa e Urss portò al sistema mondiale bipolare, con influenza determinante nella vita politica degli altri Stati.
L’Europa occidentale non rappresenta un motivo di preoccupazione politica per gli Usa, poiché ha una tradizione liberale e parlamentare che rende inconsistenti e progetti preesistenti di rivoluzione sociale; in Europa occidentale ci sono ceti medi e classi urbane forti; la classe operaia, pur forte, non presenta forti caratterizzazioni antiparlamentari. L’Europa occidentale è disponibile al modello produttivo e distributivo degli Usa.
Quindi gli Usa hanno il vantaggio di avere in Europa un modello affine, dove la concorrenza Urss non è credibile.
L’Urss invece: ha la pressante necessità di ricostruire dopo le distruzioni subite; per questo è intransigente sul problema delle riparazioni e procederà nei Paesi vinti a smantellamenti industriali, sanzioni finanziarie, trasferimento di popolazioni come forza lavoro. Ciò non giova alla sua popolarità.
L’Urss si autoescluderà dagli aiuti UNRRA e ERP, perché ciò significava contrattare con Usa i modelli socio economici nazionali.
L’Urss si ritroverà:
- Isolata a livello internazionale
- Debole a livello economico
- Forte a livello militare (è la prima potenza del Continente)
L’obiettivo dell’Urss, pertanto, è di creare un cordone di Stati cuscinetto che garantiscano la sicurezza di confini (in funzione antitedesca, ma soprattutto antioccidentale) e che contribuiscano a creare un’area economica per dare ossigeno al proprio sistema economico.
Quella sovietica sarà una politica difensiva
- con un forte connotato imperialistico:
- Con operazioni di forza nei Paesi dell’Est
- Solo in seconda istanza con contenuti economici e sociali innovativi (in teoria e non in pratica)
- L’uniformità del sistema politico nell’Europa dell’est è frutto della presenza militare: ciò dimostra l’incapacità del sistema sovietico a creare una rete di alleanze con tali stati fondate sul consenso sociale e sulla identità nazionale. Per questo acutizza i rapporti con le classi sociali dei Paesi satelliti, specie con le classi danneggiate dalla politica economica impostata dai Paesi comunisti.
Dunque due modelli profondamente diversi, due concezioni diverse.
- entrambi cercano di imporre la loro politica e il sistema economico.
- Gli Usa lo fanno con una forma di interventismo economico che formalmente rispetta i sistemi locali: una forma di “imperialismo dalle mani pulite”.
- L’Urss lo fa con una pressione militare che è anche occupazione, perseguendo una rigida uniformazione dei Paesi satelliti, che diventa abolizione del Parlamento (imposizione del partito unico), inteso in senso occidentale, e di ogni sistema liberale.
Si hanno due modelli di economia, l’uno basato sull’economia di mercato, l’altro sul collettivismo; che assumono una contrapposizione storica ed ideologica che solo l’alleanza antitedesca mette un po’ in secondo piano. Cioè la fase dell’alleanza anti Germania è più una parentesi e si può quasi dire che la guerra fredda è solo una accentuazione di una contrapposizione già evidente.
Da ciò riusciamo a comprendere i tatticismi tra Stalin, Roosevelt e Churchill nelle conferenze tra il ’41 e il ’46, ma anche nelle relazioni diplomatiche (esiti come frutto di convinzioni diverse).
Quando Roosevelt pensava all’autodeterminazione dei popoli intendeva l’organizzazione di libere elezioni, l’attività parlamentare ecc.
Per Stalin invece l’autodeterminazione dei popoli era la possibilità per i partiti operai di battere attraverso la via parlamentare gli altri antagonisti sociali e far compiere alla storia un balzo in avanti.
Per questo gli anni di Yalta ( febbraio ’45, conferenza di Yalta, accordo Usa-Urss: stabilisce che la Germania veniva divisa in 4 zone occupate e sottoposta a denazificazione; diverse sfere di influenza; in Polonia il governo doveva nascere dall’accordo tra componente comunista e quella filo-occidentale; in cambio l’Urss si impegnava a entrare in guerra contro il Giappone) preparano in grande stile la contrapposizione tra est e ovest, all’inizio alimentata da ambiguità nelle intenzioni (d’accordo sui governi democratici ma con diverse intenzioni) ma poi sostenuta dalle questioni di equilibrio internazionale che si sovrappongono ai problemi delle realtà locali. L’esigenza dell’Urss di avere una cintura di paesi vicini amici passa sopra alla conclamata esigenza di democrazia e di autodeterminazione.
Si capisce la difficoltà di Paesi come Romania, Bulgaria e Ungheria ad accettare la nuova collocazione internazionale: si capisce anche come il consenso sociale delle popolazioni di questi paesi nei confronti dell’Urss sia ottenuto solo con la forza.
Villani (storico) ritiene irrealistico pensare che la ricostruzione politica dei Paesi dell’est europeo potesse essere realizzata con metodi parlamentari e liberali: sia perché i partiti comunisti cui si appoggia l’Urss non hanno forza e tradizione apprezzabili, sia perché prima vi erano regimi autoritari e di destra a maggioranza rurale (tranne la Jugoslavia), sia perché mettere in moto il meccanismo di democrazia parlamentare e liberale avrebbe significato verificare l’opinione antisovietica (e l’Urss non intendeva correre tale rischio) ritenendolo oltretutto uno strumento di stabilizzazione del dominio della classe borghese.
Per cui dalla fine della II guera mondiale sino alla fine degli anni ’80 c’è una logica di contrapposizioni e di conflittualità tra i due modelli Est e Ovest e ne fanno le spese le identità tradizionali. L’Europa infatti tornerà ad essere una identità politica solo con Maastricht 1992.
Prima nell’Ovest Europa c’è il requiem della sterlina con l’affermarsi dell’american way of life (il franco conta poco nonostante De Gaulle, il marco sa farsi valere per alcune volontà).
Nell’Est Europa si ha l’imposizione di un omogeneo modello socioeconomico, raramente capace di adattarsi alle condizioni locali.
L’Europa diventa una pedina di estrema importanza dove la lotta politica viene combattuta dagli opposti versanti del capitalismo e comunismo, democrazia e dittatura, destra e sinistra.
Da una parte, nei regimi occidentali, l’aggregazione dei partiti comunisti al Cominform impedisce la loro partecipazione a pieno titolo alla vita politica parlamentare, dall’altra nei regimi dell’est i partiti non comunisti sono emarginati e fatti fuori per i legami con la cultura occidentale.
La “cortina di ferro” evocata da Churchill nel 1946 è il simbolo di un destino che accomuna tutto il continente; per Churchill “questa non è l’Europa per la quale abbiamo combattuto” (forte denuncia del comportamento sovietico nei paesi dell’est).
Dunque la situazione dopo la II guerra mondiale è quella che emerge dalla Conferenza di Yalta, equilibrio del terrore e conflittualità che prende il nome di “Guerra Fredda” (come la battezzò W. Lippmann). La Guerra Fredda è caratterizzata dal bipolarismo Usa/Urss, due superpotenze entrambe entità continentali multietniche, entrambe hanno superato l’identità stato-nazione, dotate di immense risorse naturali e ricchezze, portatrici di un proprio modello o messaggio (mesaggio americano: espansione della democrazia liberale, regime pluralistico, concorrenza di mercato, etica del successo; messaggio sovietico: basato sul collettivismo, partito unico, pianificazione centralizzata, un’etica anti individualistica della disciplina e del sacrificio per realizzare una nuova società).
Intanto si trattava di gestire la fase precedente il trattato di pace e poi quest’ultimo: la gestione di questa fase da parte degli Usa fu più lungimirante e generosa di quanto non fece l’Intesa nel 1919. Si intraprese un’opera di codificazione e di aggiornamento un po’ forzato del diritto internazionale includendovi un settore penale applicato al Processo di Norimberga (1945-46) e al Processo di Tokio (1946-48).
Importantissima fu la nascita dell’ONU, ispirata dagli Usa e creata con la Conferenza di San Francisco (aprile-giugno 1945) che nell’art. 1 dichiara che la propria finalità è mantenere la pace e la sicurezza internazionale. L’ONU si ispira a principi di democrazia, universalità, uguaglianza. Sotto la tutela del Consiglio di Sicurezza, organo permanente che in caso di crisi internazionale ha il potere di prendere decisioni vincolanti per gli altri Stati, il consiglio di sicurezza è formato da 15 membri (le 5 potenze vincitrici –Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna e Cina- oltre a 10 mombri di Stati eletti a turno tra tutti gli Stati). I 5 membri permanenti hanno diritto di veto.
Anche l’ONU risente della spaccatura bipolare della guerra fredda.
Problema della gestione della pace:
- gli Usa puntano sulla ricostruzione dei Paesi, in un ordine mondiale stabile, senza punire i vinti.
- L’Urss, che ha subito devastazioni dalla guerra, esige oltre alle riparazioni in termini economici anche vantaggi sul piano politico che si traducono nell’esigenza di non avere nazioni ostili ai confini
- Non potendo scalzare l’Urss dai paesi danubiani senza scatenare un’altra guerra, Roosevelt cercò di raggiungere il compromesso di Yalta: questo nuovo ordine europeo, dove, accanto agli Usa, l’Urss avrebbe avuto un ruolo importante nel mantenere l’ordine in un’area tradizionalmente turbolenta, andò in crisi con la morte di Roosevelt (12 aprile 1945). La Presidenza degli Usa passa a Truman con un generale irrigidimento nei confronti dei sovietici.
Infatti nella Conferenza di Potsdam (luglio’45) si discute sul futuro della Germania e degli Stati dell’Europa orientale: l’Urss intanto cerca di portare al potere di questi Stati i partiti comunisti locali con l’appoggio e con forzature sui meccanismi democratici.
Si profila quella che Churchill chiamò una “cortina di ferro”.
La Conferenza di Parigi (ottobre ’46): tra i vincitori c’è accordo nei trattati con Italia, Bulgaria, Romania, Finlandia, Ungheria. Ed anche sui nuovi confini tra Urss (che si annette Estonia, Lituania e Lettonia), Polonia (arretra ad est, ma guadagna a sua volta ad ovest a spese della Germania, portando il suo confine alla linea segnata dai fiumi Oder e Neisse) e Germania (che è arrettrata). Restava aperto il nodo centrale: il problema della Germania.
Mentre è in atto tale conferenza
- si fanno tesi i rapporti tra Urss e Turchia (appoggiata dagli Usa) per lo stretto dei Dardanelli: per la Turchia Truman invia una flotta americana nell’Egeo pronta a intervenire: tale intervento si inquadra nella dottrina di contenimento di Truman (necessità di contenere l’espansionismo sovietico), ovvero gli Usa si impegnano a intervenire quando necessario, per sostenere popoli liberi nella resistenza all’asservimento da parte di minoranze armate o pressioni straniere (riferimento all’Urss).
- C’è lo scontro tra i partigiani comunisti e l’esercito in Grecia. Si ha l’intervento inglese e l’URSS non interviene.
Il Trattato di Pace viene sottoscritto nel febbraio 1947.
- Ma già i rapporti tra i due blocchi si erano deteriorati ulteriormente.
- Maggio ’47 in Italia si forma il governo senza la sinistra (lo stesso in Francia);
- settembre ’47 Stalin promuove il Cominform: ufficio di informazione dei partiti comunisti. Togliatti è invitato ad intervenire, ma preferisce restare in Italia: ha paura di non tornare. Con il Cominform si costituisce un organismo cui i partiti comunisti d’occidente dovevano uniformarsi. Il PCI alla riunione veniva fortemente criticato perché non aveva fatto una adeguata opera di opposizione e si era lasciato mettere fuori dal governo.
- Qui si ha la Guerra Fredda: ostilità tra due blocchi contrapposti di Stati.
Va anche tenuto conto che gli Usa nel ’45-’46 mandano in Europa (e ne beneficia anche l’URSS) gli aiuti UNRRA, ma quando lanciano il Piano Marshall nel ’47 hanno la netta contrapposizione dell’Urss.
Giugno 1947 Piano Marshall: gli Usa intervengono con il peso delle loro risorse economiche per aiutare la ricostruzione in Europa e contenere l’espansionismo sovietico, secondo le linee della dottrina Truman.
I sovietici rifiutarono tali aiuti e fanno rifiutare anche i Paesi satelliti, mentre i partiti comunisti degli altri Paesi manifestano contro.
Grazie al Piano Marshall arrivano in Europa tra il ’48 e il ’52 ben 13 miliardi di dollari fra aiuti a fondo perduto, macchinari, derrate agricole. Ne consegue un forte rilancio dell’economia occidentale in un quadro di economia liberista; ma ci sono anche vincoli: obbligo di acquisto di una parte di forniture industriali americane, controlli sull’impiego di fondi e sui programmi, intese reciproche per non entrare in concorrenza.
Sul piano economico finanziario ciò si accompagnava con gli accordi di Bretton Woods (luglio 1944), con la fondazione del Fondo Monetario Internazionale (FMI) (cioè adeguato fondo di riserve valutarie cui attingere in caso di necessità): il che contribuisce alla stabilità dei cambi, ancorandoli non solo all’oro ma anche al dollaro (gli Usa garantiscono la convertibilità).
Intanto l’Urss perseguì il disegno di trasformare gli Stati vicini (Stati satelliti) in democrazie popolari a partito unico. L’Urss per la propria ricostruzione fece prelievi di risorse finanziarie, macchinari e derrate agricole da tali Paesi, sviluppando l’industria pesante verso gli Urali e la Siberia.
Polonia: Stalin fu irremovibile nel volere in Polonia un governo amico; infatti nel giugno ’45 si insedia un governo di coalizione presieduto dal socialista Morawski e controllato dai comunisti; questi si impadroniscono dei principali centri di potere e prima delle elezioni del ’47 rompono la coalizione. Alle elezione c’è la schiacciante vittoria dei comunisti con sistematica liquidazione delle altre forze politiche.
Stessa sorte tocca alla Romania e Bulgaria.
Ungheria. Tenaci resistenze furono fatte dal partito dei contadini, che alle elezioni del 1945 aveva il 60%. I comunisti avevano il controllo del Ministero degli Interni: arresti ecc. ed il rapporto è modificato alle elezioni dell’agosto 1947; lista unica alle elezioni del maggio 1949.
In Cecoslovacchia le elezioni del ’46 fanno registrare il 38% ai comunisti con formazione di un governo guidato dal comunista Gottwald (alleanza tra partiti di sinistra); la coalizione si rompe nel gennaio ’48 per decidere se accettare di aderire al Piano Marshall; rimane il solo socialista Masaryk che muore cadendo da una finestra (morte mai chiarita).Maggio ’48 elezioni a lista unica.
Jugoslavia: qui la presa del potere da parte dei comunisti si compì senza troppi problemi. I comunisti infatti, sotto la guida di Tito, si imposero al governo del paese durante la Resistenza. Rottura con Mosca nel ’48 accusati di deviazionismo, di collusione con l’imperialismo, di non essersi attenuti alle direttive di Mosca. La dirigenza jugoslava resiste alle pressioni sovietiche e sperimenta una linea autonoma in politica estera: equidistanza dai 2 blocchi, poi darà vita al gruppo dei non allineati; in politica interna la ricerca di un equilibrio tra statalizzazione ed economia di mercato: il modello jugoslavo negli anni ’60 farà riforme basate sull’autogestione delle imprese.
