Rivoluzione copernicana di Copernico riassunto e sintesi
Rivoluzione copernicana di Copernico riassunto e sintesi
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LA RIVOLUZIONE COPERNICANA
‑ Vita e opere di Copernico
Fino a qualche tempo addietro i trattati di storia indicavano nella Riforma e nella Controriforma gli eventi più importanti del secolo XVI, gli eventi cioè che segnarono la fine di un'epoca e l'inizio di un'altra. Oggi finalmente si comincia a capire che l'evento più importante di tale epoca fu invece la rivoluzione scientifica.
Questa rivoluzione rovesciò l'autorità non solo della scienza medievale ma anche di quella del mondo antico, dal momento che non solo portò all'eclisse della filosofia scolastica ma anche alla demolizione della fisica aristotelica; essa supera per importanza ogni avvenimento dal sorgere del cristianesimo, e riduce il Rinascimento e la Riforma al livello di semplici episodi, semplici spostamenti interni entro il sistema della cristianità medievale, dal momento che la rivoluzione scientifica cambiò il carattere delle abituali operazioni mentali degli uomini anche nei riguardi delle scienze non materiali, trasformando l'intero diagramma dell'universo fisico e la struttura della stessa vita umana.
A quali anni dobbiamo far risalire l'inizio di tale rivoluzione? Pur non negando che essa raggiunse la sua piena attuazione solo nel secolo XVII, possiamo tuttavia rispondere che ebbe senza dubbio inizio nel secolo XVI, e che ‑ se ha senso collegare questo inizio a un ben determinato nome ‑ tale nome è incontestabilmente quello di Nicolò Copernico.
Nato nel 1473 a Torun da famiglia borghese, Copernico compì i primi studi nella città natale, per trasferirsi poi nel 1491 (cioè all'età di diciotto anni) a Cracovia, onde frequentarvi quella gloriosa Università. Cracovia era allora non solo la capitale della Polonia, ricca di commerci e di varie attività produttive, ma era anche un grande centro di studi, aperto alla nascente cultura del Rinascimento. L'Ateneo si articolava in quattro facoltà: di teologia, filosofia, diritto e medicina: ma oltre ad esse vi aveva anche sede una scuola matematico ‑ astronomica che godeva di grande fama in tutta l'Europa.
Dopo una permanenza di cinque anni a Cracovia, il giovane Copernico partì per l'Italia, unanimemente riconosciuta in quell'epoca come la culla della nuova cultura. In Italia frequentò le università di Padova, di Bologna e di Ferrara; e in quest'ultima si addottorò in giurisprudenza. Ma oltre agli studi di medicina (compiuti a Padova) ed a quelli umanistico ‑ giuridici, egli veniva anche maturando le proprie conoscenze matematico ‑ astronomiche particolarmente a Bologna e a Ferrara. Si ricordi che a Ferrara aveva lavorato a lungo verso la metà del Quattrocento Giovanni Bianchini, autore delle famose Tabulae astronomiae, ben a ragione considerato uno degli astronomi più intelligenti e più aperti del secolo XV. Il suo insegnamento aveva lasciato delle orine che erano ancora ben profonde allorché Copernico si iscrisse allo Studio ferrarese. A Bologna poi questi ebbe come maestro di astronomia il celebre ferrarese Domenico Maria da Novara, che era stato discepolo del Bianchini.
E` naturale che il giovane polacco, già sensibilizzato in patria agli interessi astronomici, abbia consolidato in Italia questi interessi, convincendosi sempre più dell'enorme importanza delle ricerche astronomiche.
