Assiri
Gli Assiri
Verso il 1300 a.C. gli Assiri si espandono in Mesopotamia, in Siria e in Anatolia.
Gli Assiri sono uno stato militare; infatti gli Assiri riducono in schiavitù le popolazioni vicine al loro territorio. La regione dove vivevano gli Assiri non era molto fertile, di conseguenza fanno crescere il potere militare e si spostano per conquistare altri territori più fertili. Tra l’800 e il 650 a.C. gli Assiri dominano, cioè hanno il potere in tutto il Vicino Oriente. Ma non nasce uno stato unitario, così senza alleati, l’impero crolla dopo un attacco di popolazioni che si sono unite contro di loro.
http://www.italianoperlostudio.it/upload/documenti/Civilta%20della%20Mesopotamia.doc
Assiri
LEGGENDA DI GILGAMESCH
INTRODUZIONE
La terra tra i fiumi:Per orientarvi meglio è bene osservare questa mappa dell’antica Mesopotamia. La terra che dai libri di storia conosciamo sotto il nome di Mesopotamia si chiama oggi Iraq e confina a nord con la Turchia, a ovest con la Siria e la Giordania, a sud con l’Arabia Saudita e a est con la Persia, l’odierno Iran. |
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Questa redazione è la più lunga, la più complessa e la meglio conservata giunta ai giorni nostri. Infatti il Gilgamesh non è un'opera completa. I documenti a nostra disposizione sono spesso frammentari, scritti in lingue diverse, appartenenti a epoche diverse, e dal contenuto non sempre omogeneo. I testi furono scritti in cuneiforme, scrittura più adatta al tipo di supporto finale, argilla modellata in forma di tavoletta.
Fase 1: i poemetti sumericiQuesti poemi scritti in sumerico risalgono al terzo millennio a.C. e presentano, indipendentemente uno dall'altro, temi o vicende che confluiranno nell'epopea classica. Non costituivano un corpus epico unitario. Infatti Gilgamesh, se vi compare, ha ruoli molto eterogenei (avventuriero, sovrano di Uruk, giudice dell'oltretomba, fratello di Ishtar dea dell'amore, ecc.).
Fase 2: il poema paleo-babiloneseIl primo vero tentativo di composizione epica unitaria sulle gesta del re di Uruk avvenne verso il 1800-1600 a.C., ovvero al periodo della prima dinastia di Babilonia con il suo re prestigioso Hammurabi noto per il "primo" codice delle leggi (i primi codici sono in realtà di epoca sumerica). Questa saga è detta poema paleobabilonese di Gilgamesh. Dal poema di Gilgamesh sono tratti questi splendidi versi che ammoniscono il protagonista ossessionato dalla ricerca dell'immortalità:
Fase 3: le saghe medio-babilonesi e il mito di AtramkhasisAl poema di Gilgamesh si ispireranno le posteriori saghe redatte in lingue extra-babilonese (ittita, elamico, khurrico) e trovate in Anatolia, Siria, Israele a testimonianza dell'enorme fortuna del poema in antichità. Queste risalgono al periodo mediobabilonese (XIV-XII sec. a.C.) e contengono un "dettaglio" in più rispetto al poema: l'intera narrazione del Diluvio universale. Questa versione è incredibilmente simile a quella che troviamo nella Genesi biblica.
Fase 4: il canoneRiepilogando, le fasi letterarie che porteranno all'epopea di Gilgamesh sono le seguenti:
Intorno al XII secolo a.C. il materiale letterario (epico e mitologico) è pronto per una nuova risistemazione. Forse proprio in quest'epoca, al più tardi un secolo dopo, avvenne la compilazione in versi delle avventure di Gilgamesh secondo una struttura unitaria, giunta a noi nella tarda redazione assira (VIII sec. a.C.). |
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AUTORE DEL POEMA Gli scribi assiri nel loro lavoro di ricopiatura furono molto zelanti. Infatti ogni biblioteca aveva i suoi cataloghi dove erano elencate tutte le opere presenti negli scaffali e il rispettivo numero di copie. Bisogna precisare che all'epoca non c'era il costume di dare un titolo alle opere. Ciò che veniva riportato nei cataloghi, ad indicazione di un'opera presente, era semplicemente la prima riga della composizione. |
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Ipotizziamo per un momento di poter consultare una biblioteca del primo millennio a.C. e di saper leggere l'accadico. Se questa biblioteca conserva qualche copia del Gilgamesh non dobbiamo cercarla sul catalogo come "Epopea di Gilgamesh" bensì come
"Di colui che vide ogni cosa"
che è appunto il primo verso della versione canonica. Supponiamo ora di entrare in una biblioteca del secondo millennio a.C. Il Gilgamesh andrà stavolta cercato sotto la voce
"Egli è superiore agli altri re"
che è il primo verso del poema paleobabilonese.