Il principale terreno di scontro tra i due blocchi fu la Germania, divisa in 4 zone di occupazione, anche Berlino era divisa in 4 zone (e si trovava nella zona sovietica).
Saltata ogni intesa con l’Urss, gli altri Stati all’inizio del ’47 integrano le 3 zone attuandovi una moneta unica, liberalizzando l’economia e rivitalizzandola con gli aiuti del Piano Marshall: l’intenzione era di far rinascere un nuovo Stato. Stalin reagisce bloccando ogni ingresso a Berlino Ovest con la speranza di indurre gli occidentali ad abbandonare la città. E’ un momento di grande tensione. Un grande ponte aereo deve rifornire la città per quasi un anno.
Il blocco termina nel maggio ’49 quando vengono unificate le 3 zone occidentali e costituita la Repubblica Federale Tedesca con capitale Bonn; dall’altra parte la Repubblica Democratica Tedesca con capitale Pankow, retta da un regime a partito unico.
Ormai l’Europa è divisa in due blocchi.
Aprile ’49 a Washington è sottoscritto il Patto Atlantico: alleanza difensiva tra i Paesi dell’Europa Occidentale (Francia, Inghilterra, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Norvegia, Danimarca, Islanda, Portogallo, Italia) e USA e Canada che prevedeva un dispositivo militare integrato composto da contingenti dei membri (NATO). Nel ’51 aderiranno al Patto Atlantico anche Grecia e Turchia, nel ’55 la Repubblica Federale Tedesca.
Nel 1955 l’Urss risponde con il Patto di Varsavia.
L’occupazione quadripartitica rimase in vigore a Austria, dove però sotto il controllo degli occupanti era già operante un governo nazionale unitario. Soltanto nel ’55 dopo la morte di Stalin fu possibile stipulare un trattato di pace: i sovietici si ritiravano da Vienna dopo aver ottenuto che l’Austria accettasse il regime di neutralità e non entrasse a far parte degli schieramenti opposti.
Il superamento della guerra fredda avverrà tramite un processo lento che inizierà con la morte di Stalin (1953) e l’affermarsi di Kruscev (1955). In questo processo sarà importante il ruolo di Kennedy: ci saranno momenti di scontro (crisi di Cuba, muro di Berlino).
Intanto negli USA:
Truman non ebbe l’ampiezza di visione di Roosevelt. Nel mezzo di ondate di scioperi e rivendicazioni. Il Congresso nel ’47 approva il Taft Artley Act che limitava la libertà di sciopero nelle industrie di interesse nazionale. Soprattutto nel ’49 in coincidenza con l’esplosione atomica russa, si scatena una campagna anticomunista detta maccartismo, dal senatore repubblicano Joseph McCarthy che la promosse. Con una legge del ’50 furono emarginati i comunisti nel mondo amministrativo, della cultura, dello sport, spettacolo…(fino al ’55).
Poi si ha la Presidenza Eisenhower che accentua l’atteggiamento di sfida nei confronti dell’Urss.
In Inghilterra:
Alle elezioni del luglio ’45 il conservatore Churchill fu battuto dal laburista Attle. Il nuovo governo propose un programma qualificante comprendente la nazionalizzazione della banca di Inghilterra, delle industrie elettriche e carbonifere, siderurgiche, dei trasporti; introdusse il Servizio sanitario Nazionale gettando le basi dello Stato del benessere (Welfare State). Queste riforme furono però attuate in un momento di difficile congiuntura economica e comportarono quindi molti sacrifici per la popolazione. Nel ’52 i conservatori tornarono alla guida del governo.
In Francia:
Tra il ’44 e il ’45 il governo De Gaulle propone un programma di nazionalizzazione e di sicurezza nazionale. Si hanno governi di coalizione basati sull’accordo tra tre partiti di massa: partito comunista, la Sfio e il Movimento Repubblicano Popolare di ispirazione dc. Nel ’46 De Gaulle si dimette perché non condivideva il progetto di costituzione che prevedeva una repubblica parlamentare e dà vita al Raggruppamento del popolo francese (RPF). Nello stesso anno la coalizione tra i 3 partiti si rompe, risentendo delle tensioni della guerra fredda. Da allora, estromessi i comunisti dal governo, si succedettero numerosi governi fondati su accordi tra socialisti e partiti di centro, tutti governi instabili (IV Repubblica).
Bibliografia consigliata
A. Tasca – Autopsia dello stalinismo. Con testo del “Rapporto Krusciov” e un saggio di Denis de Rougemont, Edizioni di comunità, Milano, 1958.
G. Filatov – La politica dell’ Unione Sovietica nei confronti dell’ Italia alla fine della seconda guerra mondiale. Sta in: Italia dalla liberazione alla Repubblica, Feltrinelli Editore, Firenze, 1976.
E. Di Nolfo – La guerra fredda. IN: La storia, vol. 9 L’ età contemporanea, Utet, Torino 1986.
C. Pinzani – Da Roosevelt a Gorbaciov: storia delle relazioni fra Stati Uniti e Unione Sovietica nel dopo guerra, A.C. Grafiche, Città di Castello, 1990.
Letture consigliate
- La carta atlantica (1941). In: A. Aruffo, C. Adagio, F. Marri, M. Ostoni, L. Pirola, S. Urso - Geografia della storia, Lo scontro per la supremazia mondiale 3/1, Cappelli editore, Bologna, 1998.
- La dottrina Truman. In: A. Aruffo, C. Adagio, F. Marri, M. Ostoni, L. Pirola, S. Urso - Geografia della storia, Lo scontro per la supremazia mondiale 3/1, Cappelli editore, Bologna, 1998.
- Il Patto Atlantico del Nord (1949). In: A. Aruffo, C. Adagio, F. Marri, M. Ostoni, L. Pirola, S. Urso - Geografia della storia, Lo scontro per la supremazia mondiale 3/1, Cappelli editore, Bologna, 1998.
La Carta Atlantica (1941)
La dichiarazione sottoscritta nell'agosto 1941, e che prese poi il nome di Carta Atlantica, nasce dalla necessità di giustificare anche ideologicamente il crescente impegno americano e ricorda, per più di un motivo, i principi di Wilson. A differenza, però, dei punti wilsoniani non entra nei particolari e si limita ad enunziare principi molto generali che potevano facilmente essere accettati
da tutti e che furono poi compendiati nella formula della «quattro libertà». Fu un messaggio che contribuì a sostenere e raffórzare la lotta contro la tirannide nazista e divenne il fondamento della nuova organizzazione delle Nazioni Unite.
Dichiarazione congiunta del Presidente degli Stati Jniti d'America e del Primo Ministro signor Chur-hill, rappresentante del Governo di Sua Maestà del Regno Unito, i quali, in occasione del loro incontro, ritengono opportuno render taluni principi comuni alla politica nazionale dei rispettivi paesi, sui quali essi fondano le loro speranze di un avvenire migliore per il mondo.
I - I loro Paesi non aspirano ad ingrandimenti territoriali o di altra natura.
Il - Essi non desiderano consentire a mutamenti territoriali che non siano conformi ai voti liberamente espressi dai popoli interessati. III - Essi rispettano il diritto di tutti i popoli a scegliersi la forma di governo sotto la quale vogliono vivere e desiderano vedere restaurati i diritti sovrani e l'autonomia di quei popoli che ne sono stati privati con la forza.
IV - Essi cercheranno di promuovere, col dovuto rispetto dei loro obblighi attuali, la partecipazione da parte di tutti gli Stati, grandi o piccoli, vincitori o vinti, in condizioni di parità, al commercio e l'accesso alle materie prime del mondo, che sono necessarie alla loro prosperità economica. V - Essi desiderano attuare la più piena collaborazione, nel campo economico, fra tutte le nazioni al fine di assicurare a tutti migliori condizioni di lavoro, progresso economico e sicurezza sociale.
VI - Dopo la distruzione definitiva della tirannide nazista, essi sperano di veder stabilita una pace che consenta a tutte le nazioni di vivere sicure entro i propri confini, e dia la certezza che tutti gli uomini, in tutti i paesi, possano vivere la loro vita liberi dal timore e dal bisogno. VII - Una pace del genere dovrebbe permettere a tutti gli uomini di attraversare senza ostacoli i mari e gli oceani.
VIII - Essi credono che tutte le nazioni del mondo, per ragioni sia materiali che spirituali, debbano addivenire alla rinunzia dell'impiego della forza. Poiché non sarà possibile conservare in avvenire la pace, qualora armamenti terrestri, navali ed aerei continuino ad essere impiegati da nazioni che minaccino, o possano minacciare, aggressioni fuori dei loro confini, essi ritengono che in attesa che sia stabilito un più vasto e permanente sistema di sicurezza generale, il disarmo di tali nazioni sia indispensabile. Essi inoltre appoggeranno ed incoraggeranno tutte le altre misure pratiche che possano alleviare ai popoli amanti della pace il peso schiacciante degli armamenti. 14 agosto 1941
Franklin D. Roosevelt
Winston S. Churchill
(Da W. Churchill, La seconda guerra mondiale, parte 3a, Mondadori, Milano, 1950, pp. 58 ss.)
La «dottrina Truman»
Nell'appello al Congresso (12 marzo 1947) il presidente Truman espose quella che sarebbe passata come «dottrina Truman» nella politica estera statunitense. Con essa prese ufficialmente il via la «guerra fredda», il cui referente politico interno fu l'anticomunismo maccartista.
La gravità della situazione che il mondo ha oggi di fronte esige la mia presenza a una sessione congiunta del Congresso. La politica estera e la sicurezza nazionale di questo paese vi sono coinvolte.
Un aspetto della situazione attuale, che desidero presentarvi oggi perché lo prendiate in considerazione e perché decidiate in merito, concerne la Grecia e la Turchia.
Gli Stati Uniti hanno ricevuto dal Governo Greco un urgente appello per assistenza economica e finanziaria. [...]
[Anche] la Turchia ha ora bisogno del nostro appoggio.
Dopo la guerra, la Turchia ha cercato aiuti finanziari in Gran Betagna e negli Stati Uniti, allo scopo di realizzare l'ammodernamento necessario al mantenimento della sua integrità nazionale. Questa integrità è essenziale per la conservazione dell'ordine del Medio Oriente. Il Governo Britannico ci ha informati che, a causa delle sue difficoltà, non può più fornire aiuti economici e finanziari alla Turchia. Come nel caso della Grecia, se la Turchia deve avere l'aiuto di cui ha bisogno, l'aiuto deve essere fornito dagli Stati Uniti. Noi siamo il solo paese in grado di fornire quell'aiuto. [...] I popoli di vari paesi del mondo hanno avuto recentemente regimi totalitari imposti con la forza contro la loro volontà. Il Governo degli Stati Uniti ha elevato frequenti proteste contro la coercizione e l'intimidazione attuate, in violazione dell'accordo di Yalta (1945), in Polonia, in Romania e in Bulgaria. Debbo inoltre dichiarare che in altri paesi si sono avuti sviluppi della stessa natura.
In questa fase della storia del mondo ogni nazione deve scegliere fra due diversi sistemi di vita. La scelta, troppo spesso, non è libera affatto. Un sistema di vita è fondato sulla volontà della maggioranza, ed è caratterizzato da libere istituzioni, governo rappresentativo, libere elezioni, garanzie di libertà individuale, libertà di parola e di religione, libertà dall'oppressione politica.
L'altro sistema si fonda sulla volontà di una minoranza imposta con la forza della maggioranza. Poggia sul terrore e l'oppressione, sul controllo della stampa e della radio, su elezioni prefabbricate, e sulla oppressione delle libertà personali. [...]
lo credo che debba essere politica degli Stati Uniti sostenere i popoli liberi che resistono ai tentativi di soggiogamento effettuati da minoranze armate o mediante pressioni esterne. Credo che noi dobbiamo aiutare i popoli liberi a costruire il loro destino alla loro propria maniera. Credo che il nostro aiuto debba essere in primo luogo di natura economica e finanziaria, il che è essenziale alla stabilità economica e a un ordinato sviluppo politico.
Il mondo non è statico e lo status quo non è consacrato. Ma noi non possiamo permettere cambiamenti nella status quo in violazione della Carta delle Nazioni Unite con metodi come quello della coercizione, o per mezzo di sotterfugi come quello dell'infiltrazione politica. Aiutando le nazioni libere e indipendenti a conservare la loro libertà, gli Stati Uniti danno pratica efficacia ai principi della Carta delle Nazioni Unite. È sufficiente uno sguardo alla carta geografica per rendersi conto che la sopravvivenza e l'integrità della nazione greca sono di grande importanza in un quadro molto più ampio. Se la Grecia dovesse cadere sotto il controllo di una minoranza armata, l'effetto sulla sua vicina, la Turchia, sarebbe immediato e grave. La confusione e il disordine potrebbero diffondersi in tutto il Medio Oriente. Inoltre, la scomparsa della Grecia come stato indipendente avrebbe un profondo effetto su quei paesi europei i cui popoli lottano contro grandi difficoltà per mantenere le loro libertà e la loro indipendenza nella fase della ricostruzione dei danni bellici.
Sarebbe una indicibile tragedia se questi paesi, che hanno lottato così a lungo contro avversità soverchianti. dovessero perdere la vittoria per la quale hanno tanto sacrificato. Il crollo delle libere istituzioni e la perdita dell'indipendenza sarebbero un disastro non soltanto per questi paesi, ma per tutto il mondo. Lo scoraggiamento e il possibile fallimento costituirebbeto subito la sorte dei popoli vicini in lotta per mantenere la loro libertà e la loro indipendenza. [...] I semi dei regimi totalitari si nutrono di bisogno e miseria; si diffondono e crescono nel cattivo terreno della povertà e della lotta; e raggiungono il loro pieno sviluppo quando la speranza di un popolo per una vita migliore è completamente scomparsa.
Il Patto dell'Atlantico del Nord (1949)
Con questa dichiarazione, il 4 aprile 1949, Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Italia, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Islanda, Canada e Stati Uniti istituirono la NATO (North Atlantic Treaty Organization). L'alleanza politico-militare era sorta nel clima della «guerra fredda» in funzione antisovietica. Al suo interno Washington assunse la posizione-guida.
Gli Stati partecipanti al presente trattato, riaffermando la loro fede negli scopi e nei princìpi della Carta delle Nazioni Unite (promulgata il 24 ottobre 1945 dall'ONU) e il loro desiderio di vivere in pace con tutti i popoli e con tutti i governi, - decisi a salvaguardare la libertà dei loro popoli, il loro retaggio comune e la loro civiltà, fondati sui princìpi della democrazia, le libertà individuali e la prevalenza del diritto;
- preoccupati di favorire nella zona dell'Atlantico del Nord il benessere e la stabilità;
- decisi a riunire i loro sforzi per la loro difesa collettiva e per il mantenimento della pace e della sicurezza,
- si sono accordati sul presente trattato dell'Atlantico del Nord:
Art. 1. Le parti si impegnano, così come è stabilito nella Carta delle Nazioni Unite, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi disputa internazionale nella quale potrebbero essere implicate, in modo che la pace e la sicurezza internazionale, così come la giustizia, non siano poste in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all'impiego della forza comunque incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite.
