Leonardo da Vinci vita opere biografia
Leonardo da Vinci vita opere biografia
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Leonardo da Vinci
Il genio e le opere
La vita
Italia, bell'Italia: terra di santi e navigatori, poeti e grandi artisti...
Tra Empoli e Pistoia, sabato 15 Aprile 1452, nel borgo di Vinci nasce Leonardo di Ser Piero d'Antonio.
Il padre, notaio, l'ebbe da Caterina, una donna di Anchiano che sposerà poi un contadino.
Nonostante fosse figlio illegittimo il piccolo Leonardo viene accolto nella casa paterna dove verrà allevato ed educato con affetto. A sedici anni il nonno Antonio muore e tutta la famiglia, dopo poco, si trasferisce a Firenze. Fu la sua e la nostra fortuna, perché senza quel trasloco oggi forse nessuno lo conoscerebbe.
La precocità artistica e l'acuta intelligenza del giovane Leonardo spingono il padre a mandarlo nella bottega di Andrea Verrocchio: pittore e scultore orafo acclamato e ricercato maestro, il migliore che Firenze avesse a quel tempo. L'attività esercitata da Leonardo presso il maestro Verrocchio è ancora da definire, di certo c'è solo che la personalità artistica di Leonardo comincia a svilupparsi qui.
All'età di 20 anni, nel 1472, Leonardo risulta iscritto come maestro nella Compagnia dei Pittori, segno quindi che l'apprendistato dal Verrocchio è terminato, pur non abbandonando la sua bottega.
Leonardo possiede una curiosità senza pari, tutte le discipline artistiche lo attraggono, è un acuto osservatore dei fenomeni naturali e grandiosa è la capacità di integrarle con le sue cognizioni scientifiche.
Nel 1480 fa parte dell'accademia del Giardino di S. Marco sotto il patrocinio di Lorenzo il Magnifico. E' il primo approccio di Leonardo con la scultura. Sempre un quell'anno riceve l'incarico di dipingere l'Adorazione dei Magi per la chiesa di S. Giovanni Scopeto appena fuori Firenze. Oggi quest'opera si trova agli Uffizi di Firenze. Ma nell'ambiente fiorentino probabilmente comincia a sentirsi un po' stretto.
Forse la non inclusione fra i quattro maestri che dipingeranno le pareti della Cappella Sistina lo spingono a partire. O forse è solo il suo irrefrenabile desiderio e bisogno di scoperte, quell'ineluttabile inquietudine a percorrere nuovi orizzonti creativi, madre di tutti i geni.
Nel 1482 parte e si presenta al Duca di Milano Lodovico Sforza, in una lettera il suo curriculum vitae che descrive le sue attitudini di ingegnere civile e costruttore di macchine belliche nonché le capacità operative.
L'accoglienza fu buona e abiterà in Porta Ticinese con i pittori fratelli De Predis.
Nel 1483, dipinge la Vergine delle Rocce nelle due versioni di Parigi e di Londra, nella chiesa di San Francesco Grande. E' sempre di questi anni l'esercitazione per il monumento equestre in bronzo a Francesco Sforza.
Nel 1489-90 prepara le decorazioni del Castello Sforzesco di Milano per le nozze di Gian Galeazzo Sforza con Isabella d'Aragona.
Nel 1494 come ingegnere idraulico si occupa della bonifica della tenuta sforzesca nella bassa lombarda.
Nel 1495 inizia il famoso affresco del Cenacolo nella chiesa Santa Maria delle Grazie. Questo lavoro diventa praticamente l'oggetto esclusivo dei suoi studi. Verrà terminata nel 1498. L'anno successivo Leonardo fugge da Milano perché invasa dalle truppe del re di Francia Luigi XII e ripara a Mantova e Venezia.
Nel 1503 è a Firenze per affrescare , insieme a Michelangelo, il Salone del Consiglio grande nel Palazzo della Signoria. A Leonardo viene affidata la rappresentazione della Battaglia di Anghiari. Tormentato dall'ansia di trovare nuove tecniche artistiche non porta a termine neanche quest'opera. In quest'anno dipingerà incompiuta anche la Gioconda, orgoglio dell'attuale Musée du Louvre a Parigi.
Nel 1506 rientra a Milano, poi i suoi viaggi per l'Italia si fanno sempre più frequenti pur mantenendo Roma come punto di ritorno.
Nel 1513 il re di Francia Francesco I lo invita ad Amboise. Leonardo si occuperà di progetti per i festeggiamenti e proseguirà con i suoi progetti idrologici per alcuni fiumi di Francia.
Il 23 Aprile 1519 redige il suo testamento citando in esso tutte le persone che erano state vicine.
Il 2 Maggio 1519 Leonardo lascia le sue spoglie mortali e viene sepolto nella chiesa di S. Fiorentino ad Amboise. E dei resti non vi è più traccia a causa delle profanazioni delle tombe avvenute nelle guerre di religione del XVI secolo.
STUDI E PROGETTI
Leonardo comprese l'importanza della sperimentazione scientifica meglio di ogni altro scienziato del suo secolo. Le sue teorie scientifiche, così come le sue innovazioni artistiche, erano basate su un'attenta osservazione e una precisa documentazione.
Purtroppo, come accadde spesso per i progetti artistici, molti suoi trattati scientifici non furono mai portati a termine. I suoi manoscritti constano di cinquemila pagine di appunti, molti dei quali sono leggibili soltanto allo specchio poiché furono scritti alla rovescia, da destra verso sinistra.
Anticipando numerose scoperte dell'era moderna, Leonardo studiò, nel campo dell'anatomia, la circolazione sanguigna e il movimento degli occhi, fece scoperte sia di meteorologia sia di geologia, studiò l'effetto della luna sulle maree, presagì alcune concezioni moderne riguardo alla formazione dei continenti e approfondì lo studio delle origini dei fossili.
Fu anche uno degli iniziatori della scienza dell'idraulica e il primo a considerare la botanica una scienza autonoma. Progettò un efficace sistema di canalizzazione dei fiumi e inventò molte macchine ingegnose, tra le quali lo scafandro.
Fino all'ultimo studiò e analizzò il volo degli uccelli, e le sue scoperte sul volo comprendono princìpi tuttora validi di aerodinamica.
Maestro in tutte le arti, ricercatore in molti campi della scienza, Leonardo è sicuramente degno dell'appellativo di Homo Universalis, Uomo Universale.
Gli studi di Leonardo affrontano ogni campo dello scibile, dalla scienza alla pittura, all’urbanistica, all’ingegneria, riscontrando in ognuno grande successo : in quello scientifico la sua opera richiama il metodo galileiano, in quello artistico la rivoluzione caravaggesca..
Leonardo interroga tutto: "Io domando", scrive spesso nei suoi quaderni.
Ma questa sua grande curiosità è accompagnata da un altrettanto grande desiderio di concretizzare le sue conoscenze: scienza e pratica sono quindi indissolubili: "Quelli che si innamorano della pratica senza la scienza sono come il nocchiero che monta sulla nave senza il timone o la bussola, e non ha mai la certezza di dove va". Da questo punto di vista si possono analizzare i vari schizzi e progetti di Leonardo.
Importanti furono gli studi di Leonardo riguardo all’urbanistica: durante il periodo della peste a Milano, elaborò un progetto di città ideale, che teneva conto dei problemi e delle esigenze cittadine.
Per primo infatti capì la necessità di decentrare la popolazione, che si ritrovava ammassata entro le mura, costretta in lugubri vicoli e abitazioni: nel suo disegno il popolo risiedeva in campagna, mentre ai nobili era riservata la città.
Questa aveva una pianta a scacchiera, senza mura, nella quale compariva una rete di canali per lo smaltimento dei rifiuti.
C’erano inoltre sopraelevate per il passeggio dei pedoni e scale a chiocciola che collegavano i vari piani.
Oltre all’elaborazione teorica, Leonardo si applicò in Francia nella bonifica di paludi ed acquitrini.
Lo spirito ingegneristico di Leonardo si applicò anche nella creazione di nuove tecnologie: profondamente affascinato dal volo, passò interi anni a costruire macchine per volare che, dapprima simili ad uccelli, diventano pian piano vere e proprie antenate dei nostri aeroplani.
Abbandonata infatti l’idea di azionare queste macchine con la sola forza muscolare, inserì congegni meccanici, dando vita a due diversi progetti: uno in cui l’uomo stava disteso, l’altro in cui era in piedi.
LEONARDO ARCHITETTO E URBANISTA
Nel periodo milanese ebbe modo di indagare su problemi di architettura, ingegneria militare e civile, meccanica dei fluidi acustica, balistica, ottica e statica.
Dopo il 1500 dedicherà la sua attenzione allo studio delle acque, trascurando la produzione di modelli meccanici.
Affiancò all'analisi del corpo umano lo studio di altre entità naturali: monti, valli e terremoti.
Uomo di scienza perfeziona progetti ingegneristici coevi, come quelli di Francesco di Giorgio o del Brunelleschi, forte dell'aiuto del Pacioli e della conoscenza di testi classici e contemporanei a cui può accedere durante il soggiorno milanese.
L'obbiettivo delle sue macchine filatrici, dei suoi torcitoi, binatoi, telai meccanici, affilatoi di lime e aghi è quello di unire le forze dell'uomo a quelle della natura.
In base a questa prospettiva, dove la tecnica non si disgiunge mai dalla bellezza e dall'utilità, non si sottrae neanche l'architettura che è compimento delle opere di natura.
INGEGNERE MILITARE
L'attività di Leonardo architetto e ingegnere bellico segna ne il percorso biografico.
Le sue competenze sulle macchine da guerra, cannoni, carri d'assalto e le molteplici procedure d'assedio, risultano nuovamente attuali quando si trova a Venezia come consulente militare della Repubblica.
Come architetto militare è aggiornato sulle proposte del Brunelleschi, del Taccola, di Francesco di Giorgio e del Valturio.
