Popoli della mesopotamia

 


 

Popoli della mesopotamia

 

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POPOLI DELLA MESOPOTAMIA

Sumeri ed Eblaiti

L’invenzione dell’agricoltura, che trasformò gli uomini da cercatori in produttori di cibo e diede origine ai primi villaggi stabili, rese possibile l’accumulo di ricchezze e creò le condizioni per la nascita delle prime forme di vita civile, cioè la formazione di comunità di uomini organizzati con leggi scritte e forme di governo. Queste prime civiltà sorsero in Asia e in Africa, là dove la presenza di grandi fiumi consentiva lo sviluppo dell’agricoltura e la crescita delle città. Ciò accadde in Mesopotamia, nelle regioni dei fiumi Tigri e Eufrate; in Egitto, attorno al Nilo; in India, nella regione dell’Indo; in Cina, lungo le rive del Fiume Giallo. Tali civiltà vengono pertanto definite civiltà fluviali.


   I sumeri e le prime città-Stato

 


Una delle più antiche civiltà della Terra è quella dei sumeri, un popolo vissuto tra il IV e il III millennio a.C. in Mesopotamia (circa l’attuale Iraq), nella regione del delta, dove i fiumi Tigri ed Eufrate (un tempo separati, ora confluenti) sboccano nel mare (il nome Mesopotamia deriva dal greco e significa "regione tra i fiumi"). La loro civiltà e la loro stessa esistenza sono state scoperte di recente, da un gruppo di archeologi inglesi, americani e tedeschi. La regione in cui vissero era fertilissima, ma ogni anno veniva inondata periodicamente dalle rovinose piene del Tigri e dell’Eufrate. Col tempo, di generazione in generazione,  i sumeri impararono a controllare le piene, costruendo argini con tronchi d’albero e terriccio e scavando canali per convogliare le acque. Il territorio, in tal modo, fu trasformato dal loro lavoro e diventò una campagna fiorente, dove crescevano l’orzo, il grano, i fichi, l’uva, i datteri. Ai prodotti della terra si univano l’allevamento di pecore e capre, il pesce dei fiumi e l’abbondante selvaggina. Dalle ricerche compiute, risulta che nel III millennio a.C. i sumeri vivevano riuniti in città di 25-3 0 mila abitanti. Gli scavi ne hanno riportato alla luce i resti: Ur, Nippur, Uruk, Umma, Lagash, Esnhunna, Kish sono i nomi delle più note. Queste città hanno un importante significato per la storia. Esse rappresentano le prime e più antiche forme di vita civile, poiché in esse appaiono per la prima volta nel mondo leggi scritte e governi creati dagli uomini per risolvere insieme i problemi della vita comune. A questi centri abitati si è dato il nome di città Stato, una forma di organizzazione politica fondata sull’autonomia e sull’autogoverno dei singoli centri, destinata a grande sviluppo e diffusione presso i popoli del Mediterraneo, in particolare i fenici, i greci, i romani.   

 

La città e il tempio

Nelle città-Stato dei sumeri, la religione stava a fondamento di tutto: del governo, delle leggi, del lavoro, della vita pubblica e privata. Infatti si pensava che ogni cosa ( i campi, la città, gli abitanti) fosse proprietà degli dèi, e che dalla maggiore o minore benevolenza divina dipendesse il destino umano. Di conseguenza il governo della città era affidato ai sacerdoti. Il tempio ("Ziggurat") era il centro di ogni attività, religiosa, economica, sociale. Costruito con dimensioni grandiose e monumentali, aveva forma di torre a gradinate, con un proprio recinto di mura, dentro le quali si trovavano anche le abitazioni dei sacerdoti-sovrani e le botteghe degli artigiani; vi erano inoltre i magazzini dell’orzo e del grano, le scuole, il tribunale. I sacerdoti dirigevano i lavori agricoli e l’irrigazione. Suddividevano la terra in lotti e li assegnavano da lavorare a ciascun capofamiglia; i prodotti venivano immagazzinati e, in seguito, divisi in razioni e distribuiti alla popolazione. Nel tempio si depositava anche l’argento che, come in una banca, veniva prestato a chi ne faceva richiesta.   

 

L’invenzione della scrittura

Ai sumeri si attribuisce l’invenzione di una delle più antiche forme di scrittura apparse nel mondo. La scrittura sumerica è formata da circa 1500 segni diversi, detti cuneiformi per la loro forma a cuneo; essi venivano impressi mediante una cannuccia su tavolette di argilla, che poi si cuocevano al forno. La scrittura cuneiforme si diffuse in tutta la Mesopotamia e oltre, fino al Mediterraneo, e fu adottata anche dai persiani. Leggerla per noi è molto difficile; il merito di averla decifrata, verso la fine del Settecento, è di uno scienziato tedesco, Grotefend. La scrittura fu utilizzata dai sumeri anzitutto per annotazioni pratiche e necessità economiche (compravendite, liste di merci, ecc.); poi servì ai re per registrare le tasse, amministrare la giustizia, fissare il ricordo di importanti avvenimenti politici o militari. In seguito vennero scritti anche testi di carattere scientifico (astronomia, matematica, ecc.) e opere letterarie, la più antica delle quali, risalente circa al 2000 a.C., è la cosiddetta Epopea di Gilgamesh, l’eroe metà uomo e metà dio di cui si raccontano le gesta.    

 

Il più antico codice del mondo

I sumeri non costituirono un regno unitario: ogni città era un piccolo Stato autonomo, retto da un proprio re-sacerdote. Di uno di questi, Ur-Nammu, sovrano della città di Ur, si è scoperta una raccolta di leggi, che è considerata il più antico codice del mondo, databile intorno al 2100 a.C. Queste leggi sono ispirate a idee per quei tempi assai progredite. Ad esempio, gli atti di violenza sono puniti con un risarcimento in metallo (argento) e non con la vendetta (o taglione), come si verificherà invece circa cinque secoli più tardi, con il celebrato e notissimo Codice babilonese di re Hammurabi.    

 

Lo studio del cielo e la misura del tempo

Come già avevano fatto gli antichi sumeri, i babilonesi diedero una grande importanza all’osservazione e allo studio degli astri, perché credevano che nei movimenti celesti si esprimesse la volontà degli déi e si potessero leggere il futuro e il destino dell’uomo. Le loro osservazioni, anche se basate su credenze magiche e religiose, diedero origine a conoscenze esatte, che contribuirono allo sviluppo dell’astronomia. Così, i sacerdoti babilonesi impararono a distinguere i pianeti dalle stelle fisse e i segni dello Zodiaco; scoprirono il moto dei pianeti, le cause delle eclissi e delle fasi della Luna; riuscirono a calcolare le posizioni di Mercurio e l’orbita della Luna; trovarono il sistema per accordare il mese lunare con l’anno solare (da loro calcolato in 365 giorni e 1/4), intercalando un mese ogni tre anni solari. Insieme con l’astronomia fecero notevoli progressi anche la matematica e la geometria. Furono i babilonesi a determinare le misure di tempo, di lunghezza e di peso, di cui poi si servirono gli altri popoli dell’antichità, compresi i greci e i romani. Il giorno fu diviso in 24 ore; l’ora in 60 minuti primi e in 3600 minuti secondi; l’unità di peso, il talento (= 2523 grammi), fu divisa in 60 mine e la mina in 60 dramme. Le credenze magiche sumerico-babionesi ebbero una straordinaria diffusione e fortuna. Che gli astri abbiano un’influenza sulla vita dell’uomo, che l’eclissi sia un preavviso di sventura, che esistano giorni fausti e giorni infausti, sono tutte idee di origrne mesopotamica: ancora oggi, è su queste idee che si fondano gli oroscopi e le altre tecniche di "lettura" del futuro.

