Umanesimo
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Umanesimo e Rinascimento
I Petrarchisti scrivono le canzoni come le scriveva Petrarca.
I Trionfi sono l’altra opera in volgare, incompleta, tutte le altre sono scritte in latino e hanno avuto la loro importanza.
Petrarca scrive una lettera ai posteri e vuole dare un’idea precisa di sé.
Con Petrarca si comincia a intravedere nei libri una sorta di cultura da trasmettere che nel medioevo veniva solo conservata. Quando Petrarca muore lascia i suoi codici e i suoi libri in eredità ma poi questi vengono rubati e nel 1500 finiscono nel codice vaticano latino.
I libri circolano come strumenti di cultura e si riscoprono i classici, vi sono autori latini e greci che per tutto il medioevo non sono noti poiché sono manoscritti copiati dagli amanuensi e rimangono sconosciuti agli uomini di cultura.
Riscoprire la forma dei testi significa riportarli alla forma originale perché possono rompersi, copiati male, cambiati dall’amanuense per renderli più comprensibili,… anche con la stampa c’erano questi errori ed è per questo motivo che ora vi sono delle leggi.
Da qui nasce il: metodo filologico che diventa una scienza.
Appunti sul testo
Alla fine del 1400 a Firenze vi à la cultura dei Medici.
L’umanesimo vuole mettere l’uomo al centro.
Bracciolini durante il concilio di Costanza si assenta per recarsi a San Gallo dove trova dei testi che per tutto il medioevo sono stati sconosciuti.
Manuzio è il primo editore di rilievo (ad es. pubblica i testi in formato tascabile e ha una diffusione in tutta l’Europa occidentale).
N.B non si conosce il greco.
Nel medioevo c’era la percezione che la vita terrena era funzionale alla vita dopo la morte mentre ora si prende in considerazione che l’uomo è al centro dell’universo.
Il metodo scientifico: le università avevano le auctoritas e quello che insegnavano era innegabile mentre il metodo scientifico vuole privilegiare l’osservazione e non accetta niente a priori senza averlo dimostrato.
Nell’umanesimo nasce lo spirito critico che è il tratto distintivo fra medioevo e rinascimento.
Secondo l’etica l’uomo deve tendere al bene ed evitare il male (politica e morale unite) ma se io considero la dimensione umana posso agire male moralmente per mantenere il potere (politica e morale disgiunte); Platone diceva che il corpo è la tomba dell’anima.
Collazione = si mettono a confronto più testi per risalire alla lectione (testo originale)
Con l’introduzione della stampa a caratteri mobili gli errori diminuiscono poiché l’autore corregge gli errori.
Parini scrive il Giorno che è un’opera satirica su un giovane nobile del ‘700; nel 1763 compone il Mattino, nel 1765 il Meriggio e poi lo interrompe e nel 1799 scrive il Mezzogiorno, che sostituisce il Mattino, ed il Vespro e muore. Nel 1802 un suo amico mette insieme un altro Mattino, il Vespro e la Notte e per 150 anni si legge Parini così fino a quando Dante Isella nel 1968 costruisce la versione originale.
Vi sono opere mutilate dalla censura.
Per comunicare si ha bisogno del volgare ma con il 1400 si riafferma il latino, anche lingua della scienza (solo Galileo scriverà in seguito in italiano).
Durante il ‘400 la lingua si arricchisec di latinismi.
Poggio Bracciolini; Lettera a Guarino Veronese
Bracciolini
- nasce a Terranova nel 1380
- studia a Firenze
- si reca a Roma e diviene segretario apostolico in Vaticano
- partecipa al consiglio di Costanza
- ha avuto l’occasione di recarsi nel monastero di San Gallo dove scopre dei testi che nel medioevo erano sconosciuti.
La lettera viene scritta il 15 dicembre del 1416.
Nel testo vi è una premessa ideologica: l’uomo dotato di razionalità e di parola (si distingue dagli animali).
Le arti liberali sono divise in trivio (grammatica, retorica e dialettica) e quadrivio ( matematica, astronomia, musica e geometria).
Per Poggio migliorare l’arte dell’uso della parola significa riscoprire la cultura dei classici al fine di ottenere una completa formazione dell’uomo.
Marco Tullio Quintilliano
Di lui si sa poco poiché i suoi testi sono stati collocati nelle biblioteche. Quintilliano è un maestro di retorica, ha scritto l’institutio oratoria che ha come tema la retorica ed è diviso in 12 capitoli, argomenti che sono relativi all’eloquenza:
- inventio à come si reperiscono glia argomenti
- dispositio à come colloco gli argomenti nel discorso
- locutio à lo stile e le figure retoriche
- memoria à tecniche di memorizzazione
- actio à come ci si porge al pubblico (mimica, gesti e voce
inoltre vi sono elencati i doveri dell’insegnante e l’insegnamento elementare.
Domande sulla lettera
- Quali aspetti tipici della cultura umanistica sono presenti in questa lettera?
- Quale concezione della cultura traspare dalla lettera?
- Qual è il giudizio di Bracciolini sul medioevo?
Risposte
- Gli aspetti presenti in questa lettera della cultura umanista sono:
- l’amore dei testi classici
- la necessità di far rivivere gli antichi scrittori ossia loro sono visti come contemporanei; bisogna farli rivivere sottraendoli dall’oblio in cui per secoli sono caduti
- lo spirito degli umanisti
- gli antichi scrittori sono i depositari di quella verità e di quella bellezza ideali tipiche del mondo classico che si erano perdute nei secoli del medioevo
- ristabilire un dialogo.
- La concezione culturale che traspare è quella che attraverso i testi classici si diventa più colti e vi è la gioia di riscoprirli e di annunciarlo agli altri umanisti come un lieto evento. Secondo gli umanisti per una completa formazione dell’uomo bisogna riscoprire i classici e la capacità di parlare è fondamentale perché intelletto e ragione ci distinguono dagli altri animali ed il discorso diventa uno strumento per migliorare l’arte dell’uso della parola grazie ai classici (Quintilliano è importante poiché tratta dell’eleganza del discorso).
Il testo riscoperto diventa una creatura quindi il libro diventa un elemento di vita e l’antichità e la sua scoperta diviene uno strumento per capire il presente.
La cultura umanistica non è selettiva e individuale ma vi è l’esigenza di diffondere il sapere.
- Bracciolini non giudica esplicitamente il medioevo; giudica come sono stati conservati i libri e i codici durante questo periodo. Infatti scrive che neanche i condannati a morte vengono cacciati in luoghi oscuri e tetri ed hanno un custode (i monaci) così crudele e sono lontani dagli occhi dei lettori. Egli contrappone a tutto ciò la riscoperta, l’analisi, l’arguzia e molte altre qualità degli umanisti e delle loro idee. C’è una forte polemica nei confronti della cultura monastica e religiosa che oramai ha esaurito la sua funzione.
L’umanesimo italiano
Coluccio Salutati (1331-1406) è un letterato, filosofo, giurista ed insegnante; è il primo umanista. Egli riscrive i codici con caratteri latini (lettera antiqua) e non più gotici e da un impulso allo studio della cultura greca ovvero invita a Firenze da Costantinopoli Emanuele Crisolora. Inoltre nasce l’abitudine di incontrarsi a parlare e a discutere così che molti testi sono dialoghi.
Le sue opere principali sono:
- De seculo et religione à critica verso quei rappresentanti del clero che non vivono secondo i dettami del cristianesimo
- De fato, fortuna e caso à dibattito che nasce e trova il punto culminante in Macchiavelli: che cos’è il destino? È un caso o è destino ciò che ci accade? Secondo gli umanisti si trascorre la vita attiva per determinare il nostro destino e noi siamo padroni del nostro destino
- De tyranno à motiva la condanna fatta da Dante agli assassini di Cesare.
