Dalla guerra d'Africa alla Seconda Guerra Mondiale
Dalla guerra d'Africa alla Seconda Guerra Mondiale
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Dalla guerra d'Africa alla Seconda Guerra Mondiale
Sanzioni e Autarchia
la politica commerciale portò ad una svolta significativa dando il monopolio delle operazioni in valuta da parte dell'Istituto nazionale per i cambi con l'estero (Istcambi). Istcambi funge da stanza di compressione tra esportatori e importatori.
Dalla seconda metà degli anni 30 i contratti bilaterali di teaming prevedevano flussi commerciali senza scambi in divise. Gli squilibri tra dare e avere tra i due partner venivano compensati periodicamente.
Il Cleaming fu sottoposto al controllo della sovrintendenza (ministero cambiali) affidato alla direzione di Guarnieri, che pose un regime di controllo sugli scambi commerciali e finanziari che, sommati al bilateralismo e al protezionismo furono il perno della politica autartica.
I Divieti di esportazione, gli accordi di Celaming ed un regime di licenze sulle importazioni del 1935 (a tutela dei maggiori gruppi industriali e a integrazione della normativa sui consorzi obbligatori e sulla nuova disciplina sugli impianti industriali, valorizzando la produzione nazionale) porta ad un sistema di cambi bilanciati finanziato:
- difesa delle riserve
- stabilizzazione della bilancia dei pagamenti
la produzione nazionale presenta una funzione protettrice tramite:
- contrazione bilaterale
- politica dei contingente
- prassi delle autorizzazioni (provvedimenti che non bastavano per il rilancio dell'economia)
Le circostanze politiche della guerra d'etiopia, le sanzioni imposte dalle società delle nazioni, difesa della parità aurea della lira portò ad un isolamento dal mercato internazionale.
Nell'ottobre del 1935 iniziarono le ostilità in Africa che coinvolse le sfere statali per gli armamenti e altri servizi, portando così ad un aumento vertiginoso del deficit commerciale:
- le importazioni straordinarie per le operazioni africane
- entrate quasi azzerate
porta all'Inevitabile deflusso dell'oro. Si sospende il limite del 40% delle riserve metalliche rispetto alla circolazione monetaria e viene abbandonato il gold standard, anche a causa della crisi irreversibile dell'1936 dei paesi legati all'oro, che abbandonarono il Gold Standard svalutando la loro moneta.
La crisi del 1936 portò ad una rivalutazione delle riserve auree (più che dimezzate) che causò un espansione della circolazione monetaria che finanziò un'ampia quota del deficit pubblico del 1935-36.
La svalutazione della lira assieme alla fine delle sanzioni , dommate a qualche rilancio delle esportazioni e ad un sensibile guadagno di competitività ebbe un effetto sulla bilancia commerciale ridotto a causa del vigente sistema di scambi bilaterale. Così nel 1937 si ebbe una delusione dell'aspettativa di conseguire più vasti sbocchi ai prodotti esportabili e raggiungere il pareggio nella bilancia commerciale → furono ristretti i vincoli alle esportazioni.
La Guerra d'Etiopia vide un dispiegamento di forze senza precedenti che rimise in moto l'economia nazionale, grazie ad un ondata di ordini che portò a un incremento della spesa pubblica, mentre i costi che si riversavano sui contribuenti erano nuovi oneri fiscali e il rincaro dei prezzi.
La guerra portò all'accrescere delle emergenze finanziarie dello stato, affrontato tramite emissioni di buoni del tesoro e con la nascita di un nuovo titolo di rendita del 5%.
Per orientare il risparmio alla sottoscrizione dei prestiti nazionali:
- imposta cedolare del 10% sui titoli al portatore
- limitata la distribuzione dei dividendi al 6% con obbligo di investire gli utili eccedenti in titoli di stato.
Nel 1935 fu creato il commissariato generale per la fabbricazione di guerra (Cogefag) presieduto da Dallolio:
- finalizzato alla mobilitazione industriale permanente
- competenze organizzative e di controllo contenenti di stabilimenti ausiliari → godettero di un trattamento di favore sia nell'allocazione dei beni importati sia nell'assegnazione delle materie prime strategiche e sia nell'autorizzazione a effettuare nuovi investimenti e nella fissazione dei prezzi.
L'Abissinia non valeva i soldi spesi per acquistarla, poiché le nuove infrastrutture erano molto costose, non vi era un posto al sole per i contadini, infatti vi si trasferirono militari e burocrati.