Il pane e la birra

Assieme ad altri popoli medio-orientali come, in particolare, gli egizi, i sumeri furono tra i primi a fabbricare il pane, un alimento ricavato dalla farina di frumento, divenuto poi tipico delle popolazioni mediterranee. Essi appresero cioè a far lievitare la farina, controllando sapientemente il processo naturale della fermentazione. Contemporaneamente inventarono la birra, che si ottiene anch’essa dalla fermentazione di cereali. Pane e birra, cioè un cibo e una bevanda che non esistono in natura, ma sono costruiti dall’uomo. Oltre al pane, i sumeri consumavano zuppe d’orzo, formaggio di capra, carne di maiale e di pecora, pesci di fiume, datteri, fichi, uva, ortaggi e legumi.

La scoperta di Ebla, Ugarit e Mari

In Asia, oltre alla Mesopotamia sumerica, anche la Siria settentrionale fu sede di un’antica civiltà. Ciò risulta da recentissime scoperte, che hanno permesso di conoscere meglio la storia di questa regione, in precedenza incompleta e frammentaria. Le prime ricerche di rilievo in Siria sono state iniziate da archeologi francesi (Schaeffer nel 1929, Parrot nel 1933), che trovarono i resti di due città del III millennio a.C., Ugarit sulla costa mediterranea e Mari presso l’odierna frontiera tra Siria e Irak. In queste città furono rinvenute, fra l’altro, migliaia di tavolette di argilla con caratteri cuneiformi, dalle quali si poterono però ricavare informazioni solo parziali e limitate. La scoperta più importante, che ha permesso di conoscere meglio e più ampiamente la storia della regione, è avvenuta nel 1974-1978 per opera di una spedizione italiana, diretta da Paolo Matthiae; scavando in una località situata 55 km a sud di Aleppo, essa portò alla luce i resti di una città risalente al III millenio a.C., una città chiamata Ebla, con il palazzo reale sede del governo e un eccezionale archivio di 7 mila tavolette di argilla scritte a caratteri cuneiformi. Queste tavolette contengono una quantità enorme di informazioni, editti reali, relazioni di campagne militari, regole per l’industria, sentenze di tribunali, trattati commerciali, ecc., per cui è stato possibile delineare un primo quadro storico d’insieme della Siria settentrionale. È risultato, così, che Ebla nel III millennio a. C. era il centro di coordinamento politico e amministrativo di un vasto Stato, che comprendeva tutta l’alta Siria, alcune città dell’altopiano anatolico, il Libano settentrionale con Ugarit e parte dell’alto Eufrate, fino a Mari, regno che Ebla conquistò due volte. Uno Stato molto burocratizzato, con 11 mila funzionari dipendenti dal re, ai quali erano affidate non solo le funzioni politiche e amministrative ma anche il controllo del commercio del legname e dei metalli con tutto il Medio Oriente e la Mesopotamia. Ebla attraversò il suo periodo migliore tra il 2350 e il 2250 a.C. Nel 1760 a.C. la città fu presa da Hammurabi, re di Babilonia e circa 10 anni dopo venne conquistata dagli ittiti, il primo popoìo che impiegò armi di ferro.
   

I modi di vita

Nell’archivio di Ebla, dedicato in prevalenza ad atti amministrativi, si sono trovate anche testimonianze della vita quotidiana, come le pagelle degli studenti e i compiti in classe con le correzioni. Secondo Paolo Matthiae, capo della missione archeologica italiana, la società eblaita sarebbe stata molto più aperta e civile di tutte le altre del Medio Oriente; per esempio, pare che la donna godesse di una dignità e di un’importanza sociale sconosciute in altri Stati di quel tempo. Altre scoperte, come i raffinatissimi oggetti d’oro e gli ornamenti preziosi rinvenuti nelle tombe del palazzo reale di Ebla, fanno pensare a modi di vita molto evoluti e a capacità artistiche e artigianali assai sviluppate.    

 

Sargon e il regno degli accadi

La civiltà dei sumeri, così come quella degli eblaiti, si era sviluppata attorno a città-Stato organizzate in maniera sostanzialmente autonoma. Verso la metà del III millennio a.C. cominciarono invece ad apparire in Mesopotamia delle forme di Stato più ampie e complesse, veri e propri imperi che presero il controllo di vasti territori. Il primo regno fu quello degli accadi, una popolazione di origine semitica stanziata nella regione mesopotamica a nord-ovest dei sumeri. Il loro re Sargon (circa 2350-2300 a.C.) conquistò le città sumeriche e pose la capitale del suo Stato a Akkad, nei pressi dell’odierna Baghdad. Una complessa rete di funzionari garantiva la riscossione delle imposte e la trasmissione degli ordini del re in tutte le città. Con Sargon e gli accadi iniziò il processo di divinizzazione del sovrano, che cominciò ad essere considerato come un rappresentante delle divinità sulla Terra. Ciò rimase caratteristico anche in seguito, quando altri popoli si affermarono in Mesopotamia.

 

Il regno di Babilonia e le leggi di Hammurabi

Attorno al 2000 a.C. la potenza degli accadi venne meno, mentre sulle terre che avevano visto nascere la civiltà sumerica si affermò un nuovo popolo, quello dei babilonesi. La loro capitale, Babilonia, posta presso le rive del fiume Eufrate, durante il II millennio a.C. diventò ricca e potente ed estese il suo predominio non solo sulle regioni dei sumeri ma sull’intera Mesopotamia e sulla Siria, costituendo un vasto regno che si spingeva fino alle coste del Mediterraneo. I re di Babilonia, eredi delle tradizioni sumeriche, governavano in nome delle divinità, assistiti da un’assemblea di sacerdoti, da funzionari e da scribi. Hammurabi (circa 1790-1750 a.C.) è il più noto di questi re, ricordato soprattutto per il suo Codice, una raccolta delle leggi del regno, che egli fece incidere a caratteri cuneiformi in una colonna di marmo nero; questa, conservatasi attraverso i secoli, fu scoperta a Susa, a est di Babilonia, nel 1901 e si trova attualmente a Parigi, nel museo del Louvre. Il Codice di Hammurabi è considerato uno dei più importanti documenti della storia, perché è la più antica raccolta completa delle leggi di uno Stato (il più antico codice sumerico di Ur-Nammu è frammentario e incompleto).

 

Gli Ittiti

Dopo cinque secoli di regno babilonese, verso il 1530 a.C. la Mesopotamia fu conquistata dagli ittiti, una popolazione di stirpe indoeuropea che aveva fondato in Asia Minore uno Stato con capitale Attusas (presso l’attuale città turca di Baghazkòi). Con la Mesopotamia e parte della Siria, il loro impero arrivò dall’altopiano anatolico fino all’Eufrate. Pare che queste conquiste fossero facilitate da un’arma nuova da loro costruita, il carro da guerra veloce, ottenuto perfezionando la ruota, fatta non più a disco di legno pieno e pesante, ma di ferro a sei raggi snelli e leggeri. L’Impero degli ittiti non ebbe una lunga durata; verso il 1200 a.C. esso non esisteva più, per cause non ancora ben note, forse nuove invasioni di nomadi. Gli ittiti impararono la scrittura dai babilonesi, come risulta dalle migliaia di tavolette d’argilla scritte a caratteri cuneiformi, scoperte nel 1906 ad Attusas. Esse sono state decifrate pochi anni fa da uno specialista cecoslovacco, Bedrich Hrozny, e ci hanno fatto conoscere diversi aspetti originali della vita di quel popolo. Il re, presso gli ittiti, non era considerato un dio (come in Egitto), né un vicario delle divinità (come in Mesopotamia), ma solo un uomo particolarmente valoroso che esercitava il potere non in forma dispotica ma con la collaborazione dell’assemblea dei nobili, dai quali egli derivava la sua autorità. Un altro aspetto originale della civiltà degli ittiti è lo spirito di pace e di tolleranza che essi mostrarono sia con i popoli assoggettati, sia con i regni confinanti: in particolare con gli egizi, che, dopo essersi scontrati con gli ittiti nella battaglia di Qadesh in Siria (1296 a.C.), stipularono con loro un trattato di pace (1278 a.C.). In esso si notano espressioni veramente singolari e nuove per quei tempi, come l’impegno di non molestarsi reciprocamente (oggi diciamo “patto di non aggressione”), di rispettare i profughi politici, di darsi aiuto reciproco nel caso di aggressione da parte di un nemico (oggi diciamo “alleanza difensiva”).  

