Ultrasuoni
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Ultrasuoni
Breve storia degli ultrasuoni
Prima della seconda guerra mondiale la tecnica sonar, di trasmissione delle onde sonore attraverso l'acqua e di osservazione dell'eco di ritorno per caratterizzare gli oggetti sommersi, ispirò l'orientamento delle ricerche sull'ultrasuono per esaminare le modalità nell’applicare il concetto alla diagnosi medica.
Nel 1929 e nel 1935, Sokolov sperimentò l'uso delle onde ultrasoniche nella rilevazione degli oggetti del metallo.
Mulhauser, nel 1931, ottenne un brevetto usando le onde ultrasoniche, con l'utilizzo di due trasduttori per rilevare i difetti nei solidi.
Firestone (1940) e Simons (1945) svilupparono la tecnica ultrasonica Eco Pulse.
Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, i ricercatori gli studiosi Giapponesi hanno cominciato ad esplorare le possibilità diagnostiche mediche dell'ultrasuono.
I primi strumenti ultrasonici hanno usato una presentazione in A-mode con visualizzazione degli impulsi su uno schermo oscilloscopico.
Questa tecnica è stata seguita da una presentazione di B-mode con una formazione immagine bidimensionale e in bianco e nero della scala dei grigi.
Il lavoro degli studiosi giapponesi nell'ultrasonoro, rimase relativamente sconosciuto, negli Stati Uniti e l'Europa fino agli anni 50.
Rilevarono la loro forza nel presentare i loro risultati sull'uso del metodo ultrasonico nel rilevare, le masse del seno e le masse tumorali alla Comunità medica internazionale. Il Giappone è stato il primo paese ad applicare l'ultrasuono utilizzando l'effetto Doppler, come applicazione degli ultrasuoni per rilevare gli oggetti interni in movimento, con enormi progressi in campo medico e nella ricerca proseguirono nelle applicazioni tecniche nel controllo non distruttivo.
Presentazione della Tecnica
I test non distruttivi sono stati praticati per molti decenni, con un rapido iniziale sviluppo della strumentazione, spronata dal progresso tecnologico dovuto agli sforzi di difesa durante la seconda guerra mondiale.
Durante i primi periodi il proposito primario era quello di individuare i difetti, inteso come una parte di un progetto di sicurezza; l'individuazione delle capacità delle strutture di non subire sviluppi dei difetti macroscopici durante la propria vita, associando alla detenzione di questi difetti l’individuazione dei componenti rimovibili dal servizio.
Come risposta a queste necessità si incrementavano tecniche sofisticate di controllo ultra sonico, eddy currents , raggi x , penetranti colorati, magnetostrizione, e altre forme di interrogazione.
Nei primi anni 70 il continuo sviluppo della tecnologia, in particolare la capacità di individuare piccole parti, portò ad una situazione di rigetto di una grande quantità di componenti analizzati, senza pensare che l'incidenza sull’aumento della probabilità di reali guasti a causa di questi difetti fosse rimasta invariata.
Comunque emerse la disciplina dello studio delle fratture meccaniche che consentirono una previsione sulla rottura di un determinato numero di componenti, dando determinazione a un tasso di crescita sotto particolari cicli di carico.
Con l'avvento di questi strumenti rimase possibile accettare le strutture contenenti difetti, a condizione che il numero di questi ultimi rimanesse conosciuto.
Questo consentì lo sviluppo della nuova concezione della tolleranza del guasto : componenti aventi difetti conosciuti possono continuare a svolgere servizio fino a che gli stessi non progrediscano oltre un livello critico determinato.
Un'esigenza nuova si presentò alla comunità degli sperimentatori che utilizzavano la tecnica non distruttiva, non era più sufficiente l'esclusiva l'individuazione del difetto .
Nozioni di base sulla tecnica ultrasonica
Le Prove non distruttive (PND), in altre parole, dal termine inglese Not Destructive Testing (NDT), con ultrasuoni sfruttano i fenomeni della propagazione nei solidi, liquidi o gas, di fasci d'onde elastiche, cioè onde di compressione e decompressione della materia, con frequenza superiore a quella dei suoni udibili dall'orecchio umano.
Le onde ultrasonore, che sono inviate nel sistema spaziale da esaminare, sono attenuate dalla materia che incontrano e riflesse, deviate od assorbite dalle discontinuità.
Ognuno conosce cosa sia l'eco: il fenomeno dipende dalla riflessione delle onde sonore che rimbalzano contro la superficie dell'ostacolo, di natura diversa da quella del mezzo di propagazione (aria), fino a ritornare all'orecchio dell'ascoltatore. Il metodo di rivelazione dei difetti con US è l'applicazione tecnologica di questo principio.