Art. 2. Le parti contribuiranno allo sviluppo di relazioni internazionali pacifiche e amichevoli, rafforzando le loro libere istituzioni, assicurando una migliore comprensione dei princìpi su cui si basano le suddette istituzioni e sviluppando le condizioni atte a garantire la stabilità e il benessere. Essi si sforzeranno di eliminare tutti i contrasti nella loro politica economica internazionale e incoraggeranno la collaborazione economica tra ciascuno di esse e nel loro insieme. Art. 3. Allo scopo di raggiungere con maggior efficacia la realizzazione degli obiettivi del presente trattato, le parti, agendo individualmente e congiuntamente, in modo continuo ed effettivo, mediante lo sviluppo delle loro risorse e prestandosi reciproca assistenza, manterranno e aumenteranno la loro capacità individuale e collettiva di resistenza a un attacco armato. Art. 4. Le parti si consulteranno ogni volta che. nella opinione di una di esse, l'integrità territoriale, l'indipendenza politica e la sicurezza di una di esse siano minacciate.
Art. 5. Le parti convergono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell'America del Nord sarà considerato un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che, se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse [...] assisterà la parte o le parti così attaccate. [...]
Art. 6. Ai fini dell'applicazione dell'Art. 5, per attacco armato contro una o più parti si intende un attacco armato contro il territorio di una di esse in Europa o nell'America del Nord, contro i dipartimenti francesi di Algeria, contro le forze di occupazione di una delle parti in Europa, contro le isole poste sotto la giurisdizione di una delle parti nella zona dell'Atlantico del Nord, a nord del Tropico del Cancro; contro navi o aerei di una delle parti nella stessa zona.
Art. 9. In forza di questa disposizione le parti istituiscono un Consiglio, nel quale ciascuna di esse sarà rappresentata, che avrà la funzione di esaminare le questioni concernenti l'applicazione del trattato. Il Consiglio sarà organizzato in modo da potersi riunire rapidamente in qualsiasi momento. Il Consiglio istituirà gli organi sussidiari che risulteranno necessari e in particolare istituirà immediatamente un Comitato di difesa che raccomanderà le misure da adottare per l'applicazione degli Artt. 3 e 5. Art. 10. Le parti potranno, con accordo unanime, invitare a partecipare al presente trattato qualsiasi altro Stato europeo capace di favorire lo sviluppo dei princìpi del presente trattato e di contribuire alla sicurezza della zona dell'Atlantico del Nord. [...]
(Da «Relazioni internazionali», n. 14, 1959)
Fonte: http://www.unipg.it/~scipol/tutor/uploads/lezione8_-_la_guerra_fredda_001.doc
Guerra fredda
LA GUERRA FREDDA
La guerra fredda nacque all’interno della guerra calda conclusasi con la vittoria delle forze angloamericane e dell’ Urss staliniana. Una vittoria contro Hitler conseguita da Paesi che rappresentavano modelli politici, economici e sociali opposti.
Secondo storici americani le sue radici risalirebbero all’ascesa al potere dei bolscevichi nel 1917 con la condanna del presidente americano W. Wilson. Ma questa tesi è scarsamente attendibile perché a cavallo delle due guerre entrambe non rappresentavano una grande potenza militare. Il giudizio contemporaneo secondo cui la responsabilità dell’inizio della guerra fredda è da attribuirsi all’aggressività di Stalin è stato sottoscritto da numerosi storici in occidente come visione ortodossa secondo cui “la guerra fredda è stata la risposta coraggiosa e essenziale degli uomini liberi all’aggressione comunista”. Tale visione dominò fino agli anni sessanta quando venne vigorosamente contestata dalla scuola revisionista americana. Secondo costoro le mosse di Stalin erano motivate da cautela e non da aggressività. I revisionisti sostenevano che la pressione americana aveva provocato in lui un atteggiamento di ostilità verso l’occidente e precipitato quindi la guerra fredda. Gli autori ortodossi sostengono che Stalin mirasse alla conquista del mondo e andasse pertanto contrastato. I postrevisionisti sostengono che sia Truman che Stalin perseguivano politiche pragmatiche e dovrebbero condividere la responsabilità dei loro errori e malintesi che consentirono l’avvento della guerra fredda. Anche il ruolo di paesi lontani dall’Europa ha assunto rilevanza come oggetto di ricerca sulle origini della guerra fredda. La crisi iraniana del 1946 precede effettivamente la dottrina Truman e può essere vista come la prima prova di forza tra Truman e Stalin.
Gli Stati Uniti d’America e l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche svolsero un ruolo marginale nel quadro politico internazionale nel periodo tra le due guerre., ebbero il ruolo di spettatori diplomatici nelle dispute sui confini territoriali che lacerarono sempre più profondamente l’Europa negli anni trenta.
Il problema della Germania: fu sottoposta a governo militare e divisa in zone geografiche che riflettevano a grandi linee le effettive posizioni occupate alla fine delle ostilità dagli eserciti europei. Le forze occidentali sarebbero rimaste in Germania sino ad un Trattato di Pace perché l’Urss non voleva la nascita di un governo provvisorio per poi procedere con le elezioni. Dal punto di vista della politica economica il ministro del Tesoro americano H. Morgenthau aveva sostenuto già nel 1944 che la Germania doveva essere deindustrializzata e ridotta brutalmente a una sorta di economia pastorale medioevale, ma tale piano non divenne mai politica ufficiale americana. (vedere allegato pag.5). Anche se la politica concordata alla conferenza di Potsdam richiedeva che lo standard di vita dei tedeschi fosse mantenuto basso i funzionari americani si allarmarono di fronte alle crescenti testimonianze di sofferenza derivanti dalla carenza di cibo e combustibile nella loro zona. Una risposta costruttiva avvenne nel 46 dalla Gran Bretagna il cui governo condivideva il sospetto americano che i sovietici stessero usando la questione delle riparazioni per mantenere la Germania economicamente debole e di conseguenza vulnerabile alla sovversione e quindi al controllo comunista. La cooperazione anglo-americana venne formalizzata a metà 1946 con la decisione di combinare le due rispettive zone in un’unità economica separata chiamata “Bizona” diventando realtà nel gennaio del 1947. La Francia vi aderirà nel 1948 perché col Colpo di Praga si comprendono le vere intenzioni dell’Urss.
Il blocco di Berlino 24 giugno 1948-12 maggio 1949.
La questione della “riforma valutaria” mise in evidenza il deterioramento dei rapporti tra est e ovest con il blocco della città che durò 324 giorni. La crisi di Berlino accelerò il processo per la formazione di uno stato tedesco occidentale e rafforzando fortemente l’anticomunismo in tutta l’Europa occidentale e specialmente nella Germania Ovest. L’8 maggio 1949 veniva approvata la Legge Fondamentale nella Berlino occupata, mentre il 12 maggio Stalin riconobbe la propria sconfitta e riaprì tutte le vie di accesso alla città. (Vedere relazione DDR). In prossimità del Blocco di Berlino il 22 e 23 febbraio 1948 vi era stato il Colpo di Praga, nel marzo i dissensi con Tito ed il fallimento degli scioperi generali organizzati dai comunisti in Francia e in Italia. Nel Luglio 1948 la direzione politica francese passa nelle mani di Schuman che si allinea agli americani e, pensato da Monet su suggerimento del memorandum di Sforza, propone il Piano Schuman sulla formazione di un esercito europeo : la CED. Tale esercito, modellato sulla Ceca, sarebbe stato sotto il Comando della Nato a cui sarebbero state assegnate unità tedesche. La sua ratifica incontrò notevoli resistenze in particolare nell’Assemblea nazionale francese. Gli eventi che portarono alla non ratifica del trattato furono l’insediamento formale alla Casa Bianca di Eisenhower e la morte di Stalin.
Nascita NATO (attraverso l’Alleanza Atlantica) : il concetto di area atlantica poteva essere inteso in senso restrittivo o estensivo, ma il problema vero era chiarire subito se tutti gli Stati importanti per un progetto di sicurezza dell’Europa occidentale dovevano essere ammessi su un piede di parità nell’alleanza. Il problema rispetto al quale il negoziato pose i problemi più difficili e incontrò maggiori difficoltà fu l’Italia, non tanto per le resistenze interne, quanto dalle esitazioni esistenti fra i membri della costituenda alleanza. Senza l’Italia il trattato sarebbe stato un trattato “marittimo” riguardante l’Atlantico del Nord con confessione religiosa protestante con una posizione di freddezza dei cattolici. Inoltre con un’alleanza che escludesse l’Italia perché paese mediterraneo oltre a isolarla avrebbe provocato per definizione l’esclusione dall’area garantita dal trattato anche i territori africani della Francia (Algeria) che secondo il dettato costituzionale francese era parte integrante del territorio nazionale della Francia stessa. Con l’Italia tale alleanza sarebbe stata più franco-centrica ed europea. Il 4 aprile 1949 la cerimonia ebbe luogo a Washington con la partecipazione dei rappresentanti dei 12 paesi: gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna, la Francia, il Belgio, l’Olanda, il Lussemburgo, il Portogallo, l’Italia, la Norvegia, l’Islanda e la Danimarca.
Il trattato era un’alleanza difensiva della durata di vent’anni tacitamente rinnovabile.
Nel settembre del 1951 l’organizzazione che rende operativa tale alleanza è la Nato. Nel febbraio del 1952 fu stabilito che la sede del Quartier generale alleato e della struttura centrale sarebbe stata Parigi. Il voto contrario alla Ced nell’agosto 1954 scatenò una bufera nella diplomazia americana, ma la Germania occidentale per iniziativa britannica fu inclusa in un allargamento del patto di Bruxelles (UEO). Inoltre la Gran Bretagna annunciò la sua decisione di aggiungere altre quattro divisioni in Germania. Queste mosse diedero le rassicurazioni politiche e militari richieste dal governo francese e aprirono la via alla piena adesione della Germania alla Nato nel 1955.
Declino della guerra fredda:
La firma del trattato di stato austriaco il 15 maggio 1955 suscitò speranze di disgelo. (Il 14 maggio nasceva il Patto di Varsavia). Nonostante la debolezza sovietica dopo la morte di Stalin i nuovi leader del Cremino erano decisi a mantenere il loro controllo sull’Europa orientale. I disordini scoppiati in Germania orientale nel 1953 e in Polonia furono rapidamente soffocati; lo stesso dicasi in Ungheria nel 1956. Non vi fu alcun intervento perché vi era il problema del Canale di Suez. Nel 1957 divenne segretario generale del Pcus Nikita Kruscev. Nel giugno1961 a Vienna incontrò Kennedy che aveva subito un’umiliante sconfitta quando un’operazione segreta organizzata dalla Cia per rovesciare Fidel Castro era fallita. Kruscev cercò di fare la voce grossa col giovane presidente e riaprì la crisi di Berlino. Nel 1964 Kruscev fu rovesciato dal Cremino a causa della marcia indietro nel 1962.
Nel 1966 DE Grulle ritirò le sue forze dalla NATO, mentre gli altri Paesi dell’Europa Occidentale non erano più così terrorizzati dalla prospettiva di un’invasione sovietica, anzi erano desiderosi di migliorare i loro rapporti con il blocco comunista.
Fin dall’enunciazione della dottrina Truman nel 1947, la politica estera americana aveva goduto del sostegno dell’opinione pubblica, ma tale consenso subì un crollo a seguito della traumatica esperienza che per gli americani divenne il Vietnam.
La spinta più significativa alla distensione provenne non da Washington o da Mosca, bensì dalle attività dei leader politici europei occidentali, in particolare del cancelliere della Germania Ovest, Willy Brandt. Il suo maggior successo fu quello di normalizzare le relazioni diplomatiche del suo paese con l’est europeo. Tale processo implicò l’accettazione formale da parte del suo governo della spartizione della Germania in due entità nazionali separate e il riconoscimento delle frontiere imposte all’Europa centrale e Orientale dell’Armata Rossa nel 1945.
Anche se poteva apparire come una vittoria diplomatica sovietica, questo riconoscimento contribuì in maniera significativa alla sicurezza europea indicando una soluzione al problema della struttura politica della Germania. Nel frattempo nel 1970 era ormai evidente che le economie dell’Unione Sovietica e dell’Europa dell’est erano fortemente arretrate rispetto a quelle dell’occidente. Il malcontento economico andava crescendo tra la popolazione civile nei paesi satelliti e fu alla base del tentativo riformista promosso in Cecoslovacchia nel 1968 e dei disordini scoppiati in Polonia nel 1970 che provocarono la caduta del leader comunista Gomulka.
Tuttavia Breznev era fortemente determinato a non allentare il controllo sovietico sull’Europa orientale. Anche le crescenti difficoltà con la Cina misero i sovietici in una posizione di svantaggio tattico nelle trattative con gli Stati Uniti. Con le elezioni presidenziali alle porte Nixon con la sua visita in Cina si aprì la via per la Cina a redditizi contratti commerciali e culturali con l’occidente e con il Giappone. I rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Cina non si tstabilizzarono a causa dello status di Taiwan, ma entrambi istituirono un proprio ufficio di collegamento nelle rispettive capitali. Nel 1972 Nixon si recò a Mosca per l’accordo noto come Salt 1 sul disarmo nucleare.
Nell’agosto del 1975 fu siglato l’Atto tra 33 paesi europei più Stati Uniti e Canada. Tali accordi furono molto gratificanti per l’Unione Sovietica perché contenevano per la prima volta non solo il formale riconoscimento internazionale delle frontiere esistenti in Europa orientale, ma anche una dichiarazione che escludeva la loro modifica con l’uso della forza.
Successivamente fu siglato il Salt II che altro non era se non un compromesso che ometteva deliberatamente determinate armi e poneva restrizioni minime alla ricerca e sviluppo futuri. Nel gennaio del 1979 gli USA e la Repubblica popolare Cinese stabilirono formali rapporti diplomatici e nel dicembre dello stesso anno l’Unione Sovietica invase l’Afghanistan a causa di una possibile caduta del governo filosovietico. Nel gennaio del 1980 le Nazioni Unite condannarono la manifesta aggressione, tuttavia i sovietici usarono il loro veto nel Consiglio di Sicurezza per impedire qualsiasi ripetizione della misura di ritorsione militare adottata dall’ONU contro la Corea del Nord per aver invaso nel 1950 la Corea del Sud.. Carter rispose con il boicottaggio dei Giochi di Mosca, il ritiro del trattato Salt II dal Senato e l’embargo sulle esportazioni agricole americane in Unione Sovietica.