Il suo pensiero è che l’uomo attivo e razionale vale per quello che fa. Gli umanisti sono molto attivi, non più solo contemplativi perché si crede che attraverso la vita attiva si ha un miglioramento della società. Inoltre vi è l’idea di comunità e fratellanza ossia se qualcuno scopre qualcosa lo dice e lo trasmette agli altri. Vi è l’amore per la libertà, il culto delle leggi e l’organizzazione nel miglior modo per una buona convivenza. Gli umanisti comunicano e si scambiano le scoperte eccetera quindi molti di loro hanno un carteggio molto fitto; nelle lettere di Salutati si trova lo spirito dell’umanesimo.
Leonardo Bruni (1370-1444) è un allievo di Salutati, il primo storico, un viaggiatore, poiché è un uomo di Chiesa ed è maestro nelle traduzioni (traduce i dialoghi di Platone, l’etica Nicomachea di Aristotele, ecc.).
Bisogna ricordare che vi è un bilinguismo, cioè il latino diventa la lingua della cultura e di riferimento exrta-nazionale anche se sono poche le persone che sono in grado di leggerlo (il primo testo in volgare è il “Dialogo sui massimi sistemi” di Galileo Galilei).
Le sue opere sono:
- Historia Florentini populi (nove libri) à ripercorre la storia di Firenze e basa la propria attività su fonti accertabili
- dialoghi
- biografie
- epistolario
Poggio Bracciolini (1380-1459) è allievo di Bracciolini, diventa segretario apostolico e viene mandato in tutta Europa. Diventa anche filologo.
Le sue opere sono il Liber facentiarium (delle novelle brevi) e l’epistolario.
Lorenzo Valla (1405-1457) ha operato in varie città, è segretario apostolico ma non è fiorentino (nasce a Roma). Grazie a lui la filologia diventa uno strumento che offre un contributo notevole a tutta l’umanità e accresce il sapere (diventa una scienza che cambia la visione del mondo). Egli mostra con un analisi testuale precisa (De falso credita et ementita constantini donatione) che la Donazione di Costantino esibita dalla Chiesa per legittimare il suo potere e che ha causato molte guerre è falsa.
Con l’opera De libero arbitrio Valla afferma che l’uomo è libero di scegliere ma la sua libertà è limitata.
Giannozzo Manetti nasce nel 1396 a Firenze da una ricca famiglia della borghesia mercantile, ha avuto una formazione umanistica ed è stato amivo degli umanisti sopradetti (soprattutto di Bruni e Niccoli); egli partecipa alla vita politica ed è ambasciatore in varie città d’Italia anche se alla fine della sua vita si scontra con l’autorità dei Medici e muore a Napoli nel 1459. La sua opera è molto eterogenea si passa da opere in latino a opere storiche, biografiche e di traduzione di Aristotele. La sua opera più importante è il De dignitate et excellentia hominis che è divisa in quattro volumi ed è stata pubblicata ,solo dopo la sua morte, nel 1532 mentre i codici risalgono al 1451-1452. Quest’opera contiene l’esaltazione del valore dell’uomo e della realtà terrena contro l’impostazione ascetica (chiusura nella preghiera più totale rinunciando alle altre cose) della religiosità medioevale.
Il dibattito sulla dignità dell’uomo nel Rinascimento
Dignità dell’uomo = rispetto dei diritti naturali, nobiltà morale che deriva all’uomo grazie alla sua natura e alla sua qualità, il rispetto che l’uomo ha di sé stesso e la libertà individuale.
Libero arbitrio = possibilità di scegliere nell’ambito del volere umano
Come si concilia il libero arbitrio con la provvidenza divina? Se noi siamo creature il nostro creatore ha previsto tutto? La nostra libertà è limitata? Possiamo essere responsabili del nostro destino? Possiamo modificarlo? In che modo?
Burchkardt è un grande conoscitore dell’umanesimo e del rinascimento della seconda metà dell’ottocento.
La fortuna viene vista come il destino e nei suoi aspetti positivi e negativi.
Gli umanisti si identificano con Ercole poiché egli era un lavoratore e aveva una vita attiva.
L’umanesimo volgare
Leon Battista Alberti è un grande architetto e un grande scrittore (un umanista eclettico) e grazie alle sue iniziative l’umanesimo trova spazio anche fuori dal latino. Nasce nel 1404 a Genova e muore a Roma nel 1472. Anch’egli, come molti umanisti, intraprende la carriera ecclesiastica che permette di essere in contatto con molte persone di cultura e di avere molto tempo a disposizione per studiare. Di lui restano, soprattutto, i “Libri della famiglia” che sono molto incisivi.
I Libri della Famiglia
- è ambientato a Padova attorno al letto di morte del padre Lorenzo
- è un dialogo ossia una discussione nella quale si vedono diverse realtà/visioni e si da voce ad un personaggio che le incarna (l’uomo nuovo è Lionardo, Adovardo media fra esperienza pratica e cultura e Giannozzo racconta le idee del passato)
- egli pensa che siamo responsabili della nostra sorte e che la nostra felicità è determinata attorno a noi
- si riafferma la questione della lingua già affrontata da Dante nel De vulgari eloquentia nel quale afferma che vista la frammentazione politica vi è anche una frammentazione linguistica e propone l’uso del volgare illustre e Alberti sceglie il volgare; molti umanisti scelgono il latino mentre altri scelgono il volgare perché davanti a loro hanno il destinatario (il grande pubblico) e perché il volgare ha tanta dignità come il latino.
Il tempo è denaro: Lionardo fa le domande e Giannozzo risponde saggiamente. Il tempo viene concepito come qualcosa che porta al benessere. La nuova borghesia ha la
ed il risparmio perché si è formata da sola.
Luigi Pulci è nato a Firenze nel 1432 e morto a Padova nel 1484.
Presenta un argomento che poi verrà ripreso: le lotte dei cavalieri di Carlo Magno. Alcuni paladini lottano contro i Saraceni (Orlando muore a Roncisvalle e viene ucciso a causa di un agguato, lasciando il ricordo di eroe che muore per difendere il proprio esercito).
Luigi Pulci riprende questo tema ed ha scritto il “Morgante”(28 canti). Pulci innesta inserisce nel Morgante un tema comico poiché Orlando fa varie avventure.
Perché viene scelto il toscano come lingua di riferimento?
- è vicino al latino
- ha dei modelli (le tre corone)
- grazie al fervore culturale dei Madici
- è una lingua mediana per tutta l’Italia
Luigi Pulci non verrà sepolto poiché considerato, quasi, eretico.
Nascono gli autori che scrivono grazie al finanziamento degli uomini di corte.
Pulci ama la comicità e mostra l’ipocrisia di alcuni uomini; egli è povero e arriva solo tardi alla scrittura (ciò viene dimostrato dal suo percorso culturale).
Pulci è importante perché ha un linguaggio espressivo ed efficace, quasi gergale.
Il Morgante
Il Morgante è l’opera di tutta una vita: è un opera che ha iniziato presto e la sua prima versione è uscita nel 1483, poco prima della sua morte.
Il testo è scritto in ottave che è la forma metrica per eccellenza del poema epico e che sostituisce il romanzo visto che i temi trattati nelle ottave sono temi da trattare nella prosa.
La composizione di quest’opera è stata affidata in un momento durante il quale Firenze si avvicinava politicamente ed economicamente alla Francia (dove si trovano le prime forme di poemi epici).
Questo tipo di romanzo parte da uno spunto, un pretesto, per poi sviluppare molti temi collaterali; incomincia dalla partenza di Orlando dalla Francia che poi narra per il mondo e alla fine viene tradito da Gano e trova la morte a Roncisvalle.