L'abissinia fu un interscambio tra colonie: il modesto ammontare delle importazioni lievitarono a ¼ di tutte le esportazioni che però :
- comprendevano materie prime di importazione
- impegnavano la marina mercantile
- esborso di valuta per il transito lungo il Canale di Suez
L'economia della colonia africana poggiava sui rilevantissimi trasferimenti dello stato che si attestarono tra il 21 e il 28% della spesa pubblica.
La presa dell'Abissinia mandò in frantumi l'intesa italo-franco-inglese. Il 18 novembre 1935 vennero emesse sanzioni economiche da parte della Società delle Nazioni per aver violato il diritto Internazionale:
- divieto di fornire armi e munizioni
- divieto di concedere prestiti
- divieto di importare ed esportare
Le sanzioni erano facilmente raggirabili e applicate assai blandamente a causa della debolezza istituzionale della Società delle Nazioni e della dissociazione di vari paesi. Esse per l'italia erano un pretesto per innescare una campagna contro i paesi democratici (democrazie occidentali che aizzavano l'Italia) e manifestazioni antisanzioniste.
In ogni caso le sanzioni portarono ad una diminuzione di 1/3 delle importazioni nel primo semestre del 1936, e le sospese a luglio del 1936.
L'Interscambio commerciale andò a favore della Germania, con cui l'Italia si legò politicamente:
- 1936 Asse Roma-Berlino
- 1939 Patto d'Acciaio
- dal 1936 al 1939 il 27% delle importazioni veniva dalla Germania (il 40% nel 1940)
Da qui la dipendenza dell'economia italiana a quella tedesca per le importazioni di materie prime strategiche.
Vi furono tensioni tra i 2 partner, poiché l'Italia non riuscì ad aumentare le proprie esportazioni (ortofrutticole) e per il deficit non facilmente comprimibile e comunque saldabile solo in valuta.
La situazione cambiò solo quando i lavoratori italiani emigrati in germania consentirono di incrementare l'acquisto di merci tedesche una volta ottenuto di inserire le rimesse negli accordi di “Deaming?”
il 23 marzo 1936 vi fu un discorso al Consiglio Nazionale delle Corporazioni che diede l'avvio ufficiale alla Politica dell'Autarchia volta a garantire l'autosufficienza economica. Non vi era una necessità transitoria connessa alle sanzioni, ma un semplice tratto distintivo dell'economia nazionale, senza una completa rinuncia al mercato estero (impensabile per l'economia di trasformazione italiana), con lo scopo di realizzare il massimo possibile di autonomia economica per affrontare vittoriosamente le sfide militari future, attraverso un pieno sviluppo delle potenzialità tecniche produttive e militari del paese. Per far ciò occorreva mettere a punto un piano regolatore dell'economia italiana e stilare u inventario delle risorse economiche disponibili.
L'obbiettivo della politica dell'autarchia non era quello della minimizzazione degli scambi ma di riportare in equilibrio la bilancia commerciale e dei pagamenti (a fondamento della stabilità e del cambio dei prezzi).
Le difficoltà che si presentarono furono l'arrogazione in termini quantitativi e qualitativi accettabili per le importazioni tagliate. Così nel 1938 le importazioni erano ridotte solo del 12% sulle materie prime e il 40% sui semilavorati e i prodotti finiti.
L'autarchia come obbiettivo (pena deprezzamento della moneta) aveva quello di contenimento del disavanzo del bilancio statale, il quale era incompatibile con le spese di riarmo, con gli investimenti in infrastrutture e bonifiche, con le sovvenzioni e le agevolazioni all'industria → livello di spesa pubblica modesto.
Così fu abbinata la leva fiscale aumentando, seguendo una dottrina di nuovi tributi che colpirono un po' tutti i redditi e impose un imposta generale sull'entrata applicata dal 40 anche nei comuni.
Con la corsa al riarmo vi fu un boom della domanda di materie prime sui mercati internazionali, portando ad un impennata dei prezzi, amplificato dalla svalutazione della lira..
… portò ad un inflazione del 12,7%.
alimentata da:
- estensione dei poteri digopolistici delle imprese
- restrizione alle importazioni
dipese da:
- aumento della domanda
- riassorbimento della disoccupazione
provvedimenti di controllo: contenimento della crescita della circolazione monetaria (a seguito dell'elevata richiesta di sconti e anticipazioni della banca d'Italia)
i Piani Autarchici vennero stilati tra il 1935 e il 1937 . essi:
- fissavano obbiettivi di produzione nazionale da raggiungere entro il 1941 rimanendo però indicativi
- alla loro redazione parteciparono i rappresentanti dei 22 consigli delle corporazioni e delle imprese.