Il fascio d'onde ultrasonore, ovvero il segnale, è generato sfruttando le proprietà piezoelettriche o magnetostrittive di alcuni cristalli, cioè la loro capacità di contrarsi ed espandersi sotto l'azione d'un campo elettrico o d'un campo magnetico alternato.
Le vibrazioni del cristallo producono onde elastiche di frequenza ultrasonora, purché il campo elettrico (o magnetico) alternato eccitante possegga l'adatta frequenza.
Gli ultrasuoni così generati sono trasferiti direttamente nel materiale da controllare grazie al contatto, o più propriamente al semplice accostamento del generatore (trasduttore) alla superficie del pezzo, purché esista un mezzo adeguato tra le due interfacce, cioè capace di trasferire il suono senza eccessivo assorbimento (si usano frequentemente sospensioni o soluzioni acquose sature di colle cellulosiche).
Il fascio d'onde ultrasonore si propaga nel materiale da esaminare, con la stessa frequenza del generatore, e con una velocità che dipende dal materiale attraversato.
Quando il fascio incontra un ostacolo sarà riflesso, assorbito, deviato o diffratto, secondo le leggi comuni a tutti i fenomeni di propagazione delle onde.
Le onde riflesse possiedono la stessa frequenza di quelle incidenti, ma sono sfasate rispetto ad esse, anche in funzione del cammino percorso, cioè della distanza del trasduttore dai vari punti della superficie dell'ostacolo. Analoga sorte spetta alle onde diffratte.
L'energia assorbita dal difetto colpito dalle onde incidenti fa sì che esso possa vibrare emettendo a sua volta onde elastiche di frequenza tipica della sua risonanza e variamente sfasate.
Dunque il segnale che ritorna verso il trasduttore è molto complesso perché è la risultante della sommatoria di molte onde di uguale frequenza, ma sfasate, e di altre di frequenza diversa, pure sfasate fra loro. Tale segnale contiene tutte le informazioni sulle dimensioni, geometria e natura dell'ostacolo incontrato dal fascio d'ultrasuoni incidenti.
Il fenomeno fisico della piezoelettricità o magnetostrizione, che è stato sfruttato per generare l'onda, è reversibile. Ne deriva che lo stesso cristallo capace d'emettere ultrasuoni, può generare un segnale elettrico o magnetico, quando venga investito da un fascio d'onde elastiche.
Perciò, quando l'onda riflessa od emessa dall'ostacolo ritorna alla sonda che la ha generata, darà un segnale elettrico che, opportunamente amplificato e filtrato, potrà essere visualizzato sul quadrante delI'oscilloscopio o su un monitor, di cui sono sempre dotati gli strumenti rivelatori d'ultrasuoni.
La filtrazione del segnale elimina di fatto tutte le informazioni utili per identificare la forma e la geometria della discontinuità, lasciando soltanto quelle relative alla distanza dell'ostacolo dal trasduttore ed all'attenuazione del segnale rispetto all'eco di fondo.
Ciò è necessario per rendere il segnale pulito e comprensibile all'operatore, soprattutto perché ancora non sono diffusi per le PND strumenti asserviti dal calcolatore, capace di demodulare l'intero segnale e ricostruire l'immagine del difetto.
Gli sforzi della ricerca nel settore delle PND industriali con ultrasuoni sono attualmente tesi alla demodulazione dei segnali di ritorno attraverso l'applicazione delle trasformate di Fuorier ( FFT).
Ciò permetterebbe non solo d'individuare la posizione e di valutare la dimensione equivalente dei difetti, ma di vederne realmente la forma, diagnosticandone la natura, come già accade nell'ecografia in campo medico, che consente di vedere sul monitor la forma e la posizione del bimbo nel grembo materno.
Attualmente tutti gli strumenti rivelatori d'ultrasuoni si compongono di due parti, unite o distinte: il generatore del segnale da inviare al materiale da esaminare ed il rivelatore, che riceve, amplifica, filtra e visualizza i segnali che ritornano alla sonda dopo la propagazione.
In tal modo è possibile rivelare soltanto gli echi riflessi da eventuali difetti interni o gli echi di fondo (o della parete di confine del pezzo esaminato) più o meno attenuati in funzione dei difetti presenti.
Poiché il materiale da esaminare possiede sempre un confine, cioè una parete di fondo sulla quale il fascio in ingresso si riflette comunque, è possibile ricavare informazioni sulla posizione del difetto presente nella massa, attraverso il rapporto dei tempi di ritorno dell'eco del segnale e dell'eco di fondo.
Questo è possibile perché la propagazione delle onde ultrasonore avviene sempre a velocità costante in un mezzo omogeneo. Inoltre è possibile rivelare la presenza d'un difetto interno anche nel caso che questo non generi la riflessione, ma soltanto l'assorbimento del fascio incidente.