Con la creazione di armi da fuoco riesce a perfezionare armi terrestri e navali, grazie alle sue competenze fisiche riesce ad aumentare il volume del fuoco e la velocità di caricamento e sparo, di creare nuovi proiettili ogivali, granate scoppianti, falariche, cannoni e spingarde
STUDI DI ANATOMIA
Essendo un appassionato indagatore di nuovi strumenti di rappresentazione, Leonardo non si accontentò di apprendere le leggi dell'anatomia dalla scultura antica o da fonti di seconda mano, e anche in questo caso ribadisce il primato dell'esperienza.
Praticò la dissezione dei cadaveri, umani e animali, ebbe modo di accedere negli ospedali di Santa Maria Nuova a Firenze e Santo Spirito in Sassia a Roma.
Gli studi anatomici vinciani sono sia topografici che fisiologici; le indagini vengono condotte in situazioni normali e patologiche sull'apparato muscolare, circolatorio, genito-urinale, sui nervi , sulle cartilagini, sugli strati della pelle e sullo scheletro. Gli organi cavi vengono studiati mediante l'iniezione di masse solidificabili.
Degli studi di anatomia leonardeschi farà tesoro il fiammingo Andrea Vesalio, studioso di anatomia a Padova e autore del "De humani corporis fabrica", primo trattato di anatomia moderna.
STUDI SUL VOLO E SUL COSMO
Gli studi sul volo adattato all'uomo sono ricchissimi di osservazioni scientifiche. Il limite e il fascino delle sue indagini sta nell'analogia che cerca sempre di stabilire tra l'uomo e gli esseri naturali: insetti e uccelli.
Anni di studi infruttuosi lo videro impegnato alla sperimentazione di una macchina per il volo, ma il tentativo di spostare e sostenere il corpo umano nell'aria fallisce in quanto, non conoscendo il motore a scoppio, non fu in grado di creare organi di propulsione adeguati a quelli di sostentazione.
Nonostante ciò il suo contributo è eccezionale, conoscendo la resistenza opposta dall'aria al moto dei corpi, riesce a progettare il precedente dell'aliante, del paracadute e del moderno elicottero.
Grazie a questi studi sono state condotte le indagini del Codice Leicester, in seguito oggetto delle analisi di Galileo.
LA PITTURA
“La pittura è di maggior discorso mentale e di maggiore artificio e meraviglia che la scultura, conciossiaché necessità costringe la mente del pittore a trasmutarsi nella propria mente di natura, e a farsi interprete infra essa natura e l’arte, commentando con quella le cause delle sue dimostrazioni costrette dalla sua legge, ed in che modo le similitudini degli obietti circostanti all’occhio concorrano co’ veri simulacri alla pupilla dell’occhio, e infra gli obietti eguali in grandezza quali si dimostrerà maggiore ad esso occhio, e infra i colori eguali qual si dimostrerà più o meno oscuro, o più o men chiaro; e infra le cose di eguale bassezza, quale si dimostrerà più o men bassa; e di quelle che sono poste in altezza eguale, quale si dimostrerà più o meno alta; e degli obietti eguali posti in varie distanze, perché si dimostreranno men noti l’un che l’altro.
E tale arte abbraccia e restringe in sé tutte le cose visibili, il che far non può la povertà della scultura, cioè i colori di tutte le cose e loro diminuzioni.
Questa figura le cose trasparenti, e lo scultore ti mostrerà le naturali senza suo artifizio; il pittore ti mostrerà varie distanze con variamento del colore dell’aria interposta fra gli obietti e l’occhio; egli le nebbie, per le quali con difficoltà penetrano le specie degli obietti; egli le pioggie, che mostrano dopo sé i nuvoli con monti e valli; egli la polvere che mostrano in sé e dopo sé i combattenti di essi motori; egli i fumi più o men densi; questo ti mostrerà i pesci scherzanti infra la superficie delle acque e il fondo loro; egli le pulite ghiaie con varî colori posarsi sopra le lavate arene del fondo de’ fiumi circondati delle verdeggianti erbe dentro alla superficie dell’acqua; egli le stelle in diverse altezze sopra di noi, e così altri innumerabili effetti, ai quali la scultura non aggiunge.
Dice lo scultore che il basso rilievo è di specie di pittura; questo in parte si accetterebbe in quanto al disegno, perché partecipa di prospettiva; ma in quanto alle ombre e lumi, è falso in scultura e in pittura, perché le ombre di esso basso rilievo non sono della natura del tutto rilievo, come sono le ombre degli scorti, che non ha l’oscurità della pittura o scultura tonda; ma questa arte è una mistione di pittura e scultura.
Manca la scultura della bellezza de’ colori, manca della prospettiva de’ colori, manca della prospettiva e confusione de’ termini delle cose remote all’occhio; imperocché così farà cogniti i termini delle cose propinque come delle remote; non farà l’aria interposta infra l’obietto remoto e l’occhio occupare più esso obietto che l’obietto vicino; non farà i corpi lucidi e trasparenti come le figure velate che mostrano la nuda carne sotto i veli a quella anteposti; non farà la minuta ghiaia di varî colori sotto la superficie delle trasparenti acque.
La pittura è di maggior discorso mentale che la scultura, e di maggior artificio; con ciò si ha che la scultura non è altro che quel ch’ella pare, cioè nell’essere corpo rilevato, e circondato di aria, e vestito da superficie oscura e chiara, come sono gli altri corpi naturali.”
Fonte: http://ipertestiscuola.altervista.org/storia/personaggi/leonardo.zip
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Leonardo da Vinci fu figlio naturale di Caterina e di ser Piero di Antonio; nasce in Toscana a Vinci un piccolo villaggio vicino a Firenze, il 15 aprile del 1452.
Nel 1462 il piccolo Leonardo è a Firenze con il padre Piero che avrebbe mostrato all'amico Andrea del Verrocchio alcuni disegni di tale fattura che avrebbero convinto il maestro a prendere Leonardo nella sua bottega già frequentata da futuri artisti del valore di Botticelli, Ghirlandaio, Perugino e Lorenzo di Credi; in realtà l'ingresso di Leonardo nella bottega del Verrocchio è posteriore.
Nel 1469 o 1470 Leonardo è apprendista nella bottega di Verrocchio.
Durante la sua vita dipinse famosi capolavori fra i quali:
- L’adorazione dei magi
- La vergine delle rocce
- L’ ultima cena
- La Gioconda
- L’ autoritratto
- La dama dell’ermellino
Fra la primavera e l'estate del 1482 Leonardo è a Milano, una delle poche città in Europa a superare 100 mila abitanti, al centro di una regione popolosa e produttiva. La scelta ricade su Milano perché si rende conto che le potenti signorie hanno sempre più bisogno di nuove armi per le guerre interne, e ritiene i suoi progetti in materia degni di nota da parte del ducato di Milano, già alleato coi Medici.
Affascinato dal mondo della tecnica e della scienza raggiunse anche in questi campi grande fama e notorietà . Compì fondamentali ricerche di meccanica , anatomia ottica chimica geologia e astronomia.
Leonardo fu propriamente e soprattutto un inventore. Gli storici enumerano infatti centinaia di invenzioni leonardesche:
- le catene di acciaio a nuclei e cilindri per la trasmissione del moto,
- varie specie di ingranaggi
- macchine utensili
- un banco per le esperienze di ottica
- numerose macchine tessili
- strumenti di guerra
- svariati e ingegnosi strumenti musicali.
La più superba aspirazione di Leonardo fu senza dubbio il volo umano.
Egli studiò e scrisse con inverosimile precisione il volo degli uccelli, la resistenza dell’aria e l’importanza dinamica del centro di gravità.
Nel 1490 costruì la prima macchina fornita di ali di pipistrello destinata a consentire il volo dell’uomo.
Questi studi condussero Leonardo a occuparsi di problemi di geometria e meccanica, a studiare le forze a scoprire le leggi d’equilibrio di un corpo appoggiato, a intuire i principi della dinamica.
Nel 1516 si trasferì in Francia presso la corte di Francesco I, dove continuò a dedicarsi ai suoi studi e dove, tra l’ altro, dipinse uno dei suoi massimi capolavori, la Gioconda , oggi uno dei suoi dipinti più famosi conservati al Louvre.
Morì in Francia nel 1519 a 67 anni.
Ultima Cena
L’opera più celebre di Leonardo, insieme con la Gioconda, venne dipinta tra il 1495 e il 1498 nel refettorio del convento di S.Maria delle Grazie, a Milano. Leonardo, che non si trovava a proprio agio con la tecnica dell’affresco, che impone di dipingere rapidamente e soprattutto impedisce di ritoccare più volte i particolari, tentò una soluzione innovativa, dipingendo a tempera con un impasto particolare da lui inventato. Il risultato fu un capolavoro, con sfumature impossibili in un normale affresco, ma molto fragile. Il dipinto cominciò infatti a deteriorarsi già pochi anni dopo la realizzazione, e venne più volte restaurato. L’ultimo restauro, durato più di vent’anni, è stato appena concluso, e oggi l’opera è visibile solo su prenotazione a piccoli gruppi.
L’opera di Leonardo ebbe un successo immediato, soprattutto per la forza drammatica della scena e la caratterizzazione dei personaggi. Leonardo infatti sceglie un tema molto diffuso, quello dell’Ultima Cena, ma invece di rappresentare il classico momento dell’Eucaristia coglie il momento dell’annuncio “uno di voi mi tradirà”. In questo modo può rappresentare la psicologia degli Apostoli attraverso la reazione all’annuncio: chi è sdegnato, chi è addolorato, chi è incredulo.
Gli apostoli sono divisi a gruppi di tre (numero divino), e i loro corpi si muovono come seguendo un ritmo ondulatorio e delle linee di energia che sembrano nascere dalla figura di Cristo, che è il centro prospettico e ideale della composizione.
Leonardo dipinge la luce come se provenisse dalla reale finestra del refettorio in cui si trova l’Ultima Cena, in una suggestiva continuità tra realtà e arte; inoltre le vivande sulla tavola rappresentano una delle più notevoli “nature morte” del Rinascimento.
