Storia archeologia
Storia archeologia
I riassunti, le citazioni e i testi contenuti in questa pagina sono utilizzati per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche e vengono forniti gratuitamente agli utenti.
Storia dell’Archeologia
Henrich Schliemann
La vita sa confondere le sue tracce e tutto,
del passato, può diventare materia di sogno.
Argomento di leggenda.
(Giorgio Bassani)
COS’E’ L’ARCHEOLOGIA
L'archeologia termine derivato dal greco Αρχαιολογία, è la disciplina che studia le civiltà e le culture umane del passato, e le loro relazioni con l'ambiente circostante, mediante la raccolta, la documentazione e l'analisi delle tracce materiali che hanno lasciato architetture, manufatti, resti biologici e umani. L'archeologia è tradizionalmente suddivisa in discipline secondo il periodo o sulla base della cultura oggetto di studio per esempio archeologia classica o archeologia industriale o paletnologia, oppure secondo particolari tecniche d’indagine per esempio archeologia subacquea o archeologia sperimentale, o di specifiche problematiche per esempio archeologia urbana, o ancora sulla base del tipo di materiale esaminato per esempionumismatica o epigrafia.
STORIA DELL’ARCHEOLOGIA
L’archeologia nasce solo dalla metà del XVIII secolo, ma la passione dell’uomo per le cose più antiche ha radici molto lontane…
Ad esempio il re babilonese Nabu-na’Id fece restaurare, nel corso del suo regno (555-538 a.C.), la ziqqurat di UR, così come l’imperatore Augusto collezionava pietre scheggiate ed asce levigate di epoca preistorica… a Roma l’interesse per l’arte antica fu sempre molto consistente, in particolare durante il pontificato di Alessandro III (1159-1181), il cardinale Orsini iniziò una straordinaria raccolta di marmi dell’antica Roma e trasformò la propria casa in museo che divenne presto oggetto di ammirazione e imitazione da parte dei concittadini…Però accanto a coloro che trattavano gli oggetti antichi con rispetto vi erano anche coloro che li utilizzavano per ricavarne materiali da costruzione.
Con l’Umanesimo l’interesse per l’arte antica ebbe una straordinaria esplosione; vi furono intellettuali quali Poggio Bracciolini e Flavio Biondo che intrapresero lo studio della topografi a di Roma, e, insieme alle raccolte private nacquero anche i primi musei pubblici: nel 1500 venne organizzato il Museo-Giardino Cesarini e, nel 1506 papa Giulio II fondò i Musei Vaticani. Nel XVI sec. si tentarono anche i primi restauri alla Colonna Traiano e a quella di Marco Aurelio segno del grande interesse verso i monumenti antichi nella capitale, ma anche all’estero aumentò l’interesse per le aree archeologiche; ad esempio in Grecia nel 1658 i cappuccini di Atene realizzarono la prima pianta monumentale della città mentre in Inghilterra cresceva l’interesse nei confronti di quei monumenti precedenti l’epoca romana, in particolare i resti della civiltà celtica. In particolare uno studioso inglese, John Aubrey(1626-1697), si interessò ai numerosi resti pre-romani esistenti in Inghilterra, che presero il nome dello scopritore, “I buchi di Aubrey”.
Intorno al 1620 a Londra ci fu l’importante raccolta Arun, che in seguito, più precisamente nel 1739, divenne il British Museum.
Quasi contemporaneamente nel 1711 in Italia, iniziarono gli scavi ad Ercolano, mentre nel 1748 si scoprì casualmente Pompei: due città sepolte dalla lava del Vesuvio nel 79 d.C. e di cui si erano perse la tracce.
Si afferma che la moderna archeologia nasce quando si decide di rimarcare con maggior serietà e sistematicità con le quali vengono condotti d’ora in poi gli studi e gli scavi.
I progressi furono lenti e vennero commessi ancora numerosi errori con conseguenze talvolta irreparabili.
Il lavoro di quelli che cominciavano a chiamasi archeologi, oltre che sulla buona volontà e sulla passione, venne a fondarsi su una specifica preparazione.
Tra i fondatori della scienza archeologica bisogna ricordare il tedesco Joackin Winckelmann che venne a Roma per studiare le opere d’arte antica, producendo importanti trattati sull’argomento. Dal suo lavoro e da quello di altri studiosi come lui, derivano importanti progressi per la disciplina: come la distinzione tra le opere greche e quelle romane.
Con l’Ottocento l’archeologia ebbe uno sviluppo prodigioso e ci furono molte sensazionali scoperte. Fu il risultato del gran numero di siti esplorati, dei progressi compiuti dagli studi nei decenni precendenti e dalla particolare situazione internazionale che si era venuta a creare. In quell’epoca le nazioni europee dominavano il mondo alla testa di vasti imperi coloniali e in concorrenza fra loro. Gli studiosi furono assecondati perché si riteneva potessero dare con la loro attività lustro e prestigio alla nazione di appartenenza e poterono disporre di risorse economiche ed organizzative per le loro ricerche.