Ciò è possibile perché lo strumento visualizza il fondo sia come distanza (tempo per la ricezione dell'eco di fondo), che per assorbimento (attenuazione dell'intensità del segnale di fondo riflesso, per assorbimento da parte della materia attraversata).
Se l'intensità del fascio riflesso dalla parete di fondo diminuisce bruscamente in una certa posizione significa che qualche ostacolo o discontinuità la ha parzialmente assorbita.
In questo caso non è possibile individuare la posizione del difetto, ma solamente valutarne la presenza ed il potere assorbente.
Disponendo d'un generatore d'adeguata potenza è possibile individuare difetti distanti anche parecchi metri dal trasduttore. Ciò permette il controllo dell'integrità trasversale di barre anche molto lunghe (per esempio le colonne delle presse per estrusione, lunghe fino a 18 metri).
E' possibile anche valutare approssimativamente la dimensione della discontinuità incontrata dal fascio d'ultrasuoni, confrontando l'intensità dell'eco ricevuto con quello di difetti standard, o con grafici appositamente costruiti, che si possono anche applicare sul monitor dell'oscilloscopio (scale AVG).
Nella pratica corrente le PND con ultrasuoni si eseguono tarando lo strumento con adatti campioni standard, cioè cercando gli echi di difetti precostituiti (fori di dimensioni predeterminate eseguiti in posizioni definite del saggio di taratura), oppure tarando lo strumento direttamente sul pezzo da esaminare, per cogliere l'eco di fondo e la sua scomparsa od attenuazione.
Si rammenti che lo strumento rivelatore d'ultrasuoni filtra i segnali ricevuti e che questi possono essere amplificati o depressi a piacere dell'operatore. Quando la presenza d'un difetto viene individuata, I'intensità dell'eco del difetto o la diminuzione dell'intensità dell'eco del fondo vengono confrontate con quelle degli echi di difetti d'entità note, o con le scale AVG.
In tal modo è possibile assegnare ad ogni difetto una dimensione equivalente, cioè affermare che le sue dimensioni e forma sono tali da generare un eco simile a quello d'un foro di diametro definito e posizionato alla stessa distanza dal trasduttore.
La dimensione equivalente non è direttamente collegabile con quella reale, ma è un parametro approssimativo, attualmente necessario per classificare l'entità dei difetti rivelati.
L'attuale tecnica ha prodotto una vasta gamma di sonde (trasduttori e ricevitori) i cui fasci d'onde ultrasonore si propagano in linea retta rispetto all'asse della sonda stessa, oppure obliquamente (assai usate sono le sonde con propagazione a 30, 45, 60 e 70°), e perfino in direzione ortogonale, cioè con onde perfettamente tangenti alla superficie.
I trasduttori ed i ricevitori possono esser incorporati nella stessa sonda od esser separati per ottimizzare alcuni rilevamenti.
Ogni sonda possiede caratteristiche specifiche che ne ottimizzano l'uso per ogni morfologia e giacitura del difetto da evidenziare, nonché per ogni tipo di materiale da esaminare (acciaio comune, acciaio inossidabile, ghisa, alluminio, ecc.).
Ogni sonda opera o tollera una data frequenza che può esser o meno ottimale per lo scopo specifico dell'esame ultrasonico.
Dunque esiste una vastissima gamma di sonde, (trasduttori e rivelatori) e d'accessori, tali da consentire enormi possibilità e versatilità d'impiego, dal più elementare esame, alla più sofisticata ricerca.
Il controllo con ultrasuoni è reso più efficace e semplice dal grado di simmetria del pezzo da esaminare, ovvero dalla presenza di superfici piane o cilindriche, di piani paralleli o comunque in grado di riflettere efficacemente l'onda di fondo. Si complica invece in presenza di fori, scanalature, filettature, variazioni di sezione o di caratteristiche geometriche complesse.
Anche la finitura superficiale gioca un ruolo importante sulI'efficacia del controllo con ultrasuoni.
Il metodo richiede uno stato superficiale che consenta o non ostacoli eccessivamente il passaggio degli ultrasuoni.
Per esempio una superficie lappata può essere considerata ottimale, mentre la superficie grezza di lavorazione a caldo che presenti scaglie di calamina di rilevante spessore ed anche poco aderenti, può costituire una barriera insormontabile per il fascio d'ultrasuoni.
Talvolta non è possibile valutare l'integrità dei semilavorati grezzi operando direttamente sulle superfici del semilavorato.
In tal caso gli esami devono esser eseguiti sui semilavorati totalmente immersi in acqua, per migliorare la propagazione degli ultrasuoni all'interfaccia.
Gli ultrasuoni rivelano con difficoltà i difetti che giacciono troppo vicino al trasduttore.