La Gioconda
La Gioconda è forse il quadro più celebre di tutti i tempi, e certamente è il più famoso del Rinascimento. Il quadro è molto probabilmente posteriore al 1510. Assieme all’epoca di realizzazione resta un mistero anche l’effettiva identità della donna ritratta; l’ipotesi più classica, da cui l’opera ha preso il nome, è quella del Vasari, che indicava in Monna Lisa del Giocondo la misteriosa dama. Oggi però si tende a respingere questa ipotesi, senza peraltro opporre una identificazione alternativa sicura. Certa però è la bellezza del quadro, accentuata dalla delicatezza delle sfumature di colore e dal profondo rapporto tra la figura in primo piano e il paesaggio sullo sfondo. Un rapporto questo, tra uomo e natura, che ha costituito forse la cifra più importante dell’opera di Leonardo in tutti i campi, anche in quelli tecnico-scientifici.
Autoritratto
Il disegno conservato nella Biblioteca Reale di Torino è universalmente noto come l’autoritratto di Leonardo, e più di ogni altro ha influenzato l’immaginario comune su di lui: il vecchio genio con la folta barba bianca. In realtà i critici sono discordi sulla datazione del disegno e sul soggetto. La grande maggioranza dei critici è però propensa a ritenerlo effettivamente l’autoritratto di Loenardo, forse leggermente idealizzato rispetto alla realtà. Permangono invece forti dubbi sulla datazione; la data finora accettata, 1512, è infatti contestata da alcuni che vorrebbero spostarlo ad anni successivi, dopo il 1515 o addirittura il 1517.
Dama dell’Ermellino (Ritratto di Cecilia Gallerani)
Cecilia Gallerani era l’amante di Ludovico il Moro; Leonardo la ritrasse tra il 1488 e il 1490. L’Ermellino è simbolo di candore e di purezza; inoltre allude al cognome della stessa Cecilia Gallerani (in greco l’ermellino si chiama galè) e a Ludovico il Moro stesso, di cui l’ermellino era uno dei simboli.
Leonardo studia attentamente la luce, che cade sul viso e sulla spalla della dama, e la figura, dal viso voltato a guardare fuori campo. Il costume della donna è spagnolo, secondo la moda allora in voga.
Attualmente il dipinto si trova nel Museo Czartoryski di Cracovia, in Polonia.
Leonardo non è uno scienziato, ma è un precursore degli attuali scienziati. Non è uno scienziato perché non utilizza il metodo scientifico, basato sulla verifica sperimentale delle ipotesi. Però è in qualche modo un precursore, perché si sforza di unire la teoria alla pratica. Al tempo di Leonardo, infatti, due erano gli atteggiamenti prevalenti:
- gli scienziati erano puramente teorici, si rifacevano ad Aristotele e disprezzavano la pratica
- artisti e ingegneri si basavano sulla sola pratica basata sull'esperienza.
Leonardo, invece, tentò di basarsi sull'osservazione e sull'esperienza per comprendere le leggi fondamentali che regolano il cosmo.
Leonardo può essere considerato il fondatore dell’anatomia.
In diversi periodi studiò la struttura di molti organi del corpo umano.
Iniziò dal cranio perché lo considerava il punto d’incontro di tutti i sensi e la sede dell’anima; poi passò allo scheletro e alle ossa perché considerati elementi portanti della macchina umana; poi studiò lo stomaco e l’intestino e infine i polmoni, i reni e i genitali di entrambi i sessi.
L'interesse di Leonardo per il mondo vegetale è legato alla sua attività di pittore: studiò la natura per poterla dipingere in modo fedele. Le sue osservazioni furono talmente accurate da assumere valore scientifico.
I disegni leonardeschi sono la testimonianza di un periodo straordinario quale fu il Rinascimento italiano, ricco di cultura e grandi progetti.
Con i suoi disegni di straordinaria chiarezza ed efficacia Leonardo ci da' un'immagine di se stesso, dell'uomo che, formatosi in una delle città più vive e stimolanti del suo tempo quale era Firenze, iniziò a percorrere una strada autonoma di ricerca ed elaborazione di idee e di progetti che toccavano molti settori, dall'idraulica alla meccanica, dal volo all'anatomia, all'ottica.
Esaminiamo alcune delle sue invenzioni più importanti e curiose.
Invenzioni da guerra
Acciarino automatico a pietra focaia
Il modello rappresenta una delle idee che Leonardo elaborò per migliorare l'accensione delle armi da fuoco. Il dispositivo è costituito da una molla elicoidale collegata, tramite una catena snodabile, ad una ruota superiore che, girando, strofina contro la pietra focaia (sulla sinistra) provocando la scintilla. Il grilletto è sulla destra. La catena articolata a tre maglie è ingrandita e ricostruita a parte.
Il disegno dell'acciarino, di grande bellezza, è accompagnato da una didascalia di Leonardo. Il disegno è databile tra il 1497 e il 1500.
Invenzioni da lavoro
Guanto palmato
I guanti palmati fanno parte dell'attrezzatura necessaria a muoversi più facilmente in acqua. Sono guanti da legare intorno al polso, semplici da indossare, costruiti probabilmente in pelle resa rigida in cinque stecche di legno, ad imitazione degli arti dei palmipedi.
Redatto tra il 1487 ed il 1490, il disegno mostra due attrezzature per nuotare: il guanto palmato e il salvagente, con nota esplicativa su come salvarsi in caso di una tempesta o di un naufragio.
Invenzioni per volare
Navicella volante
La navicella , munita di ali battenti e timone, è una delle macchine per il volo più fantastiche pensate da Leonardo. I volatori dovevano prender posto all'interno di una navicella fatta a guscio con all'interno i meccanismi (viti e madreviti e manovelle) necessarie a far muovere le due grandi ali a pipistrello. Particolarmente interessante l'ampio piano di coda, forse pensato per regolare la posizione e la direzione della navicella stessa.
I due disegni sono databili tra il 1486 ed il 1490. Sono interessanti perché evidenziano, per la prima volta, sia il grande piano di coda che doveva servire per la stabilità in volo e nell'atterraggio della navicella, sia la forma della fusoliera. Le ali di questo mezzo per volare venivano azionate da un meccanismo a vite e madrevite, studiato proprio per ridurre lo sforzo, posizionato sul manubrio dei due uomini che avrebbero dovuto costituire l'equipaggio della navicella.
Vite
E’ uno dei disegni più conosciuti di Leonardo; alcuni studiosi vi hanno voluto trovare addirittura l’antenato dell’elicottero. L’unico disegno che accompagna la nota di Leonardo si riferisce a una vite aerea del diametro di 5 metri fatta di canne, tela di lino e filo di ferro, azionata presumibilmente da quattro uomini che avrebbero dovuto poggiare con i piedi sulla piattaforma centrale e con le mani far forza sulle rispettive barre, in modo da far ruotare l’albero. Così concepito lo strumento difficilmente avrebbe potuto sollevarsi da terra, né tanto meno avrebbe potuto essere successivamente azionato. Rimane in ogni caso l’idea che con una adeguata forza motrice lo strumento poteva effettivamente avvitarsi nell’aria e alzarsi da terra.
Il disegno della vite aerea, databile tra il 1483 ed il 1486, fu eseguito durante la prima permanenza a Milano, ed appartiene alla prima serie delle macchine progettate per il volo meccanico. Da queste si distingue perché era destinata a studiare l’efficienza trattativa dell’elica anziché costituire una vera macchina per il volo.
Leonardo ha lasciato una buona quantità di studi architettonici, schizzi di edifici e progetti di ponti.
Gli edifici
La basilica a cinque cupole
Il modello rappresenta una chiesa a croce greca organizzata su due assi perpendicolari con ottagono irregolare centrale e quattro cappelle identiche. Esternamente la chiesa appare divisa in due parti da una cornice continua, la parte inferiore comprende tre coppie di finestre bifore e quattro porte sormontate da un timpano triangolare; la parte superiore è costituita da cinque tamburi con relative cupole tra le quali spicca quella centrale che organizza gerarchicamente i volumi e le masse plastiche dell'edificio.
Chiesa a pianta centrale con 4 campanili cilindrici
Il modello di questa chiesa e' impostato attorno a un vano centrale a forma di ottagono irregolare sul quale si affacciano quattro absidi semicircolari posizionate sui quattro lati maggiori, e altrettante cappelle sui lati minori, ai quali sono collegate da brevi corridoi. Tale idea di chiesa a pianta centrale, simile ad altre già descritte da Leonardo, e' stata elaborata probabilmente tra il 1487 ed il 1490.
Chiesa a pianta centrale
Il plastico evidenzia un progetto di chiesa che si articola su un concetto di simmetria con quattro assi uguali a due a due che si intersecano nel centro ed organizzano radialmente otto cappelle di foggia alternata. I volumi delle quattro cappelle circolari, in corrispondenza dei primi due assi, sono parzialmente inglobati nel parallelepipedo centrale, le altre quattro sono invece strutturalmente più complesse. Sul tamburo centrale, con decorazioni a tondi di brunelleschiana memoria, si imposta una imponente cupola emisferica.
Chiesa a pianta gemmata
La chiesa è costituita, in pianta, da un ottagono regolare centrale dove si affacciano, attraverso stretti corridoi, otto cappelle identiche, su ognuna delle quali insiste un'abside semicircolare. Si tratta quindi di uno studio sulla possibilità di sviluppo di una pianta per gemmazione, ossia articolando radialmente elementi simili per forma ma diversi per dimensione.
Le fortificazioni
Angolo di rocca con triplice difesa radente
Il disegno, realizzato probabilmente durante il primo soggiorno milanese di Leonardo, rappresenta un angolo di rocca, con due fortificazioni angolari. La prima all'interno del perimetro, la seconda sull'angolo, da cui sporge per la maggior parte del suo volume. Le due strutture dominano il fossato ricavato senza scavo, ma con un muro di contenimento e un considerevole riporto di terra. Particolarmente interessante e innovativo è il posizionamento delle difese per i tiri di fiancheggiamento, realizzato sistemando una fila di bocche da fuoco sulla rocca sporgente, in maniera da poter colpire gli eventuali assalitori che avessero raggiunto la sommità del fossato. L'obiettivo di tale struttura è quello di poter organizzare per fasi successive una serie di tiri radenti che colpiscano gli assalitori nei punti dove e' difficile avanzare: l'argine, il fosso, la cortina, il camminamento superiore.
