Europa liberale dal 1830 al 1848 riassunto
Europa liberale dal 1830 al 1848 riassunto
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Europa liberale dal 1830 al 1848 riassunto
L’Europa liberale dal 1830 al 1848
La rivoluzione di luglio in Francia
La crisi dell’assetto politico sancito dal congresso di Vienna parte dalla Francia.
Il nuovo monarca Carlo X aveva idee reazionarie: ripristinò l’antico rituale dell’incoronazione-consacrazione e la cerimonia delle miracolose guarigioni reali; nel 1825 emanò due leggi, la “legge del miliardo”, che indennizzava le famiglie aristocratiche per le proprietà perdute durante la rivoluzione, e la “legge del sacrilegio”, che equiparava gli atti contro il culto cattolico ai crimini di lesa maestà.
Chiamò inoltre al governo un altro conservatore, il principe di Polignac. Nel 1830, insieme, occuparono l’Algeria, con lo scopo di distogliere l’attenzione dalle vicende interne e di rilanciare la Francia come grande potenza.
Contro l’opposizione liberale ogni giorno più forte, Carlo X emanò le quattro ordinanze, con le quali abolì la libertà di stampa, restrinse il corpo elettorale e indisse nuove elezioni, realizzando un vero e proprio colpo di stato.
Nel paese si diffonde la protesta; a Parigi scoppia un’insurrezione che costringe Carlo X a fuggire. I liberali chiamano sul trono di Francia il liberale Luigi Filippo d’Orleans, il quale assunse il titolo di re dei francesi e ripristinò la bandiera tricolore, simbolo della rivoluzione e dell’età napoleonica.
La rivoluzione di luglio sancì il principio che la legittimità del potere monarchico derivava da un accordo con la nazione; inizia così la monarchia di luglio.
Le ripercussioni europee della rivoluzione di luglio
La rivoluzione si propagò:
Belgio: gli indipendentisti liberali e cattolici insorsero chiedendo la separazione dai Paesi Bassi, respingendo l’esercito olandese. L’Austria e le altre potenze non intervennero.
Luigi Filippo si oppose ad un intervento controrivoluzionario della Santa Alleanza, affermando il principio del “non intervento” negli affari interni degli Stati. Inoltre alla Francia non dispiaceva la nascita di uno stato belga, che avrebbe potuto entrare nella sua sfera d’influenza.
Il Belgio si proclamò così indipendente e nel 1831 si dette una costituzione monarchica di tipo liberale; la corono fu attribuita ad un principe tedesco, Leopoldo I di Sassonia-Coburgo.
Polonia: nel 1830 insorge contro la dominazione russa, ma il moto viene soffocato dallo zar Nicola I con l’appoggio di Austria e Prussia.
Portogallo: l’imperatore del Brasile Pedro I torna in Portogallo e cerca di spodestare il fratello reazionario Michele, con l’Aiuto delle forze costituzionali. Ne nasce una guerra civile dal 1832 al 1834, che vede vincitore Pedro I.
Spagna: alla morte del re Ferdinando VII di Borbone i discendenti si contendono il trono: don Carlos, con le forze reazionarie, e Cristina e Isabella con i liberali costituzionali. La guerra civile termina nel 1839 con la vittoria dei costituzionali.
Francia e Inghilterra, che hanno appoggiato i regimi liberali in Portogallo e Spagna, stringono con essi la Quadruplice Liberale.
I moti italiani:
Nel 1831 il patriota carbonaro Ciro Menotti organizza comitati insurrezionali nei ducati emiliani e in Romagna, sperando che il duca di Modena Francesco IV lo appoggi per realizzare una politica di espansione territoriale; però all’ultimo momento il duca si ritira e fa imprigionare e fucilare Menotti.
Nonostante questo l’insurrezione scoppia nel Ducato di Modena, nel Ducato di Parma e nello Stato pontificio. I patrioti riescono a proclamare il governo delle Province unite, ma presto gli Austriaci intervengono militarmente sconfiggendo i rivoluzionari e ristabilendo la situazione preesistente.
Il liberalismo in Inghilterra
Nel 1830 ci fu la caduta del ministero conservatore a favore di un governo di coalizione composto da “whigs” e “tories” liberali, presieduto da lord Charles Grey; egli presentò subito in Parlamento un progetto di riforma elettorale, che venne approvato con fatica nel 1832 (“Reform Bill”); con esso la legge elettorale rimase censitaria ma uniformata, e venne ridimensionato il predominio politico dei proprietari terrieri a favore dei nuovi interessi mercantili ed industriali.
Ci furono anche numerose riforme amministrative in ambito locale: nelle grandi città furono poste amministrazioni elette dai contribuenti, mentre nei centri minori furono posti dei giudici di pace.