Il suo successore, Reagan, rifiutò la distensione a favore di una politica di fermezza, di rafforzamento della potenza militare americana e di determinazione di negoziare solo da una posizione di forza. Nel 1981 alla conferenza di Ginevra i delegati americani sbalordirono i sovietici proponendo l’opzione zero, secondo cui alla cancellazione da parte americana dello schieramento dei missili Pershing II e cruise sarebbe corrisposto lo smantellamento degli Inf sovietici. Si trattava quindi di rimuovere missili reali in cambio di un impegno americano a non schierare missili ipotetici. Il fallimento era scontato. Così nel 1983 gli Inf americani furono installati in Europa occidentale e non vi fu la spaccatura tra gli alleati occidentali.
Nel 1985 salì al potere Gorbaciov che tolse Gromyko quale ministro degli esteri sin dal 1957 diventando la virtuale personificazione della guerra fredda. Si incontrò con Reagan in diverse occasioni e, per dare ulteriore impulso al disarmo, annunciò alle Nazioni Unite una sostanziale riduzione unilaterale delle forze militari sovietiche in Europa orientale. Chiuse la guerra in Afghanistan e fece ritirare truppe cubane dall’Etiopia e dall’Angola. Tuttavia Gorbaciov non riuscì a resuscitare un’economia moribonda a causa di inefficienza e cattiva gestione. In un suo discorso alle Nazioni Unite del dicembre 1988 aveva affermato che tutte le nazioni possedevano libertà di scelta. I popoli dell’est europeo lo presero in parola e optarono per l’occidente quale modello preferenziale edi progresso politico, economico e morale.
Gli eventi del 1989, tra questi il crollo del Muro di Berlino, furono d’importanza cruciale nell’assestare un colpo umiliante e di effetto devastante ai paladini del comunismo internazionale. La dottrina del marxismo-leninismo venne completamente screditata perché fu il blocco orientale a versare in condizioni terminali di dissesto economico.
La conclusione della guerra fredda fu sancita il 21 novembre 1990.
A cura di Mario Coppola
Bibliografia:
- Storia delle Relazioni Internazionali 1918-1992, Ennio Di Nolfo, Roma Bari, La Terza;
- La Guerra fredda 1945-1991, Joseph Smith, Bologna, Il Mulino.
Fonte: http://www.partitocristianieuropei.it/public/up/CUL/LA%20GUERRA%20FREDDA.doc
Guerra fredda
Alla fine della guerra truppe americane, inglesi, francesi e sovietiche occuparono il suolo tedesco, una parte del quale fu ceduto alla Polonia. Le zone di occupazione furono ben delimitate. Fra il 1947 e il 1949 USA, Gran Bretagna e Francia unificarono le rispettive zone, mentre nella sua zona l’URSS dava il via a misure economiche e politiche miranti alla costituzione di una repubblica tedesca comunista. Si assisteva dunque nel 1949 alla formazione di due ben distinte Germanie: ad ovest veniva costituita la Repubblica Federale Tedesca (con capitale Bonn), mentre ad est si formava la Repubblica Democratica Tedesca (con capitale Berlino). L’aspetto che la Germania andava assumendo rispecchiava una situazione più generale: attorno alle due grandi potenze vincitrici si erano formati due blocchi di stati. Ad Occidente, Francia e Gran Bretagna erano economicamente dipendenti dal colosso USA, che inoltre faceva sentire il suo peso su paesi come l’Italia, da esso liberati. Ad Oriente regimi comunisti sorgevano nei paesi liberati dall’Armata Rossa. Il principio di spartizione dell’Europa in zone di influenza, formulato già durante il conflitto, cominciava a trovare attuazione.
La Francia e l’Inghilterra diedero atto al processo di decolonizzazione, che indebolì il loro ruolo di potenza. Usciti vittoriosi dalla seconda guerra mondiale, Unione Sovietica e Stati Uniti, al contrario, costituivano ormai le due maggiori potenze del mondo. A causa della diversità dei loro sistemi politici ed economici, non potevano però riuscire a trovare un accordo. I governi americani, nella loro visione, consideravano l’Occidente come il “mondo libero”;Il mondo libero poteva divenire il mondo intero a mano a mano che i paesi del blocco sovietico fossero stati “liberati” dalla schiavitù comunista. Inoltre essi temevano l’espansione del dominio sovietico in Europa e perciò favorirono l’allontanamento dei partiti socialisti, ma soprattutto comunisti, da tutti i governi degli stati dell’Europa occidentale. Il 5 giugno del 1947 gli USA dettero avvio a un vasto piano di assistenza economica ai paesi europei fidati, il cosiddetto Piano Marshall; Questi aiuti, oltre a permettere ai paesi beneficiari il superamento delle gravi difficoltà economiche dovute al tremendo impegno della ricostruzione, consentivano politicamente il rafforzamento dei regimi democratici e per contro l’indebolimento delle aspirazioni irrealizzabili filosofiche o rivoluzionarie dei partiti comunisti occidentali. Nel 1949 gli Stati Uniti stabilirono con alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, la Francia e l’Inghilterra, un’alleanza difensiva che prese il nome di NATO (North Atlantic Treaty Organization). Dal canto suo il governo sovietico, temendo l’espansione degli Stati Uniti in Europa, operò affinché in tutta l’Europa orientale si formassero governi comunisti. Tra il ’47 ed il ’48, dalla Polonia alla Bulgaria, si instaurarono governi di tipo comunista strettamente legati all’URSS di Stalin e i partiti d’opposizione furono sciolti. Questi stati stabilirono con l’Unione Sovietica un’alleanza militare, il Patto di Varsavia. Si formarono così effettivamente i due blocchi militari, uno dipendente dagli USA e uno dagli URSS, era l’inizio della “Guerra Fredda”.
Il termine “Guerra Fredda” sintetizza in modo efficace la situazione che si presentò negli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale. In un pianeta dominato da due potenze, entrambe in lizza per il primato e per l’egemonia mondiale, e radicalmente contrapposte sul piano ideologico, il conflitto sembrava inevitabile. Il mondo dove due contendenti avevano armamenti tali che una guerra avrebbe avuto conseguenze intollerabili anche per il “vincitore”, il conflitto era impraticabile. Si determinò così una situazione di “guerra fredda”: Guerra, perché la contrapposizione tra i contendenti sembrava un vero e proprio conflitto, e perché all’interno dei paesi coinvolti andava delineandosi una mobilitazione militare, economica e psicologica “di guerra”; Fredda, perché le armi, che continuavano ad essere prodotte e accumulate, non potevano essere usate. Si può definire come “guerra fredda” tutto l’assetto mondiale dall’immediato dopoguerra fino alla fine degli anni ottanta. Questo lungo periodo, però, ha avuto 3 fasi: la prima di “guerra fredda”vera e propria, durata dal 1947 ai primi anni sessanta; la seconda, detta la fase di “distensione”, negli anni sessanta e nei primi anni settanta; quindi, dopo il 1973, una nuova fase di tensione internazionale basata però su strumenti in parte nuovi.
Le armi a disposizione degli strateghi, dall’una e dall’altra parte, erano: Gli arsenali militari stessi, per l’esigenza di poter proseguire il conflitto eventuale dopo il “primo colpo” rappresentato dalle armi atomiche; Nel capo delle armi nucleari, con esse vi fu uno sviluppo parallelo, tra le due potenze, di armamenti sempre più distruttivi e sofisticati, fino alla capacità di distruggere più volte l’intero pianeta. La competizione nell’accumulo di armi, in questo conflitto, divenne una sorta di sostituto simbolico dell’uso effettivo delle armi stesse.
Le armi atomiche corrisposero a una funzione di “dissuasione” (minacciare l’avversario in modo da impedirgli qualsiasi mossa aggressiva). Accanto alla “dissuasione” la guerra fredda prevedeva l’uso di strumenti di “persuasione” e di “sovversione”. Strumento fondamentale di “persuasione” era naturalmente la diplomazia; Con lo sviluppo degli organismi internazionali, i canali diplomatici, negli anni successivi al 1945, conobbero un arricchimento e una crescita di complessità tali da provocare uno spostamento graduale degli equilibri, nel corso dei decenni: da un prevalere dell’influenza americana si passò alla crescita dei paesi decolonizzati spesso disponibili ad accordi con l’URSS.
Altro grande strumento di persuasione apparve l’azione propagandistica: l’età della guerra fredda fu anche l’età di un uso spregiudicato, dall’una e dall’altra parte, di mezzi di comunicazione di massa, in primo luogo della radio, per condizionare l’opinione pubblica del paese avversario. Inoltre la “sovversione”: ovvero l’uso di strumenti clandestini, fino al terrorismo, per infiltrarsi nell’area dell’avversario, minandone la capacità di controllo. Dalla parte occidentale ne furono esempio le azioni della CIA e dalla parte sovietica, gli interventi del KGB.
Negli anni della guerra fredda USA ed URSS cercarono di estendere le proprie zone di influenza, sostenendo governi a loro favorevoli in diverse parti del mondo. Per questo entrarono più volte in contrasto, sfiorando l’esplosione di una guerra vera e propria.
La prima crisi riguardò Berlino. Controllata in parte dalle potenze occidentali, Berlino si trovava nella Germania comunista. Nel giugno 1948 così i sovietici decisero di bloccare ogni via di accesso alla città. Gli americani allora rifornirono Berlino, che era completamente isolata, con un ponte aereo. I Russi non osarono impedire questi rifornimenti aerei per timore di una nuova guerra, ma la tensione tra i due blocchi si fece altissima.
La seconda crisi esplose in Asia, un’area che, dopo l’affermazione di Mao Zedong in Cina, sembrava destinata a cadere prevalentemente sotto l’influenza sovietica. Fu proprio in Asia che scoppiò il primo conflitto legato alla “guerra fredda”: la guerra di Corea (1950-1953). Alla fine della seconda guerra mondiale la Corea era stata divisa in due parti lungo la linea del 38° parallelo Nord: la Corea del Nord, guidata da un governo comunista, e la Corea del Sud alleata degli Americani. Nel 1950 la Corea del Nord aggredì quella del Sud. Gli Americani intervennero ma si trovarono ad affrontare anche truppe inviate dalla Cina. La guerra terminò nel 1953 con la riaffermazione del confine del 38° parallelo. Ancora una volta però il mondo aveva sfiorato il coinvolgimento diretto delle superpotenze e della guerra totale.
Nel 1954 moriva Stalin e la sua scomparsa causava mutamenti sostanziali nella struttura del regime sovietico. Il suo successore fu Nikita Kruscev, che avviò la «destalinizzazione» e parallelamente un nuovo atteggiamento nei confronti degli USA. Incontri ad alto livello, come la Conferenza di Ginevra del 1955, e scambi di visite favorirono la nascita del «disgelo» dopo la «guerra fredda». I contatti fra USA e URSS passarono lentamente al dialogo, sia pure attraverso diversi momenti di tensione. La novità più importante della politica di Kruscev fu la denuncia dei crimini di Stalin.
Nell’ottobre 1956 scoppiò una rivolta ungherese che fu repressa dai Sovietici in modo da evitare una pericolosa frattura nel blocco comunista. Nel 1960 nuove speranze a livello internazionale furono destate dall’elezione di John F. Kennedy (poi assassinato a Dallas nel 1963) a presidente degli Stati Uniti: un presidente giovane, che non faceva mistero di voler dare avvio ad una rinascita americana, che avrebbe coinciso con un periodo di pace per tutto il mondo.
A cuba un movimento comunista, guidato da Fidel Castro ed Ernesto che Guevara, abbatté il vecchio regime legato agli americani (1959). Castro si avvicinò all’Unione Sovietica e concesse ai Russi di installare sull’isola dei missili che potevano colpire il territorio statunitense. Nell’ottobre 1962, appena informato dai servizi americani della presenza dei missili, il presidente Kennedy dispose un blocco navale intorno a Cuba e impose all’URSS di ritirare le armi atomiche dall’isola. I Sovietici cedettero e i missili furono smantellati, ma il mondo era stato per alcuni giorni sull’orlo della guerra atomica.
Un altro episodio aveva già portato i rapporti USA-URSS al limite della rottura: la costruzione da parte dei sovietici di un muro nella città di Berlino, così da dividere il settore orientale da quello occidentale. Questa drastica e improvvisa misura (il muro fu costruito quasi tutto nella notte del 12 agosto 1961) mirava a metter fine alle numerose fughe di Tedeschi dal settore russo all’altro.
Sotto la presidenza di Kennedy, gli Stati Uniti intensificarono il loro impegno militare nel Vietnam. Nel 1964, con un nuovo presidente, decisero di dare il via ai bombardamenti sul territorio del Nord Vietnam. Ma la forza militare americana non riuscì a piegare la resistenza vietcong, che poteva contare sull’appoggio dell’Unione Sovietica e della Cina. Le proteste dell’opinione pubblica americana contro quella che era considerata una «sporca guerra» e gli insuccessi militari spinsero gli USA a disimpegnarsi dalla regione nel 1973. L’intero Vietnam cadde così sotto il controllo nordvietnamita. La Cambogia (indocina) fu coinvolta nella guerra del Vietnam, in seguito alle operazioni militari statunitensi, che provocarono la formazione di gruppi di guerriglieri di idee comuniste, i Khmer rossi. Dopo il ritiro statunitense essi si impadronirono del potere ed eliminarono tutti coloro che potevano rivelarsi avversari politici. Milioni di cittadini furono costretti a trasferirsi nelle campagne, a causa del loro piano che prevedeva tutta la popolazione ai lavori agricoli, sotto un controllo spietato, per cui ogni minima disobbedienza era punita con la morte. I trasferimenti forzati, le esecuzioni, la tremenda carestia causata dal fallimento della politica economica del governo, provocarono la morte di almeno due milioni di persone. Solo l’intervento dell’esercito vietnamita (1978) mise fine al governo dei Khmer rossi.
Nell’area del Medio Oriente, la tensione tra Israele e gli stati arabi fu appoggiata da USA e URSS.
Il 14 maggio 1948 venne proclamato lo stato d’Israele, inglobando la maggior parte della Palestina, mentre la striscia di Gaza fu occupata dall’Egitto. Determinante fu l’appoggio degli Stati Uniti e, in misura minore dell’Unione Sovietica, poiché credevano vantaggiosa la creazione di uno stato di cultura occidentale in un mondo arabo che diveniva strategicamente sempre più importante a causa delle immense riserve petrolifere. Gli stati arabi intervennero militarmente, dopo la formazione dello stato, ma la guerra, come la maggior parte di quelle successive, si risolse a favore di Israele che ne uscì controllando un territorio più vasto. Altre guerre si ebbero nel ’56, ’67, ’73 determinate dal desiderio dei profughi di ritornare alle loro case, dalla volontà dei palestinesi di avere un loro stato, dal rifiuto d’Israele ad accogliere le loro richieste, dal rifiuto degli stati arabi di riconoscere Israele. In particolare la guerra del ’67 rimane una delle principali poiché Israele si impadronì di territori tolti alla Giordania e all’Egitto. Dopo il ’73 si aprì uno spiraglio di speranza grazie agli accordi tra Israele ed Egitto che, con la mediazione americana si conclusero con l’accordo di Camp David nel 1978 –L’Egitto riconosceva lo stato d’Israele, e quest’ultima restituì il Sinai-. Ma lo stato di guerra continuò e palestinesi e israeliani continuarono a morire.