Essi dicevano che:
- a tutte le industrie produttrici di beni di consumo fu imposto di usare materiali nazionali e di produrre beni di massa piuttosto che di lusso
- pianificazione di preventivi numerici riguardo le produzioni più importanti del settore agricolo e una parte dell'industria di base
- estranei a un'economia di comando centralizzato
- solo per le industrie a proprietà pubblica le indicazioni furono tassate.
Concretamente puntava a produrre:
- ½ dei minerali terrosi
- 1/3 combustibili fossili
- ¼ dei combustibili liquidi
sfruttando le risorse minerarie nazionali andando oltre i margini di economicità.
Il rafforzamento produttivo portò a degli ostacoli, ovvero ad elevati costi emergenti. Sotto questo profilo non ci si eludeva di poter eliminare la dipendenza dall'estero. Vi furono ingenti investimenti pubblici e privati previsti per potenziare la generazione e l'erogazione di energia idroelettrica.
Così i ¾ o 2/3 del fabbisogno energetico proveniva dall'estero
i prodotti alimentari presentavano una mancata generalizzazione produttiva degli alimenti base (export però di vino e frutta), anche se comunque ci furono cospicui aumenti di certi prodotti.
In fine l'autarchia risultò una camicia troppo stretta sia per le imprese esportatrici (innumerevoli rimedi in materia di rifornimento e di vendite all'estero) sia per le imprese condizionate dalla ricerca spesso affrettata e inutile di materiali sostitutivi rispetto a quelli di uso normale.
D'altro canto essa consolidò la posizione di chi produceva ad uso interno che videro agevolate dalle misure protezionistiche l'acquisto di prodotti nazionali.
Il Rilancio Economico
tra il 1934-1935 l'economia italiana cominciò a uscire dalla crisi grazie alla spinta espansiva della spesa pubblica (coloniale e militare).
- Dal 1934-1937 il PIL aumenta con un tasso medio del 4,5%
- nel settore industriale la produzione crebbe del 7,5%, anche se il livello di industrializzazione non raggiungeva ancora i paesi più progrediti a causa della debolezza industriale del Mezzogiorno (il Nord viene avvantaggiato dall'Iri)
- solo la Campania figurava come area relativamente industrializzata
- sviluppo degli impianti siderurgici di Bagnoli e dell'industria siderurgica e cantieristica (napoli, taranto e bari)
- presentava una più marcata vocazione artigianale
- crebbe soltanto il terziario ma con attività a carattere instabile e precario.
- Aumentò la quota dell'industria nella formazione del PIL a 34,”% (superò la quota dell'agricoltura del 29,4%). Durante il fascismo non segnò una battuta d'arresto nel processo d'industrializzazione del paese, non ignorando le fasi recessive alla quota 90 e alla crisi del 29
- innovazioni sul piano tecnologico che si rivelarono strategiche nel secondo dopoguerra. MA l'eliminazione di stimoli competitivi accrebbe il distacco dell'industria italiana da quella dei paesi più avanzati in termini di specializzazione, costi, sviluppo tecnologico + accentuazione del divario nord e sud.
La ripresa economica degli anni 20 fu molto diversa da quelli degli anni 30, in cui è stata trainata dalla domanda interna trascinata dalla componente pubblica (a causa dei ridotti legami con l'economia internazionale). Ciò appare con evidenza osservando la contemporanea convenienza dinamica della domanda privata → il reddito pro capite non aumentò in un decennio più del 10% anche per il fatto che la popolazione crebbe continuamente.
Non stupisce dunque la crescita modesta dei consumi di base e quelli di consumo durevole.
Tale contenimento è riconducibile all'inefficienza dei circuiti della distribuzione commerciale e la grande distribuzione mantenne un ruolo marginale (la grossa distribuzione al dettaglio diede lavoro ai disoccupati privi di sbocchi occupazionali.)
L'aumento moderato dei consumi dei privati non impedì all'industria leggera di progredire sul piano tecnologico e organico, che permise alle tradizioni artigianali non solo di sopravvivere ma anche di avviarsi verso la piccola-media industria.
