Italia fascista riassunto

 


 

Italia fascista riassunto

 

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Italia fascista riassunto

 

L’Italia fascista

 

Gli alleati liberali e cattolici, detti fiancheggiatori, continuarono ad appoggiare Mussolini anche quando fu ormai chiaro che il Partito fascista era incompatibile con i princìpi dello stato liberale.

Dicembre 1922: viene istituito il Gran consiglio del fascismo, con il compito di indicare le linee della politica fascista e di fare da raccordo tra il partito e il governo.

Gennaio 1923: le squadre fasciste vengono inserite nella Miliziaper la sicurezza nazionale.

Sul piano economico si attuò una politica liberista, volta a restituire libertà d’azione e margini di profitto all’iniziativa privata. Essa riuscì a far tornare in pareggio il bilancio dello stato e ad aumentare la produzione.

Un sostegno decisivo Mussolini lo ebbe anche dalla Chiesa, dopo l’avvento del nuovo papa Pio XI, di stampo conservatore.

Mussolini abbandonò i toni anticlericali e si mostrò disposto a concessioni: la riforma scolastica del 1923 varata da Giovanni Gentile prevedeva infatti, oltre all’insegnamento della religione nelle scuole elementari, anche l’introduzione di un esame di stato al termine di ogni ciclo di studi.

Il Partito popolare risentì dell’avvicinamento fra fascismo e Chiesa; infatti, considerato ostile alla Chiesa, nel 1923, Mussolini impose le dimissioni dei ministri popolari, liberandosi di don Sturzo.

Luglio 1923: nuova legge elettorale maggioritaria; avvantaggiava la lista che otteneva la maggioranza relativa, assegnandole i 2/3 dei seggi disponibili

1924: la Camere viene sciolta; molti esponenti liberali, tra cui Orlando e Salandra, e alcuni cattolici conservatori si candidano assieme ai fascisti nelle liste nazionali.

Le forze antifasciste sono invece divise; ogni partito si presenta infatti con una propria lista, partendo così svantaggiato.

6 aprile 1924: elezioni; vincono i fascisti.

10 giugno 1924: il deputato Giacomo Matteotti, segretario del Partito socialista unitario, viene rapito a Roma da un gruppo di squadristi illegali e ucciso.

Poco prima di essere ucciso Matteotti si era espresso alla Camera contro il fascismo, denunciandone le violenze e contestando la validità dei risultati elettorali.

La sua uccisione suscita nell’opinione pubblica indignazione contro il fascismo e contro Mussolini; il fascismo si ritrova isolato.

Secessione dell’Aventino→ i gruppi di opposizione si astengono dai lavori parlamentari e si riuniscono separatamente, sperando nell’intervento del re; egli non interviene ed inoltre i fiancheggiatori non tolgono l’appoggio a Mussolini.

3 gennaio 1925: in un discorso alla Camera Mussolini minaccia di usare la forza contro le opposizioni; si verificano una serie di arresti e sequestri nei confronti dei partiti di opposizione e dei loro organismi di stampa.

Ogni spazio di libertà politica e sindacale era ormai chiuso. Molti antifascisti furono costretti ad andare in esilio; Giovanni Amendola, leader dei liberali d’opposizione morì nel 1926 dopo un aggressione squadrista; anche Piero Gobetti morì.

Il fascismo, messi a tacere gli oppositori, diede vita ad una legislazione autoritaria; il suo artefice fu il ministro della Giustizia Alfredo Rocco.

1925: legge che rafforza i poteri del capo del governo rispetto agli altri ministri e al Parlamento.

1926: legge sindacale che proibisce lo sciopero.

Novembre 1926: leggi fascistissime→ vengono sciolti i partiti antifascisti e soppresse le pubblicazioni contrarie al regime; vengono fatti decadere i deputati aventiniani; viene reintrodotta la pena di morteper i colpevoli di reati contro la sicurezza dello Stato; viene istituito un Tribunale specialeper la difesa dello stato composto da ufficiali delle forze armate e della milizia.

1928: legge elettorale→  introduceva il sistema della lista unica e lasciava agli elettori solo la scelta se approvarla o respingerla.

