Storia greca
Storia greca
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APPUNTI DI STORIA GRECA. III
LE GUERRE PERSIANE. LA GUERRA DEL PELOPONNESO.
Le guerre persiane
1.
L’ateniese Clistene fece la sua riforma “democratica” fra il 509 e il 507 a.C. E’ possibile che per alcuni anni la pòlis ateniese sia stata costretta a entrare nella lega peloponnesiaca di Sparta, perché le fonti storiografiche s’interrompono fino all’inizio delle guerre persiane, quando Atene ricompare nella storia come città indipendente con Temistocle, Aristide e Milziade, tutti non appartenenti al ghénos degli Alcmeonidi, quello cioè di cui era stato capo Clistene stesso.
2.
Le guerre persiane, che si svolsero nella prima metà del V secolo, videro imporsi lo spirito di autonomia e eleutherìa delle pòleis greche, segnando il destino dell’intera regione greco-asiatica per tutta l’antichità, anche se alla fine del secolo l’Impero persiano raggiunse lo scopo che cercava nel 500 a. C. - ossia il riconoscimento da parte dei Greci del controllo persiano del Mediterraneo orientale.
3.
Infatti seguì nel secolo successivo il crollo dell’Impero persiano sotto le conquiste militari di Alessandro Magno (334 – 323 a.C.). Soltanto solo nell’epoca di Roma l’Impero iranico riapparve come “regno dei Parti” sotto gli Arsacidi (150 a.C. –226 d.C.).
4.
Bisogna ricordare che Ciro, Cambise e Dario avevano creato fra l?India e il Mediterraneo uno dei più vasti, forti ed efficienti Imperi della storia universale, il più grande del mondo antico prima di quello romano:
5.
Occorre qui studiare le dimensioni e i confini dell’Impero persiano, tenendo conto di cosa significa la parola “Impero”, che deriva dal latino “imperium”. In generale significa una realtà politica che unisce stabilmente molte nazioni sotto il segno dell’unità dei loro dèi nazionali, che vengono a far parte di un “politeismo”. Queste espressioni si riferiscono all’Impero romano, ma valgono anche per le grandi unificazioni realizzate dall’Egitto, dagli Assiro-babilonesi, e appunto dai Persiani. Lo scopo di un Impero consiste nel preservare la pace e la sicurezza di molti popoli sotto una sovranità che detiene l’autorità e stabilisce le leggi comuni.
6.
Sappiamo già invece che le pòleis della Grecia combattevano per la propria autonomìa e eleutherìa (libertà), sottraendosi quindi al disegno imperiale persiano. L’accettazione della supremazia persiana, già subita dalla Macedonia e dalla Tracia, comportava l’obbligo di pagamento di un tributo e la dipendenza politica, anche se questo le avrebbe largamente compensate coi vantaggi economici e della sicurezza, facendole inserire in una grandissima formazione politica, entro la quale avrebbero avuto larghe occasioni di lavoro, di commerci e di guadagni. Infatti l’Impero persiano avrebbe aperto ai greci l’intero mercato economico orientale, cosa che peraltro aveva già arricchito le città greche d’Asia Minore.
7.
Ma più che il senso di libertà, era il senso religioso dei greci a non poter tollerare la convivenza con le tradizioni religiose persiane. Il “re dei re” dei Persiani non imponeva forme religiose e lasciava liberi di praticare i vari culti etnici, ma la cerimonia annuale della “processione” di tutti i rappresentanti dei vari popoli dell’Impero – raffigurata nei grandiosi rilievi di Persepoli – in solenne presentazione dei doni (forse del tributo) al sovrano, e le forme protocollari che comportava, erano incompatibili con un omaggio quasi cultuale a un essere umano, come la prosternazione, proskynesis.
Due immagini dei rilievi del palazzo dell’Apadana a Persepoli. Essi illustrano scene di festa e processioni dei rappresentanti delle ventitré nazioni soggette alla dinastia achemenide, che recano doni e tributi al Re dei Re.
8.
Naturalmente vi fu all’interno del mondo greco un aspro conflitto, nella scelta tra una sottomissione apportatrice di grandi vantaggi e benessere e il rischio di una guerra impari per non rinunciare alla propria libertà, che aveva un significato religioso oltre che politico. L’oracolo delfico e i ghène di Atene e altre città, nonché l’aristocrazia di Sparta erano tutti favorevoli a patteggiare un accordo con la Persia, che non avrebbe danneggiato le tradizionali posizioni delle aristocrazie greche.
9.
Fu soprattutto l’influenza di Milziade ad Atene a decidere per la guerra. Milziade apparteneva a uno dei potenti ghène ateniesi, quello dei Filaidi. Con l’aiuto di Pisistrato costituì una specie di principato nel Chersoneso tracico, per far controllare anche da ateniesi la navigazione verso il Mar Nero. Mentre gli Alcmeonidi erano filo-persiani, egli vide nella guerra contro la Persia la possibilità di fare di Atene la pòlis protettrice delle colonie ionie dell’Asia Minore. Insomma voleva fare di Atene, emancipandosi da Sparta, la guida di un ampio sistema di alleanze, destinate a creare la futura egemonia ateniese.
10.
Così Milziade entrò in conflitto con i potenti Alcmeonidi, cui era appartenuto Clistene, e venne eletto come uno dei dieci generali (strategoi) per il 490/489, all'età di 60 anni, dopo essere stato assolto da un processo intentato contro di lui dagli stessi Alcmeonidi. Con Milziade, assieme a Temistocle e a Cimone, il ghènos dei Filaidi cominciò una lunga stagione di predominio in Atene. Fu alla testa della fanteria pesante nella battaglia di Maratona (490) e conquistò alcune isole delle Cicladi. Solo la resistenza dell’isola di Paro offuscò il suo prestigio, dando all’avversa fazione gentilizia degli Alcmeonidi il pretesto per colpirlo con una ingente multa che non riuscì a pagare, anche perché morì in seguito alle ferite riportate nell’assedio dell’isola (la pagò poi suo figlio Cimone, una tonnellata d’argento!).
11.
Pochi anni dopo gli Alcmeonidi ateniesi furono a loro volta colpiti dall’ostracismo, e nuovamente i Filaidi ripresero il sopravvento con Temistocle. Egli riuscì a costruire una forte flotta da guerra, usando i proventi delle miniere d’argento del Monte Laurio, in Attica.
12.
Risulta chiaro che Atene dieci anni dopo Maratona, negli anni che seguirono alla guerra e alla morte di Dario, cui era succeduto Serse, aveva un carattere strettamente oligarchico. La lotta politica era ristretta a poche casate gentilizie, che erano alla testa di fazioni che comprendevano ghène minori. L’ostracismo, l’arma inventata da Clistene per ostacolare la tirannia, serviva a far tacere gli oppositori cacciandoli dalla pòlis. Il clima politico derivato dalle riforme di Clistene favorivano lo strapotere aristocratico.
13.
La guerra di Serse (480-79) richiese uno sforzo militare molto grande sotto la conduzione degli Spartani (Lega panellenica), ma la vittoria navale di Salamina fu un successo ateniese, dopo che la città di Atene era stata incendiata e l’Attica devastata dai Persiani. L’anno dopo Salamina gli Spartani vinsero a Platea (nel 481 avevano sostenuto l’eroico sacrificio delle Termopili) e gli Ateniesi con la flotta a Micale. Fu così che Serse venne sconfitto nel disegno di obbligare le città greche a riconoscere la supremazia persiana, abbandonando le colonie ioniche d’Asia all’Impero persiano.
14.
Le colonie ionie furono liberate da una flotta inviata dagli Spartani, sotto il comando di Pausania, che aveva comandato la Lega panellenica (da pan = tutto, cioè di “tutti” i Greci). Richiamato in patria dagli efori, poiché a Sparta non stava a cuore un’egemonia fuori dal Peloponneso, la potenza protettrice delle colonie greche d’Asia divenne Atene. Nel 477 nacque la lega delio-attica che comprendeva Atene e le città ioniche.
La Pentecontetìa.
15.
S’inizia da 478 a.C. il lungo perido detto Pentecontetìa, cioè “cinquantennio”, che segnò la grande crescita del prestigio di Atene a danno di Sparta, in preparazione della volontà di un’egemonia panellenica che Atene voleva togliere a Sparta. Questo periodo segna una splendida stagione della civiltà umana, che divenne base fondamentale della civiltà europeo-cristiana.
16.
Atene in questo periodo non fu egemone di tutta la Grecia, ma divenne una potenza marittima mediterranea, dapprima attraverso la supremazia dei Filaidi, rappresentati dalla figura di Cimone, il figlio di Milziade (ostracizzato nel 461 ma poi tornato al governo di Atene), e poi dal lungo potere personale di Pericle, l’avversario Alcmeonide dei Filaidi. In effetti la lotta politica in Atene fu una guerra tra Alcmeonidi e Filaidi.
17.
La lotta tra Alcmeonidi e Filaidi concerneva essenzialmente l’indirizzo politico da dare ai rapporti con l’Impero persiano.
Gli Alcmeonidi favorivano l’idea che il successo conseguito nelle due guerre del 490 e del 480 dovessero segnare un’epoca di collaborazione e di pacifica convivenza nelle rispettive aree territoriali e nel bacino dell’Egeo, dove i Persiani continuavano naturalmente a essere presenti (avevano tutto il bacino sud-orientale del Mediterraneo, con Siria, Fenicia, Egitto, Cartagine). Essi avrebbero voluto spostare il potenziale bellico di Atene ai fini imperialistici, cioè spodestare Sparta in un’egemonia panellenica.
Invece i Filaidi sostenevano la necessità di andare a combattere i Persiani in Asia Minore e in Egitto, per sottrarre all’Impero persiano i rifornimenti di cereali della valle del Nilo. Inoltre il richiamo delle città greche dell’Asia Minore era legato alla guerra di Troia e dell’epica di Omero, in cui i Greci riconoscevano le loro memorie eroiche.
18.