La prima impresa di Morgante (p.428, primo canto)
Si entra nel mondo gastronomico e a ciò si allaccia la parodia religiosa.
Il personaggio di Morgante
- ha mole ma non è intelligente
- ha una semplicità buffonesca
- è vanitoso
- usa in modo inconsapevole la sua forza
Orlando Innamorato, Boiardo, Angelica alla corte di Carlo Magno
Tema epico: i Cavalieri e Carlo hanno un solo punto debole: l’amore.
Orlando si innamora perdutamente di Angelica tanto che nel Furioso diventerà pazzo d’amore.
Alcuni elementi:
- Ferrara gioca un ruolo importante in questo periodo poiché gli Estensi fungono da mecenati e anche l’Ariosto opera lì
- vi è uno sfondo storico (Carlo Magno, i saraceni e le Crociate)
- c’erano i menestrelli che cantavano le storie di Orlando e lui le sentiva per poi riprodurle
- la forma linguistica è ibrida (franco-veneta)
- la tematica amorosa è la variazione essenziale dagli schemi della tradizione francese
- ottava rima
- è un nuovo poema epico che dovrebbe essere scritto in prosa
- vi è la discussione attorno all’amore, all’impostazione, ai destinatari e alla vicenda
- la figura di Angelica è la bellezza che oscura ogni altra luce
- Orlando lotta perché non vuole innamorarsi e quindi è molto freddo anche se non riesce a resistergli (non c’è forza che valga perché l’amore è devastante); si sovrappone al tema delle lotte il tema dell’amore.
Nicolò Machiavelli
Il Principe è un’opera che cambierà le sorti della politica.
Machiavelli è molto studiato in tutto il mondo.
Lettera a Francesco Vettori (10.12.1513)
In questa lettera Machiavelli descrive la sua giornata-tipo.
Egli viene cacciato da Firenze a causa della congiura e nel 1513 è un uomo politicamente morto.
Machiavelli è uno scrittore asciutto, preciso e poco ridondante.
All’inizio vi è una citazione di Petrarca “la grazia di Dio non viene mai troppo tardi” che è detta in modo ironico per motivare la sua condizione; bisogna tener presente che Francesco Vettori è ambasciatore dei Medici a Roma dal papa Leone X che è anche lui uno dei Medici.
In questo inizio vi è un’amabilità colloquiale.
La Fortuna viene messa in contrapposizione alla virtù.
Machiavelli dice di catturare le tortore e questo è un segno della sua cattiva condizione economica poiché solitamente questa caccia era lasciata ai servi.
Egli, inoltre, conosce molto bene i classici e i meccanismi della politica del presente e del passato (ha girato tutta l’Europa come ambasciatore dei Medici).
Machiavelli discute con i taglialegna che cercano di ingannarlo per ricevere le cataste ad un prezzo migliore; ad es. Frosino di Panzano dichiara che quattro anni prima aveva sconfitto Machiavelli e che gli dovesse ancora 10 soldi oppure una catasta che doveva arrivare intera a Firenze è stata dimezzata durante il percorso.
Allietandosi egli cerca di ovviare alla malignità della sua sorte .
La sera, poi, si toglie i panni pieni di fango e si mette vestiti raffinati; il suo cibo sono i classici che gli trasmettono conoscenza, questo è un riferimento al Convivio di Dante, e dice d’essere nato per quel cibo.
Con questo cibo che lui trae dalle cose antiche, la conoscenza, compone un opuscolo sui principi e i principati (gli Stati e la loro politica) dove lui cerca di andare a fondo diputando e ragionando su come siano i principati, come si conquistino, come si mantengano e perché si perdano. Il trattato è composto e lui lo sta ripulendo e elaborando.
Lo stile
- Introduzione
Nell’introduzione Machiavelli cerca l’ironia ma cita frasi celebri.
Un’ironia è l’aggettivo magnifico con il quale indica il Vettori facendo sembrare che lui lavori molto ma non è vero, per lui una sua semplice lettera è una grazia divina ed è dubbioso del perché lui non gli scriva.
In seguito afferma che chi rinuncia ai propri vantaggi per favorire gli altrui finisce con il perdere soltanto i suoi e i servizi resi non gli vengono riconosciuti ossia chi ha il potere deve tenerlo stretto.
Secondo lui la fortuna interviene nelle cose degli uomini ma non si deve interromperla ma lasciarla agire e stare tranquilli aspettando che permetta di far qualcosa agli uomini per agire nel momento opportuno e più propizio.
Riassunto: l’introduzione ha un’alta retorica con intonazione ironica, c’è una sorta di allocuzione iniziale allusiva ad uno scarso prestigio. Poi vi è una citazione che eleva il destinatario ad altezze divine e si fa distinzione fra perduto e smarrito e l’ironia si accentua. Infine vi sono due sentenze, massime, una sui comodi e una sulla fortuna.
- La vita quotidiana
La vita quotidiana può essere divisa in tre momenti: vita nel bosco, l’osteria e il colloquio con gli antichi uomini.
In tutta questa seconda parte vi è la centralità dell’io narrante, si sottolinea quindi la personalità (soggetto che agisce, attivo).
Machiavelli accentua i passaggi usando dei costrutti con il participio passato.
- Bosco
- Il tono è colloquiale.
- Machiavelli uccella a tordi che è un tipo di cacciagione dei servi perché i nobili cacciavano con il falco.
- Scrive in modo ironico ma alza lo stile paragonandosi a Geta.
- Lui ha bisogno di soldi ed è per questo motivo che vende la legna ad altri. Egli fa notare come i boscaioli hanno sempre da litigare (sciagura di mano) e lui osserva le liti con grande attenzione ed addirittura potrebbe fare molti esempi (osserva e trae esperienza per parlare di cose più complesse). Ricava da queste persone un’esperienza di vita.
- I boscaioli tentano di fregarlo.
- Va alla fonte vicino alla quale c’è un bosco nel quale lui caccia e mentre rimane nascosto legge le storie d’amore.
- Poi si trasferisce all’osteria dove parla e s’informa; non si alteggia da alto locato e non disprezza gli umili.
- Mangia con la sua brigata (famiglia) accontentandosi del poco che ha.
- Ritorna all’osteria dove c’è l’oste, un macellaio, un mugnaio e due panettieri.
- Osteria
- Si ingaglioffa con persone simili.
- Gioca e dal gioco nascono mille contese.
- Rianima il suo cervello e sfoga la malignità della sua sorte.
- Immerso in queste cose volgari impedisce al suo cervello di ammuffire e secondo la sua triste sorte è contento che lo calpesti per vedere quale vergogna si prova; anche se è convinto che la sorte muta.
- Colloquio con gli antichi
- Si libera dell’ingoffagliamento per vestire le vesti delle corti raffinate.
- Parla con gli antichi come parla all’osteria.
Anacoluto = frase che presenta un errore grammaticale (riga 82-83).
- Legge cercando delle risposte.
- Tra le sue preoccupazioni vi sono la morte e la povertà.
- Dal passato ricava l’esperienza per capire il presente.
- Scrive un libretto: il Principe che tratta dei nuovi principati, di che genere sono, come si acquistano, come si fa a non perderli o come si perde.
Ghiribizzo -> in realtà è un libro che cambia le sorti della cultura politica.
- Parte finale
Nella parte finale si trovano molte parole legate al dubbio.
Machiavelli, inoltre, afferma di voler ritornare alla vita politica e rivendica il fatto di essere stato sempre fedele ai Medici chiedendo loro un impiego qualsiasi.
Il registro poetico è un‘invocazione dignitosa ed il tono è serio e grave (vocabolario del dubbio).