Bastione triangolare
Il plastico rappresenta un avamposto, o rivellino, per la difesa dell'entrata di una fortezza. Il disegno di questo rivellino, ispirato probabilmente a un'architettura già esistente, risale al periodo in cui Leonardo si trovava in Romagna a sovrintendere alle fortificazioni militari di Cesare Borgia. Il modello, a forma triangolare, che presenta sulla sommità tre piccoli edifici di servizio, possiede pure un camminamento utilizzato anche come piazza d'armi per la fila superiore delle cannoniere.
Rocca di montagna con due cinte di difesa
Il plastico rappresenta una rocca di montagna probabilmente già esistente, ripensata da Leonardo per meglio resistere all'aumentata forza offensiva delle nuove armi da fuoco, sviluppatesi a partire dalla seconda metà del '400. Il rivellino, posto probabilmente a difesa di una entrata alla base del castello, indicata nel disegno dalla scritta "sotterranea", è costituito da tre torri fortemente scarpate dalle quali si sviluppa una cortina muraria con ronda superiore e uno sperone centrale con una apertura angolare di circa 125 gradi. Il doppio perimetro di mura concentriche si erge a difesa del possente torrione centrale, forse dimora del signore.
Torre angolare con beccatelli
Il plastico si presenta così strutturato: due cortine murarie, all'intersezione delle quali si erge una torre fortemente scarpata nella parte inferiore, su un alto tamburo si imposta la merlatura sorretta da una fila di beccatelli che continua sulle due cortine adiacenti, la copertura inferiore a tronco di cono evidenzia un secondo tamburo, più piccolo e più curato del primo, che sorregge una copertura superiore conica. Nel fossato un muro con feritoie corre a poca distanza dalla torre. Tutta la struttura è destinata a reggere l'urto anche delle armi da fuoco.
I Ponti
Ponte canale con chiuse a porte battenti
Lo schizzo descrive il funzionamento di un ponte canale per Firenze che permette il superamento di un corso d'acqua tramite una grande conca costituita da un sistema di chiuse poste a una determinata distanza l'una dall'altra. Le chiuse consentono alle imbarcazioni di superare un dislivello d'acqua. Nelle note a fianco del disegno, Leonardo descrive in che modo devono essere costruite le sponde del canale per evitare che l'acqua eroda la ghiaia delle sponde stesse e per impedire possibili allagamenti. Inoltre, per problemi legati alle eventuali piene dei corsi d'acqua, Leonardo indica come costruire il fondo del canale e i periodi migliori per effettuare questi lavori.
Ponte girevole
Si tratta probabilmente di uno dei tanti ponti " leggerissimi e forti" che Leonardo descriveva nella sua famosa lettera a Ludovico il Moro. Tali ponti dovevano essere edificabili con materiale facilmente reperibile e trasportabile. Quello a profilo parabolico e' concepito ad una sola campata ed e' fissato ad una delle due sponde con un grande perno verticale. Lo spostamento avviene a mezzo di corde ed argani con l'aiuto di ruote o rulli metallici per favorirne lo scorrimento. E' inoltre fornito di un cassone di contrappeso che serve ad equilibrare e a facilitarne la manovra quando il ponte resta sospeso prima di appoggiarsi all'altra sponda.
Ponte a costruzione rapida
E' un ponte di circostanza su cavalletti. L'idea di questo ponte appartiene agli studi per la costruzione di ponti militari provvisori realizzabili attraverso il collegamento di tronchi di legno a mezzo di corde. Leonardo descrive il modo di disporre i tronchi e di legarli tra loro ad una certa distanza e fornisce qualche riferimento ai materiali da impiegare ed agli accorgimenti tecnici da usare. Questo ed altri tipi di ponte facevano parte delle "credenziali" militari offerte da Leonardo a Ludovico il Moro, signore di Milano.
Ponte girevole su barche
Il ponte poteva essere costruito con barche o botti e, mediante l'uso di un apposito argano mosso da terra, poteva essere alloggiato in un'apposita nicchia ricavata nell'argine di un fiume. Tale sistema era pensato per fiumi con acque tranquille.
Fonte: http://www.icdegasperi.it/sec_caponago/laboratori/leonardo.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Leonardo da Vinci vita opere biografia
Leonardo da Vinci
1452 - 1519
La vita.
Leonardo di ser Piero da Vinci, nato appunto a Vinci il 15 aprile 1452 e deceduto ad Amboise il 2 maggio 1519, è stato un artista, scienziato e pittore italiano. Uomo d'ingegno e talento universale del Rinascimento italiano, incarnò in pieno lo spirito della sua epoca, portandolo alle maggiori forme di espressione nei più disparati campi dell'arte e della conoscenza. È considerato uno dei più grandi geni dell'umanità.
Per quanto riguarda le sue origini Leonardo fu il figlio primogenito del venticinquenne notaio ser Piero da Vinci, di famiglia facoltosa, avuto da una relazione illegittima con una certa Caterina di estrazione inferiore. La matrigna Albiera morì appena ventottenne nel 1464, quando la famiglia risiedeva già a Firenze. Ser Piero si risposò altre tre volte: una seconda (1464) con la quindicenne Francesca di ser Giuliano Manfredini, che pure morì senza progenie, una terza con Margherita di Francesco di Jacopo di Guglielmo (1475), che gli diede finalmente sei figli; altri sei ne ebbe con il quarto e ultimo matrimonio. Leonardo ebbe così dodici tra fratellastri e sorellastre, tutti molto più giovani di lui (l'ultimo nacque quando Leonardo aveva quarantasei anni), con i quali ebbe pochissimi rapporti, ma che gli diedero molti problemi dopo la morte del padre nella contesa sull'eredità.
Sappiamo da quanto detto dal Vasari che Ser Piero aveva già lavorato a Firenze e nel 1462 vi ritornò con la famiglia, compreso il piccolo Leonardo. Il padre Piero, inoltre, avrebbe mostrato all'amico Andrea del Verrocchio alcuni disegni di tale fattura che avrebbero convinto il maestro a prendere Leonardo nella sua bottega; in realtà è alquanto improbabile che un apprendistato iniziasse ad appena dieci anni, per cui l'ingresso di Leonardo nella bottega del Verrocchio viene oggi ritenuto posteriore. Si pensa infatti che Leonardo restasse in campagna nella casa dei nonni, dove avvenne la sua educazione, piuttosto disordinata e discontinua, senza una programmazione di fondo, a cura del nonno Antonio, dello zio Francesco e del prete Piero che lo aveva battezzato. Il fanciullo imparò infatti a scrivere con la sinistra e a rovescia, in maniera del tutto speculare alla scrittura normale.
Riguardo alla sua esperienza nella bottega del verrocchio e al suo interesse nel "disegnare et il fare di rilievo, come cose che gl'andavano a fantasia più d'alcun'altra", ser Piero mandò infine il figlio, dal 1469 o 1470, nella bottega del Verrocchio, che in quegli anni era una delle più importanti di Firenze, nonché una vera e propria fucina di nuovi talenti. Tra gli allievi figuravano nomi che sarebbero diventati i grandi maestri della successiva generazione, quali Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Domenico Ghirlandaio e Lorenzo di Credi, e la bottega espletava un'attività poliedrica, dalla pittura alle varie tecniche scultoree (su pietra, fusione a cera persa e intaglio ligneo), fino alle arti "minori". Soprattutto veniva stimolata la pratica del disegno, portando tutti i collaboratori a un linguaggio pressoché comune, tanto che ancora oggi può risultare molto difficile l'attribuzione delle opere uscite dalla bottega alla mano del maestro oppure a un determinato allievo. Il 5 agosto 1473 Leonardo datò la sua prima opera certa, il Paesaggio con fiume, un disegno con una veduta a volo d'uccello della valle dell'Arno, oggi al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degliUffizi. L'attenzione verso una descrizione autentica del mondo naturale fu una caratteristica costante di Leonardo, soprattutto evidente nella fase giovanile. Sempre secondo Vasari, la bravura di Leonardo nella prova del Battesimo avrebbe spinto Verrocchio, restio a un confronto diretto che iniziava a vederlo perdente, a dedicarsi esclusivamente alla scultura. In realtà l'aneddoto è scartato dalla critica moderna, propensa a ritenerlo un'enfatizzazione arbitraria del tema letterario dell'allievo che supera il maestro" operata dallo storico aretino. Fra la primavera e l'estate del 1482 Leonardo si trovava già a Milano, una delle poche città in Europa a superare i centomila abitanti, al centro di una regione popolosa e produttiva. Le ragioni della sua partenza da Firenze sono molteplici. Sicuramente, come testimoniano l'Anonimo Gaddiano e Vasari, l'invio dell'artista fu causato da Lorenzo il Magnifico nell'ambito delle sue politiche diplomatiche con le signorie italiane, in cui i maestri fiorentini erano inviati come "ambasciatori" del predominio artistico e culturale di Firenze. Così i fratelli da Maiano e Antonio Rossellino erano partiti per Napoli e un gruppo di pittori era partito per decorare la nuova cappella pontificia di Sisto IV. Leonardo ebbe la missione di portare al duca Ludovico il Moro un omaggio. In quell'occasione Leonardo scrisse una famosa "lettera d'impiego" di ben nove paragrafi, in cui descriveva innanzitutto i suoi progetti di ingegneristica, di apparati militari, di opere idrauliche, di architettura, e solo alla fine, di pittura e scultura, di cui occuparsi in tempo di pace, tra cui il progetto di un cavallo di bronzo monumento a Francesco Sforza. Appare chiaro che Leonardo fosse intenzionato a restare a Milano, città che doveva affascinarlo per la sua apertura alle novità scientifiche e tecnologiche, causata dalle continue campagne militari.