Ma chi ha sostenuto e continua a sostenere Israele?
- Le numerose comunità ebraiche nel mondo, hanno sostenuto e continuano a sostenere economicamente e anche politicamente Israele.
- Gli Stati Uniti, che hanno sempre visto Israele come una sorta di presenza occidentale nel Medioriente.
- L’Unione Sovietica, che all’inizio aveva favorito la nascita d’Israele, in seguito però si schierò con i suoi avversari.
I Palestinesi, fin dagli anni ’60, sono organizzati in molte formazioni, che si riuniscono e si confrontano in un’organizzazione, l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) il cui leader è stato fino a poco tempo fa Yasser Arafat. Alcuni gruppi palestinesi, spinti dalla disperazione, scelsero l’adozione di un metodo di lotta terroristico. La strategia terrorista venne adottata apertamente solo da alcune formazioni palestinesi, ma trovò il consenso dei vertici dell’OLP e dello stesso Arafat. I metodi usati andavano, e vanno, dai dirottamenti aerei alla cattura di ostaggi, fino all’assalto di “commando” suicidi contro obiettivi militari e civili.
Nel 1973 si riaccese un nuovo conflitto fra Israele e i paesi arabi. La guerra del Kippur. Essa si concluse con la sconfitta dell’Egitto e dimostrando l’incapacità dei paesi arabi di sconfiggere Israele.
La questione dei Palestinesi che abitano nei territori occupati da Israele è sfociata nella cosiddetta Intifada, una situazione di rivolta permanente, ad opera soprattutto dei giovani, contro gli Israeliani. Solo il 13 settembre 1993 i ministri Peres e Rabin per Israele ed Arafat per l’OLP, hanno firmato a Washington un accordo, alla presenza del presidente americano Bill Clinton, anche se la situazione palestinese, a causa dei gruppi terroristici, sembra non aver mai fine.
Nel corso degli anni Ottanta il blocco comunista entrò progressivamente in una grave crisi. Le proteste e le rivolte interessarono dapprima la Polonia, soprattutto dopo che un polacco, Karol Wojtyla, divenne papa (Giovanni Paolo II, 1978-2005). Ma fu con l’avvento alla guida dell’Unione Sovietica di Michail Gorbaciov che la crisi maturò. Gorbaciov, rendendosi conto degli immensi problemi del suo paese, cercò di riformare il sistema comunista, rendendo meno rigido il controllo sull’economia e concedendo libertà civili e religiose. Egli propose ai Sovietici l’obiettivo della perestrojka (che in italiano significa ristrutturazione): cioè un vasto programma di riforme per combattere la corruzione e le inefficienze e preparare il paese alla democrazia. La politica di Gorbaciov dette fiato a tutte le forze che negli Stati satelliti combattevano il sistema comunista, ormai vicino al collasso. Nel settembre del 1989 in Polonia nacque un governo formato non soltanto da comunisti. Contemporaneamente i comunisti delle Germania Est lasciarono il potere ai riformisti e tra il 9 e il 10 novembre 1989 migliaia di Tedeschi poterono abbattere il Muro di Berlino e riunificate la Germania. Il simbolo della guerra fredda non esisteva più.
Gorbaciov non riusciva ad imporre le sue riforme perché era bloccato dall’opposizione contrapposta dei conservatori e dei progressisti. Nell’agosto del 1991 i conservatori tentarono un colpo di stato e destituirono Gorbaciov. Il colpo di stato fallì perché non ebbe l’appoggio dell’esercito e per la reazione popolare guidata dal radicale Boris Eltsin. Gorbaciov ormai non aveva più nessuna autorità. Nel dicembre 1991 così i presidenti delle repubbliche sovietiche, sciolsero l’Unione Sovietica. Nacque così la Comunità di Stati Indipendenti (CSI) che respingeva i principi del comunismo. Il 25 dicembre 1991 la bandiera rossa che sventolava sul Cremino venne sostituita con l’antica bandiera russa. Era la fine del comunismo in Russia e quindi la fine della “guerra fredda”.
Fonte: http://www.studenti.it/download/scuole_medie/Guerra%20fredda.doc
Guerra fredda
LA GUERRA FREDDA
IL MONDO DAL 1945 AL 1956
La "guerra fredda", termine utilizzato per la prima volta dal giornalista americano Walter Lippman nel 1947, rappresenta il periodo del secondo dopoguerra caratterizzato dall'antagonismo di potere tra Stati Uniti e Unione Sovietica, le due superpotenze mondiali.
Nell'analisi del secondo dopoguerra, abbiamo individuato il periodo più teso e acceso della guerra fredda, come quello che va dal 1945 al 1956, anno in cui il segretario del PCUS Nikita Kruscev diede l'avvio a quel complesso e tortuoso processo della "Distensione".
Precedentemente alla seconda guerra mondiale non vi erano stati scontri tra i due stati per vari motivi: primo, perché a difendere gli interessi economici degli isolazionisti Yankees vi erano Stati come la Gran Bretagna e gli stessi regimi fascista e nazista, secondo, l'URSS non era ancora uno stato militarmente forte e non aveva nessun appoggio dall’esterno. Ora però, la situazione stava cambiando. La vecchia Europa non era in grado di dare segni di vita, era giunta alla fine della guerra allo stremo delle forze.
Non solo, ma nel 1945, vi era tra i dirigenti sovietici e Stalin la convinzione che il conflitto col mondo capitalistico fosse alle porte, e che la seconda guerra mondiale fosse stata una parentesi.
Il possesso della bomba atomica da parte americana poi, alimentava un senso di disagio e di timore di un'aggressione statunitense all'Unione Sovietica. L'URSS mantenne schierate le sue truppe nell'Europa dell'Est anche dopo la fine della guerra per paura di un attacco: l'Europa era l'ostaggio contro la minaccia atomica.
L'URSS cercò di crearsi una sorta di cordone protettivo ("Cortina di ferro", la definirà W. Churchill).
Sull'avanzata sovietica in Europa e sul perdurare del suo esercito ad Est, gli americani basarono la loro politica della dottrina Truman e del "Contenimento" dell'espansione delle ideologie di sinistra. Truman prese chiaramente l'impegno di difendere i popoli liberi dalla minaccia armata e rivoluzionaria sovietica.
Questo clima pesante tra i due blocchi, mise in evidenza i limiti della Conferenza di Yalta, emersi tra l'altro già in quella di Potsdam.
La Conferenza di Yalta, tenutasi a Febbraio del 1945 e i cui impegni furono poi confermati a Potsdam, era servita, di fatto, a porre le basi del nuovo ordine geopolitico dell'Europa. Il mondo fu diviso in due sfere d'influenza, in due blocchi contrapposti i quali però, secondo l'allora Presidente americano Roosvelt, non avrebbero dovuto smettere di collaborare. Così invece successe: L'Unione Sovietica e gli Stati Uniti si trovarono d’accordo soltanto quando si trattò di ridurre l'Europa a un continente sottomesso e d'appoggio.
L’ONU.
Uno degli elementi più chiari che mostrano la grave crisi internazionale del dopoguerra, è rappresentato dal semi-fallimento dell’ONU (organizzazione delle nazioni unite).
Già la Carta Atlantica siglata nel 1941 tra Roosevelt e Churchill aveva tenuto a riproporre i principi della vecchia Società delle Nazioni, quali il diritto all’autodeterminazione dei popoli e l’inutilità dell’uso della forza per risolvere le controversie internazionali.
Nel 1942 i paesi alleati si erano per la prima volta definiti “Nazioni Unite”. Persino Stalin era favorevole ad una maggiore cooperazione internazionale, giungendo a sciogliere nel 1943 la Terza Internazionale per convincere gli Alleati della sua disponibilità a dialogare.
Con la Conferenza di San Francisco dell’aprile 1945, nacquero ufficialmente le Nazioni Unite. Queste avrebbero dovuto riunire tutte le Nazioni della terra, garantendo ad ognuna gli stessi diritti e in pratica, i principi che le Nazioni Unite avrebbero dovuto seguire erano quelli Wilsoniani della SdN (Società delle Nazioni).
La Conferenza di Yalta, e ancora di più quella di Potsdam, aveva obbedito però a una logica ben diversa da quella del progetto ONU.
Il meccanismo su cui si fondarono le Nazioni Unite risentì, infatti, della situazione che si stava delineando: le cinque potenze vincitrici della guerra divennero membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’ONU, il suo organo principale, ciascuno con il diritto di veto.
L’ONU diventò in breve un oligopolio in cui USA e URSS predominavano al punto di poter bloccare decisioni risolutive delle varie tensioni internazionali solo per ostacolarsi a vicenda. Non solo, il loro strapotere porterà spesso l’ONU a ignorare i popoli e le zone della terra più bisognose, quelle dove i principi di aiuto e cooperazione internazionale avrebbero dovuto trovare applicazione.
Il piano Marshall.
Alla fine della guerra l’Europa era ridotta a un cumulo di macerie e sembrava veramente difficile prevederne una sua rinascita autonoma.
Ciò fece scattare dalla parte Americana un decisivo intervento economico, che non consiste però in qualcosa come i primi finanziamenti dell’immediato dopoguerra ma un vero e proprio progetto per la ricostruzione europea.
Ovviamente in quest'enorme progetto, chiamato PIANO MARSHALL dal nome del segretario di stato americano che lo propose, troviamo i riflessi della crisi internazionale.
Gli americani avevano, infatti, tre motivi per attivare il Piano Marshall: prima di tutto secondo la “dottrina Truman” del contenimento dell’espansionismo sovietico, si doveva cercare di eliminare il malcontento e la fame in Europa, due elementi che potevano favorire l’avvento del comunismo.
Secondo, bisognava che il blocco occidentale diventasse compatto e forte attorno all’alleato (o al padrone) americano.
Terzo motivo per finanziare l’Europa era l’interesse americano a non arrestare il vasto sviluppo industriale che il loro paese aveva avuto durante le guerra. Il fatto è dimostrato dall’investimento dei soldi del Piano Marshall nell’acquisto di prodotti americani; ciò evitò una possibile recensione economica.
Il Piano Marshall da principio non voleva escludere ne l’URSS e tanto meno l’Europa Orientale.
Ma l’Unione Sovietica temeva che un “vendersi” per fame all’occidente avrebbe determinato una crescita del dissenso verso il regime di terrore instaurato nei paesi dell’Est e una perdita dell’identità ideologica del paese, agli antipodi delle dottrine capitalistiche. Stalin si oppose all’adesione al Piano Marshall. Per tutta risposta istituì, nel 1947 il kominform (l’ufficio d’informazione dei partiti comunisti) i quali dovevano riferire a Mosca sulle situazioni dei loro paesi; nel 1949 nacque il Comecon, un’alleanza di mutua assistenza economica tra i paesi dell’Est, le così dette “democrazie popolari”.
Così, mentre il Piano Marshall favoriva ad ovest la ricostruzione dell’Europa e la lenta nascita di veri stati, liberi e democratici, ad est la repressione di qualsiasi forma di apertura verso l’occidente faceva retrocedere l’Europa Orientale verso la glaciazione.
Vennero imposti i partiti unici e le elezioni vennero sempre rigidamente controllate, si instaurò un regime poliziesco. Questa fu la divisione dell’Europa.
Le strategie militari: la NATO e il Patto di Varsavia.
Uno dei problemi e dell’eredità della seconda guerra mondiale fu la questione del riarmo. La strana logica della divisione in blocchi fece si che la sopravvivenza e la sicurezza di ognuno di essi fosse garantita soltanto da un armamento militare superiore all’altro. A causa di questo, iniziò una pesante militarizzazione, che comportò dal principio enormi spese economiche.
Non solo, ma da quando gli Americani persero il monopolio della bomba atomica nel 1949, iniziò una crescita delle spese destinate agli armamenti nucleari, che misero in pericolo il pianeta più di una volta.
Evidente simbolo della nuova militarizzazione è la creazione della NATO (Patto dell’Atlantico del Nord, stipulato tra Europa Occidentale, USA e Canada), e il suo equivalente Orientale, il Patto di Varsavia.
Tutte e due queste alleanze erano di tipo difensivo e miravano, nelle loro intenzioni, ad aumentare e rendere più salda la cooperazione economico-militare tra gli stati membri.
Avevano però radici e motivi diversi.
La NATO nacque nel 1949, sempre come conseguenza della Dottrina Truman, ma anche perché si temeva che le truppe dell’Armata Rossa, sempre presenti in Europa Orientale, potessero dilagare da un momento all’altro oltre la “Cortina di Ferro”. Un’Europa in cui il comunismo era visto come un incubo, specialmente nella rovinosa situazione europea del dopoguerra, rese necessaria questa alleanza con gli Stati Uniti. Questi ultimi raggiunsero così molteplici obiettivi, tra i quali un maggiore controllo dell’area europea e un ulteriore mercato per le proprie industrie militari.
L’Europa, non ancora in grado di sostenere la propria difesa, dovette per forza di cose stipulare il patto. La NATO servì inoltre come deterrente verso possibili exploits rivoluzionari in Occidente.
A Est, l’URSS impose nel 1955 il Patto di Varsavia, che più che dalla paura di un’aggressione statunitense, era motivato dall’interesse sovietico di rafforzare le proprie posizioni negli Stati Satellite.
Al di là delle alleanze militari, venne nascendo una sorta di equilibrio del terrore tra Est e Ovest, dovuto all’aumento delle spese nelle armi nucleari. Tutto questo fu incoraggiato da un’Europa stremata e da una radicale divergenza tra le diverse ideologie degli Americani e dei Russi. L’ONU non poté fare altro che assistere impotente alla corsa agli armamenti.
Comunque, e da sottolineare come da questo equilibrio del terrore scaturiranno i presupposti della coesistenza. Una guerra nucleare non avrebbe certo apportato a nessuno dei belligeranti dei vantaggi politici e finanziari.
fonte: http://skuola.tiscali.it/mobile/tesine/tesina_guerra_fredda.doc
Guerra fredda : ed il mondo ebbe paura.
Guerra fredda : ed il mondo ebbe paura.
I protagonisti della guerra fredda.
I “non allineati”.
L’ONU.
La politica del terrore e la corsa agli armamenti.
Il Mondo tra spie e “caccia alle streghe “
Problemi interni al blocco occidentale :
Problemi interni al blocco comunista :
La politica estera dei due blocchi.
La guerra di Corea :
La crisi di Cuba :
Vietnam : “una sporca guerra”.
Gli uomini della coesistenza pacifica
Il problema della Germania.
Quell’anno 1989 fu un anno drammatico.
“Vento di cambiamenti” in URRS.
L’URSS dopo il crollo del muro di Berlino.
“La guerra fredda viene generalmente descritta come un gioco a vincita zero nel quale il punteggio di un giocatore è pari alle perdite dell’altro…Sarebbe però più realistico vedere il sistema della guerra fredda come una macabra danza di morte nella quale i governanti delle superpotenze mobilitano le proprie popolazioni per avere il consenso su misure dure e brutali rivolte contro vittime all’interno di quelle che vengono considerati i rispettivi domini, nei quali stanno progettando i loro progetti.