Mentre dunque Cimone e i Filaidi tendevano all’accordo con Sparta, gli Alcmeonidi e Pericle osteggiavano Sparta e ne erano ricambiati. Era chiaro che una parte degli ateniesi voleva fare dell’isola di Delo, luogo natale di Apollo e Artemide, il centro etnico panellenico, perché così si ricollegava anche al culto della sorella di Apollo, caro ai Greci d’Asia.
"
Le mammelle in più file sono un antico simbolo di fertilità e caratteristiche di Artemide di Efeso, città ionica in Asia Minore, dov’era il tempio più famoso dedicato a tale dea, elencato da Erodoto fra le sette meraviglie del mondo.
19.
Poiché i fautori di questa politica volevano fare del tempio di Apollo a Delo un centro più importante del santuario di Delfi, per gli Spartani, per l’oracolo e il ceto sacerdotale delfico era naturale che a questo punto, nonostante le passate alleanze, fossero contro gli Alcmeonidi e favorevoli a Cimone.
20.
Cimone usò la lega delio-attica, creata da Aristide, come uno strumento di potenza militare e di talassocrazia (dal greco “thàlassa” = mare, e kratos = forza, potenza, “dominio marittimo”), utilizzando le risorse finanziarie del tributo dato da ogni città alleata (460 talenti) per la guerra contro i Persiani, il cui scopo era il loro allontanamento dal mare Egeo – cosa che peraltro era gradita anche agli Spartani. Nel 465 la Lega delio-attica batté l’esercito persiano per terra e per mare sulla foce dell’Eurimedonte, in Asia Minore.
21.
Cimone riuscì a estendere la Lega di Delo a duecentocinquanta città, fra cui quelle della Licia e della Caria, in Asia Minore. Egli fu il vero signore della Pentecontetia e questo ci rivela che la riforma di Clistene aveva sì creato la città-stato (con l’istituzione delle dieci tribù, delle trittìe e dei demi, con la bulésorteggiata e il turno delle pritanìe, dandole un significato religioso con il culto poliate di Athena Parthénos, ma al centro dell’ideologia politica della democrazia sussisteva l’elemento genetico e trainante del ghénos.
22.
La costituzione popolare di Clistene aveva parificato i meteci e i liberti ai cittadini e i nuovi ricchi dei commerci e delle industrie all’aristocrazia fondiaria, facendo tramontare il sistema dei ghéne come fondamento giuridico dello Stato, tuttavia al centro della vita politica di Atene restava pur sempre quel carattere di confraternita di fedeli che costituiva l’appartenenza al ghénos.
23.
Questo significa che la storia è fatta dagli uomini e dalle loro relazioni, non dalle strutture giuridiche. D’altra parte la preminenza di figure di singoli individui, come Temistocle, Cimone (Filaidi) oppure come Pericle o Alcibiade (Alcmeonidi), mostra che sono le personalità singole a determinare i cambiamenti politici e sociali.
24.
Così si verificò in Atene uno scontro senza precedenti per orientare la politica militare o in senso antipersiano o in senso antispartano. Puntare sull’allontanamento della Persia dal mare Egeo oppure sull’inclusione di Sparta in una lega panellenica capeggiata da Atene. Sui due orientamenti influirono diversi fattori. Allontanando la Persia si liberavano le rotte marittime verso il mar Nero e si agevolavano liberi commerci verso l’India e l’estremo Oriente. Con l’egemonia panellenica si sarebbero aperti ad Atene tutti i porti del mare Egeo, con una preminenza su tutti i mercati greci.
25.
Le ragioni religiose come sempre nel mondo antico avevano un grande peso nelle decisioni, poiché erano stati proprio i culti, i Misteri, gli oracoli e le tragedie a determinare la nascita delle pòleis. Per questo i due partiti ateniesi, Filaidi e Alcmeonidi, giocarono principalmente il loro prestigio sul piano religioso.
26.
Pericle, discendente dagli Alcmeonidi per via materna, aveva promosso da giovane la rappresentazione della tragedia I Persiani di Eschilo. La tragedia, che fu rappresentata nell’anno 472 a.C., rappresentava il punto di vista dei Persiani sconfitti e perciò celebrava la vittoria di Atene proponendo implicitamente un programma politico e religioso.
Ritratto di Dario su un vaso greco
La tragedia di Eschilo “I Persiani” è ambientata a Susa, la residenza del re di Persia, dove Atossa, madre del regnante Serse, ed i dignitari di corte attendono con ansia l'esito della battaglia di Salamina (480 a.C.).
In un'atmosfera cupa e colma di presagi funesti, la regina racconta un sogno angoscioso fatto quella notte. Poco dopo arriva un messaggero, che porta l'annuncio della totale disfatta dei Persiani. La battaglia viene raccontata accuratamente, dapprima con la descrizione delle flotte, poi con l'analisi della fasi dello scontro e infine con il quadro desolante delle navi distrutte in mare e dei soldati superstiti privi di aiuto.
Lamenti e pianti riempiono la scena fino alla comparsa del defunto padre di Serse, Dario, marito di Atossa. Lo spettro di Dario, venuto dall’Ade, dà una spiegazione etica alla disfatta militare, giudicandola la giusta punizione per la hybris (tracotanza) di cui si è macchiato il figlio, nell'aver osato cercare di conquistare il Mar Egeo con la sua flotta. Nella tragedia di Eschilo la figura di Dario viene rappresentata come grande e giusta, per poter rendere tracotante e meschina quella del figlio Serse.
Arriva infine il diretto interessato, lo stesso re Serse, sconfitto e distrutto, che unisce il proprio lamento di disperazione a quello del coro, in un canto luttuoso che chiude la tragedia.
L’egemonia ateniese
27.
La pace di Callia (449 a.C.) venne stipulata fra il re di Persia Artaserse I e il delegato ateniese Callia, cognato di Cimone, dopo che questi aveva distrutto la flotta fenicia presso l’isola di Cipro. Atene rinunciava a interventi a Cipro e in Egitto e la Persia ai tributi delle città greche dell'Asia minore, pur mantenendo la sovranità su di esse, e a tenere navi militari nell'Egeo. Lo stretto rapporto tra la Persia, l’Egitto (che pagava un tributo) e la flotta dei Fenici era ormai riconosciuto anche dal Greci, che dovettero rinunciare al programma di controllare le coste dell’intero mare Egeo.
28.
Ma Pericle, che con Efialte (altro esponente degli Alcmeonidi) dal 462, dopo l’ostracismo dato a Cimone, rinnovava di anno in anno la funzione di stratega e aveva perciò la continuità di figura istituzionale nella città, cercò di assegnare all’alleanza panellenica nuovi scopi, come quello di liberare il mare dai pirati e di ricostruire i templi distrutti dai Persiani durante la guerra. In questo trovò l’opposizione di Sparta.
29.
Fu Pericle a ricostituire in modo forzato la Lega delio-attica dopo la morte di Cimone, trasportandone il tesoro ad Atene. Alla fine della guerra con la Persia lo scopo della Lega sarebbe dovuto cessare, poiché essa era nata per combattere la Persia con un compito difensivo e offensivo. Infatti gli alleati avevano cessato ormai di pagare il loro tributo al tesoro federale e di mandare le loro navi alla flotta di Atene.
30.
La concentrazione ateniese sul predominio nella Lega delio-attica diede grandi mezzi e poteri alla città, e Pericle ne approfittò per attuare un programma di dominio sistematico su un sistema panellenico. Sparta era risoluta a impedire questo progetto soverchiatore, e anche in Atene la fazione dei Filaidi faceva opposizione alla guida di Tucidide, un congiunto di Cimone.
31.
Ma Pericle stabilì un dominio personale (“demagogia” = guida del popolo) attraverso una riforma costituzionale, che ridusse l’influenza dell’Areopago a vantaggio della Bulé e dell’Ecclesìa (l’assemblea popolare dei teti) e dei giudici popolari dell’Eliea. Gli zeugiti vennero ammessi all’arcontato. Ma la novità era che adesso la partecipazione popolare alle assemblee è pagata con un (modesto) salario. Si ebbe così un forte coinvolgimento popolare che sosteneva la causa di Pericle, rimasto solo dopo l’assassinio di Efialte per mano degli oppositori. La cittadinanza ateniese era negata a chi non fosse figlio di ambedue i genitori ateniesi.
32.
La politica di Pericle fu quella di imporre con la forza una unità politica delle pòleis. Per divenire la città-guida di una grande unità politica, Atene aspirò a gareggiare con le sedi imperiali della Persia e dell’Egitto. Pericle elaborò un grandioso piano di politica culturale, urbanistica e religiosa. Fu in questo ambito che vennero progettati il Partenone e il tempio di Poseidone a capo Sunio, i Propilei, l’Eretteo (sull’Acropoli), il tempio di Efesto sull’Agorà. Architettura e arti dell’età di Pericle rivelano il proposito di imitare e pareggiare i sovrani orientali, come il Re dei Re di Persia, nel riferire alla religione l’ideale politico, dando splendore all’uno e all’altra.
33.
Per consacrare l’alleanza dell’aristocratico Pericle con i ceti imprenditoriali e i lavoratori delle industrie si diffuse il culto accoppiato di Atena e di Efesto (quest’ultima divinità del lavoro industriale). Il tempio di Efesto ad Atene era in prossimità del quartiere industriale, il Ceramico. Il dio era rappresentato con il grembiule e il berretto dell’operaio. Non era, si badi, “propaganda” o roba del genere. La presenza degli dèi e la bellezza dei templi si riflette su tutta la comunità umana. La civiltà classica distingueva le comunità umane dai branchi d’animali in quanto le intendeva sempre come comunità di fedeli, cultori delle divinità che sono proprie del gruppo di appartenenza.
34.