La cosa strabiliante è che, a differenza di molte opere dell'antichità, grazie ai cataloghi ritrovati nella biblioteca di Assurbanipal possiamo conoscere anche il nome dell'autore dell'epopea classica.
"Di colui che vide ogni cosa" è da attribuirsi a Sin-leqi-unnini, il prete esorcista
Il nome gotico di questo fantomatico autore significa "O Sin (=dio luna) accogli la mia supplica". Dato che la redazione ninivita è copia di una compilazione di epoca babilonese, Sinleqiunnini, ammesso che sia esistito, doveva essere uno scriba di Babilonia. Purtroppo siamo sicuri dell'esistenza di Sinleqiunnini così come siamo sicuri di quella di Omero.
Infatti da una delle tanti liste reali pervenuteci leggiamo
Durante il regno di Enmerkar era consigliere Nungalpiriggal
Durante il regno di Gilgamesh era consigliere Sinleqiunnini
(citato in Dag 1997 p. 77)
Quindi la tradizione attribuisce il resoconto delle avventure di Gilgamesh allo stesso consigliere del re di Uruk che sarebbe vissuto attorno al 2700 a.C.. Millenni prima di Babilonia! L'autorità di Sinleqiunnini come nume tutelare degli scribi era comunque indiscutibile al punto che spesso gli scribi si dichiaravano suoi discendenti firmando i documenti.
Oltre ai cataloghi gli scribi avevano l'abitudine di porre delle annotazioni in fondo alle tavolette. Tali annotazioni, chiamate còlophon riportavano:
- il titolo (ossia la prima riga)
- il numero d'ordine della tavola (per lunghe composizioni che occupavano più di una tavola)
- il nome dello scriba ricopiatore (più eventuale riferimento all'antenato Sinleqiunnini)
- l'indicazione se l'opera era copiata da un originale più antico
- l'indicazione della serie (es. Serie di Gilgamesh)
- (solo nei colofoni ittiti) l'indicazione di ultima tavola. Ovvero "serie non finita" per una tavola non conclusiva dell'opera e "serie finita" per l'ultima tavola.
Grazie quindi allo zelo dei bibliotecari babilonesi i primi scopritori e traduttori moderni della saga poterono stabilire il titolo originale ("Di colui che vide ogni cosa"), il numero di tavole che ne facevano parte (12) e quindi la lunghezza approssimativa dell'opera (ca. 3000 versi).
CONTENUTO DELL’OPERA
Sarebbe ingiusto etichettare l'epopea solo come una parabola della ricerca dell'immortalità. Le peripezie di Gilgamesh hanno risvolti etici, filosofici e antropologici affrontati con una tale maturità e bellezza poetica, che da tempo la critica letteraria ha elevato il poema al rango di capolavoro, accanto alle opere di Omero, Virgilio e Dante (1). Un meritevole accenno ai suddetti temi sarebbe incauto senza tuttavia conoscere di cosa parla l'opera. Veniamo pertanto subito alla trama dell'epopea di Gilgamesh. L'opera è divisa in dodici capitoli, detti "tavole". |
Tavola I
L'opera inizia con un inno al re Gilgamesh e alla sua città, Uruk. I sudditi, viene detto, sono però vessati dal loro sovrano e si lamentano con gli dei. Il dio An, sovrano del firmamento, accoglie la supplica e, per dare sollievo al popolo, dispone la nascita di Enkidu. Costui è l'uomo selvaggio che vive con gli animali nella steppa, che potrà tenere a freno la smisurata potenza di Gilgamesh ma anche stargli accanto nei momenti di pericolo. Enkidu però deve essere prima educato alla civiltà. A questo compito provvede la prostituta sacra Shamkhat che gli insegna le basi della vita cittadina prima di condurlo a Uruk.