Ritornato in Polonia nel 1503, visse dapprima a fianco dello zio materno vescovo di Watzenrode, che qualche anno prima aveva ottenuto al nipote il canonicato di Frombork. Alla morte dello zio, nel 15 12, si trasferì nella sede di tale canonicato, dove trascorse il resto della sua vita, salvo un soggiorno di quattro anni a Olsztyn (1516‑1520). Tanto a Frombork quanto a Olsztyn, suddivise il proprio tempo fra i più rigorosi studi matematico ‑ astronomici e una multilaterale attività pratica, sia in qualità di medico (dei ceti più elevati e di quelli più umili) sia in qualità di amministratore (curando la sistemazione di contadini nelle masserie abbandonate del capitolo di Vannia, occupandosi della riforma monetaria, esercitando le sue qualità diplomatiche per attenuare il conflitto polacco ‑ teutonico, ecc.). In ciò egli mostrava di essere l'espressione diretta di una società in pieno sviluppo, animata da forti e profonde esigenze culturali ma non disposta a considerare lo studio come un'evasione dagli impegni civili: ben convinta, anzi, che lo studio costituisse proprio una delle armi più efficaci per porci a contatto col reale in tutta la sua complessità.
L'impegno dedicato alla ricerche astronomiche diede molto presto i migliori frutti. Già nel 1515 Copernico era in grado di diffondere tra gli amici un breve commentario manoscritto sulle ipotesi dei moti celesti (De hypothesibus motum coelestium), in cui venivano formulate con chiarezza le tesi centrali del futuro "sistema copernicano". Intanto la sua fama di esperto astronomo si era talmente diffusa che il quinto Concilio Lateranense (1511‑1517) volle sentire il suo parere sul problema della riforma del calendario. Nel 1530 egli aveva ormai condotto pressoché a termine il manoscritto della sua massima opera De revolutionibus orbium coelestium libri sex; malgrado varie sollecitazioni ricevute, preferì tuttavia non darlo alle stampe per poterlo arricchire di ulteriori prove e precisazioni. Fu solo nel 1540 che il mondo dei dotti ebbe ufficialmente notizia dell'opera, in quanto tale anno un discepolo entusiasta del nostro autore, Georg Joachim Rheticus, al quale era stato affidato il prezioso manoscritto, pubblicò la celebre Narratio prima che conteneva una lucida esposizione della cosmologia copernicana.
Finalmente nel 1542 Copernico si decise a dare alle stampe il De revolutionibus. L'edizione venne curata dal teologo luterano Andrea Osiander, il quale antepose all'opera una breve introduzione anonima (introduzione che, appunto per non portare alcuna firma, venne da parecchi lettori attribuita allo stesso Copernico) in cui, per mitigare il carattere rivoluzionario, la nuova cosmologia veniva presentata come una mera ipotesi senza alcuna pretesa di verità («neque enim necesse est eas hypotheses esse veras, immo ne verisimiles quidem»). Il volume uscì nel maggio 1543 e si narra che la prima copia di esso sia stata portata a Copernico gravemente ammalato il 24 di tale mese, cioè il giorno stesso della sua morte.
‑Il significato dell'opera di Copernico nel pensiero moderno
Il sistema copernicano considera la Terra non più come il centro dell'universo, ma come un semplice pianeta fornito di tre moti: una rotazione quotidiana intorno al proprio asse, un moto orbitale annuale intorno al Sole, e infine un moto conico annuale dell'asse terrestre (moto quest'ultimo capace di compensare l'effetto che il moto orbitale ha su tale asse).
Si può tuttavia rivalutare il carattere innovatore della cosmologia copernicana, per es. l'originalità dei nostro autore. In altri termini: Copernico è stato veramente il primo ad abbandonare la tradizione aristotelico‑tolemaica, o si è limitato ad opporle un'altra tradizione, parimenti antica, di studi astronomici? Ormai tutti sanno che è il secondo corno del dilemma a risultare vero. Molti pensatori del Rinascimento dimostrano una vivissima propensione per la filosofia pitagorica e del resto condivide egli stesso tale propensione.
Da un lato infatti si ricollegava in modo manifesto a Tolomeo per il metodo prettamente matematico usato nel trattare i modelli astronomici; da un altro lato accoglieva non pochi contenuti della cosmologia aristotelica. Basti ricordare che il sistema copernicano concorda con quello aristotelico‑tolemaico nell'ammettere il carattere finito dell'universo, nell'ammettere che il moto dei pianeti (e quindi anche della Terra) risulti circolare uniforme, e infine nell'ammettere che i corpi celesti, nonché l'intero universo, debbono avere una forma sferica.