Il parlamento adottò poi alcune misure di protezione sociale, tra cui la legge sulle fabbriche (“Factory Act”), la legge sui poveri, i quali potevano essere accolti nelle case di lavoro.
A partire dagli anni 30 i lavoratori dettero vita al movimento cartista, che prendeva il nome dalla Carta del popolo, un documento redatto da alcuni intellettuali radicali per una risistemazione della costituzione; essa però non venne mai accolta dal Parlamento.
Sorse anche il problema delle “Corn-Laws”, delle leggi che tenevano il prezzo del grano artificialmente elevato nell’interesse dei produttori agricoli; contro q,te leggi si schierarono i fautori del libero commercio capeggiati da Richard Cobden, i quali vinsero. L’Inghilterra ormai sarebbe stata guidata dalla borghesia industriale, finanziaria, commerciale.
La Francia sotto Luigi Filippo
Furono prese misure riformatrici: vennero aboliti la censura e i tribunali straordinari; la religione cattolica passò da religione di stato a religione “della maggioranza”; fu organizzata una guardia nazionale; fu varata una nuova legge elettorale.
Jacques Laffitte, capo del governo, proclamò il principio del “non intervento” a sostegno delle parti politiche europee schierate contro l’assolutismo; questo principio fu ribadito anche dal successore Casimir-Pierre Perier. Ciò portò però anche allo spegnimento dei valori ideali; inoltre la monarchia di Luigi Filippo era avversata dai borbonici nostalgici dell’ancien regime, dai cattolici e dai bonapartisti, che volevano restituire alla Francia una posizione di prestigio in Europa.
Nel 1840 divenne ministro degli esteri François Guizot, fautore di una politica di centro, lontana dagli estremismi dei reazionari e dei rivoluzionari.
I rapporti internazionali
Il nuovo assetto dell’Europa fu sancito dall’ accordo di Munchengratz, con il quale Austria, Russia e Prussia riconfermarono la fedeltà ai principi della Restaurazione; si formò anche la Quadruplice Alleanza tra Gran Bretagna, Francia, Spagna e Portogallo.
Ma a scompaginare l’assetto europeo fu la questione d’Oriente, in cui la Russia voleva accelerare le disgregazioni dell’impero ottomano, mentre Austria e Inghilterra
si opponevano→ il pascià d’Egitto attaccò la Turchia per ottenere il controllo della Siria che gli era stato promesso per il suo aiuto offerto alla flotta egiziana contro i greci insorti; il sultano turco riuscì a respingere gli egiziani con l’intervento della Russia, alla quale fu concesso di essere la sola ad attraversare gli stretti con le sue navi.
C’erano inoltre rivalità fra Francia e Gran Bretagna.
Le correnti politiche del Risorgimento
L’Italia economica nel Risorgimento
I sovrani italiani si attennero ad una politica conservatrice: Carlo Alberto nel Regno di Sardegna, Gregorio XVI nello Stato Pontificio e Ferdinando II nel Regno delle due Sicilie.
L’epoca del Risorgimento è quella che va dai moti del 1831 alla proclamazione del Regno d’Italia nel 1861; essa vide uno scontro tra coloro che auspicavano riforme capaci di apportare modernità all’Italia e coloro che volevano un’Italia ancorata al proprio passato, nonostante le relazioni con il resto d’europa divenissero sempre più fitte.
Il panorama economico e sociale italiano era molto diversificato:
AGRICOLTURA:
Nella Pianura padana dominava la grande azienda agraria, in Toscana, Umbria e Romagna prevaleva la mezzadria; nel meridione le strutture agrarie erano di tipo feudale, tramite latifondi in concessione in affitto.
INDUSTRIA:
Intorno al 1840 in Lombardia vi fu un sensibile risveglio industriale, anche grazie all’efficiente amministrazione austriaca, ad una buona rete stradale e ad un diffuso sistema scolastico. Il settore guida era quello tessile, in cui comparvero le prime fabbriche meccanizzate; si sviluppò anche l’industria metalmeccanica.
Anche in Piemonte erano presenti elementi di crescente dinamismo economico, dapprima nel settore tessile.
Questa crescita economica era favorita dalle protezioni doganali e dalla disponibilità di forza-lavoro a buon mercato.
In Veneto la situazione era meno vivace; il porto di Venezia era in decadenza.
In Toscana si svilupparono alcune attività industriali, ma di poco conto; Livorno si distingueva per il suo porto vivace.
Lo Stato Pontificio faticava a far sorgere moderne attività manifatturiere.
Nel Regno delle due Sicilie furono fondati importanti stabilimenti tessili e metalmeccanici, anche se la società rimaneva troppo povera e arretrata.
LA QUESTIONE FERROVIARIA:
le strutture erano inadeguate; per sviluppare la rete ferroviaria si mossero i gruppi politici di ispirazione liberale e democratica, i quali incalzarono i vari Stati.