  

Gli Assiri

A cominciare dal 900 a. C. il regno di Babilonia, già scosso dall’invasione ittita, fu ripetutamente attaccato e, alla fine, conquistato dagli assiri. Costoro, stanziati oltre 300 chilometri a nord di Babilonia, in una regione che aveva il suo centro ad Ashur, erano un popolo guerriero, addestrato al combattimento dalla necessità di resistere alle continue calate di popolazioni nomadi sulla regione. Si erano dati un governo militare, la cui forza principale era l’esercito, che fu il primo ad essere dotato di armi di ferro, il primo a sfruttare tutta la potenza della cavalleria e ad impiegare le macchine da assedio, come arieti e torri da combattimento, alte quanto le mura delle città assediate. Nell’VIII secolo a.C. i re assiri Sargon II, Sennacherib, Assurbanipal allargarono i confini del loro dominio sull’intera Mesopotamia. Sennacherib elesse Ninive a capitale di questo Impero; per assicurare alla città il fabbisogno di acqua fece costruire un acquedotto, che dalle montagne convogliava l’acqua lungo un percorso di quasi 50 chilometri, superando profonde vallate con agili e robusti archi: uno dei più grandiosi lavori d’ingegneria dell’antichità. La spietata durezza dei dominatori assiri spinse i babilonesi ad allearsi con altre popolazioni soggette, i medi e i caldei, per tentare la riscossa. Nel 612 a.C., pochi anni dopo la morte di Assurbanipal, Ninive fu distrutta da una coalizione guidata dal capo dei medi, Ciassarre, e dal caldeo Nabopolassar, che diede origine a una nuova dinastia di re.    

 

La torre di Babele

Crollati gli assiri, il regno babilonese visse un nuovo periodo di splendore detto secondo Impero babilonese, soprattutto durante il governo di Nabucodonosor (604-563), figlio di Nabopolàssar, che per qualche tempo riportò Babilonia all’antica potenza. La città fu interamente ricostruita con tale grandiosità e magnificenza che, più tardi, i greci ricordarono Babilonia come una delle sette meraviglie del mondo. La ziggurat, cioè la torre del tempio, fu rifatta alta e imponente, così da dominare con la sua mole il paesaggio a grande distanza; a questa costruzione grandiosa si riferisce quasi sicuramente la Bibbia quando accenna alla favolosa torre di Babele (Babele deriva da Bab-llu, il nome di Babilonia nell’antica lingua mesopotamica). ll secondo Impero babilonese non ebbe lunga durata; nel 538 a.C. Giro, re dei persiani, espugnò Babilonia e ridusse il paese a provincia dell’Impero persiano.

   

Modi di vita

Come vivevano gli antichi popoli della Mesopotamia? Le testimonianze in proposito non mancano. Le case erano costruite secondo uno schema molto semplice, che risaliva ai sumeri: un cortile-giardino centrale e, intorno, quattro-sei stanze, con porte e finestre sul cortile e nessuna finestra verso l’esterno. Alquanto basse, con un pianterreno e un primo piano, avevano i muri grossi di mattoni d’argilla pressata, seccati al sole, talvolta anche cotti in fornace. Anche i grandi palazzi seguivano il medesimo schema, moltiplicato decine e decine di volte; un esempio significativo è la reggia di Mari (2000 a.C.) presso l’Eufrate, costituita di 300 vani, su un’area di 30.000 metri quadrati.
   

Il cibo della terra e delle acque

I popoli della Mesopotamia avevano a disposizione cibi molto variati. La maggior parte proveniva dalle attività agricole: pane di frumento, focacce d’orzo, legumi (fave, lenticchie), una gran quantità di verdura e di frutta: datteri e fichi, mele, prugne, noci, cocomeri. Gli orti di Babilonia, sapientemente irrigati, erano famosi per i limoni e gli aranci, i pistacchi, le albicocche e tanti altri frutti che solo molti secoli più tardi sarebbero giunti in Occidente. Un’altra importante risorsa erano ipesci di fiume. Erodoto, uno storico greco, racconta che venivano seccati al sole e poi, pestati in un mortaio, ridotti in una specie di farina che veniva utilizzata per fare focacce e torte.
   

Viaggi terrestri e fluviali

Pochi viaggiavano: gli unici erano gli incaricati del re, i soldati, i mercanti che trasportavano merci; usavano dei carri trainati da asini. Solo dopo il II millennio a.C. incominciarono ad apparire i cavalli. I viaggi per terra erano molto faticosi e non frequenti; ad essi si preferiva il trasporto via acqua, sui fiumi, con battelli a remi o a vela.
   

Un medico di nome Lulu

Le prime forme a noi note dell’arte medica sono state trovate in Mesopotamia. Uno scienziato americano, S.N. Kramer, specialista nella lettura di testi sumerico- babilonesi, afferma che il primo medico di cui si sappia il nome è "un certo Lulu, che abitò nella città di Ur verso il 2700 a.C.; così pure proviene dalla Mesopotamia il più antico testo contenente indicazioni di medicinali. Eccone qualche esempio. Una pomata: polverizzare delle pere e della manna, mescolare con fondo di birra e applicare sulla parte malata". Un decotto: "sciogliere la resina di una pianta con birra calda, versare il liquido in olio e far bere al malato". Una lozione: "triturare radici di piante e pelle di serpente, versare in acqua bollente e lavare la parte malata". Si praticava anche la chirurgia, come confermano gli strumenti che si sono trovati e anche i segni di interventi scoperti nelle ossa. E da notare che le leggi ritenevano personalmente responsabili i medici se le loro prestazioni fallivano. Ad esempio leggiamo nel Codice di Hammurabi: "Se un medico ha operato un uomo libero con un bisturi di bronzo e gli ha salvato la vita, sarà ricompensato con dieci pesi d’argento. Se invece gli produce la morte, gli saranno tagliate le mani
   

La casa delle tavolette

I testi mesopotamici erano scritti su tavolette d’argilla cotte al Forno. Perciò la scuola, il luogo in cui si imparava a scrivere, era chiamata "casa delle tavolette". Essa era Frequentata da ragazzi delle classi medie e alte, che intendevano diventare scribi o sacerdoti. La vita quotidiana di uno di essi viene così raccontata in una tavoletta del 2000 a.C. circa, Forse un compito Fatto a scuola: Leggevo la mia tavoletta, studiavo le mie lezioni, preparavo la mia tavoletta, la scrivevo, la finivo. Alla fine della scuola andavo a casa. Entravo in casa e trovavo là mio padre seduto. Leggevo la mia tavoletta a mio padre. Poi gli facevo l’addizione sulla mia tavoletta. Egli la trovava buona. Svegliandomi presto la mattina, mi volgeva a mia madre e le dicevo: — Dammi la mia colazione, devo andare nella casa delle tavolette.