pagina dall'epopea: Prologo, l'eroe Gilgamesh
Tavola II
Enkidu giunge a Uruk in tempo per evitare che Gilgamesh varchi la soglia di una novella sposa. Infatti, a Gilgamesh, in quanto sovrano, spettava lo ius primae noctis, uno dei maggiori fattori di lagnanza popolare. Gilgamesh e Enkidu si fronteggiano ma la forza dei contendenti è paritaria, per questo cessano le ostilità e i due diventano fraterni amici. Gilgamesh, in cerca di fama e avventura, propone allora a Enkidu una spedizione nella foresta dei Cedri dove mille pericoli li attendono.
pagina dall'epopea: I giovani e gli anziani di Uruk
Tavola III
Gilgamesh convince gli anziani di Uruk ad appoggiare la missione. La madre Ninsun, sacerdotessa del tempio, tuttavia è angosciata della partenza del figlio. Ninsun leva un’intensa preghiera a Shamash, dio del sole, affinché protegga Gilgamesh dai pericoli. Dopo che gli artigiani di Uruk hanno forgiato le armi della missione i due eroi si mettono in viaggio.
pagina dall'epopea: La dea Ninsun e il dio Sole
Tavola IV (la "tavola dei sogni")
Il viaggio verso la foresta avviene in un clima di magica sospensione. Ogni sera, i due eroi, prima di coricarsi dal lungo cammino eseguono un sacrificio al dio Shamash. Un demone della sabbia, inviato dal dio, incanta Gilgamesh per fargli avere sogni premonitori. Contemporaneamente il demone infonde a Enkidu il potere di interpretare i sogni. I cinque sogni di Gilgamesh sono tutti a tinte fosche, ma ogni volta Enkidu li interpreta come segnali di buon auspicio da parte del loro dio protettore.
pagina dall'epopea: Primo sogno premonitore di Gilgamesh
Tavola V
Gilgamesh e Enkidu giungono nella foresta dei cedri e cercano i tronchi migliori da tagliare e portare a Uruk. Vengono scoperti dal mostro Khubaba, posto a guardia della foresta dal signore degli dei, Enlil. Il mostro maledice i due uomini, sperando d'impaurirli, ma gli eroi non indietreggiano e lo scontro ha inizio. Con l’aiuto di Shamash, Gilgamesh e Enkidu riescono a sopraffare il mostro che chiede pietà. Enkidu tuttavia avverte Gilgamesh che le parole del mostro contengono menzogna e sprona l’amico a finire la creatura. Il bottino è grande. Gli alberi sacri vengono tagliati e portati a Uruk.
pagina dall'epopea: La foresta dei cedri
Tavola VI
Gilgamesh è acclamato e Ishtar, dea dell'amore, osservando il sovrano in tutto il suo splendore se ne invaghisce. La dea scende a Uruk e propone a Gilgamesh di sposarla. L’eroe rifiuta la sua proposta in termini che oltraggiano la dea. Ishtar allora fa liberare il Toro Celeste che come una calamità si abbatte sulla città. Intervengono Gilgamesh e Enkidu che come in una corrida riescono a bloccare e uccidere il mostro. La gloria di Gilgamesh raggiunge l’apoteosi e mentre tutto il popolo lo acclama, Ishtar piange il Toro con le sue ancelle.
pagine dall'epopea: Gli amori di Ishtar, Uccisione del toro Celeste
Tavola VII
Spente le libagioni, Enkidu sogna il consiglio degli dei. L’olimpo non è contento ma offeso dai ripetuti sacrilegi. Enlil decreta che uno dei due eroi muoia. Poiché Gilgamesh ha sangue divino nelle vene, la pena ricade su Enkidu che cade in agonia. Gilgamesh è disperato, perché non può fare nulla per il moribondo che, vaneggiando, maledice la porta costruita col cedro della foresta e la prostituta che lo aveva introdotto alla civiltà. Shamash però rincuora Enkidu preparandolo al trapasso. In un ultimo sogno Enkidu ha la visione della Casa della Polvere, il regno dei morti dove è destinato.