Giuseppe Mazzini
Nacque a Genova e si iscrisse subito alla Carboneria, ma venne arrestato e nel 1831 andò in esilio in Francia, entrando in contatto con gruppi democratici e repubblicani francesi, tra cui Filippo Buonarroti, legato alla tradizione giacobina della rivoluzione francese.
Secondo Mazzini i moti italiani avevano fallito a causa del tipo di azione politica svolta dalla Carboneria→ la segretezza aveva impedito ai cospiratori di creare intorno alle loro idee un ampio consenso; la mancanza di un programma ben definito aveva creato incertezze e divisioni interne.
Nel 1831 fondò quindi la Giovine Italia, un’associazione semi-segreta con impostazione repubblicana e democratica, che si diffonde tra i patrioti italiani esiliati in Francia. Il suo compito era quello di fare un’opera di educazione per formare una nazione italiana decisa a conquistare da sé il diritto alla libertà per mezzo di una partecipazione alla guerra armata per bande. I fondamenti erano la propaganda e la lotta.
L’Italia doveva essere unita e repubblicana (“Una, Indipendente e Sovrana”), grazie all’eliminazione delle divisioni politiche e della dominazione straniera.
La futura Italia doveva essere una repubblica.
Era importante per l’avanzamento dell’umanità l’associazione tra uomini.
Roma si sarebbe posta come guida della nuova Europa dei popoli, senza l’aiuto della Francia (Mazzini si considera il profeta della terza Roma). Il movimento nazionale doveva avere come protagonista il popolo.
Mazzini concepiva il popolo e la nazione solo in chiave morale e spirituale, non precisando però il tipo di istituzioni giuridico-politiche.
Non riconosceva inoltre le condizioni reali delle popolazioni italiane.
Il suo fine essenziale era il riscatto morale e politico della nazione italiana, senza indicare obiettivi economici e sociali reali.
La rivoluzione doveva essere realizzata dall’azione congiunta dei ceti borghesi e delle classi popolari.
Il suo pensiero era pervaso da una forte carica di religione laica: Dio manifesta la sua volontà attraverso la nazione, cioè il popolo. Il progresso è una missione che spetta ad ogni popolo.
Le iniziative della Giovine Italia si diffusero presto anche in Liguria, Lombardia, Emilia, Toscana e Piemonte; le azioni però non riescono a coinvolgere le popolazioni e sono represse dalla polizia. Il marinaio Giuseppe Garibaldi, che doveva organizzare l’ammutinamento della flotta sabauda a Genova, è costretto a fuggire prima in Francia e poi in Sudamerica.
Nonostante ciò nel 1834 Mazzini fonda la Giovine Europa, un movimento rivoluzionario internazionale, che però non produsse risultati di rilievo.
In seguito Mazzini venne accusato dai moderati di lanciare i suoi giovani seguaci allo sbaraglio e fu costretto ad andare in esilio a Londra.
Tra il 1840 e il 1846 si ebbero in Italia numerosi tentativi insurrezionali, tra cui quello dei fratelli Bandiera nel 1844→ i due veneziani sbarcarono con altri compagni in Calabria, dove pareva fosse in atto una sollevazione popolare antiborbonica; furono però catturati dalla gendarmeria borbonica e poi fucilati.
Il liberalismo moderato
La strategia insurrezionale dei democratici uscì screditata da queste sconfitte, mentre presero piede le posizioni dei moderati che proponevano soluzioni graduali e pacifiche.
Il movimento liberale moderato riuniva un ampio numero di scrittori e la gran parte dell’opinione pubblica borghese. Era caratterizzato dall’avversione per l’immobilismo della Restaurazione e dalla convinzione che l’Italia doveva essere avviata verso la modernizzazione civile ed economica. Privilegiava il riformismo graduale.
L’iniziativa dei moderati cominciò nel campo della CULTURA→ in letteratura: Alessandro Manzoni, che nei “Promessi Sposi” del 1827 inserì intendimenti morali e pedagogici, Silvio Pellico, Massimo d’Azeglio.
In filosofia: fu riallacciato il dialogo con il criticismo kantiano e con l’idealismo tedesco.
In campo scolastico: furono editi libri con espliciti intendimenti educativi; furono istituite scuole professionali e fondati asili infantili; fu data particolare importanza agli studi di storia, al fine di trarvi auspici per il presente; ci si concentrò anche sullo studio di problemi concreti, di ordine tecnico, economico e amministrativo.
Importante fu l’opera di informazione svolta da alcune riviste.
Nel 1839 si tenne a Pisa il primo Congresso degli scienziati italiani.
POLITICA→ il progetto politico del federalismo moderato scaturì dallo studio del passato e dalla riflessione sulle condizioni presenti.
Mancò però per molti anni una precisa strategia politica.