Gli archeologi dovettero superare gravi difficoltà ambientali e disagi di ogni genere per compiere spedizioni, che anche quando riuscirono, vengono citate dagli studiosi dei giorni nostri per le tematiche impiegate. I risultati sono tuttavia da considerare ancora oggi sorprendenti ed è anche grazie agli errori compiuti da quegli archeologi che la nostra scienza è potuta progredire ulteriormente.
Una delle scoperte più interessanti fu effettuata nel 1871 dal tedesco Heinrich Schliemann che portò alla luce l’antica Troia, mentre nel 1878, in un’altra spedizione di tedeschi, scoprì i fregi dell’Ara di Pergamo.
Tra il XIX e il XX secolo ci furono altri importanti successi come quello dell’inglese Evans nell’Isola di Creta (il palazzo di Crosso, ecc…) e un’estensione delle spedizioni a nuove aree del pianeta: centro America, Perù, India, Estremo Oriente, ecc… Sempre gli inglesi recuperarono le sculture del Mausoleo di Alicarnasso (1846/’59).
Nel frattempo era mutata una maggiore consapevolezza dei fini e del valore della scienza archeologica. Come spesso avviene in questi casi è difficile assegnare il merito per questi decisivi progressi e tutta via va citato il generale Augustus Pitt-Rivers come uno dei principali innovatori.
In una sua proprietà egli compì scavi su siti preistorici fino ad allora sconosciuti.
Luigi Pigorini con la pubblicazione nel 1865 del suo libretto ‘sulle abitazioni palustri’ ritrovate durante lo scavo nel centro di Fontanellato (PR), strutture ipotizzate come appartenenti all’Età del Ferro, poi identificate come costruzioni dovute alla caduta dei barbari in Italia, grazie all’attenta osservazione dei recipienti in pietra ollare ivi trovati, innesca quel meccanismo di ricerca che porterà alla rapida maturazione dell’archeologia medievale come disciplina autonoma, in Italia. Un percorso di maturazione della disciplina che secondo lo studioso Peroni ha del prodigioso e che si compie per tre motivi fondamentali:
- l’esempio delle ricerche condotta in altri paesi;
- il pensiero positivistico e le teorie evoluzionistiche;
- la volontà politica di trovare l’identità nazionale in un passato antico.
Durante l'Ottocento oltre a Pigorini numerosi altri studiosi vennero in contatto loro malgrado il Medioevo, ad esempio nel 1887 Giuseppe Scarabelli pubblica il resoconto dello scavo condotto a Monte Castellaccio, non lontano da Imola, e nella descrizione del sito, un insediamento dell’Età del Bronzo, il geologo ricorda i resti di una necropoli altomedioevale ed i numerosi manufatti ritrovati e da lui disegnati, rilevando anche i buchi lasciati nel suolo dai pali. Non fu Scarabelli però a rendersi conto dell’importanza di questi ritrovamenti, ma la sua perizia permise molto tempo dopo, ad altri studiosi, come il Gelichi, di giungere all’identificazione del sito come medioevale. Altri studiosi del periodo sono: Giacomo Boni, che studiò le terramare di Montale, ricche di testimonianze medioevali; Francesco Coppi, con la sua descrizione del cimitero medioevale dell’Oratorio di Sant’Alberto, che riporta perfino i materiali contenuti nelle tombe. Spicca poi il nome di Gaetano Chierici, che realizza una delle prime sezioni di Sant’Ilario d’Enza dove nel 1878 aveva scoperto una chiesa e tombe alto medioevali, scavò nella torre di Bismantova e dal 1877 compie delle campagne di scavo nel castello di Canossa, indagini portate avanti poi da Naborre Campanini. Gli studi di Chierici trovarono alloggio nel museo civico di Reggio Emilia con un criterio topografico rimasto d’esempio per numerosi altri musei. In seguito all’unità d’Italia nel 1861 vennero create nelle ex-capitali le Deputazioni di Storia Patria, che raccoglievano dati, reperti e fonti materiali, non essendoci ancora una legge precisa, espressione della ricerca e storia locale, animate da studiosi del territorio mossi da un interesse campanilistico, vi si trovavano materiali appartenenti a epoche diverse, e gli oggetti d’età medioevale erano il frutto di ritrovamenti casuali e non di mirate campagne di scavo. Ad un certo punto il controllo del territorio però venne sottratto alle Deputazioni e dato alle Università, organismi sparsi e autonomi spesso slegati dal territorio il cui controllo capillare venne da lì in poi a mancare, assieme al rapporto territorio/istituzioni. Durante questi anni quindi l’ interesse specifico per il Medioevo è scarso e casuale, ed anche un tema storiografico famoso come quello del ‘castello’ animerà ricerche comunque ridotte e specifiche. Eppure la disciplina va prendendo consistenza anche grazie a studi affini, infatti nello stesso periodo in cui archeologi positivisti si imbattono nel Medioevo ‘per caso’ , gli storici cominciano a pubblicare gli ‘inventari di beni’, fondamentale fonte di informazione per comprendere e ricostruire il vivere quotidiano del singolo individuo come di interi villaggi. Nel contempo viene a svilupparsi la ricerca attorno alle culture allogene (archeologia barbarica) e si compiono ricerche sulla cristianità dei primi secoli (archeologia cristiana), matura anche l’interesse per gli aspetti materiali delle culture bizantine in Italia. Gli studi si coagulano attorno a temi quali le monete, le catacombe, la chiesa, il monastero ed il villaggio. Il problema storiografico centrale resta l'identità nazionale. L'archeologia medievale oggi è oramai entrata a pieno titolo nel mondo delle discipline archeologiche e storiche in generale, contribuendo a far luce e a rendere più chiare le testimonianze della vita dell'uomo in un periodo erroneamente definito di decadenza,che invece si presenta variegato e interessante nelle sue diverse fasi cronologiche (tarda Antichità - alto Medioevo - tardo Medioevo.