La Ripresa Industriale interessò i comparti più legati a una configurazione moderna del sistema industriale:
- meccanica: trend ascendente all'insegna di una riconversione bellica
- chimica: trend ascendente
- elettricità: crescita più ragguardevole
- 300.000 lavoratori in più (25% nella meccanica)
- il tessile andò in crisi: inflitta dalla crisi nello specifico, il cotonificio fu condizionato dalle restrizioni frapposte alle importazioni del greggio. L'impegno crescente di tessuti misti contenenti quote elevate di fibre artificiali.
Le Concentrazioni Industriali
Il Rilancio Industriale avvenne grazie all'intervento diretto e indiretto sello Stato e ad un massiccio sfruttamento del lavoro.
I maggiori gruppi industriali privati rafforzarono ante guerra le loro posizioni:
- Pirelli: leadership nazionale nella produzione di pneumatici e di cavi → alla morte del fondatore G. Battista vi presero il posto i figli che estesero la loro attività all'elettricità e alla telefonia. Nel 1937 fondarono a Basilea la Pirelli Holding.
Durante il rilancio industriale vi furono progressi rilevanti di nuovi rami produttivi:
- seta artificiale
- areonautica e mezzi pesanti
- gomma
che si svilupparono in questo modo:
- la Montecatini con a capo Donegani di cui l'IRI era il principale azionista (senza intervenire nelle scelte aziendali) era il maggior gruppo italiano. Al primo posto nella produzione di fertilizzanti chimici, in più perseguendo una strategia di diversificazione conquistò quote di mercato nella produzione di:
- ammoniaca
- esplosivi
-alluminio
- coloranti
- prodotti farmaceutici
- nel 1936 venne fondata l'Agenzia nazionale idrogenazione carburi (ANIC) che operava nella raffinazione petrolifera con 2 raffinerie a ciclo integrale a Bari e a Livorno. Graziee a lei venne incrementata sensibilmente la capacità produttiva di benzina e altri idrocarburi, sottoutilizzata appena entrata in guerra per la mancanza di materie prime.
- Nel 1926 nasce l'Agip (Azienda Generale Italiana Petroli) come azienda pubblica con il ruolo di effettuare ricerche sul suolo italiano, acquisire giacimenti all'estero e distribuire prodotti petroliferi. Inizialmente quotata riuscì ad inserirsi efficacemente nel mercato petrolifero nazionale, ma le acquisizioni di concessioni per le estrazioni del petrolio in Romania, Albania e Iraq non ebbero successo (il petrolio copriva il 12,5% dei consumi energetici).
- Elettricità: la costruzione di una rete nazionale fu impedita dal contrasto tra i principali gruppi italiani in forza di una serie di intese e cooperazioni aziendali. Dopo il tributo pagato alla crisi del 1929 la crescita produttiva riprese indisturbata sorretta dalla sua notevole potenza finanziaria. La reazione dei piani autarchici diede l'opportunità di programmare uno sviluppo di dimensioni ingenti → l'elettricità rappresentava il 43% delle risorse energetiche, il carbone 36%, indipendente dalle importazioni.
- Swe: propulsore di svariati progetti di industrializzazione pochi dei quali si realizzarono.
L'Iri, pur detenendo i pacchetti azionari di alcuni gruppi industriali (Edison, Sade, Bastogi) finì per sostenere la riprivatizzazione. Le aziende telefoniche della Sip furono scorporate e trasferite alla società torinese per gli esercizi telefonici holding dell'iri. Uno dei pochi rimasti sotto il controllo dell'ente pubblico fu la Società idroelettrica Piemontese, che aveva conquistato la leadership nell'emergente gruppo telefonico controllato Stipol, Telve, Timo.
- la Edison dopo essersi emancipata dal controllo delle banche miste si configurò sotto la guida di
Motta come grande gruppo di interessi nel settore metallurgico, meccanico e dei servizi pubblici con
collegamenti internazionali → dopo la crisi rafforzò la sua posizione dominante nel comparto dell'energia elettrica producendo il 45,5% della produzione nazionale.
- La Fiat controllava l'80% della produzione automobilistica anche se il mercato interno continuava a
rimanere difficoltoso per un'impresa che aveva scelto di produrre in serie: produssero nuovi modelli
e sfornarono veicoli industriali nonché navali e aerei, con un buon volume di esportazioni. La strategia di sviluppo fu basata sull'integrazione verticale potenziando sia i segmenti a monte sia i segmenti a valle. La ristrettezza della domanda finì per ostacolare il precose tentativo di introdurre il modello fordista.