Dal Partenone
Le kòrai incarica-
te di tessere il
sacro peplo (so-
pra)
e i kouroi
a cavallo che
accompagnano
la processione
(sotto)
Le Panatenee erano la festa religiosa più importante dell'antica Atene, in onore della divinità protettrice della città, Atena (con l'appellativo di Poliàs, Poliade). Si tenevano ogni 4 anni il giorno della nascita della dea (il 28 del mese di Ecatombeone, corrispondente alla fine di luglio) e vi partecipavano tutti i cittadini liberi, comprese le donne. La processione panatenaica portava il dono di un peplo tessuto dalle ateniesi nobili (Ergastìne) e ricamato con episodio della Gigantomachia. La processione si radunava prima dell'alba nei pressi della porta del Dipylon, attraversava l'agorà e giungeva all'Acropoli, dove potevano entrare solo i cittadini ateniesi. La processione passava quindi davanti al Partenone e si fermava al grande altare di Atena.
L’esaltazione della perfezione del tipo umano, raffigurato nei kùroi (adolescenti) e nelle kòrai (fanciulle) scolpiti nei fregi dei templi (come nel Partenone) doveva essere il segno di una superiorità della gente ateniese grazie a un’elezione divina, analogamente a come era avvenuto con gli antichi ghéne di origine divina e perciò “eupatrìdi” e “kaloìkagathoi”.
35.
Come abbiamo già visto nella tragedia di Eschilo ‘I Persiani’, si trattava di sovrapporre alla tradizionale fede nelle potenze extra-umane, che guidano gli uomini e i loro governi, un nuovo mito – o almeno un tentativo di mitopea (creazione di miti) – l’idea che gli Ateniesi fossero una stirpe eletta di eroi, e che gli dèi li aiutavano a essere superiori agli altri uomini, greci e non greci, per renderli adatti a governare e guidare secondo la giustizia divina. Questa mitopea si basava sullo straordinario potere della parola umana del quale si erano fatti interpreti i Sofisti, un vasto movimento di cultura che corrisponde all’età di Pericle.
36.
I fregi del Partenone, con la processione delle Panatenee, opera di Fidia, erano ispirati all’analoga processione dell’Apadana di Persepoli (vedi immagini punto 7 più sopra), in vista di un progetto politico-religioso che intendeva concorrere con quello persiano. Anche il rilievo persiano, infatti, celebrava il trionfo di un Impero attraverso la rappresentazione di un’armonia umano-divina. Sembra che le feste panatenaiche, istituite alla fine del VI secolo, avessero un carattere molto affine a cerimonie analoghe dell’Impero persiano.
37.
La realtà politica dell’età di Pericle, che dura ben trent’anni, dal 462 al 429, è dunque caratterizzata da un duplice aspetto: da una parte la funzione demiurgica (ossia “che agisce in favore del δῆμος = popolo”) della divinità di Atena, dall’altra la forze del ceto popolare dei “teti”, i nullatenenti fino ad allora esclusi dalla vita politica, i quali ora potevano essere pagati (ma con il denaro degli alleati della Lega). Gli oratori di mestiere, al seguito degli strateghi (Pericle era istituzionalmente “stratega”) si indirizzavano all’assemblea per ottenere il consenso facendo leva sui bassi istinti, cioè corruzione e sperpero del denaro pubblico in salari e feste.
38.
La comunità ateniese di Athena Parthénos costituita da Pericle, in realtà, poteva vivere solo a spese del tributo, estorto con la forza, delle quattrocento pòleis della Lega, togliendo loro anche dei pezzi di terra (kleruchìai) per darle a coloni di Atene. In questo modo le tradizioni del passato venivano negate e addirittura irrise, perché il clima culturale del regime di Pericle aveva creato un mito nuovo, fondamento di un dominio politico (egemonia, gr. ηγεμονία = guida, comando) che reprimeva spietatamente ogni tentativo di distacco.
La guerra del Peloponneso
39.
Tutta la tradizione greca più consolidata era dalla parte di Sparta. Il culti e il centro sacrale di Zeus Olimpico erano in Peloponneso sotto il controllo spartano: e così anche l’oracolo di Delfi era sottoposto alla supremazia spartana. Da quando gli Ateniesi aveva spogliato l’isola di Delo della funzione di centro della Lega e di custode del suo tesoro, avevano perso una parte della loro forza ideale, in quanto Delo era l’unico centro cultuale di Apollo che potesse competere con Delfi.
I resti del tempio di Apollo delfico, dove aveva sede l’oracolo più importante della Grecia.
40.
Nonostante la stupefacente dimostrazione di grandezza dell’Atene di Pericle, la forza ideale di Sparta era superiore perché da secoli gli Spartiati vivevano dell’idea della superiorità della loro stirpe, nata per dominare. Di fronte al carattere illusionistico della grande stagione artistica di Atene, e della celebrazione esclusiva delle sue glorie nella guerra persiana, Sparta poteva contare su una storia di secoli di isolamento armato e poteva credere di essere sempre il popolo dei suoi dèi.
41.
La guerra contro Sparta era appena iniziata, con una pesante avanza degli Spartani nel territorio dell’Attica, quando in un’Atene assediata e sovraffollata di profughi scoppiò un’epidemia di peste. L’opposizione contro Pericle allora lo trascinò in tribunale. Condannato alla multa di 50 talenti (il costo di 50 navi da guerra!) e addirittura all’atimia (una sorta di privazione dei diritti civili e politici) ma poi graziato, il grande statista ateniese morì tuttavia colpito anche lui dalla peste (429).
42.
Cleone, industriale della concia delle pelli, fu il primo protagonista della vita pubblica ateniese privo di precedenti gentilizi e appartenente al mondo dei ricchi imprenditori. Questo era un fatto senza precedenti nella storia ateniese. Come era stato possibile?
43.
Un secolo prima la riforma di Clistene, pareggiando i maggiori patrimoni dell’aristocrazia a quella dei nuovi ricchi delle attività imprenditoriali, aveva aperto la strada alla creazione del nuovo ceto timocratico. Così era sorto un nuovo ceto di governo, una oligarchia in cui agli antichi ghéne di Atene si erano aggiunti i nuovi ricchi. Inoltre la politica tributaria stava distruggendo la vecchia aristocrazia fondiaria (cioè che aveva il possesso fisso di terre), con forti prelievi sul capitale per costruzioni navali, celebrazioni teatrali e altro, mentre lo sviluppo degli affari dava forza a una nuova classe possidente di origine mobiliare (cioè che possedeva beni mobili, da vendere e comprare).
44.
Cleone apparteneva a quest’ultimo ambiente. La fine delle casate aristocratiche si faceva evidente, perciò. Era mutato il criterio della discendenza nobiliare e questo si legava a una variazione dei rapporti religiosi. L’esaltazione di Atena, Efesto, Teseo faceva passare in ombra certe divinità, semidei o eroi delle genealogie eupatrìdi (“genealogie” = discendenze). Ma era anche profondamente cambiata la valutazione degli ideali di vita ateniesi, i fattori culturali e spirituali.
45.
Il massimo valore di un tempo era stata la areté (che in greco significa “virtù”), il valore militare, la prestanza guerriera. Nel corso del V secolo “areté” era diventata la capacità oratoria, qualità necessaria per imporsi nella bulé e nella ecclesìa. Lo stesso Pericle era esaltato per la sua capacità oratoria. Proprio i nuovi ricchi, i pentacosiomedimni, di origine commerciale o industriale, dovevano rendere possibile il loro accesso al governo sostituendo alla selezione aristocratico-religiosa la selezione puramente culturale e in particolare quella oratoria.
46.
D’altra parte Sparta non vedeva con simpatia i governi che si sostenevano con la demagogia verso i ceti popolari, perché aveva ragione di temere che i suoi iloti, che non erano né liberi né schiavi, si identificassero nei teti ateniesi. La parola “democrazia” divenne il sistema sia della “monarchia” populista di Pericle sia l’attributo di qualsiasi città, fazione o persona che simpatizzasse con Atene o fosse costretta a subirne l’egemonia.
47.
Nel 422 morirono in battaglia i due condottieri dell’esercito ateniese e spartano in guerra fra loro: Cleone e Brasida. L’ultima personalità ateniese di grande rilievo ad Atene fu Alcibiade. Erede della casata alcmeonide di Clistene e parente di Pericle, si formò alla scuola filosofica di Socrate. La sua ricchezza gli permetteva di vivere come gli antichi eupatrìdi.
48.
Un fatto nuovo intanto si era verificato nel corso dell’ultimo quarto del quinto secolo a. C., il nascere delle eterìe (gr. hetairìai), cioè di consorterie politiche che parallelamente alle istituzioni della città, dominate dalla democrazia di Pericle e dal terrorismo della grafé parà nòmon (la legge che rendeva punibile ogni opposizione), rappresentavano l’unica difesa dalla demagogia delle masse popolari. Le eterìe operavano in modo più o meno segreto come gruppi di pressione per influire sulle decisioni del governo.
49.
Alcibiade grazie all’appoggio di tali eterìe, benché non avesse cariche istituzionali ma fosse un semplice cittadino, riuscì a stipulare un accordo di assistenza difensiva con alcune città del Peloponneso per tagliare fuori Sparta dalle vie di comunicazione con l’Attica.
50.
Il progetto politico di Alcibiade era quello di colpire la fenicia Cartagine, padrona del mare di Sicilia e di gran parte del Mediterraneo occidentale. Se la Persia dominava le vie delle spezie e della seta tra Asia e Europa, Cartagine dominava la via dello stagno (essenziale per la produzione del bronzo). Inoltre Cartagine era colonia dei fenici, tradizionali alleati dell’Impero persiano. Alcibiade sperò di raggiungere il suo scopo con la spedizione contro Siracusa, che terminò invece con un disastro completo (413 a.C.).
51.
La conseguenza immediata del disastro di Sicilia, in cui andarono perduti l’intero corpo di spedizione ateniese e la flotta, furono l’invasione dell’Attica da parte di Sparta e il riapparire della Persia nel mar Egeo, infrangendo gli accordi della pace di Callia.
52.
Nel 411 a.C. la democrazia ateniese e la sua egemonia marittima erano finiti per sempre.