Il secondo soggiorno milanese, durato fino al 1513, con alcuni viaggi dall'ottobre 1506 al gennaio 1507 e dal settembre 1507 al settembre 1508, fu un periodo molto intenso. Dipinse la Sant'Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnellino, completò la seconda versione della Vergine delle Rocce. Studiò fra l'altro un progetto per una statua equestre in onore di Gian Giacomo Trivulzio, quale artefice della conquista francese della città. Il 24 settembre 1514 Leonardo partì per Roma, portandosi gli allievi più vicini, il Melzi e il Salaì. Qui Giuliano de' Medici, fratello del papa Leone X gli accorda il suo favore, ottenendo per lui un alloggio negli appartamenti del Belvedere al Vaticano. Si occupò del prosciugamento delle Paludi pontine, i cui lavori erano stati appaltati da Giuliano de' Medici - il progetto venne approvato da Leone X il 14 dicembre 1514, ma non fu eseguito per la morte sia di Giuliano che del papa di lì a pochi anni - e della sistemazione del porto di Civitavecchia. A Roma cominciò anche a lavorare a un vecchio progetto, quello degli specchi ustori che dovevano servire a convogliare i raggi del sole per riscaldare una cisterna d'acqua, utile alla propulsione delle macchine. Il progetto però incontrò diverse difficoltà soprattutto perché Leonardo non andava d'accordo con i suoi lavoranti tedeschi, specialisti in specchi, che erano stati fatti arrivare apposta dalla Germania. In assenza della protezione di Giuliano de' Medici e di fronte ad una situazione fattasi pesante, Leonardo si trovò costretto, ancora una volta, ad andarsene. L'ultima notizia del suo periodo romano data all'agosto 1516, quando misurava le dimensioni della basilica di San Paolo fuori le mura, dopodiché dovette accettare gli inviti del re di Francia. Quindi nel 1517 Leonardo partì per la Francia, dove arrivò in maggio, insieme con Francesco Melzi e il servitore Battista de Vilanis, venendo alloggiato dal re nel castello di Clos-Lucé, vicino ad Amboise, e onorato del titolo di premier peintre, architecte, et mecanicien du roi, con una pensione di 5000 scudi. L'alta considerazione di cui godette è dimostrata anche dalla visita ricevuta, il 10 ottobre, del cardinale d'Aragona e del suo seguito. Il 2 maggio 1519 morì ad Amboise e cinquant'anni dopo, violata la tomba, le sue spoglie andarono disperse nei disordini delle lotte religiose tra cattolici e ugonotti. I contemporanei, inoltre, riferivano di una presunta omosessualità di Leonardo, a partire dalla denuncia anonima del 1476 (per altro conclusasi con assoluzione), dalla mancanza di relazioni con donne, dalle note sulla sua ambiguità del Vasari e dal rapporto con i suoi allievi Melzi e Caprotti, molto più giovani di lui e avvenenti. Se l'omosessualità di Leonardo resta probabile per quanto non certa, con tutte le possibili disquisizioni su quanto questo possa aver influito o meno sulla sua arte, la sua irreligiosità e scetticismo sono indubbi, legati alle osservazioni del Vasari, per il quale «tanti furono i suoi capricci, che filosofando de le cose naturali, attese a intendere la proprietà delle erbe, continuando et osservando il moto del cielo, il corso della luna e gli andamenti del sole. Considerato per la vastità dei suoi interessi la massima e irripetibile manifestazione del Rinascimento, Leonardo, non legato a nessuna città, Stato o principe, è il primo esempio del cosmopolitismo degli intellettuali italiani, unico in Europa, espressione di una frattura fra cultura e popolo destinata a prolungarsi fino ai nostri giorni.
Le opere La dama con l’ermellino
L'opera è uno dei dipinti simbolo dello livello artistico raggiunto da Leonardo durante il suo primo soggiorno milanese, tra il 1482 e il 1499. Quest’ultima venne dipinto quando Ludovico il Moro ricevette il prestigioso titolo onorifico di cavaliere dell'Ordine dell'Ermellino dal re di Napoli. L'identificazione della dama ritratta con la sua amante Cecilia Gallerani si basa sul rimando che rappresenterebbe l'animale: il corrispondente greco dell'ermellino è, infatti, oltre che simbolo di purezza e di incorruttibilità "galé", che alluderebbe al cognome della fanciulla. Esiste quindi un'interpretazione, poco seguita ma interessante per capire la molteplicità di suggestioni che ha generato il ritratto, secondo cui l'opera sarebbe una memoria della congiura contro Galeazzo Maria Sforza: la donna rappresentata sarebbe sua figlia Caterina Sforza, con la collana di perle nere al collo che alludono al lutto, e l'ermellino un richiamo allo stemma araldico di Giovanni Andrea da Lampugnano, sicario e uccisore nel 1476 dello Sforza.
Il dipinto, col Ritratto di musico e la cosiddetta Belle Ferronière del Louvre, rinnovò profondamente l'ambiente artistico milanese, segnando nuovi vertici nella tradizione ritrattistica locale. Dell'opera si sa che ebbe subito un notevole successo. Questa venne mostrata dalla stessa Cecilia alla marchesa di Mantova Isabella d'Este che cercò di farsi ritrarre a sua volta da Leonardo, pur senza successo. Le tracce del dipinto nei secoli successivi sono alquanto confuse. Dimenticata l'attribuzione a Leonardo, l'opera venne riassegnata al maestro solo alla fine del XVIII secolo. Durante la seconda guerra mondiale venne nascosto nei sotterranei del castello del Wawel, dove fu trovato dai nazisti che avevano invaso la Polonia; quando fu ritrovato recava nell'angolo inferiore a destra l'impronta di un tallone, a cui venne rimediato con un restauro.
In quest'opera lo schema del ritratto quattrocentesco, a mezzo busto e di tre quarti, venne superato da Leonardo, che concepì una duplice rotazione, con il busto rivolto a sinistra e la testa a destra, notazione interessata, sottolineata anche nel programma “Chi vuol essere milionario” mandata in onda poche settimane fa per il raggiungimento dei 20.000 euro. Vi è corrispondenza tra il punto di vista di Cecilia e dell'ermellino; l'animale infatti sembra identificarsi con la fanciulla, per gli sguardi dei due, che sono intensi e allo stesso tempo candidi. La figura slanciata di Cecilia trova riscontro armonico nell'animale. La dama sembra volgersi come se stesse osservando qualcuno sopraggiungente nella stanza, e al tempo stesso ha l'imperturbabilità solenne di un'antica statua. Un impercettibile sorriso aleggia sulle sue labbra: per esprimere un sentimento, infatti, Leonardo preferiva accennare alle emozioni piuttosto che renderle esplicite. Grande risalto è dato anche alla mano, investita dalla luce, con le dita lunghe ed affusolate che accarezzano l'animale, testimoniando la sua delicatezza e la sua grazia. L'abbigliamento della donna è molto curato, ma non eccessivamente sfarzoso, per l'assenza di gioielli, a parte la lunga collana di perle scure. Come tipico nei vestiti dell'epoca, le maniche sono la parte più elaborata, in questo caso di due colori diversi, adornate da nastri che, all'occorrenza, potevano essere sciolti per sostituirle. Un laccio nero sulla fronte tiene fermo un velo dello stesso colore dei capelli raccolti. Lo sfondo è scuro, ma dall'analisi ai raggi X emerge che dietro la spalla sinistra della dama era originariamente dipinta una finestra.
L'ermellino in particolare è dipinto con precisione e vivacità. A un'analisi della morfologia dell'animale, esso appare però più simile a un furetto. È probabile che Leonardo, sempre indagatore del dato naturale, si sia ispirato a un animale catturato, allontanandosi dalla tradizione iconografica. Del resto, l'ermellino è un animale selvatico mordace e difficilmente ammaestrabile, di conseguenza sarebbe stato molto difficile poterlo utilizzare come modello, al contrario del furetto che può essere addomesticato, oltre che relativamente semplice da trovare nelle campagne lombarde dell'epoca. Si consideri inoltre che l'ermellino ha dimensioni molto più ridotte, superando raramente e comunque di poco i 30 cm, mentre il furetto, come nel dipinto, a occhio misura tra i 40 e i 60 cm.
Madonna Dreyfus
L'opera è documentata per la prima volta nelle collezioni di Gustave Dreyfus a Parigi, la quale, dopo la sua morte nel 1914, passò ai suoi eredi, che nel 1930 decisero di metterla in vendita. Acquistata da mercanti Duveen Brothers, nel 1951 venne venduta a Samuel H. Kress, che nel 1952 la donò al museo di Washington.
L'opera raffigura la Madonna col Bambino all’interno di una stanza, sullo sfondo di una parete scura su cui si aprono due finestre che danno su un luminoso paesaggio collinare. Il complesso impianto compositivo, con più fonti di luce in contrasto e con un parapetto in primo piano, sul quale pende il manto di Maria e sta in piedi il Bambino, derivano dall'arte fiamminga, all'epoca.
Nella rappresentazione Maria tiene in mano una melagrana, simbolo di fertilità, ma anche prefigurazione del sangue della Passione per il colore rosso dei chicchi. Il Bambino, nudo, sta in piedi e con la manina prende alcuni chicchi e li porge verso la madre, che lo guarda con un'espressione ambigua, composta ma senza allegria, prefigurando la tragica sorte del figlio.
Notevoli sono le analogie con la successiva Madonna del Garofano, a partire dall'impianto compositivo, fino alla delicatezza quasi trasparente degli incarnati e la sobria ma realistica gestualità tra madre e figlio, con un analogo scambio reciproco. Il figlio muove un passetto incerto e rivolge, significativamente, lo sguardo verso l'alto. Simile è poi il braccio paffutello e arcuato del Bambino, oppure la spilla con una pietra circondata da perle che regge il manto della Vergine. Il volto di Maria e il trattamento finissimo dei capelli ricorda poi l'Annunciazione degli Uffizi (1472-1475 circa).
Di ascendenza verrocchiesca, sono invece il trattamento netto dei contorni, e i contrasti cromatici soprattutto nel rosso e nel blu del vestito della Vergine, con riflessi quasi "marmorei", soprattutto nel lembo di tessuto sotto il Bambino.