- Industrie meccaniche:
- Olivetti di Ivrea produceva macchine da scrivere, si impose in italia e all'estero per il design, funzionalità e accorta pubblicità.
- Necchi a Pavia macchine da cucire
9. Industria aeronautica: la dimensione delle imprese specializzate rimase sempre troppo piccola per
consentire loro un salto di qualità. Le grandi imprese meccaniche producevano i motori . Caproni era
l'azienda leader nel comparto, penalizzata dal ristretto mercato interno che la costrinse a dipendere
dalle commesse statali.
La concentrazione dei mezzi di potere nelle mani dei principali gruppi industriali fece si che poche decine di grandi firme si ripartivano i pacchetti azionari delle maggiori imprese, che avevano visto consolidata la loro posizione specie in seguito alla legge consorzile volta al controllo dell'offerta e alla ripartizione dei mercati.
Nasce così una nuova dirigenza industriale volta a subentrare a quella pioneristica degli anni precedenti assai qualificata sul piano delle competenze tecniche e con più professionalità.
Nonostante la politica autartica vi furono moltissime connessioni tecniche e finanziarie tra imprese italiane e straniere. Vennero acquisite partecipazioni per 2 milioni di lire (americani, inglesi e francesi) che portò ad un indebolimento dei legami politici.
Ci fu una dilatazione dell'apparato burocratico dello stato e degli enti pubblici di gestione:
- trasferimento dell'Iri di rilevanti sezioni industriali e delle grandi banche miste → politica non solo di smobilizzo ma anche d'investimento per il rilancio delle aziende in crisi (stet, finmare, finsider)
- accentramento da parte delle autorità ministeriali di notevoli poteri decisionali in materia di politica monetaria, creditizia e commerciale.
Conseguentemente ci fu un gonfiamento della schiera di alti funzionari e di dirigenti delle amministrazioni parastatali e degli enti corporativi.
Finmare: holding che concentrava il controllo delle grandi società di navigazione intatte
Finsider: avrebbe dovuto ristrutturare il comparto siderurgico comprendente Ira, Terni, Siac. Guidata da Rocca e presieduta da Boccardo , fu la premessa del piano autarchico per la siderurgia finalizzato a dar risposta alla massima ripresa della domanda pubblica. Il piano riproponeva il ciclo integrale (dalla fusione del minerale in altiforni fino alla produzione di ghisa e alla laminazione dell'acciaio) con lo scopo di conseguire economie di scala per risalire il mercato.
I nuovi insediamenti industriali nacquero a Porto Marghera, dove si ebbe l'integrazione dei principali cicli produttivi della chimica e dell'elettrometallurgia . Producevano la massima parte dell'alluminio e altri metalli nazionali utilizzando le tecnologie più elevate.
L'Economia di Guerra
La seconda guerra mondiale vide il pieno processo di trasformazione della struttura industriale:
- piani autarchici
- riforma del credito
- aumento delle partecipazioni statali
che portarono ad un'accentrazione della fase produttiva
- chiusure protezionistiche → difficoltà
- instabilità politica europea
- deteriorazione della finanza pubblica (guerra d'africa più aiuti alla spagna)
La guerra iniziò troppo presto per il nostro paese che stava tra l'altro valorizzando una politica di valorizzazione dell'Impero Africano.
Dopo l'aggressione tedesca alla polonia era conveniente mantenere una posizione di neutralità (le grandi famiglie del capitalismo speravano che la situazione perdurasse perchè avevano fatto buoni affari con i paesi già coinvolti nel conflitto, anche con i futuri nemici).
Mussolini consapevole dell'inadeguatezza dell'apparato militare e industriale cerca di guadagnare tempo.
Il 10 giugno del 1940 dopo un cambiamento repentino negli atteggiamenti italiani, l'Italia entra in guerra a fianco della Germania quando Hitler aveva in mano la vittoria (con un modesto sacrificio di mezzi e di uomini l'Italia si sarebbe seduta al tavolo dei vincitori).
Mussolini era assicurato dal potere alleato in termini di approvvigionamento di carbone. L'insufficienza dei rifornimenti energetici portò all'insuccesso dell'economia bellica italiana, e portò un esito negativo del conflitto. La colpa fu dell'inadeguatezza tecnica dell'armamento nazionale e le poco razionali scelte logistiche:
- carenza di materiali
- disorganizzazione produttiva
- incertezze strategiche: nel 1939 il Cage Tag venne trasformato in un sottosegretariato per le fabbricazioni di guerra Fabbriguerra e solo nel 1943 il ministero per la produzione bellica fu affidato al generale Favagrossa. Questo era un nuovo organismo incapace di organizzare efficacemente il rifornimento e la distribuzione di materie prime.