 

Il fascino del dodici

Per misurare il tempo, le ore del giorno e lo scorrere dell’anno, così come i pesi, le lunghezze, i prezzi ed ogni altra cosa, i babilonesi presero come base il numero 12, con i suoi multipli e sotto-multipli: a tale numero, infatti, molte civiltà antiche attribuirono un valore sacro, quasi magico. Dodici, pertanto, furono i mesi dell’anno, e dodici più dodici le ore del giorno; sessanta (cioè 12x5) i minuti di un’ora, sessanta i secondi di un minuto. Questo sistema di calcolo viene perciò detto "sessagesimale". Anche nei secoli successivi, nella civiltà greca e in quella romana, il 12 rimase il principale punto di riferimento numerico, il simbolo della perfezione. Così fu ancora per i cristiani (che, secondo il Vangelo, gli apostoli di Gesù siano stati dodici non è certamente casuale) e per tutto il Medioevo e gran parte dell’Età moderna, quando il sistema monetario era basato sul soldo di 12 denari, il podere-tipo misurava 12 iugeri, e così via. Solo molto di recente, tra XVIII e XIX secolo, tale sistema di numerazione ha cominciato ad essere sostituito dal computo decimale. Ma ancora pochi anni fa la sterlina inglese — oggi corrispondente a 10 scellini — ne valeva 12. E ancora oggi quando facciamo la spesa dal pollivendolo, siamo abituati a comprare sei uova, o dodici.  


Fonte: http://ipertestiscuola.altervista.org/storia/mesopotamia.zip

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

LA RELIGIONE MESOPOTAMICA

SITUAZIONE STORICO - GEOGRAFICA
La Mesopotamia comprendeva quasi tutto il territorio dell’odierno Iraq ed era una fascia di terra molto produttiva, la cosiddetta mezzaluna fertile, situata tra i fiumi Tigri ed Eufrate. Delle prime popolazioni che la occuparono ci rimangono solo resti archeologici e perciò non ne sappiamo molto.
Una di esse, tuttavia, ci è ben nota: sono i Semiti (in seguito chiamati Akkadi) che a quanto pare sarebbero stati seminomadi ed allevatori di bestiame di piccolo taglio. Nel corso del IV millennio un altro popolo, che noi chiamiamo Sumeri, si installò in quest’area e si avvicinò ai Semiti. Questi due gruppi culturali rappresentarono il nucleo fondamentale per il popolamento del paese. Ognuno aveva portato la propria cultura, parlava la propria lingua ma col tempo questi due popoli s’incontrarono, si mescolarono, si frequentarono e misero in comune il loro capitale culturale. Nel II millennio, tuttavia, i Sumeri vennero assorbiti dagli Accadi, etnicamente più vigorosi e numerosi, e scomparvero per sempre.
Nei secoli successivi la Mesopotamia venne invasa continuamente da vari popoli (Gutei, Amorrei,  Babilonesi, Assiri…) ed infine divenne una semplice provincia, prima dell’Impero Persiano e poi, dopo Alessandro Magno (330), del regno seleucide.
In questo complesso ed articolato quadro storico, culturale e politico sorse e si sviluppò, profondamente modellata ad esso, la religione mesopotamica.

CARTTERISTICHE DELLA RELIGIONE
Alla base della religione mesopotamica non c’era un fondatore. Le grandi religioni contemporanee hanno tutte un fondatore: il Cristianesimo si riconosce nella predicazione di Gesù Cristo, il Buddismo in quella di Buddah, l’Islamismo in quella di Maometto. La religione mesopotamica, invece, non era stata fondata, ad un certo punto ben definito della storia, da un grande spirito religioso che aveva saputo imporre intorno a sé, per poi diffonderli ed istituzionali, i suoi stessi sentimenti e le sue convinzioni riguardanti il sacro. Le credenze religiose degli abitanti della Mesopotamia si perdevano nella notte dei tempi preistorici; derivavano dalle reazioni comuni degli abitanti nei confronti del sacro: essi non facevano altro che adattare al sovrannaturale le loro abitudini originarie, il loro modo di pensare, di sentire, di vivere.
La religione è un fenomeno sociale, che risente delle forme dell’organizzazione umana e a sua volta influisce su di esse. Un fenomeno colossale come la nascita delle città doveva necessariamente incidere anche sulla religione. Quando i re e i suoi funzionari incominciarono a governare, l’immagine divina si modellò su quella terrena. Gli dèi apparvero agli uomini come re onnipotenti, ai quali si doveva un’obbedienza incondizionata: essi non erano oggetto di amore da parte dei fedeli, ma solo di timore e di rispetto. Gli dèi emanavano le loro decisioni, i cosiddetti “destini”, che guidavano le esistenze dei mortali. Come un suddito non poteva contestare la volontà del suo re, così i mortali non potevano contestare la volontà divina né opporsi ai suoi castighi. L’angoscia, la malattia, il dolore, la fame, erano tutte punizioni comminate dagli dèi sempre e soltanto per giusti motivi. I demoni erano visti come divinità di rango inferiore che eseguivano le punizioni divine. Spesso l’uomo non sapeva in che cosa avesse sbagliato, ma sapeva che la sua sofferenza era comunque l’effetto inevitabile di una colpa. Per scrutare la volontà divina ed evitare terribili punizioni si perfezionarono tecniche d’interpretazione affidate a specialisti (indovini, esorcisti, ecc.) e riti utili a placare l’ira dei padroni del cielo.

LE DIVINITA’
Ogni gruppo umano insediato nella regione aveva portato con sé le proprie antichissime credenze e aveva imparato a farle convivere con quelle degli altri. La Mesopotamia si ritrovò popolata di dèi: ce ne sono noti molti, più di mille, dai nomi strani e complicati, quasi tutti a carattere antropomorfico (del greco antico ànthropos, “uomo”, e morphè, forma): gli dèi erano dunque immaginati a somiglianza degli uomini e avevano un corpo come il nostro, anche se non conoscevano la vecchiaia e la malattia. Erano maschi e femmine, procreavano figli e vivevano in famiglia. Provavano sentimenti umani: gioia, gelosia, ira, vendetta, amore, odio.
In mezzo a questa folla di entità soprannaturali, gli uomini cercarono di orientarsi e stabilirono identificazioni e fusioni tra varie divinità dai caratteri simili. Le divinità più potenti – vale a dire quelle delle città più potenti – finirono inoltre per oscurare le minori, introducendo alcune linee di semplificazione in questa schiera troppo affollata.
A somiglianza della struttura sociale e politica delle città, s’immaginò che anche in cielo esistessero dèi più importanti e dèi meno importanti, loro dipendenti, proprio come i funzionari di palazzo dipendevano dal re.
A capo del pantheon mesopotamico, dunque, si trovava quella che è stata chiamata una triade: AN (in akkadico ANU), ENLIL ed ENKI (in akkadico EA). AN era il dio del cielo, era il fondatore della dinastia divina ed era il padre del re regnante: ENLIL. Questi (il cui nome letteralmente significa “Signore – Aria/Atmosfera”)era appunto il dio sovrano dell’universo, degli dèi e degli uomini, colui che dominava il Cielo e la Terra, che sapeva tutto e che comprendeva tutto; nel secondo millennio, tuttavia, venne considerato sovrano il dio MARDUK, una divinità dall’impeto furioso e dall’intelligenza insuperabile. ENKI svolgeva il compito dell’astuto consigliere intelligente.
Ecco altre importanti divinità mesopotamiche.
SAMAS (o anche UTU) era il dio del sole; molto venerata e conosciuta era INANNA (ISTAR per i Semiti), la Cortigiana celeste, la Prostituta divina, la protettrice dell’amore libero; NANNA era la dea della luna; NERGAL ed ERESKIGAL erano il dio e la dea sovrani dell’emisfero inferiore, cioè il nostro Inferno; ENBILULU era il dio dei due fiumi; NANSE’ la dea della regione marittima; ENKIMDU il dio dei campi; APSU o ENGUR il dio dell’Acqua dolce; ISKUR  la divinità delle piogge e dei temporali;  TIAMAT dell’acqua salata; ASNAN del germogliare dei cereali e delle piante; LAHAR della crescita del bestiame minuto; SIRIS della trasformazione dell’orzo in birra (bevanda nazionale); KULLA della fabbricazione dei mattoni; MUSDAMMA della costruzione degli edifici; SUMUQAN degli animali selvaggi; DUMUZI dell’allevamento del bestiame; UTU  era responsabile del buon governo, amministrativo e giuridico, del Paese; UTTU dell’intero settore dell’abbigliamento; ARURU della riproduzione della specie umana; NINMUG della lavorazione del legno; e così via.
Si capisce dunque che i popoli mesopotamici (come d’altro canto anche gli egiziani, i greci…) abbiano strettamente collegato le personalità sovrannaturali al funzionamento della natura, della cultura e della società: come se tutti i fenomeni naturali e le attività civili, nell’origine e nella realizzazione, creassero dei problemi e non potessero essere spiegate senza una causa sovrannaturale.
Attraverso il sovrannaturale, il sacro e la mitologia, dunque, i mesopotamici tentarono di rispondere ai grandi enigmi che il mondo circostante poneva loro; col tempo, gli enigmi più urgenti e di maggior rilievo divennero i seguenti: l’origine del mondo e il destino dell’uomo dopo la morte.   