Madonna del Garofalo.
La Madonna del Garofano è un dipinto a olio su tavola (62x47,5 cm) di Leonardo da Vinci, databile al 1473 circa e conservato nell'Alte Pinakothek di Monaco.
L'opera, tra le prime opere individuali del giovane Leonardo, è identificata con quella "Madonna della Caraffa" descritta da Giorgio Vasari nelle collezioni di papa Clemente VII, nato Medici. Scrisse lo storico aretino:
« Fece poi Lionardo una Nostra Donna in un quadro, ch'era appresso papa Clemente VII, molto eccellente. E fra l'altre cose che v'erano fatte, contrafece una caraffa piena d'acqua con alcuni fiori dentro, dove oltra la maraviglia della vivezza, aveva imitato la rugiada dell'acqua sopra, sì che ella pareva più viva che la vivezza. » |
In una stanza scura, rischiarata da due bifore sullo sfondo aperte sul paesaggio, si trova Maria in piedi, rappresentata a mezzobusto, davanti a un parapetto su cui sono appoggiati un vaso vitreo con fiori, un ampio lembo del manto della Vergine e, su un soffice cuscino, il paffuto Gesù Bambino, ritratto nudo.
Maria, dall'espressione leggermente malinconica, guarda il figlio e gli porge un garofano rosso, il cui colore ricorda il sangue della Passione, ma anche del matrimonio mistico tra madre e figlio, cioè Cristo e la sua Chiesa; il Bambino, seduto, allunga le mani verso il fiore, quasi contorcendosi, ma il suo sguardo è assente, verso il cielo, quasi a simboleggiare l'accettazione della sua tragica sorte e il rimettersi nelle mani del Padre.
La Vergine è riccamente abbigliata, con una veste rossa di tessuto leggerissimo, forse seta, e un mantello azzurro foderato di giallo che le lascia scoperte le maniche, producendo alcune ampie pieghe. Il mantello è chiuso sul petto da una spilla con zaffiro circondato da perle, simboleggianti castità, pudicizia e purezza. La sua acconciatura è elaborata, con trecce che incorniciano la fronte e reggono un velo semitrasparente, dal quale ricadono riccioli dorati ai lati del volto.
Il paesaggio, in lontananza oltre le finestre, è articolato su più piani e mostra una vallata e una serie di montagne che sfumano nella foschia in una luce chiarissima.
L'opera, con alcuni caratteri già preannunciati nella Madonna Dreyfus, segna un'evoluzione nell'arte del giovane Leonardo, con riferimenti all'arte fiamminga più precisi e diretti (la complessa illuminazione della stanza, la presenza del parapetto, la "natura morta" del vaso di fiori). I protagonisti affiorano dalla penombra colti da una luce frontale, che ne enfatizza la monumentalità, senza difetti di rigidità: a tal proposito si noti come affonda dolcemente la mano di Maria nel tenero corpo del figlio.
Madonna Benois
La Madonna Benois è un dipinto a olio su tavola trasportato su tela (48x31 cm) di Leonardo da Vinci, databile al 1478-1482 circa e conservato nel Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo
L'opera deve il suo nome alla famiglia che ne fu a lungo proprietaria, i Benois.
L'opera, di sicura autografia leonardesca, mostra la Madonna col Bambino sullo sfondo di una stanza scura, rischiarata sul fondo da una bifora aperta sul cielo. Maria sta seduta e tiene sulle ginocchia il figlio che cerca, con concentrazione, di afferrare il fiorellino che essa tiene in mano, cercando di coordinare i movimenti e lo sguardo come tipico dei bambini piccoli. Secondo taluni, i quattro petali del fiore sarebbero un'allegoria della futura crocifissione. Maria è particolarmente giovane e, contrariamente alla tradizione iconografica, sorride guardando la tenera goffaggine del figlio e instaurando con lui un rapporto di serena familiarità. Il gruppo sacro mostra quindi una svolta stilistica nel soggetto, che evita di ricalcare gli schemi tradizionali affidandosi piuttosto a un accurato studio dal vero, particolarmente evidente nella realistica fisionomia del Bambino. Mancano gli abbellimenti delle proporzioni che ritraevano i fanciulli come uomini in miniatura ed estremamente naturale appare la gestualità o il tenero incarnato infantile.
Con quest'opera appare evidente come la strada artistica di Leonardo inizi a divergere da quella dei pittori fiorentini di spicco, come Botticelli, Ghirlandaio e Perugino: per lui infatti il dipinto non è più un "esercizio di maestria", tanto più apprezzabile quanto più si riconosca la tecnica, l'abilità e lo stile del pittore, ma piuttosto un modo per interpretare e conoscere la natura. Al posto del nitido disegno dei fiorentini, prezioso ma innaturale, Leonardo contrappone un delicatissimo "sfumato", con cui l'artista coglie i valori atmosferici e la mutevolezza dei lineamenti e dei contorni, soggetti alla mutevolezza delle psicologie e del cosmo.
Madonna dei Fusi
La Madonna dei Fusi (o dell'Aspo – 1501) è un dipinto ad olio su tavola trasferito su tela e incollato su tavola (50,2x36,4 cm) attribuito a Leonardo da Vinci, conservato in una collezione privata a New York.
Isabella d'Este si interessò sempre molto a Leonardo da Vinci, prima e dopo il suo breve soggiorno a Mantova nel 1499-1500. Cercando di ottenere i suoi servigi per il suo studiolo e per un ritratto, aveva inviato un suo funzionario a informarsi su quello che l'artista faceva.
In una lettera indirizzata alla stessa Isabella si comunicava che Leonardo, carico di impegni a Firenze, stava eseguendo un "quadrettino" per il segretario del re di Francia, raffigurante la Vergine nell'atto di "inaspare i fusi" e il Bambino mentre afferra l'aspo come se fosse una croce.
Si tratta sicuramente della Madonna dei Fusi, della quale esistono molte versioni, nessuna pienamente autografa. Le più vicine alla mano leonardesca sono ritenute quella in una collezione privata a New York e quella (48,3x36,9 cm) nella collezione del duca di Edimburgo . In quest'ultime una parte della critica vi riconosce l'intervento diretto del maestro, seppure con aiuti.
Esistono poi altre versioni di allievi e altri artisti che testimoniano la grande popolarità raggiunta dalla composizione.
Il dipinto mostra la Madonna seduta su una roccia in una sciolta posizione con le gambe verso sinistra, il busto frontale e la testa voltata verso destra, dove si trova il Bambino che, pure semidraiato lungo la diagonale, gioca sorridente con un aspo (un bastone con due assicelle perpendicolari alle estremità per avvolgervi le matasse di lana filata), tenendolo e fissandolo con intensità come se fosse una croce. Nonostante il tema che prefigura la Passione, Leonardo, rinnovando la tradizione iconografica, inserì nel soggetto una certa serenità, che sottintende la piena accettazione di Gesù del suo futuro sacrificio. Inediti sono i rapporti espressivi tra madre e figlio, con un gesto a metà tra la sorpresa e la protettività rappresentato dalla mano di Maria che, come in altri celebri capolavori vinciani, è proiettata in avanti con un ardito scorcio, quasi come a uscire dal dipinto. Il volume dei protagonisti (il "modellato") e reso grazie ai delicati trapassi di luci e ombre, tipici del morbido stile "sfumato" di Leonardo.
Straordinaria è poi la fusione atmosferica tra le figure in primo piano e l'amplissimo paesaggio sullo sfondo, in cui si intravedono un fiume e una serie di picchi rocciosi in sequenza.
Il Cenacolo
L'Ultima Cena è un dipinto parietale a tempera grassa su intonaco di Leonardo da Vinci, databile al 1494-1498 e conservato nell'ex-refettorio del convento adiacente al santuario di Santa Maria delle Grazie a Milano. Si tratta della più famosa rappresentazione dell'Ultima Cena, capolavoro di Leonardo e del Rinascimento italiano in generale. Nonostante ciò l'opera, a causa della singolare tecnica utilizzata da Leonardo, incompatibile con l'umidità dell'ambiente, versa da secoli in un cattivo stato di conservazione, che è stato migliorato nel corso di uno dei più lunghi restauri della storia, durato dal 1978 al 1999 con le tecniche più all'avanguardia del settore.
Le copie
La fama del Cenacolo è testimoniata, oltre che dalle fonti scritte, dalle numerose copie che se ne fecero, sia a grandezza naturale (affreschi, tele e tavole), sia su supporti leggeri, come disegni e incisioni. Queste copie appaiono oggi particolarmente preziose per capire come il dipinto dovesse figurare in origine.Tra le opere a grandezza naturale spicca, per pregio e antichità, la copia del Giampietrino, assistente di Leonardo, opera proveniente dalla Certosa di Pavia. Anche il museo dell'Ermitage di San Pietroburgo ne possiede una, attribuita genericamente a un "artista lombardo" del XVI secolo, forse l'unica in cui appare chiaramente il soffitto come doveva essere in origine, con i lacunari contornati da sottili righe colorate.
Il degrado
Appena terminato il dipinto, Leonardo si accorse che la tecnica che aveva utilizzato mostrava subito i suoi gravi difetti: nella parte a sinistra in basso si intravedeva già una piccola crepa. Si trattava solo dell'inizio di un processo di disgregazione che sarebbe continuato inesorabile nel tempo; già una ventina di anni dopo la sua realizzazione, il Cenacolo presentava danni molto gravi, tanto che Vasari, che la vide nel maggio del 1566, scrisse che "non si scorge più se non una macchia abbagliata". Le cause che provocarono quel degrado inarrestabile erano legate all'incompatibilità della tecnica utilizzata con l'umidità della parete retrostante, esposta a nord e confinante con le cucine del convento, con frequenti sbalzi di temperatura.