- mutevoli programmi ai vertici (fatta eccezione della marina).
Parlando dell'ultimo punto: i piani dettagliati di riarmo rimasero per buona parte sulla carta per le ristrettezze di bilancio. L'indirizzo generale di politica estera sembrava più rivolto verso la pace che verso la guerra, ciò provocò contrazioni piuttosto contenute dei beni e servizi per consumi civili.
Solo dinanzi alla prospettiva di un inevitabile prolungamento della guerra (seconda metà del 41) la produzione bellica fu intensificata → la produzione industriale aumentò nel 1940 per diminuire drasticamente nel 42.
Alcuni comparti grazie al crescere della domanda pubblica riuscirono ad espandersi (meccanica, cantieristica), ciò richiese un incremento degli investimenti i cui costi si dispiegarono in molti casi solo nel dopoguerra (piena capacità produttiva).
Dal 1939 al 1943 i vari stanziamenti per il riarmo furono incrementati:
- triplicazione della capacità produttiva
- aumento dei fabbricati ausiliari
ciò però fece i conti con:
- mancanza di materie prime
- danni prodotti dai bombardamenti
che portò un inversione parziale o totale della lavorazione.
Il Reddito Nazionale si ridusse diminuendo il reddito pro capite tra il 1939 e il 1943 del 20%, nel 1945 del 48% di quello dell'anteguerra.
L'intensificazione della mobilizzazione per la guerra fece emergere nel sistema produttivo rigidità e strozzature principalmente legate all'insufficiente disponibilità di materie prime conseguente al blocco navale imposto dagli alleati (calano le importazioni petrolifere).
La possibilità di ovviare con mezzi propri era assai limitata:
- risorse metanifere inutilizzate
- intensificato oltre ogni limite di economicità lo sfruttamento dei giacimenti carboniferi nazionali e della legnite del legname e del carbone vegetale.
I rifornimenti tedeschi di Carbone ebbero un andamento più favorevole, non riuscirono però a soddisfare del tutto l'accresciuto bisogno di fonti energetiche.
Il Settore Agricolo ebbe un calo delle principali produzioni a causa della drastica riduzione dei livelli di produzione a causa dello scarseggiare di fertilizzanti, macchinari e combustibili.
Inoltre fu sconvolto dall'entrata in vigore del tesseramento dei generi di prima necessità e il paniere dei prezzi.
Il settore agricolo ottenne una tardiva applicazione
- del razionamento alimentare
- ad appesantire gli orari di lavoro
- della militarizzazione delle maestranze
causata dalla preoccupazione del regime di non esasperare la popolazione e di limitare il malcontento. Questo spiegherebbe la rinuncia ad una piena mobilitazione di tutte le energie economiche in funzione dello sforzo bellico → questo spiegherebbe la rinuncia a una piena mobilitazione di tutte le energie economiche in funzione dello sforzo bellico → no pressione fiscale (già intensificata per finanziare la guerra d'Etiopia e di Spagna).
Il Piano di Finanziamento del 1940 proposto dal ministro delle finanze Thaon di Revel Era ispirato al Circuito dei Capitali di Wagemann volto a creare potere d'acquisto aggiuntivo ma con carattere transitorio.
Esso consentì fino al 1942 di tenere sotto controllo la situazione monetaria e finanziaria, anche se malgrado l'aumento della spesa pubblica l'Inflazione e la Circolazione crebbero a tassi moderati.
Dovendo lo stato finanziare con l'emissione di moneta lo spostamento di risorse dalla produzione civile a quella bellica il circuito puntava a contenere l'effetto inflattivo dell'eccesso di domanda attraverso strumenti amministrativi (blocco dei prezzi e dei salari e il razionamento). Le eccedenze di liquidità si sarebbero dovute riassorbire con il prelievo fiscale e con il collocamento di titoli di Stato.
In quest'ottica sono da valutare i provvedimenti volti a realizzare gli investimenti alternativi ai titoli del debito pubblico:
- nominatività obbligatoria delle azioni
- limitazione dei dividendi
- imposta sul plusvalore dei titoli azionari
- obbligo per gli acquirenti di azioni di acquistare un importo equivalente di buoni del tesoro.