Il nuovo assetto istituzionale di Atene fu una oligarchia controllata da Sparta, che limitava il numero dei cittadini elettori ed eleggibili soltanto a cinquemila, tra i quali si doveva reclutare una bulé (assemblea) di 400 membri. La pienezza dei diritti politici era data non solo in ordine al censo (a chi pagava le tasse) ma anche a chi ricevesse un riconoscimento di operare a vantaggio dell’intera cittadinanza.
53.
Alla fine della guerra del Peloponneso (Atene capitola definitivamente nel 404 a.C.) l’Impero persiano fu il vero vincitore. L’assetto politico greco, escludendo egemonie, permetteva al mondo persiano di esercitare una larga influenza sulle città greche, mentre molti Greci erano arruolati negli eserciti del Re dei Re e molti artisti venivamo chiamati nei paesi persiani. Il denaro persiano ora circolava largamente in Asia Minore e in Grecia.
54.
Quello che invece non andò perduto, di Atene, fu il grande percorso culturale e artistico elaborato dagli ateniesi nel corso dell’intero V secolo (e ancora del IV), che attraverso le personalità eminenti dell’arte, della filosofia, del teatro, della retorica elaborarono un paradigma universale che resta ancor oggi la base dell’intera civiltà europea.
55.
Si può dire che fu merito di Pericle e del suo secolo il valore universale della civiltà greca, una delle più grande venture dello spirito umano, una delle più determinanti. Atene rimase la scuola non solo della Grecia, ma di tutto il mondo antico. Da Gandara nell’India a qualunque centro romano a ovest e a settentrione, si ripercorsero tutte le vie della cultura ateniese. La civiltà romana, la scienza araba, l’arte persiana e l’arte cristiana si svilupparono sugli esempi delle arti e delle scuole di Atene.
56.
Caduto il disegno ateniese di egemonia e scomparso il sogno talassocratico (dal gr. thàlassa = mare e kratos = dominio), quanto era stato creato nel campo del pensiero, dell’arte e dell’educazione della vita rimase vivo per sempre.
Fonte: http://www.istituto-santanna.it/Pages/LiceoScientifico/APPUNTI%20DI%20STORIA%20GRECA%20III.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Storia greca
Breve storia della civiltà greca
1.1 Preistoria e protostoria
a. Paleolitico, Mesolitico e Neolitico
Se per i periodi Paleolitico e Mesolitico abbiamo pochi ritrovamenti relativi ad insediamenti umani nella Grecia continentale e nelle isole dell'Egeo, per il periodo Neolitico la ricerca archeologica ha mostrato la presenza di insediamenti già nel VII millennio a.C., soprattutto nella zona orientale della Grecia e nel Peloponneso nord-occidentale, in questo periodo si diffusero l'agricoltura, l'allevamento di animali e la produzione di ceramica. La popolazione viveva in villaggi caratterizzati da rudimentali opere di difesa e abitava in capanne dapprima circolari, poi ovali e infine rettangolari, divise in più ambienti.
b. Dall’età del Bronzo all’età del Ferro
Culture residenti all’inizio dell’età del bronzo
Il passaggio dal neolitico all'età del Bronzo si attesta all'inizio del III millennio a.C., quando si delineano nella regione tre aree culturali, cui corrispondono tre diverse aree geografiche:
- civiltà elladica nella Grecia centrale e nel Peloponneso,
- civiltà cicladica nelle isole Cicladi
- la civiltà minoica nell'isola di Creta
Prima ondata migratoria verso il territorio greco da parte di popoli indoeuropei (Ioni, Eoli, Achei) dal XX al XV secolo a.C.
A partire dall'inizio del II millennio a.C. la penisola greca subì una serie di invasioni da parte di popolazioni indoeuropee originarie del bacino del Danubio. Questi popoli, la cui civiltà fusasi con quella degli antichi abitanti caratterizzò tutto il periodo seguente, erano portatori di una cultura diversa: conoscevano l'uso della ruota da vasaio, si servivano dei cavalli, usavano sepolture individuali.
Gli indoeuropei che si stabilirono in Grecia in ondate successive furono gli Ioni, gli Eoli e gli Achei.
Tra le prime popolazioni di lingua greca provenienti dal Nord, gli Ioni occuparono l'Attica e alcune aree dell'isola Eubea, successivamente si espansero ad occupare la maggior parte delle isole del Mar Egeo (tra queste le isole Cicladi) e quindi la stretta striscia di terra sulla costa occidentale dell'Asia Minore nota come Ionia. La cultura ionica produsse importanti opere in ambito artistico, architettonico, letterario e filosofico.
Originariamente gli Eoli si stabilirono in Tessaglia, successivamente si espansero fondando numerose colonie anche in altre regioni della Grecia. Nell’XI secolo a.C. molti di loro emigrarono nell'isola di Lesbo nel Mar Egeo. Fondarono anche città sulla costa occidentale dell'Asia Minore tra i Dardanelli e il fiume Ermo. Questa regione divenne nota come Eolide. Il dialetto eolico è generalmente conosciuto come una delle più antiche forme della lingua greca.
Gli Achei si insediarono nel Peloponneso in particolare nelle regioni dell’Acaia e della Focide, dove diedero origine alla civiltà micenea (il nome deriva dalla loro città più importante, Micene). Anche gli Achei si spinsero sulle coste dell’Asia Minore, dove fondarono città come Cnido e Alicarnasso.
Seconda ondata migratoria verso il territorio greco da parte di popoli indoeuropei, (i Dori) nel XII secolo a.C.
La distruzione di Troia, avvenuta secondo la tradizione nel 1184 a.C., segnò il culmine della potenza micenea, subito dopo, infatti, Micene e altre principali città micenee vennero espugnate e devastate dai Dori, questi posero in tal modo fine alla civiltà micenea. Anche la popolazione dei Dori ha origine indoeuropea, attraverso i monti della Macedonia, si spinsero verso il Peloponneso, riuscendo a sconfiggere gli achei che vi risiedevano (anche grazie a un più efficace armamento in ferro, dovuto alla loro abilità nel lavorare tale metallo, capacità che le popolazioni residenti non avevano).
I Dori occuparono tutto il Peloponneso (eccetto l'Arcadia e l'Attica), e successivamente occuparono anche le isole Cicladi, Creta, Rodi e la costa sud-occidentale dell'Asia Minore (le città di Cnido e Alicarnasso e l’isola di Coo). I rapporti fra i nuovi invasori e le popolazioni indoeuropee già stanziatesi in Grecia (Ioni, Eoli e Achei) non furono facili, molti Achei trovarono rifugio nel Peloponneso settentrionale, nella regione chiamata da allora in poi Acaia; altri (soprattutto gli abitanti della Laconia e della Tessaglia) tentarono di opporre resistenza e, dopo essere stati soggiogati, vennero fatti schiavi. Tra le popolazioni che dal Peloponneso si trasferirono in Attica e nell'isola di Eubea, alcune migrarono insieme agli Eoli verso le coste dell'Asia Minore (dando origine a quella che verrà chiamata prima colonizzazione greca)
Il “Medioevo Ellenico” (XII-VIII sec. a.C.)
L'invasione dorica segnò l'inizio di una nuova fase (di cui non abbiamo molte notizie) chiamata tradizionalmente "Medioevo Ellenico" (XII-VIII secolo a.C.). In questi secoli la Grecia non subì ulteriori invasioni esterne, tuttavia essa visse una rilevante crisi economica e un notevole regresso culturale e materiale rispetto alla precedente cultura micenea. L'economia si ridusse esclusivamente alla pastorizia e all'agricoltura e scomparvero la scrittura e l'architettura monumentale, che avevano caratterizzato la civiltà micenea. In questo periodo si determinarono notevoli cambiamenti politico-istituzionali, alla classica figura del monarca miceneo si sostituì il basiléus, che non era propriamente un re ma un capo militare, di origine nobile, cui erano attribuiti anche compiti religiosi e civili. Nell'esercizio del potere, che tenderà a divenire ereditario, il basiléus era affiancato da un consiglio di anziani, capi dei gruppi gentilizi (ghéne, proprietari delle terre lavorate dai ceti più bassi della popolazione), che costituiranno l'aristocrazia nella futura società greca.
Il “Medioevo Ellenico” non fu però solo un periodo di crisi, durante tale periodo vennero introdotte dai Dori alcune significative novità che caratterizzeranno lo sviluppo delle età successive:
- comparvero i primi edifici religiosi dedicati esclusivamente al culto
- nella ceramica si affermò lo stile geometrico
- si sviluppò la lavorazione del ferro
- si andò gradualmente costituendo una nuova struttura politico-sociale, la pólis (città-stato).
1.2 L’età dello sviluppo e del massimo splendore (VIII-IV sec. a.C.)
a. Periodo arcaico (VIII-VI sec. a.C.)
Quando si esaurirono i movimenti migratori la penisola balcanica con le isole e le coste dell'Asia Minore era tutta occupata da popolazioni che si riconoscevano in una comune identità culturale. La lingua, la religione e molte tradizioni erano comuni. Questo insieme di popolazioni sparse nel continente e per il bacino del Mar Egeo adottarono la denominazione comune di "elleni ".
L'età arcaica (o periodo arcaico) fu un periodo travagliato da forti tensioni sociali che sfociarono in una serie di sconvolgimenti politico istituzionali di notevole rilevanza:
- nascita delle póleis (città-stato)
- passaggio dalla monarchia ai regimi aristocratici
- seconda colonizzazione
- comparsa di legislatori e tiranni
Nascita delle póleis
Le città-stato si formarono nel corso dell'VIII secolo a.C. e caratterizzeranno la storia greca per quattro secoli, ponendosi al centro degli avvenimenti politici, militari ed economici. Alcune póleis si svilupparono da antiche città micenee, altre, invece, furono fondate ex novo in zone fertili o vicine al mare con l'interno.
Ciascuna pólis era costituita dalla città vera e propria e dal territorio circostante; la città era di solito cinta da mura e aveva, oltre alle case e alle botteghe degli artigiani, una piazza (agorá) dove si tenevano il mercato e le assemblee del popolo; l'acropoli (o "città alta", perché posta nelle zone più alte, più facili alla difesa) costituiva la parte più fortificata dell'abitato, dove i cittadini potevano rifugiarsi in caso di pericolo e dove vi era il tempio della divinità protettrice della città.