Il Gran consiglio diventa un organo dello Stato.

 

Il totalitarismo imperfetto

A metà degli anni venti in Italia lo Stato totalitario era già una reltà consolidata (partito unico, milizia, sindacati di regime etc.).

La caratteristica del regime era la sovrapposizione tra la struttura dello stato, simile al vechcio stato monarchico, e quella del partito. Al di sopra di tutti vi era il potere di Mussolini, che riuniva in se la qualifica di capo del governo e di duce del fascismo. Nel fascismo italiano l’apparato dello stato era più importante della macchina del partito; per comunicare con  la periferia, infatti, Mussolini si serviva dei prefetti, mentre per controllare l’ordine pubblico era preposta la polizia di stato; la Milizia era solo un corpo ausiliario.

Dalla fine degli anni venti l’iscrizione al partito fascista divenne una pratica di massa, necessaria per ottenere un posto nell’amministrazione statale.

Un ruolo importante era svolto dalle organizzazioni giovanili del partito: i Fasci giovanili, i Gruppi universitari fascisti e l’Opera nazionale Balilla; nata nel ’26 comprendeva i giovani fra i 12 e i 18 anni e forniva anche un indottrimento ideologico. I bambini sotto i 12 anni facevano parte dei Figli della lupa.

Tramite queste organizzazioni di massa il fascismo voleva riplasmare la società, e per questo fu definito totalitario. L’ostacolo maggiore era però rappresentato dalla Chiesa; Mussolini perciò cerco una intesa col Vaticano.

 

11 febbraio 1929: Patti lateranensi, firmati tra Mussolini e il segretario di stato vaticano Gasparri; erano divisi in tre parti: un trattato internazionale, in cui la santa sede riconosceva lo stato italiano e la sua capitale e si vedeva riconosciuta la sovranità sullo stato del vaticano; una convenzione finanziaria, con cui l’Italia doveva pagare al Papa un’indennità per la perdita dello stato pontificio; un concordato, che regolava i rapporti interni fra la chiesa e il regno d’Italia.

Fu però il vaticano a cogliere i maggiori successi dai patti; in cambio della rinuncia allo stato pontificio, la chiesa acquistò una posizione di privilegio nei rapporti con lo stato e rafforzò la sua presenza nella società. Mantenne intatta la rete di associazioni e circoli che faceva capo all’Azione cattolica, e riuscì così ad entrare in concorrenza con il fascismo nel settore delle organizzazioni giovanili

 

Marzo 1929: prime elezioni plebescitarie, tenute con il sistema della lista unica; pieno successo del regime.

 

L’altro ostacolo alle aspirazioni totalitarie del fascismo era rappresentato dalla monarchia; per quanto esautorato, il re restava sempre in teoria la più alta autorità dello stato; aveva infatti il comando supremo delle forze armate, poteva scegliere i senatori e aveva anche il diritto di nomina e revoca del capo del governo.

 

Durante il regime del fascismo l’Italia conobbe uno sviluppo demografico, comune a tutta l’Europa occidentale e vide accentuata l’urbanizzazione.

Non ostante questo sviluppo alla vigilia della seconda guerra mondiale l’Italia era ancora paese arretrato e distaccato dalle grandi potenze europee. Questa arretratezza economica e civile favorì le tendenze conservatrici e tradizionaliste dell’ideologia fascista: la ruralizzazione e lo scoraggiamento all’afflusso dei lavoratori verso i centri urbani; l’esaltazione della funzione del matrimonio e della famiglia, come garanzia di stabilità e base per lo sviluppo demografico.

Anche le donne ebbero durante il fascismo le loro strutture organizzative, anche se poco vitali: i Fasci femminili, le piccole italiane, le giovani italiane e le massaie rurali, con la funzione principale di valorizzare le virtù domestiche della donna.

Il fascismo però non era solo conservatore immobilista, ma era anche proiettato al futuro, verso un sistema totalitario moderno, che aveva come ostacoli il ritardo economico e culturale.