pagina dall'epopea: Enkidu sogna il regno dei morti
Tavola VIII
Enkidu muore e Gilgamesh lo piange intonando un lamento funebre al quale si unisce tutto il popolo in lutto. Viene preparato un regale corredo funebre che accompagnerà il defunto nell’aldilà.
pagina dall'epopea: Il pianto di Gilgamesh per la morte di Enkidu
Tavola IX
Gilgamesh è sconvolto dalla morte del compagno e s’interroga se anche lui dovrà un giorno perire nello stesso modo. In cerca di una risposta abbandona Uruk disperato, vagando per la steppa affamato e derelitto. Giunge fino alla porta di una montagna sorvegliata da creature metà uomo e metà scorpione. I guardiani mostruosi riconoscono in lui carne divina e lo lasciano passare. Gilgamesh attraversa l’oscurità della montagna e all’uscita si ritrova nello splendente giardino di Shamash dove diamanti e lapislazzuli crescono sugli alberi.
pagina dall'epopea: Incontro con gli uomini-scorpione
Tavola X
Il giardino di Shamash è sorvegliato dalla vivandiera Siduri che commossa dalle implorazioni di Gilgamesh gli spiega come raggiungere l’antenato Utnapishtim, reso immortale dagli dei per aver superato la prova del diluvio universale. Incontrato il traghettatore Urshanabi, Gilgamesh può attraversare le acque della morte che separano la dimora di Utnapishtim dal resto dell’umanità. Gilgamesh infine raggiunge l’antenato che però non ha alcun segreto di lunga vita da rivelare.
pagina dall'epopea: Il destino dell'uomo nelle parole di Utanapishtim
Tavola XI (la "tavoletta del Diluvio")
Gilgamesh non crede a Utnapishtim. L’antenato racconta allora come riuscì a salvarsi dal grande diluvio. Fu solo al termine di questa calamità, scagliata dagli dei per sopprimere gli uomini, che si creò l’unica situazione in cui fu garantita vita eterna ad un mortale. Gli dei, infatti, riunitisi in consiglio per decidere il destino di Utnapishtim, lo elessero a loro pari destinandolo a vivere lontano dal mondo. Fu quindi grazie a un consiglio divino che Utnapishtim divenne immortale, ma tale consiglio non potrà mai ripetersi per Gilgamesh. Il re di Uruk prova allora a sottoporsi alla prova del sonno per mostrare di meritare una simile possibilità, fallendo però miseramente. Gilgamesh si sente sconfitto, ma Utnapishtim gli fa un ultimo dono prima del viaggio di ritorno: la pianta dell’irrequietezza che restituisce vigore al fisico.
Sulla strada per Uruk, Gilgamesh fa una sosta in un'oasi lasciando incustodita la pianta magica. Quanto basta affinché un serpente, possa avvicinarsi e divorare la pianta, perdendo la pelle e ridiventare giovane. A Gilgamesh non rimane che accettare il suo destino mortale e tornare a Uruk dove riprende l’esercizio del potere con i suoi strumenti: il pukku e il mekku (il tamburo e la bacchetta della guerra).
pagina dall'epopea: Il racconto del diluvio (vedi anche la pagina Giuda-Israele)
Tavola XII
I lamenti delle vedove fanno cadere il pukku e il mekku agli inferi. Enkidu (di nuovo vivo, come in un flashback) si accolla il compito di recuperare gli arnesi del potere. Gilgamesh raccomanda a Enkidu di rispettare tutti i tabù degli inferi per garantirsi il ritorno. Purtroppo Enkidu infrange i tabù e viene intrappolato. Gilgamesh riesce a far liberare Enkidu grazie all’aiuto di Shamash che intercede presso Nergal, signore dell’oltretomba. Ma Enkidu è già morto come apprende Gilgamesh quando al suo cospetto torna solo un’ombra. Nel corso dell’ultimo incontro col vecchio compagno di avventure, Enkidu spiega il destino degli abitanti dell’oltretomba.