ARCHEOLOGIA:
Tra passato e modernità
Tra il XIV e il XVII sec. durante il rinascimento europeo crebbe l'attenzione verso manufatti antichi, suscitando curiosità tra i prìncipi e gli esponenti della ricca borghesia, che li esponevano nei cosiddetti "gabinetti delle meraviglie", vere e proprie raccolte di oggetti del passato. Accanto a queste forme di "collezionismo archeologico", si sviluppava nelle regioni dell'Europa nord-occidentale uno studio più attento alle testimonianze materiali del nostro passato, incominciando principalmente con l'esaminare i monumenti i cui resti fossero ancora visibili in superficie, come i grandi complessi megalitici in Inghilterra e in Bretagna (Stonehenge, Carnac ecc.). Ma per i primi scavi bisogna aspettare il XVIII sec, e più precisamente il 1784, anno in cui il terzo presidente Americano, Thomas Jefferson, eseguiva il primo scavo scientifico nella storia dell'archeologia, scavando una trincea attraverso un Mound (tumulo funerario). Sempre nello stesso periodo venne alla luce la città di Pompei con i sui meravigliosi ritrovamenti romani, anche se gli scavi veri e propri cominciarono nel XIX sec.
Soltanto intorno alla metà dell'800 l'archeologia si svestiva del suo carattere speculativo e diveniva una disciplina ben definita, soprattutto grazie agli importanti risultati conseguiti in ambito geologico da James Hutton, il quale studiando la stratificazione delle rocce, stabilì i principi alla base dello scavo archeologico.
Altra rivoluzionaria teoria fu quella "dell'uniformitarianismo" di Lyell, che dimostrò che i processi di stratificazione sono ancora in atto e sono i medesimi del passato.
Ma è grazie a tre teorie o principi, in particolare, che possiamo affermare senza dubbio che l'archeologia iniziava a divenire una disciplina moderna in senso stretto.
La prima e la definizione dell'antichità dell'uomo, ovvero la prova che l'uomo esisteva già molto prima del Diluvio Universale, confermando l'esistenza di una Preistoria dell'umanità. Il secondo ma non meno importante principio è quello formulato da Charles Darwin, la cui opera fondamentale, l'origine delle specie, costituiva la spiegazione dell'origine e dello sviluppo di tutte le specie animali e vegetali. Rivoluzionario fu il fatto che egli estese la sua teoria non solo alle forme animali e vegetali, ma anche alla specie umana, anch'essa emersa come parte dello stesso processo evolutivo. Infine Thomsen nel 1836 mise a punto un altro strumento concettuale, che si basava sulla divisione dei manufatti umani in tre età distinte (età della Pietra, età del Bronzo ed età del Ferro) a seconda del materiale utilizzato per produrli. Con essa si stabiliva il principio che attraverso lo studio e la classificazione dei manufatti di epoca preistorica si poteva giungere ad una sequenza cronologica.
Naturalmente queste idee di fondo presero forma nel contesto delle numerose scoperte fatte nel corso degli anni Ottanta del XIX sec. Sicuramente una delle più eccezionali e rivoluzionarie fu il ritrovamento in Egitto della Stele di Rosetta, la chiave di lettura dei geroglifici egiziani, fatto casualmente da un militare delle truppe napoleoniche. Insieme all'interesse per l'Egitto e il Vicino Oriente, aree ricchissime di testimonianze, si sviluppò la ricerca di quelle enigmatiche civiltà dell'America centro-meridionale, celate tra le fitte foreste per secoli. Furono strappate alla boscaglia le antiche città Maya nella regione messicana dello Yucatàn, da John Lloyd Stephens.