Fonte:http://www.myskarlet.altervista.org/Scuola/Umanesimo%20e%20Rinascimento.doc
Autore: non indicato nel documento di origine del testo
Umanesimo
umanesimo e paganesimo
E’ con l’umanesimo che ha inizio quel processo culturale di disarticolazione nella cultura europea cristiana operata specialmente da cattivi maestri che non seppero fare quell’equilibrio di sintesi tra ragione e fede operato dalla scolastica e specialmente dal tomismo . Se la fede non è altro che l’adesione a tutto ciò che è vero e razionale sul piano della ragione naturale ma anche a ciò che è deduttivo per similitudine e per analogia , allora questi cattivi maestri non seppero sviluppare il discorso logicoe analogico di adesione ,ma , mettendo in dubbio che tutto ciò che esiste fosse razionale , negarono la conoscibilità e la deduzione di un essere superiore e creatore . Tutto ciò che esiste è razionale quindi Dio può essere dedotto e conosciuto da tutto ciò che esiste ! La fede è questa . L’adesione a ogni discorso logico diventa giustizia ; l’adesione è cosa giusta e gradita a Dio ! Dio ha creato tutto ciò che funziona secondo una logica razionale nel campo della materia e tutto ciò che sfugge al mondo dei sensi e fa parte del mondo degli esseri spirituali . Dalla fede nella razionalità della materia si arriva al suo creatore e dalla fede nell’ordine spirituale si arriva alla fede rivelata . Ecco perché la legge ebraica ha una base nella legge eterna ed immutabile che ha creato tutte le cose , nell sapienza eterna !
Molti di questi pensatori di origini cristiane ci mostrarono spesso un cristianesimo in contraddizione con la ragione , nemico della logica umana e del diritto naturale e della natura umana che loro identificarono molto spesso con gli istinti e le passioni dell’uomo ; un cristianesimo ingiusto e adatto agli idioti , basato su un fideismo per tutto ciò che è irrazionale e senza un ordine naturale e logico . Il fatto che bisogna credere in Dio anche quando ciò, apparentemente, sembra irrazionale al microcosmo della mente umana, non significa che Dio ami la fede irrazionale . Niccolò Machiavelli dirà che “ il cristianesimo ha effeminato il mondo e l’ha dato in mano ai malvagi , perché ha reso più pronti gli uomini a sopportare le offese per guadagnarsi il cielo , che a vendicarle .“
La Riforma protestante che aveva contribuito a seppellire il diritto naturale con la demolizione della morale cattolica e del principio di autorità oggettiva , riconoscendolo alla sola coscienza umana , in realtà contribuì a un ‘ulteriore confusione ideologica con un evangelismo anarchico e utopistico , scorporato dalla natura umana e spesso fanatico e fazioso ,basato su un’ infinita fiducia nella libertà umana sul piano morale . Il protestantesimo infatti da corso a una certa visione evangelica che già serpeggiava nel medioevo nella Chiesa con l’estremismo all’interno di ordini religiosi e movimenti quali i patari, i catari,i giochimiti, paolicisti , ecc.
Con questi filoni del pensiero la morale veniva sottratta a quello che dovrebbe essere l’ ambito naturale delle relazioni tra gli uomini , fuori dalla logica, attribuendola a un padrone creatore e impositore della sua legge a cui bisognava credere e obbedire , mischiando poi la morale evangelica del discorso della montagna con la morale naturale della legge o del diritto tra gli uomini basato sul concetto di giustizia naturale giusta espresso dal concetto arcaico : occhio per occhio dente per dente .
Jaques Roseau dirà che : “ il cristianesimo separa l’uomo dal cittadino e la morale diventa un compiacimento degli imperscrutabili desideri di una divinità .“
Ora se fondamento dell’umanesimo fu un atteggiamento di pensiero che rivendicava il diritto dell’uomo a pensare con la propria testa liberamente , a prescindere dai dogmi dell’autorità ecclesiastica e dai dogmi cristiani .
Rifacendoci all’aiuto di un esempio; è chiaro che quando persone non addette ai lavori ,che magari vedono la realtà da una sola angolazione, poniamo il caso che smontano un robot ,quando lo rimonteranno o, faranno avanzare dei pezzi, o creeranno unità separate , oppure , se ci riusciranno, lo monteranno menomandolo di qualche funzione .
Se la legge naturale tra gli uomini è l’espressione concreta e visibile di una sapienza trascendente ed eterna che si collega alle cose umane e temporali , come una formula della legge fisica ,frutto di infiniti studi e assiomi opposti in quel campo ,è chiaro che se un non addetto non sa piu collocare il pezzo del robot smontato , pur magari avendolo visto funzionare bene , alla fine lo riterrà inutile nel migliore dei casi e dannoso e nocivo , nel peggiore ; alla fine lo butterà via irritato . Ci saranno poi i segugi che descriveranno con arte la malvagità di quel pezzo e la sua dannosità per tutto l’organismo .
PENSO CHE L'INGIUSTIZIA PIU GRAVE CHE POSSA COMETTERE L'UOMO è QUELLA DI NON CREDERE . PUO SUCCEDE OGGI DI TROVARE PERSONE DEDITE ALLA CARITA E ALL ' ELEVAZIONE SOCIALE DEI POVERI ,MA SENZA FEDE , SENZA GIUSTIFICAZIONE DEI PROPRI PECCATI ! L'UOMO NON PUO NON CREDERE !
L'IMPEGNO SOCIALE DEL RESTO E'DI OGNI POLITICO, MA SENZA CHE SIA NECESSARIA LA FEDE .
LA FEDE è UN DONO COME TUTTO CIO CHE ABBIAMO è UN DONO ,MA E' UN GRAVISSIMO PECCATO NON CREDERE . NON C'è GIUSTIFICAZIONE E NON C'è SALVEZZA DALLE OPERE , MA SOLO DALLA FEDE .LA FEDE POI, SECONDO I CASI , PORTA ALLE OPERE , DI CUI LA PRIMA OPERA è LA CONVERSIONE del cuore .
fonte: http://utenti.multimania.it/angioinus/
autore: angioinus
Liceo Scientifico Statale “G. Galilei” – Catania
Filippo Bannò, Francesco Calì, Riccardo Moscatt, Fabio Pesce, Simone Russo
Classe III F
a cura del Prof. Alfio Bonfiglio
L’ UMANESIMO E IL RINASCIMENTO
I CAPITOLO
AVVENIMENTI STORICI
Nel XIV secolo in Italia padana ricomparve la tendenza alla formazione di signorie feudali. Nelle aree nord-occidentali i conti di Savoia possedevano alcune terre del Piemonte; la signoria degli Scaligeri, controllava Verona e Vicenza, gli Estensi Ferrara e i Gonzaga Mantova, di cui furono poi nominati marchesi.
Poi vi erano i Visconti che mantenevano la signoria di Milano; il suo signore, Gian Galeazzo Visconti conquistò Pisa, Siena e Perugia, fu nominato duca di Milano dall’imperatore e nel 1402 sconfisse il signore di Padova. Morì il 3 settembre dello stesso anno.
Nel frattempo Venezia era diventata un grande impero marittimo. La sua politica ebbe una svolta: i veneziani cominciarono a ritenere che il possesso dell’entroterra veneto fosse di vitale importanza, perché in assenza di territori rurali essa doveva contare sulle importazioni alimentari dalla Puglia, dal Mar Nero e da Creta.
Per quanto riguarda Genova, invece, vi era un governo instabile; nel 1350 accettò la signoria dei Visconti e ciò causò l’impotenza di ottenere vantaggi dalla vittoria su Venezia. Inoltre temeva anche l’espansione turca da parte del sultano Maometto II.
Nel 1300 anche in Toscana comparve la tendenza a costruire uno stato regionale intorno a Firenze, che era la città dominante.