Gilgamesh incalza Utnapishtim (1-7) |
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Gilgamesh parlò a lui, al lontano Utnapishtim: |
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Il mio animo è tutto proteso a misurarsi con te,
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Comincia il racconto del diluvio (8-19) |
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Utnapishtim parlò a lui, a Gilgamesh: |
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e il segreto degli dei ti voglio manifestare. |
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Prestarono il giuramento il loro padre An,
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L'aiuto di Enki (29-47) |
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Le loro intenzioni (quest'ultimo) però le rivelò |
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abbandona la ricchezza, cerca la vita! |
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eguali siano la sua larghezza e la sua lunghezza - ; |
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Che cosa dico però alla città, agli artigiani e agli anziani?" |
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perciò non posso vivere più nella vostra città |
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Egli vi regalerà ricchezza e raccolto.
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La costruzione dell'arca (48-88) |
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Appena l'alba spuntò, |
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il falegname portò la sua ascia, |
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Il povero [ ] portò il necessario. |
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suddivisi la superficie in sei comparti, |
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tre sar di bitume grezzo versai nel forno, |
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Come approvvigionamento macellai buoi, |
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Al sorgere del sole io feci un'unzione; |
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Tutto ciò che io possedevo lo caricai dentro: |
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il bestiame della steppa, gli animali della steppa,
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Il diluvio distrugge ogni forma di vita (89-134) |
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Venne il momento indicato: |
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al mattino scesero focacce, la sera una pioggia di grano. |
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regalai il palazzo con tutti i suoi averi. |
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i ministri percorrevano monti e pianure. |
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Il mortale silenzio di Adad avanza nel cielo, |
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come un'arma di battaglia la distruzione si abbatte |
110 |
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Gli dei accucciati come cani si sdraiarono la fuori! |
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Perché nell'assemblea degli dei ho deciso il male, |
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Gli dei siedono in pianto. |
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dopo aver lottato come una donna in doglie.
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La missione esplorativa degli uccelli (135-154) |
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Aprii allora lo sportello e la luce baciò la mia faccia. |
135 |
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La nave si incagliò sul monte Nisir. |
140 |
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Quando giunse il settimo giorno, |
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andò la rondine e ritornò, |
150 |
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Sacrifici propiziatori del superstite (155-176) |
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Feci allora uscire ai quattro venti tutti gli occupanti |
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Gli dei odorarono il buon profumo. |
160 |
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che io ricordi sempre questi giorni e non li dimentichi mai! |
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Dopo che Enlil fu arrivato, |
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"Chi può aver escogitato ciò se non Enki? |
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Il tema del viaggioMolti critici vedono nell'opera un percorso educativo del protagonista attraverso i luoghi del poema. La parabola di Gilgamesh evidentemente doveva essere d'insegnamento per i destinatari dell'opera. Leggiamo nel bellissimo prologo:
Il tema culturaleIl buon governo è solo uno dei due effetti dell'eredità di Utnapishtim. Infatti il prologo anticipa come la saggezza acquisita da Gilgamesh al termine dell'epopea si manifesterà in un puro gesto culturale:
Il senso della vitaAbbiamo accennato al passo dove Siduri redarguisce Gilgamesh su come dovrebbe comportarsi piuttosto che dar la caccia a segreti divini senza risposta. Il destino dell'uomo è segnato dalla mortalità (come racconta il finale dell'Atramkhasis, poema babilonese del diluvio) e Utnapishtim lo ricorda nei seguenti versi: O nelle parole di Eracle: |
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Fonte: http://www.digila.it/public/iisbenini/transfert/Saccani/CLASSI%20SECONDE%20BeC%2020102011/LEGGENDA%20DI%20GILGAMESCH.doc
Assiri
LA CIVILTA' DEGLI ASSIRI
TEMPO: DAL 1° MILLENNIO AL VII SECOLO A.C
TERRITORIO: Gli Assiri erano un popolo nomade che proveniva dalla Siria cioè la Mesopotamia del nord.
Da molti secoli si erano insediati lungo il corso del fiume Tigri, tra le pianure mesopotamiche.
RELIGIONE:gli Assiri riconoscevano come divinità superiore il Dio nazionale Assur, dio del sole e padre delle altre divinità come: Ninurta e Ishtar.
Assur era rappresentato da un disco solare alato e ritenuto il principale protettore degli Assiri.
Gli dei erano raffigurati in forme umane e aiutavano il re in guerra.