 

LA COSMOGONIA

 

Per quanto riguarda le origini del mondo gli antichi autori di miti in lingua sumerica non si posero più di tanto il problema di sapere come e perché fosse nato il cosmo.
Il brano seguente è uno dei pochi che sono stati ritrovati inerenti all’argomento.

In quei giorni, in quei giorni arcaici,
In quelle notti, in quelle notti arcaiche,
In quegli anni, in quegli anni arcaici…
Quando l’Alto fu separato dal Basso,
E il Basso fu separato dall’Alto,
Quando An prese per sé l’Alto,
Ed Enlil prese per sé il Basso,
E alla sua parte inferiore assegnò Ereskigal…

Qui appare, a grandi linee, la concezione cosmogonia che il popolo si era fatta dell’Universo, suddiviso in due emisferi: il Cielo in Alto e in Basso l’Anticielo, l’Inferno, immensa sfera vuota (più tardi ci lasceranno intendere che era immerso in una favolosa massa d’acqua), il cui piano diametrale era costituito, nel mezzo, dalla distesa della terra abitata dagli uomini, avente, com’è ovvio, la Mesopotamia stessa per centro. Quest’ultima giaceva su di un’immensa falda d’acqua dolce, che sgorgava da pozzi e fonti ed era circondata, come un’isola, dalle acque amare del Mare. Il mito sopra citato immagina questo stato di cose solo come il risultato di una separazione originaria della massa dapprima confusa ed indistinta dell’universo, ad opera di due grandi dèi, An ed Enlil, entrambi desiderosi di impossessarsi di un emisfero. Enlil provvide poi ad affidare tutto il sottosuolo alla dea Ereskigal che doveva esserne, inizialmente, l’unica sovrana.
Nel secondo millennio, tuttavia, gli autori accadici si dedicarono con molto più interesse alla cosmogonia rispetto ai predecessori sumerici e realizzarono delle esposizioni molto precise ed articolate; tra queste, la più celebre, completa e particolareggiata, si trova nel Poema della Creazione.
L’opera comincia con la teogonia, la nascita degli dèi: poiché nella concezione mesopotamica gli dèi facevano parte del mondo, erano anch’essi sottomessi al passaggio dal non essere all’essere. Prima della loro esistenza c’era soltanto un’immensa distesa acquosa, considerata come l’interminabile accoppiamento della femmina Tiamat, l’Acqua salata del futuro Mare, col maschio Apsu, l’Acqua dolce della futura falda sotterranea. Da essa fuoriescono dapprima divinità solo abbozzate, in qualche modo ancora primitive; poi, coppia per coppia, i grandi dèi, fratelli maggiori della dinastia divina, regnante per l’eternità. Da due di queste divinità nasce, più in là nel tempo, Marduk, il dio perfetto, il più brillante, l’ineguagliabile. Egli divenne in seguito il supremo sovrano degli dèi, poiché li aveva salvati, battendosi eroicamente contro la loro madre primordiale, l’enorme e mostruosa Tiamat, che voleva annientarli. Marduk riesce però a sopprimerla e diviene sovrano assoluto del mondo, perché lui stesso lo crea usando l’enorme cadavere della sua vittima: dopo aver spaccato in due quel corpo smisurato, con la parte superiore forma l’emisfero superiore, cioè il Cielo, dove installa gli astri, ognuno col proprio itinerario e con il rispettivo infallibile ruolo; con la parte inferiore forma l’emisfero Basso, a cominciare dalla nostra terra, prima di tutto dalla Mesopotamia e dai territori con essa confinanti, con tutta la relativa geografia.
Un altro mito attribuisce sempre a Marduk la creazione del mondo ma dice che in origine c’era solo un grande Mare senza  fondo né rive: per costituire la piattaforma terrestre Marduk sistemò una zattera sulla superficie dell’acqua e poi produsse la polvere e ve l’ammassò sopra.
Altri racconti attribuiscono la responsabilità dell’universo sia ai tre dèi supremi riuniti (Anu, Enlil ed Ea), sia ad Anu per il Cielo e ad Ea, l’intelligentissimo, per il resto.
Esiste persino un mito della creazione a catena: Anu creava soltanto il primo elemento, il Cielo, che creava il secondo, più ridotto, la Terra, che a sua volta creava i corsi d’acqua da cui nacquero i ruscelli, e così via.
Varianti simili sono perfettamente in sintonia con un sistema religioso come quello mesopotamico, privo di un complesso di dogmi fissati una volta per tutte e di testi sacri e normativi che definiscano una dottrina precisa ed univoca. Eppure, in fondo ad ognuno dei vari testi sacri si trova una sorta di intuizione comune a tutte, un’intuizione riguardante le origini: il mondo, l’Universo esiste per opera degli dèi, così come dipende da essi per il funzionamento, qualunque sia il modo concreto col quale si immaginava, nei diversi testi, questa dipendenza.

  
LA MORTE E GLI INFERI

 
Alle suppliche e alle preghiere rivolte agli dei da parte degli uomini si sottraeva una sola prova, il peggiore dei mali, ma che nessuno poteva evitare, dato che era stato scritto fin dal primo momento nella natura e nel destino dell’uomo: “mùtu”, la morte. La morte naturale e normale, s’intende, alla fine d’una vita sufficientemente lunga e senza circostanze tragiche: esistevano infatti procedimenti esorcistici contro gli incidenti ed il trapasso prematuro, ma nulla poteva valere contro l’attesa conclusione della vita.
 
IL VIAGGIO DEL DEFUNTO VERSO L’ALDILA’

L’ultimo respiro sottraeva i defunti alla sovranità degli dèi celesti per farli passare sotto la tutela di quelli infernali.
Del morto rimaneva una specie di doppio ombroso, volatile, aereo, un “fantasma”(etemmu) che doveva raggiungere l’infinita schiera dei suoi predecessori nell’aldilà.
Per quanto riguarda l’ingresso dell’Inferno (nèreb Ersetim) non sono state trovate molte informazioni sui vari percorsi di accesso all’Aldilà.
In mancanza di testimonianze esplicite la logica voleva che ogni tomba avesse per il defunto che vi era stato deposto il ruolo di passaggio, di scala per sprofondare sotto terra, di vestibolo, di accesso nell’oltretomba: da qui l’impossibilità per i morti insepolti di raggiungere l’aldilà. Tuttavia ci sono molte altre idee ed ipotesi a proposito delle vie che conducevano negli Inferi: ad esempio sembra si sia immaginato che crepacci, aperture e fori nella crosta terrestre potessero dare accesso al Mondo sotterraneo.
I documenti più espliciti che sono stati ritrovati sull’argomento, tuttavia, collocano la Grande Porta dell’Inferno nell’estremo Occidente del Mondo, laddove il sole ogni notte sprofondava nella Terra prima di riattraversarla sotterraneamente per riapparire il mattino dopo all’opposta  estremità dell’orizzonte (e qui è evidente l’analogia con la religione egizia). Lo stesso Samas, il dio del Sole, era spesso strettamente collegato con i trapassati, di cui si doveva occupare nello stesso modo con cui si interessava dei vivi; si pensava che il dio del Sole conducesse un cammino sotterraneo, una sorta di interminabili tunnel che molto probabilmente coincidevano con l’ingresso all’Inferno.
Il defunto, per raggiungere l’estremo Occidente doveva intraprendere un cammino lungo e difficile, in vista del quale era indispensabile munirsi di abiti, sandali, otri d’acqua, bisacce e provvigioni da viaggio. Si prendeva il sentiero dell’Occidente; si attraversava obbligatoriamente il funebre deserto senza fine che portava a ovest, contrada di desolazione, fame e sete, riparo di fiere e di dèmoni, in cui si era esposti a tutti gli attacchi e si era costantemente tentati di tornare indietro. Si raggiungevano, infine, le lugubri sponde di Hubur (o anche Sahan/Irhan), il Mare che circondava la terra separandola dalle oscure rive dell’Aldilà, tanto poco discernibili che non si sapeva neppure con chiarezza se fossero al di là o al di sotto di questo mare cosmico. Molto probabilmente bisognava attraversare quest’immensa massa d’acqua sul battellino del barcaiolo infernale per passare finalmente la frontiera del Paese – senza – ritorno.