Verso la metà del ‘300 Roma divenne una forma di comune grazie a Cola di Rienzo, un popolano affascinato dai miti dell’antica Roma repubblicana; il papa voleva utilizzarlo per poter sconfiggere la nobiltà romana.
Alla fine del XIV sec in Italia vi era la presenza di cinque grandi stati continuamente impegnati in guerre d’espansione, ciò determinò l’arrivo di bande di cavalieri tedeschi e inglesi che percorrevano l’Italia per soccorrere i signori e il papa.
Fra il 1320 e il 1380 vi furono numerose innovazioni militari, come il condottiere, che era sinonimo di comandante militare. Il condottiere arruolava e pagava i soldati; era un imprenditore della guerra e capo unico dei contingenti militari; egli assunse inoltre un ruolo determinante nelle fasi più acute delle guerre di egemonia fra gli stati italiani.
Durante questo periodo il dominio degli Aragonesi era formato dal regno di Napoli, dalla Sicilia e dalla Sardegna.
Nel 1454 vi fu la Pace di Lodi e in Italia venne ad instaurarsi un apparente equilibrio. In realtà l’equilibrio stabilito a Lodi nel 1454 era fragilissimo, perché i principi avrebbero usato a proprio vantaggio rischiose alleanze con sovrani europei aspirati all’egemonia sulla penisola italiana.
In seguito vi fu una spedizione del re francese Carlo VIII che occupò Napoli nel1495; nel 1515 Francesco I di Francia poté contare sull’aiuto di Venezia per riappropriarsi di Milano.
Numerose guerre civili sconvolsero in questo periodo le monarchie europee; nel 1477 la Francia sconfisse i duchi di Borgogna; in Inghilterra ci fu la guerra delle Due Rose (York e Lancaster), e alla fine salì al potere la dinastia dei Tudor; in Spagna la Castiglia e l’Aragona fecero un primo passo verso l’unificazione con il matrimonio tra Isabella e Ferdinando (1469).
Durante il XV sec le monarchie dell’Europa orientale si consolidarono :la dinastia polacco-lituana sconfisse i cavalieri teutonici, e i re ungheresi allargarono i loro confini sino al Danubio e fermarono la politica espansionistica della famiglia degli Asburgo.
Costantinopoli venne conquistata dai turchi; in Russia i principi di Mosca si proclamarono zar di tutte le Russie; la Francia divenne la monarchia più forte in Europa e i suoi re imposero il loro potere sulla chiesa e sull’aristocrazia. In Inghilterra Enrico VII Tudor aumentò i poteri della monarchia; in Spagna il problema della minoranza ebrea e musulmana ostacolava l’unificazione; l’Italia verso la fine del ‘400 era diventata una realtà composita (convivenza fra stati regionali e domini stranieri).
Riccardo Moscatt
II CAPITOLO
L’EVOLUZIONE DELLE STRUTTURE STATALI
Il passaggio dal Medioevo all’età rinascimentale comporta una serie di grandi cambiamenti nella società europea: in campo letterario e artistico soprattutto, ma anche in campo economico e politico.
La maggiore trasformazione in campo politico consiste nel rafforzamento del potere monarchico, a scapito delle istituzioni governative feudali. In questo periodo si verifica infatti un sempre maggiore accentramento del potere nelle mani del regnante; il primo stato in cui questo fenomeno si verifica è il Portogallo, seguito circa un secolo dopo da Aragona, Castiglia, Francia e Inghilterra.
Il primo atto effettuato dai nuovi monarchi assolutisti è l’acquisizione del monopolio dell’alta giustizia: nella società feudale infatti il re si trova nella totale impotenza riguardo al diritto canonico, o a questioni legali regolate dai costumi, come le eredità; riuscire a ottenere potere giurisdizionale almeno sui reati più gravi è quindi un passo avanti verso uno stato accentrato.
Risale inoltre a questo periodo l’istituzione di un sistema fiscale regolare. Fino a questo momento il sistema fiscale si basa infatti solo sulle imposte indirette, a parte alcune occasionali “richieste d’aiuto” ai sudditi. Ma la nuova abitudine di utilizzare eserciti di mercenari al posto della cavalleria feudale e l’introduzione delle armi da fuoco fanno crescere enormemente i costi della guerra, obbligando i re a istituire imposte dirette regolari, le taglie.
Un ruolo fondamentale riguardo a questo movimento accentratore hanno i funzionari pubblici, ovvero coloro che fanno funzionare lo stato per conto del re. Un esempio di questi sono gli Stati Generali, ovvero il parlamento francese composto da tre gruppi (nobiltà, clero e Terzo Stato, cioè la borghesia) convocato in caso di decisioni importanti. Quest’assemblea differisce dal parlamento inglese: infatti non è un vero e proprio organo politico, ma svolge la funzione di corte d’appello, e cosa molto più importante, ha il compito di registrare e legittimare gli atti del re. La sua funzione è quindi quella di limitare il re, e impedire che prendesse decisioni dannose allo stato; in pratica i giuristi appartenenti agli Stati Generali diventano alcuni dei più convinti assertori del potere assoluto del re.
. Il re, prima di derogare a una legge, deve però convocare gli Stati Generali: ma la loro decisione non è affatto vincolante, poiché il sovrano è sovrano proprio perché può contravvenire al parere dei propri sudditi. Riguardo alle leggi che il re ha giurato di osservare, possono essere annullate se il motivo del giuramento viene meno; le uniche leggi a cui il sovrano ha il dovere di obbedire sono le leggi naturali e divine, poiché l’unico a cui il sovrano è sottoposto è Dio.
Anche J. Ellul e Giovanni Botero esaminano il ruolo della religione nella monarchia assoluta. Il primo, nella Storia delle Istituzioni, parlando del potere regio in Francia nel XVI secolo, sostiene l’importanza dell’elemento cristiano e di quello feudale nel regno, oltre che di quello assolutista. Il re infatti porta il titolo di “re cristianissimo”, è custode dell’ortodossia e può intervenire nella vita della Chiesa: il segno della cristianità della monarchia assolutista è la consacrazione, che perde il suo ruolo politico ma mantiene quello morale. Riguardo all’elemento feudale, aggiunge che esso non scompare subito, ma permane fino alla metà del XVI secolo, per poi scomparire definitivamente soppiantato da quello assolutista.
Giovanni Botero scrive il trattato Della Ragion di Stato: la Ragione di Stato, a detta sua, è la conoscenza dei mezzi atti a fondare, conservare e ampliare uno Stato, cioè un dominio fermo sopra popoli. Nel suo trattato Botero fa alcune considerazioni sul modo di governare adatto a un regnante, ad esempio suggerisce i modi per conservare la propria reputazione: nascondere le proprie debolezze, tenere in gran conto la segretezza, mantenere invariato lo stile di governo e evitare di cedere agli altri le prerogative della propria posizione. Essendo un ecclesiastico, che vive a contatto con gli uomini eminenti della Controriforma, esalta il ruolo fondamentale della religione nel governo monarchico: afferma che essa rende il re caro a Dio, e nessuno oserebbe andare contro un re favorito da Dio. I sudditi di un re religioso e pio si riveleranno obbedienti e generosi verso di lui; inoltre la religione cristiana è la più favorevole a re e principi, poiché implica l’obbedienza totale e incondizionata del popolo all’autorità. Botero infine esorta i regnanti a tenere in gran conto gli ecclesiastici, poiché sono loro che costituiscono la religione e quindi la chiave per Dio.
Numerosi scrittori e osservatori politici scrivono e discutono dei modi dei principi di conquistare e esercitare il potere. Il cortigiano dei duchi di Borgogna Philippe de Commynes rivaluta il ruolo del popolo nei confronti del monarca, dicendo che malgrado esso conti poco senza guide valorose e carismatiche, il suo consenso è molto utile per il re, soprattutto in guerra. Contesta poi coloro che affermano che gli Stati Generali, o i parlamenti in generale, diminuiscano i poteri del re: ascoltare il parere del popolo è spesso indispensabile.