Appellarsi alla presunta minaccia di un potente nemico globale ha dimostrato essere un utile strumento a questo scopo…Quando gli USA si muovono per rovesciare il governo dell’Iran o del Guatemala o del Cile … lo fanno con il nobile scopo di difendere i popoli liberi dall’imminente minaccia russa.Nello stesso modo l’URSS manda i suoi carri armati a Berlino est, in Ungheria, a Praga …per il più puro dei motivi : difendere il socialismo e la libertà dalle macchinazioni dell’imperialismo americano e delle sue coorti “.
Il 1945 anno della fine della II guerra mondiale ha segnato l’inizio di un’epoca definita l’età delle super potenze, dominata dalla presenza e dalla concorrenza di due grandi blocchi politico-economico-militari entrambi in grado di distruggere l’avversario e con esso la vita di tutto il pianeta. Fortunatamente lo scontro politico ed ideologico non degenerò mai in un conflitto militare aperto : per questo il dopo guerra viene generalmente denominato come il periodo della guerra fredda.
Gli anni della GUERRA FREDDA sono stati segnati da una tensione continua,da guerre locali definite “ guerre per delega “, in quanto combattute dagli alleati degli USA e dell’URSS e dalla corsa agli armamenti.
L’ inizio della GUERRA FREDDA. viene fatto risalire alla conferenza di Yalta, dove “I tre grandi“ Churchill, Roosevelt e Stalin, decisero le sorti del mondo che usciva dalla guerra. In termini brutali,ci fu una vera e propria spartizione del mondo tra USA e URSS.
I protagonisti della guerra fredda.
URSS: L’URSS uscì dalla II guerra mondiale notevolmente provata : 18 milioni di morti, molte città distrutte e tutte le sue regioni europee invase dalla Germania. Riuscì comunque ad affermarsi a livello mondiale grazie alla forza del suo grande esercito (“l’armata rossa“ ), grazie alla ferrea disciplina imposta da Stalin e grazie allo sfruttamento dei territori occupati.
Fin dal 1945, infatti, l’URSS avviò una politica di sfruttamento sistematico dei paesi occupati, volta a ricostruire e accelerare lo sviluppo del sistema industriale sovietico. Vennero quindi imposte pesantissime riparazioni agli ex alleati della Germania (Ungheria, Romania e Bulgaria)costretti a cedere risorse finanziarie, derrate agricole, macchinari e mezzi di locomozione. Interi complessi industriali, un tempo controllati dai tedeschi, vennero inoltre smantellati e ricostruiti su territorio russo.
Il suo potere derivò inoltre dal grande appoggio di tutti i partiti comunisti del mondo e dalle speranze di indipendenza che essa alimentava in tutti i paesi ancora soggetti al regime coloniale.
In Europa orientale, la massiccia presenza dell’armata rossa anche dopo la fine del conflitto, determinò l’imposizione russa di governi comunisti filo-sovietici (e di conseguenza l’allontanamento forzato dei dirigenti non comunisti )e la conseguente collettivizzazione dell’economia.
Nel 1947 così si insediarono governi filo-sovietici in Polonia, Bulgaria, Ungheria e Romania, uniti tutti alla “ madre Russia “ mediante organizzazioni politiche, COMINFORM, economiche, COMECON e militari, Patto di Varsavia.
Il Cominform era una sorta di riedizione della terza Internazionale (che si era sciolta nel ’43 in omaggio all’alleanza antifascista ), ed il suo scopo era quello di coordinare l’ azione di tutti i partiti comunisti europei. Fondato nel 1947 dai rappresentanti dei partiti comunisti dei paesi dell’Europa orientale, di Francia ed Italia, Il Cominform divenne lo strumento tipico della contrapposizione tra blocco comunista e blocco occidentale.IL Cominform venne però sciolto nel 1956 con l’avvio della politica di coesistenza pacifica avviata dal leader sovietico Chruscev.
Grazie al COMECON invece, l’URSS si assicurò il controllo delle economie dei paesi da lei occupati. Attraverso il “ consiglio di mutua assistenza economica “(COMECON) infatti, l‘URSS poté scegliere i processi di produzione dei paesi satelliti in modo tale che questi risultassero complementari a quelli russi. I tassi di scambio all’interno dell’area del rublo, nonché la quantità ed i prezzi dei beni scambiati furono quindi rigidamente controllati dal potere sovietico.
La Russia così conobbe ben presto un rapido sviluppo: nei primi anni del dopoguerra, la crescita produttiva sovietica fu notevole, con incrementi medi del 10 % annuo.
Il Patto di Varsavia fu invece la risposta sovietica all’ingresso nella Nato della Germania Federale.
Esso si configurò come organizzazione militare dei paesi comunisti dell’Europa orientale e conferì alla Russia il comando di tutte le forze militari dei paesi contraenti il trattato.
Il patto di Varsavia si sciolse soltanto nel 1991 in seguito al crollo dei regimi comunisti nell’Europa orientale.
USA: Gli USA uscirono dalla II guerra mondiale addirittura rafforzati; essi non avevano, infatti, conosciuto né occupazione straniera né bombardamenti e la loro capacità produttiva era notevolmente aumentata dato lo sforzo fatto per rifornire di armi e di ogni altra merce i propri soldati in guerra.
Alla fine della guerra gli USA si ritrovarono con la più potente marina e aviazione militare del mondo e la sua supremazia militare era garantita dal possesso della bomba atomica.
Anche nel campo economico la supremazia degli USA era indiscutibile, con la conferenza di Breton Woods del 1944 infatti, poiché gli USA possedevano i due terzi delle riserve aurifere mondiali ed era necessaria la ricostruzione di un sistema monetario internazionale efficiente e stabile per la ripresa della crescita degli scambi internazionali, fu deciso che di tutte le monete internazionali, solo il dollaro avrebbe mantenuto la convertibilità in oro diventando così la moneta chiave del sistema. Gli scambi e i pagamenti internazionali sarebbero stati effettuati unicamente in dollari e la valuta americana sarebbe divenuta moneta di riserva in sostituzione dell’oro.
Vennero inoltre create due nuove istituzioni economiche internazionali : la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale con lo scopo di agevolare con prestiti lo sviluppo dei paesi più arretrati. Queste istituzioni, nate per essere “ super partes “ dipendono però principalmente dai finanziamenti USA e sono quindi largamente influenzati dalla politica di Washington.
Agli occhi degli americani il fallimento delle democrazie europee, la nascita dei regimi fascisti, dei vari nazionalismi e della stessa catastrofe bellica erano il frutto della mancata risoluzione dei problemi finanziari creati dalla I guerra mondiale. Solo l’ affermazione della libertà di commercio su scala mondiale e lo sviluppo della cooperazione internazionale avrebbero potuto assicurare la pace e la democrazia. Gli USA si proclamarono allora promotori di quest‘ideale e lo dimostrarono attuando il cosiddetto “ Piano Marshall “.
Il Piano Marshall consisteva nella concessione agli stati europei di prestiti a basso interesse o a fondo perduto, nella fornitura di massicci aiuti in beni alimentari e materie prime e soprattutto nel rinnovamento tecnico delle imprese europee attraverso l’introduzione di macchinari, tecnologie e tecniche di produzione più moderne.
Il piano Marshall che all’inizio era piuttosto vago assunse ben presto dimensioni considerevoli : dal 1948 (anno del suo inizio )al 1957 (anno della conclusione )esso portò allo stanziamento di ben 13 miliardi di dollari. Esso d’altra parte permise agli USA di influenzare la condotta economico-finanziaria dei paesi assistiti e di favorire gli investimenti esteri americani.
IL piano Marshall inoltre, creando un forte legame tra USA e Europa occidentale, si poneva come forte baluardo contro le mire espansionistiche sovietiche in Europa. Fu per questo dunque che quando gli americani offrirono i loro aiuti anche a Cecoslovacchia e Polonia, fu lo stesso Stalin ad intervenire e ad imporre ai governi di Varsavia e di Praga di rifiutare l’offerta americana.
La solidarietà politica tra Usa ed Europa si riaffermò poi nel 1949 con l’alleanza politico-militare del Patto Atlantico che ebbe il suo strumento bellico nella NATO (North Atlantic treaty Organization )cui aderirono 12 paesi.
La Nato era una alleanza con dichiarato carattere difensivo, ma il suo sorgere confermò comunque una netta divisione dell’Europa occidentale da quella orientale. Questa divisione fu confermata nel 1955 quando i paesi del blocco comunista opposero alla NATO una loro alleanza militare, IL Patto di Varsavia, che istituiva a Mosca il comando supremo delle forze armate di tutti i paesi a lei alleati. Era dunque calata quella “ cortina di ferro “ di cui Churchill aveva parlato già nel 1946.
I “non allineati”.
Non tutte le nazioni però avevano accettato di allinearsi con uno dei due blocchi e avevano preferito restare neutrali e conservare i propri orientamenti tradizionali nella politica estera e le proprie strutture e istituzioni di governo.
Tra i “ non allineati “ europei il più importante fu la Yugoslavia di Tito che nel 1948, vista la scarsa presenza dell‘armata rossa sul suo territorio, arrivò ad una rottura definitiva con l’URSS per quanto riguardava le relazioni economiche e militari, aderendo invece al piano Marshall e intensificando gli scambi con l ‘ occidente. Si proclamò quindi repubblica federale e concesse ampie autonomie alle sue sei regioni. In questo modo dunque, La Yugoslavia si pose come cuscinetto neutrale tra Est ed Ovest.
Nel 1955 inoltre, a Bandung, (India? )ci fu una conferenza tra i vari paesi afro-asiatici non allineati, i quali proclamarono la volontà di essere ormai soggetti attivi e non più oggetti di azioni politiche e la possibilità di una pacifica convivenza tra sistemi politici e sociali diversi.
L’ONU.
Di matrice soprattutto americana, fu anche l’ispirazione di base dell’organizzazione delle nazioni unite –ONU-, creata nella conferenza di S.Francisco in sostituzione della screditata Società delle Nazioni, con l’obbiettivo di salvare le generazioni future dal “flagello della guerra” e di impiegare “strumenti internazionali per promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli”.
La struttura organizzativa venne articolata attorno a tre organismi principali: il segretariato generale, con funzioni amministrative, l’assemblea generale, col potere di adottare a maggioranza semplice risoluzioni che però non sono vincolanti ma hanno solo valore di raccomandazione ed il consiglio di sicurezza. Quest’ultimo si compone di quindici membri ed ha il potere di produrre decisioni vincolanti per gli stati ed ha il potere di adottare misure che possono arrivare anche all’intervento armato.
Dei quindici membri del consiglio di sicurezza, le cinque massime potenze vincitrici della seconda guerra mondiale sono membri permanenti con diritto di veto, mentre gli altri dieci vengono eletti a turno tra gli altri stati.
Con l’evolversi del processo di contrapposizione dei due blocchi, l’ONU restò schiacciata dallo scontro tra USA e URSS ed il suo potere venne notevolmente ridimensionato. In molte delle più spinose questioni internazionali, l’ONU venne sistematicamente scavalcata dalle decisioni delle grandi potenze.
La politica del terrore e la corsa agli armamenti.
Nel 1945 il primato atomico americano finì. Fu proprio questo infatti, l’anno in cui l’URSS riuscì a costruire la sua prima bomba atomica.
LA fine del monopolio atomico americano colse di sorpresa i governi occidentali e mutò radicalmente le prospettive delle relazioni internazionali.
Improvvisamente lo scontro ideologico e politico sembrò potersi trasformare in un aperto conflitto nucleare.
Tutti gli uomini e le donne a Ovest come ad Est avevano la sensazione di una imminente catastrofe e ciò rendeva ancora più difficile i rapporti tra i due blocchi.
Le tecnologie cui si era arrivati da ambo le parti, infatti, erano tali da potersi annientare istantaneamente a vicenda.
Paradossalmente però, la consapevolezza dell’enormità del potenziale distruttivo delle armi accumulate da ambo le parti, impedì di fatto lo scoppio di un conflitto nucleare aperto. Tale fenomeno prese il nome di politica della “ deterrenza “.
Nel 1952 intanto, gli USA riconquistarono la supremazia nucleare con la costruzione della prima “ bomba H “, la bomba all’idrogeno, che aveva una potenza distruttiva mille volte superiore a quella della bomba di Hiroshima.
Pochi mesi dopo i sovietici ottennero gli stessi risultati.
Nessuno dei due paesi aveva però interesse a combattere una guerra nucleare sul proprio territorio e perciò un eventuale scontro diretto si sarebbe potuto svolgere soltanto in Europa, vista la sua posizione strategica e viste le ancora insufficienti tecnologie per il trasporto delle bombe di cui disponevano i due blocchi.
Conseguenza di questo fu il fatto che i paesi europei membri della NATO affidarono a Washington ogni decisione sulla loro difesa.
La corsa agli armamenti era ormai cominciata.
Sia USA che URSS cominciarono a investire gran parte dei loro capitali nella ricerca e nella costruzione di armi sempre più nuove e più potenti.
Gli USA,comunque, mantennero sempre una certa superiorità tecnologica, superiorità che venne seriamente minacciata nel 1957 con la messa in orbita da parte dei sovietici dello “ Sputnik “.
Lo Sputnik era il primo satellite artificiale in orbita attorno alla terra, ma la sua importanza, agli occhi degli occidentali, consisteva soprattutto nel fatto che ora i sovietici avrebbero potuto disporre di propulsori in grado di lanciare missili dal suolo russo direttamente sul territorio americano.
In risposta allo Sputnik gli USA lanciarono nel 1958 il loro primo satellite orbitale : l’ Explorer.
Nel 1961 seguirono all’Explorer i primi missili intercontinentali americani : gli Atlas, cui si aggiunsero poi i primi sottomarini a propulsione nucleare, non intercettabili ed in grado di restare in immersione per parecchi mesi, percorrendo migliaia di chilometri.
Dal ’45 agli anni ’90, sono state costruite più di 130 mila testate nucleari, 75 mila dagli americani, 55 mila dai russi.
Secondo una stima pubblicata nel 1995 nel “ Bullettin of the atomic scientists’ “, gli USA da soli hanno speso dal 1940 ad oggi circa 3900 miliardi di dollari per i loro programmi nucleari. L’URSS probabilmente spese una cifra confrontabile il che, insieme con le spese delle potenze nucleari “minori” (Francia, Gran Bretagna, Cina, Israele, India e Pakistan ), porta la spesa complessiva a qualcosa nell’ordine dei 9000 miliardi di dollari (equivalente a nove volte il PIL annuo attuale italiano ).
Un esempio significativo della distorsione economica e sociale prodotta dalla corsa agli armamenti è stata la creazione in Russia di intere città chiuse al mondo esterno e dedicate alla produzione di materiale fissile e di altri prodotti per le armi nucleari. La popolazione totale di queste città chiuse ha superato le 700 mila unità.
“ Le armi nucleari costituiscono dunque un fenomeno unico nella storia dell’umanità : mai così tante energie sono state dedicate allo sviluppo, alla produzione e all’installazione di sistemi d’arma che, per circa 50 anni sono stati solo accumulati senza mai essere utilizzati.” (Paolo Cotta ).