Un altro quesito riguarda il valore reale che Copernico avrebbe o no attribuito alla propria teoria. La presentò, pare, come una semplice ipotesi matematica, senza alcuna pretesa di aderenza alla realtà. Non pochi autori dell'epoca fecero propria, o finsero di fare propria, tale interpretazione che consentiva di accogliere sul piano scientifico la cosmologia copernicana, senza dovere rivoluzionare, di conseguenza, la concezione tradizionale del mondo, confortata dalla tradizione della religione cristiana.
Rimane la cura con cui Copernico esamina, e confuta, gli argomenti addotti dagli antichi, in particolare da Tolomeo, a favore dell'immobilità della Terra; tipica sotto questo aspetto la polemica contro la pretesa tolemaica che la Terra dovrebbe disgregarsi qualora ruotasse intorno al proprio asse («Frustra ergo timet Ptolomaeus ne terra dissipetur [.. ] in revolutione»).
Se è vero che Copernico è fermamente convinto della realtà del movimento della Terra, quali sono gli argomenti da lui addotti a favore di questa tesi? Un esame attento dei De revolutionibus dimostra che gli argomenti con cui Copernico ritiene di poter dimostrare la propria teoria sono sostanzialmente di carattere astronomico.
Thomas Kuhn:
Copernico e i suoi contemporanei non ricevettero in eredità soltanto l'Almagesto, ma anche i sistemi astronomici di molti astronomi musulmani e di alcuni europei che avevano criticato e modificato il sistema di Tolomeo [...] Uno aveva aggiunto o tolto qualche piccolo cerchio; un altro aveva usato un epiciclo per spiegare una certa irregolarità dei pianeti che Tolomeo aveva originariamente trattato con un eccentrico; un altro ancora aveva escogitato un mezzo sconosciuto a Tolomeo per giustificare piccole deviazioni dal tipo di moto determinato dal sistema di un epicielo e di un deferente; altri avevano modificato, con nuove misurazioni, la velocità a cui ruotavano i cerchi compositi del sistema di Tolomeo. Non esisteva più un solo sistema tolemaico, ma ve n'erano una dozzina e anche più, e il loro numero aumentava rapidamente con il moltiplicarsi degli astronomi tecnicamente preparati. Tutti questi sistemi erano modellati sul sistema dell'Almagesto ed erano quindi tutti "tolemaici". Ma poiché esistevano tanti sistemi fra loro differenti, l'aggettivo "tolemaico" aveva perso gran parte del suo significato. La tradizione astronomica era divenuta confusa; non specificava più integralmente le tecniche da usare per il calcolo delle posizioni dei pianeti e non era quindi più in grado di specificare i risultati ottenibili con il calcolo. Indeterminatezze di questo genere toglievano alla tradizione astronomica la fonte principale della sua forza intrinseca.
A riprova l'insistenza con cui afferma che la teoria eliocentrica pone innanzi a noi un'ammirevole simmetria dell'universo e un nesso sicuro fra l'armonia del moto e la grandezza dell'universo, quale non può trovarsi in alcun altro sistema, cioè nei vari sistemi tolemaici:
Invenimus igitur sub hac ordinatione admirandam mundi symmetriam, ac certuin hannoniae nexurn motus et magnitudinis orbium: qualis alio modo reperiri non potest.
Sennonché la spiegazione dei moti planetari offerta da Copernico è bensì più armonica di quella che ne aveva dato Tolomeo da un punto di vista qualitativo, ma solo da esso. Non lo è invece da un punto di vista quantitativo, ché anche Copernico, proprio come Tolomeo, è obbligato ad introdurre epicicli minori ed eccentrici per giungere ad una spiegazione accettabile sul piano quantitativo della variazione della posizione dei pianeti. Il principio di simmetria, posto da Copernico a base della sua teoria, rimase in lui più un principio di carattere filosofico che non di carattere scientifico. Onde «soltanto astronomi i quali attribuissero maggiore importanza all'eleganza qualitativa che alla precisione quantitativa» potevano lasciarsi persuadere da tale forza di attrazione.