L'opera subì numerosi tentativi di restauro nel tempo, che cercarono di porre rimedio ai danni, stabilizzando le cadute e, spesso, provvedendo a vere e proprie ridipinture. Si tentò soprattutto di evidenziare i contorni offuscati, per recuperare la leggibilità generale, e di tamponare i fenomeni di degrado. Danni ancora più gravi vennero causati durante la seconda guerra mondiale, quando il convento venne bombardato nell'agosto del 1943: venne distrutta la volta del refettorio, ma il Cenacolo rimase miracolosamente salvo tra cumuli di macerie, protetto solo da un breve tetto e da una difesa di sacchi di sabbia, rimanendo esposto per vari giorni ai rischi causati dagli agenti atmosferici.
L'ultimo restauro
Nel 1977, dopo molti studi e ricerche, prese il via il più grande e delicato progetto di restauro mai tentato su un'opera d'arte. Un'operazione destinata a durare più di un ventennio, e a mobilitare scienziati, critici d'arte e restauratori di tutto il mondo. La superficie del Cenacolo era ormai ovunque scrostata e lesionata; in ogni fessura si era infilata la polvere, trattenendo l'umidità delle pareti, e creando così le condizioni per la graduale scomparsa del dipinto.
Nel lavoro di ripulitura ci si è resi conto che il Cenacolo era stato in parte spalmato di cera per essere predisposto al distacco: un distacco, per fortuna mai eseguito. L'impiastro di colle, resine, polvere, solventi e vernici, sovrapposte nei secoli in maniera disomogenea, avevano peggiorato notevolmente le condizioni della pellicola pittorica, consegnando ormai alla fine degli anni settanta un Cenacolo che sembrava compromesso. Solo con una rigorosa opera di restauro ha permesso di restituire all'umanità uno dei capolavori della storia dell'arte più travagliati. Tra le tante scoperte insperate, si è trovato il buco di un chiodo piantato nella testa del Cristo: qui Leonardo aveva appeso i fili per disegnare l'andamento di tutta la prospettiva (punto di fuga). Si sono riscoperti anche i piedi degli apostoli sotto il tavolo, ma non quelli di Cristo: questa parte fu infatti distrutta nel XVII secolo dall'apertura di una porta che serviva ai frati per collegare il refettorio con la cucina.L'opera è stata dichiarata nel 1980 patrimonio dell'umanità dall'Unesco, e insieme ad essa vengono protetti anche la chiesa e il limitrofo convento domenicano. Gli apostoli in ordine cronologico sono: Bartolomeo, Giacomo, Andrea, Giuda, Pietro, Giovanni, Gesù, Tommaso, Giacomo Maggiore, Filippo, Matteo, Giuda Taddeo, Simone. Il dipinto si basa sul Vangelo di Giovanni, nel quale Gesù annuncia che verrà tradito da uno dei suoi discepoli. L'iconografia venne profondamente rinnovata alla ricerca del significato più intimo ed emotivamente rilevante dell'episodio religioso. Leonardo infatti studiò i "moti dell'animo" degli apostoli sorpresi e sconcertati all'annuncio dell'imminente tradimento di uno di loro.
Attorno a Cristo gli apostoli sono disposti in quattro gruppi di tre, diversi, ma equilibrati simmetricamente. Pietro (quarto da sinistra) con la mano destra impugna il coltello, come in moltissime altre raffigurazioni rinascimentali dell'ultima cena, e, chinandosi impetuosamente in avanti, con la sinistra scuote Giovanni. Giuda, davanti a lui, stringe la borsa con i soldi, indietreggia con aria colpevole e nell'agitazione rovescia la saliera. All'estrema destra del tavolo, da sinistra a destra, Matteo, Giuda Taddeo e Simone esprimono con gesti turbati il loro smarrimento e la loro incredulità. Giacomo il Maggiore (quinto da destra) spalanca le braccia attonito; vicino a lui Filippo.
Sopra l'Ultima Cena si trovano tre lunette, in larga parte autografe. Esse contengono imprese degli Sforza entro ghirlande di frutta, fiori e foglie, e iscrizioni su sfondo rosso; la lunetta centrale in particolare, di dimensione maggiore di quelle laterali, è in uno stato di conservazione buono, con una precisa descrizione delle specie botaniche.
L'Ultima Cena di Dan Brown
Una diversa lettura del dipinto è richiamata dal popolare romanzo giallo Il codice da Vinci dello scrittore Dan Brown. Secondo tale ipotesi il discepolo alla destra di Gesù Cristo sarebbe da interpretare, complici i tratti femminei del volto, come una donna, con cui Leonardo avrebbe voluto rappresentare Maria Maddalena. Tale interpretazione è funzionale alla trama del romanzo. Nella narrazione alcuni particolari del dipinto, quali l'opposta colorazione degli abiti di Gesù e della presunta Maria Maddalena, l'assenza dell'unico calice citato nel Nuovo Testamento, la mano posata sul collo della presunta donna come in un gesto di minaccia e infine la presenza di un braccio con la mano che impugna un coltello e che si dice non appartenga ad alcun soggetto ritratto nel quadro, sono utilizzati per cercare di dimostrare che Maria Maddalena fosse la possibile amante di Gesù, un'ipotesi respinta dalla Chiesa, in quanto priva di alcuna prova o fondamento.
Questa interpretazione del dipinto è tuttavia confutabile attraverso un'attenta analisi dell'opera, basata sull'episodio dell'Ultima cena narrato nel vangelo di Giovanni. Il coltello "misterioso" è infatti impugnato da Pietro. In questo caso Pietro tiene il braccio piegato dietro la schiena, col polso appoggiato all'anca, posa riscontrabile in tutte le numerosissime copie dell'Ultima cena e in uno schizzo dello stesso Leonardo..
Del calice col vino non si fa parola nel vangelo di Giovanni, nel quale, a differenza dei tre sinottici, non è neppure narrata l'istituzione dell'Eucaristia; la mano di Pietro posata sulla spalla di Giovanni è il gesto narrato nello stesso quarto vangelo, in cui si legge che Pietro fa un cenno all'apostolo più giovane e gli chiede chi possa essere il traditore. L'aspetto di Giovanni infine fa parte dell'iconografia dell'epoca, riscontrabile non solo nell'opera di Leonardo ma in tutte le "ultime cene" dipinte da altri artisti tra il XV e il XVI secolo, in cui si rappresentava l'apostolo più giovane come un adolescente dai capelli lunghi e dai lineamenti dolci che oggi possono sembrare femminei ma che all'epoca erano la consuetudine.
Anche la mancanza delle aureole, che a certi scrittori di mistero è parsa "sospetta", in realtà non ha nessuna valenza eretica. Tanti altri artisti prima di Leonardo, soprattutto di area nord-europea, non avevano dipinto le aureole in molte opere di soggetto sacro. Un esempio famoso è l'Ultima Cena dell'olandese Dieric Bouts, dipinta attorno al 1465. Tra gli artisti italiani che spesso hanno "dimenticato" le aureole possiamo citare Giovanni Bellini e Antonello da Messina.
Le altre arti.
Già nel Cinquecento il Vasari riferisce di un pittore milanese, Benvenuto Cellini, che gli mostrò alcuni scritti di Leonardo da Vinci riguardanti la prospettiva.
Grazie all’impegno di Cassano dal Pozzo, a Parigi, nel 1651 fu pubblicata per la prima volta una raccolta di manoscritti affiancata da una traduzione francese ed incisioni tratte dai disegni di Nicolas Poussin; un’altra edizione italiana del Trattato della pittura venne invece pubblicata a Napoli nel 1733.
La concezione leonardesca della pittura è essenzialmente scienza, rappresentazione più veritiera della natura e proprio per questo essa è più nobile rispetto all’arte dello scrivere, che rappresenta le opere degli uomini, e non quelle di natura.
Da grande studioso quale viene qualificato, studiò per primo in Europa la possibilità di proiettare immagini dal vero su un foglio, dove potevano essere facilmente ricopiate: si tratta della cosiddetta camera oscura leonardiana.
Parallelamente, a lui viene attribuito l’epiteto di pioniere dell’uso della pittura ad olio in Italia, che usava essenzialmente tecniche miste, soprattutto per i ritocchi.
Leonardo scienziato.
“So bene che, per non essere io letterato, che alcuno prosuntuoso gli parrà ragionevolmente potermi biasimare coll'allegare io essere omo sanza lettere. Gente stolta! Non sanno questi tali ch'io potrei, sì come Mario rispose contro a' patrizi romani, io sì rispondere, dicendo: ”Quelli che dall'altrui fatiche se medesimi fanno ornati, le mie a me medesimo non vogliono concedere”. Or non sanno questi che le mie cose son più da esser tratte dalla sperienza, che d'altrui parola, la quale fu maestra di chi bene scrisse, e così per maestra la piglio e quella in tutti i casi allegherò.”
Ciò che forse non molti sanno è che Leonardo era un “omo senza lettere”, ovvero ignorava il greco e il latino. La sua non padronanza delle lingue madri lo limitava molto, poiché non era in grado di leggere alcuni testi antichi ritenuti importanti per la formazione culturale del tempo. Leonardo tuttavia non fece mai notare la sua mancanza, grazie al forbito e ricco lessico contemporaneo che, secondo lui, gli permetteva anzi di esprimere in modo più nitido ed esauriente le varie materie di cui si occupò. Ciò che deve in realtà interessare profondamente è la veridicità di ciò che si esprime.
Secondo il pensiero di Leonardo, una prima verità si trae dall’esperienza diretta della natura, dall’osservazione dei fenomeni. La base di ogni pensiero è l’esperienza ed è ben più apprezzabile una teoria e uno scritto basato su larga esperienza piuttosto di uno che si rifà all’autorità di precedenti manoscritti. Coloro che adottano quest’ultimo metodo, si macchiano di pomposità e si rivestono di gloria non propria, e proprio per questo Leonardo si discosta radicalmente da questa modalità lavorativa.