L’INFERNO

Tradizionalmente i mesopotamici si erano fatti dell’universo un concetto per così dire verticale e bipolare: lo consideravano come un immenso globo, composto da due elementi simmetrici, cioè la Parte alta (an/samù), o, se si preferisce, il Cielo, e la Parte bassa (Ki/ersetu), o Inferno, separati da un piano diametrale nel mezzo nel quale, circondata come un’isola dalle acque amare del mare (tàtmu) e poggiata sulla distese di acqua dolce dell’Apsu, si trovava la terra dei vivi. L’emisfero inferiore venne dato come spazio e cornice all’esistenza dei trapassati.

Il regno dei morti aveva diverse denominazioni, alcune delle quali niente affatto chiare come ad esempio Arallù, Lammù e Ganzer. Si diceva spesso e volentieri Ki, o Kur/Ersetu (“la terra”), nome globale dell’emisfero inferiore, o anche Ki.ta(mes)/Saplàtu (“le regioni di là sotto”), a volte ki.gal/Kigallu (“il grande basso”), Ki Utu.sùa. (“il luogo dove tramonta il sole”) ecc.

E’ probabile che si avesse un’idea molto confusa della disposizione interna dell’Inferno: tutto ciò che riguardava l’aldilà era infatti incontrollabile secondo la mentalità degli antichi mesopotamici e dunque immerso in una zona imprecisa, vaga, indistinta e colma di incongruenze e di elementi variabili e contraddittori.
L’oltretomba veniva considerato uno scialbo Inferno senza fiamme: un’ immensa, tenebrosa, silenziosa e triste caverna. Quando, piuttosto tardi, alcuni teologi vollero riorganizzare la disposizione dell’oltretomba, divisero l’Inferno in tre grandi piani, assegnando quello più profondo, più lontano dalla nostra terra, alla Corte dei potenti Anunnaki, le divinità infernali (quelle celesti erano chiamate Igigi); quello intermedio all’Apsu, la falda d’acqua dolce, e quello superiore, immediatamente al di sotto del nostro suolo e nel quale si aprivano le tombe, alla residenza degli spiriti degli uomini.

 
LA VITA NELL’OLTRETOMBA

Una volta giunto nell’aldilà il defunto doveva condurre, per l’eternità, un’esistenza scialba e torpida, una vita cupa e negativa in continua soggezione al dominio dispotico degli dèi infernali : addormentato e senza forze, immobile e coperto di terra, simile agli uccelli notturni dei fori e delle caverne, il defunto mangiava solo fango e beveva unicamente l’acqua fangosa degli stagni, comportamento agli antipodi di quello degli esseri viventi sulla terra; questa situazione, tuttavia, non gli impediva, ogni tanto, di tornare a spaventare e tormentare i vivi che lo avevano dimenticato.

Nell’Inferno vi erano le tenebre che sostituivano la nostra luce, l’immobilità e il silenzio sostituivano il nostro frastuono e la nostra agitazione, la polvere e il fango al posto dello splendore di tutto ciò che ci circonda. Ecco un brano spesso citato nella mitologia mesopotamica della morte:

 

Nel Paese – senza – ritorno, il regno di Ereskigal,

Istàr, la figli di Sìn, decise di recarsi:

Decise di recarsi, la figlia di Sìn,

Nella Dimora oscura, la Residenza d’Irkalla;

Nella Dimora da cui non escono più quelli che vi sono entrati;

Mediante il sentiero la cui andata è senza ritorno;

Nella Dimora in cui coloro che arrivano sono privati di luce,

Nutriti solo di humus e alimentati dalla polvere,

Sprofondati nelle tenebre, senza vedere mai il giorno,

Rivestiti, come uccelli, da un bizzarro manto di piume

Mentre sui battenti e sui catenacci si accumula la polvere…  .

 

Il tono è ben chiaro: in qualunque modo si immaginassero l’esistenza che segue la morte e la cornice in cui si svolge, si potevano giudicare soltanto profondamente tristi, scialbe, torpide, agli antipodi della nostra gioia di vivere, chiara e vivace persino nelle peggiori disgrazie.

GLI DEI INFERNALI  
Il pantheon infernale era del tutto diverso da quello celeste e le divinità infernali avevano tutte un carattere cupo, severo e ombroso.
La regina dell’oltretomba era ERESKIGAL, affiancata dal terribile marito NERGAL (chiamato anche ERRA); tutte le divinità dell’Oltretomba venivano chiamate ANUNNAKI e, tra queste, di particolare importanza era un gruppo di sette dèi che svolgevano le funzioni di “giudici”: i più importanti erano SAMAS, il dio del Sole, che in virtù del suo percorso notturno sotto la terra assumeva un certo ruolo nei confronti dei trapassati; GILGAMES, un re di Uruk diventato eroe di numerose leggende e successivamente divinizzato; NAMTAR, il Destino; PETU (nome che la maggior parte degli assiriologi legge NEDU), il Portiere infernale e altre divinità secondarie. Da ricordare sono, infine, alcune coppie di divinità: DURIDARI; LAHMULAHAMU; ALALABELILI, ecc.
Gli dèi infernali non erano dei morti ed esigevano, proprio come le divinità celesti, onori, una vita fastosa e senza problemi, pur se questa vita era talora a sua volta segnata da elementi negativi. Bisognava fornir loro ad ogni modo, come agli altri dèi, tutti i beni richiesti, il cui lusso e la cui abbondanza erano suggeriti dal Palazzo infernale di lapislazzuli dove si immaginava che dimorassero. Questo Palazzo era stato concepito come situato al centro di una vasta cittadella sotterranea, cinta da un’immensa muraglia e all’interno della quale non si poteva penetrare se non dalla Porta, severamente custodita dallo spietato Pètu, il capoguardia. Tutti i bastioni erano rinforzati sette volte da sette mura concentriche le porte delle quali erano custodite da un cerbero.
In alcuni brani mitologici si racconta che il defunto raggiungeva questa città sotterranea e che per entrarci doveva progressivamente denudarsi, abbandonando presso ciascuna delle sette porte qualcosa di sé, fino ad entrare completamente nudo nell’ultimo muro di cinta: qui sarebbe stato trattenuto dagli dèi per l’eternità. Il denudamento progressivo del nuovo arrivato rappresenta una metafora dell’esistenza di cui la morte ci spoglia sempre.