Una delle più grandi opere teorico-politiche di questo periodo è Il principe, di Niccolò Machiavelli. Egli affronta il difficile rapporto fra morale e politica: secondo lui il principe ricco di buone qualità come la lealtà, la generosità, la clemenza viene ammirato, ma finisce per avere la peggio contro principi che non si preoccupano della lealtà. Il buon governo si basa quindi sulla finzione e sull’inganno: il bravo principe finge di essere clemente, leale e pio, ma è pronto a compiere le peggiori crudeltà per mantenere il potere. Crudeltà che però non devono essere né eccessive né tanto meno continue; infatti le punizioni devono essere somministrate tutte in una volta, mentre i benefici devono essere fatti “assaporare”.
Si va infine sempre più affermando la figura del cortigiano o uomo di corte. Insieme a Baldassarre Castiglione, anche il sopraccitato Commynes parla del suo ruolo. Riferendosi probabilmente ai sovrani da lui serviti, distingue i principi in due gruppi: i primi diffidenti e sospettosi, gli altri fiduciosi ma tardi e ingenui. Benché i principi buoni siano pochi fra tutti e due i gruppi, i migliori da servire per l’uomo di corte sono i primi: infatti essi capiscono i suoi ragionamenti, quindi egli può conquistarsene meglio il favore.
Filippo Bannò
III CAPITOLO
LA CITTA’ E IL RINNOVAMENTO DELLA CULTURA
Dopo le grandi epidemie del XIV, la peste continuò a colpire le città, che però recuperavano le perdite attraverso l’immigrazione dalle campagne. Confrontando i maggiori centri urbani nel 1300 e nel 1450 si nota inoltre una riduzione media della popolazione del 50%. Riguardo Venezia, essa monopolizzava la redistribuzione dei prodotti di lusso dell’Oriente. Legata ai successi di Venezia è la crescita delle città della Germania meridionale; ma l’ascesa dei mercanti di Augusta, Norimberga dipende anche dal ruolo che svolsero nell’industria mineraria e dalla crescente domanda di metalli preziosi. Genova mantenne il ruolo di collegamento fra il Mediterraneo e il Mare del Nord, conquistato negli anni 1290-1320. Anche Siviglia e Lisbona raggiunsero un notevole grado di sviluppo verso il 1450, ma è soprattutto ad Anversa che troviamo il caso di crescita più intensa. Una marcata decrescita demografica colpisce, d’altro canto, quelli che erano stati i maggiori centri manifatturieri del Medioevo, come Gand, Ypres e Firenze. Questo fatto è legato alla trasformazione dell’industria tessile: soprattutto nei Paesi Bassi, a differenza delle manifatture rurali, si concentrarono le produzioni di pregio, monopolizzate dalle arti, che richiedevano un alto grado di professionalità; queste città cessarono quindi di essere polo di attrazione per grandi masse di manodopera.
Accanto alla capacità di tenuta e di espansione dei grandi centri commerciali vecchi e nuovi e alla crisi dei centri tradizionali dell’industria tessile, il XV secolo vide la crescita delle città-capitali in rapporto all’emergere delle strutture statali moderne. Dal Quattrocento la funzione di capitale e di centro del potere fu una causa autonoma dello sviluppo urbano, pianificato attraverso l’opera di architetti e attraverso la realizzazione di opere monumentali che dovevano esprimere valori estetici e immagini di potenza. Nella ristrutturazione edilizia e urbanistica delle capitali italiane vennero impegnate ingenti somme di denaro e le intelligenze di progettazione di grandi artisti dell’epoca, come Brunelleschi, Leonardo da Vinci, Bramante, attivi a Firenze e Roma. Per Roma papa Niccolò progettò un piano urbanistico, con strade più larghe verso S. Pietro e la costruzione di case, acquedotti, palazzi e la nuova basilica di S. Pietro.
Una grande trasformazione culturale investì l’Europa tra il 1400 e la prima metà del XVI secolo. Essa va sotto il nome di “Rinascimento”, che significa risveglio. Questo mutamento avvenne nel segno di un rinnovato rapporto con il mondo antico. Dagli intellettuali “umanisti” fu assunto il compito di riprendere e porre su basi nuove il rapporto con la classicità greco-romana. L’espressione umanista si riferiva ai cultori della tradizione letteraria-poetica, storica, oratoria dell’antichità classica. A Firenze il movimento umanista diventò consapevole di sé e non c’è da stupirsi se Coluccio Salutati, Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini furono segretari della repubblica fiorentina.
Il primato dello spirito cittadino, della cultura borghese, si può ritrovare nell’architetto Brunelleschi, e nella sua simbolica cupola di Firenze. Già prima del 1450 attraverso la circolazione delle opere e delle idee il movimento raggiunse altre città e nella seconda metà del secolo cominciò a dipendere dalla protezione dei principi-i Medici, i papi, i duchi di Milano. Lo spirito di cortigianeria è raffigurato dal ”Cortigiano” di Baldassarre Castiglione, una delle opere più stampate, tradotte e imitate di tutto il Cinquecento. L’esito della cultura umanistica era già presente dalla sua fase civile, il cui ambiente fu una città come Firenze, dove il passo dalle libertà repubblicane al potere oligarchico delle famiglie dei mercanti si stava facendo sempre più breve.
Con il Rinascimento inoltre la lingua latina diventò per un breve periodo un rinnovato strumento di espressione e comunicazione. Anche la lingua volgare verrà riposta in uso, ma sempre più sottoposta ad artifici retorici. L’umanesimo civile del primo Quattrocento si trasformò in un aristocratico distacco verso l’attività produttiva, in un’esaltazione dell’ozio raffinato e colto, tipica della mentalità del proprietario terriero. Il mutamento di prospettiva si ritrova in forma più accentuata nelle arti figurative dove i pittori immortalano i borghesi fissati in gesti e atteggiamenti. Nella pittura del XV secolo si affermò una rappresentazione dello spazio completamente diversa da quella del Medioevo. Nella cultura medievale lo spazio era inconcepibile al di fuori dei criteri dell’ordinamento gerarchico: la dimensione alto-basso era quella prevalente e i movimenti ascendente-discendente quelli decisivi. L’invenzione della prospettiva mutò nella pittura la tecnica di rappresentazione dello spazio, che diveniva via via tridimensionale; allo stesso tempo, alla nuova concezione dello spazio venne a corrispondere una prevalenza del realismo sulle allegorie religiose. L’ulteriore sviluppo della profondità fu la sua applicazione alla rappresentazione della figura umana. Nella pittura del Quattrocento infatti i personaggi della storia sacra vennero sottoposti a una più accurata analisi individuale, che tendeva a rappresentare l’impressione della profondità spaziale e quella della penetrazione psicologica. Un decisivo passo in avanti si ebbe quando l’attenzione dei pittori italiani si concentrò esclusivamente sul ritratto individuale laico, rappresentando sia principi e nobildonne sia ignoti borghesi e popolani.
Particolare importanza assunse in questo periodo la biografia storica,dove la rigidità del ”tipo”, il santo, il re, prevaleva sui caratteri individuali del protagonista, cui si attribuivano detti e fatti che ci si doveva aspettare dalla sua appartenenza.