 

1927 Carta del lavoro; documento che cercava di far breccia fra le classi lavoratrici, ormai prive di autonomia organizzativa e capacità contrattuale e con salari diminuiti.

 

Il maggiore consenso al regime derivò invece dalla media e piccola borghesia, che fu favorita dalle scelte economiche del regime. La fascistizzazione toccò solo superficialmente le classi popolari.

 

Il fascismo dedicò particolare attenzione al mondo della cultura e della scuola; nel 1923 con la riforma Gentile venne accentuata la severità degli studi e sancito il primato delle discipline umanistiche su quelle tecniche.

Nel campo della cultura, tutto il settore della stampa politica fu sottoposto a un controllo sempre più stretto; nel 1937 fu creato il nuovo ministero per la cultura popolare, con il compito di controllare le pubblicazioni. Un altro controllo era posto sulle trasmissioni radiofoniche, dal 1927 affidate all’ente di stato Eiar; la radio si affermò come canale di propaganda solo dopo il ’35.

Il cinema ricevette generose sovvenzioni dal regime per favorire la produzione nazionale e limitare la penetrazione dei film americani.

 

Il fascismo e l’economia

Il fascismo adottò la formula del corporativismo, che significava gestione diretta dell’economia da parte delle categorie produttive, organizzate in corporazioni distinteper settori e comprendenti sia gli imprenditori sia i lavoratori dipendenti.

Le corporazioni vennero però istituite solo nel 1934 e diventarono una nuova burocrazia.

1922-1925: fase liberista del fascismo; incremento produttivo, aumento dell’inflazione, crescente deficit nei conti con l’estero e deterioramento del valore della lira.

1925: fase basata sul protezionismo, sulla deflazione, sulla stabilizzazione monetaria e su un maggiore intervento statale in economia → inasprimento del dazio sui cereali, accompagnato dalla campagna propagandistica detta battaglia del grano, con lo scopo di raggiungere l’autosufficienza nel settore dei cereali; lo scopo fu in buona parte raggiunto. Il prezzo di ciò fu pagato dal settore dell’allevamento e delle colture specializzate.

La seconda battaglia fu quellaper la rivalutazione della lira, fissando l’obiettivo di quota novanta (90 lireper una sterlina); esso fu raggiunto grazie ad una serie di provvedimenti che limitavano il credito, ma furono diminuiti i salari dei lavoratori dipendenti; a guadagnarne furono soprattutto le grandi imprese.

Con la grande crisi si fece sentire la recessione; il commercio con l’estero si ridusse, l’agricoltura subì un nuovo colpo a causa del calo delle esportazioni e del tracollo dei prezzi.

Il regime cercò di reagire sia con lo sviluppo dei lavori pubbliciper rilanciare la produzione e attutire la tensione sociale, sia con l’intervento diretto o indiretto dello stato a sostegno dei settori in crisi.

1931-34: bonifica dell’Agro Pontino.

L’intervento maggiore dello stato fu però nel settore dell’industria e del credito; erano in crisi soprattutto le grandi banche;per salvarle dal fallimento il governo creò nel 1931 un istituto di credito pubblico, l’Imi (Istituto mobiliare italiano),per sostituire le banche nel sostegno alle industrie in crisi, e nel 1933 creò l’Iri, l’Istitutoper la ricostruzione industriale, che divenne azionista di maggioranza delle banche in crisi e controllando alcune fra le maggiori imprese.

La riprivatizzazione risultò poi impraticabile e l’Iri divenne nel ’37 un ente permanente; quindi lo stato controllava una quota dell’apparato industriale e bancario superiore al resto dell’Europa, divenendo uno Stato-imprenditore.

Alla metà degli anni ’30 l’Italia uscì dalla fase più acuta della crisi.

Però dal 1935 Mussolini cominciò una politica di dispendiose imprese militari che accentuò l’isolamento economico→ economia di guerra.

 

L’imperialismo fascista

Nel fascismo fu sempre presente una forte componente nazionalistica; infatti il fascismo si presentava come paladino della riscossa nazionale e restauratore delle glorie della Roma antica.

Fino ai primi anni 30 le aspirazioni imperiali rimasero vaghe.