Il Mondo tra spie e “caccia alle streghe “
A est come a ovest, la propaganda politica anticomunista da una parte, dall’altra la condanna del capitalismo di cui si prevedeva il prossimo declino, assunse una posizione di grande rilievo.
In entrambi i blocchi, paure irrazionali e cecità politica sfiorarono il fanatismo.
Problemi interni al blocco occidentale :
Ad Ovest, e soprattutto negli USA, potenti interessi industriali premevano affinché le spese militari fossero incrementate.
Al nome del senatore americano McCarthy, sono legate pesanti misure repressive che portarono all’estromissione dal pubblico impiego tutti i sospetti simpatizzanti comunisti (una vera “ caccia alle streghe “)e alla repressione delle minoranze, a partire dai neri, potenzialmente sovversive. Per alcuni anni fu addirittura vietata la proiezione dei film di Chaplin rei di tendenze filo comuniste. Tale fenomeno prese appunto il nome di “ Maccartismo “. Quasi ad emblema di quegli anni, è rimasta la condanna a morte e l’esecuzione di due innocenti, i coniugi Rosenberg, accusati di spionaggio a favore dei sovietici.
In Germania occidentale inoltre, gli alleati abbandonarono ben presto i loro programmi di denazificazione e adottarono una silenziosa politica di reintegrazione degli ex collaboratori del regime nazista in modo tale da poterne sfruttare le conoscenze contro il nuovo pericolo comunista.
Un caso eclatante fu l’accoglienza che gli americani riservarono all’ingegner Werner von Braun, l’inventore dei famigerati V2, i missili con i quali Hitler aveva bombardato Londra durante la II guerra mondiale.
Nel caso in cui inoltre, partiti comunisti o comunque filo sovietici fossero saliti al potere nei paesi del blocco occidentale, gli americani avrebbero provveduto al sabotaggio di tale governo (mediante organizzazioni di spionaggio come la Cia)avvalendosi anche, se necessario, dell’uso delle armi (come accadde ad esempio a Panama ). In Germania il partito comunista venne posto fuorilegge, mentre in Gran Bretagna, Francia e Italia i partiti comunisti presero il sopravvento.
Problemi interni al blocco comunista :
Nel blocco orientale, i partiti comunisti, persino laddove erano in maggioranza, mortificarono la loro egemonia imprigionandola in forme di governo autoritarie, povere di dialettica politica, criminalizzando le manifestazioni di dissenso, dietro le quali si sospettava l’esistenza di trame destabilizzatrici “capitaliste”.
Per quasi un decennio, si sgranò un’interminabile serie di processi contro oppositori interni veri o presunti tali, non di rado le confessioni estorte a vittime innocenti furono funzionali alla lotta politica interna agli apparati politi comunisti.
Ogni tentativo di riforma fu duramente represso.
Fulgido esempio ne furono gli scontri avvenuti a Budapest nel 1956.
Le frange comuniste più democratiche, attraverso l’insurrezione popolare, riuscirono ad imporre un nuovo governo guidato da Imra Nagiy, il quale si staccò dal patto di Varsavia proclamando la neutralità dell’Ungheria.
Le truppe sovietiche presenti sul territorio furono costrette ad uscire dai confini ungheresi.
Cogliendo il pretesto dell’incapacità del Governo Nagiy di far fronte ai tentativi di controrivoluzione in atto, Kadar, Segretario del Partito, egli pure antistalinista ed inizialmente favorevole a Nagiy, costituì un uovo governo; una delle prime misure fu la richiesta di intervento delle truppe del Patto di Varsavia che soffocarono nella violenza il tentativo di liberalizzazione del socialismo ungherese.
Nel 1968 inoltre ci fu la famosa “primavera di Praga”
“Non erano la Cina di Mao né la Cuba di Castro, i modelli e i simboli che mobilitarono le masse cecoslovacche, ma il maturo convincimento che era necessario andare avanti nell’umanizzazione della società: questo era l’aneddoto bruscamente interrotto dopo il 1968; combattevano per mettere l’uomo al centro della Società e non certo interessi del capitale o del partito”.
Tutto cominciò nel gennaio del ’68 quando il nuovo segretario del Partito Comunista Dubcek cercò di rinnovare il sistema economico e politico del suo Paese. Egli si proponeva di affermare un socialismo più aperto rispetto agli altri socialismi dell’epoca. C’era voglia di giustizia, libertà e democrazia e per questo si accettò la presenza di nuovi partiti e si incentivò la libertà di stampa e di opinione.
Grazie a questo nuovo socialismo dal volto più umano la Cecoslovacchia conobbe un periodo di grande fermento intellettuale, anche se le proposte governative non vollero mari mettere in discussione la posizione del Paese all’interno del Sistema Sovietico.
L’URSS però preoccupata degli effetti contagiosi che questa nuova situazione avrebbe potuto portare negli altri Paesi del blocco, decise di inviare in Cecoslovacchia le proprie truppe.
Il 21 agosto del ’68 truppe sovietiche entrarono a Praga, arrestarono prima e isolarono politicamente poi dirigenti del Governo e gran parte degli intellettuali che lo avevano appoggiato. Reinstallarono poi un Governo comunista di stampo tradizionale.
Questa azione contribuì ulteriormente all’appannamento dell’immagine dell’URSS. Essa infatti venne duramente contestata da gran parte dei partiti comunisti del mondo.
La politica estera dei due blocchi.
Il fenomeno della “deterrenza” ebbe come conseguenza lo spostamento in zone periferiche della conflittualità che esisteva tra i due blocchi.
Iniziò così, alla fine degli anni ’40 una serie interminabile di conflitti locali dietro i quali si collocavano più o meno visibilmente le due superpotenze.
La guerra di Corea :
Uno dei conflitti che più fece restare il mondo col fiato sospeso fu la guerra in Corea.
La Corea era divisa, a livello del 38° parallelo, tra un nord legato geograficamente, economicamente e politicamente a URSS e Cina e un sud proiettato verso il non lontano Giappone e area fondamentale per la strategia militare americana.
Nel giugno del 1950, le forze nord coreane armate dai sovietici invasero il sud del paese.
Di fronte a quella che appariva una clamorosa conferma delle mire espansionistiche sovietiche, gli USA reagirono inviando in Corea un forte contingente militare mascherato sotto la bandiera dell’ONU.
Gli americani riuscirono a respingere i nord coreani e a oltrepassare addirittura il 38° parallelo.
A questo punto però, sentendosi minacciata, intervenne nel conflitto anche la Cina di Mao in difesa dei comunisti, inviando un massiccio corpo di “volontari”. Le forze comuniste riuscirono così a rientrare nuovamente nei territori del sud.
Le forze americane, sotto il comando del generale Mc Arthur, furono tentate di usare nuovamente la bomba atomica, ma per il timore di un conflitto mondiale nucleare non se ne fece nulla.
Nell’aprile del ’51 Truman accettò di aprire le trattative con la Corea del Nord. I negoziati si trascinarono a lungo concludendosi solo nel ’53 con il ritorno alla situazione precedente alla guerra (confine lungo il 38° parallelo ).
Con la guerra di Corea, gli USA accrebbero la loro sensibilità verso le minacce espansionistiche sovietiche nel Pacifico e rafforzarono quindi i legami militari con i loro alleati asiatici ed europei.
La crisi di Cuba :
All’inizio del 1959, un movimento rivoluzionario guidato da Fidel Castro ed Ernesto “Che” Guevara, poneva fine alla dittatura di Fulgenico Batista, sostenuta dagli americani.
Il progetto di Castro si proponeva una politica di riforme di stampo popolare ma le ostilità dimostrate dagli USA nei confronti della rivoluzione, spinsero Cuba a stringere rapporti sempre più stretti con la lontana Russia.
Il I dicembre ’61 Cuba si dichiarò repubblica democratica socialista.
La Russia diventò il principale partner economico di Cuba e tutte le imprese dell’isola vennero nazionalizzate.
All’inizio del suo incarico, il presidente americano Kennedy tentò di soffocare il regime socialista cubano sia boicottandolo economicamente (l’embargo contro Cuba è ancora in vigore )sia appoggiando i gruppi di esuli anti-castristi che tentarono nel 1961 di sbarcare nella “baia dei porci” per raggiungere l’Avana e rovesciare il regime castrista.
L’azione però fallì miseramente soprattutto grazie al mancato appoggio del popolo agli anti-rivoluzionari.
Nella tensione così creatasi, si inserì l’Urss che non solo offrì ai cubani assistenza economica e militare, ma iniziò l’installazione sull’isola di basi per il lancio di missili nucleari. Gli USA scoprirono ciò solo nel ’62 e Kennedy ordinò subito un blocco navale attorno a Cuba per impedire che navi russe raggiungessero l’isola.
Per sei terribili giorni (16-21 ottobre )il mondo fu nuovamente vicino ad un conflitto atomico ma alla fine il primo ministro russo Krusciov cedette e si accordò con Kennedy per il ritiro dei missili in cambio dell’impegno americano a non invadere l’isola.
Vietnam : “una sporca guerra”.
Una delle conseguenze della II guerra mondiale fu l’emancipazione dei popoli colonizzati. Gli anni fra il 1947 e il 1962, videro compiersi, spesso con violenti contrasti, la dissoluzione degli imperi coloniali di Gran Bretagna, Francia, Belgio e Olanda.
In particolare l’Indocina, dove movimento di liberazione guidato dal capo comunista Ho-Chi-Minh si oppose al ritorno della Francia dopo la fine della guerra, la lotta fu dura e sanguinosa.
Il conflitto che ne seguì si protrasse per otto anni (‘46-‘54 )e alla fine la Francia dovette abbandonare le sue colonie in Asia.
L’Indocina venne smembrata tra gli stati di Laos, Cambogia e Vietnam.
Quest’ultimo venne ulteriormente diviso tra Vietnam del nord, retto da un regime comunista, e Vietnam del sud, governato da un regime dittatoriale sostenuto dagli USA.
Dopo il 1954 la situazione tra i due Vietnam si fece molto tesa.
Nel sud tra ’57 e ’59, si organizzò un movimento di guerriglia - i “Vietcong” - contro la dittatura, guerriglia che venne appoggiata dal governo comunista del nord (e quindi anche da URSS e Cina ).
Ne nacque una sanguinosa guerra civile in breve tempo complicata dall’intervento militare degli USA nel sud del paese.
Nonostante l’impiego di ingenti forze terrestri e aeree (specialmente durante la presidenza Jhonson ), gli americani non riuscirono a risolvere il conflitto con la forza e la lotta si trascinò per anni, fino al 1974 quando, in seguito ad una grande offensiva lanciata dai nord vietnamiti, l’intero paese cadde nelle mani dei comunisti.
Il conflitto, che alla fine si risolse dunque con la sconfitta degli americani, aveva conosciuto, durante tutto il periodo del suo svolgimento, una fortissima opposizione da parte dell’opinione pubblica sia di sinistra che di destra.
I motivi della guerra, infatti, secondo l’opinione pubblica non erano sufficienti a spiegare gli altissimi costi economici ma soprattutto umani del conflitto. Senza contare poi che essa apparve a molti come una guerra ingiusta (“una sporca guerra”)perché contraria al diritto di auto determinazione dei popoli.
Gli uomini della coesistenza pacifica
Tre uomini, soprattutto, diedero consistenza alle prospettive di coesistenza pacifica tra i regimi di tipo borghese e di tipo comunista: il sovietico Kruscev, il neo presidente americano Kennedy e Giovanni XXIII papa dal 1958.
Nel 1953 Stalin era morto e con la sua morte iniziarono a dissolversi, pur tra numerose contraddizioni, quel clima cupo, quella rigidità burocratica, quella pesantezza ideologica che avevano connotato la politica del segretario generale del PCUS (partito comunista russo ).
Nikita Kruscev impresse una vigorosa spinta alla politica di riapertura e delle riforme.
In quegli anni il Cremlino avviò una certa decentralizzazione delle decisioni economiche, privilegiò lo sviluppo dell’industria produttrice di beni di consumo rispetto a quella pesante.
In sostanza, Kruscev volle interpretare il confronto tra i due blocchi soprattutto in chiave di competizione economica fra i due sistemi: la vittoria sarebbe andata a quella capace di assicurare al popolo il più alto grado di benessere e di giustizia sociale.
Kruscev ebbe anche il coraggio di denunciare al mondo intero, durante il XX congresso del PCUS del ’56 gli errori e i crimini commessi dal suo predecessore Stalin:” Compagni! Il culto della personalità ha causato la diffusione di principi errati nel lavoro del partito e nell’attività economica, ha portato alla violazione delle regole della democrazia interna al partito e dei soviet …,a deviazioni di ogni sorta che dissimulavano le lacune e coprivano la verità”.
Grazie a Kruscev il clima culturale in URSS si fece più vivace.
John Fitzgerald Kennedy, successore di Eisenhower, fu il più giovane presidente degli USA e fu anche il primo cattolico a entrare alla Casa Bianca.
In politica interna, Kennedy avviò un forte incremento della spesa pubblica destinata in parte a programmi sociali, in parte alle esplorazioni spaziali e in parte alla reintegrazione razziale di quegli stati del sud che ancora praticavano forme di discriminazione contro i neri.
La politica estera di Kennedy fu caratterizzata da una linea ambivalente, da una parte vi fu un atteggiamento di apertura e disponibilità al confronto dialettico con l’URSS, dall’altra però rimase una ferrea intransigenza per quanto riguardava gli interessi americani nel mondo.
La questione di Cuba fu un chiaro esempio di questo nuovo clima che seppur teso si risolse col ritorno al dialogo.
Giovanni XXIII, papa dal 1958, ebbe il merito rinnovare l’atteggiamento sociale e la politica intrenazionale della chiesa e favorì, col Concilio Vaticano II, il riavvicinamento delle varie religioni che si richiamavano alla predicazione cristiana. Con l’enciclica “Pacem in terris” egli sostenne nel 1963 “l’imprescindibile necessità della pace per il cammino illuminato e costruttivo della civiltà umana”.
Il problema della Germania.
Quando la II guerra mondiale finì, la Germania era ridotta da un enorme campo di macerie.
I tedeschi erano come paralizzati dall’incubo del passato e dalle insicurezze del futuro, sarebbero stati i vincitori della guerra a decidere il loro futuro.
La volontà delle potenze vincitrici era di impedire alla Germania, una volta per sempre, di diventare nuovamente una forza politica ed economica che potesse trascinare il mondo in un'altra guerra mondiale.
Il primo compromesso cui esse arrivarono perciò fu di dividere la Germania in quattro zone occupate ed amministrate da americani, russi, inglesi e francesi.
L’URSS cominciò immediatamente a ricostruire la Germania secondo i suoi piani di “riparazione”.
Gli americani invece, cominciarono ad organizzare aiuti per la Germania secondo il piano Marshall, affinché questa potesse diventare l’avamposto USA contro l’Unione Sovietica.