‑ Il valore scientifico della rivoluzione copernicana
1) Copernico fu un innovatore estremamente cauto, da un lato preoccupato di dimostrare che parecchi pensatori avevano già sostenuto, fin dall'antichità, idee analoghe alle sue, dall'altro impegnato a trasferire nel proprio sistema il maggior numero possibile di concezioni basilari del sistema aristotelico‑tolemaico;
2) egli fu sì fermamente convinto della validità reale dell'astronomia eliocentrica, ma non seppe escogitare argomenti scientificamente validi a sostegno di essa (non potendosi considerare come scientificamente valido il semplice appello, di carattere estetico, al principio di simmetria).
Ma allora, quale valore scientifico dobbiamo realmente attribuire alla rivoluzione copernicana?
La posizione che il copernicanesimo occupò entro la storia generale della cultura: basti pensare alla straordinaria messe di suggerimenti che esso fornì al pensiero scientifico‑filosofico dell'epoca, o riflettere al fondamentale contributo che diede al processo di rinnovamento della concezione stessa dell'uomo (non più identificabile come il fine supremo del creato, proprio perché non più collocato da Dio al centro del cosmo). t ovvio che chi non tenesse conto di tutte queste considerazioni, non potrebbe afferrare la portata della rivoluzione copernnicana, il peso che essa ebbe, le discussioni che suscitò, le accanite resistenze che incontrò in tutte le forze politico‑culturali genericamente interessate alla conservazione del vecchio tipo di civiltà.
Abbiamo riferito un lungo brano di Kuhn, in cui questo autore sottolinea l'esistenza, ai tempi di Copernico, non già di un solo sistema tolemaico, ma di molti sistemi astronomici che pur dichiarandosi tutti "tolemaici" differivano fra loro su parecchi punti di notevole importanza. Ognuno di essi faceva appello a qualche nuovo epiciclo, a qualche nuovo referente, a qualche nuovo eccentrico per spiegare gli ultimi dati osservativi ricavati da sempre più precise misurazioni. Ma si trattava ovviamente di ipotesi ad hoc, espressamente ideate di volta in volta per spiegare questo o quel dato particolare. Il carattere paradossale della situazione era dovuto al fatto che ‑pur essendo sempre possibile ideare nuove ipotesi del genere ‑ risultava ognor più chiaro che il vecchio sistema tolemaico aveva ormai perso la sua capacità di fornire una spiegazione soddisfacente della totalità dei fenomeni astronomici.
L'innovazione davvero rivoluzionaria di Copernico consiste nell'avere rinunciato a ideare ulteriori varianti più o meno ingegnose del vecchio sistema tolemaico, proponendo invece di abbandonarne proprio la tesi centrale, cioè la tesi dell'immobilità della Terra comune a tutti i vari sistemi tolemaici. Ovviamente questa rivoluzione, come del resto ogni altra rivoluzione scientifica (pensiamo per esempio a quelle avvenute in fisica all'inizio del Novecento) né fu senza precedenti né portò immediatamente alla risoluzione di tutti i problemi allora conosciuti; essa tuttavia indicò con chiarezza una strada nuova (prima d'allora appena intravista).
Il merito scientifico di Copernico è stato quello di avere dato inizio a tale mutamento radicale di punto di vista, a tale rinnovamento ardito di categorie. Gli si potrebbe rimproverare di non aver saputo apportare quei sostanziali ritocchi che le apporterà Keplero sostituendo il carattere ellittico a quello circolare delle orbite dei pianeti (con il che il sistema eliocentrico raggiungerà davvero, anche sotto l'aspetto quantitativo, una struttura armonica come quella di cui parlava Copernico). E allora perchè non muovergli anche altri rimproveri: poniamo, di non aver saputo ideare la teoria della gravitazione di Newton, che rappresenta in certo senso il coronamento del sistema astronomico eliocentrico?