Gli archeologi erano grandi personalità, che affrontavano lunghi viaggi e pericolose spedizioni in luoghi impervi, spesso spinti da intuizioni o da leggende, il più delle volte legate alla letteratura antica. Fu proprio ispirandosi al racconto omerico della guerra di Troia nell'Iliade, che Schliemann intraprese la ricerca dei resti dell'antica città, a Hissarlik, nella Turchia Occidentale (1870-80). L'archeologia subisce dalla fine del XIX secolo fino al 1960 circa, grazie alle numerose scoperte, un periodo definito "storico-classificatorio", concentrandosi soprattutto sulla Cronologia, ovvero sui tentativi di definire dei sistemi cronologici regionali e di descrivere lo sviluppo della cultura in ogni singola area. Intorno alla metà del secolo scorso, appena dopo la Seconda Guerra Mondiale, lo sviluppo dei metodi scientifici e tecnici portarono all'applicazione della fisica e della chimica all'archeologia.
Nel 1949 il chimico americano Libby inventò la datazione con il metodo del radiocarbonio (C14), una conquista tecnica che rivoluzionò e facilitò enormemente il complicato ed inesatto processo di datazione.
Furono proprio questi gli anni che segnarono una svolta nello sviluppo dell'archeologia, segnato da una Archeologia Storica. Fra gli autori antichi che nutrirono interesse per l’Egitto, a parte storici e geografi, come Erodoto, Strabone, Diodoro Siculo e Plinio il Vecchio, un egittologo 'ante litteram' può essere considerato Manetone da Sebennytos, che nel III sec. a.C.scrisse gli Aegyptiaca. La prima notizia di uno studio sulle antichità egizie in età moderna risale al XVI secolo, in occasione del rinvenimento a Roma degli obelischi egizi di epoca romana. Il seguente restauro eseguito dall’architetto Domenico Fontana nel 1586 per ordine di Papa Sisto V suscitò un vivo interesse per la scrittura geroglifica. Solamente nel XVII secolo possiamo annoverare la prima figura di egittologo nella persona del gesuita tedesco Athanasius Kircher. La sua vasta produzione letteraria offre un compendio della conoscenza che a quei tempi si aveva della civiltà egiziana e le sue ricerche sulla scrittura egizia costituirono un tappa fondamentale per la futura decifrazione dei geroglifici. Il primo serio contributo all’egittologia in quanto disciplina scientifica risale al 1798 con la spedizione di Napoleone Bonaparte in Egitto e con la pubblicazione della Description de l’Egypte del 1809. I venticinque volumi dell’opera, frutto delle ricerche eseguite dagli studiosi della spedizione, descrivevano tutti gli aspetti della civiltà egizia e fornivano la rilevazione cartografica del paese, oltre alla descrizione dei monumenti e reperti trovati, fra i quali la Stele di Rosetta. Dopo la scoperta del 1818 della piramide di Chefren ad opera dell’italiano Giovanni Battista Belzoni, nel 1822 si ebbe la decifrazione del sistema dei geroglifici egizi compiuta da Jean-François Champollion. Grazie alla conoscenza della scrittura e del linguaggio egizi, lo studio della civiltà dell’Antico Egitto poté procedere con tutto il rinnovato slancio che la comprensione delle fonti scritte poterono ingenerare, segnando di fatto la nascita dell’egittologia moderna. Le nuove scoperte favorirono l’organizzazione di spedizioni archeologiche, tra cui quella dello stesso Champollion con l’italiano Ippolito Rosellini, del 1828-1829, seguita da quella del tedesco Karl Richard Lepsius nel 1842-1845. Già dalla fine del XIX secolo l’egittologia cominciò ad avvalersi di maggiore rigore accademico e scientifico, ad opera soprattutto del francese Auguste-Édouard Mariette e dell’inglese Flinders Petrie. Agli inizi del XX secolo risale la sensazionale scoperta nella Valle dei Re della tomba di Tutankhamon da parte degli archeologi inglesi Howard Carter e Lord Carnarvon (1922).
Negli anni ’60 dello stesso secolo va ricordata la spettacolare impresa della traslazione dei templi di Abu Simbel, a causa della costruzione della diga di Assuan e del susseguente pericolo derivante dalle acque del Nilo.
Fonte: http://www.liceopeano.it/Sarezzano%20finito%206-02-07/cap%20primo-marzo-7.doc
Autore del testo: Giorgio Bassani ? oppure non indicato nel documento di origine
Storia archeologia
Visita la nostra pagina principale
Storia archeologia
Termini d' uso e privacy