La popolazione non viveva tutta nel centro urbano, ma anche nel territorio circostante destinato prevalentemente all'agricoltura o al pascolo.
Le póleis pur avendo una dimensione limitata (non più di qualche decina di migliaia di cittadini), erano politicamente indipendenti e autonome; ciascuna, infatti, aveva culti, leggi e feste sue proprie.
Proprio la limitata estensione del territorio, che spesso non forniva sufficienti risorse agli abitanti, spingeva le città a cercare di espandersi a discapito dei centri vicini (sinecismo) che perdevano, in tal modo, la loro autonomia a vantaggio della città più forte.
Pur mantenendo la loro autonomia erano frequenti le alleanze di più póleis, (solitamente limitrofe) in leghe o federazioni.
Passaggio dalla forma monarchica ai regimi aristocratici
Le città-stato greche furono caratterizzate da un comune sviluppo politico; alle originarie forme monarchiche che dominavano le póleis nella fase di formazione (tra l'800 e il 650 a.C.), si sostituirono governi aristocratici formati da oligarchie, che detenevano non solo il controllo delle terre ma anche quello politico. La gran parte della popolazione, composta da piccoli proprietari terrieri, artigiani, contadini, mercanti, aveva scarso peso politico.
Seconda colonizzazione
Un altro fenomeno di importanza rilevante nato dalle tensioni sociali di questi secoli è la seconda colonizzazione, che interessò vaste zone del Mar Mediterraneo dall'VIII al VI secolo a.C..
All’origine di tale fenomeno vi furono fattori di natura diversa:
- il bisogno di terre coltivabili (scaturito dall'incremento demografico)
- la connaturata povertà del suolo greco
- l'affermarsi del latifondo a discapito della piccola proprietà
- il desiderio di esportare le merci in sovrabbondanza
- la ricerca di materie prime
- le lotte all'interno delle città tra le opposte fazioni (con il conseguente allontanamento in esilio degli sconfitti)
Questa seconda espansione coloniale si diresse sia verso Occidente (Italia meridionale o Magna Grecia, Sicilia, Francia) sia verso Oriente (penisola Calcidica e costa della Tracia).
I coloni greci non incontrarono quasi mai resistenza nelle zone in cui si insediarono, la convivenza con i popoli indigeni fu solitamente pacifica. La città che veniva fondata, pur mantenendo un legame particolare con la madrepatria (ne conservava, infatti, le tradizioni, il dialetto e i costumi) era politicamente indipendente.
Il fenomeno della colonizzazione fu fondamentale per la diffusione della cultura greca nel Mediterraneo e nello stesso tempo accelerò lo sviluppo economico e politico della Grecia.
Comparsa di legislatori e tiranni
Tra il VII e il VI secolo a.C. si verificarono nelle póleis forti conflitti sociali che opponevano l'aristocrazia fondiaria al popolo (démos), questo, infatti, grazie allo svilupparsi delle attività artigianali e commerciali, si arricchiva sempre di più e per tal motivo aspirava ad avere un maggiore peso politico.
Tali contrasti causarono l'avvento di due nuove figure politiche: i legislatori e i tiranni.
Legislatori
Nelle lotte dei mercanti, artigiani, e piccoli proprietari terrieri contro i pochi aristocratici detentori del potere politico, questi ultimi, appellandosi alla tradizione, riuscivano quasi sempre ad avere la meglio. Proprio per porre fine a questa situazione di arbitrio e quindi per ridurre il diffuso malcontento si decise di ricorrere a dei legislatori,incaricandoli di stendere un codice scritto al quale tutti i cittadini dovevano attenersi. Solo un codice scritto, ponendosi al di sopra delle parti, poteva soddisfare le fazioni in lotta. Nello stesso tempo l’opera del legislatore sanciva la supremazia dell’interesse della collettività rispetto all’interesse dei singoli gruppi. Dei diversi legislatori possiamo ricordare Solone per Atene, e Licurgo per Sparta.
Tiranni
L’esistenza di una legislazione scritta riuscì solo ad attenuare la tensione politica esistente, non ad eliminarla del tutto. In queste condizioni emerge la figura del tiranno. Questi, in genere appartenente alle classi più elevate, arrivava al potere e lo manteneva senza un legittimo consenso, spesso con il sostegno del popolo (demos). Non necessariamente il governo del tiranno era un governo che danneggiava la collettività; ad Atene, ad esempio, Pisistrato (prese il potere nel 560 a.C.) riuscì a porre fine alla guerra civile e contribuì, in modo sostanziale, a realizzare il decollo della città quale grande potenza marittima ed economica del Mediterraneo.
Nel periodo arcaio (VIII secolo a.C.) oltre al rafforzamento economico e politico, si osserva una notevole fioritura della cultura, in questo periodo si fissano per iscritto i poemi di Omero. Nella Ionia nacque il pensiero filosofico con le speculazioni di Talete, Anassimandro e Anassimene; Esiodo e i poeti lirici (tra cui Archiloco, Mimnermo, Alcmane, Tirteo, Alceo) scrissero le loro opere.
Pur essendo politicamente frammentata nelle numerose città-stato, la Grecia dell’età arcaica riconosce una propria identità comune sul terreno della cultura, della lingua e della religione.
b. Età classica (VI-IV sec. a.C.)
Dal VI al IV secolo avanti Cristo la civiltà greca raggiunse nella polis di Atene il suo massimo splendore. In questi anni Eschilo e Sofocle scrivono le loro tragedie, Aristofane le commedie; Socrate, Platone e Aristotele esprimono un pensiero talmente profondo da essere considerato come una guida fino agli inizi dell’età moderna, e che ancora oggi viene studiato con attenzione per quanto ci può ancora insegnare; Ippocrate detta i principi della moderna scienza medica; Fidia abbellisce con le sue magnifiche sculture il Partenone.
Nelle prossime pagine analizzeremo con attenzione una tale produzione che rappresenta le “radici della cultura dell’Occidente”, per ora fermiamoci ad osservare quegli avvenimenti che sconvolsero la Grecia nel V secolo, e che provocarono la irreparabile crisi delle pòleis.
Questi sconvolgimenti si attuarono in tre distinti momenti che possiamo così titolare:
- guerre persiane
- guerra del Peloponneso
- dominio della Macedonia
Guerre persiane (492-478 a.C.)
Negli anni 560-546 a.C., le colonie greche dell’Asia Minore erano passate sotto il domino di Creso, re della Lidia, questo periodo assicurò alle colonie una florida vita economica e culturale. Purtroppo nel 546 Creso venne destituito da Ciro il Grande, re di Persia, il quale annetté ai suoi domini tutte le città greche dell’Asia minore. Nacque allora una serie di contrasti tra il mondo greco e la Persia che portò alle guerre persiane.
Nel 499 a.C. una confederazione di città greche della regione ionica (guidata dalla città di Mileto), con il sostegno di Atene, si ribellò al dominio persiano. La riconquistata libertà durò cinque anni, il nuovo sovrano persiano Dario I distrusse, infatti, cinque anni dopo la ribellione Mileto, e riuscì a ristabilire il dominio su tutte le altre città ribelli. Non solo, nel 492 decise di attaccare anche Atene per punirla dell’aiuto dato ai ribelli ionici, fortunatamente la flotta inviata naufragò (prima spedizione). Dario decise allora di inviare degli ambasciatori nelle diverse città greche per chiedere la sottomissione; mentre molte città accettarono la sottomissione Sparta e Atene rifiutarono. Allora il re persiano organizzò una seconda spedizione, che partì nel 490; all’arrivo dei persiani gli ateniesi mandarono dei messaggeri a Sparta per ricevere aiuti, essendo Sparta impegnata in una festa religiosa gli aiuti non partirono subito cosi che gli ateniesi si trovarono da soli ad affrontare l’esercito persiano sbarcato nella baia di Maratona ; nonostante la superiorità numerica dei persiani, gli ateniesi vinsero la battaglia e costrinsero i nemici al ritiro.
Non ancora domo, Dario intraprese nel 486 a.C una terza spedizione, non riuscì tuttavia a parteciparvi dato che morì; lo sostituì il figlio Serse I, questi alla guida di un numeroso esercito riuscì nel 480 a vincere la resistenza dei greci (spartani in particolare) e arrivarono fino ad Atene, ormai abbandonata, saccheggiandola. Nel frattempo gli ateniesi fuggiti organizzarono una flotta per opporsi alla flotta persiana che seguiva l’esercito a terra, le 400 navi greche riuscirono a sconfiggere le 1200 navi dei persiani presso l’isola di Salamina poco lontana da Atene, fu l’inizio della riscossa per gli ateniesi, le forze persiane presenti in Grecia furono presto sconfitte (battaglia di Platea) e allontanate (478 a.C.).
La vittoria sui persiani propose Atene come la maggiore potenza della Grecia, mentre nel contempo Sparta perse di prestigio. In effetti nel V secolo Atene raggiunse, oltre alla supremazia politica, anche il massimo splendore culturale, in particolare nel periodo in cui Pericle rimase stratega della città (dal 460 al 430 a.C.).
Guerra del Peloponneso (431-404 a.C.)
Il ruolo egemone che Atene assunse in Grecia non durò molto, ciò a causa sia dello scontento degli alleati, che si sentivano considerati non alla pari con gli ateniesi, sia per la rinnovata potenza di Sparta. Tra le due principali città greche si giunse così al conflitto (guerra del Peloponneso) che porto alla supremazia di Sparta sul territorio greco e all’imposizione di un regime oligarchico (i trenta tiranni) ad Atene.
Nel 403 a.C. la fazione democratica ad Atene riuscirà a scacciare le guarnigioni spartane di occupazione, restaurando assieme alla propria indipendenza le istituzioni democratiche .
Dalla libertà al dominio macedone (359-323 a.C.)