Il fatto è che la scienza non è il prodotto di un solo individuo, ma di generazioni e generazioni di studiosi. La sua caratteristica essenziale ‑ quella che più la distingue dalla metafisica ‑ è di non avere mai la pretesa di giungere ad una risoluzione completa e assoluta dei problemi affrontati. Anche le più grandi svolte della scienza, come appunto quella copernicana, non raggiungono mai delle verità assolute: la loro verità è di altro tipo. t una verità dinamica, ossia è la conquista di alcuni risultati che ci aprono sì la strada a comprendere il reale meglio di quanto lo comprendessero i nostri predecessori, ma che sono sempre passibili di nuove scoperte che li faranno eclissare.
Le scienze ‑ ha scritto Laplace ‑ sono senza limiti come la natura; s'accrescono all'infinito per i lavori di generazioni successive; l'opera più perfetta, elevandosi ad un'altezza da cui ormai non possono più scendere, dà nascita a nuove scoperte e prepara così opere che devono eclissarla.
‑ Effetti del modello astronomico copernicano
Senza dubbio Copernico non ha dimostrato la validità assoluta del proprio sistema astronomico eliocentrico; e proprio perciò non è riuscito a garantire a priori l'efficacia del rinnovamento categoriale da lui iniziato. La realtà è però che il sistema eliocentrico ha rivelato, col trascorrere del tempo, la massima fecondità scientifica, e che l'astronomia non avrebbe potuto raggiungere i risultati che ha raggiunto, se lui (Copernico) o un altro non avessero rovesciato il modello tolemaico.
14. BUTTERFIELD, Le origini della scienza moderna, Bologna, 1962.
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‑ E Galileo?
‑ Nel momento in cui ho scritto il Galileo, cioè nel 1956 [Torino, 1957], la mia posizione era un po' diversa: intendevo mettere in evidenza due aspetti essenziali del pensiero di Galileo: la questione del linguaggio scientifico e le esigenze di una politica culturale. Il neopositivismo conduceva a interessarmi del primo problema; ho voluto sottolineare l'estrema importanza che assumeva per Galileo la formazione di un linguaggio scientifico rigoroso. Questa esigenza gli veniva dalla necessità di rispondere a problemi tecnici. Egli intendeva elaborare una scienza capace di formulare in modo esatto i problemi e le risposte a questi problemi, che interessavano i tecnici. Così nell'edizione dei Discorsi e Dimostrazioni matematiche intorno a due Nuove Scienze che ho curato con uno dei miei allievi, Adriano Carugo [Torino, 1958], non abbiamo esitato a considerare questo trattato un'opera di tecnologia. D'altra parte, Galileo è, secondo me, uno dei primi ad avere compreso che la scienza non è affatto un fenomeno isolato, che riguardi alcuni individui i quali cercano di risolvere per conto loro questioni più o meno difficili.
Per Galileo la scienza era un fenomeno sociale ed egli riteneva che la società doveva, in un modo o in un altro, appoggiare la ricerca scientifica e comprendere la rivoluzione che stava suscitando la nascente scienza moderna. Galileo non era un uomo di grande fede e i rapporti fra la scienza e la religione non costituivano per lui un problema filosofico. Ma in quest'epoca di trionfo della Controriforma egli ha cercato di convincere la chiesa della necessità di condurre una politica culturale fondata sulla scienza moderna.
La Chiesa ha esitato davanti al programma di Galileo e ha finito per dire di no. Questo rifiuto gli è costato molto, perché si può affermare che proprio a partire da questo momento la cultura moderna ha iniziato a staccarsi dalla chiesa. Per questa ragione vedo in Galileo un precursore dell'illuminismo. Ma egli crede ancora nella possibilità che la Chiesa accetti una trasformazione radicale della nostra visione del mondo. 1 filosofi del XVIII secolo constateranno lo scacco del programma di Galileo; essi dunque si accingono a rovesciarlo per farne un programma di lotta contro la stessa chiesa. Aggiungo che secondo me la linea Galileo ‑ illuminismo continua con Marx [Da Galileo a Marx, in La ragione e la politica, Verona, 1987].
Fonte: http://hist.science.online.fr/science/docs_ital/Copernico_short.doc
sito web: http://hist.science.free.fr/
Autore del testo: F.Soso
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