Anche la Germania diventò quindi oggetto della guerra fredda e non ebbe né la forza né la possibilità di sottrarsi alla dominazione e alla concorrenza delle due superpotenze.
La vita quotidiana dei tedeschi era dominata dalla fame e dalla miseria, i soldi avevano perso qualsiasi valore ed i prezzi non si calcolavano più in marchi ma in sigarette americane.
Per rafforzare economicamente i territori tedeschi da loro controllati, americani, inglesi e francesi decisero di sorpresa di introdurvi una nuova moneta: il nuovo Marco.
Le potenze occidentali però non si erano accordate con l’amministrazione russa riguardo alla nuova valuta tedesca.
In risposta a ciò, i russi, nel luglio del ‘48(?), bloccarono ogni accesso alla parte occidentale di Berlino controllata dagli ex alleati.
Per dieci mesi gli occidentali organizzarono allora un ponte aereo per rifornire Berlino ovest di viveri e beni di prima necessità.
Alla fine i sovietici si arresero, ma avevano perso più di una battaglia: gli USA ora erano diventati i garanti della sicurezza mondiale mentre i sovietici cominciarono a perdere le simpatie internazionali nei loro confronti.
Il blocco di Berlino fu il colpo di grazia per chi sperava ancora nell’unità della Germania. Pochi mesi dopo la fine del blocco, furono creati due stati tedeschi: la Repubblica Federale (RFT)ad ovest e la Repubblica Democratica (DDR)ad est. La divisione era il prezzo che la Germania doveva pagare per aver scatenato la più grande guerra che l’umanità avesse mai visto.
Nel corso degli anni ’50 la Germania Ovest conobbe un fortissimo boom economico, mentre la parte orientale faceva molta fatica a riprendersi.
Per tutti gli anni ’50 quindi centinaia di migliaia di persone, specialmente giovani tecnici e laureati fuggirono dall’Est all’Ovest aumentando così le difficoltà economiche della DDR.
Nelle prime ore del 13 agosto del ’61, le unità armate della DDR interruppero tutti i collegamenti tra le due Berlino e costruirono un muro insuperabile che attraversava tutta la città.
Non solo a Berlino, ma in tutta la Germania, il confine diventò una trappola mortale. I soldati ricevettero l’ordine di sparare su tutti quelli che cercavano di attraversare il confine. Negli anni a venire quest’ultimo venne attrezzato con macchinari sempre più terrificanti: mine antiuomo, filo spinato con corrente ad alta tensione ed addirittura impianti che sparavano automaticamente su tutto ciò che si muoveva attorno a loro.
La costruzione del muro, che diventò ben presto il simbolo della guerra fredda, destò grande scalpore ovunque ma le reazioni del mondo politico tedesco ed internazionale furono molto strane.
La costruzione del muro dopotutto era vista come una soluzione brutta ma tutto sommato accettabile, vista la situazione creatasi a Berlino, che negli anni precedenti era diventata sempre più instabile e pericolosa.
Quell’anno 1989 fu un anno drammatico.
I cambiamenti democratici, le piccole rivoluzioni nell’ economia e nella politica in Polonia, in Ungheria e nell’URSS riempivano ogni giorno i giornali di tutta Europa, una notizia sensazionale dall’Europa dell’ est seguiva l’ altra, solo nella DDR il tempo sembrava essersi fermato. Visto che il tentativo di lasciare la DDR in direzione ovest equivaleva ancora ad un suicidio, la gente si inventò un’altra strada.
All’improvviso Praga, Varsavia e Budapest diventarono le città più amate da molta gente della DDR, ma non per la bellezza dei loro monumenti ma perchè qualcuno aveva capito che le ambasciate della Germania Federale in queste città, erano il territorio occidentale più facilmente accessibile.
Ma il colpo decisivo all’esistenza della DDR avveniva anche questa volta in un modo del tutto insolito e inaspettato.
L’ Ungheria, che era forse il paese più avanzato per quanto riguarda le riforme democratiche fece un passo che doveva portare in soli due mesi alla caduta del muro di Berlino.
Il 10 settembre aprì i suio confini con l’Austria.
Decine di migliaia di tedeschi dell’est erano già affluiti in Ungheria nei giorni precedenti in attesa di questo evento, e le immagini della gente che, ancora incredula e piangente, assisteva alla rimozione del filo spinato tra Ungheria e Austria fecvero il giro del mondo.
Il governo della DDR aveva disperatamente cercato di impedire questa dcisione, ma la prospettiva di una migliore collaborazione con l’ovest, era per gli ungheresi era più importante dellla solidarietà ideologica con la DDR.
Nell’ottobre del 1989 gli eventi nella DDR precipitarono. Sotto la pressione delle manifestazioni di massa e del flusso sempre crescente di persone che lasciavano il paese, molte amministrazioni comunali si sciolsero e furono sostituite da organi ai quali partecipavano per la prima volta anche gruppi di opposizione.
Quando la sera del 9 novembre un portavoce del governo della DDR annunciò una riforma molto ampia della legge sui viaggi all’estero, la gente di Berlino est la interpretò a modo suo: il muro doveva sparire. Migliaia di persone stavano all’est davanti al muro, ancora sorvegliato dai soldati, ma migliaia di persone stavano aspettando anche dall’altra parte del muro, all’ovest, con ansia e preoccupazione. Nell’incredibile confusione di quella notte, qualcuno,e ancora oggi non si sa esattamente chi sia stato, aveva dato l’ordine ai soldati di ritirarsi e, tra lacrime ed abbracci, migliaia di persone dall’est e dall’ovest, scavalcando il muro, si inconravano per la prima volta dopo quarant’anni. Il muro era caduto ma esistevano ancora due stati tedeschi, due stati con sistemi economici e politici completamente diversi. Tutta l’organizzazione della vita pubblica era diversa. Adesso la libertà tanto a lungo desiderata c’era, mancava però il benessere e la gente dell’est non voleva più aspettare: infatti, dopo la caduta del muro il flusso dall’est all’ovest non diminuì, ma anzi aumentò. Dopo le prime elezioni nel marzo 1990 la DDR aveva finalmente un governo democraticamente legittimato, ma la fiducia nel proprio stato stava scendendo a zero. Si diffondeva uno stato di quasi anarchia e l’economia stava crollando verticalmente. Nella DDR cominciò a regnare il caos. Dopo pochi mesi la riunificazione non era più una possibilità, ma una necessità, era diventata l’unico modo per fermare il degrado dell’est. Ma riunire due stati non è così facile e nel caso della Germania si doveva considerare anche il fatto che la DDR faceva ancora parte di un sistema di sicurezza militare e di un’alleanza con l’Unione Sovietica e che anche la Germania Federale a questo riguardo non poteva agire senza il consenso degli ex-alleati della Seconda Guerra Mondiale. Questo rendeva la riunificazione un problema non solo nazionale ma internazionale e solo dopo trattative non facili tra USA, URSS, Francia e Gran Bretagna e dopo il “sì” definitivo di Gorbaciov, la strada per la riunificazione era libera. Il 3 ottobre del 1990, i due stati non furono riuniti, ma uno dei due stati, cioè la DDR, si auto scioglieva e le regioni della DDR furono annesse in blocco alla Repubblica Federale.
Nessun politico dell’ovest può reclamare alcun merito concreto per quanto riguarda gli eventi che portarono alla riunificazione. Gli unici politici che in un certo modo hanno contribuito a iniziare o ad accelerare il processo della riunificazione della Germania erano Gorbaciov, che con la sua politica ha reso possibile tutto quello che successe, e il governo dell’Ungheria, che nell’agosto dell’89 prese la coraggiosa decisione di aprire i confini con l’Austria e con ciò diede inizio a una valanga inarrestabile che portò in pochissimo tempo alla caduta del muro di Berlino.
“Oggi, nel 1997, la Germania è ancora molto lontana dall’essere un paese veramente unito. Era divisa per 40 anni, e non è del tutto escluso che passeranno altri 40 anni prima che le ultime ferite del passato siano chiuse e dimenticate.”
“Vento di cambiamenti” in URRS.
Il ventennio che va dal 1965 al 1985, in Unione Sovietica, fu un periodo di conservatorismo politico di "stagnazione", come dirà poi Michail Gorbaciov, vi era una situazione di totale immobilità. A partire da Breznev si erano tenuti orientamenti rigidamente conservatori, perchè c'era la convinzione che il sistema sovietico non fosse riformabile. La crisi dell'URSS ed il suo indebolimento sulla scena internazionale erano così evidenti che, il 12 marzo 1985, M.Gorbaciov fu nominato Segretario Generale del PCUS con il compito preciso di portare una ventata di rinnovamento al sistema. Pertanto, una volta insediatosi, sulla base di una situazione che richiedeva soluzioni immediate e radicali, decise che era necessario uno sforzo a livello nazionale: bisognava cambiare il regime di accumulo ed il metodo di controllo economico, si doveva raccogliere la sfida estera, liberare l'economia e la società dagli strascichi dello stalinismo,e del peso del sistema amministrativo istituito negli anni '30. La riforma doveva arrivare dall'alto. Il gruppo dirigente lanciò quindi tre parole d'ordine: GLASNOST (trasparenza); USKORENIE (accelerazione), appello ad un'accelerazione dello sviluppo economico; infine PERESTROJKA (ristrutturazione), che avrebbe portato alla destrutturazione ed alla trasformazione del sistema sovietico. I concetti che si nascondevano dietro le tre parole non erano nuovi; "quello che appare nuovissimo e inedito è però il tentativo di coniugare simultaneamente, per la prima volta all'interno dell'universo comunista, la perestrojka con la glasnost: ovvero il riformismo economico, che il primo dei due termini auspica e promette, con la liberalizzazione politica e civile alla quale il secondo più ambiguamente allude"(Bettiza). La rivoluzione di Gorbaciov cominciò da quella che, ancora oggi, rappresenta la maggiore acquisizione dall'epoca di Stalin, ovvero la libertà di espressione. Diventava perciò possibile avere ragione sul Partito, la cui parola cessava di essere verità assoluta. La censura centralizzata iniziò ad indebolirsi nel 1986, per ridurre il suo ruolo al controllo delle informazioni sui segreti di stato. A partire dal 1989 venne permessa anche la critica su Lenin. Questa trasparenza non aveva però portato a miglioramenti concreti delle condizioni di vita. Dal punto di vista economico gli anni della gestione Gorbaciov sono stati disastrosi, infatti il livello di vita dei sovietici è andato sempre peggiorando, togliendo credibilità agli occhi della popolazione alle numerose riforme economiche ed al nuovo dispositivo giuridico. La perestrojka sconvolse un'economia basata su coercizione e corruzione, inoltre la mancata creazione di istituzioni giuridiche affidabili che fossero in grado di garantire il diritto di proprietà e la stipulazione di contratti regolari, che assicurassero la soluzione di contenziosi e l'esecuzione delle decisioni, impedivano l'instaurazione del libero mercato. Nonostante la rottura con i meccanismi dell'economia pianificata degli anni '30, la "ristrutturazione" non seppe fornire nuove regole del gioco, ne proporre ai lavoratori nuove motivazioni.
I cambiamenti in politica estera attuati da M.Gorbaciov sono particolarmente interessanti. Nel suo "Perestrojka, il nuovo pensiero per il nostro paese e per il mondo", il Segretario teorizzava un nuovo pensiero considerando i tre mondi (capitalista, socialista e terzomondista) integrati ed interdipendenti tra di loro, nessuno poteva prevalere sull'altro con mezzi militari: "Nel mondo contemporaneo, interdipendente e sempre più omogeneo, è impossibile il progresso di una società isolata dai processi mondiali per chiusura di frontiere e per barriere ideologiche. Ciò riguarda tutte le società, comprese quelle socialiste."(Gorbaciov). Lo scopo della nuova politica estera era di ridurre la corsa agli armamenti, i cui costi erano diventati insostenibili per l'URSS, oltre che ottenere crediti da parte dell'Occidente finalizzati alla modernizzazione del paese. Furono quindi definite tre linee d'azione fondamentali: l'attenuazione della tensione Est-Ovest attraverso un disarmo negoziato con gli Stati Uniti e la risoluzione dei conflitti regionali; l'intensificazione degli scambi commerciali con l'estero; il riconoscimento dello status quo nel mondo intero senza più privilegiare gli stati marxisti-leninisti. Gorbaciov riuscì ad imporre la propria personalità sulla scena internazionale. La rinnovata politica estera dell'Unione Sovietica, indirizzata verso la pacificazione, fu sottolineata dal consenso accordato alla riunificazione della Germania ed alla posizione assunta durante la Guerra del Golfo.
L’URSS dopo il crollo del muro di Berlino.
I cambiamenti apportati dalla glasnost e dalla perestojka di M.Gorbaciov ebbero una grande influenza suirapporti tra l'URSS ed i suoi paesi satelliti. La volontà di confinare la "ristrutturazione" del sistema socialista esclusivamente all’interno delle Repubbliche Sovietiche si scontrò con forti problemi economici e soprattutto politici, determinati dall'incerto consenso popolare che reggeva i paesi comunisti dell'Europa Orientale. L'URSS dovette rivedere in maniera radicale i propri rapporti con i paesi dell'Est, che, a causa della crisi economica degli ultimi anni, erano diventati un peso per la sua economia. Questi cambiamenti superavano di gran lunga i piani della perestrojka. I sei paesi che componevano il blocco socialista (Polonia, RDT, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria)assunsero posizioni differenti nei confronti delle riforme di Gorbaciov. Da un lato Polonia ed Ungheria dove governo e società erano determinati ad appoggiare il leader del Cremlino, sapendo che le riforme sarebbero andate ben oltre quelle tentate in Unione Sovietica. Dal lato opposto vi erano i governi di Cecoslovacchia, Romania, bulgaria e RDT, che senza il consenso popolare, avevano deciso di contrastare la perestrojka e tutte le eventuali riforme che potevano mettere in pericolo la stabilità del loro sistema socialista. Conseguentemente alle elezioni sovietiche del 1989 esplosero rivolte in quasi tutti i paesi del blocco comunista, infatti ora che la patria del socialismo si avviava a diventare un paese democratico, i regimi dittatoriali non avevano più ragion d'essere all'interno del blocco. A partire dal "crollo del muro di Berlino" le azioni di protesta nei paesi dell'Europa Orientale si moltiplicarono, accelerando il moto riformatore. In Cecoslovacchia un forte movimento di protesta guidato da Vàclav Havel, in seguito alle numerose manifestazioni, presentò un piano riformatore che il Partito fu costretto a prendere in considerazione per cercare di salvare la situazione. Alla fine del dicembre del 1989 V.Havel diventò il presidente della Repubblica Cecoslovacca. A Bucarest la rivolta invece fu molto violenta e portò
alla fucilazione del leader N.Ceausescu e di sua moglie, mentre a Sofia il Presidente bulgaro T.Zikov era costretto a dare le dimissioni. La velocità degli avvenimenti superò ogni previsione e M.Gorbaciov perse ogni controllo delle riforme nell'Europa Orientale e perfino all'interno del "suo" paese.
Fonte: http://ipertestiscuola.altervista.org/storia/guerrafredda.zip
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