Tuttavia questa difficoltà, la cui entità non è generalizzabile, dipende soprattutto dal tipo di sonda e può essere aggirata con l'affinamento delle tecniche di controllo e dall'esperienza dell'operatore.
Riassumendo il metodo permette l'identificazione di difetti interni che causino la riflessione, la deviazione o l'assorbimento d'un fascio d'ultrasuoni e distanti dal trasduttore da pochi mm a diversi metri.
Con particolari sonde si possono rivelare anche i difetti affioranti, ma la tecnica US non è particolarmente adatta per gli esami di superficie.
Più d'ogni altra PND l'esame ultrasonico richiede un operatore di grande esperienza, capace d'interpretare correttamente ogni segnale che compaia sul monitor e di sfruttare appieno le possibilità che questa tecnica offre.
Non è rara l'errata interpretazione di segnali, già considerati difetti, che scompaiono ripetendo l'esame con una sonda di più adatta frequenza, o con angolo di propagazione diverso.
La presenza di disomogeneità progressive del materiale, di bordi dei grani molto pronunciati, di microdifetti, o di segregazioni, può attenuare fortemente l'eco di fondo, fino a giungere alla sua totale soppressione.
Non sempre però questi difetti sono vere e proprie discontinuità del materiale, né possono esser oggettivamente considerati gravi, o pregiudizievoli per la funzionalità od affidabilità del componente esaminato.
Dunque se si escludono i difetti facilmente rivelabili, il cui segnale non lascia dubbi interpretativi, nella maggioranza dei casi e soprattutto negli esami più raffinati, tesi all'individuazione dei difetti più piccoli.
L'interpretazione dei segnali richiede una grande preparazione ed esperienza e magari una controprova con altre tecniche.
Stato attuale della tecnica di utilizzo degli ultrasuoni 1
La prova non distruttiva è stata utilizzata per molti decenni, con gli sviluppi veloci iniziali nella strumentazione, stimolata tramite i progressi tecnologici che si sono presentati sopratutto per lo sforzo successivo della difesa dopo la seconda guerra mondiale.
Dalla analisi dei meccanismi di frattura è emerso, quanto ha permesso di predire se, a causa di una crepa di un dato formato, sarebbe, sotto un carico particolare, rimasta sufficientemente accettabile la richiesta proprietà del materiale.
Altre leggi sono state sviluppate per predire il tasso di crescita delle crepe sotto caricamento ciclico (affaticamento).
La rilevazione non era più sufficiente era necessario approfondire la conoscenza intrinseca del difetto e delle caratteristiche del materiale.
Uno sforzo necessario anche per ottenere le informazioni quantitative sulla forma e l'influenza del difetto necessario all'inizio di un deterioramento delle capacità resistive che avesse ridotto il periodo di utilizzo del materiale.
Queste preoccupazioni, che sono state manifestate fortemente, nel settore della difesa e nelle industrie nucleari, in particolare, hanno condotto alla creazione di un certo numero di programmi di ricerca mondiali ed all'evidenziarsi della valutazione antidistruttiva quantitativa (QNDE) come nuova disciplina.
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Le teorie quantitative sono state sviluppate per descrivere l'interazione dei campi di consultazione con i difetti.
I modelli che comprendono i risultati sono stati integrati con le descrizioni del modello solido costituito da campioni che come parte reale vengono usati per simulare i controlli pratici.
Gli strumenti permettono che il controllo non distruttivo sia considerato, come una parte del processo di design progettuale, su una base di parità, le descrizioni quantitative delle prestazioni basate su NDE si sono trasformate in una parte integrante della valutazione di rischio statistica.
Le procedure di misura che inizialmente si sono sviluppate per i metalli sono state estese a tutti i materiali costruiti, quali i materiali composti, in cui l'anisotropia e l'eterogeneità influisce fortemente sulle qualità.
Gli avanzamenti veloci nelle possibilità di computazione e di digitalizzazione del segnale hanno completamente cambiato l'aspetto di molti strumenti e del tipo di procedure che possono essere utilizzate nell'elaborare i dati risultanti.
Sono attualmente presenti sistemi ad alta definizione, nella formazione dell'immagine e l'uso delle informazioni dalle modalità multiple di misura nel caratterizzare un difetto.
Un interesse crescente è trovato non soltanto nei difetti rilevati, nelle giunzioni, ma nelle caratteristiche intrinseche dei materiali in cui risiedono.
Gli obiettivi possono variare dalla determinazione delle caratteristiche microstrutturali fondamentali quali il formato di grano, la porosità e la struttura interna (orientamento preferito del grano), alle proprietà materiali collegate con meccanismi di guasto come l'affaticamento.
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Fonte: breve estratto / citazione da http://web.tiscali.it/ghianisal/rtesi04.doc
Autore del testo: Salvatore Ghiani
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