Vincenzo Gioberti: un abate piemontese convinto che la religione avesse una funzione essenziale per la società, in quanto senza di essa non era possibile dare unità e disciplina alla società. Il primato dell’Italia rispetto alle altre nazioni consisteva appunto nell’essere stata sede del Papato.
La proposta giobertiana era la creazione di una confederazione di stati monarchici sotto l’egida della Chiesa; con ciò egli riuscì anche ad accostare al moto nazionale il mondo cattolico, che prima era rimasto sempre ostile o in disparte.
La posizione di Gioberti, detta neoguelfismo, dal 1843 al 1848 fu l’ideologia dominante nell’ambito del liberalismo moderato. Presentava però alcuni limiti: l’improbabilità dell’unione tra cattolicesimo e libertà, a causa del papa reazionario Gregorio XVI e dell’ordine dei Gesuiti, in opposizione al liberalismo; la mancanza nel programma della soluzione del problema della presenza austriaca in Italia.
Nel 1851 Gioberti rinunciò però a questo programma, sostenendo l’esigenza di affidare al Piemonte il compito di realizzare uno Stato nazionale unitario.
Sulla questione della presenza austriaca nel 1844 era stata pubblicata l’opera di Cesare Balbo; egli condivideva la scelta monarchico-confederale di Gioberti, ma si rendeva conto che il problema italiano toccava la questione dell’equilibrio diplomatico dell’Europa.
Gli Stati italiani dovevano conquistare l’indipendenza quando la crisi dell’Impero ottomano avrebbe spinto l’Austria verso i Balcani. Con l’espansione balcanica l’Austria avrebbe rinunciato più facilmente alle province italiane, che avrebbero potuto essere assegnate al Regno di Sardegna. Grazie a questa espansione la monarchia sabauda avrebbe assunto la guida della Confederazione italiana.
Dopo l’opera ci fu un riavvicinamento di Carlo Alberto al moto nazionale.
Gli avvenimenti romagnoli del 1845: Massimo d’Azeglio bloccò un moto insurrezionale che si stava lì preparando.
In seguito d’Azeglio scrisse su questo avvenimento un opuscolo, “Degli ultimi casi di Romagna”, che divenne un vero e proprio manifesto del moderatismo liberale. Vi era denunciato il malgoverno pontificio e venivano indicate le vie della libertà e dell’indipendenza; inoltre era presente una dura critica dei metodi cospirativi e insurrezionali.
Per la creazione di un vero mercato nazionale era necessario abolire i dazi doganali che impedivano la libera circolazione delle merci tra gli Stati italiani.
Nello stesso periodo Camillo Benso conte di Cavour pubblicava su una rivista francese un articolo sulle ferrovie in Italia, in cui affermava che erano ormai passati i tempi del dispotismo conservatore e delle cospirazioni, e che si doveva guardare con fiducia ai progressi della civiltà e allo sviluppo della società.
Anche i moderati cattolico-liberali toscani, tra cui Gino Capponi e Bettino Ricasoli, si impegnarono a realizzare opere di utilità sociale per migliorare la condizione dei contadini.
Nel 1846 venne eletto il nuovo papa, Pio IX.
Il federalismo di Carlo Cattaneo
Per Cattaneo l’Italia dove mettere da parte l’orgoglio nazionale e concentrarsi per raggiungere il progresso economico e civile.
L’Italia doveva diventare un paese moderno, con una legislazione progredita, un’amministrazione efficiente e una cultura tecnico-scientifica aggiornata.
Si distingueva dalla posizione dei moderati per il suo netto laicismo e per la sua spregiudicatezza intellettuale; quindi Cattaneo fu un radicale.
Secondo lui il progresso della civiltà era la conseguenza dell’esercizio della libertà; si schierò quindi contro il protezionismo statale, contro le limitazioni poste al diritto di proprietà e contro il dispotismo.
Era convinto che la Lombardia era retta da un’amministrazione sicuramente più laica ed efficiente di quella degli altri Stati italiani, ma era anche convinto che bisognava trasformare l’impero asburgico in una federazione degli Stati, sul modello dei cantoni svizzeri, di cui avrebbe fatto parte anche il Lombardo-Veneto, in modo che fosse garantito un ordinato sviluppo della libertà. Era necessario uno stato federale in quanto con uno Stato centralizzato non si sarebbero tenute adeguatamente in conto le diverse realtà locali; per l’Italia la soluzione federalista era la più ragionevole, date le profonde diversità tra le varie regioni.
A causa delle sue posizioni ostili ai neoguelfi e moderati, ai mazziniani e ai socialisti, Cattaneo si trovò però in una condizione di isolamento politico.
Anche Giuseppe Ferrari ebbe in comune l’ideologia federalista.
Fonte: http://blog.reteluna.it/comunicazionelecce/wp-content/uploads/2009/03/riassunti-storia-contemporanea.doc
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