La situazione era in equilibrio precario:
- i prezzi al consumo aumentarono tra il 1940 e 1942 del 17%
- tra il 1940 e il 1943 ci furono le emissioni di debito pubblico redimibile (quota crescente sottoscritta dal sistema bancario)
- i prestiti di guerra assorbirono l'eccesso di circolazione monetaria, che rimase elevato sino al 1942 per poi crollare nel 1943.
L'equilibrio venne meno quando le sorti della guerra precipitarono:
- gettito fiscale diminuì → flessione contrastata dell'inasprimento del prelievo sui sovraprofitti di guerra
- fallimento dei collocamenti dei debiti di guerra
- aumento dei rimborsi netti dei Bot innescati dalla riduzione degli interessi corrispondenti
- ritiri dei depositi bancari a seguito delle voci di un loro imminente blocco da parte del governoù
ciò portò ad un inceppamento del circuito di capitali, il quale non era riuscito a impedire un eccessivo aumento della circolazione ma almeno aveva tenuto sotto controllo i prezzi, e ad una conseguente Crisi Finanziaria:
Il crescente fabbisogno non poteva essere soddisfatto che ricorrendo alle anticipazioni straordinarie della Banca d'Italia e pertanto alla stampa di Cartamoneta → incontrollata espansione della liquidità → iperinflazione → aumento dei disavanzi.
Abyssus vocat Abyssus
nel 1943 si ebbe la caduta del fascismo travolto dalle sconfitte militari e la conseguente perdita di consenso della popolazione provata dai bombardamenti e dal progressivo deterioramento delle condizioni economiche e sociali.
25 luglio: sfiducia da parte del Gran Consiglio del Fascismo a Mussolini, che convocato dal re fu costretto a dimettersi e poi fu arrestato
8 settembre: annuncio dell'armistizio firmato dal nuovo governo Badoglio, con duplice occupazione degli angloamericani e tedeschi
al Nord: Repubblica Sociale Italiana con a capo Mussolini liberato dai nazisti
al Centro-sud: Regno d'Italia
L'armistizio pose fine alla guerra, e portò alla fase economica più distruttiva:
- inizio del collasso delle attività produttive determinato da: crisi degli approvvigionamenti e crisi dei trasporti
- contrazione dei consumi privati
- scioperi a Torino e Milano estesi a molte fabbriche del nord contro:
- il prolungamento degli orari
- la disciplina militare imposta ai lavoratori
- la diminuzione del potere d'acquisto delle retribuzioni reali
Il miglioramento salariale non fu sufficiente a eliminare l'insoddisfazione nei confronti del regime.
- Simpatie per gli Stati Uniti e per i sistemi democratici dei grandi banchieri, manager e industriali, sistemi nati allacciando rapporti con Usa e GB tentando di schiudere le proprie responsabilità da quelle della dittatura travolta dalla catastrofe militare. Prospettavano una soluzione di compromesso che, attraverso una pace separata, ponesse fine alla guerra consentendo un ricambio indolore del regime con un governo liberal-conservatore sostenuto dagli Alleati.
- Circolazione monetaria si gonfia del 500% a causa dell'incremento incontrollato dei biglietti, maggiore al nord (65%). Un contributo rilevante fu dato anche dalla stampa dei biglietti da parte degli alleati (Am-Lire) utilizzata per pagare i soldati anglo-americani e le spese di occupazione. Nel 1944 gli alleati formano un fondo in dollari a favore del governo italiano quale corrispettivo delle Am-Lire emesse.
- Svalutazione della lira: 1 dollaro =100 lire
- aumento di liquidità più crescente scarsità di beni portò ad un aumento dell'inflazione e conseguente mercato nero
- aumento del costo della vita di 15 volte
- Sud: Paralisi della produzione industriale e flessione di quella agricola, sommata al caos della finanza pubblica e alla rimozione dei controlli amministrativi sui prezzi da parte delle autorità di occupazione e del governo → si torna al libero mercato, e si forma un'impennata dell'indice dei prezzi al consumo. Il governo alleato dovette provvedere all'avvio di massicci aiuti alimentari. La differenza d'Inflazione tra Nord e Sud era molto ampia, ma man mano che gli alleati salivano l'inflazione guadagnò tutte le regioni liberate.