L’istituzione monarchica, dominante nelle città e nelle campagne della Mesopotamia, dominava anche nelle credenze religiose degli uomini e nella loro concezione dell’aldilà. Seppure avessero cambiato stato, infatti, i trapassati non avevano cambiato condizione: erano sempre sudditi di divinità sovrane, nel loro Anticielo, dove tutto ciò che si trovava di positivo sulla terra era in qualche modo caratterizzato dal segno negativo.
Così, dal Cielo alle profondità degli Inferi, dalla creazione del mondo (se non già da prima) si delineava e si manifestava ovunque quest’ostinata ed universale analogia con l’istituzione monarchica che, nella religione dell’antica Mesopotamia, rappresentava un incrollabile pilastro.
Gli antichi fedeli si sentivano guidati dagli dèi come dai re: si erano adattati a questo tipo di soggezione ed erano tempi lontani in cui gli uomini riconoscevano che non si poteva sfuggire al destino: erano tempi in cui non era stata ancora scoperta  la contestazione del potere.

 

BIBLIOGRAFIA

  • BOTTERO’, JEAN, Mesopotamia, Torino, Einaudi, 1987

Fonte:http://old.liceivaldagno.it/ScuoleInRete/trissino_valdagno/mediateca.nsf/9bc8ecf1790d17ffc1256f6f0065149d/eaa77160c84a9861c12570d7003f023c/Body/M28/egizia.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

La Mesopotamia
Tra i fiumi Tigri ed Eufrate. Oggi Iraq. Il nome "Mesopotamia" gli venne dato dagli antichi greci che chiamarono l'intera aera geografica "terra tra i fiumi". I territori erano senza monti così le città mesopotamiche erano sempre minacciate dalle invasioni di altri popoli. La Mesopotamia ha un territorio molto fertile, cioè aiuta la produzione e la crescita dei prodotti della Terra. La Mesopotamia era fertile dalle piene dei due fiumi.
Dal 5.000 a.C.  gruppi di uomini arrivano dalle montagne che si trovano intorno alla Mesopotamia e cominciano a coltivare la terra e costruire villaggi.
Altri popoli arrivano, ma non divengono mai sedentari.
Da questi due tipi di popolazione nascono i SUMERI.
I Sumeri sono il primo popolo che abita in Mesopotamia.
La prima civiltà nasce nella terra di Sumer, punto in cui il Tigri e l’Eufrate sfociano nel Golfo Persico (Foce: il luogo dove il fiume arriva al mare.).
I Sumeri erano bravi a lavorare la pietra e la ceramica.

Le città sumeriche
Le città sumeriche si formano lentamente: prima erano villaggi, poi piano piano si ingrandiscono perché migliora il modo di coltivare la terra  quindi c’è più cibo e la popolazione aumenta. Così si formano le città.
Uruk, Ur, Lagash e Nippur sono le città principali della Terra di Sumer; queste città non formano un unico Stato, ma sono piccoli Stati indipendenti: per questo sono chiamate città-stato.
Ogni città-stato comprende la città e un piccolo territorio fuori dalle mura, ha un esercito, delle leggi e come capo un re-sacerdote.
Poi alcune città diventano più potenti delle altre, le sottomettono e formano un impero (Impero: uno Stato dove un solo re comanda tanti Paesi e tanti popoli diversi.)

 

Fonte: http://lnx.liceisgv.it/docenti/parisi/files/2010/12/mesopotamia.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

La  civiltà  Mesopotamica.

All’ inizio  del  Neolitico, l’ area  fra  il Tigri  e  L’ Eufrate  era
ricoperta  di  acquitrini. Poi  il  clima  cambiò, le  piogge  diminuirono,  le  paludi si  prosciugavano e si trasformarono  in distese  di cereali.
Molti  nomadi  del deserto e gli  abitanti dei villaggi andarono verso
La pianura dei due fiumi. Qui  a  partire dal  3500 a.c. ebbe inizio
La storia  dei Sumeri.  Giunsero altri popoli, i Babilonesi  e gli
Assiri  che  continuarono  la civiltà  e la resero più grande. Gli antichi Greci molti secoli dopo diedero alla regione il nome di  Mesopotamia
Che  significa  terra fra i  due  fiumi.   

 

I Sumeri

I Babilonesi

Gli Assiri

Religione e scienza in Mesopotamia

La Mesopotamia oggi

 

I sumeri

Intorno  al      3500 a. C.  le popolazioni  si  erano stabilite  in  Mesopotamia  e  avevano  fondato  villaggi  e sviluppato  l’ agricoltura. La  regione  fu chiamata  Sumer  e i suoi  abitanti  Sumeri.  Quando  c’ erano  le  piene, il Tigri e l’ Eufrate traboccavano  e  allagavano  tutto il  territorio. I Sumeri  raccoglievano quest’acqua grazie a vasche di raccolta, argini e fossati. I villaggi divennero citta’  cinte da mura. Le citta’ piu’ importanti erano Ur, Lagash,Nippur e Uruk. Il cuore della citta’ era l’ area sacra della ziggurat dove viveva il re-sacerdote. Il re aveva il dominio sugli abitanti, era il capo dei sacerdoti, comandava le guardie e decideva come andavano divisi i raccolti. Le città dei Sumeri  erano città stato indigenti, cioè avevano un proprio re e un proprio territorio.

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Le invenzioni

Religione e scienza in Mesopotamia

La Mesopotamia oggi

 

 

I Babilonesi

 

Intorno  al  2000 a. C. gli  abitanti di Amur  occuparono  la
Mesopotamia  e ne  fecero un  impero.
Posero la  capitale  a Babilonia  e  gli  abitanti  furono 
chiamati Babilonesi. Il re Hammurabi  rese l’impero forte e
grande. Lui fece raccogliere e scrivere i principi e
le abitudini del  suo popolo. Queste furono le prime leggi
scritte, oggi conosciute con il nome codice di Hammurabi.

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La società babilonese

La stele di Amurabi

Religione e scienza in Mesopotamia

La Mesopotamia oggi

 

Gli Assiri

Intorno al primo millennio a.C. la Mesopotamia fu invasa dagli Assiri, un popolo guerriero.
Combattevano con armi di ferro , molto più resistenti di quelle di bronzo,costruivano macchine da guerra,usavano l’arco e carri leggeri e molto veloci.Il re Assurbanipal estese il suo impero in Anatolia,Palestina e in alcune terre del Nilo.
Ninive,la capitale si abbelli di giardini, grandi palazzi e fontane. A Ninive sorse una grande biblioteca che raccoglieva 22 mila tavolette con testi di scienze,religione, letteratura, con la scrittura cuneiforme.
Gli Assiri erano molto crudeli con i popoli sottomessi,uccidevano i bambini maschi per non avere futuri nemici.
Alla morte di Assurbanipal molti popoli si ribellarono e il dominio degli Assiri finì(612 a.C.).

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Religione e scienza in Mesopotamia

La Mesopotamia oggi

Le macchine da guerra

 

                          Le invenzioni dei Sumeri

 

Le invenzioni più importante dei Sumeri è stata la scrittura che utilizzavano
simboli a forma di cunei e perciò si chiamava cuneiforme.I cunei rappresentano le parole.I simboli cuneiformi venivano incisi con
bastoncini appuntiti (stili) su tavolette di argilla fresca.
Inizialmente  la scrittura fu usata per scopi pratici:contare,misurare  ec…ec…;in seguito vennero messi per iscritto preghiere,racconti, poesie…
Un’altra invenzione importante è stata la ruota.

I Sumeri

La società babilonese

La società babilonese era composta dal re, che  ha il dominio sul regno; dai muskkennum  che erano i lavoratori al servizio del re , dagli awilum   che erano ricchi mercanti, nobili e  sacerdoti ;  infine c’ erano i wardum  cioè i prigionieri e gli schiavi catturati durante le guerre.

I Babilonesi

 

La  stele  di  Hamurabi

La  stele di Hamurabi,ritrovata negli scavi  di  Susa  ( antica  cità dll’ Elma)  riporta il codice ,composto da  282 articoli in scrittura cuneiforme .Eccone  alcuni:
-Se un nobile toglie un occhio ad un  altro nobile, gli sarà tolto un occhio a un  muskkenum, Dovrà pagare  una d’argento.Se un nobile cava un occhio ad un wardum  di un
altro nobile, pagherà la meta del prezzo del wardum.