Mentre la Grecia era divisa da continue lotte interne, nel vicino regno di Macedonia salì al trono Filippo II (359 a.C.). Filippo II comprese bene come la mancanza dell’unità politica fosse il punto debole delle città greche e così, partendo dalle colonie greche presenti sulle coste macedoni e della Tracia, nell’arco di vent’anni pose fine all’indipendenza di tutte le città della Grecia (Atene fu battuta nella battaglia di Cheronea nel 338 a.C.).
Il re macedone venne assassinato nel 336, sul trono gli succedette il figlio Alessandro, che nel corso di dieci anni, dal 334 al 323 a.C., estese l'influenza della Macedonia su tutto il mondo conosciuto. L’impero di Alessandro si estenderà dall'India all'Egitto, e proprio per questo motivo all’imperatore verrà attribuito l'appellativo di “Magno”.
1.3 Crisi della pólis greca, l’Età ellenistica
Con la sconfitta subita a Cheronea nel 338 a.C. ad opera dei macedoni, iniziò l’inarrestabile fase di declino delle póleis greche, d’altra parte, però, l’aver Alessandro Magno riunito sotto il suo sterminato impero un insieme di popoli consentì il diffondersi tra le diverse civiltà del Mediterraneo di quanto la civiltà greca dell’età classica era riuscita a produrre in campo culturale, artistico, e di civiltà in genere; proprio l’incontro tra la civiltà greca e le altre civiltà del Mediterraneo, resa possibile dalla conquiste di Alessandro, caratterizzerà l’età definita ellenistica .
Età ellenistica (323-146 sec. a.C.)
Con età ellenistica intendiamo quel periodo storico compreso tra la morte di Alessandro Magno (323 a.C.) e la trasformazione della Grecia in provincia romana (146 a.C). Tale età segnò il trionfo della cultura e della civiltà greche, divenute modello per moltissime regione del Mediterraneo.
Nei primi anni dell’età ellenistica assistiamo alla lotta tra i generali macedoni, provenienti dall’esercito di Alessandro, per la suddivisione del vasto impero che egli aveva creato. Tale conflitto provocò una lunga serie di guerre (tra il 322 e il 275 a.C.), che ebbero come sfondo il territorio greco.
L'epoca ellenistica fu dominata dalle tre grandi dinastie fondate dai generali di Alessandro:
- i Tolomei in Egitto
- i Seleucidi in Siria
- gli Antigonidi in Macedonia
Le aristocrazie urbane di questi regni utilizzavano il greco come lingua comune e l'arte e la letteratura si svilupparono attraverso la combinazione di elementi greci e tradizioni locali.
Vennero fondate nuove città o ne vennero rifondate e abbellite altre preesistenti la più importante fu Alessandria (fondata dallo stesso Alessandro Magno nel 332 a.C.) in Egitto. Durante il regno dei Tolomei tale città divenne il massimo centro economico, culturale e religioso di tutto il Mediterraneo; crocevia di razze, lingue, merci di ogni provenienza, fu anche sede della famosa biblioteca, presso la quale viene riconosciuta pari dignità alle discipline scientifiche e a quelle umanistiche. Il declino delle póleis, non significò, tuttavia, l’esaurirsi immediato dello sviluppo culturale della civiltà, è in questo periodo, infatti, che operano quelli che possiamo definire i primi grandi scienziati della civiltà occidentale Euclide, Archimede, Eratostene, ecc.
Nel 290 a.C. le città-stato greche tentarono di riguadagnare l'indipendenza unendosi in istituzioni di tipo federale, tuttavia i conflitti nati tra le due principali leghe che si erano formate, favorirono l’intervento macedone e con ciò il ritorno sotto il dominio di quel paese straniero.
1.4 Conquista romana ed età bizantina
a. Il dominio di Roma
La conquista nel 146 a.C.
Nel corso del III e del II secolo a.C. Roma repubblicana, in un’ottica di crescente imperialismo, fu impegnata in un lungo conflitto con la Macedonia per il dominio nel settore orientale del Mediterraneo. La Macedonia, sconfitta, divenne provincia romana nel 146 a.C., nello stesso anno i romani sconfissero la confederazione achea, che riuniva diverse città greche, estendendo il loro controllo sul territorio greco.
Nei primi anni il controllo romano sulle città greche concesse una discreta libertà (Atene e Sparta, in particolare, mantennero una buona autonomia); quando però, nell’88 a.C. queste cercarono di ribellarsi al potere di Roma, allora le legioni guidate da Cornelio Silla intervennero a sedare la rivolta, saccheggiando Atene e Tebe; da allora Roma attuò un regime di occupazione più rigido.
Rinascita culturale ed economica, ad opera dei romani, nei primi secoli d.C., riconoscimento della cittadinanza romana, agli abitanti della Grecia, nel 212 d.C.
Sotto l'impero romano, nei primi secoli dell'era cristiana, la Grecia conobbe una rinascita culturale ed economica (in particolare durante il regno dell’imperatore Adriano, che vi soggiornò ripetutamente). Adriano intraprese ad Atene un'intensa attività edilizia e restaurò molte delle città in rovina. Dal 212 d.C. in poi, per effetto della Constitutio antoniniana promulgata dall'imperatore Caracalla, tutti gli abitanti dell'Ellade – come del resto tutti gli altri provinciali – ottennero la piena cittadinanza romana.
L’interesse mostrato dai romani per le città greche, deriva dall’interesse e passione per la cultura e civiltà di quel paese nutrita da larga parte della classe dirigente, la Grecia veniva vista come culla di valori che i romani avrebbero dovuto assumere e coniugare con il costume patrio (il mos maiorum).
b. Età bizantina (395-1453)
Dopo il 395 d.C. l'impero romano fu diviso e governato da due imperatori: uno nell'Occidente latino, l'altro nell'Oriente greco.
Quando nel 476 l'impero romano d'Occidente cadde, a causa delle invasioni barbariche, quello d'Oriente (detto bizantino dalla sua capitale Bisanzio) non solo resistette, ma iniziò una fase di splendore.
L'impero bizantino fu caratterizzato da una mescolanza di cultura greca e orientale, dall'assunzione del diritto romano e dall'affermazione del cristianesimo. E mentre l'Occidente, patria della romanità, si disgregava nei regni romano-barbarici e perdeva progressivamente l'esperienza della cultura politica romana e l'uso della lingua latina, l'impero bizantino e la lingua greca mantennero, salvandola, l'eredità di Roma e del mondo classico.
Quando crollò l'impero romano d'Oriente (1453), i territori che lo costituivano, Grecia compresa, caddero in mano ai turchi ottomani di Maometto II il Conquistatore. Gli abitanti della penisola ellenica, pur essendo sottomessi ad un'aspra e lunghissima dominazione, che impose loro modelli politici, culturali, religiosi, linguistici estranei alla loro tradizione, trovarono proprio nell'essere "elleni", cioè eredi della Grecia antica e dell'impero bizantino, il modo per mantenere una propria identità. Ancora una volta, come diverse altre volte in precedenza, la comunanza di lingua (il greco), di religione (la fedeltà alla Chiesa cristiana ortodossa), di valori (l'aspirazione alla libertà) fecero sentire i greci un solo popolo, anche se sottomesso ad un dominatore.
2. Struttura politico-sociale e sistema giuridico ad Atene nel
periodo classico
2.1 Struttura politico-sociale ad Atene nel V secolo a.C.
Possiamo definire la struttura politica esistente ad Atene nel V secolo a.C. come una forma di democrazia diretta.
La vita quotidiana del cittadino ateniese era dominata dalla cura per gli eventi politici. Non tutti i cittadini potevano, tuttavia, partecipare con la stessa assiduità alla vita politica; i contadini dell’Attica, ad esempio, non potevano recarsi troppo spesso in città per espletare i propri diritti politici, la vita dei campi, infatti, non consentiva, in particolare in certi periodi dell’anno, di essere trascurata. Per questi motivi, su un totale di 40.000 cittadini aventi diritto di voto, il quorum sufficiente per prendere una decisione era di soli 6000 voti.
Dopo la guerra del Peloponneso, per consentire anche ai meno abietti di partecipare alla vita politica venne istituita una indennità pecuniaria per quanti partecipavano alle sedute (misura necessaria se si pensa che queste sedute potevano essere convocate anche per quattro o più volte al mese).
La struttura politico-sociale
I cittadini ateniesi erano divisi in 10 tribù, ogni tribù possedeva dei beni ed eleggeva un magistrato per l’amministrazione dei propri beni. Ogni tribù era poi divisa in dieci “démi”.
Ogni cittadino veniva riconosciuto mediante tre nomi:
- il proprio
- il nome del padre
- il nome del démo
Ad esempio, Alcibiade, figlio di Clinios, del demo di Scombonide.
Il capo del demo aveva delle funzioni paragonabili a quelle del nostro sindaco, teneva la situazione anagrafica, la lista degli appartenenti al demo, durava in carica per un anno.
Oltre all’assemblea di tutti i cittadini (ecclesìa) convocata per le decisioni più importanti, esisteva ad Atene il consiglio (bulè), che in qualche modo anticipava il sistema rappresentativo attuale. Il consiglio (bulè), con funzione legislativa, era formato da 500 persone prese in ragione di 50 per tribù. A turno (della durata di 36 giorni) i 50 bulenti di una tribù diventavano pritani, ossia presidenti del consiglio. I pritani rappresentavano i magistrati supremi dello Stato.
Arconti e strateghi
Oltre al consiglio (bulè) e all’assemblea di tutti i cittadini (ecclesìa), esistevano nella struttura dello Stato ateniese gli arconti (nove più un segretario), erano considerati i funzionari civili più importanti. Ogni arconte aveva delle funzioni particolari, chi si occupava delle funzioni religiose, che delle questioni relative alle liti familiari, ecc. La carica di arconte veniva assegnata per estrazione a sorte (e quindi ogni cittadino poteva diventare arconte), in ragione di uno per tribù.
Se per le attività civili i funzionari più importanti erano gli arconti, per quelle militari sono gli strateghi. La carica di stratega veniva assegnata dall’assemblea ai più competenti in campo militare.