Un esempio di questo ultimo pensiero leonardesco esposto è la citazione seguente:
« Io credo che invece che definire che cosa sia l'anima, che è una cosa che non si può vedere, molto meglio è studiare quelle cose che si possono conoscere con l'esperienza, poiché solo l'esperienza non falla. E laddove non si può applicare una delle scienze matematiche, non si può avere la certezza. »
Tuttavia, Leonardo riconosce che se l'esperienza fa conoscere la realtà delle cose, non dà la necessità razionale dei fenomeni, la legge che è nascosta nelle manifestazioni delle cose: «la natura è costretta dalla ragione della sua legge, che in lei infusamene vive» e «nessuno effetto è in natura senza ragione; intendi la ragione e non ti bisogna esperienza», nel senso che una volta che si sia compresa la legge che regola quel fenomeno, non occorre più ripeterne l'osservazione; l'intima verità del fenomeno è raggiunta. Tali leggi si esprimono mediante la matematica.
Leonardo si presenta anche aspro censore della magia, la negromanzia, che afferma solo falsità ed esprime teorie infondate e non attendibili. I negromanti si rifanno a libri empi, dove incantesimi e spiriti vengono menzionati, e si attende all’esistenza di esseri non corporei, che parlano pur non essendo dotati di lingua e che portano gravissime maledizioni, per le quali gli uomini si convertono in gatte, lupi e bestie.
A Leonardo viene riconosciuto un importante contributo anche nel campo della geologia: egli è stato tra i primi infatti a capire che cos'erano i fossili, e perché si trovavano fossili marini in cima alle montagne. Contrariamente a quanto si riteneva fino a quel tempo, cioè che si trattasse della prova del diluvio universale, l'evento biblico che avrebbe sommerso tutta la terra, Leonardo immaginò la circolazione delle masse d'acqua sulla terra, alla stregua della circolazione sanguigna, con un lento ma continuo ricambio, arrivando quindi alla conclusione che i luoghi in cui affioravano i fossili, un tempo dovevano essere stati dei fondali marini. Anche se con ragionamenti molto originali, la conclusione di Leonardo era sorprendentemente esatta.
Anche il contributo di Leonardo in quasi tutte le discipline scientifiche fu decisivo: anche in astronomia ebbe intuizioni fondamentali, come sul calore del Sole, sullo scintillio delle stelle, sulla Terra, sulla Luna, sulla centralità del Sole, che ancora per tanti anni avrebbe suscitato contrasti ed opposizioni. Ma nei suoi scritti si trovano anche esempi che mostrano la sua capacità di rendere in modo folgorante dei concetti difficili; a quel tempo si era ben lontani dall'aver formulato le leggi di gravitazione, ma Leonardo già paragonava i pianeti a calamite che si attraggono vicendevolmente, spiegando così molto bene il concetto di attrazione gravitazionale.
In un altro suo scritto, sempre su questo argomento, fece ricorso ad un'immagine veramente suggestiva: Leonardo immaginò di fare un buco nella terra, un buco che l'attraversi da parte a parte passando per il centro, una specie di "pozzo senza fine"; se si lancia un sasso in questo pozzo, il sasso oltrepasserebbe il centro della terra, continuando per la sua strada risalendo dall'altra parte, poi tornerebbe indietro e dopo aver superato nuovamente il centro, risalirebbe da questa parte. Questo avanti e indietro durerebbe per molti anni, prima che il sasso si fermi definitivamente al centro della Terra. Se questo spazio fosse vuoto, cioè totalmente privo d'aria, si tratterebbe, in teoria, di un possibile, apparente, modello di moto perpetuo, la cui possibilità, del resto, Leonardo nega, scrivendo che «nessuna cosa insensibile si moverà per sé, onde, movendosi, sia mossa da diseguale peso; e cessato il desiderio del primo motore, subito cesserà il secondo».
Per quanto concerne la botanica, Leonardo fu il primo ad accorgersi che le foglie sono disposte sui rami non casualmente ma secondo leggi matematiche (formulate solo tre secoli più tardi); è una crescita infatti, quella delle foglie, che evita la sovrapposizione per usufruire della maggiore quantità di luce. Scoprì che gli anelli concentrici nei tronchi indicano l'età della pianta, osservazione confermata da Marcello Malpighi più di un secolo dopo. Osservò anche l'eccentricità nel diametro dei tronchi, dovuta al maggior accrescimento della parte in ombra. Ciò che è più importante però è la scoperta del fenomeno della risalita dell'acqua dalle radici ai tronchi per capillarità, anticipando il concetto di linfa ascendente e discendente.
A tutto questo si aggiunse un esperimento che anticipava di molti secoli le colture idroponiche: avendo studiato idraulica, Leonardo sapeva che per far salire l'acqua bisognava compiere un lavoro; quindi nelle piante, in cui l'acqua risale attraverso le radici, doveva compiersi una sorta di lavoro. Per comprendere il fenomeno tolse la terra, mettendo la pianta direttamente in acqua, e osservò che la pianta riusciva ancora a crescere, anche se più lentamente.
Si può trarre un conclusivo giudizio sulla posizione che spetta a Leonardo nella storia della scienza citando Sebastiano Timpanaro: Leonardo da Vinci attinge sì dagli antichi, ma ciò che fece di lui un grande scienziato fu la nuova curiosità per ogni fenomeno naturale e la capacità di vedere a occhio nudo ciò che a stento si vede con l'aiuto degli strumenti. Per questo suo spirito di osservazione potente ed esclusivo, egli si differenzia dai predecessori e da Galileo. I suoi scritti sono essenzialmente non ordinati e tentando di tradurli in trattati della più pura scienza moderna, si snaturano. È errato tuttavia definire Leonardo un super-Galileo: egli è infatti un grande curioso della natura, non uno scienziato-filosofo. Può darsi che qualche volta vada anche più oltre di Galileo, ma ci va con un altro spirito. Dove Galileo scriverebbe un trattato, Leonardo scrive cento aforismi o cento notazioni dal vero; mentre Galileo è tanto coerente da diventare in qualche momento conseguenziario. Leonardo guarda e nota senza preoccuparsi troppo delle teorie. Molte volte registra il fatto senza nemmeno tentare di spiegarlo.
Gli studi di anatomia.
L'insaziabile desiderio di conoscere, di capire tutto ciò che vedeva, portava Leonardo ad esplorare ogni cosa. Anche il corpo umano lo affascinava quale macchina perfetta e ben più complicata delle macchine fatte di ingranaggi. Leonardo voleva capire cosa c'era dentro, come funziona e cosa succede quando si ferma definitivamente con la morte. Per questo, prima a Milano, alla fine del Quattrocento, e poi a Firenze, agli inizi del Cinquecento, era solito recarsi negli obitori e usando forbici e bisturi sezionava cadaveri; ne sezionò almeno trenta, secondo quanto riportano i suoi contemporanei. Nei suoi disegni mostra anche gli strumenti allora usati dai chirurghi, seghe e divaricatori. L'anatomia era ai primordi, le idee sul corpo umano erano molto confuse e proprio per questo Leonardo è così importante: fu proprio l’artista a segnare il punto di svolta dell’approccio alla scienza.
Leonardo studiò anatomia in tre distinti periodi: a Milano, tra il 1480 e il 1490, se ne occupò, interessandosi in particolare dei muscoli e delle ossa, in funzione della propria attività artistica; successivamente a Firenze, tra il 1502 e il 1507, si applicò in particolare della meccanica del corpo, e infine, dal 1508 al 1513, a Milano e a Roma, s'interessò allo studio degli organi interni e della circolazione del sangue.
Leonardo fu il primo a rappresentare l'interno del corpo umano con una serie di disegni; si trattava anche di un modo del tutto nuovo per guardare all’interno del corpo, rompendo tra l'altro antichi tabù. Sono centinaia i disegni conservati oggi al Castello di Windsor e di proprietà della regina d'Inghilterra, che visualizzano quello che prima era soltanto descritto a parole e in modo poco chiaro. Si può dire quindi che Leonardo inventò l’illustrazione anatomica.
Inventò anche un modo di illustrare che ancora oggi viene usato dai moderni disegnatori, la cosiddetta "immagine esplosa": un esempio si ha guardando come Leonardo rappresentava una testa sezionata, disegnando il cranio e il cervello in sequenza in modo da mostrare come entrano l'uno dentro l'altro. Studiò le ossa, i muscoli, le arterie, le vene, i capillari; riuscì a capire le alterazioni senili e persino ad intuire l'arteriosclerosi. Gli sfuggì invece il ruolo del cuore, studiato a Roma fino al 1513: «Tutte le vene e arterie nascano dal cuore, e la ragione è che la maggiore grossezza che si trovi in esse vene e arterie è nella congiunzione che esse hanno col cuore, e quanto più se allontanano dal cuore, più si assottigliano e si dividano in più minute ramificazioni» e questa convinzione gli deriva dall'analogia con le piante, le quali hanno le radici nella loro parte inferiore ingrossata: «è manifesto che tutta la pianta ha origine da tale grossezza, e per conseguenza le vene hanno origine dal cuore, dov'è la loro maggior grossezza». Del cuore però riuscì a intuire la sua natura di muscolo, definendolo anzi il più forte di tutti i muscoli del cuore, capace di generare il calore, tesi fondata sul fatto che affaticandosi si verifica un accelerazione del battito cardiaco e la sensazione di calura.
Tra i suoi disegni anatomici, i più spettacolari ed impressionanti rimangono quelli che mostrano un feto prima della nascita: erano immagini del tutto nuove per l'epoca e, certamente, sconvolgenti.
Leonardo studiò anche i meccanismi dell'occhio per capire come funziona la visione tridimensionale, dovuta alla sovrapposizione di due immagini leggermente sfalsate. Fece bollire un occhio di bue in una chiara d'uovo, in modo da poterlo sezionare e vedere ciò che si trova all'interno. Scoprì così la retina e il nervo ottico, e riportò queste osservazioni nei suoi disegni.
Bibliografia
Carlo Pedretti: Leonardo;
Studi per il Cenacolo, dalla Biblioteca Reale nel Castello di Windsor;
Milena Magnano: I Geni dell'arte;
Cremante Simona: Leonardo da Vinci.
Fonte: http://collegioballerini.it/Resource/LeonardodaVinci.doc
Autrici : Belotti Federica - Giorgia Marasco - Chiara Pirovano Gloria Cipolla - Beatrice Carmini
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