I Babilonesi

 

 

Le macchine da guerra

Gli Assiri avevano costruito macchine da guerra, come arieti e torri.
Gli arieti servivano a sfondare le porte delle città ed erano rinforzati;invece le torri erano di legno e servivano a superare le mura.

Gli Assiri

 

 

Religione e scienza in Mesopotamia

I popoli della Mesopotamia erano politeisti,cioè che credevano in molti dei.
Certe divinità rappresentavano aspetti della natura,come il dio del vento che era Enlil o il dio del cielo che era Anu,invece altre erano la personificazione di valori e sentimenti,come il dio della giustizia che era Samash e il dio dell’amore che era Isthar. In ogni città si venerava in particolare una divinità protettrice .Il dio dei Babilonesi era Marduk.
La gente della Mesopotamia credeva nella presenza dei demoni buoni e cattivi. Usando formule magiche,con pietre e pozioni d’erbe,gli stregoni sapevano allontanare demoni malvagi e ottenere il favore degli spiriti buoni. C’erano sacerdoti indovini che predicevano il futuro scrutando il fegato degli animali e interpretando i sogni. Invece altri erano astrologi che leggevano il futuro dalle stelle. I Babilonesi fecero osservazioni astronomiche e impararono a distinguere le stelle dai pianeti.
Studiarono la costellazione dello Zodiaco e inventarono il calendario composto da 12 mesi. I Babilonesi usavano un sistema di calcolo che non era decimale ma sessagesimale cioè di 60 in 60.

I Sumeri

I Babilonesi

Gli Assiri

La Mesopotamia oggi

 

 

 

La Mesopotamia oggi

 

Oggi la Mesopotamia si chiama Iraq e la sua capitale è Baghdad . L’Iraq è  più grande dell’Italia ma ha solo la meta degli abitanti . Il territorio è  in gran parte desertico, ma ha sempre posseduto grandi ricchezze :oggi estesi giacimenti di petrolio ,in passato rigogliose coltivazioni di cereali .L’Iraq sta combattendo da alcuni anni una violenta guerra.

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Fonte: http://digilander.libero.it/IONIO23/ipertesti/4%20E%20La%20civilt%E0%20mesopotamica.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Mesopotamia

 

Introduzione

Il sistema religioso dell’antica Mesopotamia, tra il quarto millennio a.c e la nostra era, è quello della più antica religione di cui abbiamo una conoscenza sufficientemente esplicita, esclusivamente politeista e anteriore di oltre venti secoli a quella di Israele, la religione Mesopotamica ha forse avuto su di questa un influenza, diretta o no, in materia di   rappresentazione del divino? Uno schema mitologico si ritrova nella bibbia molto prima che nella letterature Mesopotamica, creazione dell’uomo e del mondo, il Diluvio, la signoria degli uomini ostacolata dal peccato, la Morte e poi………….

 

Sguardo generale sulla religione Mesopotamica

Nella società Sumerica hanno notevole importanza religione e magia, la dimensione spirituale e le preoccupazioni per l’aldilà, si esprimevano in un politeismo. Accanto alle divinità antropomorfe erano oggetto di culto anche elementi naturali come sole, stelle e luna.
Ogni città era proprietà di un dio, del quale il re (lugal) e i sacerdoti (en) erano i rappresentanti. Tanto più potente era il dio, tanto più potente era la città: ogni successo o insuccesso veniva attribuito alla volontà divina. Ogni città aveva un dio, quindi quando questa città era a capo di un periodo storico saliva in cima alla scala gerarchica delle divinità.
Divinità principali (sumeriche)
Liste arcaiche enumerano, nella prima metà del terzo millennio che i loro devoti avevano forgiato per risolvere i problemi posti dall’origine e dal funzionamento dell’universo e della realtà. Il pantheon più antico era stato immaginato soprattutto dai Sumeri poi riversato nelle civiltà successive. Così come la visione degli dei. I più antichi miti ce li dipingono assolutamente “umani”, debolezze e difetti inclusi. C’erano anche demoni e divinità minori per ottenere vantaggi specifici.

  • AN, dio del cielo,
  • Enlil, dio del vento, la divinità più importante della bassa Mesopotamia,
  • Inanna, dea della vegetazione e dell’amore,
  • Enki, dio delle acque sotterranee
  • Utu, dio del sole.

LE divinità babilonesi

Per quanto riguarda le divinità babilonesi sono molto simili a quelle sumere anche perché, con la successione dei “dominatori” sulla terra della Mesopotamia, causa un grande espandersi della cultura lasciata appunto dai Sumeri. La divinità principale della scala gerarchica babilonese era Marduk, un dio dotato soprattutto di poteri magici, poteri che aveva assunto dal padre Enki.
Una cosmologia riveduta in favore di Marduk: abbiamo un documento, più precisamente un epopea: enuma elis, quando in alto……… che risale al 1100 A.c che ci parlano di temi cosmologici e mitici riferenti e a Enki, padre di Marduk.
Enki il dio per eccellenza, aveva saputo ottenere l’acqua dolce primordiale, e stabilire un ordine cosmico vitale ma solo Marduk riuscirà a vincere l’acqua salata, la madre di tutti loro dei. Dopo questa vittoria Marduk riuscirà ad organizzare per bene il cosmo, dando un posto a tutti gli dei che sono sudditi dello stesso Marduk, signore del pantheon. Gli si attribuisce come figlio Nabu, “il sublime erede”.
Marduk: egli non è sempre stato la divinità principale, infatti quando Babilonia non era una città molto importante sia a livello interno che esterno della Mesopotamia, non era neanche conosciuto come divinità. Quando però Babilonia divenne importante durante il regno di Hammurabi, Marduk divenne la divinità più importante. Successe alle divinità Anu e Enlil. Si dice che Marduk sia l’incarnazione di tutti i poteri delle altre divinità. Come già detto assunse dal padre il potere della magia, fattore molto importante per le popolazioni dell’epoca. Si definisce anche BEL, e il suo palazzo in terra si chiama ESAGILA: “il tempio che alza la testa”

 

Il re prende la mano del dio per la festa del nuovo anno

È molto importante prendere in considerazione una delle feste religiose più importanti che si tenevano dal primo all’undicesimo giorno del primo mese dell’anno: AKITù. Cioè religiose, quella in onore di Marduk che si svolgeva dal primo all’undicesimo Marduk doveva passare tre giorni nel suo tempio, mentre i re portavano omaggi allo stesso dio. Era importante la presenza del re alla festa che doveva prendere le mani del dio per farlo uscire dal tempio, poi il rituale proseguiva. IL quarto giorno della festa si recitava l’epopea della creazione dall’inizio alla fine. Il quinto giorno il re partecipa al rituale, il sacerdote lo costringeva a inginocchiarsi davanti al dio tirandogli uno schiaffo, mentre Marduk doveva consegnargli il suo potere, se il re piangeva aveva assunto la benedizione del re, se no non ne era stato degno.

 

La torre di Babele

La torre di Babele viene edificata durante il regno di Nobucodonosor e aveva uno scopo ben preciso. La vicenda della torre di Babele, raccontata anche nella Bibbia, parla del desiderio degli uomini di avvicinarsi il più possibile al cielo in modo da avere un contatto più stretto con le divinità. La struttura della torre infatti era quella degli Ziggurat, costruzioni importanti a livello urbanistico, costruite impilando milioni e milioni di blocchi di cemento, che possedevano nella parte più alta un tempio. Più alta era la torre più l’accesso del dio ad esso era semplice. Le più importanti ziggurat si trovavano nelle città di Ur e Uruk nella Bassa Mesopotamia.

 

Fonte: http://www.sacrocuore.org/iscweb/files/materiale/ricerca%20sugli%20dei%20mesopotamici.doc

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