 

Aprile 1935: accordo di Stresa con le democrazie occidentali per contrastare il riarmo tedesco.

 

Dopo quest’accordo Mussolini decise di intraprendere guerra contro l’Etiopia, anche per vendicare il torto subito dall’Italia nel 1896 con la sconfitta di Adua e per far passare in secondo piano i problemi economico sociali del paese.

Ottobre 1935: invasione dell’Etiopia; Francia ed Inghilterra condannano l’azione e propongono al Consiglio della Società delle nazioni l’adozione di sanzioni, consistenti nel divieto di esportare in Italia armi.

Contro queste sanzioni ci fu una mobilitazione popolare e numerose espressioni di solidarietà verso il fascismo e la guerra.

L’impresa in Etiopia fu molto difficile, in quanto gli etiopici si batterono duramente sotto la guida del negus Selassiè.

5 maggio 1936: le truppe italiane comandate da Badoglio entrano in Addis Abeba.

Dal punto di vista economico la conquista dell’Etiopia non migliorò la situazione, ma sul piano politico il successo fu clamoroso, in quanto si ebbe la sensazione di aver conquistato per l’Italia una posizione di grande potenza.

 

Ottobre 1936: Asse Roma - Berlino→ patto di amicizia tra l’Italia e la Germania, che Mussolini considerava come un mezzo di pressione sulle potenze occidentali e in grado di ottenere qualche vantaggio in campo coloniale. In realtà il duce fu condizionato da Hitler.

 

Maggio 1939: patto d’acciaio, che lega definitivamente le sorti dell’Italia a quelle dello stato nazista.

 

L’Italia antifascista

Per coloro che si volevano opporre al fascismo c’erano solo due vie, o l’esilio o l’agitazione clandestina in patria.

1930: all’estero si riuniscono i due partiti socialisti, massimalista e riformista, sotto la guida di Pietro Nenni; così fanno anche altri partiti antifascisti.

1927: i gruppi si federano in un organismo unitario, la Concentrazione antifascista.

1929: Emilio Lussu e Carlo Rosselli fondano il movimento di Giustizia e Libertà (GL), punto d’incontro fra socialisti e liberal-democratici e organismo di lotta.

Il maggior contributo alla lotta clandestina venne però dal Partito comunista (Pci), che ebbe come leader Palmiro Togliatti, subentrato a Gramsci dopo il suo arresto nel 1926; esso riuscì a mettere in piedi una propria rete clandestina e rimase in polemica fino al ’35 con gli altri partiti antifascisti. I dirigenti comunisti erano legati alle direttive di Mosca.

Dopo il ’35 il Pci riannodò i contatti con le altre forze di opposizione e nel 1934 strinse una patto di unità d’ azione con i socialisti.

Nel 1943 sorse un movimento di resistenza armata al nazifascismo.

 

Apogeo e declino del regime fascista

Dopo il successo della campagna etiopica ci furono incrinature nel consenso al fascismo.

Una era legata alla politica economica, legata al prestigio nazionale e condizionata dalle spese militari.

1935: Mussolini rilancia la politica dell’autarchia, che ricercava una maggiore autosufficienza economica ed aumentava la stretta protezionistica. QUESto traguardo però non viene raggiunto ed inoltre crescono anche i prezzi.

Un altro motivo di disagio era dato dalla politica estera attuata da Mussolini e dal genero Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri; inquietava soprattutto l’amicizia con la Germania, ancheper l’antipatia verso lo stato nazista eper il timore di una guerra.

Il duce invece non pensava alla pace, ma auspicava un avvenire di conquiste e confronti militari.

1938: Mussolini introduce delle leggi discriminatorie nei confronti degli ebrei, simili a quelle naziste. Esse suscitano sdegno nell’opinione pubblica e aprono un serio contrasto con la Chiesa.

L’unico settore in cui le aspirazioni totalitarie ottennero qualche successo fu quello giovanile; ma questo sostegno durò fino alla scoppio del conflitto.

 

Fonte: http://blog.reteluna.it/comunicazionelecce/wp-content/uploads/2009/03/riassunti-storia-contemporanea.doc

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