Meteci e schiavi
La possibilità per i cittadini ateniesi di dedicarsi all’attività politica è legata alla presenza in città di persone considerate non cittadini: meteci e schiavi; erano loro che che si occupavano delle diverse attività lavorative manuali.
I meteci (in greco significa “coloro che abitano con noi”) sono i non ateniesi che abitano in città, tra i meteci troviamo, oltre naturalmente ad altri greci, egiziani, fenici, arabi, ecc. I meteci erano numerosi ad Atene (circa metà del numero di cittadini, quindi circa 20.000 persone). Potevano acquistare beni mobili e possedere schiavi, ma non case e terreni. La legge attribuiva un valore diverso alla vita di un meteco rispetto a quella di un cittadino, se infatti un cittadino uccideva un altro cittadino poteva venire condannato a morte, mentre se uccideva un meteco veniva condannato all’esilio.
L’attività dei meteci era rivolta soprattutto all’artigianato a al commercio, molti di loro si occupavano di attività paragonabili alle nostre attività bancarie. Le considerevoli ricchezze che un meteco poteva accumulare gli consentivano di dare ai propri figli una eccellente istruzione.
La maggior parte degli schiavipresenti ad Atene sono prigionieri di guerra. Gli altri diventavano schiavi per le ragioni più diverse: c’era il nullatenente che piuttosto che morir di fame preferiva vendersi da sé come schiavo ad un padrone che l’avrebbe nutrito; il bambino abbandonato dal padre che non poteva, o non voleva, allevarlo e lo lasciava sulla strada consegnandolo ad un destino di schiavo, (diventava schiavo di colui che l’avesse raccolto). Oltre a ciò bisogna ricordare come presso i barbari , ma anche in diverse zone della Grecia, al padre era consentita la vendita dei figli, questi diventavano schiavi dell’acquirente.
Gli schiavi venivano usati soprattutto come operai nei laboratori artigianali e in tutti quei settori in cui fosse richiesto il lavoro manuale. Molto diffusa era anche la presenza di schiavi, quali servitori, nelle abitazioni delle famiglie benestanti.
STRUTTURA POLITICO-SOCIALE DI ATENE NEL V SECOLO A.C.
2.2 Il sistema della giustizia ad Atene nel V secolo a.C.
L’organizzazione del sistema della giustizia greco ci è noto solo per Atene in modo sufficiente.
Nell’età arcaica (VIII-VI sec. a.C.) l’esercizio della giustizia era un privilegio del re. Erano i re, infatti, ad emettere sentenze.
Nell’Atene dell’età di Pericle la situazione è profondamente cambiata, il potere che prima era del re ora è dei cittadini.
L’ostracismo
Prima di vedere come funzionava ad Atene il sistema giustizia, mi sembra molto interessante soffermarci per conoscere una istituzione (a dir il vero più di carattere politico che giudiziario) caratteristica ateniese: l’ostracismo .
L’ostracismo, istituito da Clistene, prevedeva che un cittadino ateniese venisse mandato in esilio dagli altri cittadini. La condanna per ostracismo aveva carattere preventivo, non puniva una colpa, ma cercava di evitare che quel cittadino potesse compierla.
La pratica dell’ostracismo derivava dalla volontà di evitare che un cittadino potesse arrivare ad assumere un eccessivo potere, con il conseguente rischio della tirannide.
L’ostracismo poteva essere applicato una sola volta all’anno, e veniva deciso in un assemblea (ostracoforia) di tutti i cittadini (ecclesia). Il voto era segreto, gli analfabeti erano costretti a farsi scrivere da un vicino il nome dell’uomo che volevano venisse ostracizzato.
Per essere valido l’ostracismo, si dovevano raccogliere almeno 6000 voti.
L’ostracizzato aveva tempo 10 giorni per salutare i familiari e prepararsi una sistemazione fuori dall’Attica, i beni in patria rimanevano di proprietà, non venivano confiscati. In alcuni casi vi era la possibilità della revoca del provvedimento.
Il sistema giustizia
Una differenza sostanziale tra la giustizia dei nostri giorni e quella esercitata ad Atene, deriva dal fatto che mentre oggi la giustizia può perseguire autonomamente i reati (mediante la procura della repubblica ed i pubblici ministeri), ad Atene doveva essere un cittadino a condurre in tribunale un altro cittadino, anche nei casi di atti lesivi dei beni pubblici o dell’interesse generale, il cittadino citava in giudizio in quanto appartenente alla comunità danneggiata.
Anche ad Atene nell’età classica esisteva una istituzione paragonabile alla nostra polizia. Quando un malfattore era colto in flagrante, se confessava gli veniva somministrata immediatamente la pena, altrimenti veniva condotto in tribunale.
Considerato che erano i cittadini a detenere tutti i poteri, e quindi anche quello giudiziario, tra i cittadini venivano scelti i giudici. La scelta era a sorte, nei giorni di udienza gli estratti si recavano al tribunale loro assegnato. Solitamente in ogni tribunale si trovavano 501 cittadini-giudici (si noti il numero dispari). Per svolgere questa attività i cittadini ricevevano una indennità (tipo un gettone di presenza).
L’udienza in tribunale doveva seguire la seguente prassi:
- all’inizio il cancelliere leggeva l’atto d’accusa, e quindi la risposta scritta della difesa
- il presidente della giuria dava la parola all’accusa e alla difesa in base alle richieste (se l’imputato voleva parlare era libero di farlo)
- i dibattiti dovevano essere conclusi in giornata
le votazioni avvenivano mediante deposizione di un sassolino all’interno di una delle due urne destinate a raccogliere le preferenze per l’assoluzione e per la condanna.
Una volta che l’imputato veniva giudicato colpevole, la pena da infliggere poteva essere già fissata per legge o decisa con una ulteriore votazione (anche l’imputato aveva diritto ad esprimere la sua opinione in merito alla pena che gli si doveva infliggere).
Nel caso di assoluzione con più di 4/5 dei voti favorevoli, l’accusatore era condannato a pagare una multa, con il rischio di perdere anche i diritti civili.
La prigione come forma di pena non veniva assegnata ai cittadini, ma solo ai meteci e agli schiavi, così come le punizioni corporali. I cittadini potevano venire condannati al pagamento di multe, all’esilio, alla perdita dei diritti civili (atimia), e, nei casi estremi, alla morte.
Il sistema giudiziario ateniese ci sembra, nel complesso, essere piuttosto carente, soprattutto se confrontato con la grandezza raggiunta in campi quali le lettere, le arti,la filosofia. In particolare ci sembra carente perché manca di un codice giudiziario scritto, e per l’eccessivo peso dato lasciato al giudizio dei giurati i quali, spesso, trascinati dalle passioni non esprimevano un giudizio equilibrato (si pensi alla condanna di Socrate). Certo non ebbero quella capacità giuridica che ebbero i romani, ai quali tanto dobbiamo in questo campo.
3. Scene di vita quotidiana ad Atene nell’età classica
3.1 Le donne e la famiglia
Dal punto di vista dei diritti politici e civili le donne ad Atene nel V secolo a.C. erano come gli schiavi, ossia non possedevano nessun diritto.
Il ruolo della donna nella società ateniese è limitato all’ambito domestico, in casa può governare con autorità padrona dei suoi schiavi.
La condizione di dipendenza vissuta dalla donna ateniese iniziava fin da quando era fanciulla. La giovane non poteva uscire dall’appartamento riservato alle donne (il gineceo), poteva recarsi nel cortile della propria abitazione solo raramente dovendo rimanere lontana anche dagli sguardi dei maschi della propria famiglia. Uniche occasioni di uscita da casa per le ragazze sono alcune feste religiose in cui partecipano alla processione (naturalmente sempre rigorosamente separate dai maschi).
Per una ragazza tutto ciò che era necessario imparare: ossia fare i lavori domestici, cucinare, filare e tessere, imparare qualche elemento di lettura e musica; poteva apprenderlo dalla madre e dalle serve della famiglia.
E’ il padre della ragazza, e in sua mancanza il tutore, a scegliere il marito per la giovane.
La ragione principale che spingeva l’ateniese a prendere moglie era di carattere religioso, ci si sposava per avere figli maschi che perpetuassero la razza e che assicurassero la continuità del culto degli antenati (indispensabile per la felicità del defunto); pochi erano i matrimoni d’amore visto che i due coniugi spesso non si conoscevano nemmeno prima del matrimonio.
L’età consigliata per il matrimonio era di 16-18 anni per le ragazze e 30-35 per i maschi. Ogni ragazza portava con se nel matrimonio la dote concessa dal padre.
Pur non essendo il caso di descrivere nei particolari tutta la cerimonia del matrimonio, possiamo ricordare che i festeggiamenti duravano tre giorni, il giorno delle nozze la futura sposa rimaneva velata durante il cerimoniale e i festeggiamenti.
Una volta sposate le donne potevano uscire di casa molto raramente, magari per fare degli acquisti personali, accompagnate da una schiava.
Le donne appartenenti alle classi sociali più povere godevano di un maggiore libertà, sia per le ridotte dimensioni delle abitazioni, sia perché spesso erano costrette a lavorare fuori casa per il sostentamento della famiglia.
Da ricordare come anche ad Atene fosse diffusa l’usanza di porre sopra la porta di casa un simbolo per indicare la nascita di un figlio; si metteva un ramoscello d’ulivo per i maschi, e un filo di lana per le femmine.
3.2 L’educazione dei ragazzi e dei giovani
E’ necessario innanzitutto sottolineare la profonda distinzione che esiste tra l’educazione dei giovani spartani e quella dei giovani ateniesi.
I bambini spartani già dall’età di 7 anni compiuti vengono in qualche modo assunti dallo Stato, a questo sarebbero appartenuti fino alla morte; dai 7 anni tutti i ragazzi vengono inquadrati in formazioni tipo “paramilitari” quali quelle esistenti in Italia al tempo del fascismo o nella Germania di Hitler. L’educazione dei ragazzi spartani era basata principalmente sulle attività ginniche e sul combattimento.