Il mutamento della concezione del tempo aveva perfino preceduto quello dello spazio. Il tempo del primo Medioevo era fondato sull’evidenza sensibile dell’alba e del tramonto, che abbracciavano la durata del giorno; la lunghezza di questo intervallo era molto variabile, a seconda delle stagioni. L’Europa medievale usava comunemente la divisione del tempo quotidiano in 24 ore, con le 12 ore del giorno e le 12 della notte. Le campane del villaggio scandivano due momenti della notte e cinque del giorno, le cosiddette ore canoniche. Nel corso del XIV secolo cominciò ad affermarsi negli ambienti urbani la divisione del tempo in ventiquattro ore suddivise da sessanta minuti. Gli orologi a peso sfruttarono, su piccola scala, l’esperienza in fatto di ingranaggi dei costruttori dei mulini e si raccomandarono perché potevano segnalare meccanicamente e regolarmente il trascorrere delle ore con un congegno di suoneria. Questi orologi si diffusero rapidamente sulle torri dei palazzi comunali di Firenze, Roma, Parigi, entrando in competizione con le campane della cattedrale. Il successo del tempo laico e cittadino, astratto e meccanico, su quello religioso e rurale, concreto e simbolico, non fu solo un fatto tecnologico. Alla base del vecchio sistema vi era il fatto sociale che il tempo di lavoro nei campi poteva andare solo dall’alba al tramonto, mutando in intensità da una stagione all’altra.
Una vera e propria rivoluzione toccò le strutture profonde della cultura europea, allorché l’avvento del libro stampato moltiplicò i canali della circolazione delle idee. La carta e l’uso dei caratteri mobili sono invenzioni cinesi. I costi di produzione assai inferiori a quelli della pergamena assicurarono alla carta un grande successo: ad esempio un laboratorio nel quale lavoravano 12 persone era in grado di produrre duemila fogli al giorno. Di origine cinese è anche la tecnica della xilografia che consentiva la riproduzione di testi e immagini e la fabbricazione della carta moneta. L’invenzione dei caratteri mobili, con i quali si poteva comporre e poi disfare una forma che veniva inchiostrata e sulla quale erano premuti i fogli di carta, risale al XI secolo. La xilografia giunse in Europa dalla Cina in epoca mongola mentre i caratteri mobili sono di origine incerta. Gutenberg nel 1456 realizzò una Bibbia su pagine di due colonne con quarantadue righe e segnò il punto d’arrivo di sperimentazioni. L’arte dei copisti era così arrivata a un elevato livello di efficienza e perfezione, con sistemi di abbreviazione standardizzati e con una notevole capacità di evitare gli errori. Nel corso del Quattrocento crebbe di conseguenza il numero delle persone che sapevano leggere e scrivere. Verso il 1470 esistevano stamperie in tredici città europee; nel 1480 si trovavano in centodieci città europee. Entro la fine del XV secolo erano già state pubblicate nell’intero Occidente almeno 35 mila edizioni di “incunaboli”, i libri usciti dalle tipografie prima del 1500, dal latino cuna, culla, per indicare la prima infanzia della tipografia. Quando la diffusione delle botteghe permise un notevole abbassamento dei costi, lo sviluppo della tipografia divenne rapidissimo, ma anche la loro concentrazione in poche città.
Simone Russo
IV CAPITOLO
FIGURE DELL’UMANESIMO E DEL RINASCIMENTO
L’Umanesimo è una nuova corrente di pensiero sviluppatasi alla fine del ‘400. Essa si basa sull’esaltazione e sull’imitazione degli autori e dei pensatori classici, Greci e Romani, e su una loro nuova interpretazione: Poggio Bracciolini, Niccolò Machiavelli, Coluccio Salutati e Francesco Petrarca, alcuni fra i fondatori del movimento umanista, riscoprono i testi classici originali e li reinterpretano.
Il legame con la civiltà classica è molto sentito fra gli appartenenti a questo movimento: Machiavelli, per esempio, propone di riadattare gli ordinamenti politici e militari romani, Petrarca partecipa al tentativo di restaurazione della repubblica romana, e scrive lettere a Cicerone e ad altri autori classici.
La tendenza degli autori umanisti è quella di imitare, in tutto e per tutto, gli scrittori greci e latini. Quest’imitazione non deve essere però intesa con il significato odierno, cioè come mancanza di talento; gli umanisti non “copiano” dagli scrittori classici, ma ne riprendono lo stile, coscienti della superiorità di esso, ma intenzionati persino a migliorarlo.
Nuove idee si sviluppano anche in campo metafisico e religioso: ad esempio un altro famoso umanista, Pico della Mirandola, narra la vicenda della creazione dell’uomo nel suo De hominis dignitate, rifacendosi a due dei più grandi filosofi classici: Platone e Aristotele. Afferma che Dio, dopo aver posto le creature più nobili in alto, nel cielo, e quelle più turpi in basso, pone l’uomo “nel mezzo del mondo”, espressione che riconduce alla filosofia aristotelica secondo la quale l’uomo era situato fra gli esseri nobili e quelli infimi, in mezzo, quasi a sottolineare la sua incompletezza. Infatti Dio non gli dà un posto dove vivere, un aspetto proprio o delle prerogative, perché egli se le crei da solo.
Dal movimento umanista vengono apportate significative novità anche in campo politico: scompare il sistema feudale, e prende piede una nuova figura, quella del cortigiano.
Da ricordare a questo proposito è l’opera di Baldassarre Castiglione, Il Cortegiano, un vero e proprio codice di comportamento per gli uomini di corte. Il personaggio delineato da Castiglione deve essere devoto al suo signore e non adularlo, non deve essere presuntuoso né ostinato o litigioso. Ma soprattutto deve essere umile e modesto, trattare i signori con rispetto e non cercare di procurarsi i favori, ma attendere che gli siano offerti. Deve mostrarsi un po’ meno di quanto è, “star sempre un poco più rimesso che non comporta il grado suo” .
L’Umanesimo si inserisce in un movimento di trasformazione più vasto e significativo, che attraversa l’Europa fra il XIV e il XV secolo: il Rinascimento. Il distacco che questo movimento segna fra il Medioevo e la cosiddetta Età Moderna è nettissimo: da una parte abbiamo un mondo dominato dal sistema feudale dall’altra si assiste alla proliferazione della monarchia; prima vi è la totale dipendenza dell’economia dall’agricoltura, da questo momento in poi comincia a crescere notevolmente anche il peso dell’industria.
Vi sono innovazioni enormi anche sul piano della cultura: una delle più notevoli è l’introduzione della stampa a caratteri mobili, definita da Elizabeth Eisenstein “la rivoluzione inavvertita”; questa definizione è dovuta al fatto che nella maggior parte dei casi gli storici non ne hanno studiato le conseguenze, ma solo gli aspetti tecnici più importanti, il ruolo degli stampatori come creatori di imprese di stampo capitalistico o come rappresentanti della nuova cultura umanistica. Ma le conseguenze che ebbe l’invenzione della stampa sulla diffusione del libro sono notevolissime. Già dal XIII secolo era in atto una “rivoluzione del libro”: la carta si era sostituita alla pergamena, e la riproduzione era diventata di gran lunga più veloce. Con l’avvento della stampa però la diffusione dei libri raggiunse una dimensione quantitativamente molto più ampia; e ciò favorì molto la crescita culturale della popolazione.
La stampa provocò conseguenze anche in campo commerciale: è questo infatti il periodo del declino del mecenate letterario, a favore del sistema di mercato odierno. In questo periodo nascono i primi scrittori professionisti che lavorano per denaro, e persino le prime forme di pubblicità: alcuni stampatori aggiungevano alla fine dei libri dei versi invitando il cliente a tornare nel loro negozio.
Anche per quanto riguarda le arti visive il mercato comincia a soppiantare il mecenatismo: in questo periodo i clienti non commissionano più le loro opere, ma le acquistano già pronte. Compaiono mercanti specializzati nella fabbricazione e vendita delle opere d’arte: ad esempio a Firenze c’erano Bartolomeo Serragli, il libraio Vespasiano da Bisticci e i fratelli Della Robbia, grandi produttori di ceramiche. E’ da notare anche la diffusione delle xilografie per le illustrazioni dei libri.