LAVORO: Gli Assiri erano agricoltori, allevatori e artigiani.
Coltivavano grano e orzo e allevavano bovini, ovini e suini.
I contadini rendevano fertili i terreni aridi, irrigandoli con l’acqua attraverso una fitta rete di canali.
Coltelli, asce e utensili per il lavoro agricolo erano costruiti con schegge di ossidiana, (vetro vulcanico molto tagliente) e calcedonio (un tipo di quarzo).
Il vasellame di ottima qualità e decorato con eleganti motivi, era in argilla cotta.
Gli Assiri furono tra i primi popoli a saper lavorare il ferro.
Nel II millennio a.C. gli Ittiti, abitanti delle terre vicino agli Assiri, furono i primi a lavorare il ferro aiutandoli così a saperlo modellare. I fabbri infatti conoscevano la metallurgia e costruivano armi, frecce, coltelli, lance, ma anche grandi quantità di utensili da lavoro, con vanghe e aratri per dissodare il terreno.
Si procuravano metalli preziosi, bestiame, schiavi e altri prodotti non con il commercio, ma depredando i popoli sconfitti.
ALIMENTAZIONE: il grano era conservato in grandi vasi di argilla coperti di bitume.
Coltivavano cereali soprattutto orzo, molte varietà di frutta e verdura, piante aromatiche e olivi.
Essi allevavano anche animali da cortile oltre a bovini, ovini e cammelli.
ABBIGLIAMENTO: l’indumento base era il perizoma di pelle e di stoffa.
Su di esso si indossava una tunica, sopra a questa si poteva portare una mantellina rettangolare, ai suoi lati erano attaccate le frange, mentre al centro c’era un’ apertura per infilare la testa.
Furono i primi in Oriente a coltivare la pianta del cotone.
ABITAZIONE: gli Assiri abitavano in villaggi agricoli e in città di grandi dimensioni, come Ninive
e Nimrud e molti centri minori.
Ninive era la città più importate del regno Assiro e vi risiedeva il re.
Aveva circa 80.000 abitanti e una cinta di mura lunga 12 km.
Le case comuni erano fatte di mattoni di argilla, coperte da tetti a terrazza o a cupola; le stanze, con il pavimento in terra battuta, erano costruite intorno a un cortile interno.
TRASPORTO: I cammelli venivano utilizzati anche per trasportare le merci.
I cavalli venivano utilizzati solo dai soldati, infatti erano famosi come spietati guerrieri.
SCUOLA: I funzionari assiri avevano imparato dai Sumeri la scrittura cuneiforme, che incidevano su tavolette d’ argilla con una cannuccia di legno.
La lingua assira e la scrittura cuneiforme erano però molto complesse.
La gente comune preferiva usare una lingua più semplice, l’ aramaico, e una scrittura che si basava su caratteri alfabetici scritta con inchiostro su rotoli di tela.
TECNOLOGIA: A Ninive sono state trovate circa 25.000 tavolette d’argilla che costituivano la biblioteca del re Assurbanipal.
Queste tavolette testimoniano tutte le conoscenze dei popoli mesopotamici. Gli Assiri furono i primi a lavorare il ferro verso il 1.000 a.C.
ORGANIZZAZIONE SOCIALE: Gli Assiri formarono un grande impero facendo continue guerre contro i popoli vicini.
I territori conquistati entravano a far parte dell’ impero assiro e i popoli sconfitti venivano sottomessi e obbligati a pagare tributi agli Assiri.
L’ impero era dominato da un unico re che si riteneva scelto dagli dei per governare e per dare prosperità al popolo.
Il re aveva potere su tutti, emanava le leggi, stabiliva i giorni della semina e del raccolto e stabiliva le tasse.
La popolazione era composta da: i guerrieri, i nobili e i sacerdoti, che risiedevano nelle città e possedevano grandi proprietà terriere; il popolo, con molti contadini e pochi artigiani; i servi.
Le donne non avevano nessun diritto né libertà, erano importanti solo per mettere al mondo un gran numero di guerrieri; potevano essere acquistate e vendute.
I prigionieri di guerra erano utilizzati come schiavi.
Fonte: http://www.giuseppina.org/classequarta/STORIA/assiri/gliassiri.htm
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