Completamente diversa è l’educazione impartita ai ragazzi ateniesi. Il padre, rispetto allo Stato, aveva una quasi completa libertà nel scegliere come educare il proprio figlio; poteva provvedervi egli stesso o affidare ad altri l’educazione. A 18 anni il ragazzo, considerato orami adulto, doveva iniziare ad imparare le armi.
Probabilmente ad Atene non esisteva una legge che obbligasse i genitori nel mandare a scuola i propri figli, anche se il costume era talmente diffuso che pochi avrebbero avuto il coraggio di non adeguarsi a tale usanza.
L’educazione era basata sull’insegnamento di tre materie:
- lettere
- musica
- ginnastica
Non esistevano degli edifici pubblici per l’insegnamento, il maestro era costretto ad ospitare a casa sua gli studenti.
Gli studenti greci non avevano il giorno di riposo settimanale (l’usanza di considerare un giorno della settimana come festivo è di origine ebraica), durante l’anno vi erano però diversi giorni di festa.
Essendo i genitori a pagare le spese per gli studi di figli, ne conseguiva che i bambini figli di genitori agiati potevano continuare i loro studi fino alla giovinezza, mentre i figli dei più poveri si limitavano ad apprendere i primi rudimenti della lettura.
Le tre materie oggetto d’insegnamento (lettere, musica, ginnastica) venivano proposte allo studente in base all’età. Si iniziava con la grammatica (lettere), quindi la musica, e solo dai 14 anni la ginnastica, in forma intensiva.
Per scrivere si usavano delle tavolette di cera, che venivano appoggiate sulle ginocchia; sulle tavolette si incideva con uno stilo arrotondato da una parte per le cancellature. Oltre alle tavolette di cera si usavano per scrivere anche foglie di papiro sulle quali si veniva utilizzato dell’inchiostro.
Nello studio della musica i due strumenti preferiti erano la cetra e l’oboe (o meglio uno strumento molto simile al nostro oboe).
L’attività ginnica iniziava per i ragazzi verso i 12 anni e si svolgeva in un luogo particolare: la “palestra ”, veniva fatta a corpo nudo (lo stesso termine “ginnastica” deriva da “nudo” ), c’era l’abitudine di ungersi tutto il corpo con olio e quindi spargersi la sabbia addosso, anche per difendersi dalle intemperie. Gli esercizi erano accompagnati dal suono dell’oboe.
Tra gli sport eseguiti la lotta era quello più praticato (la “palestra” prende il nome da “pale” che significa “lotta” in greco); oltre alla lotta abbiamo la corsa, il salto in lungo, il lancio del disco e del giavellotto, il pugilato (con le mani fasciate da bende di cuoio), i ragazzi delle famiglie benestanti praticavano anche l’equitazione.
Nel V secolo a.C. apparve per la prima volta ad Atene, grazie all’opera dei sofisti, una forma di insegnamento che andava al di là di quella elementare (pur essendo limitata ad alcune materie, quali la retorica). Una vera e propria scuola di insegnamento superiore si ha solo con i pitagorici; nelle scuole dei pitagorici si studiava matematica e filosofia, soprattutto.
3.3 Lavoro e mestieri
Per i greci il genere di vita migliore è quello del contadino, proprietario di un terreno sufficiente a dargli il necessario per vivere. Lavorare come dipendente e quindi ricevere un salario, significava essere a legati a qualcun altro e quindi non essere più liberi.
I lavori manuali retribuiti e il commercio al minuto erano considerati non adatti ai cittadini, e quindi lasciati agli schiavi e ai meteci.
Ma quali erano le principali attività lavorative a cui si dedicavano i greci ?
a. Agricoltura
L’attività agricola era diffusa in tutta l’Attica, si coltivavano soprattutto vigneti e olivi, ma anche legumi e cereali. Durante il governo di Pericle (460-430 a.C.) molti contadini abbandonarono i terreni per concentrarsi nel territorio fortificato di Atene e del Pireo, ciò avvenne in concomitanza con le guerre del Peloponneso e rispondeva ad una strategia militare mirante sia a lasciar libere le campagne per le incursioni degli avversari, sia ad utilizzare i contadini come rematori per compiere gli attacchi via mare lungo le coste del Peloponneso. Una tale strategia danneggiò gravemente la produzione agricola e la ricchezza del paese; anche in considerazione del fatto che colture quali l’olivo e il vigneto richiedono tempi lunghi per dare produzioni soddisfacenti.
Collegato al tema agricolo vi sono alcune curiosità che vale la pena di ricortare:
- in Grecia gli alberi da frutto più diffusi ed apprezzati erano i fichi
- non si conosceva l’uso dello zucchero, per dolcificare gli alimenti si usava il miele
- la quantità di cereali (grano ed orzo) prodotta era insufficiente, l’Attica doveva importarne dalla Sicilia, dalla Tracia e dall’Egitto.
b. Artigianato
Ad Atene nel secolo di Pericle (V secolo a.C.) crebbe notevolmente l’attività artigianale. Spesso tale attività si svolgeva in ambito domestico, ma esistevano anche delle officine dove lavoravano fino a 100 operai.
Tra le attività artigianali più diffuse troviamo il ceramista , ad Atene esisteva un intero quartiere nel quale si concentrava l’attività di lavorazione della ceramica, il “quartiere del ceramico”.
Piuttosto diffusa era anche l’attività di falegname, di lavoratore della pietra, di conciatore (per il cuoio) e di calzolaio.
Filatura e tessitura erano praticate a domicilio dalle donne.
c. Commercio
Piuttosto diffusa era l’attività di vendita al minuto e di commercio. Grazie al controllo militare sul Mediterraneo (talassocrazia) le navi commerciali greche potevano tranquillamente navigare e commerciare per tutto il Mediterraneo. Il commercio fu una fonte notevole di ricchezza per molti cittadini ateniesi, probabilmente la maggior fonte di ricchezza.
I commerci erano facilitati dalla esistenza di colonie greche, legate alla madre patria, in molti paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Si pensi alle colonie presenti in Francia, Spagna, Italia, Asia Minore, ecc.
3.4 Cura dell’aspetto fisico
a. Acconciatura e trucco
Le donne nell’età classica svilupparono delle acconciature piuttosto complicate, i cappelli increspati venivano raccolti in alto o all’indietro. Era pratica diffusa tingere i capelli (in particolare per renderli biondi) e si usavano parrucche. Le donne usavano depilarsi e truccarsi con creme e rossetti, non solo, alcune donne usavano anche evidenziare sopracciglia e occhi con matite nere. Abbastanza diffuso era l’uso del reggiseno.
b. Abbigliamento
I greci conoscevano solo l’esistenza della seta e del cotone, i tessuti da loro usati erano il lino e la lana.
I vestiti non erano come i nostri aderenti al corpo, erano dei semplici rettangoli di stoffa che avvolgevano il corpo, trattenuti da cintura, fibbia o qualche punto di cucitura.
Quando si andava dormire si teneva la tunica indossata durante il giorno, togliendosi solo la cintura.
Sopra la tunica si usava un ampio mantello che poteva coprire tutto il corpo e che consentiva di ripararsi dal freddo.
c. Gioielli e monili
In età classica l’uso di portare gioielli era prettamente femminile, le donne portavano collane, braccialetti, orecchini. Era già diffuso l’uso di bucarsi il lobo dell’orecchio per appendervi gioielli.
Faceva parte del corredo delle donne ateniesi anche il ventaglio (rigido, non come i nostri che si piegano) e l’ombrello (molto simile a quello dei giorni nostri).
3.5 Alimentazione
L’alimento base nei pasti degli ateniesi era la “maza” (farina d’orzo impastata a formare gallette) e per i più ricchi il pane di frumento.
Le verdure erano rare e piuttosto care in città, quelle meno care erano le fave e le lenticchie.
L’uso della carne era assai limitato, mentre quello del pesce era piuttosto diffuso.
I cibi venivano presi con le mani non esistendo la forchetta, per i cibi liquidi o tipo purea si usava il cucchiaio.
Ellade è il nome con cui nell’antichità veniva nominato il territorio coincidente con l’attuale Grecia.
Omero con Achei intendeva tutti gli abitanti della Grecia, e in effetti in età omerica il dominio degli achei si estendeva sulla Tessaglia meridionale e sulla maggior parte del Peloponneso.
Il termine “greci”, usato in seguito per definire le popolazioni elleniche, deriva da “Graecia”, nome latino della tribù con cui probabilmente i romani vennero inizialmente in contatto
Come si ricorderà la “prima” colonizzazione era legata all’invasione della popolazione dei Dori nel XII secolo a.C.
In questa seconda colonizzazione si ha l’insediamento di coloni greci, per motivi di scambio commerciale, anche ad Adria (Rovigo), verso il VI secolo a.C..
Questa battaglia si ricorda ancora oggi con la competizione olimpica della “maratona” la lunghezza del percorso della maratona è, infatti, esattamente la distanza che separa Maratona da Atene, tale distanza fu percorsa correndo a piedi dal messaggero che annunciò ad Atene la vittoria, dopo l’annuncio il messaggero morì per la stanchezza.
Ellenismo deriva dal greco e significa “imitazione dei modi greci”, con età ellenistica possiamo perciò intendere l’età in cui il mondo greco divenne modello per altre civiltà del Mediterraneo.
Barbari sono per i greci tutti gli stranieri, il nome “barbaro” fa riferimento alla incapacità degli stranieri di parlare il greco, vengono perciò considerati come “balbettanti” non in grado di farsi capire.
Il termine ostracismo deriva dalla pratica di scrivere su un coccio di ceramica (ostraca) il nome di colui che doveva essere esiliato.
Rispetto ad Atene, le ragazze di Sparta godono di maggiore libertà, possono dedicarsi agli esercizi fisici assieme ai maschi, ad esempio.
Il velo serviva per proteggerla dalle influenze malefiche che potevano colpirla in questo particolare momento di passaggio.
Fonte: http://edadamo.files.wordpress.com/2010/11/prima-compendio-storia-greca1.doc
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