Non è pensabile comunque che il mercato abbia subito preso il sopravvento sul mecenatismo: ciò succederà molto più avanti nella storia europea, nei secoli XVII, XVIII e XIX. Nel Rinascimento il mecenatismo e il sistema di mercato coesistono: sono un esempio alcuni stampatori, che dopo aver pubblicato un manoscritto ne donavano alcune copie ai loro protettori.
Infine, il Rinascimento vide l’invenzione e la diffusione di un’altra importantissima innovazione tecnica: l’orologio. Ne parla lo storico americano David Landes nella sua Storia del tempo, in cui narra della costruzione dell’orologio commissionato da Pietro IV d’Aragona per il suo palazzo di Perpignan. Fu un’impresa mastodontica: la forza lavoro contava circa cento persone, e la costruzione durò nove mesi; due stanze del palazzo dovettero essere trasformate in fucina per la fusione dei macchinari e della campana, pesante 4 tonnellate; il tutto, fra materiale e stipendi, costò oltre mezzo milione di dollari (al valore del 1980), una cifra non trascurabile. La fine dell’orologio, scomparso, non è sicura: si pensa che sia stato fuso, insieme alla campana, dai francesi, quando occuparono Perpignan, e il metallo usato per le palle di cannone.
Fabio Pesce
V CAPITOLO
GLI INTELLETTUALI EUROPEI E IL RINASCIMENTO
Il periodo storico compreso fra la fine del 1400 e l’inizio del 1500 vede la nascita di un grandioso movimento culturale che, partendo dall’Italia, si propaga in breve per tutta l’Europa provocando un profondo rivolgimento delle concezioni politiche, filosofiche ed artistiche che erano state proprie del Medio Evo. Tale movimento, inteso come una “rinascita” della cultura classica dopo l’imbarbarimento dei secoli precedenti, prende il nome di Rinascimento.
Il Rinascimento affonda le sue origini in un movimento culturale precedente, l’Umanesimo; sviluppatosi all’inizio del 1400, in un periodo di ristagno intellettuale dopo la grande fioritura poetica trecentesca, il movimento umanista torna alle grandi fonti della civiltà classica, che viene vista come modello perfetto e guida sicura così nelle lettere come nelle arti e nella politica.
Gli umanisti rimproverano agli intellettuali medioevali l’imbarbarimento della lingua latina, oltre che un’interpretazione dei classici non corretta in quanto finalizzata ad una lettura in chiave morale e religiosa. L’umanista è invece un cittadino partecipe della vita pubblica, che non ama la tirannia ed è spesso anticlericale. Ma la ricerca del “bello stile”, l’imitazione quasi ossessiva dei classici, l’uso eccessivamente erudito del latino che finisce per diventare una lingua “sopranazionale”, sfociano troppo spesso in una retorica sterile ed in un formalismo fine a se stesso.
Il tentativo di conciliare lo studio rigoroso dei testi antichi con la religiosità cristiana viene compiuto in particolare da alcuni umanisti europei, John Colet ed Erasmo da Rotterdam. Con la prima pubblicazione degli “Adagia”, una raccolta di 818 proverbi latini con commento, Erasmo evidenzia i vantaggi di cui gode un autore nel disporre di sentenze consacrate dall’antichità.
Il libro ha un grandissimo successo e viene pubblicato più volte, ma già nelle edizioni successive oltre che in una nuova opera, “L’elogio della pazzia”, Erasmo abbandona progressivamente i commenti eruditi a favore di un maggiore impegno morale e politico, fino a giungere, con “Il Ciceroniano o Dello stile migliore”, ad una chiara condanna dell’erudizione fanatica propria dell’Uma-nesimo.
La critica principale che viene mossa alla cultura umanistica è quella di avere creato una separazione netta fra le classi colte e non colte di tutta Europa: se nel 1300 anche gli asinai cantavano i versi di Dante, alla fine del 1400 il volgare scritto era diventato incomprensibile a chi non fosse uomo di lettere.
La riscoperta dell’antichità dovuta agli umanisti e fatta propria dal Rinascimento, unita a quello che il Burckhardt definisce lo “spirito italiano”, determinato dalle nuove condizioni politiche dove la Signoria va cedendo rapidamente il passo al Principato e dove le arti prosperano insieme con gli affari ed i commerci, dà vita ad un movimento di vastissima portata che intorno alla fine del 1400 coinvolge tutta l’Europa.
L’intensa attività culturale delle corti italiane, oltre che lo scambio continuo di ambasciatori di letterati e di artisti che avviene fra le corti italiane e quelle europee permette di stabilire dei contatti diretti, formando una comunità internazionale di uomini dotti ed in definitiva l’unità culturale dell’Europa fra il XV ed il XVI secolo.
Gli storici ufficiali del tempo dei re d’Inghilterra e di Francia sono italiani e scrivono in un elegante latino classico, i diplomatici sanno parlare in buon latino, italiani sono i maggiori teorici politici.
Un ruolo decisivo nella diffusione della cultura rinascimentale va attribuito al libro “Il cortegiano” di Baldassarre Castiglione, quattro dialoghi in cui vengono elencate tutte le virtù del gentiluomo: colto, elegante, raffinato. Tradotto in molte lingue, grazie anche alla nascita delle prime forme di stampa che ne permettono una riproduzione più rapida, ha una diffusione enorme e diventa l’opera fondamentale per l’istruzione di chi pone al servizio del principe la sua abilità ed il suo talento.
Francesco Calì
CONCLUSIONE
Il Rinascimento è sostanzialmente un’età di trasformazione: l’Europa medievale lascia il posto all’Europa moderna. Le trasformazioni avvengono su vari livelli: politico, economico, tecnologico, artistico e di pensiero.
In Italia si affermano le varie signorie regionali: nel resto dell’Europa comincia il declino del feudalesimo, e il sistema di governo monarchico prende il suo posto. Si sviluppa il concetto di sovranità assoluta, che prenderà piede nei secoli successivi, soprattutto in Francia, la cui monarchia diventerà la più potente in Europa. Compare e acquista prestigio la figura dell’uomo di corte.
In economia comincia ad acquisire una certa importanza il settore industriale, e comincia a crearsi un sistema di mercato dell’arte, che porta alla quasi totale scomparsa del mecenate. E’ in questo periodo che nascono i primi scrittori a scopo di lucro e le prime botteghe di opere d’arte.
Numerose innovazioni avvengono sul piano tecnologico. La diffusione della stampa porta alla creazione delle prime imprese a stampo capitalistico, e incrementa moltissimo la diffusione dei libri e di conseguenza anche il livello culturale medio del popolo. La divisione del tempo quotidiano in 24 ore porta all’invenzione e alla diffusione degli orologi, la cui costruzione è spesso un’impresa complicata.
La nascita dell’Umanesimo porta alla riscoperta dei testi e della cultura classica, trasformando così i metodi di insegnamento, la cultura e la società stessa. La lingua degli intellettuali e dei dotti diventa il latino, depurato dalle influenze del volgare; vi è però così una separazione netta fra colti e non colti. L’arte, la filosofia, la letteratura di questo periodo sono fondate sull’imitazione dei modelli Greci e Romani, imitazione che è anche un tentativo di superamento. Gli intellettuali umanisti viaggiano per tutta l’Europa, visitando soprattutto l’Italia e mettendo in comunicazione le varie culture.
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Fonte: http://www.multimediaeducationcenter.it/PHILOSOPHY%20ON%20LINE/Storia%20(magistra%20vitae)_file/L%27Umanesimo%20e%20il%20Rinascimento.doc
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