- I territori del regno d'Italia possedevano un'amministrazione civile ancora efficiente → controllo dell'andamento dei prezzi
- Rsi ricorre alle anticipazioni della Banca d'Italia per finanziare il crescente disavanzo. Avvantaggiato da una realtà economica migliore. Le industrie pur bombardate e danneggiate da atti di sabotaggio non smisero di produrre riuscendo a sostenere l'impatto dello sconvolgimento bellico, sommato al governo economico assunto dalle autorità tedesche di occupazione il neogoverno fascista tentò di imporsi al predominio tedesco.
- Uscite: contributi di guerra pagati alla Germaia
- Banca d'Italia: continuò nella sua coerente politica di salvaguardia della stabilità della lira tentando di arginare i danni prodotti dalla guerra (senza di lei l'inflazione sarebbe stata devastante) tramite:
- drenaggio dell'enorme massa dei biglietti circolanti
- rastrellamento sul mercato dei capitali disponibili
I Nazisti in Italia :
- smantellamento dei macchinari, smontati e trasportati in territorio tedesco
- integrarono nei loro piani produttivi le imprese fornitrici di materiale bellico approvigionandole di materie prime direttamente dalla germania
- reclutamento coatto di lavoratori disoccupati da inviare in germania
- requisizione del bestiame e dei raccolti
portò a tensioni che aumentavano la lotta partigiana.
Premesse di un nuovo ordine Nazionale
Con il Nuovo ordine economico del dopoguerra si fece tesoro della negativa esperienza degli anni trenta (falliti tentativi di ordine internazionale che portò ad un aggravato e prolungato periodo di depressione):
- controlli sui movimenti di terzi e capitali
- difesa del mercato nazionale dalla concorrenza
- svalutazione delle monete
- restrizione di importazioni
portano a dei danni, rendendo più difficili gli scambi.
Con la Conferenza di Bretton Woods del 1944:
- delegati di 44 paesi vi partecipano
- scopo: ripristinare la stabilità monetaria e creare un sistema a cambi fissi. Premesse per tornare al Gold Standard: il sistema di convertibilità dei biglietti non esclusivamente in oro ma anche contro valuta pregiata immediatamente convertibile (dollari). In questo modo gli Usa intendevano conferire alla loro moneta il ruolo prestigioso di riserva mondiale → il dollaro era continuamente usato nei pagamenti internazionali, ma la parità tra le divise nazionali ,che avrebbe assicurato la multilaterizzazione dei saldi valutari e quindi l'auspicabile ripresa dei rapporti economici internazionali, sarebbe stata cambiabile solo in circostanze eccezionali (gravi e permanenti squilibri della bilancia dei pagamenti)
- Deliberazione dell'istituzione del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo BRIS che entrarono in funzione nel 1944 con sede a Washington.
La FMI aveva uno stock di riserve valutarie per aiutare i paesi alle prese con i deficit transitori delle bilance dei pagamenti. La condizione d'accesso era quella di fissare la parità aurea della moneta nazionale accettando modifiche non superiori al 10%.Ogni paese aderente tramite la sua banca centrale era tenuto a versare al fondo un deposito pari al 25% in oro o dollari e 75% in divisa nazionale (entità rapportabile alla forza economica del paese stesso).
I parametri utilizzati erano:
- reddito nazionale
- quota ricoperta nell'interscambio culturale
- riserve possedute
La FMI dispensava aiuti attraverso un'assistenza automatica nei limiti della quota versata, e attraverso un'assistenza negoziabile che permetteva di prelevare dal fondo fino al doppio della quota versata.
Il BRIS era un istituto di credito mobiliare per promuovere la ricostruzione e lo sviluppo dei paesi usciti dalla guerra. Era un intermediario tra i paesi che chiedevano prestiti anche a lungo termine e quelli che fornivano il credito. I creditori (americani e europei) insistevano perchè le politiche economiche dei governi che fruivano dei prestiti fossero orientati alla liberalizzazione del commercio.
A Ginevra nel 1947 → Accordo generale sulle tariffe e sul commercio (GATT) → poi nel 1995 sostituito dal Word Trade Organisation. Punta a ridurre le barriere commerciali tramite l'estensione della clausola della nazione più favorita sulla base di 3 principi di fondo:
- multilateralità
- non discriminazione commerciale
- divieto delle restrizioni qualitative.
Fonte:
http://ecoways.altervista.org/appunti/Storia_Eco/Appunti_Lez_StoEco.doc
Sito web da visitare: http://ecoways.altervista.org
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